E se smettessimo di “combattere” la malattia?

E se smettessimo
di “combattere”
la malattia?
Il modello fondamentale
della nostra civiltà, l’eroe
dei tempi moderni, è sempre colui che combatte.
Contro la violenza, contro la miseria, contro la malattia, contro gli
avversari nello sport, contro i
concorrenti, contro la disoccupazione, contro la stupidità, contro la
morte.
Ci inventiamo dei nemici per mettere in maggior risalto la forza e la
bellezza delle nostre virtù combattive.
Per alimentarle. Per farle accettare,
condividere, per farle riconoscere
come essenziali.
Condanniamo implacabilmente la
viltà, la debolezza, il lasciar fare, l’insuccesso e persino la dolcezza.
Spirito di competizione, aggressività
e violenza sono ovunque. Bisogna
essere “un combattente”!
Flor
Omeoart
«Giungla» 2006 (particolare)
Conferenza tenuta durante il seminario “Etica e Spiritualità della Salute”
Vaticano, ottobre 2009
Le aziende, i partiti politici, i governi, tutte le
organizzazioni profondono tesori di ingegnosità
per mettere in pratica “l’arte della guerra”. Piani
di campagna, strategia, attacchi, leadership, le
parole e il clima della guerra hanno progressivamente invaso il nostro territorio.
Nulla sfugge ad una certa rappresentazione
guerriera della vita. Anche le immagini più semplici, più dolci, più naturali sono viste attraverso
questo prisma deformante. Da Woody Allen in
poi, trasformiamo in “lotta senza pietà” la corsa
degli spermatozoi alla conquista dell’ovulo!
Anche le donne, teoricamente portatrici di
pace e dolcezza, si trasformano in “soldati”, in
Christian Boiron
“vincitori”, per penetrare nell’arena maschilista
dell’azienda o della politica.
Il campo della salute è anch’esso vittima di
questa “pandemia”. Anche lì bisogna combattere: contro la malattia, contro i virus, i batteri,
contro lo stress, contro l’angoscia, contro l’alcool,
la droga, il fumo, contro la buona tavola.
E se
smettessimo
di “combattere”
la malattia?
Eppure...
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Le malattie “iatrogene” rappresen-
Ma col pretesto di mettere in luce i
tano una parte importante (dal
progressi della farmacologia classi-
20 al 50%) delle malattie. Le più
ca, non dobbiamo comunque tra-
mediatizzate in questo momento
lasciarne gli insuccessi, i limiti e le
sono le malattie “nosocomiali”. In
controindicazioni. Ad esempio per
Italia, si stima che 150.000 ricoveri
gli antibiotici, gli antinfiammatori, i
ospedalieri siano dovuti a un’intossi-
vaccini. Talvolta il rimedio è peg-
cazione da farmaci o a un errore
giore del male, ma la forte pres-
terapeutico. In Francia, la medicina
sione dei grandi laboratori farma-
miete più vittime
ceutici rende difficile la valutazione.
della
strada...
È facile manipolare le cifre, i centri
con più di 10.000
di ricerca, i media e i poteri pubblici
decessi all’anno.
quando si raggiunge una notevole
Tutte
potenza economica.
La lotta contro
la malattia
crea altre malattie
queste
statistiche sono
Inoltre, visto che stiamo parlando di
approssimative poiché le cause non
etica, devo sottolineare che le
sono sempre facili da individuare e
grandi aziende sono struttural-
la contabilità di questi incidenti è
mente incapaci di essere etiche.
aleatoria.
Per essere etici bisogna esistere
Queste cifre vanno anche confron-
come persone ed essere in grado di
tate con il notevole numero di vite
opporsi alle correnti e alle pressioni.
salvate ogni giorno dalla medi-
Per definizione, le grandi aziende
cina e dal migliora-
non sono persone e sono ormai
mento costante del
poche quelle individuali o a gestione
comfort di vita dei
familiare. Il loro unico criterio di
malati, anche nei
decisione è il profitto: quello
pazienti colpiti da
collettivo degli azionisti e quello
malattie
gravi
individuale dei principali dirigenti.
come il cancro o
Quando queste aziende sono
l’AIDS.
“etiche”, lo sono per interesse, per
l’immagine, ma non per l’etica!
Secondo il paradigma attuale, la malattia è
considerata un nemico nei confronti del quale
bisogna prendere le armi, come per la guerra.
Si va alla ricerca di un capro espiatorio, nella
maggior parte dei casi un virus o un microbo.
Si drammatizza il pericolo per mobilitare meglio
il pubblico: “dovete stare in guardia, pronti a
combattere”.
L’esacerbazione delle paure individuali e collettive contribuisce a diffondere nel mondo un
clima di ansia che favorisce
il
ricorso
massiccio
alle
“armi”, rappresentate dalla
medicina, dai farmaci, dagli
interventi chirurgici. Questi
Non è con la guerra contro i microbi
e i virus che faremo regredire la
malattia!
generano, a loro volta, altre
malattie.
La medicina attuale dimentica i precetti di
Ippocrate, pur continuando a venerare assai
superficialmente la sua immagine. Si interviene
sulla malattia senza cercare né di conoscerla a
sufficienza, né di capirne la causa. Non si esita
ad utilizzare rimedi che possono avere effetti
indesiderati, senza domandarsi a sufficienza se
esistano altri metodi più adatti e non tossici.
Ci si focalizza esclusivamente sull’ipotetico
agente causale esterno. Si considera l’organismo umano come un campo di battaglia
dove farmaci sempre più potenti devono combattere senza pietà nemici ritenuti sempre più
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temibili. Le “situazioni di panico”
sapientemente
orchestrate
cinque anni fa a proposito
dell’ «influenza aviaria» e oggi
dell’ «influenza H1N1», assomigliano molto a
gigantesche
truffe.
L’influenza “banale” (!) provoca
più di 100.000 morti all’anno nel
mondo: non se ne parla. Sembra
che l’influenza detta “H1N1” in 6
mesi abbia “provocato” 3205
morti di cui non si hanno
grandi
notizie;
eppure,
tutti i media ne parlano,
si acquistano tonnellate
di antivirali dichiarati di
comprovata efficacia su
questo virus, malgrado non si
abbia, come noto, nessuna
regressione di questa malattia.
Si mettono in stato di allerta le
aziende e i servizi pubblici, si
impedisce
alle
persone
di
abbracciarsi e di parlarsi senza
mascherina,.. No comment. Non
vorrei essere tacciato di settarismo dal momento che, sinceramente, non sono settario... ma
bisogna mantenere un minimo
di buon senso!
Il nostro corpo in crisi deve essere
veramente trattato come un
nemico? I virus e i batteri sono
veramente nostri nemici? Non vi
sono altre visioni possibili della
fisiopatologia?
COM’È POSSIBILE
TROVARE LA PACE
DEL CORPO,
DELLO SPIRITO,
QUANDO
SI DICHIARA
CONTINUAMENTE
GUERRA ALLA
MALATTIA?
Certamente esiste una sola medicina, ma vi sono diverse concezioni
possibili della malattia. Si possono
considerare i sintomi del malato
come una malattia in sé: ad esempio un eczema, le vertigini, le difficoltà respiratorie e anche l’influenza o un tumore, in genere sono
considerati vere e proprie malattie
e trattati come entità indipendenti
dall’organismo nel quale si sviluppano. Ma li si può anche considerare manifestazioni di uno squilibrio
più profondo dell’intera persona,
di origine psichica, alimentare,
osteoarticolare, affettiva, professionale, etc.
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La malattia, senza fare della psicologia
di basso livello, appartiene alla persona
malata. Se questa persona combatte
la sua malattia, combatte se stessa.
Non si può dichiarare guerra e allo
stesso tempo fare pace. La malattia richiede che si faccia pace
all’interno di sé.
Si dimentica fin troppo spesso che
l’Uomo è una creatura di Dio. “Dio
è in noi”, diceva padre Albert
Chassagneux, il mio cappellano del
liceo Ampère. E Dio, per definizione,
ci conosce meglio di quanto ci
conosciamo noi stessi! Ha previsto la
malattia. Ha dato all’uomo, ancor
più che agli altri animali, i mezzi per
uscire dalle crisi che chiamiamo
“malattie”. Ma invece di ascoltare
queste malattie come segnali di
allarme destinati a farci cambiare comportamento, ci ostiniamo
a farle sparire senza cercarne
il significato, senza ascoltarne il
messaggio.
L’uomo non ha creato l’uomo... anche se spesso si
comporta come se fosse così.
Medicina di poca fede! Ti credi spesso più forte del
Creatore! Ambroise Paré, famoso chirurgo, diceva:
“Io l’ho curato, Dio l’ha guarito!”. Ippocrate diceva:
“Natura Medicatrix”, la natura è medicina.
A condizione di lasciarla fare e di non metterle
troppo i bastoni tra le ruote. Per questo motivo
ai medici consigliava, nella sua
Non si tiene
conto
a sufficienza
dello
straordinario
potenziale
di salute che
è insito
in ciascuna
persona.
famosa scuola dell’isola di Kos, di
stare soprattutto attenti a non
nuocere ai pazienti: “Primum Non
Nocere”. In molti casi la malattia
fa già parte del processo di guarigione e invece di rispettarla la si
blocca.
Il caso più classico è il sintomo
della febbre. Con la nostra mania
di scambiare i sintomi per la malattia, si tenta di eliminare la febbre
invece di rispettarla e di limitarsi a
tenerla sotto controllo.
Per molto tempo si sono contrapposte l’omeopatia
all’allopatia, la medicina dolce alla medicina
“dura”, la medicina “scientifica” alle medicine
tradizionali.
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Queste “dispute” polemiche
- Altri, pazienti e terapeuti,
nascondono in realtà un’op-
vedono invece l’individuo
posizione molto più fondamen-
come una creatura “divina”,
tale e molto più complessa
“magica”, incomprensibile
che prende origine dalla spiri-
nella sua globalità dalle
tualità di ciascuno:
molteplici sfaccettature e
- Alcuni, pazienti e medici,
ricca di significato. Credono,
vedono la malattia come una
anche se non sempre se ne
sventura, il malato come una
rendono conto, nel senso
vittima passiva, la medicina
della vita. Credono anche
come un insieme di palliativi
che ogni malattia abbia
o “protesi”, il corpo umano
un significato e che questo
come terreno di scontro tra
significato
forze del tutto indipendenti
ricercato insieme, dai tera-
dal paziente.
peuti e dai pazienti, in modo
debba
essere
Per costoro, i virus colpiscono
“ippocratico”, ovverosia in
a caso il soggetto che ha
tutti gli aspetti della vita
la sventura di trovarsi in un
personale, professionale e
determinato posto, allora il
ambientale della persona.
medico
deve
I sintomi oggettivi della
chiamare in campo i suoi
di
turno
malattia saranno vissuti come
luccicanti “antivirus”. Questi
i segni di una realtà più
pazienti vanno dal medico
profonda e più importante a
come porterebbero la mac-
cui si dovrà cercare di dare
china dal meccanico. Non
accettano il dubbio, né il
mistero.
Ogni
problema
deve avere una soluzione.
“Dottore, mi sbarazzi di
quest’eczema!”
una risposta.
Quest’altro approccio alla malattia e
alla medicina richiede un altro atteggiamento terapeutico improntato alla
coerenza:
• aiutare il paziente a superare naturalmente la crisi dopo aver fatto cessare
le cause che l’hanno provocata,
• cercando di stimolare le sue reazioni virtuose, grazie ai mezzi più
adatti: innanzitutto quei
mezzi
terapeutici
che
lasciano intatte le capacità
reattive del paziente: igiene,
dietetica, osteopatia, attività
fisica,
psicologia,
ago-untura, omeopatia.
Nessuno di questi mezzi è
“iatrogeno”.
In ogni caso, il trattamento
non deve sostituirsi al potenziale di guarigione del malato. È
destinato a stimolarlo e ad aiutarlo in
una dinamica di amore e non di guerra,
a mobilitare tutte le risorse fisiche e
psichiche del suo organismo.
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Un medico,
oggi, non è
più soltanto
generico o
specialista
Ma in caso di urgenza o di necessità, naturalmente,
pazienti e medici si metteranno d’accordo per utilizzare
i mezzi della medicina “dura”: chirurgia, terapia antibiotica, morfinici, corticosteroidi, etc.
A questo proposito, in Italia abbiamo fatto realizzare
un sondaggio significativo: contrariamente all’immagine che ci si fa dei pazienti, essi non sono “manichei”;
la maggioranza degli Italiani desidera che il proprio
medico acquisisca la capacità di prescrivere un trattamento omeopatico in caso di bisogno. Non desiderano
né medici complementari, né medici scientifici, che
praticano la medicina “dura”, desiderano soltanto
che il loro medico, persona umana di cui si fidano, sia
aperto a tutti i mezzi disponibili per aiutarli nella loro
malattia.
Ciò che un tempo distingueva i medici omeopati dai
medici allopati era il tipo di medicinali prescritti:
ciascuno utilizzava esclusivamente i propri rimedi. Per
fortuna questo periodo è ormai superato e oggi i
medici combinano le diverse strategie terapeutiche
corrispondenti a diverse visioni della fisiopatologia.
Un medico, oggi, non è più soltanto generico o
specialista, ha sempre più spesso nozioni di omeopatia,
osteopatia, agopuntura, psicologia, dietetica, etc.
Il vantaggio di queste alternative terapeutiche è duplice:
da un lato apportano una complementarietà
efficace o addirittura essenziale; dall’altro lato
arricchiscono la cultura medica. Ciascun metodo
terapeutico rappresenta inoltre un approccio diverso
alla medicina, al malato e alla fisiopatologia.
Un medico che ha studiato l’omeopatia non è più
soltanto un medico “normale” dotato di una competenza nuova, è veramente trasformato da questo
approccio diverso alla malattia e alla terapia. E
credo si possa dire la stessa cosa di ogni terapia:
psicologia, chirurgia, terapia antibiotica, vaccini,
etc. Ciascuna racchiude, oltre al proprio potenziale
terapeutico specifico, uno sguardo particolare sulla
fisiopatologia, ossia sulle relazioni tra buona salute e
malattia.
L’omeopatia, ad esempio, corrisponde a una famiglia di medicinali codificati e riconosciuti in tutto il
mondo, ad eccezione della Cina e del Giappone.
Qualsiasi medico può prescriverli e alcuni di questi
medicinali sono di facile utilizzo. Ma la conoscenza
approfondita di questo metodo terapeutico porta
in genere il medico ad avere una visione più ampia
e più ricca della malattia. Cambia il suo modo di
vedere la medicina. Non vede più gli eczemi nello
stesso modo, non vede più i pazienti con l’influenza
o il cancro o l’AIDS nello stesso modo. Tiene conto
non solo dei sintomi specifici della malattia, ma
anche, e a volte soprattutto, della modalità reattiva
di ciascun malato nella propria malattia. Per questo
motivo un medico divenuto “omeopata” non
è soltanto un esperto nell’arte di prescrivere
i medicinali omeopatici, ma anche un “altro
medico”.
E possiamo dire la stessa cosa a proposito di
un agopuntore o di un osteopata, di un chirurgo o di
uno psichiatra. Ciascuno di loro ha uno sguardo specifico sulla medicina, sulla malattia e sulla terapia.
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Il medico che vuole essere innanzi tutto un «terapeuta»
deve imparare tutto dopo gli studi universitari: la vita,
la morte, le psicologie, l’umanesimo, la sofferenza, le
dietetiche alimentari, l’osteopatia, l’omeopatia...
Queste “medicine dolci” sono particolarmente
adatte alla maggior parte della patologie comuni:
nervosismo, allergie, malattie ORL, dermatosi lievi,
problemi digestivi benigni. Inoltre, data la loro
innocuità, sono indicate soprattutto per i bambini
piccoli, le gestanti, gli anziani e dovrebbero quindi
corrispondere alla stragrande maggioranza degli
atti medici.
La medicina “dura”, o medicina d’urgenza, è altrettanto indispensabile e necessita anch’essa di una
competenza molto approfondita e costantemente
aggiornata. Ma dovrebbe restare esclusivo
appannaggio dei malati che ne hanno realmente
bisogno, invece di essere prescritta alla grande
maggioranza di loro, come accade oggi.
L’arte medica corrisponde appunto alla capacità di
adattarsi ad ogni persona, di adattare la strategia
terapeutica più consona e che richiede la conoscenza
dei diversi metodi terapeutici per poter proporre al
malato la scelta migliore.
Christian Boiron
Presidente del Gruppo Boiron
ISTI10CBVATSTCIM
Copertina tratta da:
Alberta Jacqueroud
Omeoart
«Tra terra e cielo» 2007 (particolare)