Analisi per flussi

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Finanza aziendale
Logiche che qualificano la finanza aziendale
La finanza aziendale, tradizionalmente, usava una logica finalizzata alla raccolta e gestione dei
mezzi finanziari, a supporto dell’azienda, attraverso il debito bancario (caso italiano).
… si tratta di una funzione meramente contrattativa; però, così definita, risulta residuale
→ dovrebbe, invece, essere una funzione specifica svolta da speciali manager finanziari.
Tale riqualificazione si è portata a compimento attraverso lo sviluppo di mercati dei capitali, quali
canali di finanziamento aziendali … se l’azienda può usare facilmente i fondi a sua disposizione,
non è soltanto soggetto che acquisisce risorse, ma anche possibile venditrice dei propri strumenti
finanziari (titoli); l’appetibilità dei titoli immessi sul mercato permette all’azienda di avere
successo, aumentare le prospettive reddituali e quelle future di aumento della remunerazione.
La finanza aziendale, quindi, non dovrebbe soltanto reperire fondi a basso costo, ma anche
integrarsi nella visione aziendale di sviluppo e crescita e supportarla → deve inserirsi ed aiutare il
ciclo di vita aziendale, poiché da quest’ultimo dipendono obiettivi strategici e fabbisogni finanziari
» La finanza aziendale deve supportare l’azienda in tutte le fasi del suo ciclo di vita.
Funzioni della finanza
La finanza aziendale si occupa di:
a. Pianificare e programmare l’area finanziaria
… attraverso l’utilizzo di strumenti come il budget (piano finanziario dei Fc in entrata e uscita)
→ nel bt, verifica se vi siano mezzi monetari sufficienti a garantire la solvibilità aziendale
→ nel m/lt, stima i possibili fabbisogni monetari e stabilisce una vera e propria strategia di
reperimento, tenendo conto della composizione delle fonti e dell’articolazione degli strumenti.
b. Selezionare gli investimenti
… considerando la correlazione rischio/rendim. e cercando di ottenere: re nuovo inv. ≥ re vecchio;
il problema è quello di misurare il valore atteso del nuovo rendimento.
c. Reperire flussi finanziari a supporto degli I
Le fonti dipendono dalla tipologia di investimento che si vuole fare e dalla durata dello stesso;
inoltre esse risultano legate al profilo rendim./costo e quest’ultimo dipende dalla rischiosità
complessiva e media dell’azienda (funz. degli I intrapresi).
d. Gestire la tesoreria
… gestire, cioè, i flussi di cassa nel brevissimo termine, presupponendo deficit o surplus di liquidità
Ciò che si gestisce è, quindi, lo squilibrio tra il reperimento di fondi e l’investimento.
e. Gestire il capitale circolante
Il capitale circolante è dato dalla differenza tra crediti + rim. e debiti.
→ Area fondamentale: il manager finanziario deve gestire
-i crediti, e quindi le dilazioni … tanto maggiori, tanto più posticipata sarà la liquidità in entrata
-i debiti … cercando di allungare il più possibile le tempistiche di pagamento (Fc in uscita)
[ dipendono anche dalla posizione sul mercato e della forza contrattuale ]
-le rimanenze … quantità di scorte e costi delle materie
f. Finanza straordinaria
Si tratta di operazioni straordinarie che riguardano determinate fasi della vita aziendale, cioè fasi
dominate da logiche di crescita o ridimensionamento … in tal caso, il manager finanziario potrà
dare il suo contributo valutando il relativo valore. Si tratta di problematiche complesse legate a
metodi e modelli di valutazione e misurazione aziendale.
Funzione obiettivo della finanza
Le problematiche di gestione relative alla finanza possono essere analizzate dal punto di vista
interno o esterno. Con funzione obiettivo ci riferiamo alla prospettiva interna.
La funzione obiettivo è unica? In un’ottica puramente reddituale, l'obiettivo attribuito all'impresa è
quello di massimizzazione del profitto; ciò comporta però il soddisfacimento di una sola categoria di
stakeholders (gli azionisti) e l’assunzione di un’ottica di breve/brevissimo termine.
Per questi motivi, si pongono tutta una serie di problematiche.
→ la max nel bt sottopone l'azienda a rischi, così compromettendo la stabilità aziendale, in quanto a
ciascun Fc in entrata è associato un certo grado di aleatorietà. Il rischio è quindi variabile in base
all'operazione, ma, a ciò, si aggiunge anche l'incertezza legata al presentarsi o meno dei flussi e la
possibilità che l'investimento non sia in grado di produrre flussi necessari a coprire il rischio.
→ La massimizzazione nel bt non è quindi soddisfacente come funzione obiettivo dell'azienda in
quanto non sconta alcun rischio connesso all'aleatorietà.
L’obiettivo alternativo alla max del profitto è la creazione del valore (max V).
Massimizzazione del valore (max V)
Per valore intendiamo il semplice concetto di valore aziendale dell’impresa; si tratta di un valore
complesso da determinare in quanto, innanzitutto, è necessario individuare un criterio che consenta
di stabilire quale sia il valore dell'azienda in un determinato istante ed, in secondo luogo, occorre
misurare gli scostamenti tra il valore stimato e quello attribuito dalle aspettative dei soggetti che
apportano capitale in azienda.
… tale valore viene determinato attraverso più metodi
1) Utilizzando il valore di mercato dei titoli emessi
Si tratta di un approccio tipicamente anglosassone (definito SVA); assicura valore anche agli altri
stakeholders, assicurando cioè loro prospettive di remunerazione.
Si basa, quindi, principalmente sulla massimizzazione del valore delle azioni.
Tale metodo, però, presenta 2 problemi:
a. Influisce sul mercato di controllo
… rischio che corrono le aziende quotate se vi è un gap tra il valore di mercato e il valore percepito.
In tal caso, infatti, un soggetto esterno potrebbe avere interesse a scalare l'azienda per sfruttare le
sue potenzialità di crescita non espresse dal valore di mercato. Se quest’ultima, non ha un soggetto
di controllo che detenga la maggioranza e possa bloccare le scalate, si dice che l'azienda è soggetta
a rischi di governance.
b. Funziona solo se il mercato è efficiente
… se il mercato è inefficiente tutte le informazioni disponibili sarebbero falsate e la funzione
obiettivo verrebbe meno. Per questo, in tal caso, il management ha interesse a tarare la funzione
obiettivo in un'ottica di max del capitale azionario, cioè compiere le funzioni opportune per
pareggiare il valore stimato dal mercato con quello reale. L'obiettivo di max del valore appare
coerente con la logica di m/l t; il valore si misura scontando i Fc futuri e considerando un premio
legato al rischio dei flussi stessi.
2) Teoria della Creazione del Valore.
Questo approccio alla gestione si sviluppa in contesti in cui i mercati non sono efficienti, i prezzi
non riflettono il valore corretto che dovrebbe possedere l'azienda e questo potrebbe fornire falsi
segnali. In tal caso, l'obiettivo alternativo è la max del valore del capitale economico dell'azienda.
Il valore del capitale è funzione dei flussi che l'azienda è in grado di produrre nel tempo e il tasso di
rendimento è rappresentato dal costo del capitale. Appare razionale attualizzare i flussi di cassa ad
un tasso che rifletta il costo per l'azienda delle risorse impiegate per finanziare i propri progetti.
Il problema è quello di stabilire quali flussi devono essere considerati per l'attualizzazione
… è possibile adottare i flussi reddituali e scontare l'utile prodotto dall'azienda oppure adottare i
flussi finanziari, cioè tutta la liquidità generata e assorbita dalla gestione aziendale.
La prima area che genera e assorbe è la gestione, l'utile è infatti il flusso di cassa prodotto dalle
operazioni di gestione mentre i flussi di cassa in uscita sono connessi all'area delle remunerazioni;
vi saranno quindi oneri finanziari e dividendi. Anche l’area degli investimenti genera e assorbe
liquidità: l’investimento genera un flusso di cassa in uscita, mentre il disinvestimento genera flussi
in entrata. Vi è poi l’area dei finanziamenti che produce cassa in entrata e in uscita: il rimborso di
un debito produce liquidità in uscita, mentre i flussi in entrata si manifestano alla contrazione di un
prestito. → Se viene assunta una prospettiva di carattere finanziario, è necessario considerare tutti
gli effetti prodotti in tali aree dei flussi di cassa.
Il valore del capitale può essere inteso sia come valore del capitale azionario sia come valore
dell'impresa: il valore del capitale azionario è il valore per gli azionisti, mentre il valore dell'impresa
è il valore per tutti gli stakeholders. Se al valore del capitale azionario (valore del cap. proprio)
sommiamo quelle delle passività otteniamo il valore dell'impresa.
Posto come obiettivo la teoria della creazione del valore, quali leve vendono adottate per max il
valore dell’impresa? Prendendo il bilancio da che parte si può agire?
Agire sull’attivo (Investim.), significa selezionare gli investimenti migliori;
agire sul passivo (Finanziam.), significa creare un’adeguata composizione delle fonti
→ ciò significherebbe che esiste una combinazione ottimale tra cap. di debito e capitale proprio.
Se i mercati fossero perfetti, la composizione del passivo non avrebbe alcuna rilevanza, è per questo
motivo che la max del valore viene considerata dal lato dell'attivo.
A seconda della composizione, il valore viene distribuito; in una prospettiva di mercato dei capitali
perfetto, il valore deriva dalle scelte compiute dal lato degli investimenti.
In definitiva, le leve per la max V sono 3:
a. Politica degli investimenti
… in tal caso, i parametri sono rendimento atteso e il grado di rischio dei progetti
b. Politica dei finanziamenti
… in tal caso, si guarda il costo delle fonti di finanziamento
(costo dei debiti, costo del cap. proprio, costo medio tra i 2)
c. Politica dei dividendi.
… tale leva fa riferimento alle strategie di remunerazione degli azionisti, ovvero alla percentuale di
distribuzione degli utili agli azionisti.
Relazioni tra obiettivi degli azionisti e obiettivi dell'azienda
L'azienda è un istituto il cui obiettivo è la creazione del valore, mentre per gli azionisti il fine è
ricevere una remunerazione. La coerenza tra le funzioni obiettivo in termini di remunerazione
vengono esaminate sotto il profilo del dividendo, assimilabile al consumo attuale, e del capital gain,
guadagno in linea cap. nonché consumo differito (= differenza tra prezzo di acquisto e di vendita).
Nell'ambito del capitale azionario, vi possono essere funzioni di utilità diverse tra gli azionisti:
alcuni possono essere orientati al consumo attuale, altri al consumo differito. Le decisioni di
produzione dell'azienda, però, non son basate sulle preferenze degli azionisti, ma sono uniche
(Teorema della Separazione di Fisher): l'azienda decide in un primo momento e poi gli azionisti si
dividono tra il consumo attuale e il differito.
Esiste, quindi, un tasso di mercato al quale l’azienda impiega e raccoglie fondi
… solo in condizioni di perfezione dei mercati, tale tasso potrà essere unico.
L’azienda, quindi, deciderà di investire al ricorrere della diminuzione dei tassi, mentre cesserà di
investire quando il saggio marginale di trasformaz. (MRT) uguaglierà il tasso marginale di rendim.
Inoltre, gli azionisti avranno diritto alla quota di competenza della produzione aziendale; essendo il
livello di produzione unico, gli azionisti potranno modificare il proprio piano di consumo
prendendo o dando a prestito ai tassi di interesse di mercato (r unico).
Se il mercato è imperfetto (tasso prestito > tasso di concessione), potranno verificarsi conflitti
interni all'azienda e gli azionisti potrebbero influenzare le scelte di produzione dell'azienda.
Equilibrio della gestione
L’equilibrio finanziario d’azienda è l'area della finanza aziendale dove la teoria e la prassi aziendale
vengono ad intrecciarsi → I soggetti esterni all'azienda possono utilizzare nozioni specifiche di
equilibrio che spesso non coincidono con le nozioni teoriche generalmente fornite. Perciò,
inseriamo il concetto nel contesto di fabbisogni finanziari dell’azienda (scelte di finanziamento),
decisioni strategiche dell’azienda e condizioni di equilibrio o disequilibrio aziendale.
Nella prassi aziendale, distinguiamo tra:
a. Fabbisogno finanziario lordo
… espresso come totale attività (immobilizz., disp. immediate, disp. differite e liquidità)
cioè degli investimenti aziendali e deve trovare copertura all'interno del passivo
b. Fabbisogno finanziario netto
… rappresentato dal FFL al netto dei flussi di autofinanziamento
Esiste una seconda nozione che fa riferimento alla diversa natura dei flussi presenti in un’azienda.
Oltre ai flussi patrimoniali riferiti al FFL, vi possono essere anche flussi di natura economica; costi
e ricavi manifestazione di fabbisogni finanziari.
Il fabb. di finanziam. globale comprenderà, quindi, anche gli impieghi di natura economica
→ FFG = FFL + Impieghi = Investim. + Impieghi (Δ flussi finanz. + Δ flussi eco.)
Inoltre, vi possono essere fabbisogni legati al capitale fisso (patrimonio - m/l t), al capitale
circolante (crediti e rim. - b t) e all'elasticità di cassa, derivante dagli sfasamenti naturali tra entrate
e uscite monetarie. Quest’ultimo è un fabbisogno finanziario a brevissimo termine che dovrà essere
coperto da forme di finanziamento specifiche. La tipica forma di finanziam. è l'apertura di credito in
conto corrente: rappresenta un rapporto contrattuale che si innesta su un c/c, tra banca e azienda,
che prevede la possibilità di andare allo scoperto di conto per brevi periodi e ammontare limitati.
N.B.: L'apertura di credito potrebbe non presupporre una vera concessione di fido, ma se le tensioni
dal lato della liquidità diventano eccessive, la banca potrà provvede ad un'istruttoria di fido o a
terminare i rapporti con l'azienda finanziata.
Nozione preliminare di eq. finanz.
L'equilibrio finanziario può essere definito come condizione di mobilità finanziaria, cioè capacità
di un soggetto economico (azienda) ad accedere a diverse forme di finanziamento in funzione dello
specifico fabbisogno finanziario che si viene a manifestare; quest’ultimo deriva dalle scelte
strategiche e produttive d'azienda.
Per mobilità strategica si intende la capacità dell'azienda di cogliere le diverse opportunità di
investimento profittevoli presenti sul mercato. Tale mobilità si connette direttamente a quella
finanziaria … in una situazione ideale dovrebbe esserci completa separazione tra le decisioni di
finanziam. e investimento, queste ultime non risultano influenzate o vincolate dalle possibilità di
accedere o meno a determinate fonti di finanziamento. La funzione finanziaria può, quindi, essere
vista come punto di congiunzione tra la mobilità strategica e la mobilità finanziaria.
Equilibrio finanziario … diverse sono le nozioni:
1° nozione → Condizione nella quale si verifica costantemente un equilibrio tra entrate e uscite
monetarie … in tal caso, l’azienda è solvibile, cioè non presenza insolvenza dal lato della liquidità
Tale nozione è coerente con la legge fallimentare: l’azienda è in fallimento quando è insolvente.
Concepire però l'equilibrio finanziario in questo modo non è soddisfacente perché l'insolvenza è un
fenomeno che giunge al termine di un percorso di crisi aziendale; quindi eventuali sfasamenti della
posizione di cassa potrebbero anche non essere sintomo di cattiva salute dell’azienda; se l’azienda
avesse ampi tassi di crescita del fatturato, dal punto di vista della liquidità, vi potrebbero essere
elevate tensioni → ma ciò non indica difficoltà.
2° nozione → Coerenza tra composizione dell'attivo e del passivo
Problematica di fondo della nozione: molte aziende hanno strutture squilibrate perché usano fonti a
breve per coprire fabbisogni durevoli, ma cmq prosperano e producono redditività.
Aziende squilibrate per struttura finanziaria potrebbero essere finanziabili qualora presentino idonee
garanzie (reali, tramite un garante). La decisione spetta sempre alla banca: finanzia se si attende che
l'azienda produca reddito, mentre la presenza di garanzie non dovrebbe essere l'unico elemento da
considerare nella concessione del finanziamento.
Nella prassi aziendale, vengono inoltre utilizzati altri parametri per definire l'equilibrio:
a. Costo dei finanziamenti
… si confronta la redditività del capitale investito con il costo medio del finanziamento = Of/D
Questo confronto non appare convincente come misura di equilibrio finanziario, ma come equilibrio
reddituale. Il problema che sorge è la diversa natura degli indicatori che si va a confrontare: se la
redditività del capitale investito (finanziario) è superiore al costo medio del finanziam. (reddituale)
si potrebbero creare falsi segnali, così non evidenziando situazioni di disequilibrio finanziario.
b. Confronto tra margine operativo (EBIT) e oneri finanziari
= Ebit/OF … tanto maggiore è il rapporto, tanto maggiore sarà la salute finanziaria dell’azienda
Uno squilibrio potrebbe derivare da un eccessivo uso del debito o da una scarsa redditività
dell’azienda. Se il rapporto è elevato, vi sono margini sufficienti per coprire gli oneri e ciò implica,
probabilmente, potenzialità di investimento sfruttabili senza appesantire la struttura finanziaria.
c. Confronto tra att. immobilizz + corr con passività e netto.
Si parla quindi di adeguatezza degli elementi dell’attivo a coprire le passività
→ si tratta cmq di una logica atipica … infatti, la sua applicazione porterebbe a definire che il
passivo sia rimborsabile solamente dall’attivo, anche se in realtà le passività potrebbero essere
rimborsate con vendita dell’attivo, cash flow e debito.
Inoltre, giudicare l’equilibrio finanziario sulla base di questo criterio potrebbe essere penalizzante
per certe aziende (start up oppure quelle che investono pesantemente in attività immateriali), in
quanto la finanziabilità di tali imprese è subordinata alla completezza dei mercati finanziari;
essendo il mercato finanz. italiano incompleto, queste imprese si ritraggono in potenziale squilibrio.
d. Confrontando cash flow con livelli di sviluppo previsti
Definiamo, in tal caso, equilibrio finanziario la capacità dall’azienda a creare flussi di cassa
sufficienti a supportare lo sviluppo aziendale. Ciò è possibile esaminarlo attraverso rendiconti
finanz. o piani previsionali dei flussi di cassa attesi. Dal punto di vista operativo, per il finanziatore
significa associare, ai Fc attesi dall’impresa, dati livelli di probabilità e di rischio sistematico.
… in condizioni di business con crescita elevata, ci si attende un fabb. finanziario positivo, tanto da
non aver sufficienti flussi di cassa a coprirlo, dovendo così ricorrere a forme di finanziam. esterno.
Per questo, la nozione di equilibrio finanziario tramuta in capacità dall’azienda a creare Fc
sufficienti a supportare le necessità di investimento.
→ situaz. di disequilibrio è causa di Fc insufficienti oppure dall’incapacità di accedere ai mercati
(impossibilità cioè dell’az. di ricorrere a forme di fin. esterne per coprire il fabb. fin. positivo … ciò
succede quando l’azienda non è in grado di garantire un rendimento adeguato alla finanza esterna)
L’azienda sarà in disequilibrio quando:
a. CF < Investimenti (prob. aumento dei business)
b. CF < Remunerazioni
Viceversa, sarà in equilibrio quando i tassi di sviluppo attesi dell’attività sono, quindi, supportabili
attraverso la capacità di autofinanziamento dell’azienda. Interpretare l’equilibrio finanz. in tal modo
significa considerare una situazione sub-ottimale di mobilità strategica, basata non sul finanziare i
progetti di investimento migliori, ma solo quelli che si riescono a supportare con l’autofinanziam.
3° nozione → fa riferimento alle condizioni di equilibrio derivanti dalla correlazione della
dinamica della struttura finanziaria con i tassi di sviluppo attesi dal soggetto economico.
In una prospettiva dinamica, è necessario quindi verificare se la flessibilità della struttura finanziaria
sia adeguata con le esigenze poste dai tassi di sviluppo.
→ Un’azienda è in equilibrio quando i fabbisogni di cap. sono coerenti con i tassi di sviluppo,
ovvero ai tasso di crescita del fatturato. L’aggregato da prendere in considerazione, in tal caso, è il
capitale circolante netto (= attività corr. - passività corr.).
In situazioni di tassi di crescita elevati ci si attende che le dinamiche del circolante comportino un
assorbimento di liquidità (aum. CCN); le dinamiche del CCN potrebbero, però, non dipendere
strettamente dai tassi di crescita dell’azienda, in tal caso gli assorbimenti di liquidità potrebbero
derivare da un posizionamento critico sul mercato, ovvero insolvenze dal lato dei crediti vs clienti.
Non vi è quindi una stretta correlazione tra i 2 fattori, ma in condizioni di elevato tasso di sviluppo,
ci si attende un CCN che segua la stessa direzione.
4° nozione → l’equilibrio finanziario può essere inteso come bilanciamento dei flussi di cassa tra
le esigenze poste a ricerca degli impieghi e le capacità di sostenere le remunerazioni.
Ciò ha luogo all’interno dell’azienda e su di essa agiscono anche forze esterne: il sist. economico
per gli investimenti che l’azienda effettua e il settore finanziario con i propri vincoli ed effetti di
disciplina a controllo del funding. Questi ultimi variano a seconda della forma di finanziam.:
-se con cap. di debito, la disciplina riflette al controllo del soggetto finanziato, guidando l’azienda
verso situazioni coerenti con le esigenze di remunerazione del soggetto finanziatore.
-se con cap. proprio, sarà il mercato azionario a vigilare e monitorare l’azienda stessa.
Vi possono essere anche dei vincoli derivanti dalle dimensioni dell’azienda.
La dimensione, infatti, incide sulla capacità di accedere a opportune forme di finanziamento.
In presenza di mercati perfetti, la dimensione aziend. non dovrebbe incidere su tale capacità, ma se i
mercati sono imperfetti (causa di asimmetrie informative), la cap. di accedere a forme di
finanziamento esterne non sarà la stessa per grandi e piccole aziende. Ciò può comportare, sul
fronte degli impieghi, l’impossibilità di crescita per mancanza di fondi o, sul fronte della crescita,
un disequilibrio finanziario, a causa di fonti di fin. inadeguate.
Visione complessiva
In prospettiva complessiva, l’equilibrio finanz. può essere inteso come cap. di coprire i deflussi di
cassa dati dalle remunerazioni con i flussi in entrata derivanti dagli impieghi, seguendo però un
percorso di crescita sostenibile. La visione generale di equilibrio finanziario è data dalla capacità di
coprire i fabbisogni unitamente a quella dell’azienda di creare valore.
Creare valore significa mettere in relazione gli impieghi con i margini e le risorse con le
remunerazioni → verrà creato valore, quindi, se il rendimento atteso legato alla prima relazione sarà
maggiore al costo legato alla seconda … concetto di equilibrio finanziario “allargato”
Comporta il superamento della visione della finanza come area secondaria per accedere ad una
visione della finanza come strategica, cioè che adotta una logica proattiva, legata al disegno
strategico dell’azienda … ovviamente, tutto ciò sta in piedi solo se:
-i mercati finanziari sono completi
-vi è una perfetta correlazione, in ogni istante, tra Aflussi e Deflussi
[ su tale correlazione dipende anche la natura degli investimenti effettuati ]
Analisi finanziaria
Esistono 3 tipologie di analisi finanziaria: per margini, per indici e per flussi. Tale analisi riguarda
sia la prospettiva del soggetto interno, sia di quello esterno e permette di analizzare i bilanci:
1. sotto il profilo temporale … viene verificato l’evolversi degli equilibri negli esercizi; si parla,
in tal caso, di analisi delle dinamiche economico-finanziarie nel tempo
2. in modo trasversale … ponendo a confronto l’azienda oggetto di analisi con un numero
ristretto di aziende comparabili; qui si parla di analisi dei comparadors.
I criteri di definizione delle aziende comparabili:
a. Settore di appartenenza
b. Copertura degli stessi mercati
c. Tassi di sviluppo del fatturato (delle vendite)
d. Posizionamento dell’azienda nel ciclo di vita
L’analisi per indici e per flussi può essere svolta anche in una dinamica prospettica.
Gli strumenti di cui ci si può avvalere, in tal caso, sono i budget per cassa e i piani a m/l t; a questi
si aggiunge anche il rendiconto finanziario … strumento che misura la liquidità generata ed
assorbita dall’azienda nelle varie aree gestionali.
Prima fase per compiere l’analisi finanziaria è, quindi, la riclassificazione dei bilanci.
La riclassificazione assolve alla funzione di collocare in macroaggregati voci di bilancio omogenee
tra di loro sotto determinati profili, sia con una logica temporale che trasversale.
Esistono alcuni criteri rilevanti per identificare l’omogeneità delle voci; la scelta di tali criteri va a
definire le diverse modalità di riclassificazione del bilancio.
Le logiche di riclassificazione dello SP sono:
a. Liquidità ed esigibilità
… tale criterio mette in evidenza alcuni margini rilevati ai fini degli equilibri finanziari
b. Pertinenza gestionale
… evidenza le dinamiche dei flussi di cassa relative alle varie aree gestionali
1° criterio: liquidità ed esigibilità (LIE)
Si tratta di un criterio temporale → porta alla distinzione tra att. e pass. a b t e a m/l t
Attività a b t: liquidità, crediti, magazzino
Attività a m/l t: imm. immateriali, materiali, finanziarie
Passività a b t: debiti vs fornitori, debiti vs banche a breve, altre passività
Problema: lo scoperto su c/c viene inserito tra i debiti vs banche a breve termine, anche se,
questa forma di credito spesso dura nel tempo … per questo, in tale voce di bilancio, vengono
intese solo le aperture di credito a scadenza o fino a revoca (il motivo logico per la definizione a
bt sta nella dinamica che assume il saldo di c/c - contrapporsi di Fc in entrata e in uscita).
Viceversa, l’a/c in c/c verrà intesa a m/l termine nel caso di successivi rinnovi.
Passività a m/l t: prestiti obbligazionari, mutui passivi
Problema: prestiti e mutui vengono sì inseriti tra i debiti a m/l termine, ma non tutto l’importo da
rimborsare è esigibile oltre l’anno [ tra le singole rate = C + I … le quote cap. da rimborsare
entro l’anno verranno inserite tra le passività a bt ]
La logica di riclassificazione è a liquidità decrescente. Vengono prima esposte le attività a bt e poi
quelle m/l t, analogamente per le passività ed, infine, viene inserito anche il PN.
Tale criterio consente, quindi, di effettuare dei confronti in termini di struttura tra i diversi aggregati
… è possibile mettere a confronto att. a breve e a m/l termine in relazione alle pass. a breve e a m/l;
ciò permette di definire se l’azienda si trovi in condizioni di equilibrio finanziario o meno.
2° criterio: pertinenza gestionale
Tale analisi consente di prendere in considerazione le singole aree gestionali.
Il criterio porta alla definizione di:
… tra le attività
Gestione caratteristica; distinguibile, a sua volta, tra:
-corrente (attività tipica dell’azienda)
-non corrente (immobilizz. funzionali al ciclo produttivo)
Gestione non operativa, include immobilizz. non funzionali all’att. tipica e la liquidità.
… tra le passività
Gestione caratteristica; distinguibile, a sua volta, tra:
-corrente (debiti vs fornitori)
-non corrente (si parla di passività finanz.: mutui, prestiti obbl., a/c in c/c)
Gestione non operativa, include il PN
Questa logica di riclassificazione del bilancio è funzionale alla definizione di alcuni aggregati
rilevanti che forniscono informazioni utili per l’analista:
1) Cap. investito netto … tot. attività [ CIN ]
2) Cap. circolante netto = Att. correnti - Pass. correnti [ CCN ]
… se Ac > Pc → i debiti vengono estinti prima dell’incasso dei crediti; l’azienda, quindi,
assorbe liquidità. Nella logica LIE, tale situazione può essere problematica se l’aumento delle
att. correnti è causa di in aumento di rimanenze e crediti, anziché di cassa.
… se Ac < Pc → i crediti vengono incassati prima dell’estinzione dei debiti; l’azienda, quindi,
genera liquidità.
3) Cap. operativo inv. netto = CCN + Cap. imm. op. netto [ COIN ]
In generale, la riclassificazione delle SP permette la determinazione di alcuni importanti margini
… secondo il criterio di liquidità ed esigibilità
1) CCN = Ac - Pc
2) Margine di struttura (MS) = PN - Immobilizz
Indica l’idoneità del cap. proprio a fornire copertura al capitale immobilizzato
Se il margine di struttura è negativo, risulta cmq soddisfacente la situazione in cui il PN permetta la
copertura delle immobilizzazioni tecniche.
3) Margine di tesoreria (MT) = CCN - scorte = Liquid. immediata + differita - Scorte
Indica la cap. dell’azienda a far fronte alle esigenze di pagamento a bt con la liquidità disponibile.
Se il margine è positivo, l’azienda ha sufficiente liquidità a disposizione; d’altra parte, però, tanto
maggiore è il suo valore, tanto più l’azienda sarà in disequilibrio economico potenziale.
… secondo il criterio di pertinenza gestionale
1) CCC (cap. circ. comm.) = Ac - Pc
2) PFN (Posiz. finanz. netta) = Pf - Liquidità
Tale margine indica il livello di indebitamento effettivo dell’azienda al netto delle risorse liquide
utilizzate per abbattere il debito aziendale … è anche rilevante in una prospettiva di valutazione del
valore dell’impresa in un’ottica finanziaria → EV = VC + D = VC + PFN
[ Valore dell’impresa = valore del cap. + valore del debito (quest’ultimo posiz. finanz. netta) ]
Le logiche di riclassificazione dello CE sono:
a. Valore della produzione e valore aggiunto
… individua 2 valori fondamentali: valore aggiunto, valore della produzione
b. Costo del venduto
Costo del Venduto = Consumi + Costi industr. ± Δ Prodotti finiti
L’analista finanziario preferisce la prima tipologia di riclassificazione in quanto:
-la logica a costo del venduto presuppone la conoscenza della destinazione dei costi per aree
gestionali … ciò non è fattibile analizzando il bilancio pubblico.
-il valore aggiunto da ulteriori informazioni in termini di capacità dell’azienda di produrre liquidità
1° criterio - A valore della produzione e valore aggiunto
Valore aggiunto = Ricavi ± Δ Rim. semilavorati, prodotti - Consumi - Costi sevizi
Tale valore ha anche dei riflessi sul cap. circ. comm., definendo così l’attitudine dell’azienda ad
assorbire o a produrre liquidità.
Da un’azienda con elevato valore aggiunto, ci si attende un’espansione della liquidità, ma con CCC[ alto valore della produzione e bassi costi implica livelli bassi di debiti vs fornitori ]; viceversa
un’azienda con basso valore aggiunto, assorbe liquidità, ma ha CCC+. (???)
Analisi per indici
Il suo obiettivo è quello di andare a costruire rapporti tra grandezze di SP e CE al fine di porre in
evidenza le condizioni di equilibri (economici, finanziari, patrimoniali) di un’azienda.
È rilevante in quanto condotta sul confronto di diversi indicatori.
In generale, gli indici possono essere:
a. Di natura reddituale
b. Di natura finanziaria … pongono in evidenza le condizioni di struttura finanziaria dell’azienda
c. Di produttività
d. Di mercato … si tratta di indicatori parametrati al valore di mercato
Indici di mercato
1.
𝐸𝑉
πΈπ‘π‘–π‘‘π‘‘π‘Ž
=
π‘‰π‘Žπ‘™ π‘šπ‘˜π‘‘ π‘π‘Žπ‘.+𝑃𝐹𝑁
πΈπ‘π‘–π‘‘π‘‘π‘Ž
Indica quante volte l’azienda vale rispetto alla sua capacità di produrre margini reddituali
Tale indice può essere espresso anche come “multiplo” del mercato (medio).
Per applicato ad un’azienda non quotata, tale valore viene applicato all’Ebitda … EV =
Ebitda*moltiplicatore
2. Price/Earning … P/E = prezzo dell’azione / utile per azione
3. Price/Book value … P/BV = prezzo dell’azione / valore di libro
… con valore di libro: PN / n. az.
Altri indici
Esistono indicatori che vengono utilizzati per valutare gli equilibri di qualunque azienda con
associati limiti. Generalmente, ad ogni indicatore viene associato un valore (cd. valore soglia) al di
sopra del quale la situazione viene considerata soddisfacente o al di sotto del quale viene rilevato un
disequilibrio. La fissazione di tale limite da una valutazione di per sé scorretta, ma nell’ambito
dell’analisi finanziaria si è soliti porre dei limiti alla valutazione.
I principali indicatori presi a riferimento sono:
a. Di redditività
b. Di liquidità … misurano la liquidità nel breve termine
c. Di struttura … misurano la solvibilità nel m/l termine
Principali indicatori di redditività sono:
1. ROE = RN/CN … valuta la redditività complessiva dell’azienda; sintetizza, quindi, il
complesso delle gestioni aziendali. In una prospettiva finanz. è rilevante perché può esprimere
la capacità dell’azienda di accedere a fonti di finanziam. a titolo di cap. di rischio.
Per l’investitore, tale indice dovrebbe essere confrontato con rendimenti derivanti da investimenti
alternativi, soggetti allo stesso rischio → Convenienza se: ROE > Rendim. atteso
2. ROI = RO/(D+CP) … in tal caso, viene presa a riferimento la redditività per il complesso dei
finanziatori che potrebbero apportare in azienda cap. proprio o cap. di debito.
3. ROA = RO/Tot. A … reddito operativo sul capitale investito dell’azienda (CIN op.)
Per un’esigenza di praticità viene utilizzato il tot. A in un’ottica di confronto con altri indici
… infatti ROE è funz. di ROA, Of. e Leva fin.
In ogni caso, tanto maggiore è il ROA, tanto maggiore è l’efficienza dell’azienda nella
gestione, migliore dovrebbe essere il giudizio riguardo all’azienda stessa.
Principali indici di liquidità sono:
1. Liquidità corr. (LC) = Att. correnti / Pass. correnti
… costruito sulla base di uno SP riclassificato secondo il criterio Liquidità ed Esigibilità
Indica la capacità dell’azienda di far fronte alle passività a b t con mezzi liquidi o mezzi
facilmente liquidabili; tale indice risulta soddisfacente se > 110%.
L’indicatore potrebbe però essere di difficile interpretazione a causa dell’eterogeneità degli
elementi inclusi nelle 2 voci. Per sviare a tali limiti, dovrebbe essere calcolato con una certa
periodicità, valutando così l’andamento complessivo → ciò è ancor più visibile per aziende aventi
attività fortemente stagionali nelle quali le oscillazioni dell’indice risultano rilevanti
2. Liquidità immediata (LI) = (Att. correnti - Scorte) / Pass. correnti
… segue sempre la logica precedente; in tal caso, il valore soglia è dell’80%
Secondo la logica LIE, il confronto dei 2 indici di liquidità non da info sufficienti a comprendere
una situazione aziendale positiva o negativa; tali indici dovrebbero, quindi, essere confrontati con
indicatori di redditività. Viceversa, se gli indicatori di liquidità vengono costruiti sulla base dello SP
riclassificato secondo il criterio della pertinenza gestionale da info univoche
… l’espansione dell’indicatore deriva da maggior capitale circolante investito in azienda → … la contrazione dell’indicatore deriva da minor capitale circolante investito in azienda → +
3. Indice di durata
… indica la durata del ciclo commerciale, cioè l’arco temporale che va dal momento dell’acq.
dei fattori produttivi al momento dell’incasso dei crediti derivanti dalla vendita.
L’indice di durata (DC) viene determinato come somma dei gg crediti (dilazione ai clienti) e
dei gg scorte (permanenza in magazzino), al netto dei gg debiti (dilazione ai fornitori)
GG Crediti = Crediti / (fatturato / 360)
GG Scorte = Scorte / (acquisti / 360)
suddiviso a sua volta in … Materie prime = Scorte / (acquisti / 360);
Prodotti finiti = Scorte / (costo del venduto / 360)
GG Debiti = Debiti / (acquisti / 360)
→ DC = gg crediti + gg scorte - gg debiti
Determinare la durata del ciclo secondo questa formulazione potrebbe però in alcune circostanze
fornire info incoerenti circa il fabbisogno finanziario generato dalla gestione corrente; perciò si
dovrebbe considerare una durata ponderata del circolante, ciò implica una ridefinizione dei
parametri costitutivi … Scorte e Debiti vengono ponderati con il fattore Acquisti / Fatturato
GG Crediti = Crediti / (fatturato/360)
GG Scorte = Sorte / (fatturato/360)
GG Debiti = Debiti / (fatturato/360)
… di conseguenza, con fatturato = 100
Crediti = GG Crediti *100 / 360
Scorte = GG Scorte * 100 / 360
Debiti = GG Debiti * 100 / 360
Principali indici di struttura (espressione di leva finanziaria) sono:
1. Tot. Attivo / Cap. proprio
… se = 4, significa che, per ogni € di cap. proprio, si avranno 4€ di totale attivo e quindi vi
saranno 3€ conferiti a titolo di cap. di debito
2. Cap. di debito / Cap. proprio
… se = 3 significa che, per ogni € di cap. proprio, si avranno 3€ di cap. di debito.
3. PFN / Cp
… con PFN = Debiti - Liquidità
In ogni caso, la condizione soddisfacente della gestione è: Cap. proprio / Cap. di debito ≥ 1
[ se molto < 1 significa che il debitore è fortemente soggetto al rischio d’impresa ]
→ La leva finanziaria viene utilizzata per determinare il costo medio ponderato del capitale reperito
sul mercato. Tale costo-opportunità sarà diverso tra cap. proprio e cap. di debito … CmpK sarà,
quindi, una media ponderata tra i 2, usando come fattore di ponderazione [ Cp / (Cp+D) ] per il
capital proprio e [ D / (Cp+D) ] per quello di debito.
Gli indicatori di leva finanziaria e di struttura danno indicazioni sull’indebitamento di un’azienda,
ma non sulla sua composizione (debiti a b t e a m/l t sono mescolati); perciò, per ottenere maggiori
informazioni riguardo la struttura a scadenza del debito aziendale, è necessario individuare degli
indicatori che indichino l’incidenza del debito a seconda della durata.
a. D breve / Ricavi … indica quanto debito bancario a breve termine viene espanso per generare
una data unità di ricavi [ viceversa l’indice Ricavi / D bt indica quante volte i ricavi generati
dalle vendite consentono di ripagare i debiti assunti vs le banche a bt ]
b. PFN / Ricavi … indicazioni analoghe
Letti congiuntamente i 2 indicatori indicano, in linea di massima, la struttura finanziaria dei debiti.
Tanto maggiore è il primo indice, tanto maggiore sarà l’incidenza dei debiti a breve termine sul
totale delle fonti di finanziamento … situazione spesso non ottimale.
Accanto a tale aspetto, all’analista interessa conoscere anche la capacità dell’azienda di ripagare gli
oneri finanziari … i modi di determinazione sono diversi:
1. Ebitda / Of … tanto maggiore è tale margine, tanto maggiore è la cap. dell’azienda di
remunerare agli amm.ti e i finanziatori di cap. di terzi
2. Ebit /Of … in tal caso, si pone il problema di definire una soglia ottimale dell’indicatore
(secondo gli analisti ≥ 3); ciò però non è così soddisfacente, in quanto l’adeguatezza o meno
dell’indicatore può dipendere dal grado di variabilità del Reddito operativo aziendale.
Tanto più quest’ultimo è variabile, altrettanto sarà la misura dell’indicatore e viceversa.
Inoltre, un’adeguatezza degli indici sopra determinati non assicura la cap. dell’azienda di far fronte
agli Of attraverso la cassa prodotta dalla gestione aziendale → l’indicatore dovrebbe perciò subire
trasformazioni → Fc / Of … tale indicatore da un’info univoche.
In realtà l’utilizzo dell’indice Ebit / Of consente di definire le aree soggette a maggiori criticità
→
𝐸𝑏𝑖𝑑
𝑂𝑓
=
𝐸𝑏𝑖𝑑
𝑉
*
𝑉
𝐷
*
𝐷
𝑂𝑓
Quindi, un andamento insoddisfacente potrebbe essere dovuto anche a fattori economici o a
squilibri delle fonti. È per questo che alcuni analisti usano come indice di sostenibilità OF / Vendite
… il rapporto Ebit / Of potrebbe essere elevato, ma la situazione cmq non soddisfacente: causa di
una diminuzione delle vendite o ad un incremento degli OF (espansione dell’indebitamento).
Relazione tra indicatori
… di redditività, di natura finanziaria (liquidità e struttura) e di costo del debito.
1. ROE = RN/CN
= [ ROA + (ROA -
𝑂𝑓
𝐷
)*
𝐷
𝐢𝑝
]*
π‘ˆ
𝐢𝑛
Tale margine indica fino a che punto l’azienda può espandere la propria leva finanziaria
… però l’aumento della leva comporta l’aumento degli oneri finanziari
In realtà, l’onerosità del debito (Of/D) è funzione del livello di leva finanziaria; al crescere ti tale
rapporto, aumentano gli oneri pagati sul debito e si ha un livello di debito oltre il quale gli oneri
finanziari superano i frutti degli investimenti effettuati con quei finanziamenti.
2. ROE = RN/CN =
𝑅𝑂
π‘‡π‘œπ‘‘.𝐴
*
π‘‡π‘œπ‘‘.𝐴
𝐢𝑛
*
𝑅𝑁
𝑅𝑂
[ … con ROA =
= ROA * LF *
𝑅𝑂
𝑉
*
𝑉
π‘‡π‘œπ‘‘.𝐴
]
𝑅𝑁
𝑅𝑂
Analisi per flussi
Parlando di analisi per flussi occorre definire in modo preliminare i profili di rischiosità aziendale.
Si parla di volatilità, quale grado di variabilità dei risultati, provocante effetti rilevanti sulla capacità
dell’azienda di generare cassa. La rischiosità dell’azienda può essere, quindi, calcolata in 2 modi:
1. Volatilità del RO … dipende dalla struttura dei costi dell’azienda e quindi dalla ripartizione
dei costi aziendali tra costi fissi e costi variabili [ rischio operativo ]
2. Volatilità del RN … dipende essenzialmente dalla struttura finanziaria e quindi degli oneri
finanziari sull’indebitamento [ rischio finanziario ]
I 2 rischi si riconducono, analogamente, a leva operativa e leva finanziaria.
Grado di leva operativo (GLO)
= [ ΔRO / RO ] / [ ΔQ / Q ]
= Δ% RO / Δ% Q
→ Δ% RO = GLO * Δ% Q
Tanto maggiore sarà la redditività del RO, tanto maggiore sarà la rischiosità aziendale
… GLO = Margini di contribuzione (Mdc) / (Mdc-CF)
Grado di leva fianziaria (GLF)
= [ ΔRN / RN ] / [ ΔRO / RO ]
= Δ% RN / Δ% RO
→ Δ% RN = GLF * Δ% RO
… in termini semplificati, GLF viene espresso come RN/RO
Il grado di leva complessiva, cioè la rischiosità complessiva dell’azienda, viene così determinato:
GLC = GLO * GLF
= {[ ΔRO / RO ] / [ ΔQ / Q ]} * {[ ΔRN / RN ] / [ ΔRO / RO ]}
= (ΔRO / RO) * (Q / ΔQ) * (ΔRN / RN ) * (RO / ΔRO)
… (ΔRO / RO) * (RO / ΔRO) = 1
= (ΔRN / RN) * (Q /ΔQ)
Entriamo ora nel merito dell’analisi per flussi, quale capacità dell’azienda di produrre liquidità,
capire quali sono le fonti di liquidità (dove la liquidità viene generata) e come viene usata.
Ciò significa risp a 3 domande fondamentali:
a. Qual è stato e quale sarà il fabb finanziario?
b. Quali sono le fonti di liquidità? Da dove l’azienda ha tratto liquidità?
c. Quali aree che hanno assorbito liquidità? Qual è la destinazione della liquidità?
L’analisi della liquidità è strettamente legata agli equilibri economici reddituali, cioè alla capacità di
produrre margini, ed è per questo che tale analisi abbandona la logica economica (costi e ricavi) per
legarsi ad una logica monetaria (entrate ed uscite di cassa).
L’analisi per flussi è dinamica e per questo analizza la variazione subita dalle grandezze nell’arco di
un determinato periodo di tempo … tali variazioni (flussi), derivanti dalla lettura dello SP aziendale
di 2 anni consecutivi, verranno poi inserite nel prospetto delle fonti e degli impieghi.
Quest’ultimo qualifica come fonti di liquidità i movimenti in entrata (+) e impieghi di liquidità i
movimenti in uscita (-). Scendendo più nel dettaglio, possiamo dire che:
a. Sono fonti di liquidità: le Δ+ di Passività e Capitale netto e Δ- di Attività
b. Sono impieghi di liquidità: le Δ- di Passività e Capitale netto e Δ+ di Attività
Il prospetto F/I sintetizza quali sono state le Δ delle poste dell’attivo e del passivo che hanno
generato entrate (fonti) e uscite (impieghi) di cassa.
Nell’ottica dell’analista finanz. è importante esaminare le singole aree gestionali, per determinare
quali sono oggetto di criticità. Perciò viene misurata la liquidità generata ed assorbita nelle aree:
… Caratteristica corrente; Investimenti e disinv.; Finanziamenti e rimborsi; Remunerazioni (Cp)
Si dovrebbero poi determinare i relativi Fc di ogni gestione in netto dell’impatto fiscale, anche se in
realtà gli OT vengono attribuiti alla gestione caratteristica.
La difficoltà sta proprio nel determinare i flussi monetari appartenenti ad ogni area
… mentre per l’area caratteristica vi sono maggiori criticità [ trattata dopo ]
… le aree degli investim., finanziam. e remuneraz. presentano minori criticità
a. Investimenti e disinvestimenti
Fc +: valore monetario incassato - imposte su plusvalenze
Fc -: valore monetario pagato + costi connessi
b. Accensione e rimborsi finanz.
Fc +: finanziamento lordo - spese connesse
Fc-: quota finanziamento rimborsata
c. Remunerazioni
Fc -: OF al netto del beneficio fiscale
Prima di determinare il flusso di cassa generato dall’area caratteristica, di più complessa
definizione, è necessario considerare il concetto di autofinanziamento; distinguibile in:
a. Utile netto … quale autofin. potenzialmente prodotto dall’azienda
b. Flussi finanziari che l’azienda è in grado di produrre … quale autofin. in termini finanziari
Quest’ultimo, può essere, a sua volta, potenziale o reale
Autofinanziamento reale: mezzi monetari prodotti dall’azienda
= Entrate monetarie - Uscite monetarie
Autofinanziamento potenziale: movimenti finanziari dell’azienda, che non si sono tradotti in
manifestazioni monetarie, ma sono stati assorbiti da Δ di CCno (cap. circ. netto op.)
Infatti, per valutarlo occorre legare le dinamiche di CE con quelle di SP
Sappiamo che la gest. corrente (acq-trasform-vendita) può avere riflessi monetari (quando
vengono incassati crediti da clienti o pagati i debiti), ma anche riflessi sul cap. circ.
→ Δ crediti, debiti, scorte
Per determinare il Fc legato alla gestione corrente [ Fcgc = Entrate m. - Uscite m. ]
È necessario qualificare le entrate e le uscite mon.
E mon. = Ricavi - Δ Cr. [ Δ Cr. = Cr. t1 - Cr. t0 ]
U mon. = Costi (acq., amm.vi, comm.li ) - Δ D bt
Però, al fine della determinaz. del Fgcg è possibile utilizzare una formula inversa
οƒ  Fgcg = Fccgc - ΔCCn
… con Fccgc: F cap. circ. gest. corr.
[ Autofin. Reale = Autofin potenziale - ΔCCn ]
In aggiunta, per chiarire come si va a definire il Fccgc, è necessario considerare che le diverse
operazioni rientranti nell’ambito della gest. caratteristica possono avere una manifestaz. monetaria,
una reddituale oppure una manifestazione monetaria e reddituale.
Reddituale
Redd. e finanz.
Monetaria
Acquisti
Costi
Δ Scorte (mp), Debiti forn.
- Δ Cassa
Produzione
Costi
Δ Scorte (pf), Debiti vs dip.
- Δ Cassa
Vendita
Ricavi
Δ Scorte, Crediti
+ Δ Cassa
Sintesi
RO
Fccgc
Fcgc
Il Fccgc, in termini reddituali, può essere visto come una particolare configurazione di risultato
reddituale ed, in termini finanziari, come flusso monetario potenziale.
Per determinare il Fccgc, bisogna, quindi, identificare costi e ricavi monetari, aventi 2 requisiti:
a. Appartenenti alla gest. caratteristica
b. Aventi rilevanza monetaria (devono essere componenti di reddito tradotti in moneta o che si
tradurranno in moneta in futuro - m/l t)
οƒ  Fccgc = Ricavi gest. car. mon. - Costi gest. car. mon.
Quest’ultimo può essere anche determinato secondo 2 approcci diversi:
a. Top-down … Fccgc = RO + Amm.ti (comp. di costo non aventi manifestaz. monet.) - Imposte
b. Top-up … Fccgc = RN + OF + Oneri gest. acc./straord. - Proventi gest. acc./straord.
Abbiamo visto, quindi, che Fcgc = Fccgc - ΔCCn
… in termini più analitici: Fccgc - (Δ+Cr.) + (Δ- Cr.) + (Δ+ D bt) - (Δ- D bt) = Fcgc
Il Fc complessivo deriva dalla somma algebrica dei Fc netti riferiti alle 4 aree gestionali
Area investimenti … genera cassa per investimenti e assorbe per disinvestimenti
Area finanziamenti … genera cassa per accensioni e assorbe cassa per rimborsi
Area remunerazioni … assorbe cassa per dividendi e produce cassa per proventi fin. (interessi)
Area caratteristica … genera cassa se ΔCCn < Fccgc e produce cassa se ΔCCn > Fccgc
Δ- Cassa: Impiego di risorse
Δ+ Cassa: Fonte di risorse
Rendiconto Finanziario
Il rendiconto finanziario è un documento che va a rappresentare le variazioni subite dalla liquidità
aziendale … indica, quindi, se l’azienda ha prodotto o ha assorbito cassa.
Definisce le variazioni complessive a livello di singola area al fine di giungere al saldo finale di liq.
Il RF può essere costruito secondo schemi diversi. La forma tipica è quella scalare.
In un’ottica di redazione del RF, seguiamo il seguente ordine:
1. Area caratteristica
Fccgc - ΔCCn = Fcgc
2. Area degli investimenti
Fcgc - Inv. + Disinv. = Free cash flow (Fcfo)
3. Area dei finanziamenti
Fcfo - Rimborsi + Accensioni - Remuneraz. + Proventi fin. = Fc azionisti
4. Area Cap. proprio
Fc az. - dividendi + aum. cp - riduz. cp
= Δ Liquidità = Cassa t1 - Cassa t0
Essendo la più importante, occorre fare qualche considerazione riguardo all’area caratt.
Innanzitutto, è necessario evidenziare che l’affermazione “il CF (cash flow) è pari all’utile netto più
gli amm.ti” è inappropriata, perché l’esistenza di un utile non implica la cap. dell’azienda a far
fronte agli investimenti o ai rimborsi dei debiti … bisogna sempre calcolarlo come E mon - U mon.
In secondo luogo, è necessario definire la cap. del flusso prodotto della gest. caratteristica, in
quando permette di misurare i mezzi immediatamente utilizzabili per gli impieghi, al di fuori della
gestione caratt. stessa: il parametro rilevante, in tal caso, è il Fccgc, in quando da info sul Fcgc.
Sarebbe, però, riduttivo valutare la congruità del FC prodotto dall’azienda basandosi solo sul Fcgc;
sono necessari altri parametri di giudizio:
1. Stadio nel ciclo di vita dell’azienda … ha un impatto diverso sull’azienda, infatti:
… in fasi iniziali (start-up, lancio), l’azienda tende ad espandere il proprio cap. circ. ed
effettuare nuovi investimenti; l’azienda, quindi, assorbe cassa
… in fasi di maturità e declino, ci si attende una cap. dell’azienda a generare cassa
2. Fattori strutturali
… tipologia di settore in cui l’azienda opera (nuovi, ad alto contenuto tecnologico)
3. Fattori congiunturali
… legati alle dinamiche del ciclo macroeconomico, comporta modifiche nei volumi di attività
4. Aspettative di investimento aziendali
Il RF poggia sul prospetto fonti-impieghi, che indica gli input che lo alimentano; è standard, ma non
è l’unico modello utilizzabile; permette, innanzitutto, di valutare il FF dell’azienda, portando
all’esplicitazione di risultati parziali e di un risultato complessivo
Fcgc + Inv. - Disinv. - Of - Rimborsi D + Prov. fin = Fabbisogno finanziario
+ Cp, + Finanz. da terzi, - Δ Cassa
- Cp (Remuneraz), - Finanz. da terzi, +Δ Cassa
Inoltre, molto spesso nelle aziende si tende a distinguere fonti e impieghi di risorse finanziarie a
seconda della loro discrezionalità (possibilità di controllo dell’azienda). Cosi:
Fcgc - Inv. non discrezionali - Rimborsi D - Of + Disinv. = Free cash flow … si tratta di un flusso
di cassa che l’azienda ha a disposizione per effettuare operazioni non discrezionali.
segue … FCF - Inv discrezionali - Rimborsi D anticipato - Dividendi + Aum C.p. = Δ ± Cassa
N.B.: un flusso di cassa libero (FCF) positivo potrebbe essere non congruo a seconda dei processi di
crescita che l’azienda intende intraprendere
Previsione finanziaria
L’analisi previsionale permette la definizione del fabb. finanziario e definisce le modalità di
copertura dello stesso. Il processo di analisi è costituito da 3 fasi:
1. Raccolta e analisi dei dati
2. Analisi finanziaria a consuntivo … il cui obiettivo è quello di verificare le condizioni correnti
di equilibrio finanz. dell’azienda e dare un giudizio sui fabbisogni e modalità di copertura
3. Analisi finanziaria a preventivo … che verifica gli eq. finanz .prospettici e analizza le
modalità di formazione ex-ante del fabb. finanziario
In tal caso, si pone il problema dell’assenza di dati certi, questi infatti verranno stimati
… la problematica si sostanzia, quindi, nella stima dei parametri necessari per effettuare l’analisi.
Esistono cmq modalità diverse di analisi finanziaria prospettiva che rispondono a finalità diverse
… si parla di pianificazione finanziaria. Tendenzialmente, questa, viene limitata ai 3/5 anni;
ovviamente più l’orizzonte temporale è lungo più la pianificazione è incerta.
→ La pianificazione a m/l termine prevede la redazione di un RF al fine di effettuare un’analisi dei
flussi per redditività prospettica … ciò permette di determinare la compatibilità finanziaria dei
programmi di sviluppo aziendali; quest’ultima si qualifica di 3 presupposti:
a. Coerenza tra fabb finanz. prospettici e forme di copertura degli stessi
b. Salvaguardia degli equilibri finanziari
c. Mantenimento della combinazione rischio/rendimento
→ Una pianificazione finanziaria sul breve termine fa, invece, rifermento alla pianificazione della
tesoreria (budget). Gli obiettivi, in tal caso, sono di:
a. Programmazione delle entrate e delle uscite di cassa nel breve o brevissimo termine
b. Controllo dei movimenti bancari (controllo cioè delle dinamiche dei rapporti con la banca)
In realtà, quest’ultimo obiettivo è utile al fine di tener sotto controllo l’onerosità del debito e
permette anche di scegliere le migliori forme tecniche di prestito bancario idonee alla copertura del
fabbisogno finanziario aziendale.
N.B.: Cmq, gli obiettivi di una pianificazione finanziaria a breve termine, rispetto a quelli di m/l t,
sono diversi, ma, allo stesso tempo, tra loro complementari.
Pianificaz. strategica (m/l termine)
Gli aspetti di rilievo per qualunque tipo di pianificazione sono:
a. di natura qualitativa … fanno riferim. alle ipotesi che stanno alla base della pianificaz. stessa
b. di natura pratica … comprendono tutte le metodologie utilizzate per redigere un piano finanz.
→ Esistono, perciò, diversi metodi per realizzare previsioni, cioè rappresentare le ipotesi.
Il problema delle ipotesi è fondamentale, in quanto in assenza di esse il piano finanziario si
tradurrebbe in pura e semplice previsione; in realtà la finalità del piano è quello di esprimere gli
obiettivi strategici che l’azienda prospetta per il futuro.
Per capire le ipotesi di pianificazione strategica, è necessario, innanzitutto, contestualizzare il piano
finanziario; quest’ultimo, infatti, viene a collocarsi nel contesto più ampio del piano industriale,
documento attraverso il quale l’azienda va a comunicare al mercato le proprie strategie competitive
e gli obiettivi strategici per il futuro. Le ipotesi che stanno alla base del processo di pianificazione
coinvolgono tutte le aree gestionali nelle quali idealmente si può scomporre l’azienda e vengono
stabilite sulle decisioni che impattano su risultati delle varie aree gestionali
… ai fini della PS, devono, quindi, essere individuate variabili rilevanti per ogni gestione:
1. Operativa
… fatturato, acquisti / consumi, costi per servizi e costi per personale
2. Investimenti
… nuovi investimenti, disinvestimenti
3. Finanziaria
… strategie di reperimento fondi sul mercato
4. Commerciale (dinamica crediti, debiti e giorni di dilazione)
… gg clienti, gg fornitori e gg sorte
Gest. operativa
→ La variabile cruciale sulla quale si basa la pianificaz. finanz. è il fatturato e le ipotesi effettuate si
riferiscono appunto all’evoluzione delle sue dinamiche; infatti, errori dei livelli futuri di fatturato
porterebbero a risultati non attendibili del piano finanziario.
La previsione viene, quindi, innanzitutto, basata sulla crescita annua % del fatturato; tutte le altre
variabili riferibili alla gest. operativa vengono poi definite in relazione al fatturato stesso.
→ 2° elemento da prendere in consideraz. per la redazione del piano sono i consumi: in astratto, si
potrebbe anche qui vedere la crescita annua %, in realtà la modalità scelta è quella di definizione dei
consumi come incidenza % sul fatturato … si tratta, quindi, di definire, per ogni anno del piano,
quale possa essere una misura attendibile dei consumi sul fatturato.
Ciò inizia dall’analisi storica dei bilanci, ma si basa anche sugli obiettivi posti del management.
→ I costi per servizi e del personale possono essere definiti in termini di incidenza sul fatturato,
anche se spesso viene utilizzato anche il criterio di Δ% anno su anno.
Il vero aspetto critico è però quello di definire l’evoluzione del fatturato, in quanto, prevedere un
tasso di crescita del fatturato richiede il collocamento dell’azienda nell’ambito del settore in cui
opera … ciò porta, nella redazione del piano industriale, alla coniugazione del fattore esogeno
(evoluzione del settore) con quello endogeno (posizionam. competitivo all’interno del settore).
Tale confronto non è, però, sufficiente: il settore deve anche essere contestualizzato a livello
macroeconomico (1° livello - PIL, tasso d’interesse e tasso d’inflazione)
A tali variabili possono aggiungersene altre in base alla singola fattispecie aziendale.
Definiti i tassi di crescita del fatturato, le ipotesi su consumi, spese per servizi e personale
dovrebbero condurre alla presunzione del RO per ciascun esercizio.
→ Per un corretto processo di pianificazione, è necessario anche capire cosa potrebbe succedere
alle variabili economiche rilevanti in diverse condizioni di mercato … per definire le possibili
situazioni, si individua uno scenario di riferimento, si sviluppa uno scenario probabile e si rilevano
le attese nel caso ci sia uno scostamento positivo o negativo dallo scenario presunto.
Gest. degli investimenti
In un processo di PS, le ipotesi sugli investimenti non potranno non essere collegate agli assunti
fatti a livello superiore (gest. operativa); il piano deve, quindi, mantenere al proprio interno un certo
grado di coerenza tra le previsioni sull’aum. % annuo del fatturato e quelle della gest. investimenti.
… se sono previsti tassi aggressivi di aumento del fatturato, nell’ambito della gest. degli investim.,
è prevedibile una previsione degli investim. in crescita e viceversa.
N.B.: Il piano industriale è soggetto a regolamentaz. (Borsa) … perciò l’ammissione dell’azienda a
quotazione è subordinata alla coerenza tra le varie gestioni:
1° … coerenza tra fatturato e investimenti aziendali
2° … assunti fatti a livello di gest. operativa e investimenti con quelli della gest. finanziaria.
Gest. commerciale
Anche per questa gestione deve sussistere un dato livello di coerenza di fondo tra le ipotesi qui
definite e le assunzioni fatte ai livelli superiori … esistono diversi approcci:
1° approccio: riproporre il trend passato (se le espansioni future non sono troppo ambiziose)
2° approccio: non riproporre il trend storici (con una previsione espansiva del fatturato) … si
prevede, in tal caso, un aum. dei giorni di dilazione dei clienti (ciò comporta un aum. del CC)
Ciascun piano finanz. fa riferimento a diversi obiettivi di fondo, da legarsi all’azienda; spesso questi
vengono parametrati a indicatori aziendali [ quali ROE, ROI, Margine di profitto (Utile/Vendite) ]
… in realtà, definire gli obiettivi aziendali secondo tali parametri non ha alcun senso, perché le leve
strategiche da adottare sono diverse dato che gli indicatori di redditività assunti sono sintetici.
In secondo luogo, l’obiettivo aziendale è quello della creazione di valore per i portatori di capitale
proprio e della definizione di leve per la gest. operativa, degli investim. e dei finanziam.
→ Valore = funz. (investim.; ROI; costi dei fondi) … i cui parametri di definizione sono il capitale
investito e lo spread tra rendimento del cap. inv. e il costo del cap. stesso.
L’obiettivo di creazione del valore potrebbe, perciò, trovar traduzione concreta nel piano finanz. in
termini di decisioni legate al cap. investito e dinamiche previste dello spread.
Focalizzandosi sull’incremento della redditività del cap. investito, le leve possono portare
all’espansione del fatturato o alla restrizione dei costi; ciò implica la definizione di diverse politiche
finanziarie, non necessariamente compatibili tra di loro, mirate a …
1. Forzare la crescita
2. Recuperare redditività
3. Riequilibrare la struttura finanziaria
4. Attuare politiche di investimento
5. Distribuire risorse agli apportatori di cap. proprio.
Porre gli obiettivi finanziari in questi termini è ancora astratto … realisticamente la scelta tra questi
dovrebbe riflettere la fase del ciclo di vita in cui si trova l’azienda.
Nella fase introduttiva, gli obiettivi saranno di forzatura della crescita e degli investimenti; nella
crescita rapida, a questi, si potrebbe aggiungere quello di miglioramento della redditività; viceversa,
nella fase di maturità, potrebbe diventare prioritario il recupero di redditività, l’equilibrio della
struttura finanziaria e la distribuzione delle risorse; infine, nella fase di declino si cercherà di
risollevare le sorti dell’azienda, permettendo così una nuova ripresa.
Traducendo in termini concreti il processo di pianificazione finanziaria, i modelli che possono
essere presi a riferimento per redigere un bilancio pro-forma sono diversi.
Il punto di partenza è quello di redazione del CE
Esempio
Conosciamo il bilancio all’epoca t e dobbiamo pianificare quello dell’epoca t+1
Innanzitutto, per il CE, si ipotizza la Δ% di incremento del fatturato (in tal caso, 8%), con la quale è
possibile redarre una prima parte come segue …
Epoca t
Epoca t+1
Fatturato
100
100 + 100*8%
Consumi
-70
Fatt. t+1* % Incid.
Margine op. lordo
= 30
= Fatt. t+1 - Cons. t+1
Amm.ti
-10
Amm.ti t+1
Costi personale
-10
Personale t+1
Margine op. netto
= 10
= RO netto t+1
Oneri finanz.
-2
Reddito ante imposte
=8
Imposte
-3
Reddito netto
=5
Al momento della definizione degli oneri finanziari futuri riscontriamo il primo rilevante problema:
infatti, non è detto che il cap. di debito sia direttamente correlato al fatturato, ma per obiettivi di
struttura finanziaria, è ragionevole stimare gli oneri finanziari in funzione del fatturato prospettico
Questi devono essere stimati in relazione alla struttura delle fonti prevista per il futuro e, perciò,
passiamo alla redazione dello SP pro-forma
Attivo
Epoca t
Epoca t+1
GG previsti∗Fatt.t+1
Crediti
Conosciuto
=
360
GG previsti∗Acq
Scorte
Conosciuto
=
… con Acq. = Consumi + (RF - RI)
360
AF
Conosciuto
= AFt + Investim.t+1 - Disinvestim.t+1 - Amm.ti
Passivo
Epoca t
Epoca t+1
Debiti vs/fornitori
Conosciuto
Conosciuto
Debiti vs/imposte
Conosciuto
=?
Debiti finanz. a bt
Conosciuto
=?
Debiti fin. a m/l t
Conosciuto
=?
Capitale netto
Conosciuto
=?
Redd. op. netto
Conosciuto
Conosciuto
… lo possiamo inserire
Σ delle altre fonti viene determinata come: Tot. Attivo - Debiti vs/forn. - RO netto = Fabb. finanz.
L’allocazione del fabbisogno presso le diverse fonti verrà poi definita secondo un criterio non
contabile, ma si tratta di una scelta che sottende a problemi di sostanza e contesto … tale problema
si ricollega direttamente agli obiettivi finanziari precedentemente definiti.
Il perseguimento degli obiettivi di crescita del business aziendale richiede, perciò, il rispetto di
determinate compatibilità dal lato dell’equilibrio finanziario d’azienda.
I vincoli possono, quindi, essere definiti in modi diversi:
a. Tensione finanziaria … congruità dei margini aziendali rispetto agli oneri finanz. [ Ebit / Of ]
b. Posizione finanziaria netta … debito finanz. al netto della liquidità immediata
1° caso. Se l’azienda si pone l’obiettivo di limitare l’incidenza del debito e degli oneri finanziari sul
cap. proprio (equilibrio struttura finanziaria), è probabile che sacrifichi gli obiettivi di crescita; il
vincolo starà perciò nel mantenere tassi minimi di crescita del fatturato, ma non troppo penalizzanti
2° caso. Se l’azienda si pone l’obiettivo di recuperare redditività, in termini di ROE e ROI, ci si
attende un’espansione della leva finanziaria, una crescita del fatturato e una contrazione dei costi.
Tale situaz. si verificherà se il rendimento del cap. investito sarà maggiore all’espansione della leva,
con il vincolo, però, di mantenere un livello accettabile di OF.
→ Tutto ciò è stato fatto per dire che … una volta definito il volume di fonti da reperire, la stima
non è puro esercizio contabile, ma riflette gli obiettivi e le strategie che l’azienda si è posta a monte,
nel rispetto dei vincoli, al fine di non provocare squilibri alla struttura finanziaria.
A questo punto, è possibile completare lo SP, definendo gli Oneri Finanziari
… non esiste una metodologia precisa per stimarli, il metodo più corretto è quello di applicare il
tasso d’interesse sull’esposizione media delle banche (quest’ultima: media tra Dt noti e Dt+1 stimati)
Pianificaz. di breve termine
La pianificazione di bt conduce alla redazione di un budget di cassa o di tesoreria, prospetto di più
semplice realizzazione in quanto coincidente al 1° anno del piano finanziario (m/l t) … la differenza
sta essenzialmente nell’indicazione più analitica dei singoli componenti.
→ Il budget di tesoreria si focalizza sui movimenti di cassa e, perciò, permette il superamento delle
problematiche legate ai saldi di c/c bancario, visti gli effetti molto deboli di una variazione di
fatturato su questi ultimi. Il budget consente, quindi, di capire come la gestione sia in grado di
impattare sulle grandezze di CE nel corso nel singolo esercizio, capendo così anche in quali periodi
l’azienda produce o assorbe cassa.
In un’ottica di redazione del piano, si tratta di definire un’opportuna scomposizione del primo
esercizio … ad es. trimestrale/mensile. Verranno poi redatti 2 documenti: un CE frazionato
(secondo il periodo preso a riferimento) e un prospetto di cassa (documento che mostra l’evoluz.
dei movimenti finanziari). Anche in tal caso, però, devono essere fatte ipotesi riguardo
all’andamento del fatturato nell’es. … la logica più semplice da seguire sarebbe quella di ripartire in
modo uniforme l’incremento del fatturato n(non applicabile però a tutte le fattispecie aziendali),
quindi si tratta di logiche variabili adottate in relazione alla singola azienda.
Il CE verrà redatto con impostazione analoga al piano finanziario e, anche qui, al momento della
definizione degli OF, si passerà alla redazione del prospetto di cassa … riportante flussi di cassa in
entrata e in uscita determinati con logica finanziaria → Fc in E saranno definiti dalla parte di
fatturato effettivam. incassata; Fc in U, invece, in relazione agli acquisti stimati.
Ponendo, quindi, in contrapposizione Fc in entrata con quelli in uscita sarà possibile indicare se
l’azienda si trovi prospetticamente in una situazione di surplus o di deficit di cassa.
Quest’ultima situazione incide in modo positivo o negativo sul saldo di c/c bancario … quello
dell’ultimo periodo dovrebbe quindi coincidere con il saldo di c/c passivo stimato per il primo anno
della pianificazione finanziaria a m/l termine.
→ Tutto ciò viene fatto per garantire la solvibilità dell’azienda, far fronte cioè, anche nel breve
termine, a fabbisogni finanz. improvvisi, eventualmente destabilizzanti per il management.
Per questo è necessario uno strumento di pianificazione di cassa a breve e brevissimo termine che
consenta di definire un piano opportuno di copertura di tali fabbisogni.
Sviluppo sostenibile
Direttamente legato al piano finanziario, è la definizione delle condizioni di sviluppo sostenibile
dell’azienda, tradotto in termini di tasso di incremento del fatturato (g%).
Per sostenibilità si intende la capacità dell’azienda di sostenere un proprio percorso di sviluppo,
senza alterare le sue condizioni di partenza:
a. Struttura finanziaria … mix di fonti di finanziam. (leva finanziaria)
b. Costo delle fonti … cap. proprio e cap. di debito
c. Profilo di rischio … quest’ultimo è operativo se strettamente legato alla proporzione cap. fisso
e cap. variabile; finanziario quale variabilità del RO rispetto alla variabilità del fatturato.
→ Un tasso di sviluppo sarà sostenibile se permetterà il raggiungimento di un determinato target
senza modificare le condizioni iniziali dell’azienda.
Il linea di principio, la sostenibilità può essere intesa in 2 accezioni:
… entrambe legate all’autofinanziamento.
a. In termini reddituali … in tal caso, l’autofinanziamento viene visto come capacità
dell’azienda di incrementare i mezzi propri attraverso l’utile prodotto e distribuito.
b. In termini finanziari … l’autofinanziamento viene concepito come Fc prodotto dalla gestione
Oltre alla sostenibilità in termini di autofin., può essere intesa anche come crescita
a. In un’ottica reddituale, la crescita farà riferimento al capitale investito
b. Nell’ottica finanziaria, si misura come tasso di espansione del fatturato.
Come viene determinato il tasso di crescita? Dipende dalla composizione delle fonti di finanziam.
1° caso: in assenza di imposte, dividendi distribuiti e aumenti di capitale; e con una struttura
finanziaria costituita unicamente da cap. proprio → Il tasso di crescita è dato dagli utili ottenuti.
… perciò, con RO = RN → la condiz. si sostenibilità sarà: g = ROA
[ dove g è tasso di espansione del cap. investito … siamo in un’ottica reddituale ]
… i punti al di sopra della retta rappresentano gli obiettivi di
crescita non raggiungibili con l’autofinanziamento, ma solo con
il ricorso sul mercato a nuovo capitale di debito
[ cambiano le condizioni di partenza ]
… nei punti al di sotto, invece, si genera un surplus: gli obiettivi
di crescita sono sottodimensionati in base alla cap. aziendali.
2° caso: in assenza di imposte, dividendi distribuiti e aumenti di capitale; ma con una struttura
finanziaria diversa (50% cap. proprio e 50% cap. di debito)
→ il tasso di crescita sostenibile (g) sarà pari al ROA + (ROA - i%)*Lf
… perché, in base al fatturato realizzato, è possibile incrementare il debito, senza modificare la Lf
Data la condiz. di partenza: ROA > i%, potrebbe essere
incrementato il tasso di crescita sostenibile aumentando
la leva finanziaria, fino a quando il costo del debito
risulti inferiore al cap. investito.
L’introduzione della leva finanz. consente di avere tassi
di crescita (g%) che prima non erano sostenibili.
3° caso: mantenendo una struttura finanziaria differenziata (½ cap. proprio e ½ cap. di debito);
introducendo anche le imposte (aliquota: t) e la distribuzione degli utili (payout: d)
Otteniamo che, il tasso di crescita sostenibile è …
g = [ ROA + (ROA - i%) * Lf ] * (1 - t) * (1 - d)
g = ROE * (1 - d)
g = Utile * (1 - d) / Cap. proprio
Qui, il fattore limitante il tasso è dato dagli utili prodotti e reinvestiti nel processo produttivo.
Ragionando in tali termini, se l’azienda volesse incrementare il tasso di crescita sostenibile dovrà
incidere su queste variabili: ROA, i%, Lf, t, d … non tutte, però, sono comandate dall’azienda.
È possibile incidere sul ROA, che dipende dalla flessibilità aziendale (capacità di ridurre i costi di
contrazione del fatturato); più complesso è agire sul costo del debito (i%), sarebbe più probabile
ridurre l’incidenza e il costo delle fonti acquisiti come cap. di debito: un maggior controllo sarà,
perciò, sulla leva finanziaria (Lf) e sui dividendi (d) … questi ultimi potrebbero essere non
distribuiti per poterli reinvestire in azienda, gli azionisti, però, non si vedrebbero soddisfare le
proprie aspettative e ciò potrebbe generare diverse conseguenze, tra cui, ad esempio, se l’azienda è
quotata in borsa, vi è il rischio di minore quotazione delle azioni.
Secondo la logica reddituale
Il rapporto tra Of/ROA definisce anche il livello di indebitamento accettabile, in un’ottica di
crescita aziendale, senza alterare gli equilibri fondamentali; questo dovrebbe essere < 1
… con Of = D*i% → Liv. accett. d’indebitam. = D*i% / ROA → D ≤ ROA / i%
→ in tal caso, la crescita sostenibile (evitando squilibri, mantenendo leva finanziaria stabile)
dipende dalla crescita del cap. investito (CI - quest’ultimo influenzato dal CCN e dal CF).
Nell’ottica finanziaria
La visione di crescita si differenzia, in quanto, in tal caso, dipende dalle dinamiche del fatturato;
con tasso di sviluppo delle vendite (TSV) = (V1-V0) / V0, esiste una relazione con il cap. investito
→ la cd. l’intensità di capitale: IC = CI / V … quindi il TSV è f(CI) e la differenza del CI in epoca
1 e 0 indica il fabb. finanziario aggiuntivo (FFA) dell’azienda
→ FFA = IC (V1-V0) = IC * TSV1 * V0
Il FFA potrà essere coperto da fonti esterne e interne, tra cui l’autofinanziamento; qui, a differenza
dell’ottica reddituale, viene visto in ottica finanziaria, cioè in termini di Fc.
In tale prospettiva, l’autofinanziamento viene fatto coincidere con il Free Cash Flow (FCF)
[ = flussi di cassa prodotti dalla gestione al netto degli eventuali investimenti prodotti dall’azienda ],
questo dovrebbe essere dedotto dei dividendi.
Se l’azienda produce autofinanziamento positivo, è possibile definire anche il livello di fonti che
l’azienda deve reperire sul mercato; tale livello viene definito: FFE = FFA - autofininanziam. (AF)
[ fabbisogno finanziario esterno ]
Inoltre, l’autofinanziamento può essere espresso in termini di margine di autofin.
MAF = AF/V0 … AF = MAF * V0 (vendite del periodo precedente)
→ FFE = ( IC * TSV1 * V0 ) - MAF * V0
FFE = V0 ( IC * TSV1 - MAF)
Viene, perciò, definito un modello nel quale il FFE, cioè il quantitativo da reperire sul mercato,
dipende da 4 variabili: vendite del periodo precedente (V0); intensità del capitale (livello di
innovazione tecnologica - mentre nel bt viene ritenuta costante, nel m/lt può essere più variabile);
tasso di sviluppo delle vendite (TSV); margine di autofinanziamento (MAF).
Condizione di assenza di squilibri nella struttura finanz.: FFE = 0
→ IC * TSV1 = MAF … TSV1 = MAF/IC
Al fine di mantenere una crescita equilibrata dell’azienda, è necessario che MAF > TSV.
Se il tasso di sviluppo delle vendite sarà maggiore al margine di autofin. l’azienda si troverà in una
situaz. di fabbisogno; se TSV < MAF/IC l’azienda si potrebbe permettere di ridurre il proprio
livello di indebitamento … ma sarebbe possibile anche aumentare il tasso di sviluppo del fatturato
(ciò ovviamente dipende sempre dalle dinamiche aziendali, anche macroeco.)
TSV = MAF/IC … può essere vista in una retta Y = aX (con X = 1/IC)
Nei punti sopra la retta (TSV > MAF) … vi sarà un FFE
Nei punti sotto la retta … un surplus: il debito può essere ridotto
Nei punti sulla retta … la struttura finanziaria è equilibrata
… da un punto al di sopra della retta, per tornare in equilibrio,
possono essere utilizzate 2 leve:
-aumentare l’intensità del capitale (miglioramento efficienza dei
processi produttivi)
-aumentare il margine di autofinanziamento.
Si tratta di modelli accettati in un’ottica di studio della dinamica dell’azienda, ma sottendono cmq a
delle imprecisioni; infatti, siccome i Fc vengono prodotti dalla gestione in modo continuo durante
l’es. e non solo alla fine dello stesso, il FFE è sovrastimato … la condizione viene cmq accettata
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