SCAFFALE LOCALE Segnalazioni e recensioni di libri d’interesse locale. Rubrica a cura di Antonio Ventura ARCHEOLOGIA - DE JULIIS, Ettore M. Archeologia in Puglia. A cura di Ettore M. De Juliis. Bari, Adda, 1983. paginazione varia ill. Schede descrittive dei principali musei pugliesi: Archeologico di Bari; Civico di Canosa; Archeologico Nazionale di Gioia del Colle; Jatta di Ruvo; Nazionale di Taranto; Provinciale di Brindisi; Antiquarium di San Severo; Civico di Foggia; Civico di Lucera; Civico di Troia; Nazionale Garganico di Manfredonia, Provinciale di Lecce; Paleontologico di Maglie. (Adda Editore. Via Tanzi 59. Bari) - FAZIA, Gloria M. Il museo Civico di Foggia. Bari, Adda, 1984. 52, XVI p. ill. Il museo civico di Foggia descritto nelle sue componenti più importanti: Sezione archeologica; Pinacoteca; Sezione di Tradizioni popolari - Foggia antica; Lapidario; Sezione scientifica; Sezione Giordaniana; Sezione storica. (Adda Editore. Via Tanzi 59. Bari) ARTE - STELLA, Maria Carmela. Francesco Saverio Altamura. Foggia, Editrice Apulia, 1983. 138 p. tav. Monografia organica sull’attività artistica del pittore foggiano. Il lavoro è completato da un elenco cronologico ed iconografico dei dipinti dell’Altamura e da una ricca bibliografia. ( Editrice Apulia. Viale G. Di Vittorio 3/d. Foggia). 203 - CALO’ MARIANI, Maria Stella. L’arte del Duecento in Puglia. Torino, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1984. 218 p. tav. Aspetti artistici ed architettonici della cultura federiciana in Puglia. (Istituto Bancario San Paolo. Torino) - VESCERA, Pasquale. Il crocifisso di S. Leonardo. Manfredonia, Centro di documentazione storica di Manfredonia, s.d. 28 p. ill. (Centro di documentazione storica. Manfredonia). ATLANTI - CARLONE, Giuseppe - ANGELINI, Gregorio. Castelli e fortificazioni in Puglia. Visite alle difese marittime nell’età del Viceregno Spagnolo. Cavallino di Lecce, ed. Capone, s.d. 6 c. 30 t. Riproduzione di manoscritti cartografici delle Biblioteche Nazionali di Napoli e di Venezia. (Capone Editore. Via Caprarica 35. Cavallino di Lecce LE) - MICHELE, Antonio - MICHELE, Nunzio. Atlante delle locazioni della Dogana delle Pecore di Foggia. [Scritti di:] Giuseppe Carlone, Pasquale Di Cicco, Italo Palasciano. Cavallino di Lecce, ed. Capone. s.d. 9 c. 29 t. Riproduzione dell’Atlante “Michele” dell’Archivio di Stato di Foggia. (Capone Editore. Via Caprarica 35. Cavallino di Lecce LE) - VENTURA, Antonio. Mappe e terre di Capitanata. Foggia, Leone-Apulia, 1985. 111 p. 46 t. Riproduzione di 46 antiche incisioni, di cui 10 a colori, riguar204 danti l ’intera Capitanata e le sue città più importanti. Il periodo cronologico preso in esame è quello che va dalle carte tolemaiche per la prima volta riprodotte a stampa nel secolo XVI sino a quelle cartograficamente più perfezionate del secolo XVIII. (Leone-Apulia. Viale G. Di Vittorio 3/d. Foggia). BIBLIOGRAFIE-BIOGRAFIE-DOCUMENTI — CINQUE secoli, un archivio. [A cura dell’] Archivio di Stato di Foggia. Foggia, Amm.ne Prov.le di Foggia, 1984. 173 p. ill. tav. Catalogo curato dall’Archivio di Stato di Foggia in occasione della Settimana internazionale degli Archivi. 15-21 ottobre 1984. (Archivio di Stato. Piazza XX Settembre. Foggia). — DI CICCO, Pasquale - MUSTO, Dora. L’archivio del Tavoliere di Puglia. Inventario a cura di P. Di Cicco e D. Musto. Roma, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1984. 541 p. Quarto volume dell’inventario del fondo relativo all’Amministrazione del Tavoliere, conservato nell’Archivio di Stato di Foggia. (Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Roma) — IAPIGIA (1930-1946). Indici e schede di spoglio a cura di M. Dell’Aquila, M.T. Colotti […e altri]. Bari, ed. Cacucci, 1982. 341 p. “Iapigia”, rivista di erudizione e di cultura, fu pubblicata, con regolarità trimestrale in diciassette annate, dal 1930 al 1946. Il primo fascicolo fu edito dalla tipografia S.E. T. di Bari, ad opera di un gruppo redazionale composto da Leonardo D'Addabbo, direttore; Michele Gervasio, redattore responsabile; Giuseppe Petraglione, segretario. Tra i collaboratori c'erano: Giuseppe Gabrieli, Domenico Nardone, Quintino Quagliati, Raffaele Cotugno, Michelangelo Schipa, Alfredo Petrucci, Gennaro Maria Monti. Quasi tutti bibliotecari, archeologi, direttori di musei, storici, letterati, folkloristi. Della rivista è stato ora edito il repertorio dell'intera raccolta co205 sì articolato: sommari delle singole annate; schede di spoglio ragionate di saggi, bollettini bibliografici, notiziari e necrologi; indici di nomi di persona e geografici. (Cacucci Editore, via Cairoli 140. Bari). — MICCINELLI, Clara. Il tesoro del principe di Sansevero. Napoli, Società Editrice Napoletana, 1984. 180 p. Resoconto sulla natura degli esperimenti scientifici del principe Di Sangro. (Società Editrice Napoletana. Corso Umberto I 34. Napoli). — MICCINELLI, Clara. Il principe di Sansevero. Verità e riabilitazione. Napoli, Società Editrice Napoletana, 1984. 200 p. La vera personalità di uomo e di scienziato del principe di Sangro, alla luce di indagini recenti. (Società Editrice Napoletana. Corso Umberto I 34. Napoli). — Il 1848 in Puglia. Aspetti politici e sociali. Mostra documentaria. Bari, Edizioni levante, s.d. [ma 1983]. 135 p. tav. Guida alla mostra omonima organizzata dall'Istituto per la Storia del Risorgimento, Comitato di Bari, in collaborazione con gli Archivi di Stato di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e con i Comuni di Modugno e di Foggia. Questo il sommario: Presentazione; Introduzione; Guida alla mostra: 1. La Costituzione Napoletana. 2. La Guardia Nazionale. 3. La stampa tra libertà e reazione. 4. Le elezioni per il Parlamento. 5. I moti contadini in Capitanata. 6. L'opposizione politica in Puglia. 7. Reazione e repressione in Puglia. 8. Figure del Quarantotto pugliese; Fonti documentarie. (Edizioni Levante. Bari) — Il 1848 in Puglia. Aspetti politici e sociali. Mostra storico-documentaria. Foggia, s. ed., 1984. 103 p. Guida alla mostra omonima organizzata, dal 28 gennaio al 12 febbraio 1984, a Foggia, a cura dell'Archivio di Stato in collabo206 razione con la Regione Puglia, Assessorato Cultura, C.S.P.C.R. (via Monfalcone 12), con il patrocinio del Comune e dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Comitato di Bari. La pubblicazione è suddivisa nei seguenti capitoli: Presentazione; Itinerario della mostra; Bibliografia del 1848 dauno; Bibliografia del 1848 dauno-Aggiornamento; Figure daune del 1848; Partecipazioni. (Archivio di Stato. Piazza XX Settembre. Foggia). — SPINOSA, Antonio. Murat. Milano, Mondadori, 1984. 411 p. Biografia di Gioacchino Murat, da stalliere a re di Napoli. (Mondadori Editore. Milano) — VENTURA, Antonio Materiali per la storia locale: il Fondo Saponaro della Biblioteca Provinciale di Foggia. Foggia, Amm.ne Prov.le di Capitanata, 1984. 231 p. (Amm.ne Prov.le Capitanata. Assessorato alla Cultura) — Le VIE della transumanza. [A cura dell’] Archivio di Stato di Foggia. Foggia, Amm.ne Prov.le e Amm.ne Comunale di Foggia, 1984. 100 p. ill. tav. Catalogo curato dall'Archivio di Stato di Foggia in occasione della Settimana internazionale degli Archivi. 15-21 ottobre 1984. (Archivio di Stato. Piazza XX Settembre. Foggia) — VICO, Giambattista. Autobiografia. Poesie. Scienza Nuova. A cura di Pasquale Soccio. Milano, Garzanti, 1983. LXXX, 602, p. ill. Rilettura delle opere di G.B. Vico, preceduta da una prefazione storico-critico-bibliografica. (Garzanti Editore s.p.a. Milano) 207 LEGISLAZIONE BANCARIA — MAGALDI, Ettore. I Monti di credito su pegno. Foggia, Banca del Monte di Foggia, 1984. 250 p. Natura giuridica e finalità socio-economiche dei Monti di credito su pegno. (Banca del Monte. Foggia) LETTERATURA REGIONALE — DELL’AQUILA, Michele. Parnaso di Puglia. Bari, Adda, 1983. 380 p. Il libro è, nella sua prima parte, una ricostruzione storica delle vicende della cultura pugliese del Novecento. Nella seconda parte è, invece, un repertorio ragionato di autori ed opere, ma, anche delle forme strutturate di organizzazione della cultura. (Adda Editore. Via Tanzi 59. Bari) — DE MATTEIS, Giuseppe. Cultura letteraria contemporanea in Capitanata. San Marco in Lamis, Gruppo Editoriale Cittadella Est, 1984. 164 p. Il lavoro contiene anche saggi su Bozzini, Casiglio, Serricchio, Soccio, Urrasio. (Gruppo Cittadella Est. Via del Grappa 21. San Marco in Lamis FG) LINGUISTICA — MARCHITELLI, Gino. Vocabolario del dialetto santagatese. Sant’Agata di Puglia, Comune di Sant’Agata di Puglia, 1983. 273 p. 208 Dizionario dialetto santagatese-lingua italiana. Nel testo sono anche inserite alle rispettive voci, notizie concise, ma esaurienti di storia locale. (Comune di Sant’Agata di Puglia. Assessorato alla cultura) — VALENTE, Vincenzo Gennaro. Dizionario manfredoniano con grammatica. Roma, Manzella, 1982. 168 p. Dizionario lingua italiana-dialetto manfredoniano. (Manzella Editore. Via Lud. Micara 73. Casella postale 9021. Roma) NARRATIVA - POESIA — COCCO, Maria Antonietta. Ali nuove. Milano, ed. ET, 1985. 94 p. (Ed. ET, corso Indipendenza 12. Milano) — D’AMELIO, Nemo Candido. Caffè Centrale. Foggia, ed. Daunia Agricola, 1985. 164 p. ill. (Daunia Agricola. Via Pietro Scrocco 96 Foggia) — GOFFREDO, Donato. Terra dauna (poesie). Roma, F.lli Palombi, 1984. 66 p. ill. (Edizione a cura dell’autore) — MAZZEI, Michele. La valigia di cartone. Foggia, Editrice Apulia, 1983. 206 p. (Editrice Apulia. Viale G. Di Vittorio 3/d. Foggia) 209 SOCIOLOGIA — ACQUAVIVA, Sabino. La Montagna del Sole. Il Gargano: 14 anni di storia fra due inchieste (1965-1978). A cura di S. Acquaviva e G. Eisermann. Torino, ERI - Edizioni Rai radiotelevisione italiana, 1982. 313 p. Inchieste sociologiche condotte sul Gargano, prima nel 1965 e poi nel 1978, allo scopo di verificare nel tempo l'influenza dei mezzi di informazione di massa sul cambiamento di aree in via di sviluppo. (Edizioni ERI, via Arsenale 21. Torino) — LOIACONO, Mariano. Droga drogati e drogologi l’esperienza di un C.M.S.. Disegni di Leon Marino. Foggia, ed Bastogi, 1984. 204 p. ill. Originale indagine sul mondo della droga e sui suoi protagonisti condotta da un addetto ai lavori. (Edizioni Bastogi, Tratturo Castiglione, Capannone Ind. 3/A Foggia) — PRIMO MAGGIO. Protagonisti e simboli della festa del lavoro a Cerignola e in Puglia. Documenti testimonianze immagini a cura di Giovanni Rinaldi. Prefazione di Renato Sitti. Introduzione di Paola Sobrero e Giovanni Rinaldi. Cerignola, Laboratorio Culturale Giuseppe Angione, 1982. 179 p. tav. Le forme espressive e comunicative della festa del lavoro, vissuta all'interno delle tradizioni culturali contadine, conservate nei fogli a stampa del primo dopoguerra, nei reperti fotografici degli anni '50 e nelle testimonianze dei protagonisti. (Laboratorio Culturale Giuseppe Angione. Casella Postale 29 Cerignola FG) — RAGNO, Ludovico. Vieste che cambia. Bari, Adda, 1983. 180 p. tav. Prbfilo socio-economico di Vieste. Dopo un breve excursus sulla storia cittadina, l'autore si sofferma, in particolare, sulle attività 210 vità economiche prevalenti e sui problemi urbanistici determinati dal massiccio afflusso turistico. (Adda Editore. Via Celentano 34 Bari) STORIA — CARATU’, Pasquale. Il libro d’apprezzo delli territori e vigne di Manfredonia (1741). Foggia, Atlantica, 1984. 131 p. ill. Trascrizione del catastuolo di Manfredonia. (Atlantica Editrice. Casella Postale 34. Foggia). — CONSORZIO PER LA BONIFICA DELLA CAPITANATA. Cinquant’anni di bonifica nel Tavoliere. Foggia, Bastogi, 1984. 665 p. ill. Il volume contiene contributi di: D. De Leonardis, G. Di Giovine; L. Rubino, G. Rotella; S. Ciccone; V. Marzi, F. Pisanelli; C. Afan De Rivera; A. Serpieri; A. Pompa; G. Colacicco; R. Tramonte; C. Delano Smith; P. Di Cicco; M. Pellegrino, G. Rotella, G. De Seneen, D. Amorosi. (Edizioni Bastogi. Tratturo Castiglione. Capannone Ind. 3/A Foggia) — DE SETA, Cesare. Dopo il terremoto la ricostruzione. Bari, Laterza, 1984. 214 p. L'autore ripropone, nella sua vastità e complessità, un evento storico che ha segnato le parti meno note del Mezzogiorno come una guerra. Capitolo per capitolo, De Seta ricostruisce la traumatica vicenda delle demolizioni affrettate, con conseguente scempio di interi nuclei storici, monumenti e memorie di una cultura viva e ben radicata, le polemiche sul trasferimento a valle dei “presepi di tufo” e la resistenza delle popolazioni. (Laterza Editore. Via Dante 51 Bari) — MASSAFRA, Angelo. 211 Campagne e territorio nel Mezzogiorno fra Settecento e Ottocento. Bari, Dedalo, 1984. 324 p. Colture, commercio e viabilità nel Mezzogiorno tra secolo XVIII e XIX. (Dedalo Editore. Casella Postale 362 Bari) — MASSENZIO, Carmine. Località e fasti dell’antica Daunia. Foggia, Edizioni Capitanata, 1983. 75 p. tav. Origine e storia di Motta Montecorvino. (Edizioni Capitanata. Corso Roma 204/B Foggia) — PISTILLO, Angelo Michele. Stornarella da masseria a Comune. Foggia, s. ed., 1983. 189 p. ill. Indagine storiografica condotta con l'ausilio di inediti documenti dell'Archivio di Stato di Foggia e dell’Archivio Comunale di Stornarella. (Edizione a cura dell’autore). — PRODUZIONE, mercato e classi sociali nella Capitanata moderna e contemporanea. A cura di Angelo Massafra. Foggia, Amm.ne Prov.le di Capitanata, 1984. 403 p. Cinque saggi di storia economica locale curati da: A. Massafra; M.C. Nardella; E. Cerrito; S. Russo; L. Ciofi. (Amm.ne Prov.le Foggia. Assessorato alla Cultura) TOPONOMASTICA — SAGGIO di toponomastica sipontina a cura degli alunni della 2a F della Scuola Statale “G.T. Giordani” di Manfredonia. Foggia, Editrice Apulia, 1984. 67 p. ill. (Editrice Apulia. Viale G. Di Vittorio 3/d Foggia) 212 TRADIZIONI POPOLARI — IL TRATTURO. Celebrazione della giornata della fratellanza civile Pescasseroli-Foggia. Foggia, Comune di Foggia, 1983. 50 p. tav. Elegante opuscolo, edito dal Comune a cura di Mariano Vitale, in occasione della celebrazione, tenutasi l’8 settembre 1983, del gemellaggio tra Foggia e Pescasseroli. Con il suggestivo titolo de “Il Tratturo” si è voluta rievocare quella civiltà pastorale che, per tanti secoli, accomunò le sorti delle due comunità. (Comune di Foggia. Assessorato alla Cultura) URBANISTICA — TOMAIUOLI, Nunzio. Il Castello e la Cinta Muraria di Manfredonia nei documenti del XVII secolo. Foggia, Atlantica, 1984. 130 p. Trascrizione dei documenti redatti dal Corpo degli Ingegneri Militari incaricati dal Tribunale della Sommaria di eseguire la manutenzione ordinaria e straordinaria di castello e mura manfredoniane. (Atlantica Editrice. Casella Postale 34 Foggia) 213 RECENSIONI ARCHEOLOGIA La DAUNIA antica. Dalla preistoria all'alto modioevo. A cura di Marina Mazzei. Contributi di Cosimo d'Angela, Ettore M. De Juliis, [e ... altri]. Foggia, Banca del Monte di Foggia, 1984. 383 p. tav. E’ questa la prima iniziativa culturale promossa dall’istituto di credito foggiano. Il risultato è, indiscutibilmente, ragguardevole, perchè il libro si presenta sotto l’aspetto tipografico, come edizione d’arte, per l’accuratezza della stampa, la qualità della carta, la sapiente scelta dei caratteri e la nitidezza delle fotografie; mentre, sotto l’aspetto del contenuto, il valore scientifico dei contributi è fuori dubbio. L’argomento trattato nel lavoro è quanto mai avvincente, tanto più che, sinora, poche volte è stato esaminato così organicamente e sinteticamente, attraverso un attento lavoro archeologico sul campo, condotto secondo le moderne metodologie. Vi si trova non solo la storia più antica della provincia di Foggia, ma si tenta, anche, di ricucirne il più remoto tessuto sociale attraverso i reperti della cultura materiale, della produzione artistica, dei modelli insediativi e delle necropoli. A questa vasta opera di ricostruzione della civiltà dauna, che manifestò sue precise ed autonome caratteristiche culturali a partire dal IX-VIII secolo a.C. sino al IV, quando venne assorbita dalla colonizzazione greca del Mezzogiorno d’Italia, hanno dato il loro contributo scientifico autorevoli studiosi: Arturo Palma di Cesnola ha scritto il capitolo relativo al Paleolitico e, insieme con Alda Vigliardi quello sul neo-eneolitico del promontorio garganico; Santo Tinè e Laura Simone hanno curato la parte riguardante il Neolitico; Maria Luisa Nava ed Ettore M. De Juliis hanno tratteggiato, rispettivamente, l’età dei metalli e quella del ferro; Marina Mazzei ed Enzo Lippolis hanno delineato i momenti storici interessati dalla colonizzazione ellenica e dalla successiva conquista romana, sino alla caduta dell’Impero d’Occidente; Gino d’Angela, infine, ha curato il periodo dell’influenza culturale e politica dei Bizantini e della loro guerra di contenimento nei confronti degli invasori longobardi. Il valore scientifico, già di per sè notevole, di questi contributi, frutto di rigorose ricerche condotte direttamente sul terreno, è accresciuto, poi, da un ricco apparato bibliografico suddiviso per ar214 gomento e dal repertorio di nomi e di località geografiche, indispensabile per la consultazione immediata dell’opera. La Daunia antica, quindi, rappresenta il coronamento di un ambizioso progetto editoriale e di ricerca che studiosi entusiasti hanno pienamente realizzato, colmando alcuni vuoti dell’indagine storica dauna, grazie al meritorio patrocinio offerto dalla Banca del Monte di Foggia. Questo lavoro viene ora a costituire uno strumento indispensabile per gli studiosi che vogliano avvicinarsi ai più antichi periodi della storia di Capitanata; mentre, per gli operatori culturali e per gli amministratori comunali e provinciali esso significa una ulteriore ragione di impegno per varare progetti di tutela e valorizzazione di un patrimonio culturale tanto prezioso ed irrinunciabile. A.V. POESIA E DIALETTO DI CAPITANATA Michele MARCHIANO’. Testi popolari di Capitanata. Canzoni, poesie e proverbi raccolti da Michele Marchianò, con appendice lessicale di Pasquale Piemontese. Foggia, Atlantica, 1984. 248 p. L’attento raccoglitore di tanto prezioso materiale, edito nella collana “Fondi della Biblioteca Provinciale” e conservato sinora inedito tra i manoscritti dell’istituto culturale foggiano, è stato quel Michele Marchianò, illustre figura di studioso di letteratura greca antica ed albanese, originario di Cosenza, dove era nato nel 1860, il quale ebbe modo di avvicinarsi al dialetto ed alla poesia popolare dauna quando, nel 1894, giunse a Foggia, come docente di latino e greco presso il Liceo Classico “Vincenzo Lanza”. Da allora sino alla morte che lo colse l’otto dicembre 1921, non cessò mai di studiare le caratteristiche peculiari della produzione letteraria popolare della Capitanata e di raccoglierne appassionatamente gli esempi più illustri e significativi. Non è, quindi, un caso che i suoi Testi, ora, per la prima volta, pubblicati, contengano la documentazione più abbondante ed esemplare su quei fermenti culturali che, tra fine Ottocento e primi del Novecento, presero a manifestarsi in alcune località della Capitanata dal Marchianò giudicate, nella sua analisi, i centri più vivacemente interessati dalla produzione folklorica di canti, poesie e proverbi. In questa sua antologia, pertanto, si passa dai versi dei foggiani Filippo Bellizzi ed Elisa Giordano a quelli del Piccolo di Candela; al215 le poesie di Gerardo De Stasio e Consalvo di Taranto di Deliceto; ai componimenti del Pironti di Bovino; ai proverbi raccolti da un non meglio identificato “Lallino” di Monteleone di Puglia; alle sestine di Laurino di Troia; alle quartine di Antonio Lionetti di Trinitapoli; ai sonetti scritti da Francesco Mercaldi di San Giovanni Rotondo; alle strofe composte in dialetto sammarchese da Antonio Calvitto e Giustiniano Serrilli; ai proverbi sannicandresi raccolti da Giovanni Vocino; a quelli di Monte Sant’Angelo trascritti da Giuseppe d’Errico e Giuseppe Fischetti; alle ottave in endecasillabi di Carpino e di Ischitella conservate, rispettivamente, da Francesco Di Lella e Luigi Capuano; alle strofe di Rodi Garganico e Peschici trascritte, le prime, dal De Nunzio e dal Ruggiero, e le seconde da Achille Della Torre. Una rassegna, dunque, questa del Marchianò, assai vasta e significativa, nella quale Foggia e la sua provincia sono ben rappresentate per quanto concerne la cultura popolare e le tradizioni più profondamente radicate nella vita quotidiana della gente: ha fatto, quindi, bene l’Amministrazione Provinciale di Capitanata a patrocinare la pubblicazione e ad inserirla nel suo progetto di ricostruzione e documentazione storico-culturale del territorio. Il lavoro già di per sè interessante si completa, poi, con una appendice lessicale curata da Pasquale Piemontese, nella quale le voci dialettali più interessanti, riprodotte con scrupolo scientifico adottando correttamente i segni diacritici, vengono linguisticamente segnalate, esaminate e classificate, paese per paese, con l’indicazione delle variazioni lessicali che subiscono, di volta in volta, nei vari centri della Provincia. A.V. FOGGIA SACRA Michele DI GIOIA, Foggia sacra ieri e oggi. Foggia, Amm.ne Prov.le Capitanata, 1984. 420 p. ill. Nello studiare la storia di Foggia, come ben sa chi ha condotto qualche ricerca sull’argomento, la prima e maggiore difficoltà è rappresentata soprattutto dalla estrema povertà di testimonianze architettoniche e documentarie superstiti, cui poter fare sicuro riferimento al fine di collegare idealmente tra loro i fatti del passato e quelli del presente. Molti e gravi, purtroppo, sono stati, nel corso dei secoli, gli eventi naturali ed umani che hanno concorso a cancellare le tracce più preziose della memoria storica cittadina. Non tutto, comunque, è andato perduto; sono rimaste, infatti, pressochè in216 tatte le plurisecolari memorie della Chiesa foggiana, delle quali appassionato custode e divulgatore è, senza dubbio, don Michele Di Gioia, studioso ben conosciuto negli ambienti culturali cittadini e provinciali, per le numerose pubblicazioni sulla storia cittadina. Con Foggia sacra ieri ed oggi, egli ha aggiunto un altro tassello al mosaico delle vicende civili e religiose foggiane. L’importanza di quest’ultimo suo lavoro non è per nulla inferiore a quella degli altri che lo hanno preceduto: contiene, infatti, un vero e proprio censimento storico delle chiese e degli istituti religiosi foggiani, del passato e del presente, redatto attraverso ricerche condotte in ben tre archivi: il Capitolare, il Diocesano e l’Archivio di Stato. Naturalmente, nell’economia dell’intera opera, la parte più suggestiva è, senza dubbio, la prima - “Foggia Sacra: ieri” - che, dedicata alle chiese cittadine non più esistenti o chiuse al culto, alle antiche case religiose, ai sodalizi estinti, fornisce al lettore odierno una quantità tale di dati e di notizie su avvenimenti, cose e persone del passato, da costituire uno stimolo per ulteriori approfondimenti. Così, da tempi lontani, oscurati dall’oblio di secoli riemergono, talvolta grazie alla testimonianza di una sola carta fortunosamente trovata dal Di Gioia, presenze di vita religiosa sinora ignorate. Non meno viva ed interessante, comunque, la seconda parte del volume - “Foggia Sacra: oggi” - che, illustrando le chiese cittadine attuali, più o meno recenti, e gli istituti religiosi maschili e femminili legati alla realtà foggiana, completa l’informazione su quella Foggia sacra, unico legame tra passato e presente e troppo spesso, a torto, ignorata. A.V. FOGGIA NELL’ ’800 Il GIORNALE Patrio dei Villani. A cura di Pasquale Di Cicco. Foggia, ed. Leone-Apulia, 1985. 300 p. ill. Per i tipi della Editrice Leone-Apulia è stato pubblicato nella collana Testi e documenti per la storia della Capitanata, della Società Dauna di Cultura, un volume di notevole interesse per chiunque voglia conoscere le vicende di Foggia nel corso dei due secoli precedenti all’attuale. Il titolo è Il Giornale Patrio dei Villani. Pasquale Di Cicco ha curato la trascrizione di questo primo volume al quale, nel progetto editoriale, terranno dietro degli altri, relativo agli anni compresi tra 1801 e 1810. Nella circostanziata introduzione, il cura217 tore ha provveduto a documentare la storia di una fonte tanto preziosa e sinora pressochè sconosciuta della storia cittadina. Il primo personaggio che iniziò a redigere questo “Giornale di ciò che accade nella Città di Foggia” fu Carlo Maria Villani, del quale Di Cicco, dopo lunghe ricerche, è riuscito a ricostruire la biografia. Nato nel capoluogo dauno il 9 novembre 1779 e morto a Napoli il 31 agosto 1839, esercitò la professione di avvocato e ricoprì importanti cariche pubbliche. A lui si devono le notizie che vanno dal 1797 sino al 1838. Quando morì, due persone continuarono la sua opera di registrare fedelmente ogni sorta di avvenimento relativo a Foggia: il fratello Andrea, nato il 10 novembre e morto il 7 dicembre 1864, anch’egli legale e pubblico amministratore, il quale ha lasciato la descrizione degli avvenimenti compresi tra il 1838 ed il 1864 e suo figlio Francesco Paolo, nato nel 1815 e morto il 1901, che annotò nel diario le vicende cittadine che dal 1864 giungono sino al 1901. Quale l’importanza del lavoro scientifico di ricerca bibliograficodocumentaria e di trascrizione di Pasquale Di Cicco e della iniziativa editoriale della Società Dauna di Cultura? Il giornale patrio dei Villani, malgrado non sia pervenuto intero, il Di Cicco, infatti, lamenta perdite abbastanza considerevoli relative ad interi anni, è l’unica fonte privata di storia foggiana per quell’arco di tempo, particolarmente denso di avvenimenti fondamentali, che parte dagli inizi del XIX secolo e giunge sino al 1901. In questo periodo si susseguirono fatti economici e storici di grande rilievo non solo per Foggia, ma per l’intera Italia Meridionale: tra i primi si può registrare la soppressione della Dogana della Mena delle Pecore e l’avvio di quel processo di trasformazione agraria che avrebbe cambiato radicalmente l’aspetto del Tavoliere, tra i secondi si possono, invece, annoverare i moti carbonari del 1820 e del 1848, le vicende preunitarie e unitarie degli anni ’60 del XIX secolo, il primo timido affermarsi, a cavallo di ’800 e ’900, tra i contadini dauni di una coscienza di classe ad opera di anarchici e, successivamente di socialisti. La parte del “Giornale Patrio” che ora propone Pasquale Di Cicco è particolarmente suggestiva e densa di avvenimenti storici fondamentali: l’epurazione antigiacobina dopo il ’99; la prima e la seconda invasione francese del Regno di Napoli; la presenza a Foggia di personaggi politici e militari di spicco; le riforme dei Napoleonidi; il Brigantaggio. Si susseguono nelle pagine del diario, quasi fosse cronaca odierna, gli avvenimenti politico-militari che videro, di volta in volta, protagonisti i generali Duhesme e Championnet, re Gioacchino, re Ferdinando, il duca Marulli; ad essi si alternano tanto le notizie mondane di spettacoli messi in scena da compagnie teatrali provenienti dalla Capitale, quanto quelle relative all’andamento dei rac218 colti nei campi. L’impressione che se ne ricava è quella di una cronaca attenta e diligente, anche se a volte un pò noiosa, che, comunque, riesce a far rivivere l’atmosfera di una città, seconda nel Regno solo a Napoli, che viveva gli avvenimenti locali della normale vita quotidiana con la stessa intensità di quelli internazionali tanto più importanti, perchè spesso contribuivano a cancellare dal teatro politico dell’epoca regni e sovrani. A.V. CANDELA STORIA E TRADIZIONI Pasquale CASTELLANO, Candela. Le due colline fatti, uomini, religione. Milano, s. ed., 1985. 94 p. ill. Anche se è stato edito a Milano, ha conservato tutta la fragranza e la passionalità di terra e cultura meridionali, questo libro dedicato da Pasquale Castellano alla sua terra natale. Per la metodologia di ricerca che lo caratterizza, basata tanto sulle fonti orali quanto su quelle scritte, il lavoro si colloca nel filone della storia locale: nulla, dunque, in esso di drammatici eventi politici e militari, di vite di re e di elenchi di battaglie; ma, soltanto, gli “umili” argomenti del commercio, della vita economico-sociale, dei rapporti umani e la loro influenza sull’esistenza delle passate generazioni. Perchè le due colline del titolo? E’ l’autore stesso a fornirne la spiegazione in quella sua prefazione che è, quasi, una introduzione metodologica alla lettura del libro. Egli, così, spiega, anche, come Candela sia stata edificata su due modesti rilievi, San Rocco e San Tommaso. Qui, nel corso dei secoli si è sviluppata, continuamente arricchendosi, la sua storia civile e religiosa, qui si è sedimentata e profondamente radicata quella complessa cultura popolare, costituita da un intreccio indissolubile di tradizioni, credenze e magia, che rappresenta anche l’invisibile legame che tiene avvinte alla “patria” tutte le generazioni che, costrette a lasciarla, sono, tuttavia, sempre pronte a riconoscersi in quei comportamenti di vita mai dimenticati e mai del tutto abbandonati. Queste antiche tradizioni civili e religiose Pasquale Castellano vuole esaltare nel suo lavoro, perchè, egli scrive, “queste vecchie e secolari testimonianze dei nostri luoghi, delle nostre abitudini e comportamenti di vita ci fanno considerare e amare più compiutamente il passato, il nostro passato e anche noi stessi”. Il libro è diviso in due parti: la prima, intitolata: la nostra storia civile e religiosa nelle immagini fotografiche, prende in esame le chiese esistenti sul territorio di Candela e analizza. attraverso le lo219 ro testimonianze storico-artistico-religiose, le presenze delle civiltà che si sono succedute, dalle più remote alle più recenti. La seconda parte, la nostra vita nella storia dalla nascita alla morte, è, indubbiamente, più ricca ed articolata della prima e testimonia le sopravvivenze, nella cultura paesana contemporanea, delle più remote tradizioni popolari, tanto laiche che religiose. Scorrono, così, sotto gli occhi del lettore, dapprima, le foto dei più significativi monumenti ed “appuntamenti” sociali di Candela; poi, la descrizione, sulla base delle testimonianze dei “vecchi”, delle occasioni di incontro familiari: dalla nascita, al matrimonio, alla morte. Monito ed insegnamento per le generazioni odierne. Non è stata, pertanto, inutile l’opera di Castellano che, non solo, ha consegnato al lettore la testimonianza di questo comune patrimonio di civiltà, ma gli ha anche comunicato il rispetto per le piccole comunità come Candela ed il desiderio che esse continuino ad esistere nella genuinità delle loro tradizioni; perchè, qualora ciò non accadesse, si dovrebbe ammettere che qualcosa della nostra cultura laica e cristiana è finito per sempre. A.V. BRIGANTAGGIO NEL ‘600 Antonio VITULLI, Vita e leggenda del bandito Pietro Mancino. Foggia, ed. Leone Apulia, s.d. [ma 1985] 86 p. tav. Io canto li ricatti e il grand'ardire / del Gran Pietro Mancino fuoruscito. / Quanti nemici lui fece morire. / In questo tempo ch’egli fu bandito. Così, con un tono volutamente riccheggiante quello dei componimenti epici, inizia la poesia popolare sulla vita e le imprese di Pietro Mancino, scritta, quasi certamente, intorno alla fine del secolo XVII, da Donato Antonio di Martino. Ripubblicata in varie edizioni, più o meno corrette, nel corso di ‘700 e ‘800, la canzone è stata ora riproposta con testo critico e commento accurati da Antonio Vitulli a conclusione di questo suo lavoro recentemente pubblicato nella collana “Testi e documenti per la storia di Capitanata” della Società Dauna di Cultura. L’itinerario bibliografico riassunto dall’autore nel capitolo V, a proposito delle edizioni del “cantare” su Pietro Mancino, dimostra esaurientemente quanto sia stata lunga e laboriosa la ricerca di documenti e libri, spesso rari, che, alla fine, gli hanno consentito di 220 tratteggiare e fare conoscere sotto una luce nuova quell’affascinante e poco noto personaggio del Viceregno spagnolo che fu Pietro Mancino. Bandito, politico, diplomatico, gran signore, egli portò a termine imprese che, tra storia e leggenda, hanno lasciato una traccia profonda nelle vicende di quell’epoca tanto complessa e travagliata, della quale, tuttavia, Antonio Vitulli è riuscito a dare una sintesi compiuta ed efficace nei capitoli I e II del suo lavoro. Un secolo ed una società di abusi e di prevaricazioni furono quelli in cui operò Pietro Mancino: il baronaggio, soprattutto, nell’intero Viceregno, irrimediabilmente logorato da una crisi economico-finanziaria determinata dalla partecipazione alle spese della politica imperialistica spagnola, era riuscito a raggiungere il suo scopo di aumentare la sfera delle imposizioni fiscali e di usurpare il diritto di imporre tasse senza preventiva licenza regia. A sostenere, quasi interamente, il peso fiscale derivante da tale situazione c’era solo la massa anonima del popolo, all’interno del quale andava continuamente aumentando la folla misera di quei “pitocchi” o “accattoni” “attarantati” o “pezzenti”, infelice e disprezzato risultato della duplice pressione tributaria esercitata da baroni e da commissari regi. Diffuso era, naturalmente, lo scontento che si manifestava spesso violentemente attraverso le scorrerie di bande brigantesche continuamente alimentate, specialmente qui, in Capitanata, da sbandati, vagabondi e disertori che si aggiravano, in cerca di preda, per le piane del Tavoliere doganale. In questo ambiente socialmente ed economicamente depresso e caratterizzato dalla confusa presenza di molteplici poteri, talvolta paralleli talaltra in contrasto, sempre, comunque, sostanzialmente estranei l’uno all’altro, l’intelligenza e l’audacia di Pietro Mancino ebbero costantemente buon gioco. Di lui, Antonio Vitulli è riuscito a risolvere molteplici dubbi relativi alla nascita ed al luogo d’origine e ne ha tratteggiato, poi, liberandole dalla leggenda, le prime vicende che drammaticamente lo condussero a divenire, all’inizio, brigante; in seguito, capobanda temuto e rispettato dentro e fuori i confini del Viceregno spagnolo. Ad un certo punto della sua vita, Pietro Mancino, in occasione della congiura antispagnola di frate Epifanio Fioravanti, entrò in contatto con emissari del Pontefice, della Repubblica Veneta, del Duca di Savoia ed ebbe il comando di un piccolo ma agguerrito esercito che seppe magistralmente guidare contro le truppe del vicerè Conte di Monterey. Non era, dunque, un brigante qualunque e Vitulli lo sottolinea sufficientemente, allorchè fa notare che Mancino, quando la pressione spagnola divenne per lui insostenibile, trovò comodo rifugio a Roma, sotto la protezione del potente cardinale Francesco Barberini. L’ultima sua impresa fu l’ennesima invasione dei confini meridionali al comando di duecento uomini pagati dal re di Francia. Questa volta, però, la sor221 te non gli fu favorevole: il Mancino, maestro di agguati e rappresaglie, viene messo in difficoltà da altri briganti, al servizio degli Spagnoli, e dal comportamento ambiguo dei baroni. E’ costretto a fuggire ed a rifugiarsi nella piccola repubblica di Lucca. Qui, tuttavia, la vendetta del Monterey lo raggiunge. Il 5 settembre 1637 gli Spagnolo lo catturano e lo imbarcano, a Viareggio, su una galera. Inutilmente, a Napoli, venne attesa; essa svanì nel nulla con il suo passeggero. Di lui non si seppe più alcuna notizia: morì in un naufragio? trovò rifugio a Torino? ritornò nel suo feudo in Dalmazia? Non si sa. Con questo dubbio si conclude la ricostruzione storica fatta da Antonio Vitulli di questo personaggio che spesso si trovò ad essere al centro delle vicende politiche del suo secolo e a proposito del quale il suo cantore popolare ebbe a scrivere con ammirazione: Pietro Mancino se fe gran male, /grossi ricatti e grand'uccisione. /Non era cogl’amici mai rivale. /Ed avea in se qualche divozione, / mai fece assassini questo tale / Sol delli nemici fe distruzione / Li ricchi ricattò con gran dispetti, ma sempre amico fu de'poveretti. A.V. FOLKLORE Michele DELL’ANNO, Foggia: un'antica traccia. Foggia, Bastogi, 1983. 190 p. ill. Anche se il lavoro di Michele dell’Anno non può essere definito, propriamente, una ricerca folclorica nel senso scientifico del termine; tuttavia, esso è, pur sempre, valido come opera di riscoperta e recupero di valori e figure ormai definitivamente scomparsi. D’altro canto il titolo stesso del libro “Foggia: una antica traccia” chiarisce pienamente quale sia stato il vero scopo dell’autore: ripercorrere in senso inverso l’evoluzione della società foggiana; dall’attuale, anonima, industrializzata e terziaria, a quella che, sino a non molto tempo fa, era prevalentemente contadina e pastorale, con una sua precisa personalità. Lungo la strada che il dell’Anno idealmente segue, affiorano così, le figure caratteristiche del “carriejre” del “ferracavallo” e dei “terrazzani”, oppure, le tante feste animate da particolari usanze, legate ai vari mestieri cittadini. Di esse, oggi, resta solo qualche debole testimonianza, come pure sono scomparse tante vecchie forme di divertimento, tipo “Opere-Strazzulle”, soppiantate da forme di 222 spettacolo, senza dubbio, più sofisticate, ma, certamente, meno schiette ed affascinanti. Non a caso il lavoro di dell’Anno si conclude con un capitolo significativo “Una città che cambia”, nel quale l’autore, rifiutando di credere che tutto il passato sia stato inesorabilmente cancellato dalla fredda, anonima società contemporanea, vuole trovare nelle manifestazioni culturali odierne un legame anche debole, con quella tradizione antica, cui tutti guardano con un pizzico di nostalgia. A.V. LOTTE CONTADINE Michele MAGNO, Galantuomini e proletari in Puglia dagli albori del socialismo alla caduta del fascismo. Foggia, Bastogi, 1984. 411 p. tav. In questo lavoro Michele Magno, noto esponente del P.C.I. pugliese, senatore dal 1968 e sindaco di Manfredonia dal 1975 al 1982, ha preso in considerazione le lotte che agitarono le campagne pugliesi nel cinquantennio che va dagli albori del Socialismo alla caduta del Fascismo. In questo periodo, infatti, i termini dello scontro tra proprietari e braccianti si andarono definendo più nettamente: i primi presero ad introdurre con frequenza sempre maggiore l’uso delle macchine per raccogliere i cereali; ridussero i lavori nei campi, dove impiegarono le donne anzichè gli uomini; eliminarono le prime due zappature nelle vigne e soppressero la pratica dell’aratura preparatoria della semina. I braccianti, a loro volta, reagirono in vario modo: aumentarono le richieste del salario nei periodi in cui i lavori non si potevano trascurare, diminuirono l’orario di lavoro; attuarono, infine, lo sciopero e rovescio, consistente nell’invadere le terre, eseguire prestazioni d’opera necessarie e richiedere, poi, il pagamento delle giornate ai proprietari. Per coordinare meglio i loro sforzi, i lavoratori della terra si organizzarono in Leghe, esse si estesero e consolidarono rapidamente, raggiungendo un gran numero di iscritti, soprattutto nei centri della pianura, dove maggiore era la presenza bracciantile. Michele Magno ha fornito in proposito un elenco accurato delle leghe in Puglia e della loro consistenza. Per quanto riguarda la Capitanata, erano 13 nel 1902, per un totale di 10.000 iscritti; nel 1906 divennero 15 con 9602 adepti, per aumentare ulteriormente nel 1907 a 21 con 17056 contadini organizzati che si raddoppiarono quasi nel successivo 1908, giungendo a circa 30.000 unità. I braccianti rivendicavano nei confronti degli agrari 223 condizioni di vita più umane per sè e per le proprie famiglie: dai dati dell’inchiesta Presutti risulta, infatti, che abitavano case malsane di un solo vano senza servizi igienici, con gli animali; i loro figli erano continuamente affetti da tracoma e da tubercolosi intestinale; l’orario di lavoro, durante mietitura e trebbiatura, era di 10 ore massacranti ed i miseri salari corrisposti oscillavano normalmente tra lire 1,80 a 2,25; mentre i ragazzi e le donne percepivano da lire 1,10 a 1,45. La loro strategia di lotta, sotto la guida di uomini come Fioritto, Mucci, Trematore, De Feo, Maitilasso, Maiolo, Prampolini e altri, si esplicava soprattutto nella stagione estiva, periodo di grandi fatiche nei campi, quando, puntualmente, rispuntavano i problemi del salario e dell’orario di lavoro e, parallelamente, l’urgenza del raccolto poneva i proprietari in posizioni relativamente vulnerabili, rendendo intensa e compatta la combattiva partecipazione dei braccianti alle lotte. L’arma principale di cui essi si servirono per le loro rivendicazioni sociali fu lo sciopero. Particolarmente documentato in proposito il libro di Magno. Dopo la pausa del conflitto mondiale, nuove lotte vennero intraprese, soprattutto negli anni 1919-1921, sotto la guida della nuova dirigenza, tra cui Giuseppe Di Vittorio; ma, di lì a poco, l’incalzare della violenza squadrista e l’affermarsi successivo del Fascismo, di cui Magno analizza attentamente i contrasti interni tra i dirigenti pugliesi, costrinse le organizzazioni politiche bracciantili, fatte continuamente segno a manifestazioni di violenza, a continuare nella clandestinità le loro opposizioni alla dittatura ed agli agrari suoi naturali alleati, sino alla caduta del regime. A.V. MITI E RELIGIONI ANTICHI Vincenzo BAMBACIGNO. Miti e credenze della Puglia antica. Milano, “Il Rosone”, 1983. 75 p. ill. “Il Rosone”, fortunato ed apprezzato periodico pugliese di cultura ed informazioni che, dal 1978, si stampa a Milano, ha inaugurato la serie dei suoi quaderni con questo interessante lavoro, scientificamente e tipograficamente ineccepibile, di Vincenzo Bambacigno. L’argomento vi è stato trattato con stile giornalistico, semplice e fluido, certamente, il più adatto per rendere accessibile a tutti materie difficili, ma affascinanti, quali sono, appunto, l’archeologia e 224 le religioni antiche. In questo lavoro, infatti, esse sono state felicemente abbinate, perchè l’autore, proprio attraverso l’esame dei reperti archeologici, ha cercato di individuare quali e quante furono le credenze, non solo religiose ma anche “magiche”, che si successero nell’antica Apulia, sino all’avvento del Cristianesimo. L’indagine scientifica è stata completata da un catalogo estremamente preciso di tutti quei reperti, in ceramica nera metallizzata a figure rosse, presenti nel Museo Civico di Troia, che con le loro scene di caccia, pesca, tessitura, sepolture contribuiscono, mirabilmente, ancora oggi, a far rivivere la vita quotidiana delle popolazioni appule tra l’ottavo ed il sesto secolo a.C.. A.V. BOVINO E LA SUA STORIA Carlo Gaetano NICASTRO. Bovino storia di popolo vescovi duchi e briganti. A cura di Gabriele Consiglio. Foggia, Amministrazione Provinciale di Capitanata, 1984. 428 p. tav. Nella illustre tradizione storiografia locale degli inizi del secolo, si inserisce autorevolmente questo lavoro di Carlo Gaetano Nicastro, edito postumo a cura di Gabriele Consiglio. Nella densa introduzione il curatore ha illustrato l’importanza delle vicende storiche del centro subappenninico, da sempre punto cruciale di incontri e di scontri tra Irpinia e Daunia; tra Puglia e Campania; ha, poi, chiarito l’intima correlazione tra il titolo del libro e la complessa realtà sociale bovinese, dominata e condizionata, quasi sempre, nel corso delle sue vicende, dalla presenza di vescovi e duchi prestigiosi — si pensi agli Estendardo ed ai Guevara - e, ad un certo punto, dai briganti, violenta manifestazione dell’esasperazione di un popolo che, così, volle imporre la propria presenza. Infine, ha delineato la personalità umana, e culturale di Carlo Gaetano Nicastro, singolare figura di uomo di scienza - era medico -, ma anche di intellettuale e “cittadino” che, attraverso lo studio sistematico ed appassionato della storia, volle intraprendere l’indagine più vera ed affascinante delle proprie origini. La distribuzione degli argomenti nell’opera è stata lasciata dal Consiglio nell’ordine stabilito dall’autore: I - periodo preellenico, ellenico e romano; II medioevo e Regno meridionale sino alla dinastia aragonese; III - Viceregno spagnolo; IV - Regno delle due Sicilie; V - Unità e Brigantaggio. 225 Chiude la trattazione della materia, secondo il costume degli eruditi di primo Novecento, una appendice riportante cronologie; elenchi e medaglioni di bovinesi illustri; note di folklore, gastronomia, flora e fauna. Naturalmente l’impostazione scientifico-metodologica del lavoro di Nicastro è, in antitesi con gli attuali orientamenti storiografici, determinati dall’esperienza della recente microstoria. Questa storia di Bovino, infatti, non predilige gli argomenti della vita materiale, del commercio, dell’industria e della loro influenza sulla società; preferisce, invece, - secondo l’impostazione metodologica della storiografia filosofica dei Botta, dei Cantù, dei Colletta - i grandi avvenimenti, i sovrani e le casate illustri che, di volta in volta, coinvolsero nelle loro vicende Bovino ed il suo popolo. Dai tempi remoti delle guerre sannitiche e puniche sino a giungere, attraverso le varie fasi di conquista di condottieri spregiudicati, di ambiziosi imperatori e regnanti avidi, al dramma finale della “invasione” piemontese e del brigantaggio che, proprio nel Vallo di Bovino, ebbe uno dei suoi importanti capisaldi ed il centro di reclutamento ed organizzazione delle bande armate. Non è, dunque, un caso che il Nicastro a queste vicende postunitarie abbia dedicato ampio spazio nella sua storia. Il Vallo di Bovino, infatti, in seguito all’esasperazione causata nella popolazione dalle usurpazioni dei demani comunali da parte dei ‘galantuomini’ e dalle oppressive disposizioni governative, divenne il punto di raccolta di scontenti e delusi. Qui, sempre più numerosi, confluirono, all’indomani dell’unità, i contadini che abbandonavano campi, miseria e malaria, per raggiungere gli inaccessibili covi briganteschi, unirsi alle bande dei vari Caruso, Menotti, Varanelli, Bruciapaese, Coppolarossa, Nicandruccio e mettere a ferro e fuoco le masserie ed i paesi più ricchi nella piana del Tavoliere, dove, grazie alla loro estrema mobilità, avevano buon gioco contro truppe regolari, carabinieri e guardie nazionali. La narrazione appassionata di ogni avvenimento, da parte del Nicastro, è resa più avvincente dallo stile chiaro e semplice; mentre le note, frequenti e precise, denotano una ricerca attenta, scrupolosa e, senza dubbio, non “provinciale”, perchè condotta non solo su testi e documenti reperibili nel ristretto ambito paesano, ma anche sulle fonti dell’Archivio di Stato di Napoli. Più frequente ed incisivo, al contrario, avrebbe dovuto essere, nel perfezionamento e nell’aggiornamento dell’apparato critico, l’intervento del curatore che, comunque, nell’introduzione ha fornito spiegazioni di tale sua scelta metodologica. In conclusione, quindi, questa del Nicastro è un’opera che l’Amministrazione Provinciale di Foggia ha, indubbiamente, fatto bene a dare alle stampe, perchè ha fornito, in questo modo, un contributo 226 prezioso ed originale alla conoscenza della complessa e, per alcuni aspetti, ancora controversa storia di Capitanata. A.V. CENTRI STORICI Pasquale DAL SASSO - Nicola MEZZINA. Puglia: proposta di catalogazione dei centri storici. Molfetta, Mezzina, 1983. 100 p. ill. Nell’intenzione dei due autori, questo interessante studio-proposta dovrebbe, innanzitutto, sensibilizzare la Regione Puglia a promuovere un censimento ragionato dei principali centri storici, in modo da poter disporre, alla fine, di una raccolta esauriente di dati omogenei che sintetizzino le problematiche esistenti, tanto negli antichi insediamenti, quanto nel resto del territorio. Il lavoro, che contiene anche esemplificazioni di schede-tipo, assume, quindi, oggi, particolare importanza, perchè è, ormai, convincimento diffuso che la riutilizzazione dei centri storici minori debba, necessariamente, passare attraverso una politica urbanistica regionale, in quanto la maggior parte di essi è ubicata in aree economicamente depresse, in fase avanzata di abbandono. Di qui la necessità di condurre un’indagine statistico-descrittiva, diversa dalle precedenti, che si configuri, soprattutto, in un inventario delle “risorse” disponibili, per costruire un assetto territoriale alternativo a quello esistente e che modifichi sostanzialmente ogni passata proposta di censimento basata, semplicisticamente, su una conoscenza astratta non legata a specifiche finalità di intervento e tutt’al più suddivisa per tipologie architettoniche e storiche. Secondo la proposta formulata dai due autori, il censimento dovrà, pertanto, privilegiare i seguenti obiettivi: consentire la quantificazione del patrimonio edilizio, la conoscenza delle sue condizioni statico-igieniche e della struttura socio-economica degli abitanti; individuare la collocazione geografica degli insediamenti urbano-storici nell’ambito regionale; definirne i caratteri in relazione alla morfologia territoriale e urbana ed ai valori architettonici; esaminare, infine, sotto il profilo sociale, le esigenze della popolazione in essi dimorante. A parere dei due esperti, i centri antichi pugliesi, per i loro aspetti storico-urbanistici, nonchè ambientali, meriterebbero tutti di essere analizzati e, successivamente, catalogati, compresi quelli 227 che, pur essendo di minore consistenza, presentano, tuttavia, un più elevato pregio storico-culturale. I riferimenti statistici, però, potrebbero, a loro parere, dilatarsi ancora di più, se si decidesse di accettare come ipotesi di lavoro la definizione di “centro storico” contenuta nella “carta del restauro” del 1972, la quale includeva fra gli antichi insediamenti anche quelli agricoli e quelli dotati di torri e castelli, numerosissimi nel territorio regionale. Infine, rilevano ancora, non si può evitare di annoverare nel patrimonio storico-artistico di notevole interesse, da inventariare, anche le cattedrali medievali insieme agli insediamenti preistorici, tanto diffusi in tutto il territorio pugliese. Sotto il profilo dei valori paesaggistici, i due autori individuano nella regione quattro grandi aree geografiche: il Gargano, comprendente il circuito delle grotte costiere, la Foresta Umbra, i laghi di Lesina e Varano e le isole Tremiti; l’altopiano delle Murge; la Valle d’Itria con l’arca delle grotte naturali; e la fascia costiera del Salento. Per l’organizzazione materiale del lavoro di catalogazione, suggeriscono un inventario con schede predeterminate e preclassificate, da sistemarsi in ordine alfabetico per ciascuna provincia, nelle quali si andranno a fissare le immagini delle caratteristiche generali e degli elementi fondamentali di ciascun aggregato urbano. La ricerca delle informazioni dovrebbe effettuarsi, sia su documenti ufficiali - notizie storiche, economiche, demografiche, culturali, etc. -, sia attraverso indagini da condurre direttamente sul posto, contattando gli abitanti. A conclusione delle operazioni di rilevamento, affermano gli autori, con l’ausilio dei dati raccolti si otterrà di delineare quella situazione generale dei nuclei antichi, sotto i diversi aspetti ambientali, architettonici, urbanistici, sociali et economici, la cui conoscenza servirà a programmare il futuro assetto territoriale dell’intera regione, in funzione del suo passato storico. A.V. I MULINI AD ACQUA Ausilia PIROZZOLI - Nicola PIROZZOLI. I mulini ad acqua dell'alta Valle del Celone. Faeto, s. ed., 1983. 122 p. ill. In linea con l’attuale recupero dei beni architettonici caratteristici di una ristretta comunità si inserisce la riscoperta dei mulini 228 ad acqua dell’alta Valle del Celone; strutture economiche sconosciute ai più ed ora pubblicizzate in questa indagine storico-sociale condotta a Faeto e Celle San Vito da Ausilia e Nicola Pirozzoli. La maggior parte di tali costruzioni era insediata, in zone facilmente raggiungibili dai centri abitati vicini, lungo le sponde dei fiumi Celone e Freddo, dei quali sfruttano la particolare pendenza per il loro funzionamento. L’acqua veniva, infatti, canalizzata in una vasca di deposito e, quando aveva raggiunto il livello necessario per la macinatura, la sua energia era lasciata libera, mediante l’apertura di una saracinesca, di andare a mettere in funzione le pale di legno della ruota motrice. Un asse provvedeva a trasmettere il movimento alle macine, le quali, opportunamente regolate dall’esperto mugnaio, facevano circa 130 giri al minuto, sfarinando un sacco di grano ogni 25 minuti. Una produttività, indubbiamente, bassa che rese opportuna, in un ristretto ambito territoriale, la presenza di numerosi mulini, a pochi metri di distanza gli uni dagli altri, per poter, pienamente, soddisfare le esigenze della popolazione circostante. Oggi, queste ingegnose strutture economiche della civiltà contadina di Capitanata sono state del tutto abbandonate; c’è, pertanto, l’esigenza, affermano giustamente gli autori, che vengano tutelate da qualsiasi intervento modificatore esterno, per essere conservate intatte alle presenti e future generazioni. A.V. VIAGGIATORI NEL SUD Matilde PERRINO. La Puglia del ’700. (Lettera di una viaggiatrice). A cura di Italo Palasciano. Cavallino di Lecce, Capone, 1983. 82 p. tav. A quegli economisti, come Palmieri, Filangieri, Grimaldi, Genovesi ed altri, che, sul finire del secolo XVII, si prodigarono con studi e consigli, perchè si accrescesse il rendimento delle terre meridionali e migliorassero le condizioni morali e materiali dei contadini, sarebbe opportuno aggiungere anche Matilde Perrino, la quale, se, in verità, non condusse ricerche originali sui problemi della terra; ha, tuttavia, lasciato interessanti considerazioni sull’argomento. L’occasione le venne offerta da un viaggio che fece insieme al padre, Regio Consigliere, attraverso le terre di Puglia; di tutto il percorso ella tenne una circostanziata relazione, sotto forma di let229 tere inviate ad un ipotetico amico, rimasta sinora pressochè sconosciuta, se si eccettuano due brevi citazioni, rispettivamente, di Benedetto Croce nella Storia del Regno di Napoli e di Antonio Quacquarelli nella rivista Japigia (1944). Oggi le annotazioni della Perrino sono state, finalmente, pubblicate nella fortunata collana Itinerari meridionali dell’editore Capone, a cura di Italo Palasciano, attento studioso ed osservatore delle vicende storiche, economiche e culturali della Puglia, il quale nella densa e stimolante introduzione è riuscito a delineare bene la psicologia della viaggiatrice ed a fissare i punti salienti delle sue osservazioni. Si apprende, così, che la Perrino, diversamente da altri viaggiatori contemporanei, non bada tanto alle bellezze naturali e monumentali del paesaggio pugliese, quanto, all’agricoltura, ai campi e ai sistemi più opportuni da introdurre nel lavoro, per incrementare produzione e redditi. La giovane donna manifesta, anche, un notevole interessamento per le infelici condizioni di vita dei contadini; a riguardo, però, non si limita solo a denunciare cattiva amministrazione e responsabilità di autorità e proprietari terrieri, ma si ingegna anche di indicare le soluzioni per prevenirle ed eliminarle, come quando suggerisce che “ad impedire dei poveri mietitori l’infermità, opportuno sarebbe in ordine generale che in tempo delle messe, i rispettivi massari, che per molti giorni quelle genti debbono in campagna aperta tenere, attenti siano a fare degli opportuni ricoveri”. Osservazioni e considerazioni di natura sociale, dunque, che non si limitano solo all’ambiente campagnolo. Infatti, anche nel corso delle frequenti permanenze nelle città, la Perrino ha modo, tanto, di denunciare la carenza di istituti educativi per orfani e di scuole tecniche, quanto, di condannare l’abitudine tipicamente meridionale delle donne di trascorrere tutto il giorno davanti ad uno specchio oppure a discutere di moda “con un ventaglio alla mano a frescheggiar”. E aggiunge: “l’ozio fu sempre perniciosissimo, giacchè illanguidisce la macchina, ingrossa gli umori, rende ottusa la mente. Sarebbero lodevoli le donne, che non potendo attendere ai domestici lavori, fossero allo studio delle lettere dedicate; ma il non far niente non è certamente un pregio”. Non meno interessanti le annotazioni di carattere economico. Attraversando, infatti, gli oliveti di Terra di Bari e, soprattutto, gli sconfinati pascoli dei Tavoliere, la Perrino si stupisce della scarsa attenzione dedicata, in Puglia, all’apicoltura, tanto più che, a suo parere, un solo alveare, tra cera e miele, potrebbe dare una rendita doppia di quella di una pecora. Nell’esaminare, poi, la natura delle terre pugliesi, si rende conto che esse sono poco profonde e consentono alle piante di assorbire 230 tutto il nutrimento necessario solo quando sono irrigate dalle piogge e che, di conseguenza, un periodo di siccità nei mesi di aprile e maggio è sufficiente per compromettere l’intero raccolto. La Perrino, tuttavia, non propone la costruzione di canali d’irrigazione da parte dello Stato; le soluzioni da lei suggerite non sono di natura tecnica, ma sociale; auspica, infatti, l’istituzione di “Monti”, al fine di mettere i contadini nelle condizioni di migliorare l’agricoltura. Un solo “Monte”, dotato di un fondo di 100.000 ducati, in ogni provincia, sarebbe sufficiente, secondo lei, per ottenere una circolazione monetaria più adeguata alle reali necessità dell’economia pugliese, tanto agricola, quanto commerciale. Adottando questo provvedimento, scrive la Perrino, da una parte, non si dovrebbero più temere carestie; sarebbero appagate le necessità delle popolazioni; i poveri avrebbero di che vivere durante l’inverno; i contadini non sarebbero più costretti a vendere i loro prodotti, prima del tempo, al vile prezzo fissato dalla “voce”; dall’altra, invece, si animerebbero industrie e commercio; si costruirebbero ospedali; si darebbe scolo alle acque stagnanti, riducendo, finalmente, le nefaste conseguenze della malaria. Queste, sono alcune delle interessanti osservazioni della Perrino, riproposte da quell’attento studioso che è Italo Palasciano e dalla sensibilità culturale dell’editore Capone; insieme hanno fatto conoscere meglio questa timida, ma ferma, voce di denuncia sociale sulla Puglia del ’700. A.V. ECONOMIA PUGLIA alcuni aspetti della struttura socio-economica. Siena, Monte dei Paschi di Siena, 1983. 269p. Sino a poco più di due anni fa la Puglia veniva unanimemente considerata una felice eccezione nell’ambito delle regioni meridionali, per il suo decollo economico; tanto è vero che, all’epoca, fu paragonata alla Lombardia e addirittura alla California. Oggi, però, sembra che la situazione sia mutata e stia ancora evolvendo in senso negativo. E’ stata, di recente, edita, a confermarlo, un’attenta analisi socio-economica realizzata dall’Ufficio Studi del Monte dei Paschi di Siena, aggiornata all’anno 1982, per i dati statistici. Scorrendo la relazione e le cifre che la corredano, appare subito evidente la flessione di quegli elementi di sviluppo che, in passato, avevano consentito alla Puglia di raggiungere una posizione di pri231 mo piano rispetto alle altre regioni meridionali e, contemporaneamente, la loro insufficienza a consentire all’economia pugliese di superare la crisi attuale e colmare il persistente divario nei confronti delle realtà settentrionali. Gli effetti della recente, grave recessione si sono fatti pesantemente sentire, in modo pressochè uniforme, nelle zone più industrializzate delle province di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto; tuttavia, le medesime difficoltà hanno stimolato tutte le capacità imprenditoriali, presenti sul mercato, mobilitandole ad impegnare ogni risorsa, a favore di una maggiore apertura della propria economia verso i paesi esteri. Questo spontaneismo che, finora, ha caratterizzato l’evoluzione strutturale dell’economia regionale non è, però, più in grado, si fa rilevare nell’indagine, di assicurare sufficienti e soddisfacenti condizioni di sviluppo. A questo punto sono opportune alcune osservazioni sui dati della ricerca concernenti l’economia di Capitanata, alcuni dei quali, in questi ultimi tempi, hanno già subito delle variazioni, come, ad esempio, l’introduzione della cassa integrazione in alcuni stabilimenti industriali. Nel settore agricolo poche variazioni si registrano in provincia di Foggia: tuttora detengono il primato le coltivazioni cerealicole, dalle quali proviene l’80% circa dell’intera produzione regionale; tuttavia, si vanno, contemporaneamente, affermando le colture irrigue del pomodoro e del carciofo, la produzione dei quali, insieme con quella delle province di Bari e Brindisi, rappresenta il 14% ed il 35% dell’intero prodotto nazionale. Fra le colture industriali, una notevole importanza ha raggiunto la barbabietola da zucchero; la produzione, attualmente, si è quasi raddoppiata passando dai 6,6 milioni di q.li ai circa 11,6 del 1980. Per la struttura industriale di Capitanata, i dati dell’indagine rilevano l’esistenza di numerosi settori - alimentare, estrazione minerali non metalliferi, chimico, meccanico, legno ed arredamento - che pesano mediamente, tanto in termini di addetti che di unità locali, per meno del 10% ciascuno, con la sola eccezione del comparto alimentare, il quale supera il 21%. Esiste, infatti, nella provincia una lunga tradizione nel campo della molitoria e della pastificazione, indubbiamente legati alle produzioni agricole locali, fra cui particolarmente importante quella del grano duro. Sono presenti sul territorio molte medie aziende, con produzioni assai qualificate, come, ad esempio, i Pastifici Meridionali, i Molini e Mangimifici di Capitanata ed i Molini e Pastifici dei F.lli Tamma a Cerignola. Altro settore tradizionale dell’industria dauna è costituito dalla lavorazione del marmo delle cave di Apricena e dalle fabbriche laterizie di Lucera, Celenza Val Fortore, dove esistono una quarantina di aziende di medie e piccole dimensioni. 232 Per il comparto meccanico, invece, è presente la FIAT con un apprezzabile indotto. Sono operanti, nell’area industriale di Foggia, un grosso stabilimento della Iveco con 1700 dipendenti, che produce motori diesel, e la Metalmeccanica Meridionale, con 200 addetti, che produce carpenteria metallica; mentre nella zona di Manfredonia esiste la Imes S.p.A., con 280 dipendenti che producono quadri elettrici. Abbastanza buono appare il settore manifatturiero che è accentrato nelle tre aree industriali di Incoronata, Manfredonia e Ascoli Satriano. Diffusissimo è, infine, l’artigianato, presente a Foggia con ben 35000 imprese, prevalentemente manifatturiere, tra le quali particolarmente viva è la tradizione mobiliera, della ceramica e del ferro battuto. Sulla scorta degli elementi statistici e dei rilievi forniti dall’indagine del Monte dei Paschi di Siena, relativi alla Puglia, si deduce che il tentativo di programmazione effettuato dalla Regione potrebbe, ancora, essere sufficiente a dare nuovo slancio alle attività produttive; è, tuttavia, necessario che gli obiettivi politici qualificanti, in esso previsti, siano immediatamente raggiunti e realizzati, senza ulteriori, dannosi tentennamenti. A.V. BORGO CROCI IMMAGINI del/dal Borgo. Foggia, Cenacolo Culturale “C. Ferrini”, 1984. 15 c. tav. Alla realizzazione di questo opuscolo hanno prestato la propria intelligente abilità di fotografi dilettanti: Pippo Casolaro, Giulio Delli Carri, Enzo Garofalo, Pino Palmieri, Savino Russo, Salvatore Tirelli. La pubblicazione è articolata in circa trenta pagine, corredate quasi esclusivamente di foto con brevi didascalie, oltre ad una stringata introduzione destinata a chiarire al lettore gli scopi dell’iniziativa che, quasi Certamente, costituisce uno dei contributi più significativi, ultimamente realizzati, per pubblicizzare, presso l’opinione pubblica, l’opportunità di incentivare, con più intensi ed accorti interventi, la valorizzazione di tradizioni e cultura popolari foggiane. Un messaggio, dunque, di grande civiltà, ma anche estremamente oneroso che, con questo lavoro, il cenacolo culturale “C. Ferrini” si è voluto assumere e, che, tuttavia, è riuscito a condurre in porto egregiamente, specialmente se si tiene presente che la sua realizzazione è stata dovuta quasi tutta al volontariato entusiasta dei fotografi già ricordati che spontaneamente hanno prestato la propria collaborazione. 233 Naturalmente, come è avvertito nella introduzione, il lavoro di ricerca fotografica è stato necessariamente, per esigenze di spazio, sintetizzato in poche foto relative ad alcuni argomenti fondamentali, e non poteva essere diversamente, data la vastità e complessità della materia. Il risultato, comunque, si presenta ugualmente lusinghiero e suggestivo, perchè la ricerca dei soggetti da fotografare e l’indagine dei temi da sviluppare sono state condotte da giovani che, essendo nati e cresciuti a Borgo Croci, conoscono di esso ogni aspetto visibile e nascosto, materiale e spirituale, mentre, con i suoi abitanti condividono storia, abitudini, cultura, pensieri e ricordi. Il “Borgo”, pertanto, attraverso i loro occhi si è rivelato alla città quale realmente è, nel suo aspetto più vero ed autentico; ma, soprattutto, con semplicità e senza le sovrapposizioni intellettualistiche e le elaborazioni teoriche di tanta cultura accademica, sostanzialmente estranea a quell’uomo comune cui l’opuscolo, in definitiva, è indirizzato. Il lavoro, infatti, è stato strutturato in modo tale da consentire, più che la lettura, la percezione visiva di quegli squarci di autentica vita foggiana, mantenutasi pressochè immutata sino ad oggi nel linguaggio, nella gestualità, nella cerimonialità e nelle superstizioni degli eredi dei terrazzani che, in origine, spontaneamente, si raccolsero all’esterno del perimetro cittadino, intorno alla Chiesa delle Croci. Attraverso le foto viene, quindi, esaltato il borgo, estraneo agli aspetti più deleterii della civiltà moderna, anche se pervaso di miseria antica, dove i ragazzi possono ancora correre liberamente tra vicoli e piazzette, nelle quali, in una sequenza sino ad oggi immutata di tempi e di azioni, giochi infantili, altrove dimenticati, si mescolano alla gestualità invariata di donne e uomini impegnati, tra casa e strada, in attività e mestieri di sempre, oppure, alla presenza non estranea di vecchi che si attardano in luoghi familiari riflettenti, ad ogni passo, ricordi di fatti e di persone. Lungo le strade lastricate di pietre consunte dal tempo si aprono sotto il livello del suolo le buie stalle, sovrastate, in alto a due o tre scalini, dagli ingressi di umili abitazioni a misura d’uomo; mentre, dietro un angolo, improvvisamente, occhieggiano i segni, insieme conviventi, di religione e magia, rappresentati da piccole edicole, amorosamente illuminate ed infiorate da quella medesima pietà collettiva che non rifugge dall’esorcizzare, in pubblico o in privato, il malocchio mediante riti ed oggetti che affondano il loro arcano potere in culture lontane, alle quali, pure, appartiene la donna che, in penombra, sull’uscio della propria abitazione, sta intenta a lavorare sul tavoliere la pasta, compiendo gesti che nella loro immutata sequenza conservano tutto il fascino dell’antico. Sono queste le tracce di cultura popolare foggiana che il cena234 colo “C. Ferrini”, ancora una volta, con questo opuscolo, esorta a non dimenticare ed a non lasciare scomparire, in modo che la città, soggetta a continui mutamenti ed alterazioni sotto la spinta della incalzante civiltà industriale, possa preservare, in modo adeguato, un estremo lembo della propria memoria storica. Non, dunque, la nostalgia sterile e languida, bensì la valorizzazione accorta delle ultime tracce della propria civiltà neppure tanto remota. A.V. 235