g.m.d.
Magnificat!
la danza dei figli nel grembo
Ave,
piena di grazia
la mano
sul grembo
Alzatasi, Maria...
L’anima mia
magnifica il Signore...
... e il mio spirito
esulta in Dio
mio Salvatore!
1
Dal Vangelo secondo Luca
1
26
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di
nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse:
«Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come
questo. 30L’angelo le disse:
«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un
figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio
dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per
sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti
coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.
36
Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e
questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora
Maria disse:
35
«Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola».
E l’angelo si allontanò da lei.
39
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di
Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il
saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo
42
ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
43
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo
saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata
colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». 46Allora Maria
disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
47
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
50
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
51
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
54
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
56
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. PdS
2
3
1 - prima meditazione
~ La mano sul grembo ~
il tempio, la casa, il grembo
“E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme!” [Sal 121,2]
Nel condividere con voi l’ascolto, la lettura, la meditazione e la contemplazione di
questa Parola, devo iniziare chiedendovi scusa, e insieme ringraziando il Signore perché
ci conduce sempre secondo non i nostri progetti, ma secondo le sue imperscrutabili vie.
Ci aspettavamo tutti una Lectio improntata sul cantico della Vergine, il Magnificat. E
invece è accaduto qualcosa che per me è stato meraviglioso. Nella mia lectio e
meditazione personale non sono riuscito ad andare... oltre il primo versetto.
Cercando di cogliere, come di consueto, questa Parola nel suo contesto, innanzitutto
mi sono soffermato a contemplare che mai come in questo caso il termine «contesto»
appare così appropriato! Ci accorgiamo, infatti, che è proprio la Parola, il Verbo (il
Testo), che è entrato in un Contesto che si rivela essere... un tempio, una casa, un
grembo... che siamo noi.
Un contesto che siamo noi, il nostro corpo, chiamato a divenire grembo gravido, casa
e tempio.
Inoltre, con altrettanto entusiasmo, ho cercato di contemplare come i due episodi
della Annunciazione e della Visitazione, che siamo abituati a leggere e meditare
separatamente, e che anche la Liturgia non ci propone mai assieme, siano in realtà un
evento che va accolto tutto assieme, nella sua profonda unità... E che l’elemento che li
unisce è un verbo, «alzatasi», che illumina tutto con la luce della Pasqua.
Ci fermeremo quindi alle porte di questo cantico. Le nostre labbra rimarranno ancora
chiuse. E credo che il Signore abbia voluto proprio così. Che il mio servizio giungesse
fino a questo punto, in modo che ognuno di noi, poi, nel suo cuore, e sulle sue labbra,
possa cantare il proprio Magnificat in comunione con il cuore e con le labbra di Maria.
4
* il tempio. Guardiamo innanzitutto al «Tempio» come al grande contesto dell’intero Vangelo
di Luca, e anche del cosiddetto Vangelo dell’Infanzia. Il Tempio è lo scenario in cui inizia e in cui
termina il lieto annunzio secondo Luca. Il Tempio è lo scenario in cui il Vangelo dell’Infanzia
inizia (con l’annuncio della nascita di Giovanni a Zaccaria) e termina (con il ritrovamento di Gesù
tra i dottori).
Al cuore, al centro del racconto del Vangelo dell’Infanzia, però, troviamo due episodi tra loro
strettamente collegati, che non hanno nel tempio il loro scenario: l’Annunciazione della nascita di
Gesù a Maria e la Visita di Maria ad Elisabetta con il cantico del Magnificat. Non solo l’episodio
della Visitazione è strettamente collegato a quello dell’Annunciazione che immediatamente lo
precede, ma ne è come generato.
Senza l’Annunciazione non può esservi la Visitazione.
Senza l’Ecce ancilla Domini, non può esservi il Magnificat!
* la casa. Al centro di uno scenario nel quale Israele prende consapevolezza che la sua storia di
attesa è giunta al momento culminante, che il Signore visiterà il suo popolo, come sole che sorge
a illuminare noi che siamo nelle tenebre (Lc 1,68ss), e come sposo che esce dalla stanza nuziale
(cf Sal 18), che si affaccia dai cieli e si congiunge alla terra (cf Sal 84)...
Al centro di uno scenario che trova nel tempio il ricettacolo di questo incontro di salvezza, di
luce, di nozze, troviamo un angolo di profonda intimità. Due case, due donne, due grembi
gravidi.
Due case: la casa di Maria nella piccola Nazaret, e la casa di Elisabetta, sulla montagna di Sion.
Due case e due donne, che rappresentano la continuità della storia di salvezza e di alleanza
sponsale di Dio con il suo popolo.
Elisabetta è anziana e ritenuta sterile, ma, visitata da Dio, porta in grembo un figlio il cui nome
sarà Giovanni, “Dio è grazia”.
Maria è giovane e vergine, ma porta in grembo un figlio...
Il centro di questo racconto è lo stesso cuore dell’Alleanza, che possiamo sintetizzare nel
progressivo rivelarsi di una Parola che promette un figlio, fino a farsi essa stessa Figlio nella
carne:
“Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli... E ti renderò
molto, molto fecondo...
Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza di generazione in generazione,
come alleanza perenne...”
[cf Gn 17]
Di generazione in generazione! Ma l’umanità nel corso della sua storia si rivela una sposa
infedele, che si allontana dal suo Dio e si prostituisce... si rivela una sposa che rende sterile il suo
grembo...
Di generazione in generazione! Dio però non abbandona il suo popolo, e lo richiama con forza
a sé rivelandogli il suo amore come un amore sponsale. Questo richiamo si fa sempre più forte
attraverso la voce dei profeti.
Penso soprattutto ad Osea, profeta di Samaria, che nella propria storia personale è chiamato a
diventare profezia vivente dell’amore di Dio, che accoglie la sua sposa anche se essa non ha
corrisposto al suo amore, lo ha abbandonato, e si è fatta prostituta.
“Quando il Signore cominciò a parlare a Osea, gli disse:
«Va’, prenditi in moglie una prostituta... [...]
Perciò, ecco, la attirerò a me,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore [...]
Ti farò mia sposa per sempre...” [Cf Osea 1-2]
5
Penso a Osea profeta di Samaria. E penso ad Elisabetta, madre dell’ultimo della schiera di
profeti chiamati ad annunciare il Cristo, che incarna anch’essa nella propria storia personale la
situazione del suo popolo.
Se Osea richiama con la propria storia personale la storia di un popolo che si rivela sposa
infedele e prostituta, Elisabetta rappresenta un’umanità vecchia e sterile... Elisabetta è anziana,
infatti, e sterile, ma Dio l’ha scelta come segno della sua potenza e fecondità.
La sterile sarà madre!
“Esulta, o sterile che non hai partorito,
prorompi in grida di giubilo e di gioia,
tu che non hai provato i dolori...
Allarga lo spazio della tua tenda,
stendi i teli della tua dimora...
Non temere...
poiché tuo sposo è il tuo Creatore” [cf Is 54,1 ss]
La sterile è esortata ad esultare e ad allargare lo spazio della sua casa, della sua tenda... Nel
grembo di Elisabetta vediamo il grembo dell’intera storia del popolo di Israele. Nel grembo di
Elisabetta e nel grembo di Israele contempliamo il grembo di tutta l’umanità generata da Eva...
Tutta la creazione è come un grande grembo che attende il suo Creatore...
Il Creatore si congiunge a nozze con la sua creatura.
* il grembo. Quindi, se il tempio è la grande cornice del Vangelo dell’Infanzia, il cuore di
questo racconto (Annunciazione e Visitazione) non si svolge nel tempio, ma nella dimora di due
donne, Maria ed Elisabetta. Perché esse stesse sono chiamate ad essere tempio. Il loro corpo è
scelto a tempio dell’incontro sponsale tra il Creatore e la creatura. È il loro corpo la tenda che
deve allargare il suo spazio, tendere i suoi teli...
Lo sottolinea in modo mirabile la Liturgia. Le pericopi della «Annunciazione» e della
«Visitazione» sono distribuite nelle ferie della Novena di Natale il 20, il 21 e il 22 dicembre; e
ancora, nella quarta domenica di Avvento, il Vangelo ci propone nell’anno B l’Annunciazione e
nell’anno C il canto del Magnificat.
In questi giorni, con il canto d’ingresso, il canto con il quale, entrati e radunati nel tempio
accogliamo e celebriamo Cristo che entra nel mondo... esultiamo cantando:
21 dicembre - Ecco, viene il Signore onnipotente,
sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi.
22 dicembre - Sollevate, o porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche:
deve entrare il re della Gloria.
IV domenica - Stillate dall’alto, o cieli, la vostra rugiada
e dalle nubi scenda a noi il Giusto.
Si apra la terra e germogli il Salvatore.
L’esortazione del profeta Isaia alla sterile ad allargare lo spazio della sua tenda... ritorna
nell’immagine forte del tempio che solleva i suoi frontali e alza le porte perché entri il re della
Gloria (cf Sal 23). Tutti gli elementi dell’architettura del tempio che ricordano la presenza di Dio
con il suo popolo nel corso della sua storia (e soprattutto la storia dell’Esodo), le porte, la gloria,
la nube... tutti questi elementi sono riferiti a un tempio che è un corpo, come esplicitamente dice
l’autore della lettera agli Ebrei nella seconda lettura della Messa della IV domenica di Avvento,
anno C:
“Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato” [Eb 10,5 ss]
6
Ancora la Liturgia ci soccorre, donandoci il Vangelo dell’Annuncio dell’angelo a Maria, nelle
solennità dell’Immacolata (8 dicembre) e dell’Annunciazione (25 marzo). In queste solennità
cantiamo ancora all’Introito:
Immacolata - Esulto e gioisco nel Signore,
l’anima mia si allieta nel mio Dio,
perchè mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come una sposa adornata di gioielli. [cf Is 61,10]
Annunciazione - Disse il Signore,
quando entrò nel mondo:
«Ecco, io vengo
per fare, o Dio, la tua volontà».
Come in una rinnovata creazione, questo corpo scelto ad essere tempio dell’incontro sponsale
di Dio con il suo popolo, è liberato da ogni scoria di anzianità, prostituzione e sterilità...
La sposa amata è già totalmente liberata da ogni residuo di infedeltà e resa pura e
«Immacolata» come il primo giorno. Potremmo dire che la redenzione che culmina nella
Risurrezione, è già tutta presente e compresente al mistero dell’Incarnazione nel grembo
immacolato della Vergine.
Ecco, la Vergine concepirà,
e darà alla luce un Figlio:
sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi.
[IV domenica di Avvento - antifona di Comunione]
La Chiesa da sempre nell’annuncio dell’angelo a Maria contempla il mistero
dell’Incarnazione del Verbo. Come Maria e in Maria, la Chiesa è la figlia chiamata ad essere
madre, chiamata ad essere sposa.
E come figlia e madre e sposa, gravida del suo Figlio e Madre e Sposo, ascolta questo suo
Figlio sussultare nel grembo.
Contempla il mistero dell’Incarnazione.
Si pone in ascolto del Figlio che è nel suo grembo.
* La mano sul grembo: in ascolto del Figlio. Maria con il suo «Sì» accoglie nel grembo
il seme divino, il Verbo e seme che è all’origine della creazione.
In questo momento, nel momento dell’Incarnazione per opera dello Spirito Santo, Maria
vede, in una visione istantanea e globale, tutto il mistero della salvezza che culminerà nella
Pasqua del suo Figlio. Nell’atto dell’Incarnazione, Maria, portando il Figlio nel grembo,
come una madre che tocca la montagnola del suo ventre gravido, giorno per giorno, “ascolta,
guarda, porge l’orecchio” (cf Sal 44), ascolta e vede... vede tutto il mistero del suo Figlio,
morto sulla montagna della croce, sepolto negli inferi del sepolcro, e risorto nel giardino della
nuova creazione. In questa visione, guardando la piccola montagna del suo ventre gravido,
Maria vede soprattutto quella montagna, che sarà la montagna della croce. La montagna non è
la meta del cammino, ma il punto di partenza di una gestazione a nuova vita.
“Il grembo di Maria è la vera croce su cui il Figlio di Dio è stato immolato” [Epifanio]
Il grembo di Maria è profezia della montagna della Croce!
Il grembo di Maria è profezia della grotta del Sepolcro...
Il grembo di Maria è profezia del giardino della Risurrezione!
7
‘Har ed H r jôn. Monte e Gravidanza.
Ripenso ancora all’esperienza dell’Esodo. Nella notte pasquale e nel passaggio del Mare
Israele vive la sua primavera nascendo come popolo di Jaweh, ed inizia il suo cammino nel
deserto verso la terra promessa, la città stabile ove abitare.
A tre mesi di cammino il popolo giunge alla montagna del Sinai. A tre mesi dalla primavera
della natura e della sua nuova vita di popolo primogenito di Jaweh, Israele celebra Shavuot, la
Pentecoste, festa delle primizie del raccolto. Se la primavera è il tempo del germoglio,
Pentecoste è l’estate, il tempo della primizia. La montagna è il grembo in cui il seme e il
germoglio diventano primizia. E su questa montagna Dio incontra il suo popolo e gli dona la
sua Legge, pane di vita.
“Il seme è la Parola di Dio” [Lc 8,11]
Da allora ogni anno, di generazione in generazione, a sette settimane dalla Pasqua, il popolo di
Israele si raccoglie nella festa delle settimane, festa delle primizie del raccolto, a celebrare
Shavuot-Pentecoste, festa del grande dono della Torah.
Jhwh dona la sua Legge su un monte, in ebraico “har”, vocabolo che ha la stessa radice della voce
verbale “h r h= essere incinta, concepire”. Da cui anche h r jôn=gravidanza. E di conseguenza
lo stesso verbo significa “far venire alla luce”, e quindi “mostrare”, “far vedere”, “indicare”.
Come la “piccola montagna” del ventre di una madre incinta (così dice un commento rabbinico)
rende visibile, mostra la vita che all’interno è generata e sta per venire alla luce, così quello che
avviene nel dono della legge è una gestazione. Una duplice gestazione: la Parola ci genera figli di
una nuova creazione, facendosi da noi generare quotidiana vita nell’amore.
Ecco io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore [Sal 39, 8-9].
Più letteralmente “la tua legge è nel centro del mio ventre”. L’Uomo è il monte, il ventre dove
Dio scende e pone il seme della sua Parola. L’Uomo è chiamato a dare alla luce questa Parola, e
nella luce di questa Parola guidare i propri passi, ogni giorno della vita, così da divenire egli
stesso “sefer Torah-rotolo della Legge”. E l’Esodo continua, dal Sinai alla Terra Promessa... La
Parola si fa vita, giorno per giorno... 40 anni di cammino nel deserto, 40 come la lettera “mem”
=il mare”. Le lettere dell’alfabeto ebraico hanno anche un valore numerico ed una portata
simbolica. Così, lettera per lettera, fino all’ultima lettera dell’alfabeto, dieci volte 40, 400, la
tau=la croce”. Per arrivare alla Tau-croce, la Parola scende nel monte-ventre di una
lettera
donna e si fa «corpo». L’autore della lettera agli Ebrei così rilegge lo stesso salmo 39:
“Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta,
un corpo invece mi hai preparato”. [Eb 10,5; Cf Sal 39,7]
Maria è il modello della creatura “convocata” a portare nel grembo e a generare il suo creatore, il
Verbo, la Parola.
A 50 giorni dalla Pasqua del suo Figlio, Maria è con i discepoli riuniti a celebrare la Pentecoste.
E proprio il giorno di Pentecoste, rigenerata nella Pasqua di Cristo, chicco di grano morto, sepolto
e che dà frutto, si “raccoglie” come primizia la prima Assemblea cristiana: “un corpo... mi hai
preparato”!
La Chiesa è questo frutto, questa primizia, questo corpo.
“[...] mediante il Battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui
morti, sepolti e risuscitati; ricevono lo spirito di figli adottivi «che ci fa esclamare: Abbà,
Padre» (Rm 8,15) [...] Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, ... «quelli che accolsero la
parola di Pietro furono battezzati» ed erano «assidui all’insegnamento degli apostoli, alle
riunioni comuni, alla frazione del pane, e alle preghiere... lodando insieme Dio e godendo la
simpatia di tutto il popolo» (At 2, 41-42.47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in
assemblea per celebrare il mistero pasquale ” [SC 6 - cost. conc. «Sacrosanctum Concilium»]
8
Se “in ogni generazione ciascuno deve ritenere di essere personalmente uscito dall’Egitto”
(Haggadah di Pesach), ciascuno di noi deve ritenersi anche convocato al Sinai. A questo cammino
di «convocazione, incontro, adesione» alla Parola che genera e si fa generare’.1
In Maria tutta l’umanità è fatta giorno primordiale, notte uterina, notte che attende la
prima luce, terra che attende il primo seme, grembo verginale che attende lo sposo... La figlia
chiamata ad essere madre scopre che tutta la Storia della Salvezza giunta fino alla sua storia
personale è una lettera d’amore, un pressante invito a divenire sposa. Un invito che attende
una risposta: «Eccomi! Sì!».
* i tre mesi della Madre nei tre giorni del Figlio
“Angusta è la casa della mia anima perché tu possa entrarvi:
allargala dunque. È in rovina: restaurala!” [Agostino d’Ippona]
Al cuore del Vangelo dell’Infanzia troviamo quindi non il tempio, ma un corpo, chiamato
ad essere tempio. Questo cuore e centro è incorniciato da due indicazioni di tempo riferite alla
gravidanza di Elisabetta. Il racconto dell’Annunciazione inizia con l’indicazione “nel sesto
mese”; e l’episodio della Visitazione termina con l’indicazione “Maria rimase con lei circa
tre mesi, poi tornò a casa sua”. Il cantico di Maria si innesta nella storia e nella gravidanza
dell’anziana e sterile Elisabetta...
Maria raggiunge Elisabetta nel sesto mese... Penso al VI° giorno della genesi, il giorno
della creazione dell’uomo, primavera della vita; e penso ancora alla feria VI, venerdì, primo
giorno del Triduo pasquale del Figlio, nell’equinozio di primavera, nel quale si rinnova la
creazione nella Pasqua del Figlio...
Maria raggiunge Elisabetta nel sesto mese e rimane con lei tre mesi. In questi tre mesi
vediamo profetizzati i tre anni di vita pubblica di Gesù. In questi tre mesi vediamo profetizzati
ancor più i tre giorni della Pasqua di Gesù, i giorni del chicco-seme morto, sepolto e che dà
frutto, risorgendo dal grembo aperto del sepolcro...
È il compiersi della profezia di Osea. È l’inaugurazione del nuovo “culto in Spirito e
Verità” annunciato da Gesù alla donna samaritana seduto sul pozzo dei patriarchi [cf Gv 4].
Alla domanda della donna: “I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che
è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”... Gesù risponde che: “né su questo monte, né in
Gerusalemme adorerete il Padre. [...] Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità”.
Sì! La sterile ha allargato lo spazio della sua tenda (cf Is 54) e la vergine ha aperto il suo
grembo...
1
prendo questa riflessione (Har ed H r jôn. Monte e Gravidanza) da un mio precedente contributo:
G. Durighello, Quale canto per la Messa? pag. 34 ss in “Atti del Convegno di approfondimento per animatori
musicali”, 2004 Figlie della Chiesa, Roma.
9
Abbiamo scelto di lasciarci guidare dalla bellezza di un affresco, la «Madonna del parto»
di Piero della Francesca.
Maria è dentro la tenda. Maria è entrata nella tenda, dimora di Dio-con-noi. Che questa tenda
sia un tempio, un tabernacolo, lo testimonia la presenza dei due angeli. Ma i due angeli aprono
questa tenda, quasi allargano questa tenda, e sono ai lati di Maria. Come nel tempio c’è una tenda,
chiamata il Santo, e dentro questa prima tenda c’è una seconda tenda, il Santo dei Santi... così
dentro la tenda c’è Maria.
Maria, al centro, ascolta con la mano il sussultare del bambino nel suo grembo. Il ventre
gravido di Maria assume la forma di una tenda. E l’abito è leggermente aperto sul ventre, come
una tenda aperta.
Guardo gli angeli ai lati del corpo
gravido di Maria e guardo gli angeli ai
lati del tabernacolo nel nostro tempio:
il grembo di Maria è il tabernacolo, il
Santo dei Santi, la tenda della dimora
di Dio con noi.
Ma allora la nostra mente opera un
altro pas-saggio, ritornando a considerare la tenda nella quale Maria è
entrata. Se il grembo di Maria è una
tenda, un tabernacolo, al-lora quella
tenda, tabernacolo nella quale lei è
entrata è un grembo, il grembo di Dio.
Gli angeli sono ai lati di Maria come
ai lati del tabernacolo. Il tabernacolo è
il grembo di Dio.
Dio è entrato nel nostro grembo come
in una tenda, perché noi entrassimo
nella sua tenda come un grembo.
Dio nel nostro grembo. Noi nel grembo
di Dio.
* Suscepimus, Deus, misericordiam tuam in medio templi tui.
Abbiamo accolto, o Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo tempio. Così canteremo, dal
Salmo 47, nel II Notturno della Notte di Natale, la nostra grande “notte uterina”. “Misericordia”
infatti, in ebraico è Rèchem, utero, grembo. È come se cantassimo “abbiamo accolto, o Dio, il tuo
grembo gravido in mezzo al tuo tempio”. E questo tempio... siamo noi.
“Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente” [2 Cor 6,16].
“O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi...?”
[1 Cor 6,19].
Lo Spirito del Risorto... che ci chiama ad essere nell’unità del suo corpo. Entrando a
Gerusalemme per la Pasqua, Gesù libera questo tempio e corpo dai mercanti, e risponde così a
quanti gli chiedono ragione del suo gesto:
“«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i
Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai
risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto
questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”. [cf Gv 2]
10
Nel Vangelo di Matteo sono i bambini che accolgono esultanti Gesù al suo Introito in
Gerusalemme (cf Mt 21)... E noi, a 40 giorni dalla notte di Natale, dall’ingresso di Cristo nel
grembo del mondo, il 2 Febbraio, celebrando la Presentazione di Gesù al tempio, all’Introito della
Messa ancora canteremo: Suscepimus, Deus, misericordiam tuam in medio templi tui.
Dio nel nostro grembo. Noi nel grembo di Dio. Egli sussulta in noi bambino, perché noi
possiamo esultare bambini in lui.
Anche noi allora come Maria nella Lectio pittorica di Piero della Francesca, poniamo la nostra
mano sul nostro grembo gravido, sul monte del tempio del nostro corpo fecondato dal seme del
Verbo...
“Riconosciamo dunque in Lui la nostra voce, e in noi la Sua voce”
[Agostino d’Ippona]
~
“L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio esulta in Dio mio Salvatore”!
Questo primo versetto del Magnificat è l’ultimo versetto, il punto d’arrivo, della nostra
meditazione di oggi. Teniamolo sempre fisso davanti ai nostri occhi, presente nel cuore, perché
possa guidare i nostri passi, perché possa fiorire sulle nostre labbra. Mi faccio aiutare da Piero
della Francesca, entrando in alcuni particolari del suo affresco.
L’angelo innanzitutto, che sembra allargare la tenda con le sue braccia,
stendere i teli di questa tenda...
Contempliamo poi la mano di Maria sul
grembo aperto.
La Madre ascolta il Figlio che è in lei, ne
ascolta il respiro, il battere del cuore e lo
scalciare impa-ziente dei piedini...
E guardiamo i dolci piedi di Maria.
Quei piedi che dopo il saluto dell’angelo si
alzeranno, spinti dallo scalciare del Figlio che
è in lei, si alzeranno ed usciranno e saliranno
alla montagna di Giuda in visita alla cugina
Elisabetta.
Contempliamo allora il volto di Maria.
I suoi occhi, le sue orecchie... Maria ascolta,
guarda e vede. Tutti i suoi sensi sono attivi.
“Accende lumen sensibus!”
Soltanto le labbra sono ancora chiuse.
Maria ascolta il Figlio con la mano sul grembo con tutti i suoi sensi, con
tutta se stessa, ma nel silenzio. Le sue labbra non cantano ancora, canta
il suo cuore...
11
Esulteranno le mie viscere! [Pr 23,16]
Esulteranno le mie labbra! [Sal 70, 23]
“Dovremmo grandemente gioire del fatto che Dio abita nella nostra anima; e ancor più
grandemente dovremmo gioire del fatto che la nostra anima abita in Dio. La nostra
anima è stata creata per essere la dimora di Dio, e la dimora della nostra anima è Dio
[...]
... l’Onnipotente verità della Trinità è nostro Padre, perché egli ci ha fatti e ci custodisce
in lui.
E la profonda sapienza della Trinità è nostra Madre, nella quale siamo racchiusi.
E l’alta bontà della Trinità è nostro Signore, e in lui noi siamo racchiusi, e lui in noi.
Siamo racchiusi nel Padre, e siamo racchiusi nel Figlio, e siamo racchiusi nello
Spirito Santo. E il padre è racchiuso in noi, il Figlio è racchiuso in noi, e lo Spirito
Santo è racchiuso in noi, tutta potenza, tutta sapienza e bontà, un solo Dio, un solo
Signore. [...]
Noi siamo in Dio, e Dio è in noi...”
[Giuliana di Norwich]
2 - seconda meditazione
~ L’Annunciazione ~
[Lettura di Lc 1,26-38]
12
L’Annunciazione [Lettura di Lc 1,26-38]
Spesso attendo e celebro il Natale senza accorgermi che è il frutto di una gravidanza.
Vivo cioè l’entusiasmo della nascita senza viverne la gestazione. Corro il rischio di vivere
l’Avvento senza accorgermi che il nostro grembo è fecondato e gravido. Devo prendere
coscienza che il Natale non è la festa di Gesù che viene, ma che nasce. Egli è già venuto, è
dentro di noi. L’Avvento non è esterno a noi, ma è dentro di noi.
Con la mano sul grembo, allora, poniamoci in ascolto del Verbo. Poniamoci in ascolto
del mistero dell’Incarnazione che celebriamo nell’evento della annunciazione dell’angelo a
Maria.
Poniamoci in ascolto di quell’Ave, per cantare anche noi Ecce ancilla Domini...
Cantiamo Ecce ancilla Domini... per poter cantare anche noi Magnificat.
* 1* l’Introito di Cristo nel mondo.
Il Vangelo di Luca inizia proprio con una annunciazione, l’annunciazione della nascita di
Giovanni a Zaccaria mentre egli officiava nel Tempio, nella città santa di Gerusalemme.
Ricordiamo quindi ancora questo scenario: il tempio, una liturgia, e un sacerdote, Zaccaria.
L’annunciazione dell’angelo a Maria avviene invece non a Gerusalemme, ma in una piccola
città della Galilea, Nazareth. Non è in atto alcuna ufficiale liturgia, se non la vita di una credente,
che è chiamata ad essere tutta una berakah, una benedizione, una liturgia vivente, sefer Torah,
rotolo della Legge.
L’angelo, infatti, non entra in un tempio, ma nella casa di Maria.
Ma il testo del Vangelo è più forte, omettendo la parola “casa” e dicendo semplicemente:
“entrando da lei”. Entra nel suo corpo, tenda e tempio dell’incontro sponsale di Dio con il suo
popolo.
In questo corpo immacolato e verginale si celebra una vera e propria liturgia. Contempliamo
ancora come davvero in Maria si inaugura il culto in Spirito e Verità che Gesù annuncerà alla
donna samaritana:
“Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme
adorerete il Padre. [...] Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori”
[Gv 4,21-23].
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Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata
Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome
Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse:
Nel sesto mese... Il VI° mese, quindi, come una Primavera, come il sesto giorno della
creazione, il giorno della creazione dell’Uomo; il VI° mese come la feria sesta, il venerdì,
giorno che inaugura il triduo pasquale, nuova primavera, nuova creazione... Si inaugura il
triduo di mesi che profetizza il triduo del Figlio, di cui quotidianamente facciamo memoria sul
grembo dell’altare.
L’angelo Gabriele... Il cui nome significa “Dio è forte, potente, fecondo”. Potente e
fecondo come una Madre che genera e nutre e custodisce. Potente e fecondo come uno Sposo
che accoglie, unisce, feconda appunto, e protegge. Dio è potente e fecondo.
Una vergine... Vergine come la terra nel giorno della creazione; vergine come la terra a
primavera; e come quel “sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto” (Gv
19,41) nella pasqua del Figlio, nuova creazione e nuova primavera.
Promessa sposa di un uomo della casa di Davide... Il riferimento alla «casa» c’è, ma
intesa come stirpe, come riportano esplicitamente alcuni codici: “nella casa e nella stirpe di
Davide”.
13
Un uomo di nome Giuseppe... Giuseppe, Jôs f, significa “Dio aggiunge”, “Dio va oltre il
limite, oltre la soglia” (eb. sûf).
Sûf è il limite, la soglia. Significa originariamente canna, giunco. Infatti le canne
servono per costruire il recinto, la soglia, il limite appunto di una proprietà, di un
terreno, di una città. Il Mar Rosso, che il popolo passerà, nel suo esodo dall’Egitto alla
terra promessa, è chiamato in ebraico Yam Sûf, mare dei giunchi, mare cioè che segna la
soglia, il confine.
Giuseppe figlio di Giacobbe [cf Mt 1,16], sposo di Maria, ci richiama l’altro Giuseppe, il
figlio dell’altro Giacobbe, il patriarca da cui il popolo prende il nome di Israele. I Patriarchi
Giacobbe e Giuseppe sono in Egitto e si fanno promettere dai figli che le loro ossa saranno
portate fuori dall’Egitto quando Dio visiterà e libererà il suo popolo. Così sarà quando Israele,
guidato da Mosè, uscirà dall’Egitto e passerà lo Yam Sûf:
“Dio guidò il popolo per la strada del deserto verso il Mare Rosso (Yam Sûf). [...]
Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe (=Jahweh passa la soglia), perché questi aveva
fatto giurare solennemente gli Israeliti: «Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi
porterete via le mie ossa»”. [Es 13,18-19]
Penso alle nostre chiese. Sollevate e aperte le porte del tempio troviamo innanzitutto la
Soglia. Quella soglia buia che precede la navata. Ogni volta che varchiamo questa soglia
entriamo nel tempio di Dio. E ad ogni Introito è Dio per primo che va oltre la soglia ed entra
in questo tempio che è il nostro corpo...
L’angelo entra da lei... Quindi l’angelo entra da lei, da Maria vergine. Questo entrare è
l’entrare in una casa che in realtà è la sua carne... Una carne che è una casa, una stirpe, e che
s’innesta in una storia... di generazione in generazione... E nel saluto si realizzano le parole
annunciate dai profeti:
“Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te - oracolo
del Signore” [Zc 2,9].
Questo entrare dell’angelo è un vero e proprio «Introito» liturgico che inaugura il nuovo
sacrificio di comunione in Spirito e Verità. Comprendiamo perché sui portali di molti nostri
templi, prima di varcare la soglia (!), troviamo raffigurata proprio l’Annunciazione. Così che
ad ogni Messa noi accogliamo con il canto dell’Introito l’entrare di Cristo Figlio e Sposo in
questo nostro grembo, in questo nostro corpo, l’entrata di Cristo nel mondo.
L’Introito della Messa è la celebrazione dell’ingresso di Cristo nel mondo! È Lui che
nell’Evangeliario, e nei sacri segni e ministri, passa la soglia e procede quindi lungo la navata
e attraversa l’assemblea radunata... Egli passa la soglia del nostro corpo e vi entra e lo
attraversa per salire al suo altare, memoriale della sua Pasqua.
Contempliamo allora perché Gesù nel salire a Gerusalemme per la Pasqua voglia
attraversare la Samaria.
Samaria è città ripudiata dai Giudei. È la “prostituta d’Israele”, in quanto abitata da gente
di sangue misto, e in parte anche di fede mista. E Gesù, salendo alla montagna di
Gerusalemme per la Pasqua, vuole attraversare la Samaria.
Egli non può celebrare la sua Pasqua se non passando attraverso il corpo di tutta
l’umanità. Egli vuole, quindi, attraversare-entrare nel corpo della Samaria e di tutta l’umanità.
Una umanità umiliata, sterile e prostituta. Allora la sua Pasqua è piena.
E al rito dell’«Aspersione» ci sentiamo donna samaritana e ci ricordiamo di Gesù che ci
dice: “dammi da bere”, e ci dona poi la sua acqua viva.
E vediamo Gesù sulla croce che ci dice: “ho sete” [Gv 19,28], e ci inonda poi con l’acqua
del suo costato.
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* 2 * Liturgia della Parola
«Rallegrati, piena di grazia...
All’annuncio della nascita di un figlio a Zaccaria, l’angelo aveva imposto il nome
Giovanni, «Jehô n n=Dio è grazia». Un nome apparentemente nuovo per la famiglia di
Zaccaria, ma in realtà un nome che è fin dalle origini del mondo, ad indicare un’alleanza
sempre più intima di Dio con l’uomo. Da Noè ad Abramo e a Mosé l’uomo trova “grazia” agli
occhi di Dio. E Maria è salutata dall’angelo come la «piena di grazia»: Kaire, chekaritomene!
Gravida di questa grazia, figlia e sposa, sarà madre e darà alla luce nella carne la Luce,
prima parola. E il nome del suo figlio sarà Gesù=Dio è salvezza. Ave, gratia plena! Kaire,
chekaritomene! Deus te salvet, traducono alcuni codici. E questa lezione è rimasta ad esempio
nel canto dell’Ave Maria sarda, il Deus te salvet, appunto. Dio ti faccia partecipe del suo
essere Salvezza, Dio ti faccia Salvezza, Dio ti faccia un tutt’uno con lui, donandosi nel tuo
grembo Gesù=Dio è Salvezza...
“Effonde il mio cuore liete parole”
(cf VG “Verbum bonum”). [Sal 44,2]
... il Signore è con te».
Gesù (J shuah=Dio è Salvezza); l’Emmanuele (’imm nû’el=Dio con noi). Abbiamo contemplato
che l’annuncio di grazia contenuto nel nome di Giovanni è un saluto e un nome che Dio ci
dona in tutta la nostra storia da Adamo a Maria...
E non ci stanchiamo mai di contemplare come in tutta la storia della Salvezza, storia
universale e storia di ognuno di noi, Dio si rivela sempre con un nome che indica questa sua
Presenza: Io sono con te!
Così ci saluta ad ogni Messa quando ci parla attraverso il suo Vangelo: Il Signore sia con
voi!
Questo Nome, infatti, è la sintesi di tutta la Storia della Salvezza, la sintesi di tutta la
«Parola di Dio» per noi: Io sono con te!
Ascoltiamo solo alcuni echi di questa Parola che non cessa di rivelarsi, da Abramo a
Isacco, a Giacobbe... a tutti i suoi figli... di generazione in generazione...
...fino a Davide ...
- a Isacco - “E in quella notte gli apparve il Signore e disse: «Io sono il Dio di Abramo, tuo
padre; non temere perché io sono con te. Ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per
amore di Abramo, mio servo»”. [Gn 26,24]
- a Giacobbe - “Ecco io sono con te e ti proteggerò...”. [Gn 28,15]
- a Mosé - “«Io sarò con te»”. [Es 3,12]
- a Giosuè - “«Sii forte e fatti animo, poiché tu introdurrai gli Israeliti nel paese, che ho giurato
di dar loro, e io sarò con te»”. [Dt 31,23]
“Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada”.
[Gs 1,9]
- a Gedeone - “L'
angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e
valoroso!»”. [Gdc 6,12]
- a re Davide - “Natan rispose al re: «Và, fà quanto hai in mente di fare, perché il Signore è
con te»”. [2 Sam 7,3]
E ancora da Davide al figlio Salomone la rivelazione di questa Presenza si accompagna al
tema della casa. Una casa stabile per Israele. E un tempio per il Signore.
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- a Salomone - “Se ascolterai quanto ti comanderò, se seguirai le mie vie e farai quanto è
giusto ai miei occhi osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide mio
servo, io sarò con te e ti edificherò una casa stabile come l'
ho edificata per Davide”
[1 Re 11,38].
“Davide disse a Salomone suo figlio: «Sii forte, coraggio; mettiti al lavoro, non temere e non
abbatterti, perché il Signore Dio, mio Dio, è con te. Non ti lascerà e non ti abbandonerà finché
tu non abbia terminato tutto il lavoro per il tempio”. [1 Cr 28,20]
E attraverso la parola dei profeti...
- Isaia - “Non temere, perché io sono con te” [Is 41,10].
- Geremia - “... io sarò con te per salvarti e per liberarti” [Gr 15,20].
... fino al Cristo.
Questo Nome, Dio-con-noi, si fa sempre più presente, più vicino, più intimo, abitando tutto il
nostro cuore, tutta la nostra vita. Venendo ad abitare in noi. Facendosi concepire e partorire
nella nostra carne:
“Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa
Dio con noi”. [Mt 1,23]
Questo è il suo Nome!
Con questo Nome egli entra nel mondo.
Con questo Nome egli vive nella carne, rivelandoci nella sua vita terrena nella carità come
ogni uomo è figlio del Padre. Come ogni uomo è fratello.
Penso alle parole che il padre misericordioso rivolge al figlio maggiore, fratello del figliol
prodigo:
“Figlio, tu sei sempre con me!” [Lc 15,31]
Questo è il desiderio e questa è la volontà del Padre abbracciata dal Figlio fino alla croce...
La vita del Figlio è tutta una orazione, come una grande «Colletta» al Padre per noi. Così
nell’ultima sua cena, primo atto del suo Triduo pasquale egli prega:
“Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me;
perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'
essi in noi
una cosa sola...” [Gv 17,20-21]
Questo Nome ce lo dice nell’ora-oggi della Croce, con le parole rivolte al buon ladrone:
“Oggi sarai con me nel paradiso”! [Lc 23,43]
Questo Nome lo sentiamo ancora risuonare quando Gesù risorge dal sepolcro, nel canto
dell’Introito del mattino di Pasqua, quando per mezzo della nostra voce egli canta al Padre:
“Sono risorto e sono ancora con te...” [cf Sal 71,23]
E ancora Egli ce lo rivela ascendendo al cielo:
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Mt 28,19-20].
La Chiesa riunita nel suo Nome si ricorda allora delle sue parole, e vive oggi nella certa
speranza che la sua vita è chiamata ad essere per l’eternità nell’abbraccio di questo reciproco
«essere con»:
“... quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me,
perché siate anche voi dove sono io”. [Gv 14,13]
16
E nel nostro cammino in questo sabato del tempo, anche quando ci percepiamo soli,
privati della sua presenza, e lontani da Gerusalemme, sappiamo che egli cammina con noi
come con i discepoli di Emmaus:
“... Gesù in persona si accostò e camminava con loro” [Lc 24,15].
Già ora, già qui, in questa notte, viviamo nella comunione con te, Signore, e avvicinandoci
alla tua mensa cantiamo alla «Comunione»:
“Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me” [Sal 22,4].
Davvero quello che avviene nel grembo aperto di Maria è culto in Spirito e Verità. Dopo
aver accolto l’Introito di Cristo, ora, accogliendone il saluto, vive in un attimo, in un battito di
cuore, in sintonia con quel saluto, tutta la Storia della Salvezza, come una «Liturgia della
Parola». La Parola di Dio fatta carne, rivelata in un Nome, Ave, piena di grazia. Non temere,
Io sono con te, è tutta una ininterrotta, pressante lettera di amore...
“Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella
benevolenza e nell'
amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il
Signore”.[Os 2,21]
“Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te”. [Is 62,4ss]
... la lettera d’amore con la quale Dio ci dona il suo invito nuziale: “Lo vuoi?” Ave, piena di
grazia. Non temere, Io sono con te.
* 3 * Epiclesi
29
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come
questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
31
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e
verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
33
e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
A queste parole... Letteralmente “a questa Parola”. Alcuni codici aggiungono “avendo
ascoltato”, oppure “avendo visto”. Maria a quel saluto ha ascoltato e ha visto tutto il mistero
della Salvezza, tutta la lettera d’amore di Dio per lei.
Concepirai un figlio... la lettura nella lingua originale greca è meno spiritualistica e più
intensa e viva, facendoci incontrare la parola «grembo». Concepirai nel grembo... un figlio...
lo partorirai.
Sarà grande! E quale tenda, quale tempio potrà contenere il Signore Dio, padre e creatore,
che come re e sposo viene ad abbracciare il suo popolo?
“Il tempio, che io intendo costruire deve essere grande, perché il nostro Dio è più
grande di tutti gli dei. Ma chi avrà capacità di costruirgli un tempio, quando i cieli dei
cieli non bastano per contenerlo?” [2 Cr 2,4-5]
“Chi avrà la capacità di costruirgli un tempio?” dice Salomone.
“Come è possibile? Come avverrà questo?” dice Maria.
E noi ascoltiamo e ridiciamo queste parole con quelle che abbiamo già contemplato di
Agostino: “Angusta è la casa della mia anima perché tu possa entrarvi: allargala dunque. È in
rovina: restaurala!” [Agostino d’Ippona]
17
34
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
Se Zaccaria all’annuncio dell’angelo rimane muto per la sua incredulità, la risposta di
Maria è, come per Salomone, il riconoscimento della propria piccolezza e la lode per la
grandezza del suo Dio e Padre che ora la vuole sposa, che ora la vuole madre. Come Mosè
che, passato il mare (con le ossa di Giacobbe e di Giuseppe!), inizia nella fede l’esodo a guida
del suo popolo e guardando l’immensità del deserto davanti a lui chiede:
“Mostrami la tua gloria” [Es 33,18].
Maria chiede di conoscere la via: “Come avverrà questo”. Penso a Maria mentre prega
con le parole del salmo:
“Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore tutti o giorni della mia vita...
... mostrami, Signore, la tua via” [cf Sal 26]
Chiede di abitare nella casa del Signore, e poi aggiunge: “mostrami, Signore, la tua via”.
Ricordiamo che “mostrare” in ebraico significa in primo luogo “essere incinta, generare” e
quindi “far venire alla luce”, “mostrare”! Comprendiamo allora che Maria e chiunque prega
con queste parole, chiedendo al Signore di abitare nella sua casa e di mostrargli la sua via, in
realtà senza accorgercene chiede molto di più. Dicendo “mostrami la tua via” noi chiediamo
di divenire noi per Lui questa casa.
35
Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti
coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di
Dio.
Lo Spirito Santo scenderà su di te... In questo culto in Spirito e Verità ecco che l’angelo
annuncia a Maria il momento grande della discesa dello Spirito santo... Si fondono qui due
immagini. L’immagine di potenza e fecondità, e quella dell’ombra protettrice che ci ricopre.
La potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Non ci stanchiamo mai di contemplare
come nella storia di Israele «la Nube» (eb. Kavod) sia il segno della presenza di Dio con il
suo popolo.
Nel cammino dell’esodo dalla schiavitù d’Egitto alla Terra promessa:
“il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli
sulla via da percorrere...” [Es 13,21].
... fino alle ultime parole dei 40 capitoli di Esodo:
“Ad ogni tappa, quando la nube s'
innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano
l'
accampamento. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse
innalzata.
Perché la nube del Signore durante il giorno rimaneva sulla Dimora e durante la notte
vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d'
Israele, per tutto il tempo del loro
viaggio”. [Es 40,36-38]
Ancora contempliamo come la nube si distese sul monte Sinai nel grande giorno di
Shavuot, la Pentecoste ebraica, quando Dio scese incontro a Mosé per donare al popolo la sua
legge:
“... vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba...”
[Es 19,16].
E la nube ricopre la tenda, la dimora di Dio con il suo popolo.
“Il giorno in cui la Dimora fu eretta, la nube coprì la Dimora, ossia la tenda della
testimonianza...” [Nm 9,15 ss]
18
La nube entrerà nel tempio costruito da Salomone:
“... allora il tempio si riempì di una nube, cioè della gloria del Signore. [...] Allora
Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube. Ora io ti ho costruito una
casa sublime, un luogo ove tu possa porre per sempre la dimora» [2 Cr 5,13-6,2].
E sulla montagna di Gerusalemme, ancora la nube scenderà sulla croce, nuovo altare del
mondo, mentre la tenda del tempio si apre ad accogliere la vittima e il sacerdote.
Il velo del tempio si apre ad accogliere Cristo come il grembo della Madre si apre ad
accogliere lo Sposo:
“Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle
tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce,
disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò”
[Lc 23,44-46].
Il pensiero va alla Messa In Cena Domini che apre il Triduo pasquale, nella notte che va
dal Giovedì al Venerdì, primo giorno del triduo, giorno eucaristico per eccellenza, nella cui
notte Gesù anticipa sacramentalmente il suo sacrificio e nel cui giorno lo compie
perennemente sulla croce.
All’inizio della Messa il tabernacolo (la tenda, la dimora della presenza eucaristica di Diocon-noi) è vuoto e aperto.
Alla fine della Messa non c’è la benedizione, ma l’adorazione nella veglia (Ripenso a
Zaccaria che uscendo muto dal tempio non può benedire il popolo. E il popolo resta in attesa
fino... alla fine del Vangelo quando Gesù stesso salendo al cielo benedirà i discepoli).
All’inizio di questa Messa che apre il Triduo pasquale, la nuova creazione, la nuova
primavera, il tabernacolo dev’essere per forza vuoto, vergine e immacolato. La tenda aspetta
lo sposo; il grembo della vergine il suo seme; il sepolcro (!), tenda e terra e grembo della
nostra rinascita in Cristo, attende il chicco che se non muore non porta frutto.
Penso alla Pasqua di Gesù e alla Pentecoste.
Penso a Gesù in croce avvolto dalla nube, Gesù, chicco che muore...
Shavuot, Pentecoste. La Pentecoste è alle origini la festa delle primizie del raccolto.
La Pentecoste cristiana non rinnega e neppure semplicemente si sostituisce con un nuovo
significato a quella primitiva legata al mondo agricolo e nomadico e neppure a quella
ebraica. Contempliamo invece un incremento di significato. Una novità che si costruisce
aggiungendo, non togliendo i significati e i valori delle precedenti tradizioni. Perché unica e
continua è la Rivelazione di Dio Padre.
La Pentecoste cristiana è come quella primitiva il tempo in cui dalla primavera (Pasqua)
all’estate (Pentecoste) il seme ha prodotto la sua primizia. Ed è come quella ebraica il
riconoscersi primizia, suo popolo, nel dono della sua Parola, legge e pane di vita. Da Gesù,
chicco che muore, la Chiesa si raccoglie frutto e primizia. Come su Maria, ora su tutta la
Chiesa scende lo Spirito a rigenerarla primizia del Risorto. Dal seme della Parola nasce il
frutto della Chiesa.
La Pentecoste cristiana è la salita al monte in cui Dio in Cristo si dona Parola, legge e
pane di vita.
La sua ombra, nube, gloria è cantata nella Bibbia come l’ombra di un’aquila madre che
veglia sulla sua nidiata, che sente il grido del suo figlio e scende e lo copre e lo soccorre:
“Come un'
aquila che veglia la sua nidiata,
che vola sopra i suoi nati,
egli spiegò le ali e lo prese,
lo sollevò sulle sue ali...” [Dt 32,11]
La Pentecoste è questo scoprirci frutto e primizia, inabitati dal seme della Parola...
È scoprirci figli nel grembo, protetti sotto le ali di Dio aquila madre...
19
“Signore Dio, abbi pietà: il pulcino implume non sia calpestato dai passanti; manda il
tuo angelo a riporlo nel nido, ove viva finché sappia volare” [Agostino d’Ippona]
... e nello stesso tempo scoprire di essere noi madre, scoprire che in noi ha posto il suo
seme la Parola e che siamo ripieni di Spirito Santo.
“Tu che abiti al riparo dell'
Altissimo
e dimori all'
ombra dell'
Onnipotente,
dì al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio, in cui confido».
Egli ti libererà dal laccio del cacciatore,
dalla peste che distrugge.
Ti coprirà con le sue penne
sotto le sue ali troverai rifugio” [Sal 90,1-4]
E giunta alla fine di questo salmo Maria, e noi con lei, cantiamo nell’ultimo versetto:
“Gli mostrerò la mia Salvezza” [Sal 90,16]
Abbiamo pregato: mostrami la tua gloria!
Ed Egli ci dice: ti mostrerò la mia Salvezza!
Ancora questo verbo, “harar=mostrare”, che come primo significato ha “essere in cinta,
partorire”!
E questa parola, “Salvezza”, che in ebraico richiama in modo forte e immediato il nome
Gesù, Dio è Salvezza.
“Gli mostrerò la mia Salvezza”. Egli ci dice in questo salmo che ci mostrerà il suo e
nostro Gesù!”; che farà nascere in noi Gesù; che ci renderà gravidi del suo e nostro Gesù”.
Nulla è impossibile a Dio.
* 4 * «Offertorio» e «Comunione»
36
Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e
questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio».
L’angelo allora mostra a Maria l’icona di Elisabetta, che, anziana e sterile, ha concepito un
figlio. L’angelo mostra a Maria in Elisabetta (’elisaba‘= “Dio ha promesso/giurato/porta a
compimento”) in un solo attimo tutta la storia del suo popolo che vede realizzarsi il
compimento della promessa fatta ad Abramo... L’angelo mostra a Maria in Elisabetta questo
ventre gravido che è la Montagna e mostra la gravidanza che è la Gloria, Kavod.
Anche noi, con Maria, iniziando il cammino nel deserto, guardando quel mare immenso di
deserto che è il tempo del nostro esodo (carichi delle ossa dei nostri padri, carichi cioè della
domanda di sempre sul senso di ogni nostra vita e di ogni nostra morte...) fino al monte
dell’incontro sponsale con il nostro Dio, preghiamo come Mosé:
“Mostrami la tua gloria (eb. Kavod)”! [Es 33,18]
Che ancora possiamo tradurre
“Fammi essere gravido della tua gloria”!
Lo Spirito ricopre con la sua ombra Maria. Ecco che in questo istante Maria vive già nel
suo corpo tutto il mistero pasquale. Divenendo tempio, tenda e tabernacolo, il suo grembo
accoglie la gloria di Jaweh, e nella nube il Figlio Dio-con-noi, il suo grido morente in croce, il
suo silenzio sepolto nel sepolcro, il suo alleluja nel giardino della risurrezione.
20
Kavod. Dopo aver più volte contemplato come la parola montagna in ebraico, har, abbia la
sua radice in un verbo che significa essere incinta, far nascere, generare, partorire, far venire
alla luce, e quindi mostrare... vogliamo soffermarci su un’altra parola così importante e che
più volte è ritornata nelle nostre meditazioni, la parola kavod.
Il termine kavod è ricco di significati. Significa “peso” e di conseguenza anche “onore”.
Si dà onore a chi si riconosce peso, importanza, valore: cf “onora il padre e la madre” [Dt
5,16]. Onorare il padre e la madre si dice kav d, dare peso, potremmo anche dire rivestirli
della nube, di una tenda, di gloria.
Pensiamo al rito del matrimonio che prevede la possibilità di ricoprire gli sposi incoronati
con una tenda nuziale. Infatti indicando “onore” kavod viene anche ad indicare la gloria, la
nube, e la stessa dimora e tenda.
Ma allora, proprio per il suo primo significato, peso, indica anche gravoso, e quindi
gravido. Indica ancora una parte del corpo umano, il fegato. Ma ancora si dice riferito
appunto a un corpo gravido, gravidanza.
Ecco come un ventre sterile è umiliazione, e un ventre gravido è kavod, ossia onore,
gloria, nube, tenda e tempio...
“Lodate, servi del Signore, / lodate il nome del Signore [...]
Fa abitare la sterile nella sua casa / quale madre gioiosa di figli” [dal Salmo 112]
Mostrami la tua gloria. Fammi essere gravido della tua gloria, della tua presenza. Più
ancora: fammi essere incinta della tua gravidanza. Io sono in te figlio e tu figlio in me. Fa
nascere nel mio corpo il tuo essere madre. Nulla è impossibile a Dio e la sterile abita nella
casa del Signore quale madre...
Nulla è impossibile a Dio. Qui davvero ogni traduzione è insufficiente ad esprimere la
bellezza di questa espressione nella quale emergono, nel testo originale greco, la totalità della
Parola (gr, pan rema) e la “non impotenza, non infecondità” di Dio. Letteralmente: “perché
non è impotente presso Dio tutta la Parola”.
Ossia, in Dio la totalità della Parola, che è questo suo rivelarsi proposta nuziale, non è
impotente, è fecondo. Ecco che in Lui, che è Parola vivente, nulla è impossibile, ma nel senso
che è fecondo, che fa partorire la sterile e la vergine e tutta questa nostra umanità...
“Abitano l’uno nell’altro, chi contiene e chi è contenuto. Tu abiti in Dio, ma per
essere contenuto da Lui; Dio abita in te, ma per contenerti” [Agostino d’Ippona]
Nulla è impossibile a Dio. Non è infeconda presso Dio tutta la Parola. La migliore
traduzione e la migliore meditazione ci è data come sempre dalla stessa Parola, che legge e
illumina se stessa:
“... così sarà della parola
uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto...” [Is 55,11]
38
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
Ecco allora che Maria dice il suo: Sì, lo voglio.
Maria accetta di essere rigenerata dal seme della Parola e riconoscendosi figlia e ancella
diviene madre e anticipa nel suo corpo quello che sarà del suo Figlio, nella passione, nella
morte e nella risurrezione. “Avvenga di me...”. Sia fatta la tua volontà.
“«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà»” [Lc 22,42].
E si apre il velo del tempio che è il suo corpo ed entra il re, lo sposo, il sole, il Figlio.
21
Davvero quello che avviene nel grembo di Maria è la prima Messa. Se all’entrata
dell’angelo abbiamo contemplato il primo Introito in spirito e verità, e poi abbiamo
riconosciuto la Colletta come orazione del Figlio al Padre per tutti noi, e la Liturgia della
Parola sintetizzata nel saluto “Ave, piena di grazia, il Signore è con te” detto in Maria ad ogni
creatura, e se ancora abbiamo accolto l’annuncio dell’epiclesi e della discesa dello Spirito del
risorto... ora della messa viviamo il momento che forse più di tutti ci coinvolge nella nostra
libertà di accogliere e aderire alla proposta di nozze, alla lettera di Amore che abbiamo
ascoltato e incontrato: l’«Offertorio».
Maria con il suo “Eccomi” offre il grembo allo sposo che entra nel suo corpo, per
compiervi la prima eucaristìa, quel sacrificio di Comunione piena che culminerà sull’altare
della croce e come memoriale sull’altare del nostro tempio, che è il suo corpo... che siamo
noi.
“... offriti a Dio come tempio nel tuo intimo...” [Agostino d’Ippona]
E l’angelo si allontanò da lei.
Introito, Colletta, Liturgia della Parola, Offertorio, Epiclesi e «Comunione» piena. Penso
ancora ai discepoli di Emmaus:
“Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista [...]”
[cf Lc 24,13-35].
E come ad Emmaus, quando allo spezzare del pane i discepoli riconobbero Gesù, e Gesù
sparì dalla loro vista, così l’Angelo sparisce allontanandosi da lei. Lasciandola priva della sua
presenza visibile, perché lei possa crescere nella grazia della presenza viva e sacramentale del
Figlio...
E come i discepoli di Emmaus anche Maria si alza ed esce e va verso la montagna di
Gerusalemme:
“E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”.
Guardando al nostro tempio allora tutti noi siamo invitati ad entrarvi come in un grembo
ed accogliervi l’angelo e lasciarci attraversare da Cristo, e fecondare dal seme della sua
Parola. Il nostro tempio è un grembo, perché ogni nostro corpo sia un tempio. Cosicché in noi
entra quell’angelo, in noi entra Cristo.
In me? Sì, proprio in te.
In te povera, in te umiliata, in te malata, in te handicappata, in te abbandonata, in te
ragazza madre, in te prostituta, in te vecchia e sterile, in te.
E al termine dell’eucaristia proprio Tu, e tutti noi, comunità dei fedeli, usciamo rigenerati
in Cristo e inviati ai fratelli nella quotidianità del nostro esodo, perché la Chiesa è sempre
generata dal fianco squarciato di Cristo. (“Ite Missa est”, che in modo purtroppo insufficiente ed
equivoco traduciamo con “Andate, la messa è finita”).
Maria, madre della Chiesa, è rigenerata per prima dal fianco squarciato del suo figlio e si
alza ed esce e va’ e sale nuovamente la montagna fino a un’altra casa, un altro corpo, un altro
grembo. Perché ogni nostro incontro sia una Pentecoste, e tutto diventi montagna e grembo,
per scoprirci tutti nel grembo di Dio, nella fecondità e potenza dello Spirito santo.
Guardiamo ancora nelle nostre chiese la nube e gloria e potenza dell’altissimo sopra il
tabernacolo... e sulla volta che sovrasta l’altare, memoriale che perpetua nella storia il
sacrifcio della croce, ecco la volta del tempio, e la cupola, come un grande grembo.
E in molte nostre chiese vediamo affrescati in cerchio Maria e gli apostoli nel giorno di
Pentecoste.
E al centro, scendere dall’alto lo Spirito a fecondare questo grembo e cupola del tempio
che è il nostro corpo, che siamo noi.
Dall’Annunciazione alla Visitazione.
22
Dall’Ave dell’angelo all’Ecce ancilla Domini di Maria...
Dalla Pasqua alla Pentecoste...
Il Signore ha liberato e ha allargato la tenda e casa del nostro corpo per farne il suo
tempio, la sua dimora ed entrarvi Dio-con-noi. Inizia allora il nostro cammino nel deserto per
salire alla montagna... Da Pasqua a Pentecoste...
Come Mosè.
Come Maria.
Come sarà per Gesù.
Viviamo l’Avvento con la mano sul grembo, coscienti e consapevoli di vivere una
gestazione, fecondati dal seme della Parola.
Cosicchè possiamo vedere la notte del Natale (solstizio d’inverno) alla luce della Pasqua
(equinozio di primavera). Una notte uterina, notte cosmica. La luce della vera nascita, nella
nuova creazione rinnovata dal Verbo fatto carne in noi.
* 5 * Mostraci, Signore, la tua Misericordia.
All’inizio di questo cammino nel deserto, da Nazaret alla casa di Elisabetta, sui monti di
Sion; dall’Annunciazione al Magnificat; dal Natale alla Pasqua... abbiamo immaginato sulle
labbra di Maria la stessa preghiera di Mosé: “Mostrami la tua gloria” [Es 33,18].
E abbiamo cercato di contemplare e accogliere come questo significhi chiedere:
“Partorisci in me il tuo essere gravido; fammi essere in cinta della tua gravidanza”.
Chiediamo quasi senza accorgercene qualcosa di molto più grande di ciò che in realtà ci
sembra di chiedere. Così è quando preghiamo “Mostraci, Signore, la tua Misericordia”.
[Sal 84,4]
Abbiamo già contemplato come molto spesso traduciamo con Misericordia il termine
ebraico Rechem, utero! Chiedendo al Signore che ci mostri la sua Misericordia non ci
accorgiamo che gli chiediamo che faccia partorire in noi ancora una volta il suo essere Madre
e Sposo.
Il vocabolo ebraico che traduciamo con “Misericordia”, in questo caso però non è
Rechem, utero, ma Hesed, l’amore fedele, l’amore sponsale.
L’amore materno e l’amore sponsale sono quest’unico amore, che traduciamo con
Misericordia. Anche il testo latino lo conferma dicendo “Ostende nobis Domine
Misericordiam tuam”. «Ostende» è “mostrare-portare alla luce”, da cui deriva anche ostetrica,
colei cioè che porta alla luce, che fa nascere.
Mostraci la tua Gloria. Mostraci la tua Misericordia. “... mostraci il Padre...”
... dice ancora Filippo a Gesù, ed egli risponde: “... Chi ha visto me ha visto il Padre. Come
puoi dire: mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?...” [cf Gv 14]
E noi... noi abbiamo visto la sua Gloria!
“In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio. [...]
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare
(letteralmente “ad attendarsi, a porre la sua tenda”!)
in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità”. [cf Gv 1]
23
3 - terza meditazione
~ la Visitazione ~ Alzatasi, Maria...
[Lettura di Lc 1,39-45]
La Visitazione “Alzatasi, Maria...”
* 1 * la Pasqua di Maria
“E noi vedemmo la sua Gloria,
gloria come unigenito del Padre,
pieno di grazia e di verità” [Gv 1,14]
Maria è salutata come la «piena di grazia». E il Figlio che è in lei è «pieno di grazia e di
verità». Verità in ebraico è
,‘emet , una parola che rappresenta pan rema [cf Lc
1,37], tutta la Parola, essendo composta dalla prima lettera dell’alfabeto, l’alef, dalla
lettera centrale, la mem, e dall’ultima lettera, la tau.
Maria è la piena di grazia. Il figlio nel grembo è pieno di grazia e verità.
Lui è in lei e lei in lui. Ora, Maria vive la Pasqua nella comunione piena con il suo
Figlio. Il suo grembo è la vera croce, è il vero sepolcro, è il vero giardino.
E allora Maria come le donne dopo l’alba della risurrezione, come i discepoli di
Emmaus dopo la comunione col Risorto, si alza, esce e va’ dai suoi fratelli.
39
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di
Giuda.
Il testo originale greco si apre in un modo molto forte, con il verbo ’anastasa, “alzatasi”
all’inizio della frase:
“Alzatasi allora Maria...”.
Il rilievo è dato a questo “alzarsi”, (gr. anastasa; lat. exsurgens”). Un verbo che porta la
nostra attenzione alla Risurrezione e che contribuisce a sottolineare la profonda unità dei due
episodi, come appunto la Visitazione sia il frutto dell’Annunciazione.
24
All’Ave dell’angelo Maria ha celebrato quindi l’Introito di Dio come Sposo nel tempio del
suo corpo per essere generato Figlio; ha celebrato l’Offertorio nell’Ecce ancilla Domini, ed ha
celebrato la Comunione piena al mistero pasquale del suo Figlio.
Ora, gravida del Figlio, è spinta ad alzarsi e andare...
È ri-sorta e vive la sua Pasqua alzandosi, uscendo e andando verso la montagna per vivere
la sua Pentecoste.
Come Mosé e come il popolo di Israele, dalla Pasqua, nella quale esce dall’Egitto, passa il
mare (con le ossa di Giacobbe e Giuseppe), e attraverso il deserto sale la montagna dove a
Pentecoste Dio scenderà a donarsi Parola di vita...
Pasqua! Tutto è illuminato dalla luce della Pasqua del Figlio che scalpita e scalcia nel
grembo attendendo impaziente di venire alla luce. Egli che è la Luce.
Alzatasi, Maria esce dalla casa e va verso la montagna, la montagna di Giuda. Come i
discepoli di Emmaus dopo l’incontro di comunione con il divino viandante, Maria va quindi
nel cuore della fede dei figli di Abramo, dove sorge il tempio, dimora di Dio con il suo
popolo, e dove il suo Figlio inaugurerà il nuovo tempio non fatto da mani d’uomo, il tempio
del suo corpo.
I piedini di Gesù che scalciano nel grembo muovono i dolci piedi della Vergine Madre,
che si alza, ed esce, e sale la montagna... “in fretta”, con sollecitudine, con quel pressante
amore che sempre caratterizza i passi del suo Figlio.
“Chi salirà il monte del Signore?
Chi ha mani innocenti e cuore puro...
Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi porte antiche,
ed entri il re della gloria” [cf Sal 23].
40
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta.
I piedi di Maria entrano nella casa di Zaccaria ed Elisabetta. Quella casa anziana e sterile
che ha allargato lo spazio della sua tenda: “Esulta, o sterile che non hai partorito... Allarga lo
spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora...” [cf Is 54,1 ss].
Come l’angelo entrò da lei, così ora Maria entra da Elisabetta.
Partecipa del sacerdozio del suo Figlio e vive e celebra il suo Introito nel corpo
dell’umanità, entrando anche lei, perfetta eucaristia, nella vita dei fratelli.
41
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Ricordiamo tutto quanto è accaduto a Zaccaria ed Elisabetta. Elisabetta (=Dio porta a
compimento). Dio porta a compimento l’Alleanza con il suo popolo e la promessa di una
discendenza.
Una discendenza che fin dalle sue origini reca in sé il germe della divisione fratricida.
Adamo sceglie una strada che è l’autonomia, la separazione dalla comunione con Dio
padre, creatore e fratello [cf Gn 3].
Caino uccide il fratello Abele [cf Gn 4,1-16] .
E i patriarchi Giacobbe ed Esaù si fronteggiano fin dal grembo materno!
“Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché essa era sterile e il Signore lo esaudì,
così che sua moglie Rebecca divenne incinta. Ora i figli si urtavano nel suo seno...”
[Gn 25,21-22]
Dal grembo di Eva e di Rebecca nasce una umanità divisa e fratricida.
Dal grembo, Rechem, che abbiamo sempre tradotto con Misericordia! È la stessa parola.
Ma... dove è finita la Misericordia di Dio?
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Dove è finita la Misericordia di Dio? Tutti noi guardando dentro il nostro cuore fragile e
diviso accogliamo come rivolte a noi le parole del salmo:
“Sono traviati gli empi fin dal seno materno,
si pervertono fin dal grembo
gli operatori di menzogna.
Sono velenosi come il serpente...” [Sal 57, 4-5]
“Come il serpente!” Creato a immagine di Dio, mangiando il frut-to, Adamo rompe la
comunione con Dio volendo essere “come” Dio, ma fuori di Dio. E finisce per essere “come”
il serpente.
“Ecco: io ho ricevuto l’immagine di Dio, ma non l’ho saputa conservare intatta. Allora
Egli assume la mia condizione umana per salvare me, fatto a sua immagine, e per dare a
me, mortale, la sua immortalità. ... Così Egli con la sua forza vinse la potenza
demoniaca, ci ridonò la libertà e ci condusse alla casa paterna...” [Gregorio Nazianzeno]
Ed è proprio riconoscendo questo nostro cuore come un cuore fratturato e aperto, che
possiamo accogliere il Verbo che viene, che entra nel nostro cuore come nel tempio, e lo
libera dai mercanti e dagli empi, e lo feconda del seme della sua Parola...
Da Eva e dalla sterile Rebecca alla anziana e sterile Elisabetta, e all’immacolato ventre di
Maria, i cui piedi schiacciano questo serpente...
“Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno” [Gn 3,15]
Nel cuore e grembo immacolato di Maria Cristo entra e riconcilia ogni cuore spezzato...
Dio ha portato a compimento la gestazione del suo popolo, donandoci il suo frutto benedetto.
Ora nel grembo i figli non si dividono, ma sussultano di gioia, anelando a nascere nella
comunione vera. E tutta l’umanità figlia di Adamo, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe... ritorna
a danzare.
“Venga da Sion la salvezza d'
Israele!
Quando il Signore ricondurrà il suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele” [Sal 13,7]
Esulterà! Esultare significa saltare, saltar fuori, per l’appunto: danzare! Ora, Giovanni
sente la danza di Gesù nel grembo della madre e anch’egli danza, sussultando di gioia,
profetizzando così la danza di ogni creatura chiamata a nascere nel grembo di Dio nostra
Madre.
* 2 * la Pentecoste di Elisabetta
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo
Quello di Maria è un esodo, una Pasqua. Quello di Maria è un pellegrinaggio, un canto
delle ascensioni.
I piedi immacolati di Maria ora entrano da Elisabetta come l’angelo entrò da lei. La
Pasqua (tempo della semina nel grembo immacolato, nella terra vergine, venerdì di
primavera) non la lascia sola, ma la spinge ad alzarsi, uscire, andare...
Maria ha salutato Elisabetta, come l’angelo salutò lei.
“Di generazione in generazione” chi vive la Pasqua del Figlio, entra a fecondare la casa
del fratello, sposa, anziana e sterile...
“[...] salutò Elisabetta, a imitazione dell’angelo. E appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il
bambino le sussultò nel grembo ed Elisabetta fu ripiena di Spirito santo. Dunque la voce di
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Maria fu efficace, riempì Elisabetta di Spirito santo: a mo’ di perenne fonte, per mezzo della
lingua, emise un fiume di carismi profetici alla cognata” [Pseudo Gregorio Taumaturgo]
* Così Maria partecipa della Pasqua del Figlio e vive la sua Pentecoste nella carità, nella
grazia, salendo a far visita ad Elisabetta. Carità, Grazia che nasce da questo abitare di Cristo
in lei, così da allargare la tenda del suo cuore, dilatare questo cuore ed irradiarlo di luce.
* E Giovanni vive la sua Pentecoste come predisse l’angelo a Zaccaria:
“Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre” [Lc 1,15].
E come gli apostoli nel giorno della Pentecoste che “furono tutti pieni di Spirito santo e
cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” [At 2,4],
così Giovanni nella sua Pentecoste è profeta.
Non può parlare ancora con la lingua e allora lo Spirito gli dona di parlare con altre lingue,
le lingue dell’esultanza nel grembo.
“Non ancora nato, già profetizzava, e ancora nel grembo materno, poiché non poteva
con la voce, annunzia con la sua esultanza la venuta di Cristo” [Massimo di Torino].
* Ed Elisabetta vive la sua Pentecoste. Come Maria è rigenerata madre dal Padre che in lei si
è fatto Sposo e Figlio, così Elisabetta grazie al figlio è rigenerata nel monte del suo grembo,
nella sua Pentecoste, ad essere profeta.
“Elisabetta veniva riempita dallo spirito del figlio, Maria era santificata dallo spirito
del figlio [...]. Elisabetta per prima udì la voce di Maria, ma Giovanni per primo sentì la
grazia del Signore. [...] Le donne parlano di grazia, i concepiti operano nel seno [...] e
con un duplice miracolo, sebbene con diverso onore, le madri profetizzano per mezzo
dello spirito dei figli”. [Ambrogio]
Quindi, Elisabetta è piena di Spirito santo. Su di lei si è posata la nube, la gloria
dell’Altissimo, e come sarà per Pietro che “pieno di Spirito santo” parlerà ai capi del popolo e
agli anziani (At 4,8); per i sette discepoli “pieni di Spirito” scelti dagli apostoli per il servizio
delle mense (At 6,3); e per Stefano primo martire che “pieno di Spirito santo, fissando gli occhi
al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: «Ecco, io contemplo i cieli
aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio»” (At 7,55)...
L’umanità intera a Pentecoste vive il battesimo nella Pasqua del Figlio che dice: “Lo
Spirito del Signore è sopra di me” [Lc 4,18]
E si realizza come per gli apostoli, per tutta la creazione, quel che predisse il profeta
Gioele:
“Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.
E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi
profeteranno”. [At 2,17-18]
Elisabetta vede nella gloria del Padre che il tempio del nostro corpo fatto cupola e grembo
si è aperto per accogliere lo Spirito del Figlio. Elisabetta vede e ci mostra che la frattura del
nostro povero cuore può diventare l’apertura di una tenda nuziale, il frontale di una porta
regale... Perché in Lui le porte del cielo si sono aperte come una tenda, un cuore, un grembo,
per accogliere ogni uomo...
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ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
Benedetta tu fra le donne. Chi vive la Pentecoste vive, abbiamo detto, una duplice
gestazione. È chiamato a divenire madre e insieme a divenire figlio. Ha partecipato alla
27
primavera e vive l’estate della nuova creazione, primizia del Risorto e parla la lingua dello
Spirito del Risorto, parla la lingua di Dio.
E la lingua di Dio è danza, esultanza e benedizione.
I suoi occhi si aprono e vedono che tutta la creazione è stata chiamata alla vita nella
benedizione e allora le sue labbra imparano a benedire...
Piena dello spirito del figlio, profeta nel grembo, Elisabetta è anch’ella profeta e benedice
Maria e il frutto del suo grembo, preannunciando quanto il suo figlio Giovanni sarà chiamato
a fare quando battezzerà Gesù nel Giordano, quando “il cielo si aprì e scese su di lui (Gesù) lo
Spirito Santo”. (Lc 3,21).
Benedetto il frutto del tuo grembo. Come il nostro cuore si apre... così il cielo si apre
come tenda nuziale, e grembo materno. Il cielo si apre sulla terra e la terra dà il suo frutto...
benedetto. In questa benedizione per bocca di una donna anziana e che era ritenuta sterile, in
questa benedizione per bocca di una donna che rappresenta tutta la storia dell’umanità da
Adamo al Cristo, da Eva a Maria accade qualcosa di meraviglioso.
Davvero la creazione tutta riconosce nel frutto del grembo dell’Immacolata la Parola
creatrice. La creazione tutta riconosce il suono che l’ha generata, e come un bambino che
impara a sillabare sentendo la voce della madre, così in Elisabetta la creazione impara quella
parola con la quale il Padre l’ha chiamata alla vita: benedetta!
“Dov’è finita la Misericordia di Dio?”, abbiamo gridato.
E in tutto l’Avvento cantiamo con il Salmo 84:
“Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.
[...]
Misericordia e verità s'
incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra
e la giustizia si affaccerà dal cielo.
Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto” [cf Sal 84]
* Rèchem ed Hèsed. Abbiamo già meditato che qui “misericordia” non traduce Rechem,
utero; ma Hesed. Hesed è l’amore fedele, l’amore sponsale.
L’amore di Dio per l’uomo è Rechem ed Hesed, è amore materno e amore sponsale, è
grembo e tenda nuziale.
L’unico amore che si rivela come amore sponsale e amore materno; amore che accoglie e
feconda; amore che genera, nutre e custodisce. Ora questo amore si rinnova come all’origine,
come nuova creazione.
“Il salmista, con mistica espressione, attesta i frutti di questa origine, dicendo: «E il
Signore, infatti, rivolgerà la sua benevolenza, e la nostra terra darà il suo frutto” (Sal
84)». Dio rivolse veramente la sua benevolenza, perché deliberò di sciogliere il genere
umano dalla colpa della ribellione [...]: diede la sua benevolenza, colui che consacrò il
tempio con la grazia dello Spirito santo, nell’entrare nel suo seno verginale. E la nostra
terra diede il suo frutto, poiché la stessa vergine che aveva avuto il corpo della terra,
generò il Figlio [...].
E Isaia, intuendo il tempo della Redenzione umana, disse sopra questa verità: «In quel
giorno, vi sarà il germe del Signore nella maestà e nella gloria, e il frutto della terra sarà
sublime» (Is 4)”. [Beda il Venerabile]
Riconoscendo di essere nata nella benedizione e gridando a gran voce questa stessa
benedizione, la creazione rinuncia al serpente antico e alla maledizione e vede riconciliarsi
ogni cosa, perchè tutto è buono, tutto è nato benedetto da Dio.
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“Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo. Tu, disse (Elisabetta),
benedetta che dissolvi la maledizione. Tu benedetta, che rechi il dono della sapienza”.
[Antipatro di Bostra]
La Sapienza...“La Sapienza si è costruita la casa!” [Pr 9,1].
Questo annuncio profetico si fa canto nella Liturgia nelle antifone che cantiamo proprio al
Magnificat nei Vespri della Novena di Natale:
O Sapienza...
O Adonai, e capo della casa di Israele...
O Radice di Iesse...
O Chiave di David e scettro della casa di Israele...
O Oriente...
O Re delle genti...
O Emmanuele, Dio-con-noi!
“La Sapienza si è costruita la casa!” La Sapienza, il Verbo che era prima del tempo, e il cui
nome è Dio-con-noi, si è costruito un tempio, una casa, un grembo.
“Tu benedetta, il cui ventre è divenuto tempio santo. Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del ventre tuo!, dal quale sarà vinto il nemico, dal tempo in cui Adamo
mangiò. Frutto benedetto [...]” [Antipatro di Bostra]
* 3 * la danza dei figli nella gloria del Padre
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A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
“Da me”!? La struttura letterale del testo greco sottolinea con insistente stupore questo
«me»: “E da dove a me questo (fatto, onore...), che venga la madre del mio (di me) Signore da
me?”. Et unde hoc mihi, ut veniat mater Domini mei ad me?
“E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’altissimo...” (Lc 1,76). Così Zaccaria dirà al
bambino Giovanni, quando pieno di Spirito santo, tornerà ad aprire la sua bocca sterile e muta
e incirconcisa benedicendo il Signore d’Israele. Tu, proprio tu!
E già ora quel bambino, profeta nel grembo, esultando e danzando nel grembo rende
profeta la madre, che dice “a me, proprio a me?”. Il profeta (e non ci stancheremo mai di
contemplarlo) può essere tale solo se ritorna bambino, se riconosce la sua piccolezza
nell’umiltà. Può essere profeta, parlare davanti, al posto di... chi sa mettere i propri piedi
dietro i piedi di Gesù, alla sequela di Gesù...
“Lo stesso Spirito che le aveva dato il dono della profezia le aveva parimenti concesso il
dono dell’umiltà. Piena di spirito profetico, comprese che era venuta da lei la madre del
Salvatore; ma ben avveduta per spirito di umiltà, ritenne di non essere degna di quella
venuta” [Beda il Venerabile]
“Grande umiltà, fratelli miei: la madre del Salvatore si reca dalla madre del
Precursore! Giovanni saluta il Cristo [...] E la voce profetica a nome di Cristo diceva: Ti
riconobbi prima che fossi formato nell’utero e ti santificai prima che ne uscissi, e ti
costituii profeta tra i popoli (Gr 1,5)” [Pseudo Agostino]
Nell’umile stupore della madre troviamo quindi già lo stupore del precursore che vedendo
Gesù venire a lui per farsi battezzare nel Giordano, dirà:
“Tu vieni da me?” [cf Mt 3,14].
L’umiltà di Maria che chiede “come è possibile questo?” si trasmette al cuore di Elisabetta
che dice: “a che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?”.
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Nell’umiltà il cuore diviso trasforma la sua frattura in una porta che si apre e si dilata per
lasciarsi riconciliare in Cristo, “mite ed umile di cuore” [Mt 11,29] che vi entra come Sposo
(che unisce e feconda) e come Madre (che genera e alimenta e custodisce). Ed ecco allora che
nell’umile stupore di Elisabetta vogliamo vedere il compimento dell’umile stupore di tutto il
suo popolo e di tutta l’umanità liberata dai mercanti, dal serpente, dall’orgoglio del faraone e
di Nabucodonosor...
Nell’umiltà il grembo diviso di Eva e Rebecca può riconoscersi grembo aperto e
accogliere il Verbo... Nell’umiltà dalla radice di Iesse nasce il Salvatore. E la stirpe di Iesse
nasce dallo stupore di un’umile straniera, Rut, accolta come sposa da Booz per una
discendenza che darà al suo popolo un re, Davide.
“Per qual motivo ho trovato grazia ai tuoi occhi, così che ti interessi di me che sono una
straniera?”. [Rut 2,10]
* la Pentecoste di Rut. L’incontro di Rut con Booz avviene proprio nella stagione della
Pentecoste. Rut, la straniera, è infatti con le altre donne a spigolare dietro i mietitori!
Elisabetta e Rut ci insegnano quindi a riconoscerci stranieri, forestieri in questa terra,
come gli stranieri accorsi a Gerusalemme per la Pentecoste che comprendevano tutti la parola
degli Apostoli... Stranieri e forestieri accolti come sposi per una discendenza regale. Perché
nella Pentecoste ogni lingua comprende e impara il suono della Parola, che viene e si fa carne,
nella stirpe di Davide, di Iesse, di Rut!
* la Pentecoste della Samaria. E ci commuove come ancora nell’episodio dell’incontro con
la Samaritana, Gesù in questo suo viaggio verso la Pasqua, faccia un riferimento al tempo
della Pentecoste, al tempo della mietitura!
“Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera. Non dite
voi: ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: levate i vostri
occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve il
salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete”
[Gv 4,35-38]
Nel suo viaggio verso la Pasqua Gesù attraversa la Samaria non solo per abbracciare nella
“prostituta d’Israele” tutta l’umanità, ma perché lì vi era il pozzo di Giacobbe, e lì vi era la
tomba di Abramo. Ogni Pasqua riconduce le ossa dei padri, che abbiamo portato con noi
dall’Egitto nel seno di Abramo.
Gesù porta tutte le nostra ossa con sé sulla croce, con sé nel sepolcro, e con sé nella danza
della risurrezione.
E per questo egli abbraccia e sposa tutta l’umanità, la prostituta Samaria, la sterile
Elisabetta, la straniera Rut.
* La donna Samaritana, Rut ed Elisabetta ci insegnano a levare i nostri occhi e scoprire
che i campi già biondeggiano... Rut e Elisabetta ci insegnano ad andare dietro ai mietitori. Ci
insegnano a vivere la nostra Pentecoste, la nostra mietitura. Ci insegnano a partorire un figlio
precursore e profeta. E non si può essere tutto questo se non nell’umiltà: “a me? proprio a
me?”
A me anziana e sterile? dice Elisabetta. A me straniera? dice Rut. A me prostituta? dice la
samaritana.
Allora riconosceremo il re mite e umile che viene e lava i nostri piedi:
“Signore, tu lavi i piedi a me?” [Gv 13,6].
Ed egli ci risponderà:
“Se non ti laverò, non avrai parte con me?” [Gv 13,8].
Egli lava i nostri piedi perché possano danzare dietro a lui, come chi spigola dietro i
mietitori, fanciulli nel grembo. Così la nostra vita di stranieri e forestieri (ma non Babele,
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Pentecoste!) nello stupore di essere accolti e presi come sposa, sarà un reciproco lavarsi i
piedi gli uni gli altri, per giungere preparati alla grande festa di nozze. Stranieri, perché
cittadini del cielo.
Ogni uomo e fratello che per noi è straniero diventa la profezia vivente che ci ricorda
l’universale chiamata a riconoscerci tutti ospiti in questa terra e cittadini del cielo.
“È veramente straniero sulla terra colui che è concittadino dei santi, familiare di Dio, e
possiede in cielo il suo tesoro” [Ambrogio]
“Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e
familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come
pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per
essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per
diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” [Ef 2,19-22].
Umiltà, profezia, e vincolo di concordia ed unità...
“Tutti vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti
tempio...
... l’azione di ricondurre all’unità è la costruzione del tempio di Dio...
... Dio si è degnato di abitare nei singoli e in mezzo alla concordia di tutti...
... sono diventati templi di Dio non soltanto i singoli, ma tempio di Dio tutti insieme [...]”
[Agostino d’Ippona, citazioni da testi vari]
44
Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel
mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha
detto».
Il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. “Ha sussultato di gioia”. L’evangelista
Luca utilizza lo stesso verbo che porrà sulle labbra di Maria quando canterà nel Magnificat “il
mio spirito esulta in Dio!”.
Come Giovanni sussulta di gioia, danza nel grembo di Elisabetta, così Maria esulterà (è lo
stesso verbo!) in Dio, danzerà nel grembo di Dio.
Il bambino Giovanni, danzando nel grembo, annuncia a tutti gli uomini che ogni nostra
vita è una danza nel grembo di Dio Padre. Penso ancora alla Madonna del parto di Piero della
Francesca.
“Abitano l’uno nell’altro, chi contiene e chi è contenuto. ... Dio abita in te, ma per
contenerti” [Agostino d’Ippona]
Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto. Maria è
chiamata beata perché ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore.
Adempimento. Il termine greco «teleiosis» significa portare alla fine, alla compiutezza.
«Tetelestai» “tutto è compiuto” (cf Gv 19,30), sarà l’ultima parola pronunciata da Gesù sulla
croce.
La Parola che era in principio si è fatta carne.
La Parola che è stata donata sul Sinai a Mosé è divenuta legge, pietra, pane di vita, carne
crocifissa. L’impegno del credente di realizzare la propria vita come sefer torah, rotolo della
legge, dalla prima lettera (alef= puro soffio dello Spirito) all’ultima, la tau, la croce, si compie
nel Cristo venuto nella carne.
Nell’Annunciazione Maria ha contemplato come in un istante tutto il mistero del suo
Figlio e Padre e Spirito. E ora Elisabetta e in lei tutta la creazione riconosce come beatitudine,
come benedizione, il credere all’adempimento di questa Parola. Credere che è aderire,
31
sposare, accogliere nel grembo, partorire... Per entrare nella sua «gloria», nel suo grembo
gravido.
È il senso di ogni nostra vita e di ogni nostra morte: aprire il nostro corpo a Lui perché
Egli aprendo i cieli accolga noi nel suo corpo glorioso:
“Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e
contro vi era posta una pietra.
Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già
manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se
credi, vedrai la gloria di Dio?». [Gv 11,38-40]
“Se credi, vedrai la gloria di Dio!”.
Ascoltando le parole di Gesù a Marta, pensiamo come rivolte al tempio del nostro corpo
queste parole di Gesù:
“Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo
adornavano, disse: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà
pietra su pietra che non venga distrutta»” [Lc 21,5-6].
Dal tempio di pietra al tempio del nostro corpo. Le belle pietre e i doni votivi richiamano i
gioielli ed i monili dell’abito della sposa...
“Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli”. [Is 61,10]
Guardando questo tempio del nostro corpo, fragile, diviso e destinato a morire e a
putrefarsi, facciamo nostre le parole che il profeta rivolge guardando le rovine del tempio di
Gerusalemme, dopo l’invasione di Nabucodonosor:
“Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne:
il nemico ha devastato tutto nel tuo santuario.
Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio,
issarono i loro vessilli come insegna” [Sal 73,3-4].
E preghiamo anche noi, già ora, le stesse parole del Salmo che Gesù canta al Padre
nell’Introito della Messa della Risurrezione:
“Io sono sempre con te!”
Ecco allora che le nostra ossa portate dall’Egitto oltre la soglia, nel corpo e tempio di
Cristo crocifisso, morto e risorto, ora danzano:
“La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose
nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt'
intorno accanto ad esse. Vidi
che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. [...]
Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete”.
[Ez 37,1 ss]
Abbiamo accolto la tua Parola che si sintetizza nel tuo Nome: Io sono con te! E fatti un
tutt’uno con questa tua Parola e questo tuo Nome, già ora riconciliati nell’unità del tuo Cuore
mite ed umile, accogliamo il dono del tuo Spirito e già ora anche noi cantiamo nella gloria
della tua Risurrezione:
“Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
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Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria” [Sal 72,23-24].
* “Glorificate dunque Dio col vostro corpo” [1 Cor 6,20].
Accogliamo quindi il Verbo nel nostro corpo mortale per entrare nel suo Corpo glorioso.
Accogliamo quindi il Verbo nella nostra gloria (dove gloria non è vanagloria, superbia,
peccato antico, ma dolce peso, piccola nube e umile gravidanza)... per entrare nella sua
gloria... Noi non dobbiamo certo essere vanagloriosi, ma gloriosi sì. Questa è la nostra
chiamata:
“Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli [...]. Ma Dio ha scelto ciò che nel
mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per
confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è
nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a
Dio.
Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi
sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto:
Chi si vanta si vanti nel Signore”. [1 Cor 1,26-41]
* In questo è glorificato il Figlio.
“È giunta l'
ora che sia glorificato il Figlio dell'
uomo.
In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto” [Gv 12,23-24].
Egli è insieme chicco e seminatore che gode e danza insieme a noi chiamati ad essere
mietitori, e spigolatrici dietro i mietitori:
“... Gesù disse: «Ora il Figlio dell'
uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato
in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo
glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come
ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Vi do
un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi
anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete
amore gli uni per gli altri»”. [Gv 13,31-35]
Beata colei che ha creduto... Per questo alla donna che dice beato il grembo che lo ha
generato, Gesù risponde spostando l’attenzione alla Parola di Dio. Parola ascoltata e vissuta.
Parola che è Egli stesso, il Cristo, e che si è rivelata nella sua carne come amore
incondizionato, fino alla fine, fino alla morte, e alla morte di croce:
“... una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: «Beato il ventre che ti ha portato
e il seno da cui hai preso il latte!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano
la parola di Dio e la osservano!»”. [Lc 11,27-28]
Tetèlestai. Tutto è compiuto. L’Amore materno (Rechem) e sponsale (Hesed) è portato
alla fine, alle estreme conseguenze.
Il compimento è la croce, il sepolcro, il giardino.
Il compimento è un concepimento: la croce è un grembo.
Il seme e chicco ha dato il suo frutto.
In questo è glorificato il Padre...
* In questo è glorificato il Padre:
“Rimanete in me e io in voi. [...] In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto
frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch'
io ho amato voi.
Rimanete nel mio amore” [cf Gv 15].
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Che portiate frutto. Inabitata da questa Parola, Maria non può che muovere i suoi piedi
verso la montagna dove il suo Figlio fiorirà frutto di salvezza sull’albero della croce... non
può che entrare nella città santa dove il suo Figlio inaugurerà una nuova eucaristìa nel suo
corpo e nel suo sangue e rendere grazie; non può che imparare dal Figlio che sussulta in lei a
sussultare nel grembo di Dio...
Profezia vivente del suo Figlio, Maria magnifica il Signore:
~
“L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”!
“Beata - dice Elisabetta - tu che hai creduto. Ma anche voi siete beati, perché avete
udito e avete creduto: ogni anima che crede, concepisce e genera la Parola di Dio e
riconosce le sue opere. Che in ciascuno sia l’anima di Maria, per glorificare il Signore;
che in ciascuno sia lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se corporalmente c’è una
sola madre di Cristo, secondo la fede Cristo è generato da tutti; ogni anima infatti riceve
il Verbo di Dio in sé [...].
Ogni anima, dunque, che sa essere così, magnifica il Signore, come l’anima di Maria
l’ha magnificato e il suo spirito ha esultato in Dio salvatore”. [Ambrogio]
~
“L’anima mia magnifica il Signore... Tutta la nostra vita magnifica il Signore... e il mio
spirito esulta in Dio mio Salvatore”! Esulta, danza in Dio mio Salvatore, mio... Gesù. Voglio
danzare, dice Maria, nel grembo del mio figlio, Gesù.
“Signore, mio Dio, quanto sei grande!” [Sal 103,1]
Ma... “Tu stendi il cielo come una tenda. [Sal 103,2]
E io... “dimorerò nella tua tenda per sempre
all’ombra delle tue ali troverò riparo” [Sal 60,5];
“cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra,
e la mia vita, che tu hai riscattato!” [Sal 70,23].
“ Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
poiché buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione” [Sal 99].
L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore!
34
4 - quarta meditazione ~ Figlia del tuo figlio
Il canto del deserto e delle ascensioni
FIGLIA DEL TUO FIGLIO
Maria esulta nel grembo del suo Figlio
46
Allora Maria disse...
Dall’Annunciazione alla Visitazione...
Dall’Ave dell’angelo e dall’Ecce ancilla Domini di Maria al Magnificat... c’è questo
alzarsi, uscire, andare...
~
Tutta la Parola, rivelata fino a lei e che in lei si è fatta carne, non è infeconda! [cf Lc 1,37].
Tutta la Parola, Pan Rema, canta nel suo cuore, esulta sulle sue labbra. Possiamo riconoscere
nel suo canto l’eco, la risonanza e la fecondità di tutta la Parola, proprio perché lei è un
tutt’uno con la Parola. È Sposa, è Madre, è Figlia.
“ Siate misericordiosi,
come è misericordioso il Padre vostro” [Lc 6,36].
Maria ha pregato “mostrami, Signore, la tua Misericordia”.
Ed ora il Signore dice a lei e a noi: siate Misericordiosi, come il Padre vostro. Divenite
cioè l’uno per l’altro Madre e Sposo, grembo gravido e amore fedele...
Ripenso allora a Maria (memoria della Pasqua di Mosé; profezia della Pasqua del suo
Figlio) che si alza, ed esce e attraversa il deserto e sale la montagna di Sion.
Il Signore è la mia forza,
egli rende i miei piedi come quelli delle cerve
e sulle alture mi fa camminare” [Ab 3,18-19].
Il suo camminare fino alla casa di Elisabetta è memoria della pasqua del suo popolo che
esce dall’Egitto, attraversa il deserto, raggiunge il monte Sinai e quindi arriva alla terra
promessa, ai monti di Sion dove costruirà una stabile dimora per il Dio-con-noi.
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Il suo camminare fino alla casa di Elisabetta è profezia della Pasqua del suo Figlio.
È profezia e modello del cammino di ogni uomo innestato nella Pasqua del Figlio...
Il suo è un esodo, quindi, una pasqua, un pellegrinaggio. E immaginiamo allora che in
questo pellegrinaggio il suo cuore canti come i pellegrini nei canti delle Ascensioni.
E mentre i suoi piedi corrono sulle alture agili come quelli di una giovane cerbiatta, e
mentre le sue labbra intonano questi canti, nel suo cuore si radunano le voci di tutto il suo
popolo, di tutta l’umanità in attesa, perché ha gridato al Signore ed egli ha risposto.
Nel suo canto e nel suo pellegrinaggio c’è il canto e il cammino di tutta l’umanità nella
Pasqua verso la casa del Padre.
“Nella mia angoscia ho gridato al Signore
ed egli mi ha risposto” [dal Sal 119]
In queste due meditazioni che precedono ancora la Lettura del Cantico, mi sono lasciato
portare ancora dall’immagine dei piedi di Maria che camminano nel deserto e preparano il
suo cuore e le sue labbra ad esultare come una pellegrina nel canto delle Ascensioni e come
un’umile innamorata del Verbo che cammina nel deserto della Parola.
Come due piccole Contemplationes, aiutati dalla Parola di Dio che canta in noi...
* il canto delle Ascensioni [i salmi 120-133]
Maria con le voci di tutte le generazioni del suo popolo radunate nel cuore alza gli occhi a
quei monti verso i quali i suoi piedi si stanno avviando:
“Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'
aiuto? [...]
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri,
da ora e per sempre” [Sal 120]
E nel camminare sotto la nube gloriosa, potente e feconda dell’Altissimo, cresce la gioia...
“Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore»” [dal Sal 121]
Allora Maria alza ancora gli occhi al suo Signore che abita i cieli e l’ha chiamata a questo
monte, a questa casa, a questa tenda, a questo grembo. Alza gli occhi ripetendo nel cuore il suo
“Eccomi, sono la serva del Signore”.
“A te levo i miei occhi,
a te che abiti nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni;
come gli occhi della schiava,
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi”. [dal Sal 122]
Passo dopo passo porta in sé il canto di liberazione e di salvezza del suo popolo:
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“Se il Signore non fosse stato con noi [...]
Le acque ci avrebbero travolti [...]
Noi siamo stati liberati come un uccello
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati” [dal Sal 123]
Come il popolo attraversate le acque giunge al monte e qui viene generato come figlio e
fecondato come sposa da Jhwh con il dono del seme della sua Parola; ora Maria, che ha creduto
nel compiersi di questa Parola, è ella stessa monte santo, tenda, dimora stabile di Dio con noi:
“Chi confida nel Signore è come il monte Sion:
non vacilla, è stabile per sempre” [Sal 124,1]
Con tutto il suo cuore, unificato, stabile fortezza, canta di gioia:
“Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro»
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia” [Sal 125,2-3]
Ed è il Signore che fatto questa casa (non mani d’uomo, ma il Signore l’ha fatta).
“Se il Signore non costruisce la casa...” [Sal 126,1]
Ora è Maria che danza scoprendo che tutta la sua vita è nel grembo materno di Dio. Che il suo
cammino, che il suo esodo pasquale è questo scalciare nel ventre gravido del suo Dio. Il suo
stesso corpo è innalzato come un tempio sul monte santo...
“Le sue fondamenta sono sui monti santi;
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.[...]
Si dirà di Sion: «L'
uno e l'
altro è nato in essa
e l'
Altissimo la tiene salda».
Il Signore scriverà nel libro dei popoli:
«Là costui è nato».
E danzando canteranno:
«Sono in te tutte le mie sorgenti»”. [cf Sal 86]
E una voce salta fuori, esulta, danza da questa sua tenda, voce di gioia e di salvezza:
“Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
[...] Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti [...]
vox laudis et salutis in tabernaculis iustorum” [Sal 117,15]
Si sollevino davvero i frontali del tempio. Si allarghi davvero la tenda, si apra la terra... Per
questa porta entra Maria e in lei tutto il popolo e tutte le genti generate nella sua santa maternità a
rendere grazie. La pietra angolare di questo tempio, che abbraccia il cielo alla terra, attraverso la
quale il tempio come grembo aperto guarda il seme dello sposo fecondarla dal cielo, questa pietra
è il Figlio...
[...] Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
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La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'
angolo [pietra angolare]” [cf Sal 117]
Maria è un tutt’uno con la Parola. Danza nel figlio che danza in lei... Vergine Madre,
figlia del suo figlio (Dante, Divina Commedia, Paradiso, XXXIII,1), solo accettando di essere
madre può scoprire in pienezza la sua identità di figlia. La Parola si è incarnata in lei. Lei si
sente incarnata nella Parola.
Tutta la sua vita d’ora in poi sarà caratterizzata dalla sobria e discreta custodia della
Parola... È davvero beato quel grembo, come disse l’anonima donna a Gesù [Lc 11,27], ma
perché ha accolto, ascoltato, è divenuto un utt’uno con quella Parola, e tutta la sua vita è
stata l’adempimento di quella Parola.
“Maria... serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”
[Lc 2,19].
E così, come Maria, ognuno di noi..
“Se conserverai così la Parola di Dio, non c’è dubbio che tu pure sarai conservato da
essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà il grande Profeta che rinnoverà
Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa sua venuta intermedia farà in modo che
«come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine
dell’uomo celeste» (1 Cor 15,49). Come il vecchio Adamo si diffuse per tutto l’uomo
occupandolo interamente, così ora lo occupi interamente Cristo, che tutto l’ha creato,
tutto l’ha redento e tutto lo glorificherà” [Bernardo abate]
La mia anima, allora, ed il mio spirito. Tutta la mia vita! Il mio cuore e la mia bocca...
“Le mie labbra cantino le tue parole” [cf Sal 118,172]
* Il Salmo del cammino nel deserto della Parola [il Salmo 118]
Contemplo ancora Maria come culmine del cammino del suo popolo dalla montagna del Sinai
alla montagna della Croce. La contemplo mentre svolge la sua vita come Sefer Torah, rotolo della
Legge, della Parola. La contemplo mentre medita con tutto il cuore il Salmo 118, salmo
alfabetico, salmo della meditazione della Parola di Dio, salmo del cammino nel deserto della
Parola.
“Alef Beato l’uomo... che cammina nella Legge del Signore...
e lo cerca con tutto il cuore”.
Dall’Alef, puro soffio che ci riporta alla beatitudine di chi è creato da Dio e cammina nelle sue
vie, con tutto il cuore, un cuore integro, un cuore unificato, un cuore monaco...
Lettera per lettera di questa Parola, Maria rivive quanto è accaduto in lei e insieme canta la
profezia della sua esistenza e danza nel grembo del Figlio.
Perché come il Figlio è inchiodato al grembo della croce tutto abbracciato alla volontà del
Padre, così lei nel Figlio, null’altro vuole e desidera se non che si compia questa sua volontà.
“Bet - ... Conservo nel cuore le tue parole...
Benedetto sei tu, Signore,
mostrami il tuo volere...
Nella tua volontà è la mia gioia...”.
Lettera per Lettera canta tutta la Parola che in lei si è fatta carne... Lettera per lettera... Ghimel,
Dalet, He, Wau, Zain, Het, Tet, Jod...
La Jod, la più piccola lettera dell’alfabeto... “... non passerà neppure un iota o un segno
dalla legge, senza che tutto sia compiuto” [cf Mt 5,18 e Lc 16,17]. Questa lettera nel sistema
numerico ebraico ha il valore di 10, simbolizza «la mano», la mano di Jahwh, che ha fatto e
plasmato la sua creatura, e che la rigenera e feconda nel dono della sua Parola. Ma soprattutto,
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questa lettera, la più piccola dell’alfabeto e dell’intera Parola, è la lettera iniziale del nome santo e
impronunciabile di JHWH! Come potrebbe allora andare perduta!?
Dio è tanto grande da essersi fatto così piccolo... E con quale tenerezza allora Maria pronuncia
questa lettera che è anche l’iniziale del nome del suo Figlio, Gesù=Jhwh è Salvezza...
“Iod - Le tue mani mi hanno fatto e plasmato...
Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.”
E qui Misericordia è ancora «Rechem», grembo. Maria pregando questo salmo chiede
ancora che venga a lei la misericordia, grembo di Dio. Chiede che venga la sua Misericordia
(Rechem, grembo), nell’attesa della sua Salvezza, del suo Jeshû‘ah, Gesù.
Se Maria, vergine e madre, è “figlia del suo figlio”, Gesù è Figlio, è Sposo, è Madre.
“Tutta questa felicità l’abbiamo per grazia e per misericordia [...]. Gesù Cristo, che fa il
bene contro il male, è la nostra vera Madre: noi riceviamo il nostro essere da Lui, dove
inizia il fondamento della maternità, con tutta la dolce protezione dell’amore che ne
consegue senza fine [...]
Per questo è per Lui un dovere il nutrirci [...] ma la nostra carissima Madre Gesù è in
grado di nutrirci con se stesso, e lo fa, con grande cortesia e tenerezza, mediante il
sacramento beato che è il cibo prezioso per la vera vita; e con tutti i sacramenti egli ci
sostenta in pien ezza di misericordia e di grazia [...]
La nostra tenera Madre Gesù può familiarmente farci entrare nel suo petto benedetto
attraverso la ferita del suo costato [...]” [Giuliana di Norwich]
Allora attendo e mi consumo attendendo niente altro che te, Gesù!
“Caf - Mi consumo nell’attesa della tua Salvezza,
spero nella tua Parola” [Sal 118,81]
Non dobbiamo stupirci allora se il cantico di Maria è tutto intessuto di preghiere tratte del
primo testamento. Non è una somma di citazioni, e neppure l’espediente letterario
dell’evangelista... La «piena di grazia», rendendo grazie, non può che usare quella Parola, il
Figlio «pieno di Grazia», di cui è gravida, per cantare a Lui.
“Non temere, terra,
ma rallegrati e gioisci,
poiché cose grandi ha fatto il Signore [...]
Voi, figli di Sion, rallegratevi,
gioite nel Signore vostro Dio...
Mangerete in abbondanza, a sazietà,
e loderete il nome del Signore vostro Dio,
che in mezzo a voi ha fatto meraviglie”. [cf Gioele 2,2127]
Mangerete in abbondanza...
Prenderete parte al banchetto di Nozze del Figlio nel quale egli stesso si offre, cibo, pane di
vita, per una comunione piena...
Maria ha offerto il suo corpo, perché il Signore la accolga nel suo corpo offerto al Padre per la
comunione piena di ogni uomo...
Quale cosa allora meditare, ruminare nel suo cuore quella Parola che è in lei, e che si donerà
pane di salvezza sulla croce e sulla mensa dell’altare.
Lettera per lettera... Lamed, Mem...
“Mem - Quanto sono dolci al palato le tue parole”
[Sal 118,103].
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Il salmo è giunto alla lettera Mem, che richiama fortemente l’esperienza dell’esodo, avendo
questa lettera il valore numerico di 40 e simbolizzando le acque ed il Mare.
E Maria pensa all’altra Maria, sorella di Mosè e Aronne, che all’inizio del cammino di 40 anni
del popolo nel deserto al passaggio del mare canta e danza:
“Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un timpano: dietro a lei
uscirono le donne con i timpani, formando cori di danze. Maria fece loro cantare il
ritornello:
«Cantate al Signore
perché ha mirabilmente trionfato:
ha gettato in mare
cavallo e cavaliere!»” [Es 15,20-21].
E insieme vede il suo Figlio all’inizio dei 40 giorni nel deserto dire al nemico che “non di solo
pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).
Quanto sono dolci al mio palato le tue parole.
Quanto dolce quel frutto sulla croce.
Quanto dolce quel legno.
Quanto dolce quel pane sull’altare.
Lettera per lettera, dalla Mem alla Nun. Dalla Mem dal valore numerico di 40 alla Nun, dal
valore numerico di 50.
Nun, 50 come i giorni che portano dalla Pasqua a Pentecoste; Nun che simbolizza il pesce, la
balena, e quindi anche l’arca, ossia la rinascita della nuova creazione dalle acque (mem).
Cammina nel deserto alla luce di questa Parola:
“Nun - Lampada per i miei passi è la tua Parola,
luce sul mio cammino...”
Samech, Ain, Pe... E allora Maria apre anelante la bocca, in ebraico “Pe” e scalcita e freme
incapace ormai di contenere il suo Magnificat all’aprirsi delle acque, guardando la Parola
splendere come la colonna di fuoco nell’esodo del suo popolo:
“Pe - ...La tua Parola nel rivelarsi illumina...
... Apro anelante la bocca... Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola...”
[cf Sal 118,130-133].
Pe, Sade, Cof... Sa di essere ancora in cammino e già canta Magnificat e come popolo nella
notte invoca quel Dio che ha scelto di abitare nel suo grembo, lo invoca come suo salvatore:
“Cof - Io ti chiamo, salvami...
precedo l’aurora e grido aiuto...” [cf Sal 118,146-147].
Salvami!
Non solo chiamerà il suo figlio Gesù, Jaweh è Salvezza, non solo prega “sii tu la mia
Salvezza, sei tu il mio Gesù”, ma lo invoca “Salvami!”, fammi diventare in te, come tu sei in
me.
Accoglimi nel tuo corpo, come io ti ho accolto nel mio.
Figlio, fammi tua figlia.
Res, Sin, Tau, la croce...
La mia lingua canti le tue parole...
“O Gesù mio, voglio chiamarvi sempre Gesù, il vostro nome mi consola, e mi dà animo,
ricordandomi che voi siete il mio Salvatore, il quale siete morto per salvarmi...”
[Alfonso Maria De’ Liguori]
40
L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio spirito esulta in Dio... in Dio! mio Salvatore.
È la mia anima allora che magnifica... è il mio spirito che esulta... è tutta la mia persona!
Tutta la mia vita!
Perchè è questa mia vita che è stata visitata da Dio... è su questa mia vita che si è distesa la
sua Misericordia...
Siate Misericordiosi, come è Misericordioso il Padre vostro...
È tutto il nostro cuore, un cuore riconciliato in uno nel cuore di Cristo... un cuore tutto, un
cuore che in Lui è fatto integro, un cuore unito, un cuore monaco... che magnifica... esulta!
La mia vita magnifica il Signore!
Il mio spirito esulta in Dio. In Dio!
“Abbiamo accolto, o Dio, la misericordia in mezzo al tuo tempio”.
In questo nostro culto in spirito e verità non abbiamo più bisogno di templi se non della
tenda del tuo grembo, o Cristo.
Ogni nostra Chiesa è solo il sacramento vivente del tuo corpo.
Ogni nostro canto e ogni nostra danza è il sacramento della danza nel tuo celeste grembo.
Tu sei la pietra angolare e noi le pietre vive strette attorno a te.
Tu il cantore e noi la cetra.
E in questo tuo corpo abbiamo accolto la tua misericordia, danziamo nella tua
misericordia.
Quindi, “Maria disse: Magnificat!”.
Il canto che sgorga dalle labbra di Maria si eleva come una sinfonia di grazie di splendide
ed equilibrate proporzioni. Possiamo contemplare questo cantico come un polittico a tre tavole.
Le due tavole esterne si aprono come due ante, e quella centrale si rivela un centro che le unisce
e in un certo senso le genera e sostiene.
I - Nella prima tavola esterna vi è l’esultanza di Maria in Dio (vv 46-47) e la motivazione di
quest’esultanza, il riconoscimento dell’azione potente di Dio nella propria storia personale
(vv 48-49). Dio mi ha visitata. Dio è entrato nella mia vita...
II- Nella seconda tavola esterna si canta l’azione della Misericordia di Dio nella storia del
popolo di Israele (vv 51-54) e il compimento delle promesse fatte ad Abramo (v 55).
III- Al centro delle due tavole il v.50 (“di generazione in generazione la sua misericordia si
stende su quelli che lo temono”) è il culmine e insieme il motivo generatore dell’intero
cantico.
Il cuore che genera e unisce le altre due tavole: la «Misericordia», il grembo di Dio, nel
quale tutte le generazioni entrano e danzano...
La Misericordia, il grembo di Dio... E noi chiamati a danzare in questo grembo, per essere
come lui, misericordiosi. “Siate misericordiosi...”.
8 dicembre 2008, solennità dell’Immacolata Gianmartino Maria Durighello - via m.te Grappa, 3 32030 - Quero BL (0439 787824)
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