Pólis/Cosmópolis
Identidades Globais &
Locais
Carmen Soares, Maria do Céu Fialho
& Thomas Figueira (coords.)
IMPRENSA DA UNIVERSIDADE DE COIMBRA
COIMBRA UNIVERSITY PRESS
ANNABLUME
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Città pubblicitarie
Città pubblicitarie
(Advertising Cities)
Delio De Martino ([email protected])
University of Bari
Resumo – Frammenti delle più importanti città del presente e del passato vengono smembrati e riassemblati all’interno del linguaggio pubblicitario. Come in un
enorme gioco di specchi le città sono rivestite di segni di altre città che compaiono
nei manifesti, negli spot, nel packaging, nel merchandising e nei loghi dei prodotti
commerciali, in particolare delle automobili. Queste città pubblicitarie tendono a
trasformare ogni polis in un’enorme cosmopolis, ovvero in una “città continua”, come la
definisce Calvino, una città senza confini e senza barriere, uniforme, che va coprendo
il mondo intero. I frammentari pezzi di città pubblicitarie sono infine utilizzati dal
consumatore per rivestirsi di narrazioni e costruire la propria identità.
Parole chiave: città, pubblicità, televisione, manifesti
Abstract – Fragments of the most important ancient and modern cities are
dismembered and reassembled in the language of advertising. As in an enormous game
of mirrors, cities are re-dressed with the signs of other cities that appear in advertising
posters, in spots, in packaging, in merchandising, and in logos of commercials
products, especially in the automotive industry. These cities of advertising tend to
transform every polis in an enormous cosmopolis, that is a “continuous city”, as Calvino
defines it, a city without confines, barriers, and uniform, a city covering the entire
world. The fragmentary pieces of advertising cities are ultimately used by the consumer
to dress himself with narratives and to build his identity.
Keywords: cities, advertising, television, posters
Dalla città alla città-annuncio. La città è il luogo pubblico per eccellenza, lo spazio dove da millenni si sono esercitate le prime forme di pubblicità, inizialmente nella forma dell’architettura, simbolo di potere economico,
divino e sociale. Ma è nell’800 che, con la rivoluzione industriale, le strade
della città sono diventate il primo luogo di diffusione dei manifesti e delle
affiche1. Lentamente gli annunci a stampa hanno conquistato sempre più spazio
divenendo parte dell’estetica della città moderna e soprattutto postmoderna.
Nei vari livelli, da quello dei marciapiedi, fino a quello dei grattacieli e delle
loro cime, passando per i cartelloni, le città si sono lentamente ricoperte di
pubblicità, che è diventata una seconda pelle urbana 2 . Una rappresentazione
1
2
Menegazzi 1995.
Solas 2008: 37-62, in part. 47.
https://doi.org/10.14195/978-989-26-1280-5_14
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artistica della città-annuncio è offerta dalla futuristica Los Angeles del film
Blade Runner di Ridley Scott (1982) o dalla New York del 3000 della serie Tv
Futurama 3 di Matt Groening. Ma anche una fotografia contemporanea di una
piazza reale come Times Square di New York, tempio mondiale delle insegne
commerciali, può dare l’idea di come l’advertising si sia ormai trasformato da
superstrato ad elemento di identità.
D’altronde questo processo può risultare così invasivo da provocare forme
di rigetto come è avvenuto a San Paolo in Brasile, dove nel 2005 con la Legge
Cidade Limpa si decise di ripulire la città dalle affissioni commerciali che avevano stravolto l’estetica urbana.
Ad ogni modo la metamorfosi della pubblicità da guaina, pelle ad elemento
identitario della città non è a senso unico.
Città o meglio per un processo sineddotico frammenti di città, come elementi
di cultura e di identità, sono dispersi nella pubblicità e nei brand. Soprattutto da
quando, in seguito alla saturazione del mercato di prodotti simili, la pubblicità
si è focalizzata più sul fascino della marca che sul prodotto4 , frammenti di città
vengono sfruttati per costruire l’immagine della marca o brand image.
Elementi culturali della città si ritrovano così nei diversi linguaggi della
pubblicità. Partendo dal linguaggio verbale, per poi proseguire nei vari linguaggi
più complessi, si osserva quanto la toponomastica abbia influito sul naming di
marche e di prodotti.
Toponomastica. Iniziando dai marchi dalle case automobilistiche5, sono
vari gli esempi di naming derivato dalla toponomastica di origine classica. Il
nome della casa automobilistica Albion (1899-1980), deriva dall’antico nome
greco della Gran Bretagna: ‘Αλβιών. Dal toponimo latino Florentia deriva una
delle più antiche imprese automobilistiche toscane avviata nel 1903 ma fallita
dopo appena sette anni. Ancora alla toponomastica latina deve il suo nome anche la Helvetia, società dedita ai kit e ai componenti aerodinamici per auto. Ma
anche la Fiat cita, seppur in maniera non esplicita, la sua città d’origine essendo
un acronimo di “Fabbrica Italiana Automobili Torino”.
Anche i nomi dei modelli citano spesso città e molto spesso si creano vere
e proprie isotopie toponomastiche all’interno della strategia di naming. La Seat
per esempio per quasi l’intera sua storia ha utilizzato nomi di città (Arosa,
Ibiza, León, Toledo, Altea) e una scelta simile seppur più snob ed elitaria ha
fatto la Lancia scegliendo nomi di vie romane come l’Augusta (1933-1937),
l’Aurelia (1950-1958), l’Appia (1953-1963), la Flaminia (1957-1970) e la Flavia
Ivi, 49.
Caro 2009: 109-114 e Caro 2010: 36.
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De Martino 2011 e De Martino 2010bis.
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(1960-1971). Altre vetture mutuarono il nome da toponimi che richiamano la
romanità della marca: la Artena (1934-1943) da un comune romano, la Astura
(1931-1939) dall’omonimo fiume del Lazio, la Aprilia (1937-1949) dal sobborgo
romano o dalla città della provincia di Latina, e l’Ardea, dal nome dell’antica
capitale della popolazione preromana dei Rutuli. Ma forse l’esempio più suggestivo è la cinese Gonow Katay Troy, pick up low cost sbarcato anche in Europa.
Un caso limite di citazione non del nome di una ma di due città è costituito
dall’Alfa MiTo, acronimo di Milano-Torino.
Anche prodotti meno costosi dell’automobile utilizzano la toponomastica,
come saponi di Marsiglia, l’acqua di Colonia, le gomme da masticare Brooklyn
(dette anche “le gomme del ponte”), prodotti gastronomici, i limoni di Sorrento,
gli agrumi di Ribera (Sicilia), il vino Porto o l’aglianico Castel del Monte, le
lasagne alla Bolognese. Ma questa attenzione alla provenienza agroalimentare
stava già nella tradizione mediterranea come mostrano Archestrato di Gela o
Ateneo6 .
La località di provenienza è sempre stata importante ed è oggi divenuta tanto
fondamentale nel settore agroalimentare da essere registrata con le sigle IGP (indicazione geografica protetta) e DOP (denominazione di origine protetta).
Pittogrammi. Passando alle iconografie commerciali dei loghi, ovvero i
pittogrammi, è ancora più evidente il processo di frammentazione delle città.
Generalmente si scelgono dettagli che riassumono l’intera cultura della città.
Di questi le aziende si appropriano dopo un processo di traduzione graficocommerciale spesso in continua fase di aggiornamento. Emblematico è il biscione
dell’Alfa Romeo7. Il biscione con un uomo in bocca è infatti tratto dalla torre del
Filarete di Milano. Simbolo araldico dei Visconti, iI biscione è legato all’antica
leggenda del drago Tarantasio o Tarànto. Si racconta che questo mostro sia
nato dal cadavere del condottiero Ezzelino III da Romano, tiranno della Marca
Trevigiana a cui fu dedicata la tragedia Eccerinide di Albertino Mussato e che è
anche da Dante 8 . Il poeta lo inserisce infatti nel XII canto dell’Inferno nel girone
dei violenti verso il prossimo (vv. 109-110 “e quella fronte c’ha ‘l pel così nero, /
è Azzolino... ”) e lo cita successivamente nel IX canto del Paradiso in occasione
dell’incontro con la sorella Cunizza da Romano (vv. 29-31). Diversamente
da questa, Ezzelino fu scomunicato, morì suicida e fu sepolto a Soncino nel
1259. Dal suo sepolcro nacque Tarànto. Secondo la leggenda il drago viveva nel
lago longobardo Gerundo, presente nella pianura padana fino al XIII secolo,
divorava uomini e soprattutto bambini e produceva terribili esalazioni mefitiche.
García Soler 2010: 345-366.
Pellegrini 2003: 35.
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De Martino 2013: 22-23.
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Proprio mentre divorava un bambino il mostro fu ucciso da Uberto Visconti, il
cavaliere che originò la dinastia dei Visconti. La leggendaria morte del drago
è in realtà legata alla bonifica dell’area dove il Gerundo provocava disagi e
pestilenze. L’Alfa Romeo non è l’unica azienda ad essersi impossessata di questo
simbolo. Dal drago Tarànto deriva anche il logo del cane a sei zampe - quattro
automobilistiche e due del conducente - dell’Agip, realizzato da Luigi Broggini
per il concorso indetto da Enrico Mattei negli anni ’50 per la creazione del
logo aziendale. Ma anche il logo di Canale 5 nasce dall’evoluzione del biscione,
nel corso degli anni sempre più stilizzato fino ad oggi quando l’elemento più
identificativo è la rondella di fuoco del drago.
Un altro frammento di città si ritrova nel logo della Maserati. La casa del
Tridente è infatti così denominata poiché si è appropriata, per volere dell’artista
Mario Maserati, di un’iconografia mitica urbana: il tridente di Nettuno, dettaglio della fontana del Nettuno sita nella piazza centrale di Bologna e realizzata
dal Giambologna, al centro della quale troneggia Nettuno con il tridente in
mano.
Iconografia e toponimia si possono coniugare sui cofani automobilistici.
Tra i loghi delle auto di lusso quello della Porsche si distingue poiché sopra il
cavallino, simbolo araldico della città Stoccarda, è impresso anche il toponimo
Stuttgart.
Ma anche altri elementi che circondano il marchio citano elementi della
città che vengono decontestualizzati e reinterpretati in chiave commerciale. La
calandra della Rolls Royce per esempio racchiude ancora oggi ricombinandole in
una forma inedita le icone dei prodotti più alti della scultura e dell’architettura
classica. Tutte le autovetture Rolls ostentano un’imponente griglia del radiatore
cromata disegnata sul modello del colonnato del Partenone reinterpretato in
chiave automobilistica.
Sul “timpano” della calandra è inserito il logotipo (le due R sovrapposte)
mentre sulla sommità del “frontone”, a mo’ di acroterio, ove originariamente
era posto il tappo del radiatore, è montata la mascotte del cosiddetto Spirit of
Ecstasy (originariamente denominato Spirit of Speed), una prestigiosa statuetta
realizzata sul modello della Nike di Samotracia, una scultura che ha già nel nome
il suo legame con la città dove fu ritrovata. Della realizzazione della statuetta fu
incaricato l’artista Charles Sykes. Questi integrò le forme della dea della Vittoria
con le curve di Eleanor Thornton, segretaria di Lord Beaulieu e sua amante:
l’opera guadagnò gli elementi mancanti dell’originale, testa e braccia, e assunse
una postura maggiormente flessa verso la strada.
Le sole ali della Nike di Samotracia ristilizzate nel celebre baffo (swoosh) si
sono trasformate nel logo di una delle aziende più note al mondo: la Nike.
Packaging e merchandising. Schegge di città si riscontrano anche nel packaging. Il confezionamento come elemento di identità sfrutta elementi urbani
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