verifica del requisito del controllo rilevante ai fini dell`opzione per il

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VERIFICA DEL REQUISITO DEL CONTROLLO RILEVANTE AI FINI DELL'OPZIONE
PER IL CONSOLIDATO FISCALE NAZIONALE
Corriere Tributario, 23 / 2013, p. 1833
Consolidato
VERIFICA DEL REQUISITO DEL CONTROLLO RILEVANTE AI FINI DELL'OPZIONE PER IL CONSOLIDATO
FISCALE NAZIONALE
Scifoni Gianfilippo;Ribacchi Emiliano
Ai fini dell'opzione per il consolidato fiscale nazionale, da esercitarsi entro il 16 giugno 2013 per i soggetti
aventi il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, per il valido esercizio si rende necessario
verificare «in primis» il requisito del controllo detenuto dalla società controllante nelle società
partecipate, così come definito dal combinato disposto degli artt. 117 - che richiede un rapporto di
controllo «di diritto» - e 120 del T.U.I.R. In tale contesto, particolari criticità si pongono all'atto della
verifica del predetto requisito in presenza di partecipazioni di controllo detenute dalla società
consolidante sulle quali sia stato posto un vincolo di pegno ai sensi dell'art. 2352 c.c., seppure in
presenza di una convenzione in deroga circa la spettanza del diritto di voto che, sebbene non attribuito al
creditore pignoratizio, per effetto di specifiche clausole contrattuali, potrebbe, tuttavia, subire limitazioni
e, per tale motivo, comportare preclusioni per l'accesso al regime.
Riferimenti
Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 Art. 117
Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 Art. 119
Decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 Art. 120
Sommario: Opzione per il consolidato e remissione «in bonis» - Requisito del controllo
rilevante per l'accesso al consolidato - Accesso al consolidato e pegno sulle partecipazioni
detenute dalla società consolidante - Considerazioni conclusive
Il regime del consolidato fiscale nazionale (più avanti, breviter, «consolidato») prevede che la scelta per
la tassazione di gruppo venga effettuata su base opzionale. Ai fini dell'esercizio dell'opzione è in primis
richiesto il possesso di una partecipazione di controllo «qualificato» (cd. controllo rilevante) nel rispetto
del disposto di cui agli artt. 117, comma 1 [1] e 120 [2] del T.U.I.R. [3]. In vista dell'approssimarsi della
scadenza del termine del 16 giugno [4] per l'esercizio dell'opzione, i soggetti interessati sono tenuti a
verificare se tra di essi sussiste un valido rapporto di controllo [5].
Opzione per il consolidato e remissione «in bonis»
L'opzione per il consolidato vincola le società che l'abbiano esercitata ad applicare il regime della
tassazione di gruppo per un periodo minimo di tre anni (salvi i casi di interruzione anticipata per il venire
meno, ad esempio, del requisito del controllo). Rivestendo l'adesione carattere opzionale, può accadere
che alcune imprese, pur rientrando potenzialmente nel perimetro di consolidamento, perché in possesso
di tutti i requisiti per l'esercizio dell'opzione, decidano di non avvalersene. L'opzione presenta natura
bilaterale, dovendo essere esercitata congiuntamente da ciascuna società controllata e dall'ente o società
controllante. L'esercizio congiunto dell'opzione deve formare oggetto, entro un preciso limite temporale
[6], di apposita comunicazione all'Agenzia delle entrate [7]. L'invio della comunicazione di avvio del
regime è condizione essenziale per l'ammissione ai relativi benefici, essendo a tal fine irrilevanti
eventuali comportamenti ccdd. concludenti tenuti dal contribuente [8]. Sul punto si è affermato in
passato un orientamento decisamente restrittivo nei confronti delle società che, pur non avendo
proceduto entro il termine ordinario alla comunicazione dell'opzione, avevano manifestato la volontà di
procedere al rinnovo dell'opzione per il regime attraverso «comportamenti concludenti» [9]. In proposito,
l'Amministrazione finanziaria aveva inequivocabilmente chiarito [10] che l'invio della comunicazione di
opzione/rinnovo costituisce condizione essenziale per l'applicazione della tassazione di gruppo, essendo,
a tal fine, irrilevanti eventuali comportamenti concludenti tenuti in sede di dichiarazione dal contribuente
che non abbia tempestivamente comunicato l'avvenuto esercizio dell'opzione entro i termini di legge.
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Tale orientamento risulta senza dubbio (quantomeno) mitigato per effetto delle previsioni contenute nel
D.L. n. 16/2012 [11], che ha introdotto specifiche disposizioni di semplificazione degli adempimenti
tributari, tra cui, ai fini che interessano in questa sede, misure volte alla fruizione di benefici di natura
fiscale o l'accesso a regimi fiscali opzionali anche nel caso in cui il contribuente non abbia adempiuto, nei
tempi previsti, agli obblighi di preventiva comunicazione od a qualunque altro adempimento di natura
formale previsto dalla legislazione vigente [12]. Sul punto la circolare dell'Agenzia delle entrate 28
settembre 2012, n. 38/E [13], emanata a commento dell'innovativo istituto della remissione in bonis, ha
fornito i primi chiarimenti, evidenziando come nella relazione illustrativa al D.L. n. 16/2012, a titolo
esemplificativo, vengono individuate alcune fattispecie alle quali l'istituto della remissione in bonis risulta
applicabile. Tra queste viene richiamato espressamente il consolidato. Nel predetto documento di prassi
è stato rilevato che «con riferimento alla regolarizzazione dell'opzione per l'istituto del consolidato fiscale
di cui agli artt. 117 ss. del T.U.I.R. ... si ricorda che il modello di comunicazione per l'esercizio
dell'opzione per il consolidato deve essere presentato, ai sensi dell'art. 119, comma 1, lett. d), del
T.U.I.R. "entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d'imposta
precedente al primo esercizio cui si riferisce l'esercizio dell'opzione stessa". Per i soggetti con esercizio
coincidente con l'anno solare, quindi, la comunicazione deve essere presentata entro il 16 giugno
dell'anno a partire dal quale l'opzione ha effetto. Ad esempio, se una società con esercizio coincidente
con l'anno solare intendeva esercitare l'opzione per il triennio 2012-2014, il modello di comunicazione
doveva essere presentato entro il 16 giugno 2012. Avvalendosi della sanatoria in commento, il mancato
esercizio dell'opzione è sanabile inviando il suddetto modello entro il 1° ottobre 2012 (termine che, come
chiarito al successivo par. 1.4, è fissato, in sede di prima applicazione della norma, al 31 dicembre
2012)».
Ne discende che, rispetto al passato, la mera dimenticanza (rectius omissione) della comunicazione
dell'esercizio dell'opzione entro il sedicesimo giorno del sesto mese del primo esercizio di efficacia
dell'opzione potrà essere sanata entro il termine di presentazione del modello UNICO relativo al periodo
d'imposta precedente [14].
Requisito del controllo rilevante per l'accesso al consolidato
Come ricordato, i contribuenti interessati ad optare per il consolidato devono prima di tutto individuare le
società includibili nel regime di consolidamento, essendo richiesto, a pena di inammissibilità, il possesso
di una partecipazione rilevante, ossia espressiva di un rapporto di controllo con i requisiti previsti dagli
artt. 117 e 120 del T.U.I.R.
Sin dall'inizio di ogni esercizio relativamente al quale la controllante e le controllate intendono avvalersi
del consolidato, devono infatti sussistere congiuntamente i seguenti due requisiti [15]:
(i) rapporto di controllo di diritto cd. assembleare, nel senso precisato dall'art. 2359, primo comma, n.
1), c.c. [16];
(ii) superamento della soglia di partecipazione del 50% sia in relazione al capitale sociale che agli utili di
bilancio della società controllata (di diritto) ai sensi della citata norma [17].
Pertanto, trattandosi di requisiti concorrenti [18], oltre al riscontro della partecipazione all'utile di
bilancio, si considerano controllate le società in cui il soggetto controllante partecipa, direttamente od
indirettamente [19], per una percentuale superiore al 50% del relativo capitale, tenuto conto
dell'eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo e senza considerare le azioni
prive del diritto di voto esercitabile nell'assemblea societaria [20]. Solo se risultano integrati tutti i
requisiti in questione la partecipazione assume rilievo ai fini dell'inclusione nel perimetro del consolidato,
in quanto viene a soddisfare la nozione di controllo dettata ai fini del presente regime [21].
Il controllo «di diritto» non è invece soddisfatto qualora si disponga di voti idonei ad esercitare
un'influenza (soltanto) dominante nell'assemblea ordinaria della partecipata ex art. 2359, primo comma,
n. 2), oppure in presenza del controllo cd. contrattuale di cui al n. 3) del citato comma. Sono state,
infatti, escluse dal legislatore le situazioni di controllo «di fatto».
Come espressamente previsto dall'art. 3, comma 1, del D.M. 9 giugno 2004 (attuativo della disciplina sul
consolidato fiscale nazionale), la percentuale dei diritti di voto prevista dal comma 1 dell'art. 120 del
T.U.I.R. è quella riferibile alle assemblee previste dai seguenti articoli del codice civile: 2364 (assemblea
ordinaria nelle società per azioni e in accomandita per azioni prive di consiglio di sorveglianza); 2364-bis
(assemblea ordinaria nelle società per azioni e in accomandita per azioni dotate di consiglio di
sorveglianza); 2479-bis (assemblea dei soci nelle società a responsabilità limitata).
Qualora il diritto di voto, esercitabile nelle assemblee ordinarie, sia attribuito ad un soggetto diverso dal
socio, i relativi titoli azionari non dovranno più essere presi in considerazione ai fini del computo della
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percentuale in esame per verificare il rispetto del requisito del controllo; si pensi all'ipotesi disciplinata
dall'art. 2352 c.c. relativa alla costituzione di un vincolo di pegno sulle azioni, nel caso in cui, in assenza
di espressa convenzione contraria, il diritto di voto spetti al creditore pignoratizio [22].
Accesso al consolidato e pegno sulle partecipazioni detenute dalla società consolidante
Si è in precedenza rappresentato che due società possono optare per il consolidato allorquando la
consolidante possieda nella consolidata una partecipazione che le attribuisca congiuntamente:
- il controllo di diritto, ai sensi dell'art. 2359, primo comma, n. 1), c.c. [23];
- più del 50% del capitale e degli utili della controllata.
Le partecipazioni rilevanti ai fini del superamento della soglia del 50% del capitale sono unicamente
quelle che attribuiscono il diritto di voto esercitabile nell'assemblea ordinaria.
Presenta profili di significativa peculiarità la situazione in cui la partecipazione detenuta dalla società
consolidante nella consolidata abbia formato oggetto di pegno.
Il diritto di voto esercitabile nelle assemblee ordinarie può essere attribuito ad un soggetto diverso dal
socio (titolare della partecipazione al capitale sociale). Si pensi, tra le varie ipotesi, alla costituzione di un
pegno con attribuzione (non derogata convenzionalmente) del diritto di voto al creditore pignoratizio
[24].
Sul punto, in assenza, per quanto è dato constatare, di decisioni giurisprudenziali, si segnala che
l'Agenzia delle entrate, nella risoluzione 27 agosto 2009, n. 240/E [25] (nel seguito, in breve,
«risoluzione»), ha fornito gli opportuni (nonché, per il momento, gli unici) chiarimenti in merito alla
sussistenza dei requisiti per l'esercizio dell'opzione per il consolidato in presenza di una partecipazione
che sia oggetto di pegno a favore di un terzo creditore [26]. Trattasi di ipotesi non isolate, con riguardo
ad esempio ai casi di concessione di finanziamenti, piuttosto che ad esito di operazioni di
riorganizzazione societaria. Gli atti di pegno sono suscettibili di incidere sull'attribuzione del diritto di
voto [27] e del diritto agli utili relativi alla partecipazione concessa in pegno e, dunque, sul requisito del
controllo necessario per l'accesso al regime del consolidato.
Sintetizzando la posizione contenuta nella risoluzione, si potrebbe affermare che, con riferimento al
diritto di voto nell'assemblea ordinaria della società controllata, qualora esso sia attribuito al creditore
pignoratizio, le azioni in pegno non rilevano ai fini del computo della soglia minima di partecipazione
richiesta per l'accesso al consolidato fiscale. Diversamente, occorre distinguere tra i casi in cui:
(i) il costituente il pegno debba attenersi alle istruzioni impartite dal creditore pignoratizio, poiché,
verificandosi tale circostanza, vi sarebbe una sostanziale limitazione del diritto di voto a favore del
creditore e la partecipazione oggetto di pegno non rileverebbe ai fini del calcolo dei diritti di voto
necessari per riscontrare il controllo di diritto [28];
(ii) il diritto di voto continui a poter essere esercitato in modo pieno ed esclusivo dal debitore pignorato,
in quanto, in questa ipotesi, le partecipazioni oggetto di pegno rilevano ai fini del calcolo del rapporto di
controllo richiesto per il consolidato.
Ciò posto, in vista del termine del 16 giugno per la comunicazione dell'esercizio dell'opzione, le società
interessate dovranno verificare, in presenza di un pegno su partecipazioni, le clausole inerenti alla
costituzione del pegno, con particolare riguardo a quelle che incidono sull'attribuzione (e sulle concrete
modalità di esercizio) del diritto di voto.
Rilevato quanto precede, si deve, tuttavia, ritenere che l'interpretazione contenuta nella risoluzione non
possa essere recepita in senso acritico, ma vada contestualizzata in ragione delle casistiche sottoposte
nella richiesta di parere avente ad oggetto la rilevanza del contratto di pegno in relazione alla sussistenza
dei requisiti soggettivi di accesso al consolidato. È bene, infatti, evitare generalizzazioni in tema di
irrilevanza, ai fini del raggiungimento del predetto requisito, delle partecipazioni costituite in pegno nel
caso in cui al creditore pignoratizio spetti, ma soltanto in ipotesi limitate e previamente determinate, la
facoltà di esercitare il diritto di voto nell'assemblea ordinaria.
Le ipotesi rappresentate nella risoluzione, ove non correttamente contestualizzate, potrebbero condurre
ad interpretazioni non coerenti con la disciplina giuridica del pegno e l'istituto del consolidato.
In particolare, nella fattispecie esaminata dalla risoluzione, la controllante aveva concesso in pegno ad
una banca azioni di una propria controllata, consentendo a che la banca avrebbe avuto facoltà di
esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie della controllata tutte le volte in cui l'avesse ritenuto
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opportuno per tutelare la propria garanzia. In ogni caso, qualora la banca avesse ritenuto di non
partecipare a dette assemblee, avrebbe potuto impartire istruzioni alla controllante in merito all'esercizio
del diritto di voto. In sintesi, il debitore non veniva privato del diritto di voto in assemblea ordinaria, ma
avrebbe potuto esserne di volta in volta estromesso. L'Agenzia delle entrate nella risoluzione, verificati
gli atti di pegno in questione, ha però evidenziato che «la fattispecie contrattuale appena descritta si
caratterizza per l'assenza di una chiara e definita modalità di attribuzione della titolarità del diritto di
voto sia perché il diritto di voto non è attribuito in modo univoco ad un soggetto piuttosto che all'altro,
sia perché nel contratto non sono precisati in modo oggettivo i criteri in base ai quali il diritto spetti
all'una o all'altra parte». Da alcuni passaggi della risoluzione, si desume altresì che il diritto di voto
sarebbe venuto meno «in tutte quelle assemblee nelle quali gli argomenti posti all'ordine del giorno
possano comportare modifiche tali da diminuire o pregiudicare la garanzia costituita dalle azioni date in
pegno». Siffatto assetto contrattuale lasciava emergere che, in conseguenza della costituzione in pegno
della predetta partecipazione, il diritto di voto non era più «pieno ed effettivamente esercitabile ma
condizionato al verificarsi di un evento che dipende dalla volontà "meramente potestativa" del ...
creditore pignoratizio, nel caso di specie la banca». Nella risoluzione, è stato in conclusione rilevato che
«in tale ipotesi, pertanto, in presenza di una regolamentazione pattizia nei termini sopra descritti, la
costituzione del vincolo di pegno costituisce ex se causa ostativa all'attivazione del consolidato nazionale
se già sussistente al momento dell'esercizio dell'opzione, ovvero causa di interruzione anticipata se
verificatasi in corso di validità dell'opzione per il consolidato nazionale».
In sostanza, in forza di tale interpretazione, qualunque regolamentazione pattizia che possa esporre il
socio di controllo al rischio di essere estromesso (anche in via saltuaria e non sistematica)
dall'espressione della propria volontà in assemblea ordinaria impedirebbe che si realizzi pienamente il
controllo «rilevante» richiesto dal legislatore per l'accesso al consolidato oppure, se tale
regolamentazione intervenga in corso di validità dell'opzione per il consolidato, ne determinerebbe
l'interruzione anticipata.
La dottrina che ha trattato in modo approfondito la risoluzione ha opportunamente rilevato come la
posizione ivi assunta sia stata fortemente condizionata dalla fattispecie contrattuale analizzata,
caratterizzata, a quanto è dato constatare da alcuni passaggi riportati, dall'assenza di una chiara e
definita modalità di attribuzione della titolarità del diritto di voto, non assegnato in modo univoco ad un
soggetto piuttosto che all'altro sulla base di precisi criteri [29], al punto da dubitare che la clausola
recata dal contratto di pegno costituisse di fatto una deroga alla disciplina codicistica del diritto di voto
(secondo cui quest'ultimo spetta al creditore pignoratizio), anziché una sostanziale conferma della stessa
[30]. Sotto questo profilo, la clausola contenuta nel contratto esaminato dall'Amministrazione finanziaria
poneva dubbi rilevanti che ben potrebbero spiegare la posizione espressa nella risoluzione. Nel caso
specifico, il regolamento tra le parti dell'esercizio del diritto di voto è stato ritenuto indefinito ed incerto,
senza che le regolamentazioni pattizie intercorse tra la società consolidante e la banca prevedessero
parametri oggettivi (per esempio di natura contabile o finanziaria) o materie sufficientemente precise da
essere dirimenti per determinare l'allocazione del diritto di voto.
In assenza di altre pronunce ufficiali dell'Amministrazione finanziaria, non è dato sapere quale sarebbe la
relativa posizione nel caso in cui la formulazione delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la
ripartizione del diritto di voto venga diversamente modulata, prevedendo la facoltà di esercizio del voto
in capo al creditore pignoratizio soltanto al verificarsi di limitate ed oggettive circostanze.
Considerazioni conclusive
Avuto riguardo alle condizioni di configurabilità del rapporto di controllo, qualora la partecipazione di
controllo detenuta dalla consolidante sia oggetto di pegno, con la previsione di specifiche pattuizioni in
merito all'esercizio del diritto di voto, non se ne può automaticamente derivare la preclusione all'accesso
al consolidato (o l'interruzione anticipata del regime).
Si è dell'avviso che previsioni maggiormente analitiche e puntuali (non generiche come quelle riscontrate
nella risoluzione) possano supportare, in caso di contestazione da parte dell'Amministrazione finanziaria,
il legittimo esercizio dell'opzione in presenza di pegno, anche in considerazione della natura dei contratti
di pegno che, alla luce della loro funzione intrinseca, devono pur sempre prevedere delle specifiche
garanzie a favore dell'istituto di credito [31]. Non è, pertanto, ipotizzabile che la stipula di un contratto di
pegno possa sempre e comunque precludere l'opzione o la vigenza di un consolidato. In tale prospettiva
la perdita dei diritti di voto in caso (e.g.) di breach del contratto di finanziamento costituirebbe un evento
oggettivo (ed oggettivamente accertabile) non rientrante però nella mera discrezionalità [32] del
creditore pignoratizio e tale evento, ove eventualmente e puntualmente riscontrato, determinerebbe
l'interruzione (anticipata) del consolidato. In tal senso sarà opportuno limitare puntualmente le ipotesi
che prevedono l'attribuzione del diritto di voto al creditore pignoratizio o, in presenza di contratti già
stipulati, si renderà necessario rivedere quelle clausole che non delimitino puntualmente, ovvero in modo
chiaro e definito tra le parti, l'esercizio dei diritti di voto. Tuttavia, qualora alla data di inizio dell'esercizio
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tali clausole fossero in contrasto con l'attribuzione piena ed effettiva del diritto di voto al soggetto
(potenziale consolidante) costituente il pegno, in presenza della revisione delle correlate clausole
l'opzione per il consolidato potrebbe essere esercitabile soltanto nel corso del successivo esercizio posto
che il requisito del controllo, come in precedenza rappresentato, deve sussistere sin dall'inizio del periodo
d'imposta per il quale si opta per il consolidato e non può riscontrarsi semplicemente ad esercizio già
avviato.
Note:
[1]
Tale disposizione stabilisce che «la società o l'ente controllante e ciascuna società controllata ... fra i
quali sussiste il rapporto di controllo di cui all'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile,
con i requisiti di cui all'articolo 120, possono congiuntamente esercitare l'opzione per la tassazione di
gruppo».
[2]
Per gli effetti dell'art. 120 del T.U.I.R. «si considerano controllate le società per azioni, in
accomandita per azioni, a responsabilità limitata:
a) al cui capitale sociale la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una
percentuale superiore al 50 per cento, da determinarsi relativamente all'ente o società controllante
tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, senza
considerare le azioni prive del diritto di voto esercitabile nell'assemblea generale richiamata dall'articolo
2346 del codice civile;
b) al cui utile di bilancio la società o l'ente controllante partecipa direttamente o indirettamente per una
percentuale superiore al 50 per cento da determinarsi relativamente all'ente o società controllante,
tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo e senza
considerare la quota di utile di competenza delle azioni prive del diritto di voto esercitabile
nell'assemblea generale richiamata dall'articolo 2346 del codice civile.
2. Il requisito del controllo di cui all'articolo 117, comma 1, deve sussistere sin dall'inizio di ogni esercizio
relativamente al quale la società o ente controllante e la società controllata si avvalgono dell'esercizio
dell'opzione».
[3]
Per uno specifico approfondimento del requisito del controllo delineato dal T.U.I.R. ai fini
dell'attivazione della tassazione di gruppo, nonché ai numerosi riferimenti bibliografici ivi segnalati, si
rinvia a G.M. Committeri e G. Scifoni, «Il controllo "rilevante" per l'accesso al consolidato», in Corr. Trib.
n. 10/2005, pag. 774.
[4]
Invero, per quest'anno posticipato al 17 giugno per la coincidenza del 16 giugno con un giorno
festivo.
[5] Esula dalle finalità del presente intervento una disamina dei numerosi aspetti che caratterizzano il
regime del consolidato fiscale domestico. Per gli stessi si rinvia, tra gli altri, a E. Rocca e F. Sala, Il
consolidato fiscale, IPSOA, 2008; AA.VV., L'attività di controllo sul consolidato nazionale, IPSOA, 2006;
E. Zanetti, Consolidato fiscale su base nazionale, Milano, 2007; M. Leo, Le imposte sui redditi nel testo
unico, Milano, 2010, pag. 2228 ss.; A. Dodero - G. Ferranti - B. Izzo - L. Miele, Imposta sul reddito della
società, IPSOA, 2008, pag. 795 ss.; L. Abritta - L. Cacciapaglia - V. Carbone - M. R. Gheido, Codice
T.U.I.R. Commentato, IPSOA, 2011, pag. 1963 ss.; A. Cotto - G. Odetto - S. Sanna - G. Valente, T.U.I.R.
2013, IPSOA, 2013, pag. 1787 ss.
[6]
Trattasi, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare, del 16 giugno del primo anno per il
quale l'opzione è efficace.
[7]
Con Provv. 2 agosto 2004 è stato approvato il primo modello per la comunicazione relativa al regime
di tassazione del consolidato.
[8] Cfr. i chiarimenti contenuti nella circolare 20 dicembre 2004, n. 53/E dell'Agenzia delle entrate, in
Banca Dati BIG Suite, IPSOA.
[9]
Cfr. interrogazione della Camera dei Deputati 26 ottobre 2011 (n. 5-05601 Fogliardi), in Banca Dati
BIG Suite, IPSOA, avente ad oggetto la «Modalità per l'effettuazione dell'opzione per il regime tributario
del consolidato nazionale».
[10]
Cfr. anche la circolare dell'Agenzia delle entrate 18 giugno 2008, n. 47/E, in Banca Dati BIG Suite,
IPSOA.
[11]
Si tratta del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.
44.
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[12]
Sul tema cfr. R. Fanelli, «La sanatoria delle irregolarità formali illustrata dall'Assonime», in Corr.
Trib. n. 27/2012, pag. 2055; S. Ungaro, «Circolare n. 38/E del 28 settembre 2012 - Termini e modalità
della remissione in bonis», in il fisco n. 38/2012, pagg. 2-6183; M. Giampietro, «La sanatoria delle
irregolarità formali in tema di comunicazione e adempimenti fiscali», in Bil. redd. imp. n. 1/2013, pag.
23; P. Alberti, «Art. 2, comma 1, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 - Sanatoria per regimi fiscali opzionali»,
in il fisco n. 20/2012, pagg. 2-3155.
[13]
In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. Una delle prime fattispecie affrontate dall'Agenzia delle entrate
nella risoluzione 12 dicembre 2012, n. 110/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, riguarda l'applicabilità
dell'istituto della remissione in bonis per la trasmissione del modello EAS.
[14]
Ai sensi dell'art. 119, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., l'esercizio dell'opzione deve avvenire in forma
congiunta tra la consolidante ed ogni società consolidata. Ciò comporta che, sebbene il modello di
comunicazione sia unico, le opzioni in esso contenute sono tante quante sono le singole consolidate. Ciò
implicherebbe che la sanzione (pari a euro 258) per usufruire della cd. remissione in bonis debba essere
versata in relazione ad ognuna delle opzioni sanate.
[15]
Sul punto si ritiene utile rinviare ai chiarimenti contenuti nel par. 3 della circolare n. 53/E del 2004
dell'Agenzia delle entrate, cit., anche in ragione delle numerose ipotesi di controllo diretto ed indiretto
che potrebbero riscontrarsi nei gruppi societari. Vedasi altresì G.M. Committeri e G. Scifoni, op. loc. ult.
cit.; A. Dodero - G. Ferranti - B. Izzo - L. Miele, op. loc. cit., pag. 803 ss. Sugli aspetti applicativi dell'art.
120 del T.U.I.R. cfr. G. Marino, «Contributo allo studio dei rapporti di gruppo attraverso le relazioni di
controllo», in Riv. dir. trib., 2004, I, pag. 545 ss. Circa il requisito del controllo, anche in relazione ai
numerosi riferimenti societari e fiscali citati dal lato dottrinario, per una compiuta disamina sul tema si
rinvia infine a R. Michelutti e A. Prampolini, «Il requisito del controllo nel consolidato fiscale nazionale»,
in Riv. dir. trib., 2006, I, pag. 671.
[16]
La sussistenza di un tale rapporto di controllo rappresenta il prerequisito indispensabile per l'acceso
al regime. L'esercizio dell'opzione è quindi possibile solo ed esclusivamente nei confronti delle società
partecipate rispetto alle quali vi sia un siffatto tipo di controllo. Con riguardo agli approfondimenti della
presente previsione societaria, si rinvia, anche in relazione ai numerosi riferimenti dottrinari, a M. Notari
e J. Bertone, Commentario alla riforma delle società, Milano, 2008, pag. 665 ss.
[17]
Le relative soglie partecipative devono essere rispettate per l'intera durata del regime in esame
affinché l'opzione rimanga valida. Qualora, successivamente all'adesione, le percentuali si riducano al di
sotto della percentuale minima, il consolidato cesserà automaticamente di produrre i propri effetti e
troveranno applicazione le disposizioni contenute nell'art. 124 del T.U.I.R. circa le conseguenze
dell'interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio.
[18]
La circolare n. 53/E del 2004, cit., ha chiarito che «nell'ipotesi in cui, successivamente all'esercizio
dell'opzione, la percentuale di partecipazione detenuta dal soggetto consolidante nella consolidata si
riduce pur rimanendo comunque al di sopra della percentuale minima (superiore al 50%) richiesta
dall'art. 120, comma 1, lett. a) e b), non si verificheranno gli effetti interruttivi indicati all'art. 124,
comma 1, del T.U.I.R. La cessione parziale da parte del soggetto consolidante della propria
partecipazione nella società consolidata, infatti, non è causa ex se di interruzione anticipata del regime di
tassazione di gruppo, a condizione che permangano tutti i requisiti di cui all'art. 117 del T.U.I.R. L'art.
120, comma 2, del T.U.I.R. ha, altresì, previsto che i predetti requisiti di cui al punto 2, lett. a) e b),
devono sussistere ininterrottamente sin dall'inizio del periodo d'imposta per il quale si opta per il
consolidato».
[19]
Con riferimento alle partecipazioni detenute indirettamente, rilevano esclusivamente le
partecipazioni di «secondo livello» che il soggetto consolidante detiene tramite società partecipate di
«primo livello» che risultino dallo stesso controllate «di diritto» (in virtù della maggioranza dei voti
esercitabili nell'assemblea ordinaria), ai sensi dell'art. 2359, primo comma, n. 1), c.c.
[20]
Cfr. art. 120, comma 1, lett. a), del T.U.I.R. In presenza di gruppi societari sarà in sostanza
necessario che, tenendo conto dell'effetto diluitivo conseguente alla presenza della catena societaria di
controllo, siano contestualmente soddisfatte le suesposte condizioni: controllo assembleare con i
caratteri di cui all'art. 2359, primo comma, n. 1), c.c.; maggioranza assoluta nella partecipazione al
capitale e nella partecipazione agli utili di bilancio.
[21] Come ricordato nella circolare n. 53/E del 2004, cit. (cfr. par. 3.4), «il legislatore fiscale ha definito
il perimetro di consolidamento (ossia l'area all'interno della quale è possibile scegliere le società da
consolidare), utilizzando una autonoma definizione di situazione di controllo rilevante, diversa tanto da
quella utilizzata nell'ordinamento civilistico ai fini della redazione del bilancio consolidato, quanto da
quella adottata in campo fiscale, ad esempio, per la applicazione dell'IVA di gruppo».
[22]
Vedasi infra circa una disamina della presente casistica.
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Dottrina
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[23]
Quello derivante dal possesso della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.
[24] Cfr. art. 2352, primo comma, c.c. In questo caso il titolare della partecipazione è privato del diritto
di voto e non può di conseguenza computare la partecipazione ai fini del calcolo della percentuale
rilevante per il controllo di diritto ex art. 2359, primo comma, n. 1), c.c.
[25]
In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.
[26]
Nell'ambito dell'attività di controllo mirata sul consolidato fiscale nazionale alcuni Uffici periferici
dell'Agenzia delle entrate avevano richiesto chiarimenti circa la verifica dei requisiti soggettivi necessari
per accedere al regime qualora le partecipazioni di controllo detenute dalla consolidante siano oggetto di
vincolo di pegno ai sensi dell'art. 2352 c.c. Le clausole contrattuali contenute nell'atto di pegno, infatti,
disciplinando l'attribuzione del diritto al voto nell'assemblea ordinaria e del diritto alla percezione degli
utili relativi alle predette azioni, avrebbero assunto rilevanza, secondo i verificatori, ai fini della verifica in
capo al soggetto consolidante del requisito del controllo «rilevante» nel rispetto degli artt. 117, comma
1, e 120, comma 1, lett. a) e b), del T.U.I.R.
[27] La disciplina del pegno sulle partecipazioni è contenuta, per ciò che concerne l'attribuzione del
diritto di voto, nell'art. 2352 per le s.p.a., richiamato dall'art. 2471-bis per le s.r.l. In particolare, circa il
diritto di voto, l'art. 2352 prevede che «spetta, salvo convenzione contraria, al creditore pignoratizio». Le
parti possono, quindi, escludere o limitare il diritto di voto a favore del creditore con deroga espressa. In
assenza di deroga, il contratto di pegno avente ad oggetto titoli azionari provoca, quindi, una situazione
di dissociazione tra soggetto titolare del titolo e della partecipazione al capitale sociale e soggetto
esercente i poteri derivanti dal relativo possesso (diritto di voto).
[28]
Bisogna, quindi, individuare non solo il soggetto cui il diritto di voto è formalmente attribuito, ma
anche il soggetto che, di fatto, lo esercita (si pensi al caso delle istruzioni di voto che possono essere
impartite). Per completezza, si ricorda che nell'ipotesi in cui il creditore pignoratizio diventi titolare del
diritto di voto soltanto nell'assemblea straordinaria della società controllata, tale facoltà non rileva ai fini
della sussistenza del requisito del controllo previsto dal T.U.I.R., poiché non preclude al socio-debitore il
pieno esercizio del presidio sull'assemblea ordinaria della consolidata.
[29]
Cfr., anche in relazione alla ratio sottostante gli atti di pegno e le condotte del creditore
pignoratizio, M. Gabelli e D. Rossetti, «Consolidato fiscale nazionale - Il requisito del controllo rilevante»,
in il fisco n. 37/2009, I, pag. 6089. A commento della risoluzione si rinvia altresì a B. Izzo, «Il requisito
del controllo rilevante per l'accesso al consolidato», in Corr. Trib. n. 43/2009, pag. 3543.
[30]
M. Gabelli e D. Rossetti, op. loc. cit., pag. 6090. Gli stessi Autori arrivano a sostenere che «se
l'esercizio della facoltà che pure al creditore spetta, e che certamente condiziona il diritto di voto del
socio, non è "meramente potestativa", come appare corretto concludere, allora si ritiene che fino a che il
creditore non esercita, ponderandola, detta facoltà il diritto di voto spetta all'azionista e, quindi, le sue
azioni non sono prive (i.e. private) del diritto di voto: viceversa ove il creditore manifesti la propria
volontà, acquisendo così - e solo allora - il diritto di voto assembleare rilevante, correttamente la azioni
non sarebbero più computabili ex art. 120, comma 1, lett. a), del T.U.I.R.».
[31]
Diversamente verrebbe meno la ratio propria del pegno e la finalità principale degli effetti di
garanzia sottostanti lo stesso.
[32]
Circa la volontà meramente potestativa del creditore pignoratizio individuata nella risoluzione, cfr. le
riflessioni formulate da M. Gabelli e D. Rossetti, op. loc. cit., pagg. 6091-2.
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