Le terapie fisiche nel trattamento delle patologie muscolo

29/04/2016
Medicina Fisica e Riabilitativa
A.A. 2015-2016
Prof. A. M. Previtera
La terapia fisica
Il termine fisioterapia (da φύσις, Natura e θεραπεία, terapia),
indica etimologicamente il trattamento terapeutico tramite la
Natura, cioè attraverso agenti fisici.
Gli agenti fisici possono essere classificati come termici, meccanici
ed elettromagnetici.
Alcuni agenti fisici rientrano in più di una categoria, come acqua
e ultrasuoni che possono avere effetti meccanici e termici.
L’utilizzo di mezzi fisici a scopi terapeutici è uno dei rimedi più
antichi a cui l’uomo è ricorso per alleviare le proprie sofferenze.
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Agenti fisici
Termici
Riscaldamento profondo
Ultrasuoni, diatermia
Riscaldamento superficiale
Hot pack
Raffreddamento superficiale Cold pack
Meccanici
Trazione, compressione
Trazione meccanica, bendaggio
elastico
Acqua
Whirlpool
Onde sonore
Ultrasuoni, onde d’urto
Campi elettromagnetici,
IR, UV, laser, magnetoterapia
Correnti elettriche
TENS, ionoforesi,
diadinamiche, interferenziali,
elettrostimolazioni
Elettromagnetici
Storia
Il mattone caldo o l’esposizione alla luce filtrata da teli di stoffa
colorata sono strategie terapeutiche presenti in antichissime
culture.
Ippocrate, nel V sec a.C. già usava il calore a scopo antalgico e
proponeva il trittico “calore, massaggio e ginnastica” che ancora
oggi costituisce la base della moderna cinesiologia.
Gli antichi Romani e Greci usavano il calore e l'acqua
(talassoterapia, psammoterapia, crenoterapia) a scopi salutari e
per trattare vari problemi muscoloscheletrici e respiratori.
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Nell'antico Egitto e soprattutto durante la V dinastia, si ricorreva
all'impiego di un pesce elettrico (Malupterus electricus, un tipo di
pesce gatto) per combattere il dolore.
Malapterus electricus, pesce gatto
elettrico del Nilo, può superare il
metro di lunghezza e i 18 kg di
peso. Alcune specie sono in grado
di produrre scariche di 350 V.
Era ben conosciuto nell’Antico
Egitto. Il pesce gatto elettrico è
raffigurato in una delle più antiche
iscrizioni geroglifiche egizie
rinvenute, la tavoletta di Narmer
(quintogenito del Re Scorpione)
risalente al XXXI secolo a.C.
Scribonius Largus, medico di corte dell’imperatore Claudio, in
Compositiones medicamentorum, pubblicato verso il 47-48 d.C.,
prescriveva le scariche elettriche della torpedine nera per il
trattamento della podagra, consigliando di mettere la torpedine
viva sotto i piedi del paziente fin quando la gamba non fosse
diventata insensibile.
Caratteristica della torpedine nera,
come di tutti gli appartenenti alla sua
famiglia, è la presenza, sul dorso, di
organi elettrici che producono
scariche fino a 200 volt, con una
potenza di 2000 watt
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Galeno (Pergamo, 129 – Roma, 216), medico romano,
consigliava il calore ottenuto da pietre riscaldate per curare il
torcicollo, la lombalgia e i reumatismi.
L'ambra fu usata nel 17° secolo per produrre elettricità statica
per il trattamento di malattie della pelle, infiammazioni ed
emorragie.
Nel 17° secolo erano utilizzate lamine d'oro per prevenire la
formazione di cicatrici deturpanti da vaiolo.
La luce solare era usata per la cura della tubercolosi, delle
malattie ossee, dermatiti e infezioni.
I bagni caldi con sale inglese (Epsom salts) erano usati per la cura
degli arti gonfi e dolenti.
L’esistenza degli ultrasuoni fu ipotizzata nel 1794 da Spallanzani
per spiegare la capacità dei pipistrelli di evitare gli ostacoli durante
i voli notturni.
Il primo impiego di ultrasuoni in terapia fisica risale al 1938, quando
furono usati su una donna affetta da lombosciatalgia.
Questa metodica è entrata a far parte delle tecniche terapeutiche
ufficiali solo nel 1949.
L'inizio della terapia fisica moderna può essere fatto risalire al 1800
quando, con la scoperta del metodo per produrre artificialmente
l'elettricità, ha preso il via l'elettroterapia moderna.
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Nei primi decenni dell'Ottocento, gli autori che hanno maggiormente
contribuito allo sviluppo dell'elettroterapia sono stati Faraday e
Duchenne de Boulogne.
Faraday ha scoperto il fenomeno dell'induzione elettromagnetica
e la corrente faradica.
Duchenne de Boulogne ha identificato i punti motori dei muscoli
e ha differenziato gli effetti della corrente continua da quelli della
faradica. Ha pubblicato nel 1855 un trattato di elettroterapia,
che è stato un classico per molti anni.
A partire dalla seconda metà dell'ottocento, l'elettroterapia ha
seguito due filoni di sviluppo.
Nel 1831 l’inglese Michael Faraday
(1791-1867) scoprì che in un circuito
elettrico si generano correnti
elettriche quando esso è immerso in
un campo magnetico che varia nel
tempo. Questo fenomeno si chiama
induzione elettromagnetica; le
correnti che esso genera sono dette
correnti indotte (Legge di Faraday:
un campo magnetico variabile
genera un campo elettrico).
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Duchenne de Boulogne (1806-1875) ha
identificato i punti motori dei muscoli e
ha differenziato gli effetti della corrente
continua da quelli della faradica.
Duchenne, inoltre, ha pubblicato nel 1855
un trattato di elettroterapia, che è stato
un classico per molti anni.
Il primo filone è stato quello trofico-antalgico, affermatosi all'inizio
con l’impego della corrente elettrica per l'anestesia dentaria.
Nel 1900, Leduc ha dimostrato che sotto l'azione della corrente
continua gli ioni medicamentosi possono attraversare la barriera
cutanea (ionoforesi).
Nel 1929-1950, P. Bernard ha scoperto la corrente diadinamica.
Nel 1950, Nemec, ha proposto la corrente interferenziale.
Nel 1970, dopo gli studi realizzati da Ronald Melzack e Patrick
David Wall sul gate control, è stata introdotta la TENS.
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Pierre-Denis Bernard, dentista francese, nel 1929 pubblicò «L'ionophorèse dentaire:
Etude théorique, expérimentale et clinique de la pénétration des ions dans les tissus
dentaires», Association typographique, 126 pagine.
La scoperta delle correnti dinamiche è stata casuale. Bernard stava effettuando su un
paziente una seduta di ionoforesi dentaria, quando il paziente gli fece osservare che il
trattamento, differenza delle altre volte, non era fastidioso, ma addirittura aveva eliminato
il dolore. Bernard si accorse che, a causa di un guasto, il generatore di corrente non
erogava corrente continua, ma una corrente ondulata che poteva essere responsabile
dell'effetto antalgico riferito dal paziente.
Iniziò così a studiare le correnti sinusoidali a bassa frequenza, in particolare quelle da
50 e 100 Hz, che facilmente potevano essere ottenute dalla corrente alternata pubblica.
Successivamente si accorse che impiegando correnti sinusoidali di 50 e 100 Hz si aveva
l'annullamento dell'effetto terapeutico dopo trattamenti di pochi minuti.
Per evitare questo inconveniente pensò di modulare l'intensità alla frequenza della
corrente proponendo cinque tipi di correnti diadinamiche, caratterizzate da differenti
combinazioni di frequenze.
Nel 1950, pubblicò «La therapie diadynamique», Les Editions Naim. Paris
Correnti diadinamiche
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Stéphane Leduc (01/11/1853 – 08/03/1939) biologo francese,
professore all’École de Médecine de Nantes, noto per gli studi
sugli effetti biologici della corrente elettrica.
Esperimento di Leduc
Leduc nel suo esperimento si servì di due conigli, collegati fra
loro tramite due elettrodi imbevuti d’acqua.
Lo scienziato pose sulla pelle del primo coniglio l'elettrodo
positivo, imbevuto di solfato di stricnina, e sulla pelle del
secondo l'elettrodo negativo, imbibito di cianuro di potassio.
Collegati gli elettrodi ad un apparecchio di corrente continua,
Leduc osservò che, erogando la corrente, entrambi i conigli
morivano: il primo intossicato dalla stricnina, il secondo dal
cianuro.
Invertendo la polarità non si verificava alcun evento.
Da tale esperimento Leduc dedusse che:
1) Gli ioni superano la barriera cutanea sotto l'impulso della
corrente continua.
2) Per avere la penetrazione degli ioni è necessario che la polarità
della sostanza farmacologica combaci con la polarità della
corrente.
Hans Nemec (Vienna, 06/07/1907 – 09/09/1981),
inventore della terapia interferenziale.
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Ronald Melzac (Montreal Quebec,
19/07/1929) psicologo canadese e
professore emerito alla McGill
University di Montreal, Quebec.
Patrick David Wall (Nottingham, 25/04/1925 –
08/08/2001 per cancro alla prostata).
Neurofisiologo britannico.
Il secondo filone è stato quello eccitomotorio, che ha portato alle
tecniche dell'elettrostimolazione muscolare e dell'elettrodiagnosi
Nel 1892, il biofisico Jacques-Arsène D'Arsonval scoprì che una
corrente alternata con una frequenza ≥10 kH produce nei tessuti
una sensazione di calore senza dolorose contrazioni muscolari o
fatali conseguenze, al contrario di quanto avviene alle basse
frequenze.
I suoi studi portarono all'impiego terapeutico delle onde medie,
poi abbandonate perché esponevano il paziente al rischio di ustioni.
All'inizio del 900 iniziava l'impiego terapeutico delle onde lunghe,
poi le onde corte (1928), le microonde (1946) e la laserterapia
(1960).
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Jacques-Arsène D'Arsonval, biofisico
francese.
(La Porcherie, Haute-Vienne, 1851 Limoges 1940)
L'impiego dei campi magnetici è iniziato nel 1970.
Il termine diatermia (διὰ, attraverso, e θέρμη, caldo), fu introdotto
nel 1907 da Karl Franz Nagelschmidt (1875/1952) per descrivere
il riscaldamento nel tessuto profondo attraverso la conversione
di correnti ad alta frequenza in calore.
Recenti acquisizioni di questo filone, sono la corrente di Kotz,
introdotta negli anni 70 e utilizzata in campo medico e sportivo
per il potenziamento dei muscoli normalmente innervati e la
stimolazione elettrica funzionale (FES).
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Il Dr. Yadov Kotsha è diventato famoso per aver utilizzato l’elettrostimolazione per
l’allenamento degli atleti dell’URSS e i suoi studi furono resi pubblici alle Olimpiadi di
Montreal del 1976.
La corrente utilizzata per la stimolazione degli atleti venne chiamata corrente russa (o
di Kotz) e cominciò ad essere utilizzata dagli atleti di altri paesi per divenire uno dei
mezzi dell’allenamento sportivo.
Kotz definì le caratteristiche della corrente che porta il suo nome:
• forma di corrente: sinusoidale;
• frequenza di 2500 Hz quando applicate al muscolo (1000 Hz se applicate direttamente
al nervo);
• erogazione per 10 s con treni di impulsi della durata di 10 ms seguiti da 10 ms di
pausa, alternata a 50 s di pausa, per evitare l’affaticamento precoce del muscolo,
che compare dopo circa 12/15 s di stimolazione continua, (Duty Cycle di 1:5).
Rispetto alle correnti eccitomotorie a bassa frequenza, questa corrente assicurava un
maggior reclutamento muscolare, un’azione in profondità e una maggiore tollerabilità.
Terapia Fisica e EBM
Ancora oggi, a differenza di altre branche della Medicina, le terapie
fisiche non rispondono pienamente ai criteri della moderna Medicina
Basata sulle Evidenze (EBM).
Esiste una carenza di letteratura scientifica che produca dati
incontrovertibili sull’efficacia di molte tecniche fisioterapiche.
La carenza di letteratura EBM in questo campo non deve essere
interpretata come prova d’inutilità terapeutica, ma piuttosto deve
essere correlata a vari fattori.
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• La difficoltà di lavorare in cieco, perché fisioterapista e paziente
sanno bene cosa stanno adoperando.
• La variabilità dello stadio clinico delle patologie, che rende
difficile selezionare campioni di pazienti omogenei.
• I pazienti sono solitamente trattati con una politerapia fisica,
che non consente di isolare gli effetti specifici di una singola
terapia.
• La difficoltà a eseguire fοllow up in tempi utili per la ridotta
compliance dei pazienti.
• La difficoltà nel reperire finanziamenti per la ricerca, problema
generale, aggravato dal fatto che il ritorno economico della
ricerca per le aziende che producono apparecchiature per le
terapie fisiche è modesto.
Spesso, le indicazioni delle terapie fisiche si basano su esperienze
empiriche e i meccanismi d’azione con i quali si giustificano i risultati
terapeutici sono spesso ipotetici e non dimostrati rigorosamente.
Tuttavia, la pratica clinica ha accreditato l’efficacia di molte tecniche
fisioterapiche, quando le indicazioni sono corrette.
A fronte di effetti terapeutici a volte assenti o incostanti, la
terapia fisica può presentare effetti collaterali anche molto gravi.
È indispensabile che gli operatori del settore abbiano una conoscenza
approfondita delle indicazioni e soprattutto delle controindicazioni.
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Omeostasi e stimolo energetico
Ogni substrato biologico tende a mantenere una condizione di
omeostasi, caratteristica degli organismi viventi rappresentante
lo stato di stabilità interna che deve mantenersi anche al variare
delle condizioni esterne attraverso meccanismi autoregolatori.
Il sistema omeostatico si basa su 3 componenti che sono in
relazione con un meccanismo a feedback:
 Recettore, che percepisce le condizioni esterne e interne.
 Centro di controllo, integratore, che decide cosa fare, dopo aver
confrontato la condizione rilevata dal recettore con quella ottimale.
 Effettore, che esegue ciò che è ordinato dall'integratore.
Feedback negativo: dopo uno stimolo destabilizzante, la risposta
dell'organismo, contraria allo stimolo, tende a ripristinare il sistema.
Feedback positivo: l'organismo risponde rinforzando l'azione dello
stimolo iniziale. Ciò destabilizza il sistema sino a quando un evento
esterno al circuito a feedback arresta la risposta dell'organismo.
Uno stimolo energetico efficace deve avere un'intensità tale da
superare la soglia d'equilibrio del substrato.
Lo stimolo deve essere, perciò, sopraliminale, ma contenuto entro
certi limiti, per evitare la distruzione del substrato.
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In alcuni casi, anche uno stimolo subliminale può diventare
efficace se protratto per un periodo sufficientemente lungo.
È importante regolare il rapporto tra intensità e durata dello
stimolo.
Tutti i substrati biologici tendono ad adeguarsi, entro un certo
tempo, a stimoli ripetuti con frequenza.
Quindi lo stimolo deve avere una curva d'impatto sul substrato
abbastanza rapida da evitare l'assuefazione.
La risposta fisiologica riflessa si può avere solo se il supporto
biologico, i circuiti afferente ed efferente sono integri e la
reattività del substrato è adeguata.
Se una situazione patologica impedisce la percezione dello
stimolo o la trasmissione della risposta, non si avrà effetto
terapeutico.
È il caso della somministrazione di calore in una zona di anestesia
cutanea per lesione di un nervo periferico o di un danno midollare,
che impedisce un'adeguata risposta neurovegetativa.
In queste condizioni, la somministrazione d'energia non avrà
effetti terapeutici e potrà anche danneggiare ulteriormente il
substrato.
Non esiste uno standard reattivo proporzionale.
Si riscontra sia una variabilità individuale della recettività e delle
risposte, sia una variabilità del grado di danno patologico, che
ha una propria dinamica evolutiva dall'esordio alla conclusione.
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Vari fattori rendono aleatorio lo standard reattivo:
• temperatura del recettore;
• soglia sensitiva individuale;
• tono vegetativo;
• livello metabolico;
• microclima del distretto cutaneo;
• condizione patologica del substrato, per es. stato flogistico.
Le tecniche eccito-metaboliche possono determinare un'esaltazione
sintomatologica nella prima fase del trattamento, detta crisi reattiva
che di solito si risolve dopo alcune sedute.
Talvolta la crisi reattiva è così intensa che è necessario interrompere
il trattamento.
Stimolo soglia
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Le basi fisiche
Le terapie fisiche si basano sul trasferimento d’energia tra strumento
e substrato biologico.
Qualsiasi interazione tra due corpi (sistemi atomici, stellari o
macchina/substrato) è riconducibile a 4 interazioni fondamentali:
nucleare debole, nucleare forte, elettromagnetica e gravitazionale.
Interazione
Gravitazionale
Teoria attuale
Relatività generale (GR)
Nucleare debole Teoria elettrodebole
Mediatori
Magnitudo
relativa
Raggio
d'azione
Gravitone (?)
1
∞
Bosoni W e Z
1025
10-18
Elettromagnetica
Elettrodinamica quantistica
Fotone
(QED)
1036
∞
Nucleare Forte
Cromodinamica quantistica
Gluone
(QCD)
1038
1,4 x 10-15
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Le interazioni nucleari riguardano i sistemi subatomici ed esulano
dal nostro interesse, mentre le interazioni elettromagnetica e
gravitazionale riguardano il mondo percepibile dai nostri sensi.
La principale responsabile dei trasferimenti energetici utilizzati in
fisioterapia è l'interazione elettromagnetica (EM).
L'interazione EM dovuta a onde EM (OEM) è ovvia, mentre è
meno intuitiva è la discendenza EM delle interazioni dovute a
energia termica o meccanica.
L'energia termica e meccanica rientrano in interazioni EM, perché
si esercitano e si propagano tramite l'azione reciproca di atomi e
molecole che interagiscono attraverso forze EM.
Gli atomi sono costituiti da un nucleo (protoni e neutroni) e da
elettroni orbitanti.
I protoni e gli elettroni hanno cariche opposte, per cui gli atomi
sono elettricamente neutri.
La forza EM residua permette ai vari atomi di legarsi insieme per
formare le molecole e le strutture più complesse: tutta la catena
della chimica e della biologia ha alla base l'interazione EM.
Gran parte delle forze che sperimentiamo ogni giorno, come il
sostegno del pavimento o l'attrito, deriva dalle forze EM che si
oppongono allo spostamento degli atomi o degli gli elettroni
dalla loro posizione di equilibrio in un materiale.
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Onde
Un’onda è una perturbazione che si propaga nello spazio trasportando
energia e non materia.
Il concetto che un'onda trasporti energia non è sempre intuitivo.
Per averne un'idea basta pensare alla luce del sole che fornisce
l'energia e rende possibile la vita sulla Terra o alle onde sonore
che possono rompere i vetri di una finestra o causare danni al
nostro orecchio.
Le onde meccaniche o elastiche si generano in un mezzo che per
deformazione è in grado di produrre forze elastiche di ritorno.
Queste onde possono viaggiare attraverso il mezzo e trasferire
energia da un punto all’altro, senza un trasporto di massa: ogni
punto oscilla attorno a una posizione fissa.
Le OEM, e a livello teorico le onde gravitazionali, possono propagarsi
nel vuoto.
Il suono
Il suono è un’onda meccanica che si propaga attraverso gas (per es.
aria), liquidi o solidi e che può essere percepita dall’apparato uditivo.
Le onde sonore sono longitudinali e non si propagano nel vuoto.
Quando un'onda sonora incontra un mezzo diverso da quello che
sta attraversando può essere riflessa o assorbita.
La riflessione dipende all'impedenza acustica specifica dei due
mezzi e avviene con un angolo di riflessione uguale a quello di
incidenza.
Nel caso di assorbimento, se l'onda raggiunge la superficie del
nuovo mezzo ortogonalmente, la trasmissione avviene in linea
retta, altrimenti si ha la rifrazione.
La frequenza influenza l'assorbimento delle onde sonore. Le onde
a frequenza maggiore sono assorbite prima.
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La velocità del suono nell’aria è di 331,5 m/s a 0°C (pari a 1 193,4
km/h) e di 343 m/s a 20°C
In generale, la velocità del suono varia secondo la relazione:
331,4 + 0,62·T [misurata in °C].
Le onde sonore in base agli effetti provocati sull'orecchio umano
e in base alla frequenza sono suddivise in:
• Infrasuoni: frequenza > 20 Hz, non percepibile dall'o-recchio
umano;
• Suoni udibili: frequenza compresa tra 20 Hz e 20 KHz.
• Ultrasuoni: frequenza superiore ai 20 KHz. In ambito
fisioterapico sono usati di solito ultrasuoni con frequenze di 1
o 3 MHz.
Mezzo
Aria
Acqua
Ghiaccio
Vetro
Acciaio
Piombo
Titanio
PVC (morbido)
PVC (duro)
Calcestruzzo
Faggio
Granito
Peridotite
Sabbia (asciutta)
Velocità (m/s)
343
1 480
3 200
5 300
5 200
1 200
4 950
80
1 700
3 100
3 300
6 200
7 700
10-300
Velocità del suono a 20° C e 1 atm
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La pressione sonora l'ampiezza dell'onda di pressione e nel SI si
misura in pascal (Pa).
Si definisce livello di pressione sonora (Sound Pressure Level,
SPL) o livello sonoro (Lp) la misura logaritmica della pressione
sonora efficace di un'onda meccanica rispetto a una sorgente
sonora di riferimento.
La pressione sonora di riferimento, p0, è rappresenta dalla soglia
uditiva a 1000 Hz in aria e corrisponde a 20 µPa.
𝑆𝑃𝐿 = 10 ∙ 𝑙𝑜𝑔10
𝑝2
𝑝02
= 20 ∙ 𝑙𝑜𝑔10
𝑝
𝑝0
.
In genere il SPL si misura in decibel sonori (dB SPL).
Il bel (B), è un'unità di misura relativa, con la quale una grandezza
fisica è paragonata a un valore di riferimento su scala logaritmica.
È spesso usato nel campo dell'acustica (potenza di un suono) o
delle radiazioni elettromagnetiche (in particolare per indicare il
guadagno o la perdita di un segnale radio).
È usato per esprimere il rapporto tra due grandezze omogenee
sotto forma di logaritmo decimale.
B = 𝒍𝒐𝒈
𝑵𝟏
𝑵𝟐
.
Poiché il Bel rappresenta un valore piuttosto grande, in pratica si
usa il suo sottomultiplo decibel, il decimo di bel. Se vogliamo
esprimere la precedente relazione in decibel, invece che in Bel,
dovremo moltiplicarla per 10, quindi
dB = 𝟏𝟎 𝒍𝒐𝒈
𝑵𝟏
𝑵𝟐
.
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𝑵𝟏
Se 𝑵𝟐 = 1000, il log di 1000 è 3, quindi avremmo che N1 è 3 B o
30 dB più grande di N2.
Si osservino le seguenti relazioni:
- 3 dB = 100,3 = 1,995 ≈ circa 2;
- 6 dB = 100,6 = 3,981 ≈ circa 4;
- 9 dB = 100,9 = 7,943 ≈ circa 8;
- 12 dB = 101,2 = 15,848 ≈ circa 16;
- 15 dB = 101,5 = 31,622 ≈ circa 32.
Emerge chiaramente che, per ogni variazione di 3 decibel, la
grandezza misurata raddoppia.
Nel caso della pressione sonora, però il SLP è il logaritmo
decimale del rapporto tra il quadrato della pressione sonora e il
quadrato della pressione di riferimento.
Consideriamo il seguente esempio.
Sia p = 10 e p0 = 5: il valore p è il doppio del valore di riferimento.
Se non ci fossero i quadrati da considerare, avremmo che il
rapporto sarebbe 2, il logaritmo decimale di 2 è 0,3, cioè p
sarebbe maggiore di p0 di 3 dB.
Ma poiché
𝟏𝟎𝟐
𝟓𝟐
=
𝟏𝟎𝟎
𝟐𝟓
= 𝟒, il log di 4 = 0,60206, quindi  6 dB.
In conclusione, mentre nell'uso ordinario la grandezza misurata
raddoppia ogni 3 dB, in ambito acustico la pressione sonora
raddoppia (o si dimezza) ogni 6 dB.
Questo concetto è importante per valutare le pressioni sviluppate
attraverso le apparecchiature per onde d’urto.
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Onde elettromagnetiche (OEM)
Le OEM sono prodotte da particelle cariche in moto accelerato e
consistono in un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea
propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico
[E] e di un campo magnetico [H], oscillanti in piani tra di loro
ortogonali.
Le OEM, dunque, sono onde di campi, non spostano sostanze
materiali e si propagano nel vuoto perpendicolarmente al piano
identificato dalle direzioni delle due oscillazioni del campo
elettrico e del campo magnetico alla velocità costante [c] di
299 792 458 m/s
1 079 252 848,8 km/h
Campo elettrico
Come per il campo gravitazionale, si dice che una carica elettrica
genera attorno a sé un campo elettrico, in quanto modifica le
proprietà dello spazio circostante in modo che una qualunque
altra carica posta nelle vicinanze è sollecitata da una forza di
natura elettrica.
Il campo elettrico è dunque una regione dello spazio nella quale
la carica elettrica esercita una forza proporzionale alla carica
stessa.
Il campo elettrico è un campo vettoriale, perché caratterizzato da
una forza, quella elettrica, ed è conservativo.
Per descrivere il CE si utilizza il vettore campo elettrico E, che si
misura in V/m e che rappresenta la forza elettrica che agisce sull’
unità di carica.
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Campo elettrico. Le linee di forza nelle cariche positive sono uscenti e nelle cariche
negative sono entranti.
Campo magnetico
Il CM è il campo di forza prodotto da un magnete, da una
corrente elettrica o da un campo elettrico variabile nel tempo.
Con campo magnetico s'intende anche la grandezza fisica (H), che
indica la forza che agisce nel campo su un polo magnetico e si
misura in A/m (intensità del campo magnetico).
Per indicare un campo magnetico si utilizza un'altra grandezza,
l'induzione magnetica (B) o densità di flusso magnetico.
Il vettore d'induzione magnetica (B) si misura in tesla (T), nel SI, o
in gauss (G), nel sistema CGS.
1 T = 10 000 G e 1 G = 100 µT.
Il campo d'induzione magnetica B è un campo solenoidale.
La sorgente del maggior CM ambientale è la Terra stessa, che è
un grosso magnete orientato lungo l'asse di rotazione e che dà
un campo magnetico B dell'ordine di 30 - 50 µT. Questo campo è
presente ovunque.
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Campo d’induzione magnetica: solenoidale, linee di forza chiuse
Linee di campo magnetico di un magnete permanente (a), bobina cilindrica (b),
elettromagnete con nucleo di ferro (c), conduttore rettilineo da corrente (d), conduttore
ad anello percorso da corrente (e).
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Campo magnetico terreste in nanotesla
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Radioricevitore stereofonico
Ferro da stiro
Intensità del campo
elettrico (V/m)
180
120
Frigorifero
Frullatore
Tostapane
Asciugacapelli
TV a colori
Macchina da caffè elettrica
Aspirapolvere
Forno elettrico
120
100
80
80
60
60
50
8
Apparecchio elettrico
Lampadina
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Apparecchio
elettrico
Asciugacapelli
Rasoio elettrico
Aspirapolvere
Lampada a fluorescenza
Forno a microonde
Radio portatile
Forno elettrico
Lavatrice
Ferro da stiro
Lavastoviglie
Computer
Frigorifero
TV a colori
A 3 cm di
distanza (µT)
6 – 2000
15 – 1500
200 – 800
40 – 400
73 – 200
16 – 56
1 – 50
0,8 – 50
8 – 30
3,5 – 20
0,5 – 30
0,5 – 1,7
2,5 - 50
A 30 cm di
distanza (µT)
0,01 – 7
0,08 – 9
2 – 20
0,5 – 2
4–8
1
0,15 – 0,5
0,15 – 3
0,12 – 0,3
0,6 – 3
< 0,01
0,01 – 0,25
0,04 – 2
A 1 m di
distanza (µT)
0,01 – 0,03
0,01 – 0,03
0,13 – 2
0,02 – 0,25
0,25 – 0,6
< 0,01
0,01 – 0,04
0,01 – 0,15
0,01 – 0,03
0,07 – 0,3
<0,01
0,01 – 0,15
Campo elettromagnetico
Se un corpo carico d’elettricità è in quiete rispetto al sistema di
riferimento, si genera un campo elettrostatico (CE stazionario)
con intensità e verso indipendenti dal tempo.
Se un corpo carico d’elettricità si muove in linea retta con velocità
costante, si genera un campo magnetostatico (CM stazionario)
con intensità e verso indipendenti dal tempo.
Se un corpo carico d’elettricità si muove di moto accelerato, nel
sistema di riferimento si genera un campo elettromagnetico (CEM).
Il CEM è costituito da un CE e da un CM variabili nel tempo e
perpendicolari tra loro, che si propagano nello spazio con la
velocità della luce trasportando energia elettromagnetica.
27
29/04/2016
Ipotizziamo una carico immobile che genera una forza elettrica
nello spazio circostante (CE) che diminuisce col quadrato della
distanza.
Se la carica oscilla, il CE nei punti circostanti sarà perturbato a
causa dello spostamento della carica durante la sua oscillazione.
Ma una variazione di CE genera un CM e una variazione di CM
genera un CE.
Le oscillazioni del CE e del CM si propagano dalla carica generando
OEM.
Una seconda carica, fermo a una certa distanza dalla prima,
comincerà a oscillare non appena sarà investita dall’OEM.
Anche il CE della seconda carica sarà perturbato e genererà un
CM, consentendo la propagazione dell‘OEM in direzione
ortogonale a quella d’oscillazione.
Poiché gli e- sono le cariche più leggere, pesando 1836 volte meno
dei protoni, sono le cariche che sono accelerate più facilmente,
producendo così tutta la radiazione EM.
Se l'e- si muove di moto uniforme, si “trascina” dietro il proprio
CE (e CM) e NON emette OEM, ma se subisce una variazione di
velocità, il CEM inizia a oscillare e prosegue sotto forma d’onda.
L’OEM dipende dall'accelerazione e NON dalla velocità dell'e-.
L'intensità dell'interazione EM diminuisce col quadrato della distanza
tra le particelle interagenti.
Area = 𝟒𝝅𝒓𝟐
𝟒
Volume = 𝝅𝒓𝟑
𝟑
28
29/04/2016
Questo meccanismo può giustificare la trasmissione delle OEM
nella materia, ma nel vuoto, dove non ci sono più e- che oscillano?
Per giustificare la trasmissione delle OEM nel vuoto occorre fare
ricorso alla quantizzazione dell’OEM in fotoni, che avendo massa
nulla possono propagarsi su distanze enormi, anche per l'intero
universo! Quindi, il raggio d'azione dell'interazione EM è infinito.
Nel vuoto la velocità di propagazione delle OEM è costante e
indipendente dalla velocità della sorgente, dalla direzione di
propagazione e dalla velocità dell'osservatore.
Nei mezzi materiali, invece, la velocità delle OEM è inferiore rispetto
a quella nel vuoto ed è ridotta di un fattore, detto indice di rifrazione
[n], che dipende dalle caratteristiche del materiale e dalla λ della
𝒄
radiazione: 𝝂 = 𝒏.
Se ci troviamo vicini alla sorgente, sentiremo l’influenza dei CE e CM.
Poiché il corpo umano risente poco dei campi magnetici, in pratica
vicino alla sorgente sentiremo solo gli effetti del CE.
Se ci troviamo lontano dalla sorgente, il CE si riduce al punto da
diventare nullo, quindi ristenteremo solo dell’azione dei fotoni.
Il lontano e il vicino dipende dalla lunghezza d’onda dell’OEM.
Possiamo in modo semplicistico avere un’idea del «vicino» o
«lontano» considerando la lunghezza d’onda.
Saremo vicini alla sorgente se ci troviamo a una distanza inferiore o
comunque nell’ordine della lunghezza d’onda.
Saremo lontani se la distanza che ci separa dalla sorgente è
superiore alla lunghezza d’onda.
In pratica, basta conoscere la lunghezza d’onda di un’OEM per
prevedere quale può essere l’effetto sull’uomo.
29
29/04/2016
Se, per es., ci troviamo a un metro di distanza da una sorgente che
emette onde radio (con lunghezza d’onda dell’ordine di centinaia
o migliaia di metri), saremo molto vicini potremo risentire del CE,
ma non avremo alcun effetto radiante, anche perché i fotoni
avranno un’energia minima.
Se invece la sorgente emette onde con lunghezza d’onda nell’
ordine dei nanometri, a un metro di distanza dalla sorgente
saremo lontanissimi e il CE sarà nullo. Quindi risentiremo solo
dell’effetto radiante dovuto ai fotoni.
La corrente elettrica è un flusso di cariche elettriche, ma una
corrente genera un CM, tanto più intenso quanto maggiore è la
corrente.
Se in un filo del nostro impianto elettrico scorre una corrente,
intorno al filo si crea un CM, che diminuisce allontanandosi dal
filo, per cui a grande distanza il campo è in pratica nullo.
Se in un filo SINGOLO scorre una corrente di 10 A (vicina al massimo
che possiamo avere in un impianto domestico) questa produce a
20 cm di distanza dal filo un CM di circa 10 µT, ossia inferiore a
quello terrestre.
Il CM è ulteriormente ridotto perché in pratica abbiamo sempre
a che fare con 2 FILI: uno di ANDATA e uno di RITORNO.
La stessa corrente li traversa entrambi, ma in direzioni opposte.
Allora i CM generati da questi 2 fili si cancellano e lontano dai
due fili il campo complessivo è ZERO.
Anche in questo caso occorre intendersi su "lontano" e "vicino".
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29/04/2016
Il termine di riferimento è la distanza fra i due fili nel cavo. Se
questa per esempio è di 4 mm, allora già a 4 cm di distanza i campi
sono cancellati per il 90 %.
Se i 2 fili sono quelli di una linea bifilare elettrica ad alta tensione
e distano fra loro 2 metri, la stessa cancellazione si avrà a 20 m di
distanza dalla linea.
Il CM allontanandosi da una linea elettrica diminuisce quindi per
due motivi:
 i campi dei singoli fili decrescono;
 l'effetto schermante di un filo sull'altro aumenta.
Quando la corrente cessa di fluire, il CM sparisce.
Un qualunque apparecchio o elettrodomestico spento non genera
CM.
I CE e CM decrescono rapidamente quando ci sia allontana dalle
cariche che li generano (le sorgenti del campo).
Se però questi campi cambiano rapidamente nel tempo, danno
luogo a un'OEM.
La radio, la TV, i telefonini, fanno uso di frequenze elevate per
produrre onde e propagare i campi a grande distanza.
In un’OEM deve esistere sia il CE E che il CM H o B: la "miscela" di
CE e CM entro un'onda è regolata da formule ben note.
Se per un motivo qualsiasi uno dei due campi viene a mancare
deve mancare anche l'altro.
Non esistono quindi «onde magnetiche» isolate.
31
29/04/2016
Un'antenna è un conduttore che è percorso da una corrente
alternata rapidamente variabile nel tempo.
In trasmissione tale corrente è prodotta nei circuiti del trasmettitore.
In ricezione è invece indotta dalle OEM che si propagano nello
spazio.
Se l'antenna ha una lunghezza paragonabile almeno a 1/4 della
lunghezza d'onda del CEM, irradia o riceve onde con efficienza
ottimale.
Accorciando l'antenna l'efficienza si riduce rapidamente.
I telefonini hanno lunghezze d'onda intorno ai 15 cm, pertanto le
antenne hanno dimensioni dell'ordine di 3-7 cm.
Nel caso di impianti elettrici, delle apparecchiature elettriche e
degli elettrodotti non vi è produzione apprezzabile di OEM perché
la frequenza di 50 Hz è troppo bassa.
Considerando la relazione che lega la lunghezza d’onda (𝝀) e la
𝒄
frequenza (f): 𝝀 = 𝒇, dove c è la velocità della luce (299 792 458 m/s),
si può calcolare che la 𝝀 corrispondete all’OEM emessa dalla corrente
da strada è 5996 Km, per cui un'antenna efficiente dovrebbe
essere lunga almeno 1500 km.
In questo caso si hanno solo i campi da induzione diretta e il CE
e il CM sono in pratica "slegati" l'uno dall'altro.
Mentre è facile schermare il CE, è molto più difficile schermare il CM.
32
29/04/2016
In Italia molti edifici sono di cemento armato, per cui il CE non
penetra al loro interno, ma il CM non subisce attenuazioni
apprezzabili.
Nel caso delle basse frequenze (rete elettrica) siamo quindi più
esposti ai CM che a quelli elettrici, e appunto per questo motivo
la ricerca medica si è focalizzata sui campi magnetici a bassa
frequenza.
Radiazioni
Si definiscono radiazioni alcuni fenomeni di natura differente che
hanno in comune il trasporto di energia nello spazio.
Sono radiazioni la luce visibile, le onde radio, i raggi X, ecc.
Quando la radiazione interferisce con la materia, cede la sua energia
in varie forme, come per esempio il calore.
Le radiazioni si possono classificare in corpuscolate e non corpuscolate.
Le radiazioni corpuscolate sono i raggi α (atomi di elio con carica
+, emessi da vari elementi radioattivi), i raggi β (elettroni accelerati),
i protoni (nuclei d’idrogeno) e i neutroni.
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29/04/2016
Le radiazioni non corpuscolate sono le OEM, costituite da fotoni.
Rientrano in questa categoria i raggi infrarossi, la luce visibile, i
raggi ultravioletti, i raggi X e i raggi gamma.
L’energia di una radiazione può essere rappresentata come l’energia
cinetica delle singole particelle o dei fotoni ed è misurata in eV.
Un elettronvolt (eV) è l'energia acquistata da un e- libero quando
passa attraverso una differenza di potenziale elettrico di 1 volt nel
vuoto: 1 eV = 1,602 176 46 x 10-19 J (sono usati i multipli keV, MeV
e GeV).
Il MeV e GeV servono anche per misurare la massa delle particelle
elementari, usando l'equazione di conversione tra energia e materia
della relatività ristretta: E = m c2.
L’e- è una particella elementare con massa pari a 9,1 x 10–28 g
(0,511 MeV) e carica elettrica negativa di 1,602 10–19 Coulomb.
Il protone ha una carica uguale a quello dell'e-, ma di segno opposto,
e massa pari a 1,672 623 1 x 10-24 g o 938,28 MeV (1836 volte
maggiore di quella dell’e-).
A titolo d’esempio: l’energia di legame dell'e- al nucleo di idrogeno
è di 13,6 eV, l'energia rilasciata dalla reazione deuterio-tritio è
pari a 17,5 MeV, l'energia complessivamente liberata dalla fissione
di 1 nucleo di 235 U è di 211 MeV.
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29/04/2016
Radiazioni ionizzanti ed eccitanti
I fotoni delle radiazioni ionizzanti (raggi alfa, raggi beta, raggi
gamma, raggi X, protoni e neutroni accelerati) hanno maggiore
energia e interagendo con gli atomi riescono a espellerne gli e- più
esterni; il risultato è la ionizzazione degli atomi (ione positivo).
Per tale motivo, sono in grado di produrre una serie di effetti
fisiologici con il rischio di mutazione o cancro, che le radiazioni
non ionizzanti non possono produrre direttamente, qualunque
sia la loro intensità.
Le radiazioni eccitanti non hanno energia sufficiente a espellere
elettroni delle orbite esterne, ma provocano un aumento del
livello energetico degli atomi con cui interagiscono.
Rientrano in questa categoria i raggi UV e la luce visibile.
La soglia tra radiazioni ionizzanti e non ionizzanti si trova nella banda
dell’UV (circa 100 nm) ed è variabile secondo il tipo di atomo o
molecola irradiato.
Convenzionalmente si considera ionizzante una radiazione il cui
fotone ha un'energia >13,6 eV, che è l'energia di legame nello
stato fondamentale dell'unico elettrone dell'atomo di idrogeno.
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29/04/2016
Spettro elettromagnetico
Lo spettro elettromagnetico è l’intervallo di tutte le possibili
frequenze delle OEM.
Poiché la λ e la f di una radiazione sono inversamente proporzionali,
minore è λ, maggiore è f e quindi l’energia (E = n×h×f, dove h è la
costante di Planck e f è la frequenza dell’OEM).
L’occhio umano è in grado percepire OEM con λ tra i 380 e i 780 nm
(luce visibile). La massima sensibilità dell’occhio si ha attorno ai
555 nm (540 THz), in corrispondenza del colore verde.
Le OEM con λ minori sono i raggi UV, i raggi X e i raggi γ, che avendo
f > alla luce visibile, hanno maggiore energia.
Le radiazioni IR, le microonde e le onde radio, invece, hanno λ >
della luce, quindi trasportano energia inferiore.
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29/04/2016
37
29/04/2016
Banda ISM
Banda ISM (Industrial, Scientific and Medical) è il nome assegnato
dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) a un
insieme di porzioni dello spettro elettromagnetico riservate alle
applicazioni radio non commerciali, per uso industriale, scientifico
e medico.
Si tratta di una banda di frequenze lasciata di libero impiego solo
per le applicazioni che prevedono potenze molto limitate e
utilizzate all’interno di una proprietà privata (anche se, trattandosi
di OEM, è evidente la difficoltà a rispettare questa regola).
L’uso di queste bande può differire da stato a stato a causa di
specifiche regolamentazioni nazionali.
Frequenza
da
6,765
13,553
26,957
40,66
433,05
902
2,4
5,725
24
61
122
244
a
Hz
6,795
13,567
27,283
40,70
434,79
928
2,500
5,875
24,25
61,5
123
246
MHz
MHz
MHz
MHz
MHz
MHz
GHz
GHz
GHz
GHz
GHz
GHz
Bande ISM definite a livello mondiale dall’ITUR (ITU Radiocommunication Sector)
Le wireless LAN operano nella banda dei:
 2.4 GHz (IEEE 802.11b/g e Bluetooth)
 5.8 GHz (IEEE 802.11a).
Anche le OEM usate in fisioterapia rientrano
nelle bande ISM.
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29/04/2016
Elettrosmog
E’ chiamato elettrosmog il presunto inquinamento elettromagnetico
da radiazioni non ionizzanti (RNI), prodotte per es. da emittenti
radiofoniche, cavi elettrici percorsi da corrente alternata di forte
intensità (elettrodotti), reti per telefonia cellulare e telefoni cellulari.
L’opinione pubblica è interessata a causa di campagne promosse
da comitati di cittadini, associazioni e partiti d’ispirazione ambientalista,
che esprimono preoccupazione per la salute.
L’esistenza di un rischio concreto per la salute è però controversa.
Un effetto biologico non costituisce necessariamente un danno.
Affinché il danno si verifichi è necessario che l’effetto superi la
capacità di compensazione dell'organismo.
La Medicina Fisica sfrutta gli effetti biologici non dannosi delle RNI.
La modalità d’interazione delle REM con un sistema è influenzata
soprattutto dalla frequenza della radiazione.
L’accoppiamento fisico tra i CEM e gli oggetti biologici dipende dal
rapporto tra la dimensione dell’organismo esposto e la λ della REM.
Da un punto di vista elettrico, i tessuti biologici si comportano,
secondo la f e il tipo di tessuto, come dielettrici con perdite
variabili o come conduttori non sempre buoni.
I tessuti biologici non possiedono proprietà magnetiche significative,
quindi non interagiscono direttamente con i CM (sono pressoché
“trasparenti al campo magnetico”).
39
29/04/2016
In linea di massima, gli effetti biologici acuti oggettivi sono imputabili
alla densità di corrente indotta, a bassa f, e alla densità di potenza
assorbita (SAR), cioè al riscaldamento dei tessuti, ad alta f.
Gli effetti biologici a lungo termine, difficili da accertare, potrebbero
essere sintomi più o meno soggettivi (affaticamento, irritabilità,
difficoltà di concentrazione, diminuzione della libido, cefalee,
insonnia, impotenza, ecc.) o, secondo alcuni, gravi condizioni
come tumori e malattie degenerative.
10 mA/m2
20 Hz
Valore minimo per la generazione di fosfeni
(allucinazioni ottiche)
Valore minimo per la stimolazione dei recettori nervosi
100 mA/m2 10 ÷ 400 Hz periferici (percezione di formicolii e sensazioni
analoghe).
0,5 A/m2 10 ÷ 100 Hz
Valore tipico per la stimolazione di contrazioni nella
muscolatura scheletrica.
0,8 A/m2 10 ÷ 100 Hz
Valore minimo per l'eccitazione di extrasistoli
ventricolari.
2 A/m2
0,4 W/kg
10 ÷ 100 Hz
Soglia minima di innesco della fibrillazione
ventricolare con tempi di stimolazione di almeno 1 s.
> 100 kHz Soglia «termica» (SAR)
40
29/04/2016
La radiazione del corpo nero
Un corpo solido freddo non emette alcuna radiazione luminosa,
ma se la temperatura sale, comincia a cambiare colore e diventa
luminoso. Infatti, un metallo che diventa incandescente appare
prima rosso, poi arancione e infine giallo-bianco abbagliante.
Si definisce corpo nero un oggetto teorico che assorbe tutta la
REM incidente.
Perciò non riflette alcuna radiazione e, a temperatura ambiente,
appare completamente nero.
In verità nessun materiale assorbe tutta la radiazione incidente.
La grafite, per esempio, ne assorbe il 97%.
41
29/04/2016
Tutti i corpi che hanno una temperatura > di 0° K (-273,15° C)
emettono REM (radiazione termica dovuta al moto di agitazione
degli atomi che lo compongono), quindi anche un corpo nero
emette radiazione termica.
Il corpo nero, è un corpo in perfetto equilibrio termico che, per il
principio di conservazione dell’energia, irradia sotto forma di
radiazione del corpo nero tutta l’energia assorbita.
Non bisogna confondere la radiazione riflessa, che è assente nel
corpo nero e la cui  dipende dalla radiazione incidente, con la
radiazione irradiata, la cui  invece dipende solo dalla T del corpo
nero e non dalla forma o dal materiale di cui è costituito (radiazione
isotropa).
Il corpo nero appare nero a temperatura ambiente perché la
radiazione emessa è fuori dallo spettro visibile.
Temperatura del corpo nero e
λ max della radiazione termica
T °C
T °K
λ
Radiazione
-270,424
2,726
1,06 mm
Microonde
-100
173,15
16,7 µm
Infrarossi
-50
223,15
12,9 µm
Infrarossi
0
273,15
10,6 µm
Infrarossi
20
293,15
9,9 µm
Infrarossi
37
310,15
9,3 µm
Infrarossi
100
373,15
7,7 µm
Infrarossi
200
473,15
6,1 µm
Infrarossi
300
573,15
5,0 µm
Infrarossi
500
773,15
3,7 µm
Infrarossi
800
1 073,15
2,7 µm
Infrarossi
1 000
1 273,15
2,2 µm
Infrarossi
2 000
2 273,15
1,3 µm
Infrarossi
3 700
3 973,15
729 nm
Luce visibile
4 000
4 273,15
678 nm
Luce visibile
5 000
5 273,15
550 nm
Luce visibile
6 000
6 273,15
462 nm
Luce visibile
7 000
7 273,15
398 nm
Luce visibile
8 000
8 273,15
350 nm
UV
9 000
9 273,15
312 nm
UV
10 000
10 273,15
282 nm
UV
20 000
20 273,15
143 nm
UV
30 000
30 273,15
96 nm
UV
42
29/04/2016
Radiazione di un corpo nero con temperatura pari alla temperatura di
superficie del sole (5778° K)
L’effetto fotoelettrico
Nel 1880 Hertz, studiando la scarica dei conduttori elettrizzati
stimolata da una scintilla elettrica nelle vicinanze, si accorse che il
fenomeno è più intenso se gli elettrodi sono illuminati con UV.
La fisica classica non riuscì a spiegare il fenomeno fotoelettrico.
Fu Albert Einstein nel 1905 spiegò il fenomeno, estendo il concetto
di quanto, formulato da Planck.
Non solo i fenomeni di assorbimento ed emissione di energia sono
quantizzati, ma anche la radiazione elettromagnetica, in virtù del
fatto di veicolare energia, esiste in qualità di quanti di energia.
La luce quindi, secondo tale ipotesi, è composta da un flusso di
quanti di energia, definiti da Einstein quanti di luce e successivamente
fotoni.
43
29/04/2016
L’energia di un fotone è:
Maggiore è la frequenza, maggiore è l’energia del fotone, quindi
l’energia trasportata da un’OEM aumenta con la frequenza.
Einstein capì che un singolo fotone può interagire solo con un
singolo elettrone e questo può essere estratto solo se il fotone
ha un'energia pari o superiore al lavoro di estrazione necessario
per permettere all'elettrone di sfuggire dal fotocatodo.
Il discriminante del processo di estrazione è solo la frequenza del
fotone, indipendente dall'intensità della radiazione.
Anche in presenza di una grande quantità di fotoni incidenti, se
questi non posseggono singolarmente l'energia necessaria, sono
inutilizzabili ai fini dell'estrazione.
L'energia del fotone in eccesso rispetto al lavoro di estrazione è
ceduta all'elettrone e si converte nella sua energia cinetica.
L'energia cinetica dell'elettrone dipende solo dalla ν della OEM.
Maggiore è la ν, maggiore sarà l'energia cinetica del fotoelettrone.
Nel 1916 Einstein propose per il fotone anche una quantità di
moto (mv) che sulla base dei risultati della Relatività corrisponde
a p = h/λ = hν/c.
44
29/04/2016
Energia di ionizzazione
L'energia di ionizzazione (EI1)di un atomo o di una molecola è l’E
minima richiesta per allontanare un e- e portarlo a distanza infinita.
Dopo una prima ionizzazione, l’atomo si trasforma in un catione,
pertanto sarà più difficile sarà strappare un ulteriore e- . Quindi
l’energia di seconda ionizzazione (EI2) sarà maggiore e così via.
Per gli atomi, il numero delle EI è uguale a quello dei loro e- , quindi
anche al loro numero atomico.
L'EI1 è una proprietà periodica. Muovendosi lungo un periodo
della tavola periodica da sinistra verso destra EI1 aumenta, mentre
scendendo in uno stesso gruppo diminuisce.
Le molecole invece tendono a dissociarsi se private di e-, quindi
in genere non si può andare oltre la 1a o talvolta la 2a EI.
Hydrogen
Helium
Lithium
Beryllium
Boron
Carbon
Nitrogen
Oxygen
Fluorine
Neon
Sodium
Magnesium
Aluminum
Silicon
Phosphorus
Sulfur
Chlorine
Argon
Potassium
Calcium
Scandium
Titanium
Vanadium
Chromium
Manganese
Iron
Cobalt
Nickel
Copper
Zinc
Gallium
Germanium
Arsenic
Selenium
Bromine
Krypton
Rubidium
Strontium
Yttrium
Zirconium
Niobium
Molybdenum
Technetium
Ruthenium
Rhodium
Palladium
Silver
Cadmium
Indium
Tin
H
He
Li
Be
B
C
N
O
F
Ne
Na
Mg
Al
Si
P
S
Cl
Ar
K
Ca
Sc
Ti
V
Cr
Mn
Fe
CO
Ni
Cu
Zn
Ga
Ge
As
Se
Br
Kr
Rb
Sr
Y
Zr
Nb
Mo
Tc
Ru
Rh
Pd
Ag
Cd
In
Sn
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
E1
13,5984
24,5874
5,3917
9,3227
8,298
11,2603
14,5341
13,6181
17,4228
21,5646
5,1391
7,6462
5,9858
8,1517
10,4867
10,36
12,9676
15,7596
4,3407
6,1132
6,5615
6,8281
6,7462
6,7665
7,434
7,9024
7,881
7,6398
7,7264
9,3942
5,9993
7,8994
9,7886
9,7524
11,8138
13,9996
4,1771
5,6949
6,2171
6,6339
6,7589
7,0924
7,28
7,3605
7,4589
8,3369
7,5762
8,9938
5,7864
7,3439
E2
54,41776
75,64
18,21114
25,1548
24,3833
29,6013
35,1211
34,9708
40,96296
47,2864
15,03527
18,82855
16,34584
19,7695
23,33788
23,8136
27,62965
31,63
11,87172
12,79977
13,5755
14,618
16,4857
15,64
16,1877
17,084
18,16884
20,2924
17,96439
20,51514
15,93461
18,5892
21,19
21,591
24,35984
27,2895
11,0301
12,22
13,1
14
16,16
15,26
16,76
18,08
19,43
21,47746
16,90831
18,8703
14,6322
E3
122,4543
153,8966
37,93064
47,8878
47,44924
54,9355
62,7084
63,45
71,62
80,1437
28,44765
33,49302
30,2027
34,79
39,61
40,74
45,806
50,9131
24,75666
27,4917
29,311
30,96
33,668
30,652
33,5
35,19
36,841
39,723
30,71
34,2241
28,351
30,8204
36
36,95
40
42,89
20,52
22,99
25,04
27,13
29,54
28,47
31,06
32,93
34,83
37,48
28,03
30,5026
E5
217,7187
259,3752
64,4939
77,4735
77,41353
87,1398
97,12
98,91
109,2655
119,992
45,14181
51,4439
47,222
53,4652
59,81
60,91
67,27
73,4894
43,2672
46,709
49,16
51,2
54,8
51,3
54,9
57,38
59,4
64
45,7131
50,13
42,945
47,3
52,5
52,6
57
60,597
34,34
38,3
46,4
46
50
48
53
56
59
54,4
40,73502
E5
340,2258
392,087
97,8902
113,899
114,2428
126,21
138,4
141,27
153,825
166,767
65,0251
72,5945
67,8
75,02
82,66
84,5
91,65
99,3
65,2817
69,46
72,4
75
79,5
76,06
79,8
82,6
87
93,5
62,63
68,3
59,7
64,7
71
71,6
77
80,348
50,55
54,49
55
60
65
62
68
72
77
72,28
Antimony
Tellurium
Iodine
Xenon
Cesium
Barium
Lanthanum
Cerium
Praseodymium
Neodymium
Promethium
Samarium
Europium
Gadolinium
Terbium
Dysprosium
Holmium
Erbium
Thulium
Ytterbium
Lutetium
Hafnium
Tantalum
Tungsten
Rhenium
Osmium
Iridium
Platinum
Gold
Mercury
Thallium
Lead
Bismuth
Polonium
Astatine
Radon
Francium
Radium
Actinium
Thorium
Protactinium
Uranium
Neptunium
Plutonium
Americium
Curium
Berkelium
Californium
Einsteinium
Fermium
Sb 51
Te 52
I
53
Xe 54
Cs
55
Ba 56
La
57
Ce 58
Pr
59
Nd 60
Pm 61
Sm 62
Eu 63
Gd 64
Tb 65
Dy 66
Ho 67
Er
68
Tm 69
Yb 70
Lu
71
Hf
72
Ta 73
W
74
Re 75
Os 76
Ir
77
Pt
78
Au 79
Hg 80
Tl
81
Pb 82
Bi
83
Po 84
At
85
Rn 86
Fr
87
Ra 88
Ac 89
Th 90
Pa 91
U
92
Np 93
Pu 94
Am 95
Cm 96
Bk 97
Cf
98
Es
99
Fm 100
E1
8,6084
9,0096
10,4513
12,1298
3,8939
5,2117
5,5769
5,5387
5,473
5,525
5,582
5,6436
5,6704
6,1501
5,8638
5,9389
6,0215
6,1077
6,1843
6,2542
5,4259
6,8251
7,5496
7,864
7,8335
8,4382
8,967
8,9587
9,2255
10,4375
6,1082
7,4167
7,2856
8,417?
9,3
10,7485
4,0727
5,2784
5,17
6,3067
5,89
6,1941
6,2657
6,0262
5,9738
5,9915
6,1979
6,2817
6,42
6,5
E2
16,63
18,6
19,1313
20,975
23,15744
10,00383
11,059
10,85
10,55
10,72
10,9
11,07
11,25
12,09
11,52
11,67
11,8
11,93
12,05
12,176
13,9
15
16
16,1
17
17
17
18,563
20,2
18,7568
20,4283
15,03248
16,703
19
20
21
22
10,14715
11,75
11,9
E3
E5
25,3
44,2
27,96 37,41
33
42
32,123
46
35
46
35,84
49
19,1773 49,95
20,198 36,758
21,624 38,98
22,1
40,4
22,3
41,1
23,4
41,4
24,92
42,7
20,63
44
21,91 39,79
22,8 41,47
22,84
42,5
22,74
42,7
23,68
42,7
25,05 43,56
20,9594 45,25
23,3 33,33
22
33
24
35
26
38
25
40
27
39
28
41
30
44
34,2
46
29,83
50,7
31,9373 42,32
25,56
45,3
27
38
29
41
29
44
33
43
34
46
20
49
20
28,8
E5
56
58,75
66
57
62
62
61,6
65,55
57,53
60
61,69
62,66
63,23
64,76
66,46
62,08
63,93
65,1
65,42
65,58
66,8
68,38
45
48
51
54
57
55
58
61
64
68,8
56
61
51
55
59
58
62
65
Energia di
ionizzazione
10,6
11,2
11,8
12
45
29/04/2016
Molecola
I1 (eV)
Molecole diatomiche
omonucleari
H2
15,42593
O2
12,0697
N2
15,581
F2
15,697
Cl2
11,481
Br2
10,517
I2
9,3074
C2
11,4
P2
10,53
H2O
NH3
CH4
BH3
HF
HCl
HBr
HI
SiH4
PH3
H2S
Idruri
12,621
10,070
12,61
12,026
16,03
12,744
11,68
10,386
11,00
9,869
10,457
Molecola
I1 (eV)
Ossidi
CO
CO2
NO
NO2
N2O
SO2
SO3
14,014
13,777
9,2642
9,586
12,889
12,349
12,80
Molecola
I1 (eV)
Altre molecole
O3
H2O2
OH
N2H4
HCN
C2N2
HNO3
H2SO4
C2H2
C2H4
C2H6
C6H6
12,53
10,58
13,017
8,1
13,60
13,37
11,95
12,40
11,400
10,5138
11,52
9,24378
Alogenuri
BF3
15,94
BCl3
11,64
BBr3
10,51
CF4
16,2
CCl4
11,47
NF3
12,m94
NCl3
10,1
AlF3
15,45
AlCl3
11,38
SiF4
15,24
PF3
11,38
PF5
15,54
SF4
12,0
SF6
15,32
46
29/04/2016
Interazioni tra OEM e materia
Le OEM trasportano nello spazio e nel tempo l’energia prodotta
da una sorgente e assomigliano alle onde del mare. La differenza
è che il mare produce onde di materia (tridimensionali) anziché
di pura energia come le OEM (onde piane).
Quando le OEM interagiscono con la materia, si comportano come
particelle e cedono l’energia sotto forma di pacchetti di energia
(fotoni) pari a 𝑬 = 𝒉 × 𝝂, determinando una perturbazione dell’
energia degli atomi e delle molecole.
L’energia totale di un atomo, e quindi di una molecola, è quantizzata,
quindi può assumere solo determinati valori.
Il campo energetico è bidimensionale nello spazio e nel tempo, ma
il fotone, come qualsiasi particella di materia, diviene tridimensionale
nello spazio e possiede una sola dimensione temporale.
La trasformazione del continuum delle proprietà ondulatorie dell’
onda piana nel comportamento energetico discreto delle particelle
fotoniche, corrisponde a una trasformata di una componente del
tempo in una componente spaziale.
Tale mutamento è necessario affinché la radiazione, acquisendo
anch’essa la struttura di particella spazialmente tridimensionale,
possa interagire con la codificazione spazio/temporale propria della
materia.
Le OEM propagandosi nello spazio possono incontrare materia,
interagendovi con meccanismi diversi secondo il tipo e l’energia
della radiazione e le caratteristiche del materiale attraversato.
47
29/04/2016
Un atomo può essere descritto come composto di un nucleo (carica +)
nel quale è concentrata quasi tutta la sua massa, circondato da strati
di e- (carica -) disposti in orbitali circolari o ellittici attorno al nucleo.
Ogni orbitale corrisponde a un ben definito livello energetico: l’evi può ruotare senza perdere energia per irraggiamento.
Il numero di e- in ogni livello energetico varia secondo l'elemento e
ciascuna orbitale può contenere solo un certo numero di elettroni.
In un atomo stabile, gli e- ruotano negli orbitali col raggio più piccolo
possibile (stato fondamentale). Gli e- più interni sono più “legati”
rispetto a quelli collocati su orbite più esterne.
Gli atomi liberi di ciascun elemento allo stato di gas rarefatto
emettono e assorbono OEM, in particolare luce, solo in corrispondenza
di certi valori ben definiti della frequenza tipici dell’elemento.
SCAMBI DI ENERGIA
Gli scambi di energia dell'atomo con sistemi esterni avvengono
tramite i passaggi dell'e- da un'orbita a un'altra.
Il trasferimento di energia agli e- può avvenire in modi diversi, come
l’urto con un altro e- esterno o con un atomo. Nell'urto uno o più
e- possono acquistare energia e passare su orbite più lontane.
Numero quantico principale
(distanza dal nucleo):




Livello 1 ……………………. 2 eLivello 2 ……………………. 8 elivello 3………………………18 elivello 4……………………… 32e-
48
29/04/2016
Per esempio, nel 2° livello quantico, l’atomo raggiunge uno stato
fisico con 8 o 0 e- che gravitano in periferia.
Gli elementi che hanno da 1 a 3 e- nell’ultima orbita tendono a
sbarazzarsi di questi e-, mentre quelli che ne hanno da 5 a 7 etendono a incorporare e-.
Gli elementi che hanno 4 e- sono chiamati semiconduttori.
Così due atomi che hanno per es. 1 e 7 e- tendono a interagire con
un legame ionico.
Quando un e- assorbe l’energia di un fotone, salta dalla sua orbita
a un’orbita più esterna (stato energetico maggiore) e l’atomo si
dice eccitato. Se l’energia è notevole l’e- può essere espulso (atomo
ionizzato).
Per portare un e- su un'orbita più esterna (eccitazione dell’atomo),
si deve spendere una specifica quantità di energia, "energia di
eccitazione".
Dopo un tempo medio dell'ordine di 10-8 s, l'elettrone eccitato,
"salta" spontaneamente su di un'orbita di energia inferiore, ed
eventualmente sull'orbita fondamentale, la più interna.
La differenza di energia tra i due livelli orbitali può essere emessa
sotto forma di fotoni (OEM) ed è misurabile attraverso l'analisi dei
cosiddetti spettri atomici.
49
29/04/2016
In un atomo il passaggio di un e- da un orbitale a un altro con diverso
livello energetico (identificato dal numero quantico principale, n)
è detto transizione elettronica.
La configurazione a più basso contenuto di energia è lo stato
elettronico fondamentale.
Qualsiasi altra configurazione corrisponde a uno stato eccitato.
L’energia necessaria per una transizione tra due livelli elettronici
consecutivi è nell’ordine di alcuni eV.
L’energia dei fotoni luminosi, compresa tra 1,65 eV (rosso) e 3,3
eV (violetto), è sufficiente per determinare una transizione
elettronica.
Atomo di idrogeno
50
29/04/2016
I gas nobili (Elio, Neon, Argon, Kripton, Xeno, Radon e Ununoctio),
gas inerti che costituiscono il diciottesimo gruppo della tavola
periodica degli elementi. Sono costituiti da atomi con gusci
elettronici completi e, per tale motivo, si presentano in natura in
forma atomica.
Tutti gli altri elementi in natura sono combinati in molecole, ma
mentre l’atomo può assorbire energia solo attraverso una transizione
elettronica, una molecola può assorbire e cedere energia anche
attraverso altre modalità. Infatti in una molecola bisogna considerare:
 Transizioni elettroniche.
 Transizioni vibrazionali.
 Transizioni rotazionali.
L'energia richiesta per una transizione vibrazionale è quantizzata
(tra due livelli vibrazionali dello stesso stato elettronico: 0,5-0,01
eV) ed è relativa alle vibrazioni che interessano gli assi e gli angoli
di legame, cui sono soggetti gli atomi nelle molecole.
L'energia richiesta per una transizione rotazionale è quantizzata
(tra due livelli rotazionali: circa 10−5-10−3 eV) ed è relativa alla rotazione
della molecola che può avvenire secondo le tre direzioni nello spazio.
51
29/04/2016
I legami delle molecole e gli angoli di legame non sono rigidi, ma
possono vibrare, allungandosi, accorciandosi o piegandosi come
molle che rispondono alla legge di Hooke.
La molecola può assorbire energia solo per quantità discrete (per
quanti) e di conseguenza anche l’ampiezza della vibrazione varia
in modo discontinuo.
Anche nella molecola la configurazione elettronica a più basso
contenuto energetico è lo stato elettronico fondamentale.
Qualsiasi altra configurazione corrisponde a uno stato eccitato.
Poiché la differenza energetica tra lo stato fondamentale e il primo
e il primo stato eccitato è molto grande (alcuni eV), le molecole
tendono a occupare esclusivamente lo stato elettronico
fondamentale, nello stato vibrazionale a più bassa energia.
In una molecola ogni livello di energia elettronica è suddiviso in
un certo numero di sottolivelli vibrazionali, che causano modifiche
nella lunghezza di un legame e quindi nella separazione media dei
nuclei degli atomi che costituiscono la molecola.
L'ampiezza di ciascun modo di vibrazione può assumere infiniti
valori (fino ad arrivare alla rottura del legame), quindi una molecola
può esistere in infiniti stati vibrazionali.
Le vibrazioni molecolari sono di due tipi: stretching (stiramento)
e bending (piegamento).
52
29/04/2016
La frequenza di assorbimento è tanto maggiore quanto più il legame
è rigido.
La vibrazione di un doppio legame avviene a frequenza maggiore
di quella di un legame singolo, e quella di un triplo legame a
frequenza ancora maggiore.
La frequenza di assorbimento è tanto maggiore quanto minore
è la massa degli atomi coinvolti nella vibrazione.
Le vibrazioni che coinvolgono l’atomo di idrogeno avvengono a
frequenza maggiore di tutte le altre.
Se in una molecola ci sono più legami che possono vibrare (come
praticamente in tutte le molecole), essi non vibrano in maniera
indipendente, ma coordinata, e le vibrazioni riguardano l’intera
molecola.
La differenza di energia tra i due stati vibrazionali a energia più
bassa è dell’ordine di 0,1-10 kcal/mole (4,34 meV – 434 meV),
inferiore rispetto a due stati elettronici contigui, ma ancora
abbastanza grande, per cui a temperatura ambiente le molecole
tendono a occupare quasi esclusivamente lo stato vibrazionale
fondamentale (a livello energetico più basso).
1 kcal/mole = 0,043 364 - 1 eV, 1 ev = 23,06 kcal/mole
Una molecola in un qualsiasi stato vibrazionale associato a un
qualsiasi stato elettronico (stato vibro-elettronico) può esistere
in infiniti stati rotazionali, purché abbia la possibilità di ruotare.
Questo avviene allo stato gassoso a bassa pressione.
Allo stato gassoso ad alta pressione, allo stato liquido, in soluzione
o allo stato solido, la rotazione delle molecole è spesso limitata
perché la frequenza di collisione è superiore alla frequenza di
rotazione.
53
29/04/2016
Le transizioni rotazionali richiedono un’energia inferiore a quelle
vibrazionali. Esistono dunque livelli rotazioni tra due livelli vibrazionali.
Le differenze di energia tra i livelli vibrazionali e tra i livelli rotazionali
non sono costanti.
Al crescere del numero quantico vibrazionale [ν], i livelli vibrazionali
sono via via più ravvicinati: la differenza di energia tra due stati
vibrazionali adiacenti diminuisce da 0,5 eV a 0,01 eV.
Al crescere del numero quantico rotazionale [J], i livelli rotazionali
sono via via più lontani: la differenza di energia tra due stati
rotazionali adiacenti aumenta da 10−5 a 10−3 eV.
I livelli energetici degli stati vibrazionali corrispondono all’energia
dei fotoni IR, mentre quelli degli stati rotazionali corrispondono
all’energia dei fotoni MW.
Più precisamente, le transizioni tra livelli elettronici vibrazionali
riguardano IR aventi all’incirca lunghezza da 10−3 a 7∙10−7 m,
frequenza da 300 GHz a 400 THz, numero di onde da 10 a 14.000 cm−1.
Le transizioni riguardanti livelli energetici rotazionali coinvolgono
MW, aventi cioè all’incirca lunghezza da 0,3 a 0,001 m, frequenza
da 1 a 300 GHz, numero di onde da 0,03 a 10 cm−1.
Le eccitazioni promosse da questo tipo di OEM sono dette di pura
rotazione, in quanto avvengono senza che vari l’energia vibrazionale
o elettronica della molecola.
Le molecole sono libere di ruotare nello spazio solo in fase gassosa;
in fase liquida le rotazioni sono disturbate dagli urti e dalle
interazioni intermolecolari; in fase solida i moti rotazionali sono
addirittura impediti.
54
29/04/2016
Regione
spettroscopica
Numero
d’onda
Tipi di energia
molecolare
MW e IR lontano
0,03-30
Rotazionale
IR
30-3000
Vibrazionale
Rotazionale
Visibile e UV
3000-300 000
Elettronica
Vibrazionale
Rotazionale
55
29/04/2016
Il grafico non è in scala.
Se poniamo 1 la distanza tra
due livelli rotazionali, quella
tra due livelli vibrazionale è
200 e tra due livelli elettronici
è 40000.
56
29/04/2016
In un atomo una singola transizione elettronica da luogo a una
singola riga spettrale di emissione o assorbimento, ma in una
molecola una transizione elettronica è sempre accompagnata da
transizioni rotazionali e vibrazionali.
La molecola, mentre è eccitata elettronicamente, continua nello
stesso tempo a ruotare e vibrare. Quindi una transizione elettronica
molecolare non dà luogo a una singola riga, ma a un sistema di
righe detto banda, il cui massimo di assorbimento rappresenta la
λ max (ci saranno talmente tante transizioni che sarà impossibile
distinguere le une dalle altre).
Transizioni rotazionali: solo molecole con dipolo elettrico permanente
possono subire transizioni tra stati rotazionali differenti.
Transizioni vibrazionali: solo le vibrazioni che si accompagnano a
una variazione del momento di dipolo possono essere eccitate
dalla radiazione elettromagnetica. (Non è necessario che la
molecola possieda un dipolo permanente. E’ sufficiente che ci sia
un cambiamento del momento di dipolo, anche a partire da zero).
Transizioni elettroniche: la ridistribuzione elettronica deve modificare
il momento di dipolo.
57
29/04/2016
Energia traslazionale
In ciascun stato elettronico + vibrazionale + rotazionale, le molecole
si trovano in infiniti stati traslazionali, determinati da diversa
energia cinetica.
L’energia traslazionale è dovuta alla traslazione (spostamento)
della molecola.
Le differenze di energia tra i livelli traslazionali sono talmente
piccole che i gas si comportano come se disponessero di un
intervallo continuo di energia traslazionale (energia non quantizzata).
Allo stato solido, invece, questo tipo di energia è uguale a zero.
Energia interna
L’energia interna di una molecola poliatomica si può approssimare
come somma dell’energia rotazionale, vibrazionale ed elettronica
(dovuta ai livelli energetici). Occorre aggiungere anche l’energia
al punto 0, cioè l’energia posseduta a 0° K e dovuta solamente a
vibrazioni fondamentali.
L’energia totale della molecola può essere approssimata alla
somma dell’energia interna e dell’energia traslazionale.
L’energia cinetica totale di molecola è data dalla somma dell’energia
cinetica traslazionale, rotazionale e vibrazionale.
Molte molecole poliatomiche possiedono anche energia potenziale
sotto forma di legami chimici.
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Energia termica
L’energia termica è la forma di energia posseduta da qualsiasi
corpo che abbia una temperatura superiore allo zero assoluto.
Dal punto di vista microscopico, l’energia termica di un sistema
rappresenta l’energia cinetica media delle particelle del sistema,
che tiene conto dei movimenti di traslazione, di rotazione e di
vibrazione delle particelle e aumenta all’aumentare della T.
Quando un’OEM interagisce con la materia, il fotone può trasferire
la propria energia a una molecola, ma ci sono delle condizioni.
Infatti, il trasferimento di energia avviene per quanti.
Un fotone non può cedere parte della propria energia alla molecola:
o la cede tutta o per niente.
Una molecola può acquistare energia solo se il nuovo contenuto
energetico corrisponde a un possibile livello elettronico, vibrazionale
e rotazionale.
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Un fotone può trasferire la propria energia alla molecola solo se
questa corrisponde alla differenza di energia tra due livelli possibili
della molecola, solitamente lo stato fondamentale e il primo stato
eccitato.
Una molecola può compiere transizioni elettroniche o più spesso
transizioni vibro-elettroniche o solamente transizioni vibrazionali
(cioè passaggi dallo stato vibrazionale fondamentale al primo stato
vibrazionale eccitato, più raramente al secondo stato vibrazionale
eccitato).
Per compiere queste transizioni, la molecola deve interagire con
radiazioni i cui fotoni abbiano l’energia giusta.
Se l’energia è bassa si può avere una transizione rotazionale o
vibro-rotazionale, se l’energia è maggiore si può avere una transizione
vibro-elettronica.
Diagramma di Jablonski
Tipo di diagramma introdotto da Alexander Jablonski nel 1935, che
sintetizza le diverse trasformazioni che può subire una molecola
elettronicamente eccitata.
Se un fotone luminoso determina solo una transizione elettronica,
senza intervenire sull’energia cinetica della molecola, in teoria la
luce non dovrebbe determinare il riscaldamento del corpo illuminato.
In pratica, osserviamo che anche corpi illuminati con la sola radiazione
VIS, per esempio dentro una stanza con delle vetrate (il vetro blocca
gli IR e gli UV) possono riscaldarsi (transizione vibro-elettronica).
Un fenomeno analogo è il cosiddetto effetto serra (greenhouse
effect).
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In effetti, a differenza degli atomi, che non avendo stati vibrorotazionali, una volta eccitati possono diseccitarsi solo attraverso
la riemissione di fotoni, le molecole eccitate si possono diseccitare
con meccanismi diversi, anche non radiativi.
Le molecole, assorbendo radiazioni nella regione UV-VIS, sono
eccitate e passano dallo stato elettronico fondamentale (S0) a uno
stato elettronico eccitato (S1 o S2), distribuendosi in vari livelli
vibrazionali.
Subito l’eccesso di energia vibrazionale è ceduta attraverso
collisioni con le molecole vicine (rilassamento vibrazionale).
Così le molecole scendono rapidamente allo stato vibrazionale
più basso dello stato elettronico eccitato.
Successivamente la molecola può riportarsi allo stato elettronico
fondamentale disperdendo l’energia acquisita in due modi:
Processi non radiativi: l’energia in eccesso è trasferita ai gradi di
libertà vibrazionali, rotazionali, e traslazionali delle molecole
circostanti attraverso collisioni, favorite dalla maggiore energia
vibrazionale.
Processi radiativi: le molecole eliminano l’energia di eccitazione
in eccesso attraverso un fotone con energia inferiore e quindi con
λ maggiore di quello che aveva eccitato la molecola (fluorescenza,
fosforescenza) passando eventualmente attraverso uno stato
elettronico-vibrazionale intermedio tra S0 e S1, a cui segue un
altro rilassamento vibrazionale.
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L’energia può essere dissipata anche tramite una reazione chimica
di dissociazione: la molecola si dissocia e l’energia si converte in
energia traslazionale dei frammenti.
Questo spiega perché un corpo illuminato può riscaldarsi:
attraverso collisioni e vibrazioni molecolari aumenta l’energia
cinetica delle sue molecole.
Diseccitazioni di molecole eccitate
Transizioni radiative. Portano alla emissione di OEM.
Avvengono tra stati elettronici con lo stesso spin (fluorescenza),
con spin diverso (fosforescenza) o tra stati vibrazionali.
Le transizioni radiative tra stati vibrazionali hanno tempi più lunghi
di quelle tra stati elettronici e sono osservabili in fase gassosa.
Le transizioni avvengono seguendo la regola di selezione del ∆= ±𝟏.
Se le diseccitazioni vibrazionali sono inefficaci, l’emissione
(fluorescenza o fosforescenza) può avvenire da stati vibrazionali
eccitati.
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Transizioni non radiative. Processi che portano al cambio di stato
quantico della molecola senza essere accompagnati da emissione
di OEM.
I rilassamenti vibrazionali che avvengono in fase condensata
sono molto più efficienti che in fase gassosa. Le transizioni non
avvengono seguendo la regola di selezione del ∆= ±𝟏.
L’energia è rilasciata all’intorno come calore a seguito di collisioni
fra la molecola eccitata e quelle del solvente.
Il rilassamento vibrazionale in fase condensata porta rapidamente
a ottenere l’equilibrio termico dei livelli vibrazionali.
Altri rilassamenti non radiativi sono quelli intramolecolari (fra
stati quantici molecolari) che sono realizzati senza emissione di
radiazione elettromagnetica.
Processi di quenching. Sono processi in cui l’eccitazione è
trasferita ad altre molecole che sono in grado di interagire con la
molecola eccitata. Le reazioni sono bi-, trimolecolari.
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Il rischio elettrico
È il rischio derivante dall'uso di linee elettriche di distribuzione e di
dispositivi elettromeccanici o elettronici, è in pratica onnipresente. Il più
evidente: la folgorazione.
Corpo umano: complesso dispositivo elettrochimico, in cui digestione e
respirazione forniscono l'energia che va a caricare degli accumulatori
elettrici, mentre i nervi e i muscoli sono gli utilizzatori dell'energia.
Le tensioni in gioco nel corpo umano sono dell'ordine di frazioni di V e le
correnti che passano in ogni singolo microcircuito del corpo sono a
livello di milionesimi o miliardesimi di A.
La potenza applicata da un atleta durante uno sforzo è dell'ordine di
sole poche centinaia di W.
La potenza assorbita dall'organismo per le sue normali funzioni vitali
a riposo è intorno ai 100 W.
Se, dall'esterno, applichiamo una tensione elettrica, tutti questi
complessi circuiti tendono ad andare in tilt.
Poiché la resistenza del corpo è dell'ordine di qualche migliaio di Ω
(pelle asciutta) o di qualche centinaio di Ω (pelle umida o tessuti interni),
è sufficiente una tensione di pochissimi V per farci percepire una
sensazione di fastidio, dovuta all'alterazione dello stato d’equilibrio.
Se la tensione (CC) raggiunge qualche decina di V (da 30 a 50) ed è
mantenuta per un tempo sufficiente a sviluppare un significativo
passaggio di carica, gli effetti possono essere irreversibili e portare
anche alla morte.
Con la CA (50 Hz) l'organismo rimane fortemente perturbato già a
tensioni molto più basse.
CA: i mm si contraggano in modo del tutto anomalo (i mm della mano
che toccano un cavo elettrico si chiudono sullo stesso, impedendo
d’allontanarsi).
Le CA possono già essere pericolose intorno ai 15-20 V, e a 25 V
possono essere letali.
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La legge italiana, fin dal 1955, prevede rispettivamente i limiti di 50
(CC) e 25 (CA) V per indicare le tensioni dei conduttori che devono
essere sempre isolati dal contatto con la persona e dotati di circuito
di messa a terra.
Quelle al di sotto di tali valori si definiscono bassissime tensioni, tra
25 e 400 V (CA) e tra 50 e 600 V (CC) si hanno le basse tensioni, al di
sopra si hanno le alte tensioni.
In caso di folgorazione, cercando di soccorrere una persona colpita,
possiamo rimanere folgorati a nostra volta. Pertanto:
– È necessario allontanare il conduttore dal folgorato con una lunga
asta (un bastone, un tubo) di materiale isolante, pulito e asciutto.
– Staccare l'interruttore generale qualora non fosse già intervenuto
un circuito di protezione.
– Solo allora intervenire con le manovre di soccorso.
Il passaggio della corrente, anche quando non è immediatamente
causa di morte, può produrre delle necrosi (carbonizzazioni) dei
tessuti, come le ustioni che compaiono nel punto d'entrata e in
quello d'uscita della scarica elettrica, che possono avere anch'esse
gravi conseguenze.
Tutti gli apparecchi elettrici devono essere realizzati con strutture
esterne isolanti e/o con parti metalliche messe a terra, cioè collegate
elettricamente al suolo per disperdere la corrente evitando i rischi
per le persone.
La nostra pelle conduce molto di più la corrente quando è bagnata,
specie se è bagnata da soluzioni acquose che siano di per sé
conduttrici (solo l'acqua distillata, deionizzata, è un valido isolante).
Evitare sempre qualsiasi tipo d'attività che possa esporre a folgorazione,
quando si operi in ambienti umidi.
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Tutti gli impianti (inclusi quelli per la distribuzione di gas o dell'acqua)
devono essere realizzati da personale specializzato e "a regole d'arte.
Da quando non esistono più le botteghe rinascimentali, quest’espressione
significa "nel rispetto delle norme tecniche unificate", come sono
per esempio le norme CEI che valgono in Italia nel settore elettrotecnico,
e naturalmente le leggi come la n. 46/901.
Questi impianti devono anche essere periodicamente revisionati e
controllati, soprattutto per verificare il buon funzionamento dei
meccanismi di protezione.
Tutti i circuiti civili e industriali devono essere dotati di dispositivi di
protezione automatica: in base alle caratteristiche del circuito, dalle
valvole a fusibile, in cui un sottile filo metallico fonde quando è
attraversato da una corrente eccessiva, agli interruttori magnetotermici e differenziali che proteggono sia dai corti circuiti (contatti
fra due conduttori senza che vi siano utilizzatori che assorbono la
potenza), sia dalle scariche a terra (dovute per esempio al contatto
fra il nostro corpo e un elettrodomestico non isolato).
È poi necessario che l'interruttore manuale d'apertura del circuito,
posto sul quadro elettrico generale o su quadri secondari, sia
facilmente accessibile specialmente in condizioni d'emergenza.
Meglio esagerare con i dispositivi di protezione e sezionare le varie
linee elettriche in tanti tratti separati, ognuno dotato del suo
interruttore manuale o automatico.
Tale separazione, fra l'altro, consente più agevolmente di staccare
dalla linea tutti gli apparecchi non in uso, per es. durante la notte,
lasciando collegati permanentemente solo quelli che devono restare
sempre in funzione (antifurto, segreteria telefonica, frigorifero...).
Con o senza la possibilità di frazionare il circuito, resta sempre la
necessità di staccare tutte le spine che non siano in uso o non
debbano esserlo entro breve tempo, a meno che non siano state
progettate e realizzate per un uso permanente.
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Gli ambienti di lavoro devono anche essere obbligatoriamente dotati
anche d’illuminazione di emergenza, cioè di un circuito ausiliario a
batteria, separato da quello principale, che attivi automaticamente
delle lampade (ed eventualmente degli allarmi) quando manchi la
corrente: le lampade di sicurezza consentono l'evacuazione in caso
di pericolo, e ovviamente consentono di capire a cosa sia dovuto il
guasto.
Gli apparecchi elettrici da impiegare in condizioni di umidità o addirittura
di acqua, o tali da consentire il contatto fra parti interne e oggetti
introdotti dall'esterno (dita, utensili), devono essere realizzati secondo
un criterio di protezione che è indicato da una sigla internazionale
del tipo “IP XX”.
La prima cifra che segue le lettere IP indica la protezione dal contatto
con corpi esterni.
Sono ritenute "protette" le parti elettriche siglate almeno con 4
(protezione da corpi solidi con diametro >1 mm), oppure con 5
(protezione dalla polvere) e 6 (a prova di polvere).
La seconda cifra indica la protezione dall'acqua.
Sono considerate "protette" quelle che abbiano codice da 3
(protezione da pioggia) e 4 (protezione da spruzzi d'acqua) fino a 5
(protezione da getti d'acqua), 6 (protezione da ondate) e 7 (idoneo
all'immersione).
In un cantiere esposto alle intemperie devono sempre essere usate
apparecchiature elettriche con protezione almeno IP 43 o IP 55,
secondo i casi.
Sono vietati i comuni cavi elettrici domestici con isolamento in PVC.
Si devono usare solo cavi a doppia protezione, quelli che solitamente
hanno la guaina esterna azzurra.
La massima protezione è IP 67, ed è tipica degli strumenti di misura
portatili detti “da campo”.
Oggi anche alcuni telefoni cellulari (per es. Samsung Galaxy S7)
vantano una protezione IP67.
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Una notevole causa d'incidenti connessa all'uso d'apparecchiature
elettriche deriva non dal contatto di un circuito con il corpo, ma dal
surriscaldamento di un conduttore.
Quasi tutti i conduttori, quando sono attraversati dalla corrente,
subiscono un riscaldamento.
Questo fenomeno, detto effetto Joule, è sfruttato per far funzionare
moltissimi dispositivi elettrici, dalle lampadine a incandescenza alle
resistenze dei forni, ai già citati fusibili.
[E' più corretto parlare di resistori e non di resistenze. Resistenza è,
infatti, la grandezza che esprime la difficoltà incontrata dalla corrente
ad attraversare un circuito a prescindere dagli effetti induttivi e
capacitivi, misurata in Ohm].
Se si applica una differenza di potenziale ΔV ai capi di un conduttore
che abbia una resistenza R (ovvero, se attraverso tale conduttore si
ha una caduta di tensione ΔV), esso è attraversato da una corrente
d’intensità I.
La resistenza R è, inoltre, direttamente proporzionale alla lunghezza
del conduttore e inversamente proporzionale alla sua sezione con una
costante di proporzionalità ρ, che è tipica per ogni materiale, detta
resistività.
Prima legge di Ohm: V = R ∙ I (R = V/I)
Seconda legge di Ohm: R= ρ ∙ l ∙ s-2
La potenza W che è dissipata per effetto Joule per qualunque tipo
di conduttore è data dal prodotto della corrente I che lo attraversa,
per la caduta di tensione ΔV che si osserva ai due capi:
W = V ∙ I = R ∙ I ∙ I = R ∙ I2
La potenza dissipata è pari al prodotto della resistenza del conduttore
per il quadrato dell’intensità della corrente che lo attraversa.
L'effetto Joule si manifesta sempre e spesso con esiti non desiderati.
Per esempio: consideriamo un forno domestico, che funzioni a 220 V
e che assorba la potenza di 2200 W, quindi è attraversato da una
corrente pari a 10 A, poiché W=R ∙ I2, deve possedere una resistenza
di 22 Ω).
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Per collegare il forno alla presa di corrente dobbiamo usare un cavo
d’alimentazione, una spina, altre parti accessorie come per es.
interruttori etc. Tutti questi elementi devono essere attraversati
dalla stessa corrente che attraversa il resistore, dato che sono
collegati in serie a esso. Ognuno di essi avrà una propria resistenza,
quindi causerà una certa caduta di potenziale, quindi disperderà una
certa quantità di potenza.
Supponiamo che dal forno alla spina di corrente ci sia un normale
cavo di rame isolato, i cui fili abbiano una sezione di 1 mm2. Un cavo
del genere presenta una R pari a circa 0,036 Ω per ogni m.
Sono sufficienti pochi metri perché la sua resistenza cominci a non
essere trascurabile rispetto a quella del forno, e che quindi una parte
non trascurabile della potenza sia dissipata per scaldare il cavo anziché
il forno.
Con un cavo lungo pochi metri, il fastidio si ridurrebbe a dover
spendere inutilmente di più. Se il cavo fosse lungo 600 m, la sua R
sarebbe pari a quella del forno (22 Ω / 0,036 Ω = 611,11 m).
Se il cavo fosse avvolto su sé stesso, per esempio su un normale
avvolgicavo a forma di rocchetto, il calore non sarebbe allontanato
e ne farebbe progressivamente aumentare la temperatura, fino a far
fondere gli isolanti e a mettere in corto circuito i fili di rame.
Ancora peggiore è la situazione nei punti in cui il conduttore forma
un contatto mobile, come gli spinotti della spina o gli interruttori.
A causa dell'ossidazione dei metalli, i contatti possono ricoprirsi di una
patina che ha una ρ molto elevata, e quindi creare delle resistenze
localizzate molto grandi.
Un "cattivo contatto" può avere una R pari a quella di una lampadina
elettrica e disperdere una corrispondente quantità di calore.
Una resistenza locale di pochi Ω potrebbe portare in brevissimo tempo
a un surriscaldamento tale da fare fondere il metallo e ancor più
facilmente far fondere le parti in gomma o plastica che lo avvolgono
e lo proteggono, mandando il conduttore in cortocircuito e/o causando
un principio di incendio.
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Tale grave rischio può capitare con qualsiasi dispositivo elettrico:
caratteristico, e spesso sottovalutato, è per esempio il caso dei
regolatori elettronici di tensione, usati per aumentare o diminuire
l'intensità di un faro alogeno, o per regolare la velocità di un motore
elettrico.
È facile dimenticare al minimo di potenza un regolatore, collegato a
una piantana alogena domestica, senza però spegnere completamente
la lampada per mezzo dell'interruttore.
Il circuito elettronico si può improvvisamente fulminare e tutto il
piccolo dispositivo può surriscaldarsi arroventandosi, con pericolo
d'incendio.
Molto più comune e grave è il rischio derivante dalla pessima abitudine
di inserire su una presa riduttori, spine multiple.
I contatti "traballanti" si moltiplicano e ognuno causa un riscaldamento
localizzato. In ogni singola giunzione dovrebbe essere utilizzato uno
solo di tali accessori e solo per installazioni provvisorie, da scollegare
al termine dell'utilizzo.
Se si prevede di lasciare collegato un apparecchio in modo permanente,
qualunque tipo d'elemento intermedio va eliminato.
Il fabbricante d’un apparecchio elettrico installa una spina adeguata
alle caratteristiche dell'apparecchio stesso, in base alle norme tecniche
vigenti. È in genere sconsigliabile modificare il tipo di spina.
È sconsigliabile anche usare punti di prelievo multipli collegati a
una sola presa, salvo nel caso delle cosiddette ciabatte, purché
costruite a regola d'arte, e utilizzate per un carico non superiore a
quello ammissibile per la presa a monte.
È sempre opportuno evitare le "spine triple", a meno che non servano
per collegare apparecchi che assorbono potenze minime (p. es.:
radio, calcolatrice, fax).
È molto più pericoloso inserire un utilizzatore dotato di una "spina
grande", che può trasportare in sicurezza fino a 16 A, su una "presa
piccola", che non sopporta più di 10 A, rispetto a fare il contrario: si
avrebbero dei pericolosi surriscaldamenti.
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Le "prese tedesche" (shuko), circolari, possono portare anch'esse fino
a 16 A; se si dovessero sostituire con prese di tipo italiano, si dovrà
fare attenzione al carico elettrico prelevato da ogni singolo apparecchio
collegato (e quindi alla corrente assorbita): la spina da 10 A, purché
munita di conduttore di terra, potrà andare bene per un computer o
per un faretto di bassa potenza, mentre dovrà essere usata una spina
da 16 A per apparecchi che assorbano continuativamente potenze
maggiori, come fornetti o grossi aspirapolvere.
Ancora meno sono ammissibili i cosiddetti alberi di Natale formati
da triple, riduttori etc. connessi uno all'altro, anche perché sono una
delle più comuni cause d'incendio.
La sostituzione di una qualunque parte di un apparecchio elettrico,
inclusa la spina, è un’operazione delicata, che dovrebbe essere
sempre demandata a una persona competente, perché da un'errata
esecuzione possono derivare rischi molto elevati.
Negli ambienti di lavoro che non siano assimilabili a un ambiente
domestico, e comunque quando siano usate tensioni superiori ai 230 V
(p. es., con macchinari a 380 V monofasi o trifasi), è necessario
utilizzare solo le connessioni a spina e presa di tipo protetto, le
cosiddette spine industriali, protette contro i contatti accidentali, gli
sganciamenti involontari e, in alcuni casi, anche stagne rispetto all'acqua.
L'uso d'adattatori per connettere queste apparecchiature a prese di
tipo diverso è spesso estremamente pericoloso.
Quando si sia certi che la connessione non comporta pericoli, il che
significa anche verificare la marcatura di sicurezza degli adattatori
impiegati, le connessioni vanno comunque sganciate immediatamente
dopo l'uso.
Dalla seconda metà degli anni 90 in tutt’Europa è vietata la
commercializzazione di apparecchi elettrici che non siano stati
progettati e costruiti tenendo a mente i criteri di sicurezza, anche se
sono importati da fuori dell'UE.
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Il produttore o il distributore hanno l'obbligo di apporre il marchio
CE per attestarne la conformità.
L'utilizzatore ha il dovere di verificare che esso sia sempre presente.
In campo elettrotecnico tutti i Paesi hanno da decenni adottato marchi
di sicurezza di tipo volontario, che servono come garanzia specifica
che l'apparecchio è stato collaudato da parte di un laboratorio
qualificato e indipendente e che compaiono sulle targhette di tutti
gli apparecchi elettrici o elettronici di buona qualità.
In Italia il marchio più diffuso e autorevole è l'IEMMEQU, rilasciato
dall'Istituto Italiano del Marchio di Qualità.
I campi elettromagnetici
Oltre al rischio derivante dall'azione diretta della corrente elettrica, un
altro possibile pericolo è l'esposizione ai CEM che si generano intorno
ad apparecchi e linee di distribuzione elettrica, in conseguenza dei
campi elettrici e magnetici da questi generati.
Quando si parla di compatibilità elettromagnetica di un apparecchio
non s'intende la compatibilità con l'uomo, ma con altri apparecchi
elettrici, il cui funzionamento potrebbe essere disturbato dai CEM,
soprattutto sotto forma di onde ad alta frequenza, da questi generate.
La maggior parte degli apparecchi, inclusi i telefonini cellulari, emette
CEM d’intensità trascurabile rispetto a quella ritenuta anche solo
lontanamente pericolosa per le persone.
Un CEM è caratterizzato da una componente elettrica e una magnetica.
Il nostro corpo è in grado d’interagire abbastanza fortemente con la
prima, mentre risente solo in misura minima della seconda.
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Se siamo attraversati da un CE d'elevata intensità, possiamo essere
soggetti a una folgorazione. Un CM, viceversa, ha effetti del tutto
marginali: il corpo umano è una pessima antenna per le OEM e nella
miriade dei suoi circuiti circolano correnti di intensità irrisorie, a tensioni
molto basse, per cui non può sostanzialmente interagire con esse.
Infatti, gli apparecchi per RMN, che sottopongono l'organismo a CM
d’ intensità molto superiori, sono considerati non pericolosi.
Potrebbe essere che CM ad alta frequenza generino correnti indotte
pericolose, ma gli emettitori d'alta frequenza in genere irradiano
basse potenze: anche le più potenti antenne radio emanano
potenze di centinaia o di poche migliaia di watt e se si esclude il
caso di una persona che abbracci l'antenna, le potenze assorbite dal
corpo umano sono irrilevanti.
Al contrario, i conduttori che generano CM molto intensi (linee
dell'alta tensione) hanno di solito frequenze molto basse (50 Hz in
Europa e 60 Hz in USA): difficilmente potrebbero alterare il nostro
stato biologico.
Possono risentire di intensi CM solo le persone permanentemente
collegate a una macchina: fra quelli che non sono bloccati in un letto
d’ospedale, gli unici sono attualmente i portatori di pacemaker cardiaco.
Il problema della compatibilità elettromagnetica è diverso.
La nostra vita quotidiana, nei suoi aspetti ludici e soprattutto in quelli
essenziali, dipende oggi dal funzionamento di migliaia di strumenti
elettrici ed elettronici.
Usare apparecchi che non creino disturbi è fondamentale per garantire
che altre persone non subiscano fastidi o anche danni rilevanti.
È molto importante controllare che gli apparecchi elettrici che si
usano durante il lavoro non emettano segnali che possano disturbare
chi lavora o vive vicino, fosse anche solo dando interferenze con la
TV o con un radioricevitore in modulazione d'ampiezza - come sono
spesso quelli usati dai mezzi di soccorso.
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Maser e laser
Maser è l'acronimo di Microwave Amplification by Stimulated
Emission of Radiation.
Il primo maser, costruito da Charles Hard Townes, J. P. Gordon, e
H. J. Zeiger alla Columbia University nel 1953, utilizzava l'emissione
stimolata in un flusso di molecole di ammoniaca energizzata, per
produrre l'amplificazione delle MW di 24 GHz.
Nel 1958 Townes, che aveva lavorato con Arthur L. Schawlow,
concluse che il principio del maser era applicabile anche alla luce.
Nel 1960 Theodore H. Maiman inventò il primo laser (Light
Amplification by Stimulated Emission of Radiation) a rubino,
seguito dal primo laser a gas (miscela di elio e neon) di Javan (1961).
Già nel 1962 il laser trovò la sua prima applicazione pratica in
ambito medico per le microsaldature durante gli interventi
chirurgici alla retina.
A partire dagli anni '70, i laser cominciarono a essere utilizzati in
ambito prima chirurgico e poi medico (laserterapia).
Oggi sono realizzabili anche laser a raggi X, le cui applicazioni sono
da esplorare.
Red laser, 635nm
Green laser, 532nm
Blue laser, 445nm
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Emissione spontanea
L’atomo (o la molecola) eccitato ritorna allo stato fondamentale
attraverso il processo di diseccitazione che consente all’atomo (o
alla molecola) di liberarsi radiativamente (emissione di fotoni)
dell’eccesso di energia acquisito in vario modo in un tempo
variabile nell'intervallo tra il ns e il ms.
Tutte le sorgenti luminose usate dall'uomo sono caratterizzate
dal processo dell'emissione spontanea (l’emissione stimolata in
natura non esiste): la radiazione è emessa in tutte le direzioni e
lo spettro della radiazione è in genere molto ampio.
La luce emessa da una lampadina è composta dalla sovrapposizione
di un gran numero di radiazioni elementari, ciascuna prodotta dalla
diseccitazione di un singolo atomo.
Poiché le diseccitazioni atomiche sono distribuite nel tempo in
maniera casuale, la radiazione complessiva risulta incoerente.
Emissione stimolata
Con l’emissione spontanea è praticamente impossibile produrre
fasci molto collimati o concentrare intensità molto elevate in aree
molto piccole: si dovrebbe realizzare una sorgente quasi puntiforme
con conseguente drastica riduzione dell'energia ottenibile.
Il laser nasce dall'ipotesi di creare un'emissione stimolata di fotoni.
Se un atomo eccitato interagisce con un fotone di frequenza molto
vicina o coincidente con quella che può generare spontaneamente,
dispone di un altro canale di diseccitazione: è indotto a produrre
un altro fotone, ottenendo infine due fotoni identici.
La direzione lungo la quale è emessa la radiazione è esattamente
quella individuata dalla radiazione stimolatrice e la frequenza è
rigorosamente fissata dall'onda incidente.
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29/04/2016
Quindi può accadere che un fotone prodotto in un diseccitamento
spontaneo, investa un atomo eccitato e lo disecciti, producendo
così un altro fotone della stessa frequenza che procede nella stessa
direzione dell'onda incidente.
Il processo si può ripetere per tutti gli atomi incontrati in una reazione
a catena.
Alla fine si ottiene una radiazione composta da tante onde elementari,
tutte rigorosamente in fase tra loro, aventi la stessa direzione e
frequenza.
Vi è pertanto un grado elevatissimo di correlazione tra le emissioni
dei vari atomi; la radiazione così generata è detta coerente per
energia e frequenza.
In genere, però, la reazione a catena non riesce a innescarsi a causa
di vari meccanismi di perdita che smorzano rapidamente la crescita
della radiazione stimolata.
Il principale meccanismo di perdita è l'assorbimento: ogni atomo
infatti può assorbire radiazione di frequenza uguale a quella che
può emettere. Se un atomo non eccitato assorbe l’energia del
fotone, si eccita, ma attenua l'onda incidente.
Se un atomo eccitato con un e- sul livello fondamentale e un e- sul
livello eccitato 2 è investito da un fotone di f corrispondente al salto
energetico fra i due livelli
il fotone può interagire col e- che si trova nel livello 1 ed è assorbito,
così l’e- salta al livello 2 e poi si diseccita spontaneamente;
il fotone può interagire con l’e- che si trova nel livello 2 e allora si
può verificare l’emissione stimolata e l’e- si riporta al livello 1.
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In teoria, la probabilità che si verifichi una diseccitazione spontanea
o stimolata è uguale.
La radiazione che colpisce il sistema sarà attenuata o amplificata,
secondo che il numero di atomi il cui e- è nello stato 1 sia maggiore
o minore del numero di atomi il cui e- è nello stato 2.
In condizioni di equilibrio termodinamico, sono molti di più gli
atomi con l’e- nello stato 1.
Pertanto, l'emissione spontanea è molto più probabile dell'emissione
stimolata e la radiazione incidente è attenuata.
È però possibile, aumentare il numero di atomi nello stato 2,
ottenendo l’inversione di popolazione fra i livelli 1 e 2.
In tali condizioni il sistema atomico si comporta come un amplificatore
(accordato alla frequenza del fotone).
L’emissione stimolata è proporzionale all'intensità della radiazione
stimolatrice, per cui bisogna usare un sistema di eccitazione, in
genere molto potente per ottenere l’inversione della popolazione.
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L'energia richiesta può essere fornita in vari modi, comprendenti
intensi lampi di luce ordinaria e scariche elettriche ad alta tensione.
Le inversioni di popolazione usate nei laser implicano l'esistenza
di uno stato energetico superiore metastabile, nel senso che gli
e- vi permangono per un intervallo di tempo molto più lungo di
quello in cui permangono in uno stato eccitato ordinario (10-3 s
rispetto a 10-8 s, per es.), affinché ci sia più tempo per aumentare
l'inversione di popolazione.
Anche quando l’inversione è ottenuta, il grado di amplificazione
dell'onda nell'attraversare il gas eccitato è ugualmente molto piccolo.
Pertanto è necessario far ripercorrere moltissime volte lo stesso
cammino alla radiazione, ad esempio sistemando due specchi piani
ben allineati alle estremità del tubo di scarica.
Se uno dei due specchi è parzialmente riflettente, la radiazione
presente nel tubo potrà in parte uscire ed essere utilizzata.
La trasmissione dello specchio rappresenta un tipo di perdita che
dovrà essere opportunamente contenuta.
Possono essere presenti altre cause di perdita, come ad esempio
l'emissione spontanea che, sebbene necessaria per innescare il
processo laser, tende a ridurre il numero di atomi eccitati e quindi
l'amplificazione.
In pratica, non è sufficiente che ci siano più atomi eccitati che atomi
non eccitati per avere amplificazione e oscillazione laser, ma ci deve
essere un eccesso minimo garantito (soglia) sotto il quale l'azione
laser non si innesca.
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I due specchi costituiscono la cosiddetta cavità ottica o risonatore
ottico. Solo la radiazione che si propaga in modo perfettamente
perpendicolare agli specchi rimbalzerà avanti e indietro all'infinito,
mantenendo così l'emissione.
Inclinazioni del fascio anche molto piccole ne determinano la
fuoriuscita dalla cavità dopo un numero abbastanza piccolo di transiti
con perdite molto alte, tali da non consentire l'azione laser.
La forma allungata e stretta del tubo di scarica e la presenza degli
specchi fanno sì che la radiazione laser risulti estremamente collimata.
Solo la radiazione con λ opportuna può riflettersi indefinitamente
tra i due specchi laser. In particolare, solo le onde stazionarie
possono persistere nella cavità laser.
Per λ che non soddisfano la relazione suddetta, nella cavità si
sovrappongono via via onde con sfasamenti sempre diversi, per
cui l'intensità della radiazione complessiva si annulla per interferenza
distruttiva.
Il laser quindi può emettere una serie regolare di frequenze, che
sono le frequenze proprie, o modi, della cavità ottica.
Il processo laser comincia quando un atomo, per emissione spontanea,
emette un fotone nella direzione parallela all'asse del tubo. Ciò
si verifica quando la distanza L tra gli specchi contiene un multiplo
𝝀
intero di mezze lunghezze d'onda: 𝑳 = 𝒏 ∙ 𝟐.
Per es., nel laser He-Ne, per ottenere l’inversione di popolazione
è applicata un’elevata differenza di potenziale attraverso una
miscela, a bassa pressione, costituita dal 15% di elio e dall'85% di
neon, racchiusa in un tubo di vetro.
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Per generare un numero sempre maggiore di fotoni per emissione
stimolata, entrambi gli estremi del tubo sono argentati in modo da
formare specchi che riflettano i fotoni avanti e indietro attraverso
la miscela di elio e neon. Così a ogni riflessione l'onda è in fase con la
precedente e nella cavità si forma un'onda stazionaria con ventri e
nodi stabili nel tempo.
Un'onda stazionaria è una perturbazione periodica di un mezzo materiale, le cui
oscillazioni sono limitate nello spazio: in pratica non c'è propagazione lungo una certa
direzione nello spazio, ma solo un'oscillazione nel tempo. Pertanto, è soltanto il profilo
dell'onda stazionaria a muoversi, oscillando "su e giù" in alcuni punti. I punti ove l'onda
raggiunge ampiezza massima sono detti antinodi (o ventri), i punti che invece rimangono
fissi (ove l'onda è sempre nulla) sono detti nodi.
Questo fotone, con l'emissione stimolata, induce un altro atomo
a emettere un fotone nella direzione parallela all'asse del tubo.
Questi due fotoni, a loro volta, stimolano altri due atomi, producendo
quattro fotoni. Quattro fotoni ne producono otto e così via, in
una sorta di effetto-valanga.
Uno dei due estremi, però, è argentato solo parzialmente, in modo
che una parte dei fotoni possa fuggire dal tubo per formare il fascio
laser.
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L'elio e il neon hanno stati energetici superiori metastabili quasi
identici situati, rispettivamente a 20,61 eV e 20,66 eV sopra lo
stato fondamentale.
La scarica ad alta tensione attraverso la miscela gassosa eccita gli
elettroni negli atomi di elio innalzandoli allo stato a 20,61 eV.
Quando un atomo di elio eccitato urta anelasticamente contro
un atomo di neon, i 20,61 eV di energia sono ceduti a un e- dell’
atomo di neon, insieme agli 0,05 eV di energia cinetica derivante
dagli atomi in moto.
L'e- nell'atomo di neon è innalzato allo stato a 20,66 eV e, in questo
modo, nel neon è sostenuta un'inversione di popolazione, rispetto
a un livello energetico che è di 18,70 eV sopra lo stato fondamentale.
Nel produrre il fascio laser, l'emissione stimolata fa sì che gli e- nel
neon scendano dal livello 20,66 eV a livello di 18,70 eV.
La variazione di energia di 1,96 eV corrisponde alla λ di 633 nm,
che giace nella regione rossa dello spettro visibile.
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Energia di ionizzazione He: 24,587 eV
Energia di ionizzazione Ne: 21,565 eV
LASERTERAPIA
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Proprietà della radiazione laser
Monocromaticità
Una sorgente naturale emette quantità variabili di radiazioni in
bande di frequenza continue.
L'occhio umano è in grado di vedere solo la banda da 400 nm a
750 nm. È noto che altri animali, per esempio i serpenti, sono in
grado di percepire una banda assai più ampia, allargata fino all’IR.
A differenza delle sorgenti luminose naturali, l'emissione laser è
invece monocromatica, cioè è costituita da un‘OEM di una sola f.
Una radiazione monocromatica facilita la selettività degli effetti
sul bersaglio.
Coerenza
Un'emissione spontanea di energia produce un insieme di OEM
disordinate, non in fase.
Le OEM emanate dal laser sono invece tutte in fase tra loro, presentano
cioè gli stessi punti nodali e dunque non interagiscono nel tempo
e nello spazio.
La medesima frequenza (cioè la monocromaticità) fa si che le OEM
siano assolutamente identiche, sia in senso energetico che temporale.
Direzionalità
L'irradiazione naturale non ha una direzione prioritaria. Pertanto,
la radiazione naturale può essere rappresentata come un cono la
cui base si allarga man mano che si allontana dalla sorgente.
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L'intensità di una sorgente luminosa naturale decresce con il
quadrato della distanza:
Area di una sfera: 4 ∙ r2
Densità di flusso: W ∙ m-2 = W ∙ (4 ∙ r2)-1
Una sorgente laser è in grado di irradiare fotoni estremamente
collimati nello spazio.
L'angolo di divergenza tra la traiettoria dei singoli fotoni è dell’
ordine dei milliradianti (1 milliradiante = 0,057°), per cui la
direzione dei singoli raggi può essere considerata di fatto
parallela per enormi distanze spaziali.
In virtù di questa proprietà, è stato possibile misurare con raggi
laser distanze tra alcuni corpi celesti, per esempio tra la terra e
la luna, con un'accuratezza dell'ordine dei millimetri.
Brillanza
L'estrema collimazione della sorgente luminosa laser permette la
concentrazione di elevate intensità su superfici di piccolissime
dimensioni.
Quindi consente di raggiungere enormi densità di potenza.
Nessun dispositivo ottico di convergenza fornisce prestazioni
simili a quelle di una sorgente laser.
Irradiazione di una sorgente naturale.
L'intensità diminuisce in funzione del
quadrato della distanza
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Applicazioni mediche del laser
L’azione terapeutica del laser in campo medico si basa su 3 processi
principali: fototermico, fotochimico e fotomeccanico.
Nel processo fototermico l’energia assorbita dal bersaglio è trasformata
in energia termica con riscaldamento del volume del bersaglio e
diffusione termica nelle zone adiacenti.
Nel processo fotochimico l’energia innesca una reazione che è
seguita da una cascata di effetti biologici terapeuticamente utili.
Nel processo fotomeccanico l’energia produce un’onda d’urto
intensa (a seguito di formazione di plasma o di vaporizzazione
rapida dell’acqua), utilizzabile per la distruzione di strutture
biologiche. I laser a gas e quelli chimici sono i più comunemente
usati.
Le proprietà fototermiche del laser ne consentono un ampio uso
in campo chirurgico: l’alta T del raggio laser è in grado di causare
la necrosi coagulativa dei tessuti su cui è puntato, consentendo
un’efficace e rapida coagulazione dei vasi sanguigni.
Inoltre, quando la zona di volatilizzazione è ridotta, si ottiene l’
effetto taglio, che consente di tagliare e contemporaneamente
coagulare il tessuto trattato.
Tali proprietà sono sfruttate nella chirurgia di organi provvisti di
una ricca rete capillare (fegato, rene, polmone) nonché nel
trattamento di lesioni neoplastiche della cervice uterina, negli
interventi sul setto nasale e orecchio interno, e in neurochirurgia,
per la precisione di taglio e l’assenza di azione meccanica sui
tessuti cerebrali.
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Il laser ad argon è usato in oftalmologia per la fototerapia retinica.
Il laser a eccimeri è usato per la chirurgia corneale (trattamento
della miopia).
Il laser a olmio YAG e altri tipi di laser sono invece usati per la
rimozione dei calcoli renali e trovano applicazione in diverse
procedure odontoiatriche.
Il laser al crisoberillio si usa in dermatologia per la rimozione di
piccole lesioni vascolari cutanee.
Altre applicazioni del laser comprendono campi non strettamente
clinici, come la microscopia ad alta risoluzione e la spettroscopia.
Un’importante applicazione della terapia fotochimica è la terapia
fotodinamica (PDT, photodynamic therapy), basata sugli effetti
citotossici determinati da una reazione chimica indotta dal laser
su cellule patologiche che abbiano precedentemente accumulato,
a differenza di quelle sane, un farmaco fotosensibilizzatore.
Si utilizzano i laser per la loro elevata intensità, che minimizza i
tempi d’esposizione, possibilità di trasmissione in fibra ottica e
selezione spettrale.
La PDT è utilizzata specialmente per lesioni patologiche non
particolarmente profonde, sia esterne, sia relative ad aree d’organi
interni e/o di cavità (per es., polmoni, esofago ecc.), e in combinazione
con il trattamento chirurgico, dopo la resezione della massa tumorale.
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La terapia fotomeccanica è utilizzata in oftalmologia, dove la
possibilità di eseguire la ‘rottura’ meccanica del tessuto biologico
a seguito del focheggiamento di un potente impulso laser è utilizzata
per la resezione o la perforazione dei tessuti bersaglio, salvaguardando
l’integrità di tessuti più lontani dalla zona d’interazione.
In urologia l’effetto fotoacustico prodotto dalla formazione di
plasma tra l’uscita della fibra ottica e il calcolo da un impulso
laser d’alta potenza è alla base della litotrissia laser (lasertrissia)
della calcolosi urinaria.
Generatori di luce laser
Un generatore di luce laser è composto da quattro elementi base:
il mezzo attivo, il sistema di pompaggio, il sistema di risonanza e
il sistema di collimazione.
Mezzo attivo
È costituito da sostanze che, opportunamente eccitate, realizzano
l'inversione della popolazione elettronica e generano il fascio
fotonico. La composizione del mezzo attivo determina la λ della
radiazione; il laser prende di norma il nome del mezzo attivo da
cui è generato.
Il mezzo attivo, detto anche sorgente, si trova all'interno del
risonatore; può presentarsi in tutti gli stati della materia,
gassoso, plasma, liquido e solido.
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Mezzo attivo in stato gassoso. In genere il gas è costituito da una
miscela: laser a He-Ne, laser a CO2; in quest'ultimo, alla CO2 si
trovano associati anche altri gas quali, azoto, elio e xeno.
Mezzo attivo in plasma. Il plasma è uno stato della materia in cui
gli e- sono separati dagli atomi e dalle molecole; nel mezzo attivo
si trovano elettroni liberi e ioni. Il più noto laser al plasma è quello
ad argon (fluorite), che è pompato in gas, poi attivato a plasma.
Altri mezzi attivi simili sono quelli a base di kripton e xenon.
Mezzo attivo in stato liquido. I laser a sorgente liquida più comuni
sono i cosiddetti laser a coloranti (dye-laser). La loro caratteristica
è l’accordabilità della f (tunable laser), consistente nella possibilità
di variare la f della radiazione modificando il gradiente del colore.
Per esempio, la rhodamina, che emette una radiazione nel rosso
visibile attorno a 620 nm, consente una variazione di f dell’ordine
dei 200 nm, in relazione al gradiente di colore scelto.
Il problema dei laser a coloranti è costituito dall'estrema tossicità
del mezzo attivo; alcuni sono potenzialmente cancerogeni.
Mezzo attivo solido. I più rappresentativi tra i laser a sorgente
solida sono il neodimio YAG (Nd:YAG) e i laser a semiconduttori.
Nel primo, la sorgente è costituita da un cristallo di ittrio-alluminogranato (YAG) che funge da accettore di e- del neodimio.
I laser a semiconduttori sono chiamati anche laser a diodi. Il mezzo
attivo è rappresentato da un semiconduttore contenente elementi
donatori di e- (per esempio l'arsenico), accoppiato ad altri elementi
accettori di e-, quali per esempio, l'alluminio e l'indio. Il più noto è il
Ga-As che è anche uno dei laser biomedicali "storici" ancora in uso.
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Modalità di erogazione
Gli apparecchi laser possono erogare la radiazione in maniera
continua e cioè con intensità costante per tutto il tempo di
erogazione, oppure in modalità pulsata con pacchetti di impulsi
a frequenza variabile.
MODALITÀ CONTINUA (CONTINOUS WAVE O CW)
In questa modalità la radiazione è emessa a potenza costante per
tutto il periodo di erogazione. Gli effetti dell'interazione di questa
radiazione con un organismo dipendono esclusivamente dalla
possibilità di penetrazione e di trasferimento di energia al substrato.
Per diversi laser di bassa potenza l'emissione in modalità continua
è una condizione necessaria per poter trasferire ai tessuti una
sufficiente dose di energia.
Il discorso è diverso per i laser di alta potenza, dove l'energia
disponibile può essere usata per fini assai differenti, per esempio
antalgico o stimolante.
Il puntamento può essere fisso o a scansione, secondo che la
sorgente di luce sia spostata o no durante l'erogazione.
MODALITÀ PULSATA (PULSED WAVE O PW)
In questa maniera è esaltato l'effetto stimolante della radiazione
laser. Gli impulsi possono essere emessi secondo una f assai varia,
per esempio, da 1 a 20.000 Hz. Questa f non deve essere confusa
con la f propria della radiazione luminosa, la quale, per quella
sorgente, è sempre la medesima.
Nei laser pulsati vi è un tempo attivo (τ-on) rappresento dalla
durata dell'impulso, e un tempo non attivo (τ-off) in cui l'intensità
della luce è uguale a zero, detto pausa.
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Si definisce periodo (T) la somma tra il tempo attivo e la pausa.
L'inverso del periodo (1/T) è rappresentato dalla frequenza.
Per duty cycle s’intende il rapporto tra il tempo attivo e il periodo
(τ-on/T) e può variare tra O e 100% .
Q-switch: emissione di impulsi ad altissima potenza di picco, dell’
ordine di milioni di W, della durata di pochi ns. Questo sistema
esprime un effetto fotomeccanico particolarmente spiccato e
non è attualmente usato in Fisioterapia.
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Effetti biologici del laser
L'energia assorbita da un tessuto esposto dipende dalla potenza,
dalla modalità di erogazione (PW o CW), dal tempo d’esposizione
e infine dalla superficie irradiata (spot).
Tuttavia, le interazioni della luce laser con i tessuti biologici dipendono
anche da una serie di altri fattori, alcuni relativi ai tessuti irradiati,
altri alle caratteristiche delle radiazioni luminose.
Per quanto riguarda i tessuti, la prima interazione avviene con la
cute. Lo spessore della cute varia notevolmente da individuo a
individuo, ma anche nelle diverse parti corporee del medesimo
individuo.
Lo spessore della cute influenza il grado di attenuazione del raggio
incidente; tuttavia, la cute non rappresenta una barriera invalicabile
per i raggi luminosi laser.
Il colore della cute è molto importante. Estremizzando il concetto,
il colore bianco induce la maggiore riflessione, mentre il nero il
maggiore assorbimento, con tutte le possibili gradazioni intermedie.
La lucentezza della cute, come pure la presenza di peli, favorisce
la riflessione del raggio laser.
Se il laser supera la cute, subisce poi nel suo percorso diversi fenomeni
ottici.
Riflessione
Parte della radiazione incidente non penetra nel tessuti, ma è
riflessa con un angolo uguale all'angolo incidente. In via molto
approssimativa, si ritiene che in un individuo di razza bianca e
glabro, l'entità della riflessione sia attorno al 10-20%. Per minimizzare
il fenomeno della riflessione, l'angolo del raggio incidente con il
tessuto deve essere il più vicino possibile a 90°.
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Trasmissione
Indica la frazione della luce che, attraversata la cute, subisce lungo il
decorso una serie di fenomeni, quali la diffusione e l'assorbimento.
Diffusione (scattering)
La particolare rifrazione a cui un raggio luminoso va incontro nei
tessuti sottocutanei è chiamata diffusione o scattering. Lo
scattering avviene in direzioni multiple, apparentemente casuali,
in relazione alle molecole con cui i fotoni si trovano a interagire.
Semplificando, si osserva un forward scattering se i fotoni vanno
nella stessa direzione del raggio incidente e un backward scattering
se i fotoni si dirigono in direzione opposta.
Il sottocute può essere rappresentato schematicamente come una
sospensione colloidale anisotropa (anisotropo = lo stato fisico di
alcune sostanze, specie cristalline, in cui i valori dell'indice di rifrazione
e di conducibilità elettrica variano a seconda della direzione
considerata).
I fenomeni di diffusione sono influenzati notevolmente dall'indice
di rifrazione del tessuto da attraversare; più il tessuto è disomogeneo,
più lo scattering è evidente.
Assorbimento
È la cessione finale dell'energia al tessuto. L'assorbimento è un
fenomeno dipendente da una molti fattori, in particolare, da
alcune sostanze presenti all'interno dei tessuti, chiamate cromofori.
Cromofori
L'assorbimento di una determinata radiazione da parte di un tessuto
è correlato alle caratteristiche chimico-fisiche della struttura
irradiata. La luce del laser interagisce soprattutto con particolari
molecole presenti nel tessuto, dette cromofori, le quali assorbono
la radiazione in maniera selettiva in funzione della λ.
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I cromofori possono essere endogeni se prodotti dall'individuo;
oppure esogeni, se sono introdotti dall'esterno.
I cromofori endogeni più noti e più quantitativamente rappresentati
nell'organismo sono: l'acqua, l'emoglobina, la melanina, le proteine
e gli amminoacidi.
La percentuale relativa dei cromofori è diversa da tessuto a tessuto.
I fenomeni di assorbimento da parte dei cromofori variano in
funzione della λ della radiazione laser.
Nella banda dell’UV predomina l'assorbimento da parte di: melanina,
proteine e acidi nucleici, specie per le radiazioni tra 200 nm e 350 nm.
Nella banda del visibile l'assorbimento e la diffusione sono paragonabili.
I principali cromofori a cui le radiazioni luminose visibili sono
sensibili sono: melanina e porfirine (emoglobina e mioglobina).
Nella banda del vicino IR (NIR, = 760 ÷ 1400 nm) la diffusione
predomina sull'assorbimento e debole è la recettività di tutti i
cromofori naturali.
Nella banda del lontano IR (FIR, = 1400 ÷ 10.000 nm) vi è un
assorbimento quasi esclusivo da parte dell'acqua.
I laser che presentano una  compresa tra 600 e 1200 nm sono
scarsamente assorbiti a livello superficiale e riescono a penetrare
in profondità nei tessuti. Per questo si è privilegiato l'uso di queste
frequenze in Fisioterapia e in altre branche della Medicina.
Questa stretta banda di frequenze è detta finestra terapeutica.
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Penetrazione e densità di potenza
Oltre che dalla presenza dei cromofori, l'assorbimento di un'emissione
laser è fortemente condizionato dalla capacità di penetrazione
propria del fascio luminoso.
La penetranza della luce dipende a sua volta da diversi fattori, tra
cui, i principali sono: la λ, il diametro dello spot e l'intensità della
radiazione.
Lunghezza d'onda
Le radiazioni siano tanto più penetranti quanto maggiore è la λ;
questo almeno teoricamente, in assenza dei cromofori specifici.
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Spot
La penetranza della luce è tanto più elevata quanto maggiore è il
diametro dello spot, perché questa condizione aumenta il volume
del mezzo irradiato nell'unità di tempo e riduce gli angoli di scattering.
Attenuazione
Purtroppo, la densità di potenza è inversamente proporzionale
alla dimensione dello spot, per cui, la condizione migliore è quella
di disporre di radiazioni laser di elevata potenza, erogate mediante
spot di dimensioni relativamente grandi.
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Effetti terapeutici dei laser
I laser impiegati in Fisioterapia presentano alcune effetti biologici
comuni.
Effetto anti-infiammatorio e anti-edemigeno
I laser sono in grado di influenzare i meccanismi della flogosi a vari
livelli. Innanzitutto, creano un iperemia attiva, aumentando il calibro
e diminuendo la permeabilità di vasi linfatici e capillari, con un
effetto di tipo "wash-out" sulle sostanze pro-infiammatorie (istamina,
bradichinina, citochine e linfochine). Grazie alla vasodilatazione,
è incrementato l'apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie ai
tessuti lesi, elementi essenziali nei processi riparativi.
I laser stabilizzano poi la membrana cellulare dei mastociti,
produttori di istamina; infine, attivano i fagociti, che asportano
le sostanze nocive.
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Effetto antalgico
Secondo le teorie più accreditate, l'azione antidolorifica dei laser
si sviluppa attraverso diversi meccanismi.
Innanzitutto, a livello superficiale, il laser induce un blocco del
potenziale d'azione nelle terminazioni nocicettive, attraverso
modificazioni della permeabilità delle membrane assoniche. Inoltre,
l'iperemia attiva indotta dal calore e dalle reazioni fotochimiche,
promuove il drenaggio delle sostanze algogene, eliminando a
monte le cause della sensazione dolorifica.
I laser pulsati, specie a bassa frequenza, agiscono sulla modulazione
del dolore, interagendo con le fibre mieliniche di grosso calibro,
in base alla teoria del Gate Control.
Infine, i laser incrementano la produzione di sostanze morfinomimetiche (endorfine ed encefaline) che hanno attività analgesica.
Effetto biostimolante
I laser incrementano la produzione di ATP a partire dall'ADP,
processo che favorisce i processi energetici cellulari.
L'organulo cellulare in cui questi processi si realizzano appare
essere il mitocondrio, anche se non è stato ancora identificato il
mediatore che interviene tra l'azione dei fotoni e l'attivazione dei
processi biochimici.
Dai numerosi studi sperimentali e in vitro, emerge comunque come
la luce laser sia in grado di promuovere la replicazione cellulare e la
sintesi di RNA e proteine (ad esempio di collagene), facilitando i
processi riparativi. Questo è senza dubbio l'aspetto della laserterapia
suscettibile del maggiore sviluppo.
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Interazioni delle onde radio
I fotoni delle onde radio posseggono un energia troppo bassa per
poter interagire a livello atomico e molecolare.
Le onde radio a frequenza estremamente bassa (ELF) si formano
prevalentemente in corrispondenza di apparecchiature o cavi
elettrici in ambienti domestici o lavorativi, oppure a ridosso delle
linee ad alta tensione o dei trasformatori.
L’effetto biologico principale dei campi a bassa frequenza è quello
di produrre correnti elettriche indotte.
Alle frequenze più alte, si registrano prevalentemente effetti termici
dovuti alla generazioni di correnti parassite indotte.
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Interazioni delle microonde (MW)
L’energia dei fotoni MW (da circa 1,24 µeV a 1,24 meV) rientra nel
range dell’energia di separazione degli stati quantici rotazionali.
L'interazione delle MW con elementi non metallici determina
transizioni rotazionali, producendo calore, come risultato dell’energia
cinetica rotazionale e quindi dell’energia cinetica media della molecola.
I conduttori assorbono fortemente le MW e le frequenze più basse,
producendo correnti elettriche che riscaldano il materiale.
Molti materiali (anche il corpo umano) sono in gran parte trasparenti
alle MW, in quanto gli stati energetici (livelli quantici) disponibili sono
pochi, quindi non sempre il fotone trasporta l’energia esattamente
necessaria per determinare una transizione rotazionale.
Poiché le energie quantiche sono un milione di volte più basse di
quelle dei raggi X, le MW non possono produrre la ionizzazione e
i danni caratteristici delle radiazioni ionizzanti.
Interazione della luce visibile
L’energia dei fotoni luminosi (1,65 eV - 3,3 eV) è sufficiente per una
transizione elettronica. Quando un atomo assorbe l’energia di un
fotone, un e- salta dalla sua orbita a un’orbita più esterna (stato
energetico maggiore) e l’atomo si dice eccitato.
La differenza di energia tra i due livelli orbitali può essere emessa
come OEM.
Essendo disponibili un grande numero di livelli energetici, le OEM
VIS è fortemente assorbita. Tuttavia la radiazione rossa è assorbita
meno di quella violetta (penetra di più nella pelle).
L’effetto biologico principale della radiazione VIS è la produzione di
fotoreazioni a carico del pigmento retinale. Questo meccanismo
fisiologico sta alla base della visione.
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Interazione dei raggi ultravioletti
I fotoni UV hanno energia compresa tra i 3,3 eV e i 124 eV. L’UV
vicino (NUV, near ultraviolet) è assorbito notevolmente nello strato
superficiale della pelle (transizioni elettroniche tipiche della luce
visibile, soprattutto sugli e- di valenza, i più esterni).
Quando λ<100 nm, l’energia supera i ≈10 eV, la radiazione diventa
ionizzante e può produrre effetti dannosi (da ustioni al cancro
della pelle).
Sono pericolosi soprattutto gli UVB con λ 290-330 nm.
La λ più efficace nella produzione di ustioni cutanee è 297 nm (1
PHz, 4,18 eV).
Nel range UVB, gli effetti biologici aumentano esponenzialmente
con diminuzione della λ.
Gli UV con λ di 330 nm hanno effetti biologici pari a solo lo 0,1%
rispetto a quella di 297 nm.
Gli UV danneggiano il DNA generando la formazione di dimeri di
timina (ponti aberranti che tra basi pirimidiniche adiacenti).
È quindi necessario controllare l'esposizione ai raggi UVB.
Gli UV rappresentano una percentuale minima della radiazione
totale emessa dal sole, ma senza lo schermo naturale dell’atmosfera
e dei gas come lo strato di ozono presente nella stratosfera, che
assorbe la maggior parte degli UV più nocivi del sole (UVC), la
quantità di radiazione che arriverebbe sulla Terra non sarebbe
compatibile con la vita umana.
Una parte della radiazione UV è essenziale in alcuni processi
biologici, quale la produzione di Vitamina D.
101
29/04/2016
Gli UV sono utilizzati con successo per la sterilizzazione.
Il coefficiente di assorbimento degli UV è molto grande per quasi
tutti i materiali, ad esempio il vetro di buona qualità è molto
trasparente nel visibile, ma è estremamente assorbente per gli
UV (lo spessore del parabrezza di una autovettura è sufficiente a
eliminare praticamente tutta la radiazione UV del sole).
Solo il quarzo ha un coefficiente di assorbimento più piccolo per
la parte dello spettro UV a più bassa frequenza.
A λ inferiori a 200 nm il quarzo, ma anche l'aria (a causa dell'ossigeno
presente) assorbe fortemente gli UV.
Le radiofrequenze interagiscono sullo spin dell’elettrone.
Le microonde (1,24 µeV a 1,24 meV ) inducono rotazioni nelle
molecole polari.
Gli IR amplificano le naturali oscillazioni dei legami. I NIR (IR
vicino e medio IR, 1,24 meV a 1,6 eV), possono portare solo a
transizioni fra i k livelli vibrazionali dello stato fondamentale.
Le radiazioni VIS/UV riescono a eccitare gli elettroni di valenza.
La radiazione VIS (1,6 eV a 3,5 eV) causa l’eccitazione di un e- dal
livello E0 a uno qualsiasi degli n livelli elettronico-vibrazionali
associati a E1.
La radiazione UV causa l’eccitazione di un elettrone dal livello E0
a uno qualsiasi degli m livelli elettronico-vibrazionali associati
con E2.
I raggi X estraggono gli e- più vicini al nucleo.
102
29/04/2016
Effetti biologici delle REM
Gli effetti delle REM sugli esseri viventi dipendono da vari fattori:
 frequenza, polarizzazione, ampiezza e durata dei campi applicati;
 proprietà dielettriche, dimensioni, geometria e spessore dei
tessuti;
 dimensione, forma, tipo della e distanza della sorgente;
 angolo d’incidenza della radiazione.
Le radiazioni ionizzanti possono modificare la struttura chimica
delle sostanze su cui agiscono e produrre effetti biologici a lungo
termine interagendo col DNA. Per tale motivo, le radiazioni
ionizzanti possono essere mutagene e cancerogene.
Le radiazioni non ionizzanti non hanno energia sufficiente per
provocare gli effetti su esposti. Si ritiene che possano avere sugli
esseri viventi solo effetti termici.
103
29/04/2016
Energia
(eV)
Fenomeno
Frequenza
corrispondente (Hz)
Rottura del legame idrogeno 0,08-0,2 23 x 1013 - 4,8x 1013 (IR)
Cambio reversibile di
conformazione delle proteine
0,4
1014 (IR)
Rottura del legame covalente
5
1,2 x 1015 (UV)
>10
2,4 x 1015 (UV)
Ionizzazione
Legame covalente
C-H (min)
C-H (max)
C-C
C=C (min)
C=C (max)
C-O
C=O
C-N
N-N (min)
N-N (max)
N=N
S-H
S-S
O-H (min)
O-H (max)
O=O
O-O
Legami non covalenti
Molecole polari
Van der Wals
Leg. Idrofobico (min)
Leg. Idrofobico (max)
Leg. Idrogeno (min)
Leg. Idrogeno (max)
eV
3,9
4,5
3,6
6,33
9,1
3,71
7,72
3,77
1,68
4,4
4,25
3,52
2,34
3,9
4,78
5,16
2,26

3,183E-07
2,759E-07
3,449E-07
1,961E-07
1,364E-07
3,346E-07
1,608E-07
3,293E-07
7,390E-07
2,822E-07
2,921E-07
3,527E-07
5,306E-07
3,183E-07
2,597E-07
2,406E-07
5,493E-07
n
Radiazione
9,42E+14
UV
1,09E+15
UV
8,69E+14
UV
1,53E+15
UV
2,20E+15
UV
8,96E+14
UV
1,86E+15
UV
9,10E+14
UV
4,06E+14
Visibile
1,06E+15
UV
1,03E+15
UV
8,50E+14
UV
5,65E+14
Visibile
9,42E+14
UV
1,15E+15
UV
1,25E+15
UV
5,46E+14
Visibile
0,087
0,043
0,15
0,206
0,206
0,413
1,427E-05
2,887E-05
8,277E-06
6,027E-06
6,027E-06
3,006E-06
2,10E+13
1,04E+13
3,62E+13
4,97E+13
4,97E+13
9,97E+13
Energia di legame
(eV)
IR
IR
IR
IR
IR
IR
104
29/04/2016
Intensità di corrente nei conduttori solidi
La corrente elettrica è uno spostamento ordinato di cariche elettriche
in un conduttore agli estremi del quale è applicata una d.d.p. Se le
cariche sono ferme si parla di elettrostatica, se sono in moto, di
elettrodinamica.
Nell’elettrostatica si ha a che fare con fenomeni puramente
elettrici, nell’elettrodinamica con fenomeni elettromagnetici.
La corrente elettrica è dovuta al movimento di e-, che essendo
collocati sugli orbitali possono essere strappati dal nucleo.
Alcuni materiali hanno atomi che lasciano con più facilità gli e(conduttori) e altri con più difficoltà (isolanti). Gli e- dei materiali
metallici sono detti "liberi", perché capaci di spostarsi da un
orbitale all'altro.
Gli e- sono scambiati tra gli atomi e non strappati definitivamente
e si muovono da punti a potenziale minore, verso punti a potenziale
maggiore, in verso contrario al campo (dal – al +).
Per convenzione il verso della corrente è quello dal + al –, come
se fossero cariche positive a spostarsi. Questo perché, quando si
cominciò a studiare le correnti, non si conosceva ancora l’esistenza
dell’e-, scoperto da Joseph John Thomson (1856-1940), intorno
al 1897. Ebbe il premio Nobel nel 1906.
105
29/04/2016
L’intensità della corrente è la quantità di carica che attraversa la
∆𝒒
sezione di un conduttore in un secondo: 𝒊 = ∆𝒕 .
L’unità di misura è l’ampere (A). 𝑨 =
𝒄𝒐𝒖𝒍𝒐𝒎𝒃
𝒔𝒆𝒄𝒐𝒏𝒅𝒐
𝑪
= 𝒔.
In un metallo i portatori di carica sono gli e- esterni degli atomi,
che sono delocalizzati e liberi di muoversi da un atomo all’altro.
Gli ioni positivi occupano i nodi del reticolo cristallino e possono
compiere piccole oscillazioni intorno alla posizione di equilibrio,
per agitazione termica, ostacolano quindi il moto delle cariche e
sono responsabili della resistenza elettrica R che gli e- incontrano
quando si muovono all’interno di un conduttore.
La velocità media dell’elettricità è prossima a quella della luce.
Se ai capi di un conduttore si applica una d.d.p. V, esso è attraversato
𝑽
da una corrente i, tale che : 𝑹 = 𝒊 , dove R (resistenza elettrica).
𝑽
La sua unità di misura è l ’ohm (𝜴). 𝜴 = 𝑨.
Prima legge di Ohm: 𝑽 = 𝑹 ∙ 𝒊.
I conduttori che seguono questa legge sono detti ohmici.
R è una grandezza caratteristica del conduttore e dipende dalle
caratteristiche geometriche e chimiche del conduttore e dalle
condizioni in cui esso si trova (temperatura, pressione).
La corrente che circola in un conduttore è inversamente proporzionale
alla R. In pratica R esprime la difficoltà che incontrano le cariche
a muoversi nel conduttore.
106
29/04/2016
𝑳
La seconda legge di Ohm esprime proprio questo: 𝑹 = 𝝆 ∙ 𝑨.
dove 𝝆 è la resistività del materiale (caratteristica chimica), L è la
lunghezza del conduttore (filo) e A è l’area della sua sezione.
La resistività 𝝆 è molto piccola nei metalli, ma cresce con la T.
Il movimento degli e- di conduzione è ostacolato dalle vibrazioni
degli ioni del reticolo cristallino. Con l’aumentare della T, cresce
l’ampiezza delle oscillazioni degli ioni attorno alle loro posizioni
di equilibrio nel cristallo, quindi aumenta R.
R aumenta anche se il conduttore è molto lungo o la sezione è piccola.
Resistività elettrica
La resistività elettrica, anche detta resistenza elettrica specifica,
è l'attitudine di un materiale ad opporre resistenza al passaggio
delle cariche elettriche. Nel SI la resistività si misura in ohm per
metro (Ω∙m).
La resistività di un metallo aumenta all'aumentare della T.
La resistività di un semiconduttore diminuisce esponenzialmente
con l'aumentare della T.
Alcuni materiali, detti superconduttori, quando sono portati al di
sotto della loro T critica, assumono un resistività uguale a zero.
Al di sopra della T critica, con l'aumentare della T aumenta la
resistività.
107
29/04/2016
Materiale
Resistività (Ωm)
Argento
1,62 × 10-8
Rame
1,69 × 10-8
Oro
2,35 × 10-8
Alluminio
2,75 × 10-8
Tungsteno
5,25 × 10-8
Ferro
9,68 × 10-8
Acciaio
12 x 10-8
Platino
10,6 × 10-8
Silicio puro (non drogato)
2,5 × 103
Vetro
tra 1010 e 1014
Pelle umana
5 x105
Gomma
5 x1015
Effetto Joule
Una corrente elettrica in un conduttore metallico è un movimento
orientato di e- al suo interno.
A muoversi sono gli e- dei livelli energetici più esterni che sono
praticamente liberi all’interno del filo e sono continuamente
accelerati dal CE.
Poiché essi si spostano nella stessa direzione e verso della forza
elettrica, quest’ultima compie un lavoro positivo, che si traduce
in un aumento dell’energia cinetica degli elettroni di conduzione.
Tale aumento, però, termina dopo pochissimo tempo, perché l’
e-, dopo aver percorso un tratto molto breve, interagisce con uno
o più ioni del reticolo cristallino, perdendo così gran parte dell’
energia cinetica che aveva acquistato.
108
29/04/2016
Subito dopo, l’ e- ricomincia a essere accelerato dal CE e la sua
energia cinetica riprende ad aumentare fino all’urto successivo.
In seguito alle collisioni degli e- di conduzione con gli ioni del
reticolo cristallino, l’energia cinetica media di oscillazione di tutti
gli ioni del reticolo aumenta.
Il che significa che l’energia interna, e quindi la T, del conduttore
aumenta.
Il fenomeno per cui un conduttore attraversato da una corrente
elettrica dissipa energia sotto forma di calore è detto effetto
Joule.
Prende il nome dal fisico James Prescott Joule che nel 1841 descrisse
la prima legge di Joule: 𝑸 = 𝑰𝟐 ∙ 𝑹 ∙ 𝑻
La potenza dissipata da un resistore percorso da corrente d’intensità I, e
ai cui estremi è applicata una differenza di potenziale V, è data da:
𝑷 = 𝑽 ∙ 𝒊.
Dalla prima legge di Ohm: 𝒊 =
∆𝑽
, quindi ∆𝑽
𝑹
= 𝑹 ∙ 𝒊, allora 𝑷 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐.
𝑬
Poiché 𝑷 = ∆𝒕 , la quantità di energia elettrica (E) che è trasferita al
𝑬
resistore nell’ intervallo di tempo ∆𝒕 è quindi è pari a ∆𝒕 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐.
Allora 𝑬 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐 ∙ ∆𝒕. Se tutta questa energia è trasformata in
calore, avremo 𝑸 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐 ∙ ∆𝒕.
Il calore prodotto per effetto Joule quindi è direttamente proporzionale
alla resistenza del conduttore e al quadrato dell'intensità della
corrente che lo attraversa.
109
29/04/2016
Possiamo a questo punto definire la resistenza elettrica come l’
attitudine di un conduttore a trasformare l'energia elettrica che
lo percorre in calore.
Quando in un apparecchio elettrico si richiede che la percentuale
di energia elettrica convertita in calore sia molto alta, occorrerà
aumentare il più possibile la resistenza dell'apparecchio.
Questo avviene per esempio nelle stufe o nei ferri da stiro.
In altri casi, invece, è essenziale che sia dispersa meno energia
possibile e, benché non sia possibile eliminare completamente
l'effetto Joule, si cerca di minimizzare il riscaldamento utilizzando
materiali a bassa resistenza, come l'oro, l'argento o il rame.
Per questo motivo i cavi che collegano tra loro gli apparecchi
elettrici o quelli che portano l'elettricità nelle case sono di rame.
James Prescott Joule (1818 – 1889)
110
29/04/2016
Accoppiamento di un C.E. a bassa frequenza
Un organismo vivente in presenza di CEM può interagire con essi
assorbendone energia.
Rispetto al CE i tessuti biologici possono comportarsi come dielettrici
o come conduttori, secondo la frequenza dei CE, la conducibilità
e la costante dielettrica che li caratterizza.
Fino a 100 kHz i tessuti possono essere considerati come buoni
conduttori.
Per questo motivo, fino a tali frequenze il CE non penetra in modo
significativo all’interno dei tessuti e l’organismo esposto si comporta
come un oggetto omogeneo perfettamente conduttore, sulla
superficie del quale è indotta una distribuzione di carica elettrica.
La variazione nel tempo di tale distribuzione (se il CE è variabile)
genera la presenza di correnti elettriche all’interno del corpo umano
con intensità proporzionale alla frequenza e all’ampiezza del CE.
In pratica si osserva che:
 il CEM tende a far oscillare le cariche elettriche libere;
 Il CEM tende a orientare e deformare le molecole nei tessuti.
Infatti gli ioni + e - presenti nei liquidi fisiologici acquistano energia
dal CE e tendono a seguire oscillazioni di quest’ultimo.
Di conseguenza si formano nell’organismo delle correnti ioniche.
I tessuti biologici sono pressoché trasparenti al CM., ma un CM
variabile genera a sua volta correnti indotte, la cui intensità è
proporzionale alla f e all'ampiezza del CE.
111
29/04/2016
La distribuzione nell’organismo di tali correnti e l’entità delle stesse
determinano la trasformazione di una parte significativa dell’energia
EM in energia termica (effetto Joule).
Le correnti indotte possono a loro volta generare un CM secondario
in grado di perturbare il campo impresso.
In genere per f fino all'ordine del centinaio di KHz, la perturbazione
(che dipende dalla f, dalla conducibilità dei tessuti e dalle dimensioni
dell’organismo esposto) nel caso dell’uomo è trascurabile. Tuttavia
si possono verificare:
interferenza delle correnti indotte con i meccanismi fisiologici
della percezione sensoriale e dell’attivazione muscolare;
se l’esposizione è sufficientemente intensa: sensazioni tattili o
visive spurie o disturbate o con contrazioni muscolari
involontarie.
Effetti termici dei CEM
In seguito dell’interazione tra il CEM e l’organismo, la conversione
dell’energia EM in energia termica può interessare il corpo intero
determinando una crescita generalizzata della T, oppure può
riguardare singoli organi, tessuti provocando in essi aumenti
localizzati della T.
Il regolare svolgimento delle attività fisiologiche dipende dal
mantenimento della T dell’organismo entro normali valori di
riferimento.
Un incremento della T corporea comporta l’attivazione della
termoregolazione. In particolare, il sistema circolatorio svolge la
funzione di trasportare il calore in eccesso dalle zone interne del
corpo a quelle superficiali dove avviene lo scambio termico con
l’ambiente circostante.
112
29/04/2016
La quantità di calore rimossa in un dato sito biologico è legata alla
portata sanguigna: maggiore è la quantità di calore da espellere
e, maggiore dovrà essere la portata del fluido in circolo.
La portata sanguigna è regolata dalla pompa cardiaca; essa può
essere incrementata entro determinati limiti modificando la
frequenza e gettata cardiaca.
L’incremento delle frequenza comporta un maggiore lavoro
meccanico a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio.
In seguito allo sforzo compiuto dalla pompa cardiaca e all’intervallo
di tempo di termoattivazione del sistema regolazione si generano
nell’individuo disturbi termici di varia gravità.
In particolare, gli effetti osservati sono: aritmie, tachicardia,
bradicardia, alterazioni dell’ECG, disturbi emodinamici.
Per esposizione ai campi RF e MW di sufficiente intensità, i tessuti
irradiati possono subire incrementi significativi di T, col pericolo di
superare il limite di tolleranza dello specifico tessuto, danneggiandolo
in maniera irreparabile.
Per es., T dell’ordine dei 44° C e 48° C sono dannose rispettivamente
per il tessuto nervoso e cardiaco.
Per tale motivo, gli organi poco vascolarizzati (occhio e gonadi)
sono anche i più sensibili al danno termico indotto dalle OEM a
RF e MF.
Il cristallino è la parte dell’occhio che risente in misura maggiore
degli effetti del riscaldamento conseguente all’esposizione a RF e
MW, anche se altri tessuti oculari possono subire disturbi
transitori come arrossamenti o vere e proprie ustioni.
113
29/04/2016
La quantità di calore in eccesso nel cristallino, organo non vascolarizzato,
è scambiata solo per contatto termico con l’umor acqueo e con il
corpo vitreo.
Il surriscaldamento può determinare l’opacità del cristallino.
Indagini epidemiologiche hanno evidenziato che le RF possono
determinare un invecchiamento precoce del cristallino.
Le esposizioni a MW possono determinare danni ai testicoli e alle
gonadi femminili.
Sulla base delle attuali conoscenze (derivanti dalla sperimentazione
animale) si ritiene che esposizioni inferiori a 100 W/m2 siano non
mutagenetiche.
Considerazioni sugli effetti biologici dei CEM
Poiché un qualunque sistema biologico contiene cariche elettriche,
appare chiaro che l’esposizione ad un campo esterno può dare
luogo in qualche misura a effetti biologici.
Per quanto riguarda gli effetti dei CEM possiamo parlare di effetti
diretti e indiretti.
Gli effetti diretti sono quelli che risultano dall’accoppiamento
diretto fra un CEM e il corpo umano.
Gli effetti indiretti sono quelli che risultano dall’accoppiamento
di un CEM con un oggetto (ad esempio una struttura metallica) e
successivamente con una persona che tocca quell’oggetto.
114
29/04/2016
L’effetto diretto di un CEM tipo ELF sull’organismo umano consiste
nell’induzione di correnti all’interno del corpo, distribuite in vari
modi in dipendenza all’intensità dei campi esterni, alla resistività
dei tessuti corporei e alla posizione del corpo.
Ciò dà luogo a effetti biologici (solo per valori elevati della densità
di corrente) dovuti alla stimolazione di tessuti elettricamente
eccitabili (tessuto muscolare e nervoso).
Bisogna notare che a bassa frequenza il CE e il CM, pur essendo
contemporaneamente presenti, sono disaccoppiati, e quindi vanno
valutati separatamente.
Entrambi provocano correnti nel corpo umano, ma con meccanismi
diversi, infatti un CE variabile produce delle correnti di spostamento,
mentre un CM variabile produce correnti indotte.
Un CE ELF induce sul corpo esposto una carica superficiale che può
dare origine a un formicolio della pelle, a una vibrazione dei peli e
a piccole scariche.
Un intenso CM statico (frequenza prossima a zero) può causare
vertigini o nausea a una persona che si muova nel campo stesso.
I CE ad alta frequenza interagiscono col corpo umano attraverso
l’assorbimento dell’energia EM incidente. Tale energia è dissipata
sotto forma di calore.
Gli effetti biologici sono in sostanza legati all’innalzamento della T
locale o globale.
Alle alte frequenze i CE e CM sono sempre contemporaneamente
presenti e vanno valutati globalmente.
115
29/04/2016
Gli effetti dei CEM si possono ulteriormente suddividere in:
 effetti acuti (immediati, più facilmente osservabili);
 effetti differiti (a lungo termine, difficilmente valutabili).
Per i CEM di tipo ELF gli effetti acuti si manifestano come semplici
fastidi o addirittura come paralisi cardiaca.
Nei campi ELF deve essere considerata la densità di corrente J
invece per i campi RF si valuta il SAR
𝑾
𝑲𝒈
𝑨
𝒎𝟐
,
.
Resta il problema di collegare queste ultime grandezze (J e SAR),
difficilmente misurabili, a quelle che le determinano, facilmente
misurabili: campo elettrico E
𝑽
𝒎
, campo magnetico H
induzione magnetica B 𝑻 e densità del CEM S
𝑾
𝒎𝟐
𝑨
𝒎
,
.
Termoterapia
116
29/04/2016
Meccanismi d’interazione dei CEM
Nei materiali le correnti prodotte dall’interazione con campi E e
H si generano con vari meccanismi:
Corrente di conduzione: data dalla deriva degli elettroni liberi di
muoversi nel materiale (tipica dei metalli e dei buoni conduttori).
di convenzione: è data dalla deriva di ioni + e – in un
contesto che ne consenta il moto (liquidi).
Le correnti di conduzione e di convenzione possono essere indotte
da un CE sia costante che variabile.
Corrente di polarizzazione: data dal moto oscillatorio intorno a
una posizione d’equilibrio di molecole o parti di molecole che non
sono libere di andare alla deriva sotto l’azione del CE variabile.
Tipica dei buoni dielettrici.
Nelle correnti di polarizzazione le parti in movimento (escursione
submolecolare) possono essere:
Cariche + o – che tendono a spostarsi seguendo la direzione del CE.
Molecole dipolari (come l’acqua) che tendono a ruotare intorno
alla loro posizione d’equilibrio per allinearsi al CE.
Se il CE è costante, raggiunta la posizione di equilibrio non c’è più
corrente.
Corrente di magnetizzazione: implica l’allineamento di dipoli magnetici
in un materiale magnetico sottoposto ad un CM variabile (un campo
statico non genera corrente).
Trascurabile nei materiali biologici, perché non sono magnetici.
117
29/04/2016
Assorbimento di potenza da parte di un mezzo con caratteristiche simili al muscolo alle
frequenze ISM europee e a 915 MHz, che in USA sostituisce i 434 MHz.
Onde sonore
118
29/04/2016
Ultrasuoni (US)
Gli US causano compressioni e rarefazioni nel mezzo.
Propagazione di un’onda di pressione (funzione della perturbazione
originaria e delle caratteristiche acustiche del mezzo).
In zone ricche di gas (polmoni) gli US hanno grande difficoltà a
propagarsi, mentre le OEM raggiungono profondità maggiori.
In zone ricche di acqua (muscolo) gli US sono molto meno attenuati
delle OEM.
In presenza di discontinuità (osso/muscolo) gli US hanno una
grande dissipazione di energia con surriscaldamento localizzato.
A parità di potenza per unità di volume con gli US può insorgere
una propagazione con leggi non lineari con maggiore dissipazione
di energia e rischio di surriscaldamento incontrollato.
A parità di potenza per unità di volume, l’interazione tra US e
piccole bolle di gas presenti nei tessuti può dare luogo al fenomeno
della cavitazione con conseguenze meccaniche e chimiche rilevanti.
Assorbimento da parte di un mezzo
con caratteristiche simili al muscolo.
119
29/04/2016
Assorbimento OEM versus US
Temperatura – profondità
T dei tessuti di una coscia in funzione della profondità se sulla superficie s’impone
una T di 8°C per mezzo del contatto con un corpo freddo
120
29/04/2016
Calore
E’ prodotto dai movimenti di traslazione, vibrazione e rotazione
degli atomi e delle molecole di un corpo. Gli atomi e le molecole
sono animati incessantemente da un moto caotico (agitazione
termica), che determina la temperatura.
Riscaldare un corpo: aumentare agitazione termica.
Raffreddare un corpo: ridurre agitazione termica.
La temperatura è la misura del calore di un corpo rispetto a uno
di riferimento. E’ dovuta all’energia cinetica degli atomi e delle
molecole.
Non c’è un limite superiore, ma c’è un limite minimo: -273,16°C
(0 assoluto, 0° K).
Caloria o piccola caloria (cal): quantità di calore necessaria per
aumentare di 1° C (da 14,5°C a 15,5°C) 1 g di H20 distillata posta
a livello del mare (pressione di 1 atm). Nel S.I. il calore è misurato
in joule (1 caloria = 4,18 j).
In biologia e in nutrizione la grande caloria o caloria alimentare
(Cal o kcal), equivalente a 103 cal, è l'energia necessaria per
innalzare di 1 °C la T di 1 kg di H20 distillata posta a livello del mare
ed è usata per indicare l'apporto energetico medio di un alimento
in combinazione con l'unità di massa g o hg.
1 g di carboidrati sviluppa ca. 3,8 kcal, 1 g di proteine ca. 3,1 kcal
e 1 g di lipidi ca. 9,3 kcal.
1 J = 0,2388459 cal
1 cal = 4,1867999409 J
121
29/04/2016
Calore specifico (c) di una sostanza: quantità di calore necessaria
per innalzare (o diminuire) la T di un’unità di massa di 1 K (o di
1° C). Nel S.I. l'unità di misura del calore specifico è il J / (kg × K);
nel Sistema tecnico è kcal / (kg × °C).
Capacità termica (C): ammontare di calore richiesto da un sistema
per aumentare la T di di 1° K (o di 1° C). Nel S.I. l'unità di misura
della capacità termica è J/K.
La capacità termica C è proporzionale al calore specifico c e alla
massa m del corpo: 𝑪 = 𝒎 ∙ 𝒄.
A differenza del calore specifico, che dipende solo dalla natura
del materiale, la capacità termica di un corpo dipende sia dalla
natura del materiale sia dalla sua massa.
L’ H20 ha un calore specifico molto elevato (4,18 kJ K-1 kg-1).
Calore specifico
Materiale
kJ K-1 kg-1
H20
4,18
Aria
1,01
Alluminio
0,90
Rame
0,40
Mercurio
0,14
Vetro
Cera di paraffina
0,77
circa 2,7
Gomma
2,0
Corpo umano
3,6
Pelle
3,8
Muscolo
3,8
Grasso
2,3
Osso
1,6
Sangue
3,6
La capacità termica del corpo umano è vicina
a quella dell’H20, essendone composto per
circa il 70%.
Il muscolo, che ha un contenuto di H20 alto,
ha una capacità termica maggiore del tessuto
adiposo.
Per aumentare di 2°C la T di un soggetto dal
peso di 70 kg occorrono: 70 x 3,6 x 2 = 576 kJ
di energia.
122
29/04/2016
Trasmissione del calore
Conduzione: tra corpi a contatto diretto, avviene spontaneamente
dal corpo più caldo a quello più freddo finché i due corpi non
raggiungono la stessa temperatura.
Convenzione: nei fluidi (liquidi e gas), avviene attraverso spostamento
di materia.
Le parti più calde vanno verso l’alto (correnti ascendenti calde) e
le parti più fredde vanno verso il basso (correnti discendenti fredde).
Irraggiamento: attraverso OEM che si trasformano in calore quando
incontrano un mezzo e sono assorbite dalla materia, attraverso
transizioni vibro-rotazionali, aumentando l’energia cinetica delle
molecole e quindi aumentandone l’agitazione termica.
Convenzione
123
29/04/2016
Agitazione termica
Calore e corpo umano
T corporea: 37°C ± 0,5°C.
Al risveglio: 36°C (orali). Cresce fino al massimo (h 18-22) 37,2°-37,4°C,
poi decresce fino al minimo (h 01-04) 36,4°C.
T corporea primi anni di vita: 37,6° C per: metabolismo esaltato
e termoregolazione non perfettamente funzionante.
Lavoro fisico: accentua le reazioni biochimiche. In soggetto non
allenato, sforzo prolungato: rialzo termico di ~ 2°C.
Un riscaldamento superficiale ≥ 44°C può danneggiare l’epitelio.
Al crescere della T aumenta la perfusione.
Quando la T raggiunge i 43°C, l’asportazione di calore da parte
del sangue prevale su tutti gli altri effetti.
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La gran parte dei tessuti sopporta un raffreddamento di 7°C.
La pelle e il t. sottocutaneo, in particolare nelle regioni periferiche,
hanno una T molto variabile e condizionata dalla T ambientale.
Oltre i 41°C: possibilità di convulsioni.
43,5°C: massima T corporea compatibile con la vita.
La T corporea dipende dal bilancio tra perdita e guadagno termico.
Il maggior guadagno termico è dato dal metabolismo basale,
che può essere nettamente incrementato dall’esercizio fisico.
Circa il 75% dell’energia utilizzata dalla contrazione muscolare si
manifesta in calore.
Guadagno
Perdita
Metabolismo basale
Emissione di radiazioni verso l’ambiente
Metabolismo della contrazione
muscolare
Conduzione verso oggetti freddi
Metabolismo di altri tessuti oltre
al basale (es. digestione)
Conduzione verso aria, continuamente
rimossa per convenzione
Assorbimento di radiazioni
dall’ambiente
Evaporazione di acqua attraverso la pelle perspiratio insensibilis (25-35 ml/ora) vapore trasportato da convenzione
Conduzione da oggetti caldi
Evaporazione di sudore - vapor acqueo
trasportato da convenzione
Espirazione di aria calda – convenzione
forzata
Escrezione di urine, feci ed altri fluidi
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Mantenimento dell’omeotermia
Termorecettori cutanei
Sono terminazioni libere presenti nella cute microscopicamente
non distinguibili dai recettori per il dolore.
I termorecettori per il caldo generano una scarica continua se la
T della pelle si mantiene costante, rispondono a T tra 30-45°:
risposta massima a 40-42°C, smettono di scaricare <30°C e >50°C.
I termorecettori per il freddo rispondono a T di 35-20°C: risposta
massima a 25-30°C, smettono di scaricare <10°C , ma >45° si
riattivano trasmettendo segnali dolorifici. Sono più abbondanti
di quelli per il caldo.
Altri sensori in profondità controllano la temperatura del sangue.
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I nocicettori termici hanno una distribuzione analoga ai termocettori.
Quelli per il freddo rispondono <10°C, quelli per il caldo >50°C.
A eccezione del cervello, ogni parte del corpo possiede nocicettori
polivalenti in grado di percepire eccessi di pressione, calore o
molecole rilasciate da tessuti danneggiati o infiammati.
I termorecettori hanno una soglia di discriminazione massima a
livello delle labbra (1 mm) e minima a livello del polpaccio (48 mm).
Indice: 2 mm, palma mano: 10 mm, fronte: 18 mm, pianta piede:
22 mm, schiena: 42 mm.
La somministrazione di calore dall’esterno stimola i termorecettori
(su tutto il mantello cutaneo, ma soprattutto su palma delle mani
e pianta dei piedi).
Risposta neurovegetativa per disperdere il calore assorbito (per mezzo di
convenzione, conduzione, irraggiamento, evaporazione): vasodilatazione
cutanea, diaforesi, iperventilazione.
I fenomeni neurovegetativi sono spesso di tipo consensuale.
Dopo esposizione di un piede a IR per 5 m: aumento della T cutanea
locale di 6°C, ma anche aumento di 5°C al controlaterale.
Se l’ aumento di T è di soli 5° non si ha la risposta consensuale.
È descritto anche un effetto diaforetico consensuale.
L’aumento del flusso ematico determina un aumento della T della cute
e del sottocute con incremento del consumo cellulare e del consumo
di O2 da parte dei tessuti.
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Termorecettori cutanei
Applicazione di calore non urente
su una superficie cutanea estesa
Rapida vasodilatazione cutanea:
 aumento della pressione idrostatica intracapillare;
 riscaldamento di una maggiore quantità di sangue, che
allontanandosi determina ipertermia negli organi profondi,
anche se limitata.
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Applicazione di calore non urente
su una superficie cutanea limitata
La vasodilatazione determina apprezzabile riduzione delle resistenze
periferiche con transitoria caduta della pressione sanguigna,
ipertermia e diaforesi marcate.
La vasodilatazione periferica è compensata dal maggior impegno
cardiaco e da vasocostrizione nel territorio splancnico.
Passaggio da ipotensione a ipertensione più o meno evidente.
Attenzione agli effetti emodinamici nei cardiopatici e ipertesi!
Somministrazione di calore: microcircolazione
Effetti controversi
In teoria: vasodilatazione periferica, aumento della permeabilità
capillare, aumento della pressione idrostatica capillare, imbibizione
edematosa dei tessuti. Quindi: controindicazione negli stati edematosi.
In pratica: azione positiva della termoterapia moderata.
Una spiegazione: le note modifiche all’equilibrio di Starling si
verificano nei tessuti sani, in quelli compromessi i meccanismi
sono più complessi.
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Legge di Starling (distribuzione dei liquidi tra plasma
sanguigno e liquidi interstiziali)
Lo scambio sangue-liquido interstiziale avviene nei capillari. Per
facilitarlo, le pareti dei capillari non hanno muscolo liscio e tessuto
fibroso o elastico di rinforzo presente nelle pareti degli altri vasi.
I capillari presentano uno strato di endotelio piatto costituito da
un singolo strato di cellule sostenuto da una membrana basale.
L’endotelio dei capillari di solito presenta giunzioni lasse, con
spazi o pori tra le cellule.
I capillari arteriosi trasportano sangue ricco di nutrienti e O2, quelli
venosi raccolgono il sangue refluo della porzione arteriosa e che
si è caricato di CO2 e sostanze di scarto.
La maggior parte degli scambi tra plasma e liquido interstiziale si
ha per diffusione semplice, sia attraverso i pori della parete
capillare che attraverso le cellule dell’endotelio.
La diffusione è il movimento netto di molecole da una zona a
concentrazione maggiore verso una a concentrazione minore fino
alla distribuzione uniforme in ogni parte dello spazio disponibile.
La velocità di diffusione per i soluti permeabili è determinata
essenzialmente dal gradiente di concentrazione tra plasma e
liquido interstiziale.
Un’altra forma di scambio capillare è il flusso netto di liquidi in
entrata e in uscita dai capillari: movimento di massa di acqua e
soluti tra sangue e liquido interstiziale a causa della pressione
osmotica o idraulica.
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Consideriamo due compartimenti A e B riempiti con due soluzioni
uguali ma a diversa concentrazione (A più concentrata di B) e
separati da una membrana semipermeabile, che si lascia
attraversare dall’H2O ma non dai soluti disciolti in essa, l’ H2O si
muoverà per diffusione semplice dal compartimento meno
concentrato (B) a quello più concentrato (A).
Tale movimento lungo gradiente di concentrazione è detto osmosi.
La pressione osmotica è quella pressione che deve essere applicata
a un pistone per opporsi esattamente al movimento osmotico
dell’acqua verso il compartimento A.
La pressione idrostatica è invece la pressione laterale esercitata
dal flusso di liquido, che dipende dalla quantità di liquido.
Il flusso di quidi verso l’esterno dei capillari è definito filtrazione,
mentre il flusso verso l’interno è definito assorbimento.
La principale differenza nei soluti tra liquido interstiziale e plasma
è rappresentata dalle proteine plasmatiche, che sono quasi assenti
nel liquido interstiziale.
La pressione osmotica dovuta alla presenza di queste proteine è
definita pressione colloido-osmotica o pressione oncotica.
La pressione oncotica non è equivalente alla pressione osmotica
totale, ma è solo la porzione di pressione osmotica generata dalle
proteine plasmatiche.
Poiché la pressione oncotica è maggiore nel plasma, mentre nel
liquido interstiziale è pressoché zero, il movimento osmotico dell’H2O
è diretto dal liquido interstiziale ai capillari.
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L’endotelio capillare è liberamente permeabile agli altri soluti
plasmatici, quindi essi non contribuiscono al gradiente osmotico
a cavallo dell’endotelio stesso.
La pressione oncotica del capillare può essere considerata costante
per tutta la lunghezza dei capillari e pari a 25 mmHg.
La pressione idraulica capillare diminuisce lungo il capillare a causa
della perdita di energia determinata dall’attrito.
I valori medi della pressione idraulica sono 32 mmHg a livello dell’
estremità arteriosa e 15 mmHg a livello dell’estremità venosa.
La pressione idraulica del liquido interstiziale è molto bassa di
conseguenza il movimento dell’acqua determinato dalla pressione
idraulica è diretto all’esterno dei capillari.
Il flusso netto a livello dei capillari è regolato dalle forze di Starling:
Una degerminata dalla pressione idraulica che spinge i liquidi
fuori dai capillari.
L’altra è determinata dalla pressione osmotica che spinge i liquidi
dentro i capillari.
La filtrazione attraverso la parete dei capillari è determinata
dalla pressione idrostatica cui si oppone la pressione osmotica.
A livello dell'estremità arteriosa del capillare dove la pressione
idrostatica (32 mm Hg) supera la pressione oncotica (25 mm Hg),
il liquido passa dai capillari negli spazi interstiziali.
All'estremità venosa del capillare invece, dove la pressione oncotica
(25 mm Hg) supera la pressione idrostatica (15 mm Hg), il liquido
rientra nei capillari.
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Il movimento di un liquido per filtrazione attraverso un capillare
è descritto dall’equazione di Starling:
𝑱𝒗 = 𝑲𝒇 𝑷𝒄 − 𝑷𝒊 − 𝝈 𝝅𝒄 − 𝝅𝒊 . Dove:
𝑱𝒗 è il movimento fluido netto tra compartimenti (ml/min).
𝑷𝒄 − 𝑷 𝒊 − 𝝈 𝝅 𝒄 − 𝝅 𝒊
è la pressione netta di filtrazione.
𝑲𝒇 è il coefficiente di filtrazione (costante di proporzionalità). È
il prodotto di due componenti: area superficiale di capillarità e
conduttanza idraulica di capillarità. Si misura in ml/min mmHg
La conduttanza idraulica esprime la permeabilità all’acqua della
parete del capillare. Essa varia secondo i tessuti e dipende dalle
caratteristiche morfologiche della parete dei capillari (per es. la
grandezza dei pori tra cellula e cellula; se i capillari sono fenestrati).
Perciò l’entità del movimento di un liquido per una data differenza
di pressione è maggiore nei capillari con Kf più alto (per es. i capillari
glomerulari) ed è minore nei capillari con Kf più basso (per es. i
capillari cerebrali).
Kf non è influenzata da fattori quali le variazioni della resistenza
arteriolare al flusso di sangue, l’ipossia o l’eccessiva presenza di
metabolici, ma Kf aumenta quando si verifica un danno del capillare.
Le altre variabili sono:
Pressione idrostatica di capillarità (Pc )
Pressione idrostatica interstiziale (Pi)
Pressione oncotica di capillarità (πc)
Pressione interstiziale oncotica(πi)
Coefficiente di riflessione (σ), di valore compreso fra 0 e 1, è
un fattore correttivo che tiene conto del fatto che molti capillari
hanno una piccola permeabilità alle proteine (come l'albumina).
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L’equazione di Starling ha un numero rilevante di implicazioni
fisiologiche, specialmente quando i processi patologici alterano una
delle suddette variabili.
In condizioni fisiologiche a livello dell’estremità arteriosa si ha
filtrazione netta, a livello dell’estremità venosa assorbimento netto.
In alcune situazioni in cui si ha un aumento della pressione al
capo venoso della circolazione o un aumento della pressione al
capo arterioso o ancora una variazione della pressione oncotica,
si possono avere variazioni nell’entità dei processi di filtrazione e
assorbimento.
Somministrazione di calore: muscolo
Notevole riduzione dello stato eccitatorio delle unità motorie:
azione miorilassante, più intensa se preesiste ipertono.
La diminuzione della T corporea (specie della cute del collo)
provoca un aumento dell’attività delle fibre γ, con conseguente
iperattività dei fusi n.m. e aumento del tono muscolare.
Somministrazione di calore: rene
Azione non molto chiara:
 In alcuni casi aumenta la diuresi.
 In altri casi netta riduzione della diuresi, forse conseguente
alla vasocostrizione nel territorio splancnico.
In ogni caso: prudenza nei pazienti nefropatici, per evitare improvvisi
sintomi uremici.
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Somministrazione di calore: polmoni
Iperventilazione, riduce l’ipertermia:
Riscaldamento aria espirata.
Eliminazione vapore acqueo.
Oltre una certa T, variabile secondo gli individui, riduzione degli
atti respiratori di dubbia interpretazione:
Stimolazione eccessiva dei centri respiratori?
Ipocapnia dovuta all’iperpnea?
In genere le brusche variazioni di T, sia in eccesso, che in difetto,
provocano una sospensione di qualche secondo degli atti respiratori,
dovuta ad un fenomeno riflesso con una certa componente psichica.
Sulle muscose delle vie respiratorie:
Effetto congestizio.
Rilasciamento della muscolatura liscia.
Aumento della secrezione mucosa.
Invece l’aria fredda determina un aumento del tono dei muscoli
lisci con diminuzione del lume bronchiale.
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Somministrazione di calore: metabolismo
Incremento del metabolismo cellulare.
Accelerazione dei processi enzimatici, biologici e cellulari con:
Aumento delle possibilità di difesa.
Aumento dei meccanismi riparativi.
Diaforesi: quando la T ambientale >29°C. Anche a T <29°C:
Intenso impegno muscolare (anche 1500 cc).
Intense sollecitazioni psichiche.
Effetti terapeutici del calore
La termoterapia è indicata quando:
È necessario stimolare il flusso ematico.
Aumentare il metabolismo tessutale.
Stimolare i sistema di difesa dell’organismo.
Sempre che le condizioni cardiocircolatorie siano buone e i tessuti
in grado di aumentare il loro metabolismo e non siano danneggiati.
È nozione comune che sia il caldo che il freddo, secondo i casi,
possono svolgere un’azione algosedativa, dovuta forse al fatto
che i nociccettori presentano una variazione della loro soglia di
stimolazione col variare della T.
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Sottrazione di calore
Reazione al freddo localizzato: inizialmente vasocostrizione, con
conseguente pallore cutaneo.
Esposizione prolungata: alla vasocostrizione segue una vasodilatazione
dei capillari venosi, con intenso eritema cutaneo.
Se l’esposizione si prolunga ancora il sangue che ristagna nel sistema
venoso va incontro a una lenta riduzione e la cute assume un colorito
cianotico chiazzato; il ristagno favorisce la formazione di edemi.
Se l’esposizione è eccessiva: fenomeni necrobiotici nei tessuti.
Se la superficie cutanea esposta al freddo è ampia, la vasocostrizione
comporta un apprezzabile aumento delle resistenze periferiche,
quindi un effetto ipertensivo, che è più o meno rapidamente
compensato da una vasodilatazione splancnica.
Se l’ipotermia corporea è prolungata:
Rallentamento della circolazione ematica.
Riduzione della pressione sanguigna.
Bradicardia (meno di 50/min).
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Sottrazione di calore: apparato muscolare
Il freddo aumenta l’attività delle fibre gamma e quindi determina
un aumento del tono muscolare. Per compensare la riduzione
termica: orripilazione.
Se l’orripilazione non è sufficiente: brivido (contrazioni subtetaniche
involontarie), che può portare a un aumento del metabolismo
del 20-30%, con produzione di calore endogeno.
Sottrazione di calore: apparato respiratorio
Il freddo determina una riduzione degli atti respiratori, che
diventano più profondi e si arrestano quando la T corporea
scende sotto i 28°C.
L’aria fredda determina un aumento del tono dei muscoli lisci,
con riduzione del lume bronchiale.
Calore e colore della cute
Il colore della cute (pallore, rossore, cianosi) e la T cutanea sono
indipendenti.
Il colore dipende dal grado di pervietà dei capillari, mentre la T
cutanea è in relazione con la quantità di sangue che scorre nell’
unità di tempo nelle arteriole cutanee.
In ambiente caldo la cute può essere pallida o arrossata
(vasocostrizione o vasodilatazione capillare), ma sempre calda
(vasodilatazione arteriolare).
In ambiente freddo la cute è quasi sempre fredda (vasocostrizione
arteriolare), salvo qualche condizione transitoria; può essere pallida
(vasocostrizione capillare), arrossata (vasodilatazione capillare) o
cianotica (vasodilatazione capillare e arterio-venosa con notevole
riduzione dell’Hb, per stasi protratta nei capillari venosi).
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Il calore è più efficace quando il dolore deriva da uno stato di spasmo
o contrattura muscolare.
Il freddo ha un’azione antalgica, che oltre certi limiti è anche anestetica,
però se agisce troppo a lungo, determinando alterazioni del pH
sanguigno e tessutale, nonché accumulo di CO2, determina una
stimolazione dei chemorecettori cutanei e profondi con la
comparsa di dolori profondi e diffusi (dolori da congelamento).
Usare cautela con la termoterapia negli stati infiammatori acuti,
per evitare un ulteriore sovraccarico metabolico e circolatorio e
quindi necrobiosi dei tessuti.
Si può usare una termoterapia blanda negli stati dolorosi non
infiammatori e una termoterapia energica negli stati distrofici,
ove occorre stimolare il metabolismo tessutale e l’apporto di
sostanze energetiche.
Termoterapia esogena. Sfrutta l’applicazione di calore dall’esterno:
naturale, artificiale.
Termoterapia esogena naturale:
 Applicazioni umide (con mezzi liquidi): bagni termali, fanghi …
 Applicazioni a vapore (con mezzi gassosi): grotte naturali.
 Applicazioni secche: elioterapia, psammoterapia.
Termoterapia esogena artificiale:
 Applicazioni umide: bagno, doccia, paraffinoterapia.
 Applicazioni a vapore: suffumigi e fomentazioni, bagno romano,
bagno turco, sauna finnica.
 Applicazioni secche con:
• Mezzi solidi: borsa d'acqua calda, psammoterapia, fanghi, termoforo.
• Applicazioni locali: forni alla Bier, radiazioni, OEM, US.
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Psammoterapia
Utilizza la sabbia alla quale si aggiunge la componente farmacologica
specifica dell'acqua di mare sotto forma di sali adesi ai granuli.
La sabbia ha una composizione chimica particolare ed è costituita
essenzialmente da granuli tra i quali è interposta aria (sistema
poroso). Ha una scarsa conduttività termica e ha limitata superficie
specifica in grado di cedere il calore, ricevuto dall'irraggiamento
solare, senza determinare ustioni malgrado l'alto gradiente termico.
Effettuata all'aperto: buca di 2 m per 1 m circa, profondità di 2030 cm. Sul fondo stratificati almeno 15 cm di sabbia asciutta, ai
bordi è accumulata la sabbia in quantità sufficiente a ricoprire il
corpo del paziente.
Applicazione sulla superficie corporea ad una T media di 50-60°C
(termoterapia energica).
Spessore strato applicato: generalmente non supera i 3-7 cm per
permettere al calore solare di scaldare la sabbia in maniera uniforme.
Ricoprire il pz con uno strato di sabbia sottile attenua un eccessivo
raffreddamento della sabbia a diretto contatto con la cute.
La seduta ha una durata di circa da 15 min per le applicazioni
generali a un massimo di 60 min per applicazioni localizzate. Al
termine si effettua un periodo di reazione di 20 min in appositi
locali: il pz è fatto sdraiare in ambiente chiuso, coperto con panni
di lana: suda profusamente, la T corporea può raggiungere i 39°C,
quindi doccia di pulizia ed eventuale massaggio.
Negli stabilimenti psammoterapici alla sabbiatura è generalmente
abbinata la balneoterapia con acqua di mare riscaldata, effettuata
in apposite vasche o in piscina (37-38°C per 20 min) o direttamente
in mare.
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Azioni biologiche e terapeutiche dipendono da: T e granulometria
del mezzo utilizzato, composizione minerale, salina e organica
della sabbia stessa, dovuta all’autofiltrazione dell’acqua marina
sulla battigia.
Effetto termico: azioni aspecifiche generali e locali legate al calore.
Effetto chimico-minerale: azioni biologiche legate alla composizione
chimico-fisica delle singole sabbie utilizzate.
Effetto climatoterapico: azioni biologiche esercitate dal clima marino
del luogo ove si effettuano le sabbiature.
Indicazioni (analoghe a quelle della fangoterapia): artrosi, esiti e
postumi di forme traumatiche (fratture, distorsioni, etc.), reumatismi
extra-articolari, reumatismi infiammatori cronici in fase termale
etc.
Paraffinoterapia
Ha avuto un certo sviluppo nei paesi anglosassoni, dove per ragioni
climatiche è di scarso utilizzo la fangoterapia.
La paraffina è una miscela di idrocarburi solidi con punto di fusione
a 53°C. Liquefatta cede calore per conduzione, ma il suo primo strato,
a contatto con la cute più fredda, si solidifica subito, cedendo così
un’ulteriore quantità di calore (calore di fusione). Poiché la paraffina
è un cattivo conduttore di calore, il primo strato solidificato protegge
la cute dall'azione termica degli altri strati, che sono più caldi e
ancora liquidi: è possibile tollerare bagni di paraffina a T elevata.
E’ preferibile usare al posto del bagno di paraffina la schiuma di
paraffina. In un apposito frullatore si centrifugano 9 parti di paraffina
e 1 di vaselina (o anche 7:1), fino a ottenere una schiuma, che
compare solo quando la paraffina raggiunge il punto di fusione.
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29/04/2016
Si applica sulla superficie da trattare (con immersione, pennellature
o spruzzature) la schiuma, che poi raffreddandosi si solidifica. Si
applicano vari strati (6-7). La vaselina favorisce lo staccamento.
Vantaggio della schiuma: le bollicine d'aria costituiscono un sistema
isolante che riduce la dispersione del calore.
Dopo circa 20–30 min si rimuove la paraffina ormai solidificata e
si avvolge la parte interessata con una coperta di lana per continuare
la reazione sudorale.
Effetti: Provoca una notevole vasodilatazione cutanea, con profusa
sudorazione e intensa azione antiedemigena.
Azione antiedemigena: la paraffina raffreddandosi si solidifica e
diminuisce di volume, quindi svolge un’azione compressiva, tipo
calza elastica (può essere usata in stati edematosi post-traumatici
e varicosi, dove altre termoterapie sarebbero controindicate).
Le soluzioni di continuo della cute (escare, piaghe e ulcerazioni)
devono essere protette con delle garze prima dell'applicazione.
È un metodo semplice che può essere usato anche a domicilio.
Ha un'azione piuttosto energica (attenzione nelle cardiopatie).
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29/04/2016
Bagno romano
In disuso.
Era costituito da 3 ambienti: tepidarium (50°C), calidarium (60°C),
il frigidarium (35°C).
Si passava dal 1° al 3° ambiente, sostandovisi circa 30 m per
ciascuno. Consentiva la perdita anche di 1000-1500 cc di sudore.
Bagno turco
Presenza di un'atmosfera satura di vapore.
Scarsa tollerabilità (pertanto la T deve essere inferiore a quella
del bagno romano).
Profusa sudorazione, che però non ha effetti sulla termoregolazione,
e talvolta può portare a degli squilibri elettrolitici.
Notevole impegno cardio-circolatorio.
Sauna finnica
Brusche variazioni della T ambientale.
Aria secca a 60° per 15 m, poi vapore surriscaldato per altri 15 m,
con intensa sudorazione.
Quindi si passa alla doccia fredda.
Tali sbalzi termici sono indicati solo a persone con ottime caratteristiche
cardiocircolatorie e nervose.
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29/04/2016
Forno alla Bier
Il “fornetto” è una cassetta di legno o di metallo, rivestita internamente
ed esternamente di materiale antincendio. Ha forma diversa
secondo la parte del corpo che deve contenere, che è tenuta
lontano dalle pareti.
La sorgente calorifica è costituita da una fiamma ad alcol o da una
serie di resistenze elettriche. Termoterapia per convenzione.
La T che si può raggiungere varia da 120 a 130° C nelle applicazioni
parziali a 60°-80° C nelle applicazioni estese.
Anche se elevata, la T è tollerata perché si tratta di calore secco,
permettendo l’evaporazione del sudore che dà all’organismo la
possibilità dissipare il calore.
L’effetto termico nell’applicazione parziale si avrà quasi esclusivamente
sul luogo di applicazione e non influenza molto le altre funzioni
del corpo.
La parte da trattare è posta senza indumenti all'interno. Ogni
applicazione dura da 15 a 20 m e va fatta sotto controllo perché
la resistenza al calore varia da soggetto a soggetto. Terminata
l’applicazione si spegne la sorgente di calore lasciando raffreddare
lentamente la parte trattata.
Si ha un elevato aumento della T locale, con marcata iperemia e
diaforesi: accelerazione dell'eliminazione di cataboliti e di acqua,
efficace azione decontratturante e azione analgesica.
Indicazioni: processi artrosici, contratture muscolari e mialgie,
rigidità post-traumatiche, preparazione alla massoterapia e alla
cinesiterapia.
Controindicazioni: stati flogistici acuti, cardiopatie e ipertensione,
varici degli arti inferiori, gravidanza.
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29/04/2016
Nell'osteoporosi pare che l'iperemia e l'accelerazione dei processi
metabolici favorisca un'ulteriore rarefazione del tessuto osseo.
Nel diabete sembra le alterazioni vascolari periferiche possano
seriamente essere accentuate dal calore, che favorisce l'insorgenza
delle tipiche gangrene diabetiche.
Tutte queste forme di termoterapia producono calore solo nei
tessuti più superficiali (cute e sottocute).
Muscoli e articolazioni non sono interessati, a meno che il
riscaldamento sia generale e prolungato per almeno 30 m.
In ogni caso, si ha un riscaldamento dei tessuti profondi mediante
l'azione di cessione termica effettuata dal sangue.
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29/04/2016
Ginnastica vascolare idrica
Indicazione: vasculopatie periferiche.
Due recipienti: acqua a 20-24°C e a 36-40-42°C.
Immersioni rapidamente alternate per circa 30 m.
La variazione rapida di T consente un'attivazione della circolazione
periferica e contribuisce a ridurre lo spasmo della muscolatura
liscia vasale.
Ritmici movimenti di vasocostrizione e vasodilatazione.
Attivazione del circolo arterioso collaterale.
Radiazioni infrarosse
OEM con λ compresa tra i 700 nm e 1 mm.
Classificazione astronomica, standard DIN/CIE: 700 nm – 1 mm.
Classificazione ingegneristica: 750 nm (NIR) - 1mm (FIR).
Questo tipo di OEM non sono molto penetranti.
Gli IR possono attraversare da 1 a 10 mm di tessuto.
In linea di massima le OEM con λ di 770–1200 nm non superano i
2 mm, quindi raggiungono appena il derma.
146
29/04/2016
Nome banda
IR-A
IR-B
IR-C
vicino
medio
lontano
vicino (NIR)
onda corta (SWIR)
onda media (MWIR)
onda lunga (LWIR)
lontano (FIR)
Limite superiore
Limite inferiore
Standard DIN/CIE
0,7 µm / 428 THz
1,4 µm / 214 THz
1,4 µm / 214 THz
3 µm / 100 THz
3 µm / 100 THz
1000 µm (1 mm) / 300 GHz
Classificazione astronomica
0,7-1 µm / 428-300 THz
5 µm / 60 THz
5 µm / 60 THz
25-40 µm / 12-7,5 THz
25-40 µm / 12-7,5 THz
250-350 µm / 1,2 THz-428 GHz
Sistema ingegneristico
0,75 µm / 400 THz
1,4 µm / 214 THz
1,4 µm / 214 THz
3 µm / 100 THz
3 µm / 100 THz
8 µm / 37,5 THz
8 µm / 37,5 THz
15 µm / 20 THz
15 µm / 20 THz
1000 µm / 300 GHz
Un ulteriore sistema pratico, sviluppato nell'ambito dell'industria
delle telecomunicazioni, suddivide in bande molto strette la regione
del vicino IR interessante per la trasmissione a mezzo fibra ottica.
Nome
O (Original)
E (Extended)
S (Short)
C (Conventional)
L (Long)
U (Ultra long)
Intervallo
1260 - 1360 nm
1360 - 1460 nm
1460 - 1530 nm
1530 - 1565 nm
1565 - 1625 nm
1625 - 1675 nm
147
29/04/2016
L'azione degli IR è essenzialmente termica.
Nella pratica clinica si utilizzano particolari lampade a incandescenza
con filamento in tungsteno immerso in un'atmosfera di N di
discreta potenza (1000 W), fornite di un apposito filtro in vetro
al cobalto o al manganese, che lascia passare solo le radiazioni
rosse e infrarosse.
L'applicazione può avvenire all'aperto (non vi sono problemi di
termoregolazione) o attraverso i bagni di luce, sorta di forni
elettrici in cui il segmento corporeo è confinato in un ambiente
chiuso, con importante sollecitazione termica.
Nel caso dei bagni di luce si usano lampade con filamento in
carbone di bassa potenza (25 W).
Normalmente le applicazioni si fanno su aree di 30-40 cm di Ø con
la lampada piazzata a circa 50 cm; l'applicazione dura circa 30 m.
L'assorbimento delle radiazioni è maggiore quando queste raggiungono
il target perpendicolarmente.
A parte gli incidenti tecnici, non vi sono importanti controindicazioni
a tale terapia.
Unica accortezza: non esporre il capo, data la facilità con cui gli
IR riescono ad attraversare la teca cranica e a dare dei sintomi di
irritazione meningea tipo insolazione.
148
29/04/2016
Attinoterapia (raggi UV)
I raggi UV hanno una λ compresa tra i 400 nm e i 10 nm.
Il Sole emette fotoni in una vasta gamma di frequenze, che
coprono quelle della luce UV in tutte e tre le bande UV-A (380 15 nm), UV-B (315-280 nm), e UV-C (280-100 nm).
Gli UV provenienti dal sole sono in gran parte trattenuti dall’atmosfera
terrestre (O2, che li assorbe trasformandosi in ozono, nubi e vapor
aqueo, inquinamento).
A causa dell'assorbimento da parte dell'ozonosfera circa il 99%
degli UV che arrivano sulla superficie terrestre sono UV-A.
Infatti quasi il 100% degli UV-C e il 95% degli UV-B è assorbito
dall'atmosfera terrestre. Sono trattenute soprattutto le radiazioni
a λ minore, e cioè <280 nm. Tali λ sono dannose (270 nm è λ
assorbita dal DNA).
L'intensità di queste radiazioni è espressa con l'Indice UV, indice
universale della radiazione UV solare, riportato nelle previsioni
meteorologiche, che descrive il livello di radiazione ultravioletta
solare che raggiunge la superficie terrestre in una certa area.
I valori dell'indice variano da 0 in su: più è alto il valore, maggiore
è il potenziale di danno per la pelle e per gli occhi e minore è il
tempo necessario perché tale danno si verifichi.
L'indice UV è stato concepito nell'ottica di aumentare la
consapevolezza della popolazione sui rischi di una eccessiva
esposizione alla radiazione solare ed è stato sviluppato
nell'ambito di una collaborazione tra l'OMS, il Programma per
l'ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), l'Organizzazione
Meteorologica Mondiale e la Commissione internazionale per la
protezione dalle radiazioni non-ionizzanti (ICNIRP).
149
29/04/2016
Fototipo I
Carnagione della
Lattea/rossastra
pelle
Sensibilità al Sole Molto elevata
Azzurri/verdi
Colore degli occhi
chiari
Rossi o biondi
Colore dei capelli
chiari
Lentiggini sulla
Moltissime
pelle
Scottature
Sempre
Tipo di
Inesistente o
abbronzatura
quasi
Tempo di
N.D.
abbronzatura
SPF per le prime
50+ (molto alto)
esposizioni
SPF a pelle già
abbronzata
50+/50 (molto
alto o alto)
Fototipo Il
Molto chiara
Elevata
Azzurri/verdi
Biondi normali
Fototipo III
Fototipo IV
Leggermente
Abbastanza chiara
scura/Olivastra
Media
Ridotta
Azzurri scuri/verdi Marroni normali o
scuri
chiari
Biondi
Castani/castani
scuri/castani
scuri
Fototipo V
Fototipo VI
Scura
Scurissima/nera
Minima
NO
Marroni
Marroni scuri
Neri
Neri
Molte
Alcune
Pochissime
Nessuna
Nessuna
Molto spesso
Leggermente
dorata
Spesso
Talvolta
Abbastanza
intensa
In casi rari
Mai
Molto intensa
Intensissima
2 mesi circa
1 mese circa
1 settimana circa
2-3 giorni circa
1 giorno
50 (alto)
30 (alto)
20/15 (medio)
10 (basso)
6 (basso)
30 (alto)
20/15 (medio)
10 (basso)
6 (basso)
Nessuno (6 in
caso di esposizioni
prolungate o sotto
elevato Indice UV
Dorata
150
29/04/2016
Gli UV sono prodotti per emissione termica da corpi ad altissima
T, ma anche da gas rarefatti per eccitazione atomica tramite scarica
elettrica.
Sono utilizzate lampade a vapori di mercurio, con involucro in
quarzo, che grazie alla sua struttura cristallina lascia passa gli UV,
al contrario del vetro; si usano anche lampade fluorescenti.
Gli UVC (prodotti artificialmente) sono assorbiti dall'epidermide
superficiale, gli UVB raggiungono l'epidermide profonda, gli UVA
il derma, come gli IR.
Mentre gli IR hanno un’azione termica, gli UV hanno essenzialmente
un'azione chimica – biologica.
Principale effetto locale: comparsa di eritema (determinano la
liberazione di mediatori della flogosi).
151
29/04/2016
Non è perfettamente conosciuto il meccanismo istofisiologico
dell’eritema da UV. Alcuni AA attribuiscono l’eritema a una
vasodilatazione per paralisi delle fibre vasomotorie, altri
sostengono che l’eritema sia provocato da sostanze istaminosimili, che provengono dalle cellule danneggiate dagli UV.
L’eritema si manifesta 6-12 ore dopo l’esposizione: in questo si
differenzia dall’eritema prodotto dagli IR, che compare durante
l’irradiazione.
Il processo finale dell’eritema è la desquamazione, che può essere
utile in alcune patologie cutanee (acne, seborrea, psoriasi).
Nell’acne la desquamazione favorisce al fuoriuscita del sebo
contenuto nei follicoli piliferi e ne impedisce la contaminazione
batterica.
Secondo la durata dell'esposizione l'eritema può scomparire in
24 ore o arrivare anche alla formazione di flittene a contenuto
sieroso.
Gli UV più eritematogeni sono gli UVC.
Gli UV di λ maggiore hanno invece un'azione sui melanofori cutanei
e determinano un inscurimento della pelle.
Le creme abbronzanti hanno lo scopo di lasciar passare solo gli
UV a λ maggiore, che abbronzano senza ustionare.
Il danno provocato agli strati superficiali della cute stimola lo strato
germinativo: ispessimento cutaneo e una accentuata desquamazione.
Gli UV hanno un accentuato effetto battericida, stimolano la
formazione di vitamina D, hanno un'azione esofilattica (ovvero
stimolano il SRE), attivando l'attività fagocitaria e la produzione di
anticorpi e quindi aumentando la resistenza dell'organismo alle
infezioni. Questa azione è svolta soprattutto dagli UV più penetranti
e cioè gli UVA e gli UVB.
152
29/04/2016
Gli UV-A sono considerati meno dannosi di altre bande, ma
possono sempre causare ustioni ad alte dosi e una sindrome
denominata acne di Maiorca.
Sono comunque considerati responsabili di cancro della pelle
come il melanoma, il basalioma o tumori non melanocitici, in
maniera analoga ai più energetici e dannosi UV-B.
Gli UV-A penetrano più in profondità nella pelle, rispetto agli UVB che gli UV-C, e alterano (danneggiano) le cellule che producono
le fibre collagene o fibroblasti, per questo sono i principali
responsabili dell'invecchiamento della pelle.
Alcuni filtri solari (cosmetici) proteggono bene contro i raggi UVB ma, spesso, poco contro i raggi UV-A, i maggiori responsabili
dell'invecchiamento solare. L'80% delle rughe si presume sia
provocato dall'esposizione al sole.
Alte intensità di UV-B sono dannose per gli occhi, e un'esposizione
prolungata può causare fotocheratiti (welder's flash) e fotodermatiti.
Anche gli UV-B e UV-C possono danneggiare le fibre collagene, e
quindi accelerare l'invecchiamento della pelle.
La radiazione UV-B e UV-C è inoltre in grado di attivare virus
come l'Herpes simplex.
I raggi UV ionizzano le molecole di DNA delle cellule della pelle
(soprattutto UV-B), inducendo basi adiacenti di timina e citosina
a formare legami covalenti.
Due basi adiacenti di timina o citosina non si legano in modo
normale, ma causano una distorsione dell'elica del DNA,
interferendo con i meccanismi di copia e in generale con il
funzionamento del DNA.
Il tutto porta facilmente a delle mutazioni, che spesso sfociano in
episodi di cancro.
153
29/04/2016
L'aumento del flusso sanguigno cutaneo, favorisce l'apporto
sanguigno e la rimozione di cataboliti, azione trofica nelle
piaghe da decubito, nelle ulcere torpide (in associazione agli IR)
etc, in cui esplicano anche un'azione battericida.
Per l'azione trofica sono utili in altre applicazioni dermatologiche
(acne, alopecia, psoriasi).
Irradiazione generalizzata: si hanno benefici nel rachitismo, come
profilassi delle infezioni batteriche; descritta è anche una certa
azione trofica generale.
La sensibilità agli UV è un fattore individuale (i biondi sono più
sensibili dei bruni).
Prima della somministrazione bisogna saggiare la sensibilità del
pz utilizzando un dosimetro formato da una lamina metallica con
10 fori di 1 cm di Ø. La lampada è posta a circa 50 cm e s’irradia
la zona su cui è stato posto il dosimetro; dopo 5’ si chiude un
foro e poi un altro ogni 2’. Si ottiene così una serie di eritemi che
consente di stabilire il dosaggio adatto a quel soggetto.
Durante il trattamento gli occhi devono essere protetti da occhiali
scuri, per evitare alterazioni congiuntivali e corneali.
La lampada non deve essere mai posta sul soggetto per evitare che
in caso di rottura il mercurio cadendo ustioni la pelle.
Tener presente l'effetto ionizzante e la produzione di ozono nei
locali ove si applica la terapia.
Sono controindicati nelle dermatiti in fase acuta, in allergie cutanee,
TBC, cardiopatie, nefropatie e insufficienza epatica.
154
29/04/2016
Assorbimento cutaneo degli UV
UVA con λ 390-330 nm sono assorbiti dal sangue delle
anse capillari del derma.
UV con λ 330-290 nm sono assorbiti dallo strato
profondo dell’epidermide.
UV con λ 290-185 nm sono assorbiti dall’epidermide
superficiale.
Reazione eritematosa
Possibile a tutte le λ UV, ma l’organismo
umano è più sensibile a:
Banda intorno a λ 250 nm (UVC, 20W/cm2 x
15’) che causa una reazione flogistica nello
strato superficiale dell’epidermide.
Banda intorno a λ 297 nm (UVC, 5W/cm2 x
15’) che causa una flogosi nello strato più
profondo.
Pigmentazione
I raggi UV con λ tra 290 e 420 nm sono assorbiti
dall’epidermide profonda ove innescano
reazioni chimiche che trasformano la tirosina*
in melanina.
* Tirosina: aminoacido non essenziale (deriva dalla
fenilalanina) precursore dell’adrenalina (ormone),
della dopamina (neurotrasmettitore), della
noradrenalina (ormone e neurotrasmettitore) e degli
ormoni tiroidei. Inoltre contribuisce alla produzione di
globuli bianchi, rossi e di diverse sostanze (melatonina,
GH ecc.).
Raggi UV e Vit. D
I raggi con λ tra 270 e 310 nm (UVB) hanno la
maggior capacità di attivare la vitamina D.
I raggi UV con λ di 260 nm distruggono il
colecalciferolo (VIT D3).
155
29/04/2016
PUVA
Terapia basata sull’associazione di raggi UVA (400-320 nm) e sostanze
fotosensibilizzanti* (psoraleni).
Efficace in alcune malattie dermatologiche croniche di difficile
soluzione come psoriasi e vitiligine.
*Fotosensibilizzanti: sostanze che se assunte o applicate sulla cute
rendono la cute molto più sensibile del normale alle radiazioni
solari. Anche piccole dosi possono causare eczemi, eritemi, orticarie
o papule. Tra le varie sostanze, vi sono le furocumarine e le
angelicine, contenute in numerosi vegetali, e alcuni farmaci
(estrogeni, sulfamidici, tetracicline).
Diatermia
156
29/04/2016
Per eccitare un tessuto nervoso è necessario
che l’impulso elettrico abbia almeno la durata di
10 ms (corrispondente a una f di 10 000 Hz).
A 27,12 MHz il periodo (P) è di circa 37 ns,
quindi la stimolazione nervosa non è possibile.
Frequenza
Periodo (s)
(Hz)
1,00E+00
1,00E+00
1,00E+01
1,00E-01
1,00E+02
1,00E-02
1,00E+03
KHz
1,00E-03
ms
1,00E+04
1,00E-04
1,00E+05
1,00E-05
1,00E+06
1MHz
1,00E-06
μs
2,71E+07 27, 12 MHz 3,69E-08 36,9 ns
1,00E+07
1,00E-07
1,00E+08
1,00E-08
1,00E+09
GHz
1,00E-09
ns
2,45E+09 2,45 GHz 4,08E-10 0,4 ns
1,00E+10
1,00E-10
1,00E+11
1,00E-11
1,00E+12
1THz
1,00E-12
ps
1,00E+13
1,00E-13
1,00E+14
1,00E-14
1,00E+15
1PHz
1,00E-15
fs
1,00E+16
1,00E-16
1,00E+17
1,00E-17
1,00E+18
Ehz
1,00E-18
as
Diatermia con onde corte:
Marconiterapia
Sono usate correnti con f di 10-50 MHz, con λ
di 6-30 m (tipicamente 27,12 MHz con λ di 11
m).
L’apparecchiatura è costituita da un generatore
(trasmettitore) e di vari applicatori (antenne)
in funzione delle patologie da trattare con una
potenza erogata che può arrivare fino a 500 W.
157
29/04/2016
Gli applicatori si possono distinguere in:
capacitivi che sono formati da una coppia di elettrodi
(condensatore) posti a distanza di circa 4 cm dalla cute.
induttivi, che sono formati da una o più bobine (monode).
Si usano per produrre un effetto termico in profondità.
Marconiterapia atermica: sfrutta correnti ad alta frequenza
intervallate, in modo da avere solo effetti biologici, evitando il
surriscaldamento; è usata per lo più in medicina dello sport.
Il campo elettrico a pochi cm dagli applicatori può raggiungere
valori di 1000 V/m e il campo magnetico da 0,5 a 3 A/m in
funzione della potenza di trattamento e del tipo di applicatore.
Il CE diminuisce abbastanza rapidamente allontanandosi dagli
applicatori, tuttavia si possono misurare valori di CE non trascurabili
(fino a decine di V/m) a qualche m dagli applicatori con esposizione
dei lavoratori, della popolazione e possibili fenomeni di interferenza
con altre apparecchiature elettromedicali.
È necessario che gli applicatori siano posti parallelamente alla
superficie da trattare, senza entrare mai in contatto.
Il CE non deve attraversare indumenti, parti metalliche, materiali
sintetici, oppure che zone ove vi siano notevoli quantità d’umidità.
Gli applicatori sono scelti opportunamente secondo la zona da
trattare; più sono distanti, più uniforme sarà la distribuzione in
profondità.
Si possono raggiungere temperature dell'ordine di 40° C.
158
29/04/2016
Considerando che si produce una riduzione della sensibilità dei
recettori cutanei e che il riscaldamento si verifica in profondità, è
necessario stare attenti a non surriscaldare organi importanti.
Pericoli: evitare ustioni dovute a ebollizione di sudore o altri
liquidi o surriscaldamento di oggetti metallici.
Marconiterapia: effetto termico
Una corrente applicata a un tessuto provoca una migrazione di ioni.
Se la corrente cambia continuamente direzione (corrente sinusoidale)
gli ioni si muovono prima in una direzione poi nell’altra.
Se la f è elevata, a causa dell’inerzia non si verificherà lo spostamento
ionico, ma gli ioni entreranno in vibrazione e i dipoli ruoteranno
disponendo ciascun lato il più lontano possibile dall’elettrodo che
possiede la stessa carica. Questi movimenti di cariche elettriche
comportano una dissipazione di energia che è trasformata in calore.
Affinché si generino le volute correnti nel corpo è necessario che
il circuito del pz sia in risonanza con quello dell’apparecchiatura
(il prodotto dell’induttanza e della capacità deve essere uguale
nei due circuiti). Le moderne apparecchiature usano sistemi di
sintonia automatica.
159
29/04/2016
Induttanza
È la proprietà dei circuiti elettrici per la quale la corrente che li
attraversa induce una forza elettromotrice che, per la legge di Lenz, si
oppone alla variazione dell'intensità della corrente stessa.
La grandezza fisica associata è indicata con il simbolo L in onore del
fisico Heinrich Lenz e prende il nome di coefficiente di autoinduzione.
Una corrente elettrica i che scorre in un circuito elettrico
produce un campo magnetico nello spazio circostante: se la
corrente varia nel tempo il flusso magnetico ΦB del campo
concatenato al circuito risulta variabile, determinando entro il
circuito una f.e.m. indotta che si oppone alla variazione del
flusso.
L'unità di misura dell'induttanza è detta henry: 1 H = 1 Wb /1 A, in
onore di Joseph Henry.
In un induttore di 1 henry, quindi, una variazione di corrente di 1
ampere al secondo genera una forza elettromotrice di 1 volt.
160
29/04/2016
Induttanza. Una corrente elettrica che scorre in un circuito elettrico
produce un campo magnetico nello spazio circostante e un flusso
magnetico attraverso il circuito. Se la corrente varia nel tempo,
varia anche il flusso magnetico concatenato, determinando entro il
circuito una forza elettromotrice indotta.
L'induttanza o coefficiente di autoinduzione del circuito è il rapporto
tra il flusso magnetico generato e la corrente passante.
Capacitanza o capacità elettrica: grandezza scalare che quantifica
l'attitudine di un corpo ad aumentare il proprio potenziale elettrico
qualora sia fornito di carica elettrica ed è definita quantità di carica
elettrica accumulata da un condensatore in rapporto alla differenza
di potenziale fra i suoi capi, secondo la relazione C=Q/V, dove C
indica la capacità, Q la carica e V la differenza di potenziale.
L'unità di misura della capacità elettrica nel S.I. è il farad.
Lavoro di estrazione o funzione lavoro. È l'energia minima che
occorre fornire per estrarre un elettrone da un metallo. Questa
energia dipende dal tipo di metallo e si aggira in genere intorno a
qualche eV. L'energia può essere fornita al metallo in diverse forme.
Quando l'energia è fornita riscaldando il metallo si parla di effetto
termoionico. Quando l'energia è trasmessa da un fotone, si parla
di effetto fotoelettrico. Se questa energia è sufficiente, l’elettrone
può evadere dal materiale.
All'interno di un materiale gli elettroni di conduzione al massimo
possiedono un'energia pari al livello di Fermi a T= 0° K (energia
del più alto livello occupato in un sistema di fermioni alla T dello
zero assoluto).
Tale energia è insufficiente a consentire agli elettroni di lasciare il
materiale scavalcando la barriera energetica superficiale.
161
29/04/2016
Lo scavalcamento della barriera richiede che agli elettroni, con
energia pari all'energia di Fermi, sia aggiunta una quantità di
energia pari al lavoro di estrazione W.
Struttura elettronica a bande. In un solido la struttura descrive la
gamma di energie che a un e- di un certo materiale è "consentito"
o "proibito" possedere. Nei metalli, il livello energetico più alto
occupato coincide con l’energia di Fermi. Si possono verificarsi
diverse possibilità:
Vi è una banda, o più di una fra le ultime riempite da e-, che è
parzialmente riempita e restano degli stati vuoti. In tal caso si
ha a che fare con un metallo, cioè un sistema in cui gli ultimi ehanno la possibilità di spostarsi in livelli energetici molto vicini,
e dunque hanno la possibilità di una mobilità elevata che porta
il sistema a essere un buon conduttore di elettricità.
L'ultima banda è stata riempita completamente in modo tale
che il prossimo stato elettronico consentito si trova sulla banda
successiva e fra questa banda e la banda completamente
riempita c'è una banda proibita (band gap) di energie. In tal
caso il solido è un isolante.
 Si parla infine di semiconduttore nel caso di un isolante in cui
la banda proibita è talmente piccola che a T ambiente c'è una
certa probabilità che gli e- si trovino a saltare la banda proibita
per agitazione termica, e dunque il sistema si trovi in una situazione
prossima a quella di un metallo, con valori di conducibilità
elettrica non nulli.
In un isolante e un semiconduttore, l'ultima banda riempita di esi definisce banda di valenza. La prima banda lasciata vuota si
definisce invece banda di conduzione. L'intervallo di energie fra
la banda di valenza e quella di conduzione si definisce banda proibita.
162
29/04/2016
Conduttore elettrico. È un materiale in grado di far scorrere al
suo interno la corrente elettrica con facilità (bassissima resistenza
elettrica).
I materiali conduttori sono caratterizzati dalla presenza di e- liberi
nella banda di valenza degli atomi del reticolo cristallino (conduttori
di prima specie) o contengono specie ioniche che si fanno carico
di trasportare la corrente elettrica (conduttori di seconda specie).
La conducibilità elettrica di un conduttore di prima specie può
essere interpretata mediante il modello delle bande.
I materiali metallici (metalli e loro leghe) sono in genere buoni
conduttori; i migliori in ordine decrescente sono: oro (l'argento e
il rame conducono più dell'oro, ma sono più sensibili all'ossidazione),
argento, rame, alluminio, iridio, tungsteno, nichel, platino, ferro,
piombo. Possono condurre facilmente l'elettricità anche: acqua
(solo se non pura), terra e corpo umano.
163
29/04/2016
Isolanti elettrici. Materiali che sono polarizzati da un CE. Possiedono
una banda energetica proibita molto ampia e il CE non fornisce
sufficiente energia per consentire agli e- di raggiungere la banda
di conduzione: essa rimane quindi vuota e la conduzione risulta
impossibile.
Presentano dunque conducibilità elettrica bassissima o nulla; si
oppongono al passaggio della corrente.
I termini "isolante" e "dielettrico" sono considerati sinonimi, ma
mentre il primo definisce semplicemente l'impossibilità di un materiale
di condurre corrente a causa dell'assenza di cariche libere, il
secondo è generalmente usato per gli isolanti in cui si verificano
effetti di polarizzazione delle molecole soggette a un CE.
Se inseriti in un condensatore, i dielettrici diminuiscono la tensione
fra le due armature del condensatore stesso, che così può sopportare
energie maggiori.
Il CE agisce sui nuclei e sugli e- dei singoli atomi o molecole del
dielettrico: i nuclei sono sollecitati da forze dirette nel verso del
campo, gli e- da forze dirette nel verso opposto e a tali forze si
oppongono quelle attrattive tra nuclei ed e-.
Si ha così una deformazione delle orbite elettroniche, e di ogni
atomo nel suo insieme, per cui il centro delle cariche - degli enon coincide più con il centro del nucleo come accade in assenza
del campo.
Per le molecole è una perturbazione dell’iniziale posizione reciproca
degli atomi (o ioni) costituenti.
Gli atomi (o le molecole) assumono una configurazione caratterizzata
da un momento di dipolo elettrico diretto nel verso del campo
agente su ogni singolo atomo (campo locale) e proporzionale
all’intensità E di tale campo (polarizzazione per deformazione).
164
29/04/2016
Nelle sostanze cosiddette ‘polari’, le molecole hanno un momento
di dipolo elettrico intrinseco (indipendente dalla presenza di un
CE esterno) e, sotto l’azione del campo locale, tendono a disporsi
in modo che il loro momento di dipolo elettrico risulti parallelo al
campo e nello stesso verso di esso (polarizzazione per orientamento).
A causa di questi processi di polarizzazione, l’intera massa del
dielettrico acquista un momento di dipolo elettrico parallelo e
concorde con il campo macroscopico E.
Come si deduce dalle formule seguenti, in un condensatore più
aumenta la capacità, maggiore è la quantità di carica trattenuta
a parità di differenza di potenziale, ovvero a parità di carica la
differenza di potenziale si riduce.
𝑸
𝑸
𝑪=
𝑸= 𝑪∙𝑽
𝑽=
𝑽
𝑪
165
29/04/2016
Effect of a dielectric
between the plates of a
parallel plate capacitor.
The electrometer measures
the potential difference. (a)
With a given charge, the
potential difference is Vo.
(b) With the same charge
but with a dielectric between
the plates, the potential
difference V is smaller than
Vo.
Molecules in the dielectric material have their
positive and negative charges separated slightly,
causing the molecules to be oriented slightly in
the electric field of the charged capacitor.
Polarization of a dielectric in an electric field
gives rise to thin layers of bound charges on the
surfaces, creating positive and negative surface
charge densities.
166
29/04/2016
a)
b)
c)
d)
Electric filed of magnitude Eo between two charged plates.
Introduction of a dielectric of dielectric constant K.
The induced surface charges and their field (thinner lines).
Resultant filed of magnitude Eo/K when a dielectric is between charged plates.
Correnti parassite o di Foucault: correnti indotte in corpo conduttore
massiccio immerso in un CM variabile o che, muovendosi, attraversa
un CM costante o variabile. Circolano su circuiti chiusi all’interno
del corpo conduttore, dissipando energia, alimentate dalla forza
elettromotrice che insorge per induzione elettromagnetica.
Sono dette anche eddy currents (correnti di vortice) perché si
comportano come a un remo quando lo s’immerge nell'acqua e
crea piccoli vortici mentre la barca avanza.
Con questo meccanismo funzionano le cucine con piano di cottura
a induzione.
Il verso delle correnti parassite è tale da opporsi al CM che le ha
generate (generano un CM opposto a quello che le ha generate).
167
29/04/2016
Poiché, secondo la 2a legge di Ohm, la resistenza elettrica diminuisce
all’aumentare della sezione del conduttore, in un corpo massiccio
è relativamente piccola, ed è quindi piuttosto intensa la corrente
che vi può circolare.
Questo spiega il motivo per cui le correnti di Foucault, che nei
comuni fili elettrici sono d’intensità pressoché trascurabile,
mentre si rilevano soprattutto all’interno di conduttori di grosse
dimensioni. Per la presenza di correnti parassite all’interno di un
conduttore, il corpo in questione a poco a poco si riscalda per
effetto Joule.
Il fenomeno delle correnti parassite trova un impiego nei freni
elettrodinamici, utilizzati soprattutto per mezzi pesanti, come i
treni.
Il principio di funzionamento di questo tipo di freni sfrutta il fatto
che il CM generato dalle correnti di Foucault si oppone al CM che
le ha generate.
Durante la frenata, le ruote metalliche del treno sono investite
dal CM di un apposito elettromagnete e quindi sono interessate
dal fenomeno delle correnti parassite.
Queste correnti generano a loro volta un CM opposto a quello
che le ha prodotte (in conformità con la legge di Lenz), causando
il rallentamento delle ruote, tanto più efficientemente quanto
maggiore è la velocità di rotazione.
Quindi l’efficienza della frenata diminuisce al diminuire della velocità.
Pertanto, i freni elettrodinamici hanno la caratteristica di produrre
un rallentamento non brusco, ma graduale.
168
29/04/2016
l fenomeno delle correnti di Foucauld si accentua:
Con l'aumentare del CM applicato (se sinusoidale col quadrato
dell'ampiezza).
Con l'aumentare della conducibilità del conduttore attraversato
dal CM.
Con l'aumentare della velocità relativa tra CM e conduttore.
Se il CM è variabile in modo periodico con l'aumentare della
sua frequenza (se sinusoidale con legge proporzionale al quadrato
della frequenza).
169
29/04/2016
Marconiterapia: modalità di erogazione
Erogazione capacitiva: gli elettrodi sono posti su ciascun lato da
trattare (placche di un condensatore), i tessuti interposti costituiscono
il dielettrico. Quando si applica la corrente, si genera un campo
elettrico che cambia continuamente direzione, generando una
corrente che provocherà il riscaldamento del corpo per effetto
Joule.
Erogazione induttiva: l’elettrodo è rappresentato da un cavo
collegato ai due poli del generatore che avvolge a spirale la zona
da trattare. All’apertura del circuito, la corrente che oscilla ad alta
frequenza nel cavo, determina un CE alle estremità del cavo e un
CM al centro del cavo. I tessuti posti alle estremità sono riscaldati
con il meccanismo capacitivo, mentre i tessuti a contatto col centro
del cavo sono riscaldati dalla dissipazione delle correnti di Foucault
generate dal CM variabile.
170
29/04/2016
Con l’erogazione capacitiva s’ottiene un riscaldamento dei tessuti,
profondo e omogeneo.
Con l’erogazione a cavo, i tessuti posti all’estremità sono riscaldati
anche in profondità (come con gli elettrodi a condensatore),
mentre nei tessuti a contatto con la parte centrale del cavo, il
riscaldamento è superficiale, poiché le correnti indotte dal CM
non superano gli strati più superficiali della cute.
a)
b)
c)
d)
e)
Dimensioni corrette degli elettrodi
Elettrodi troppo piccoli
Elettrodi troppo grandi
Elettrodi di dimensioni differenti
Elettrodi vicini alla superficie del
corpo
f) Elettrodi a distanze diverse dalla
superficie del corpo
Erogazione capacitiva:
esempi di campi elettrici
171
29/04/2016
a) Il campo elettrico vede in serie i tessuti interposti.
b) Modalità utilizzata per trattare tessuti profondi o
strutture di notevole dimensione (ginocchio, anca).
c) Subiscono il riscaldamento maggiore i tessuti a
maggiore impedenza * (grasso, tessuto fibroso e osso).
d) Effetto termico molto profondo (6-8 cm), ma prevalente
nel grasso superficiale.
* Impedenza: resistenza opposta al passaggio di una corrente
alternata.
Modalità capacitiva
elettrodi contrapposti
a) Il campo elettrico vede in parallelo i tessuti interposti.
b) Sono riscaldati i tessuti con minore impedenza (specie
il muscolo, ove il sangue è abbondantemente
contenuto).
c) Nel caso indicato nella figura, il maggior riscaldamento
s’ottiene nell’area ove il campo elettrico ha minore
sezione (la caviglia).
Modalità capacitiva
elettrodi disposti longitudinalmente
172
29/04/2016
a) I tessuti sottostanti a minore impedenza (muscoli)
rappresentano il circuito di raccordo tra i due
elettrodi.
b) Riscaldamento poco profondo dell’area interposta.
c) La distanza tra gli elettrodi deve essere maggiore
della distanza tra gli elettrodi e la cute, altrimenti
si verifica un cortocircuito interpolare che esclude
la cute (B).
* La figure sono scorrette perché gli elettrodi sono a
contatto con la cute.
Modalità capacitiva
elettrodi complanari
Monode
Riscaldamento superficiale, ma senza la
prevalenza dei tessuti a maggiore
impedenza (grasso).
Spirale
All’estremità azione capacitativa, dentro
la spirale azione induttiva.
Modalità induttiva
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29/04/2016
Marconiterapia: precauzioni
I pz. non dovrebbero essere trattati quando il target possiede una
sensibilità termica ridotta.
Il trattamento non dovrebbe essere applicato ai pz attraverso i
vestiti.
Materiali conduttori dovrebbero essere esclusi dall’area di trattamento
e le parti del corpo del pz contenenti impianti metallici non
dovrebbero essere normalmente trattate.
Gli ausili uditivi dovrebbero essere rimossi.
Il pz non dovrebbe venire in contatto con parti conduttrici messe
a terra (in particolare non dovrebbero essere usati letti o sedie
con telai metallici).
I cavi degli applicatori dovrebbero essere disposti in maniera da
evitare tutti i contatti col paziente e con oggetti conduttori.
Il funzionamento di alcuni dispositivi elettrici impiantati (stimolatori
cardiaci) o di altri apparecchi connessi al pz potrebbero essere
influenzati sfavorevolmente.
E’ necessario verificare periodicamente l’isolamento degli applicatori
e dei loro cavi di collegamento che si possono danneggiare con
l’uso.
Male da onde corte e microonde: iperpiressia, malessere, cefalea,
etc. anche negli operatori sanitari.
174
29/04/2016
Termoterapia con microonde: radarterapia
•
L’apparecchiatura: generatore con emissione continua o pulsata con potenze di picco che
raggiungono i 1000 W e potenze medie di circa 250-300 W. La ν del CEM utilizzato è quasi
esclusivamente di 2,45 GHz con λ intorno a 12,24 cm (UHF – Ultra High Frequenzy).
•
A causa dell’alta ν, gli applicatori sono tutti di tipo radiativo con forme e dimensioni diverse
in funzione dell’estensione della zona da trattare. Le antenne sono generalmente direzionali
con un’ onda praticamente confinata all’interno del lobo di irraggiamento .
•
In prossimità degli applicatori i livelli di CEM, e in particolare di CE, possono essere elevati
fino a raggiungere valori di 1000-1200 V/m.
•
A causa della direzionalità del campo emesso dalle apparecchiature per radarterapia,
l’esposizione è solitamente confinata nella zona attorno agli applicatori.
•
Occorre comunque prestare attenzione ad attivare l’emissione solo se in presenza di utenti o di
opportuno materiale schermante/assorbente, in quanto di fronte agli applicatori si possono
avere campi elettrici di qualche decina di V/m.
•
Nel caso della radarterapia i problemi di dispersione della radiazione sono minori rispetto a
quelli che si presentano con gli apparati di marconiterapia.
•
L’erogatore deve essere posto ad una distanza di 10-20 cm, tenendo conto che l’intensità della
radiazione si riduce secondo il quadrato della distanza.
•
Le microonde (MW) sono OEM che una volta giunte a contatto con i tessuti organici,
trasformano la loro energia radiante in energia termica, determinando oscillazioni (energia
rotazionale) delle particelle dei tessuti.
EFFETTO TERMICO
175
29/04/2016
•
Il riscaldamento è maggiore a livello dei tessuti con alto contenuto di acqua, come i muscoli
e i tessuti periarticolari; è invece minore in quelli a basso contenuto di liquidi, come il
tessuto adiposo. Oltre all'effetto termico, la radarterapia provoca un‘ elevata vasodilatazione
che permane per circa 20 min dopo il trattamento e interessa esclusivamente i capillari e le arterie
precapillari.
•
Le MW si comportano pertanto come gli IR, dalle quali si differenziano sostanzialmente solo
per il diverso potere di penetrazione (in genere fino a circa 3 cm) e perché non passano
tessuti di apprezzabile densità, come la marconiterapia.
•
Gli effetti terapeutici delle MW sull'organismo sono manifestate dal rilassamento muscolare,
analgesia ed effetto trofico.
•
Nella marconiterapia l'effetto terapeutico è legato al passaggio nel corpo umano di vere
correnti elettriche ad alta frequenza, per cui il termine onde corte è improprio, perché l‘ energia
radiante, legata alle variazioni di CEM, ha in queste applicazioni una parte trascurabile. Nella terapia
con MW è invece indiscutibile la natura radiante dell’energia.
•
Con la radarterapia si riesce ad avere un maggior riscaldamento del muscolo rispetto al
grasso. Con la marconiterapia il raggiungimento di zone più profonde è pagato con un maggior
riscaldamento degli strati di grasso più superficiali.
•
La radarterapia ha le medesime indicazioni e controindicazioni della marconiterapia da cui si differenzia
per la minore penetrazione, per la maggiore facilità d'uso, la maggiore tollerabilità da parte
del pz in conseguenza di un minor riscaldamento superficiale.
•
La radarterapia non necessita sintonizzazione, perché il pz non è inserito nel circuito; ma
possono essere trattate zone più limitate (10–20 cm).
Diatermia: controindicazioni
•
Osteoporosi ad alto turnover
– L'ipertermia locale e l'accentuazione dei processi metabolici, prodotti dal calore, possono
facilitare il riassorbimento osseo.
•
Vene varicose e tromboflebiti
– Il calore può aggravare l'ipotonia venosa, inoltre l'aumentato flusso ematico può facilitare il
distacco del trombo venoso e aggravare la flogosi locale.
•
Ipoestesia cutanea
– Il pz non è in grado di avvertire un eventuale eccessivo riscaldamento.
•
Pacemaker (soprattutto se non di recente costruzione) e apparecchi acustici.
•
Arteriopatie obliteranti
– L'accelerazione dei processi metabolici può aumentare la richiesta di ossigeno e aggravare
l'ischemia relativa, con comparsa di dolori.
•
Emorragie, mestruazioni
– La congestione, secondaria al riscaldamento dei tessuti, può facilitare il sanguinamento di
superfici corporee traumatizzate o sedi di recenti emorragie.
•
Neoplasie
– Il calore può incrementare la crescita neoplastica e favorire la diffusione metastatica.
•
Gravidanza.
176
29/04/2016
Diatermia: oggetti metallici
•
Ustioni in presenza di elementi metallici (orecchini, spirali uterine, artroprotesi, mezzi di
osteosintesi), perché concentrano le linee di forza del campo elettrico e surriscaldano i tessuti
con cui sono a contatto (alta conducibilità elettrica).
•
La concentrazione del campo elettrico è non significativa quando il frammento metallico
attraversa perpendicolarmente il campo elettrico.
•
I corpi metallici che favoriscono l’ustione sono quelli di forma allungata con un’estremità
appuntita e con l’asse maggiore disposto secondo le linee di forza del campo elettrico,
altrimenti l’ustione potrebbe non verificarsi.
•
Con la radarterapia il problema dell’ustione da oggetti metallici è minore, a meno che
questi non siano collocati nella regione direttamente esposta alle microonde.
Tecarterapia
•
Il Trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo (TCR) è
una termoterapia endogena che utilizza ν tra 0,45 MHz e
0,6 MHz (λ di 600-500 m). Nata dopo le SW di 27 MHz e le
MW di 2,45 GHz, questa tecnica abbandona il metodo di
erogazione ad antenna (radarterapia), riprendendo
l’elettrodo bipolare a condensatore utilizzato nella
marconiterapia con alcune peculiarità.
•
Un condensatore è costituito da due armature contrapposte
(conduttori) e da un dielettrico interposto (resistenza).
Collegando un condensatore a un generatore di differenza di
potenziale si realizza un passaggio di corrente, che nel
tessuto biologico genera calore per effetto Joule con effetto
termico localizzato in prossimità del dielettrico.
•
Le armature possono essere di due tipi: esclusivamente
metalliche o costitutive dall’insieme di una parte metallica e
di tessuti biologici.
177
29/04/2016
Sistema capacitivo
•
Gli elettrodi metallici sono costituiti da un elettrodo attivo e da una piastra (elettrodo di
ritorno), posizionati in contrapposizione. L’elettrodo attivo è rivestito da materiale isolante
in ceramica o sostanza elettricamente equivalente. L’elettrodo di ritorno, insieme al tessuto
biologico sottostante costituisce l’armatura del 2° tipo. La ceramica costituisce il dielettrico.
•
Quando si applica la corrente, le cariche elettriche si concentrano in prossimità del
dielettrico, con conseguente riscaldamento delle strutture sottostanti, in particolare muscoli
e vasi.
178
29/04/2016
Sistema resisitivo
•
Si utilizzano elettrodi metallici in contrapposizione, ma l’elettrodo attivo non è isolato:
entrambe le armature sono del 2° tipo. Il dielettrico è rappresentato dal tessuto a maggiore
resistenza interposto tra le armature, quindi osso, tendini, aponeurosi.
•
Il calore si genera in profondità con innalzamento termico cutaneo limitato, mentre si riscaldano
soprattutto il tessuto osseo e i tessuti periarticolari.
179
29/04/2016
Modalità capacitiva
180
29/04/2016
Modalità resistiva
Effetti sugli oggetti metallici
•
Controindicazione relativa
•
La TCR, se utilizzata a livello medio-basso, induce un riscaldamento limitato.
•
I mezzi metallici sono ad alta conduzione e dunque nella modalità capacitativa costituiscono un
corpo unico con l’elettrodo di riferimento di 2° tipo.
•
Non ci sono studi sufficienti sugli effetti della TCT su sostanze plastiche , quali il polietilene,
componente di molte protesi articolari.
181
29/04/2016
Ipertermia computerizzata e termostata
•
Induce un preciso e costante aumento di temperatura in una definita regione del corpo.
•
La potenza dissipata localmente per ottenere sopraelevazioni della T di alcuni gradi (da 4041 °C fino a 45 °C) nei tessuti bersaglio, corrisponde a valori di SAR di alcune centinaia di
W/kg.
•
L’ICT nasce come terapia oncologica perché molti tessuti neoplastici presentano una
tolleranza all’incremento termico inferiore a quella dei tessuti sani. l tessuto tumorale è
riscaldato fino ad una temperatura => 43°C per un intervallo di tempo di circa un'ora.
•
Il calore esalta gli effetti della radioterapia e della chemioterapia sul tumore, senza
aumentarne in modo eccessivo gli effetti citotossici collaterali debilitanti su tessuti e organi
sani, permettendo un significativo miglioramento nel controllo della lesione (cioè della
massa tumorale bersaglio).
•
Il corpo umano ha una regolazione termica compresa tra 36-37° C.
•
L’induzione di temperature > 40-41° C è citolesiva.
•
Le microonde diffondono molto facilmente attraverso i tessuti poveri di acqua (adiposo e
osseo) nei quali è poca l’energia EM che si trasforma in calore.
•
Al contrario perdono energia attraverso tessuti ricchi di acqua (tessuto muscolare) nei quali
avviene la trasformazione dell’energia EM in calore.
•
E’ soprattutto nel tessuto muscolare che l'energia delle MW si trasforma in calore.
•
Il calore prodotto diffonde nei tessuti circostanti per conduzione, ma soprattutto attraverso
il sistema circolatorio.
Effetti biologici dell’IPT: variabili
•
La rapidità con cui si è determinato l'incremento termico.
•
Il tempo durante il quale è mantenuto costante un determinato valore termico.
•
Il volume trattato.
•
Il tipo di tessuto, che può essere più o meno termosensibile e diversamente vascolarizzato.
•
il riscaldamento delle regioni circostanti.
182
29/04/2016
1° PERIODO, INCREMENTO TERMICO
•
La T sale fino a raggiungere il valore voluto.
•
Inizialmente: progressiva dilatazione arteriolare e capillare, indotta dai termorecettori. Inoltre
intervengono meccanismi neurologici centrali: la vasodilatazione e la diaforesi diventano
progressivamente più evidenti con il passare del tempo.
•
Da 37° a 40°C c’è un progressivo incremento di tutte le reazioni metaboliche:
 Aumentano gli scambi gassosi tra il sangue e i tessuti.
 I prodotti catabolici sono drenati più rapidamente.
 Aumenta la diapedesi di granulociti, macrofagi e di altre cellule coinvolte nei processi
flogistici e riparativi.
•
Le cellule senescenti o ipofunzionanti subiscono precocemente l'incremento termico come
un danno, essendo meno efficienti a resistere all'insulto termico rispetto a quelle sane (cell
killing), e si favorisce il ricambio cellulare.
•
Tra 41° e 45°C un trattamento non superiore a 30’ causa lesioni cellulari reversibili.
•
Tuttavia, anche un incremento termico attorno a 41-42°C, se protratto per un tempo
superiore a 30’, porta a un blocco progressivo e irreversibile della circolazione, con
fenomeni catabolici di entità proporzionalmente crescente.
•
Se l'incremento termico supera la soglia di 45°C, si determinano nei tessuti franche reazioni
cataboliche, quali denaturazioni proteiche ed enzimatiche, che conducono alla necrosi
cellulare.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
2° PERIODO, STABILIZZAZIONE TERMICA
L'incremento termico raggiunto nel 1° periodo è mantenuto costante mediante i sistemi di
termostatizzazione dell'apparecchio, che fornisce l'energia necessaria a compensare l'azione
di dissipazione calorica da parte dell'organismo.
La perfusione ematica nei tessuti si stabilizza e i fenomeni anabolici aumentano fino a un
livello massimale.
La durata di questo periodo è assai variabile in funzione dei parametri prescelti, specie della
temperatura indotta nell'organo bersaglio.
3° PERIODO, DECREMENTO TERMICO
Terminata l'erogazione di calore, i meccanismi fisiologici lentamente riprendono il controllo della
situazione e riportano la temperatura verso i limiti basali.
Spesso permane per alcune ore un incremento termico sistemico di circa 0,5°C.
Il protrarsi di questa situazione ipertermica potrebbe essere l'espressione dell‘accelerazione che ha
subito il metabolismo organico e che questi necessiti di un determinato tempo per tornare ai
livelli normali.
TERMOTOLLERANZA
Produzione di nuove proteine dette heat shock proteins, che rendono le cellule più resistenti al
calore per un certo periodo di tempo dopo l'esposizione (2-5 gg).
Scarsa reattività a una nuova stimolazione ravvicinata nel tempo.
Per questo in Oncologia l'ipertermia è erogata con una cadenza non inferiore alle 48 h.
In Fisioterapia, ove i protocolli sono meno rigidi, può essere tollerato anche un intervallo di
24 h.
183
29/04/2016
Effetti del calore sul muscolo
•
Il tessuto muscolare è riccamente vascolarizzato e risponde rapidamente alla termoterapia
incrementando il proprio volume ematico. E’ così favorito lo scambio metabolico tra le
cellule e il circolo, con rimozione dei prodotti catabolici (p.e. acido lattico).
•
E’ favorito l'apporto di ossigeno e in generale l'attività aerobica, con migliori prestazioni
funzionali complessive.
•
Il calore favorisce il rilasciamento muscolare:
 il migliore metabolismo aerobico riduce la fatica e la tendenza al blocco funzionale;
 il calore agisce sulla regolazione del tono, influenzando l'attività di scarica di diversi
neurorecettori : gli OMT del Golgi incrementano l’attività, mentre i FNM la riducono.
•
Il tessuto connettivo che raggruppa le fibre muscolari incrementa il proprio modulo elastico.
Effetti del calore sui tendini e sull’osso
•
I tendini, i legamenti e le capsule articolari sono costituiti da una notevole percentuale di
collagene.
•
Il calore moderato induce contenute deformazioni plastiche all‘ interno di queste strutture, che
divengono più estensibili.
•
Il calore pare agire a livello dei legami chimici esistenti tra le proteine delle fibre collagene ed
elastiche. Queste modificazioni sono reversibili con il ritorno della temperatura ai valori
fisiologici: è importante utilizzare l'aumentata compliance di queste strutture nell'ambito
di un percorso fisiocinesiterapico.
•
Per ottenere un allungamento stabile di legamenti e tendini patologicamente retratti, è
opportuno, dopo una seduta d’ipertermia, dare seguito a un programma adeguato di
cinesiterapia.
Gli effetti dell'ipertermia sul tessuto osseo sarebbero legati soprattutto all'iperemia indotta
nella rete artero-venosa di cui ogni struttura ossea è in genere ben fornita.
•
Obiettivi ICT
•
•
•
•





•
L’ICT è stata elaborata per superare i limiti delle precedenti diatermie.
I problemi presentati dalla termoterapia endogena tradizionale sono sintetizzabili nella
mancanza di controllo di parametri come la T indotta e la delimitazione del trattamento al
target desiderato.
L'operatore ha poche o nulle possibilità di programmare, guidare o modulare i CEM prodotti
dai dispositivi di marconi- o radarterapia. Questi limiti rendono la termoterapia endogena
inutilizzabile nelle patologie dove la precisione dei parametri terapeutici è essenziale (p.e.
neoplasie termosensibili).
L‘ICT si propone i seguenti obiettivi:
Indurre un incremento termico, programmabile con esattezza a varie profondità.
Mantenere stabile la temperatura per il tempo necessario.
Limitare le variazioni termiche al solo target.
Assicurare la riproducibilità dei parametri di trattamento.
Consentire che il controllo automatico sia modificabile in ogni istante dall'operatore.
Pur non avendo ancora raggiunto l'optimum, l'ipertermia presenta attualmente di una
notevole precisione metodologica.
184
29/04/2016
Schema di un apparato di ipertermia
•
Complesso sistema termoidraulico computerizzato costituito da:
 Una sorgente di calore endogeno a MW.
 Una sorgente esogena riscaldante-refrigerante termostatizzata, collegata tramite un
circuito idraulico a una borsa di interposizione con la cute (bolus).
 Termometri di precisione dislocati in varie zone dell'apparato.
 Un sistema di controllo computerizzato.
•
SORGENTE ENDOGENA: Si utilizzano sorgenti radiative di MW.
•
Con questa metodica la banda di frequenza più adatta per raggiungere le profondità tipica
della maggior parte degli organi "target" del corpo umano è quella compresa tra 100 MHz e
1 GHz.
•
In questa banda si ottiene un'ottima penetranza della radiazione, senza incorrere nei danni
da eccessivo riscaldamento che le onde corte (27 MHz) inducono nel grasso sottocutaneo.
•
L'incremento termico prodotto è superiore in profondità a quello delle MW della classica
radarterapia (2,45 GHz).
•
Nell'ambito della banda 100 MHz ± 1 GHz e in riferimento alle frequenze consentite per uso
industriale, scientifico e medicale (ISM), è stata scelta la frequenza di 434 MHz per l'Europa e
915 MHz per gli USA.
185
29/04/2016
Sorgente esogena riscaldante-raffreddante
•
E’ costituita da un circuito idraulico ad acqua termostatizzata tramite un sistema di scambio
termico automatico, gestito a feed-back. Il modulo d’applicazione della sorgente esogena
(bolus) è interposto tra l'emettitore di microonde e la cute.
•
Il bolus è ripieno di un liquido costituito per lo più da acqua distillata e additivi per
migliorare la trasmittanza delle microonde.
•
Il liquido è utilizzato sia per modulare la temperatura dei tessuti superficiali riscaldati dalla
sorgente endogena, che per evitare salti d'impedenza al fascio di MW quando questo
penetra nei tessuti.
•
La sorgente endogena a MW e il bolus della sorgente esogena costituiscono un corpo unico,
detto applicatore.
•
L'applicatore delle apparecchiature di Fisioterapia è posizionato all'esterno del corpo umano
e s’interfaccia con questi mediante un'unica sacca modellabile, che si adatta facilmente alla
superficie delle varie parti anatomiche (applicatore esterno).
•
In altre branche della Medicina si utilizzano anche altri tipi di applicatori.
•
Alcuni interni, cioè endocavitari (erogatori per l'utero), altri intratissutali (inseriti con
metodica invasiva, p.e. sonde per il trattamento delle neoplasie termosensibili).
•
In determinate condizioni si utilizzano più applicatori convergenti, per aumentare la
temperatura nella zona di sovrapposizione dei due o più fasci di microonde.
•
In Fisioterapia è ormai consolidata la tecnica basata su di un solo applicatore.
Applicatori
186
29/04/2016
Interazione della sorgente endogena e della sorgente esogena
•
La sorgente endogena di MW a 434 MHz è in grado di raggiungere facilmente i tessuti
profondi del corpo umano. Questa radiazione comporta un notevole riscaldamento degli
strati superficiali della cute e del sottocute che limita il livello della potenza utilizzabile e di
conseguenza la profondità d'azione.
•
Le sorgenti esogene possono sia scaldare che raffreddare. L‘ITC utilizza la sorgente esogena
per raffreddare gli strati superficiali del corpo. Il grafico B) mostra come il decremento
termico sia a carico dei primi 2-3 cm di profondità dei tessuti. Il grafico C, mostra come
l'associazione delle due fonti, endogena riscaldante ed esogena raffreddante, permetta di
realizzare un riscaldamento pressoché esclusivo nelle regioni poste a una profondità
maggiore di 2-3 cm.
Temperatura della cute e delta termico
•
•
•
•
La T della cute è espressione della T profonda indotta dalle MW.
Il software deduce la T profonda da quella di superficie mediante l’analisi basati su algoritmi
dedotti da modelli sperimentali tramite l’uso di sonde invasive nelle patologie neoplastiche.
Δ termico: differenza termica tra cute e bolus.
Se il Δ termico aumenta, maggiore sarà la profondità d’azione delle MW.
187
29/04/2016
Parametri di trattamento
•
Sorgente endogena: per la Fisioterapia, il range consentito è 0±100 W.
•
In realtà, si utilizzano potenze comprese tra 15 W e 70 W, che sono più che sufficienti per
ottenere temperature variabili tra 39°C e 44,5°C per profondità di 3-7 cm.
•
Temperatura del liquido di raffreddamento: da 35°C a 41,5°C.
•
Temperatura cutanea: fra 38°C e 42°C.
•
Nella maggior parte delle patologie dell'apparato locomotore si utilizzano valori compresi tra
37,5°C e 39°C.
•
Tempo di trattamento medio: 20-30’, sedute a distanza di almeno 24 h (tolleranza termica).
Il bersaglio ideale non deve superare i 200 cm3.
Controindicazioni assolute
•
Presenza di dispositivi endocorporei sensibili alle onde radio (pacemaker cardiaco, protesi
uditive, protesi o sintesi metalliche nella stessa zona o in stretta vicinanza della zona di
trattamento).
•
Insufficienza cardiocircolatoria di grado medio e grave.
•
Diatesi tromboembolica.
•
Infezioni locali e/o sistemiche, in primo luogo la TBC.
•
Neoplasie maligne.
•
Presenza di zone cutanee con anestesia termo-dolorofica.
•
Gravidanza, se il tessuto-target si trova nell'addome.
•
Presenza cartilagini di accrescimento nella regione da trattare.
Controindicazioni relative
•
Presenza di aree ipoestesiche.
•
Presenza di aree ischemiche.
•
Diabete.
•
Obesità.
•
Fase acuta delle malattie infiammatorie (il trattamento può essere eseguito con cautela, sotto
il costante controllo del medico).
188
29/04/2016
Correnti elettriche
Gli apparecchi di elettroterapia convertono la corrente alternata
di rete (220 V, 50 Hz), in correnti con particolari caratteristiche.
Prima è modificato il voltaggio, poi la CA è raddrizzata in CC ed
eventualmente convertita in corrente variabile.
Correnti unidirezionali: corrente a intensità costante e corrente
a intensità variabile ondulata e interrotta. Sono unidirezionali le
correnti galvaniche e le correnti di Kotz.
Correnti bidirezionali: caratterizzate dal fatto che il verso del flusso
delle cariche varia continuamente il senso di marcia perché il
generatore cambia costantemente la polarità. Possono essere
simmetriche (la superficie dell’impulso positivo è uguale a quella
del negativo ) asimmetriche (la superficie è diseguale ).
Le correnti bidirezionali o bifasiche hanno il pregio di evitare
fenomeni di:
 accomodazione delle fibre nervose;
 danneggiamento della membrana cellulare;
 fenomeni di elettrolisi dei mezzi di sintesi metallici.
Sono correnti bidirezionali o bifasiche le TENS, le diadinamiche,
le correnti per l’elettrostimolazione del muscolo denervato
(rettangolare, triangolare, trapezoidale), le correnti interferenziali.
In base alla frequenza le correnti possono essere classificate:
 Frequenza zero: Galvanica
 Bassa frequenza :1-800 Hz
 Media frequenza : 0,8-10 KHz
 Alta frequenza : > 10 KHZ
189
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La resistenza offerta dal corpo umano non è ohmica (I=V/R), non è
costante (tende a diminuire col tempo), diminuisce col crescere della
tensione più velocemente di quanto previsto dalla legge di Ohm.
Se gli elettrodi sono applicati sulla pelle, la resistenza tende a
diminuire anche per la vasodilatazione e la diaforesi dovuta all’
ipertermia locale.
La maggior parte della resistenza fa capo alla pelle.
La conducibilità interna dipende dal contenuto di acqua (massima
nel sangue e muscoli, minima nell’adipe).
La corrente si scarica attraverso i muscoli, perché sono i conduttori
a sezione maggiore.
ELETTROTERAPIA: branca della terapia fisica che utilizza a scopo
terapeutico gli effetti biologici indotti dall’energia elettrica al suo
passaggio attraverso il corpo umano.
 Antalgica (TENS, correnti diadinamiche etc).
 Eccitomotoria (correnti di Kotz, esponenziali).
 Veicolante (vettore per trasportare ioni attivi di un farmaco
all’interno dei tessuti biologici: ionoforesi).
190
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Effetti biologici della corrente continua
Modificazione della distribuzione degli elettroliti nei tessuti.
Polarizzazione delle membrane cellulari.
Modificazione parzialmente reversibile del protoplasma cellulare.
Ceteris paribus, la CC è meno pericolosa della CA sull’immediato,
ma può provocare pericolose atrofie muscolari a distanza.
Se non è di amperaggio elevato provoca solo fenomeni elettrochimici
e stimolazioni all’apertura e chiusura del circuito.
Effetti polari: possibili ustioni chimiche (escara dura da HCl al polo
+, escare molle e torpida da NaOH al polo -).
Effetti interpolari: poco noti (stimolazione del metabolismo cellulare,
permeabilità di membrana, variazione dell’attività biochimica cellulare).
191
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192
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Elettrotono
Rappresenta modificazioni dell’eccitabilità e della conduzione del
nervo dovute al passaggio di una corrente elettrica.
Con l’apertura e la chiusura del circuito elettrico, l’elettrotono
subisce due opposte variazioni, dette catelettrotono e anelettrotono.
Il catelettrotono si verifica alla chiusura del circuito e consiste
nella migrazione di cationi verso il polo negativo (catodo), con
depolarizzazione della membrana e temporaneo aumento dell’
eccitabilità del nervo e in una migrazione di anioni verso il polo
positivo (anodo), con iperpolarizzazione della membrana e
diminuzione della temporanea diminuzione dell’eccitabilità del
nervo..
L’anelettrotono si verifica all’apertura del circuito e consiste nel
temporaneo aumento dell’eccitabilità all’anodo e nella sua
diminuzione al catodo.
Al polo negativo
Aumento di eccitabilità del nervo.
Vasodilatazione dei capillari determinata da: riscaldamento diretto
per effetto joule, aumento del metabolismo cellulare, azione diretta
sulle fibre del simpatico.
Accelerazione del metabolismo cellulare (effetto trofico).
Al polo positivo
Riduzione di eccitabilità del nervo sensitivo: inibizione dei nocicettori
e della conduzione nervosa (effetto analgesico).
***
Fenomeno dell’accomodazione.
193
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Effetti biologici dell’elettroterapia
Sono influenzati dalla corrente impiegata.
Effetto chimico (migrazione ionica) è presente esclusivamente
nella CC unidirezionale (galvanica) e consiste nella capacità della
corrente di far migrare gli ioni di un liquido o tessuto verso il catodo
(elettrodo negativo) o anodo (elettrodo positivo ) secondo la loro
polarità.
Vasodilatazione per riscaldamento dei tessuti attraversati e
accelerazione del metabolismo tissutale (azione sulle fibre del
simpatico, comune a tutte le correnti). La vasodilatazione ha
come effetto un maggior afflusso di sostanze nutritizie nei tessuti
e una facilità nella rimozione di cataboliti (frutto della degradazione
dei materiali cellulari )e delle sostanze algogene (sostanze che
provocano dolore).
Effetto eccitomotorio (capacità di provocare la contrazione muscolare)
generato da correnti variabili e in particolare dalle correnti che
avendo rapide variazioni d’intensità determinano una depolarizzazione
della membrana delle fibre nervose. Lo stimolo elettrico deve
avere determinate caratteristiche :
Intensità. Lo stimolo elettrico deve essere sufficientemente
intenso. L’aumento dell’intensità determina il reclutamento di
un numero maggiore di unità motorie.
Durata. Lo stimolo elettrico deve essere sufficientemente
lungo. Tuttavia l’aumento di intensità può ridurre il tempo
necessario per determinare una contrazione, ma sotto una
certa durata è impossibile determinare contrazione.
Tempo di ascesa. Gli impulsi devono avere un tempo di ascesa
sufficientemente rapido per eludere il potere di
accomodazione della fibra nervosa.
194
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Frequenza. Impulsi con frequenza inferiore ai 20 HZ provocano
contrazioni sincrone con gli impulsi. Impulsi ravvicinati tra i 20
– 100 Hz determinano un tetano muscolare (perché le fibre
sono colpite da stimoli successivi prima che la contrazione sia
esaurita). Oltre i 10000 Hz non si osserva più alcuna
contrazione.
Effetto termico generato per effetto joule, è direttamente
proporzionale alla resistenza incontrata (che è massima a livello
della cute ), all’intensità della corrente e al tempo in cui la corrente
circola. Si manifesta prevalentemente con correnti ad alta frequenza.
Effetto antalgico (elettroanalgesia). I meccanismi fisiologici che
permettono di ottenere un effetto analgesico mediante la
corrente elettrica non sono ancora del tutto noti.
Iperpolarizzazione (CC) a livello dell’elettrodo + delle fibre
nervose dolorifiche con innalzamento della loro soglia di
depolarizzazione e diminuzione dell’eccitabilità e conduzione: la
noxa algogena non è più capace di innescare il potenziale
d’azione veicolante la sensazione di dolore.
Inibizione presinaptica della trasmissione dello stimolo algogeno
(teoria del cancello): impulsi elettrici di durata < 60 µs determinano
la stimolazione selettiva delle fibre Aβ veicolanti stimoli tattili, che
attivano gli interneuroni della sostanza gelatinosa del Rolando nel
MS, i quali inibiscono presinapticamente la trasmissione dello stimolo
algogeno dalle fibre dolorifiche periferiche (fibre Aδ e C) alle cellule
del nucleo proprio del corno posteriore (NPCP) del MS -> fascio
spino-talamico. E’ come se lo stimolo algogeno trovasse un
cancello chiuso che ne impedisce la progressione sulla via che lo
conduce alla percezione cosciente.
195
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Liberazione di endorfine, molecole analgesiche prodotte a livello
della sostanza grigia situata intorno all’acquedotto del Silvio
(mesencefalo). Sono necessarie correnti con durata > 60 µs.
Innalzamento della soglia di eccitabilità degli algocettori.
Wash out: rimozione dal distretto corporeo dolente delle sostanze
algogene endogene (prostaglandine, bradichinine, istamina), come
conseguenza dell’ incremento del flusso ematico.
Effetto placebo.
Associazione di 2 o più meccanismi sopra riportati.
196
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Elettroanalgesia
Correnti continue
 Ionoforesi.
 Idrogalvanoterapia.
Correnti variabili
 Correnti diadinamiche.
 Corrente interferenziale.
 Elettrostimolazione nervosa transcutanea o TENS.
Elettrostimolazione
L’elettrostimolazione può avvenire su un muscolo innervato o
denervato.
Nel muscolo denervato c’è una lesione del motoneurone periferico
che in condizioni normali esercita sul muscolo un effetto trofico,
pertanto in caso di lesione si verifica un’atrofia del muscolo.
Il muscolo perde di peso, diminuiscono sia il numero, sia il calibro
delle fibre muscolari, aumenta il tessuto connettivo, si riduce
l’elasticità e la distensibilità del muscolo.
I segni di denervazione sono le fibrillazioni (evidenziabili solo da un
esame elettromiografico ) e le fascicolazioni visibili come piccoli scatti
o vibrazioni della pelle.
197
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L’elettrostimolazione è indicata solo in quei casi in cui la condizione
di denervazione sia reversibile.
Il motoneurone può essere danneggiato a livello del corpo cellulare
o a livello dell’assone. In quest’ultimo caso possiamo avere in
ordine decrescente di gravità:
neurotmesi: interruzione completa del nervo;
assonotmesi: è leso solo l’assone, ma l’integrità del nervo è
conservata;
neuroaprassia: temporanea interruzione della conduzione dell’impulso
senza danno anatomico dell’assone.
L’elettrostimolazione è indicata nei casi di neuroaprassia,
assonotmesi e neurotmesi (solo dopo ricostruzione chirurgica).
Il tipo di impulso che si usa generalmente è quello triangolare;
infatti data la sua lenta ascesa è meno fastidioso per il paziente e
non provoca la contrazione dei muscoli normalmente innervati in
quanto questi hanno un potere di accomodazione maggiore
rispetto alle fibre denervate.
L’elettrostimolazione deve essere intrapresa il più presto possibile
perché l’atrofia muscolare si manifesta sin dai primi giorni.
Quando compaiono i primi movimenti attivi è preferibile ricorrere
alla contrazione volontaria contro adeguata resistenza.
Le sedute devono essere giornaliere, se necessario ripetute durante
il giorno. Bisogna provocare contrazioni muscolari vigorose, ma
con impulsi intervallati da pause lunghe perché le fibre denervate
sono facilmente affaticabili.
198
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Correnti rettangolari. È caratterizzata da un singolo impulso
rettangolare che varia dal valore nullo al valore massimo, da una
durata di contrazione pari alla durata dell’impulso, da una pausa
di recupero. Gli impulsi sono a polarità alternata per evitare
fenomeni di ionizzazione della cute.
Correnti triangolari. Raggiungono il picco tramite una rampa lineare
con impulsi di durata abbastanza lunga. Determinano una valida
risposta delle fibre denervate senza però stimolare quelle adiacenti
normalmente innervate che hanno un potere di accomodazione
maggiore delle fibre denervate.
Correnti trapezoidali. Sono usate nei muscoli parzialmente denervati
perché evita la contrazione dei muscoli innervati (accomodazione)
e perché determina una durata della contrazione maggiore essendo
lo stimolo nei muscoli parzialmente denervati meno fastidioso
rispetto a quelli dei muscoli totalmente denervati.
Elettrostimolazione del muscolo innervato
Corrente di Kotz che permette il massimo reclutamento muscolare
con la minore sensazione dolorosa.
Si tratta di una corrente sinusoidale a media frequenza (2500 Hz)
con pacchetti di durata di 10 ms seguiti da pause della stessa
durata.
199
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Come tutte le correnti a media frequenza, è caratterizzata da una
capacità di penetrazione maggiore e per questo è spesso preferita
a correnti di bassa frequenza (rettangolare bifase e faradica),
perché permette di raggiungere i muscoli più profondi.
Lo svantaggio è la difficoltà di stimolare fibre specifiche, possibile
a frequenze più basse con la rettangolare bifase.
È indicata nelle ipotrofie muscolari da non uso e per il potenziamento
muscolare.
Ionoforesi
Utilizza CC unidirezionale per introdurre attraverso la cute ioni
attivi di un farmaco disciolti in soluzione acquosa.
Sfrutta il fenomeno dell’elettroosmosi cioè il passaggio dell’acqua
attraverso la membrana cellulare a seguito della corrente
elettrica.
Gli ioni attivi penetrano nei tessuti attraverso i dotti piliferi e le
ghiandole sebacee e sudoripare, mentre lo strato corneo epidermico
oppone notevole resistenza.
E’ necessario:
200
29/04/2016
Conoscere il segno della carica degli ioni medicamentosi
derivanti dalla dissociazione del farmaco somministrato.
Preparare la cute con detersione accurata e se necessario con
tricotomia.
Il farmaco è distribuito su spugnette bagnate (ciò riduce la
resistenza elettrica cutanea).
Il farmaco è applicato sull’elettrodo di segno uguale a quello
degli ioni medicamentosi: si verifica una migrazione degli ioni
attivi verso l’elettrodo di segno opposto (I FANS, in genere,
hanno polarità - e si pongono sull’elettrodo -).
Gli elettrodi possono essere posti secondo due tecniche:
Tecnica trasversale: l’elettrodo su cui è stato posto il farmaco
va collocato sulla zona da trattare, l ‘altro elettrodo sulla
superficie diametralmente opposta.
Tecnica longitudinale: gli elettrodi sono applicati sullo stesso
piano cutaneo in modo tale che la l’area da trattare sia
compresa fra essi.
La penetrazione cutanea non supera i 3 cm.
La durata di ogni seduta deve essere almeno di 25 minuti, perché
nei primi 15 minuti si ha il passaggio di ioni indifferenti.
L’intensità della corrente è in rapporto alla tollerabilità del paziente,
comunque deve essere <0,5 mA/cm2 di superficie di elettrodo.
Effetti terapeutici della ionoforesi: trofico e analgesico della CC,
placebo, azione degli ioni medicamentosi.
201
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Indicazioni alla ionoforesi
Patologie di gomito, polso, mano, ginocchio e T-T perché strutture
non profonde e con scarso rivestimento di tessuto muscolare e adiposo.
Artrosi, artriti, periartriti, borsiti, tendiniti e affezioni infiammatorie.
Affezioni post-traumatiche, nevralgie.
Controindicazioni alla ionoforesi
Lesioni cutanee (ferite, abrasioni): per riduzione della resistenza
locale, possono favorire la comparsa di ustioni chimiche in prossimità
degli elettrodi.
Ipoestesia cutanea: impedisce al paziente di avvertire dolore in caso
di ustione chimica polare (contatto diretto elettrodo-cute o elevata
intensità di corrente in relazione alla superficie d’applicazione,
quindi scorretta tecnica di applicazione).
Mezzi di sintesi metallici (la corrente continua può provocare
elettrolisi del metallo e lesioni caustiche nei tessuti circostanti).
Dermatiti, intolleranza, ipersensibilità o allergia al farmaco,
gravidanza, epilessia.
Portatori di pace-maker (rischio d’interferenza) o gravi aritmie
cardiache.
202
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Idrogalvanoterapia
•
E’ come una ionoforesi in acqua tiepida: immersione di superfici corporee dettata dalla
necessità di far fluire la corrente attraverso distretti corporei dolenti particolarmente estesi,
non lisci o con asperità, come mani, piedi, gomiti e caviglie.
•
Immersione di entrambi gli elettrodi in punti diametralmente opposti, nonché della parte
da trattare.
•
Oppure può essere immerso un solo elettrodo, quello positivo, mentre quello negativo è
collegato alla radice dell’arto trattato.
203
29/04/2016
Terapia antalgica con correnti variabili
•
Corrente variabile: cambia nel tempo la propria intensità e/o direzione e/o verso.
•
Correnti diadinamiche, corrente interferenziale, TENS.
a = ampiezza, T = periodo,  = lunghezza d’onda
t = larghezza d’impulso, P = pausa, ts = tempo di
salita, td = tempo di discesa
Correnti diadinamiche o di Bernard
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Correnti unidirezionali ed emisinusoidali a bassa ν. Monofase (MF): impulsi e pause di
uguale durata (10 msec), ν 50 Hz.
Difase (DF): impulsi di 10 ms non separati da pause, ν 100 Hz.
Corrente modulata a corto periodo (CP): alternanza di 1 s di monofase con 1 s di difase.
Corrente modulata a lungo periodo (LP): alternanza di 5-6 s di monofase con 8-14 s di
difase; una fase su due può essere modulata in ampiezza.
Corrente sincopata rapida: alternanza di 1 s di monofase con 1 s di pausa.
Corrente sincopata lenta: alternanza di 2,5 s di monofase con 2,5 s di pausa.
Le correnti sincopate rapida e lenta sono usate, seppur raramente, a scopo elettromiostimolante.
Problema nell’elettroterapia antalgica (specie difasica): fenomeno dell’ assuefazione dei tessuti e delle
terminazioni sensitive con perdita o riduzione dell’effetto analgesico dopo alcuni min di
trattamento con la stessa variante di corrente. Per evitarlo si associano o alternano diverse forme
d’onda (es. 1 min DF + 5 min CP + 5 minLP).
MODALITÀ DI APPLICAZIONE:
Elettrodi applicati sulla cute con interposizione di spugnette bagnate. L’elettrodo attivo (–) è
posto sulla zona bersaglio. L’elettrodo indifferente (+) sulla restante zona d’irradiazione del
dolore o su una zona dolorosa meno attiva. In alternativa gli elettrodi possono essere posti
lungo il decorso del nervo afferente.
Il pz. deve avvertire un formicolio senza dolore. La durata della seduta è 10-15 minuti (cicli
di 10 sedute). S’inizia sempre con una DF perché meglio tollerata dal pz.
204
29/04/2016
EFFETTI TERAPEUTICI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE
•
Sono caratteristici per ciascun tipo di corrente.
•
Effetto antalgico: legato all’iperpolarizzazione delle membrane e all’inibizione dei recettori
del dolore all’anodo. E’ realizzato dalle correnti DF, MF e LP:
– Difase: maggior effetto antalgico di MF, ma di minor durata.
– Monofase: l’effetto antalgico è più tardivo, ma anche più prolungato.
– Lungo periodo: preferibile nel trattamento del dolore articolare acuto.
•
Effetto trofico: legato alla vasodilatazione periferica prodotta dalla corrente CP. Il miglior
stato di nutrizione dei tessuti determina un’analgesia secondaria. La corrente a CP è indicata
nelle forme di dolore cronico.
•
Effetto eccitomotorio: legato all’azione dinamogena, cioè stimolante sulla muscolatura
striata della corrente sincopata.
•
INDICAZIONI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE: patologie localizzate e superficiali, tendiniti, postumi
dolorosi di traumi articolari, artropatie acute e croniche, algie muscolari.
•
CONTROINDICAZIONI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE: soluzioni di continuo della cute, dermatiti, pacemaker, oggetti o mezzi di sintesi in prossimità del segmento da trattare perché essendo
correnti unidirezionali possono favorire effetti elettrolitici e pertanto possono danneggiare i
mezzi di sintesi metallici.
205
29/04/2016
TENS (Transcutaneus Electrical Nerve Stimulation)
Consiste nella stimolazione elettrica transcutanea dei nervi periferici
con conseguente riduzione della sintomatologia dolorosa.
Si ritiene che gli effetti antalgici delle TENS siano dovuti a più fattori:
 Eccitazione selettiva di fibre nervose a calibro maggiore con
conseguente inibizione di neuroni spinali coinvolti nella
trasmissione nocicettiva (teoria del gate control di Melzack e
Wall).
 Liberazione di neuropeptidi (endorfine) che attivano circuiti
cerebrali inibenti la trasmissione del dolore a livello del midollo
spinale.
 Modificazione della eccitabilità periferica a livello di recettori
e fibre nervose…
… I recettori, a causa del dolore dopo una scarica di corrente iniziale,
si “assestano” a un livello più alto, cessando di inviare impulsi ai
centri superiori.
In tale condizione i recettori possono essere eccitati solo da stimoli
d’intensità maggiore rispetto a quella iniziale: si ha così un
innalzamento della soglia del dolore.
Il perdurare dell’effetto antalgico si deve a due effetti indiretti quali:
la modificazione della conducibilità dei nervi periferici e dell’
eccitabilità neuronale da parte degli impulsi elettrici o la capacità
degli stessi di interrompere circuiti algogeni.
206
29/04/2016
Impulsi tra i 50 e 125 HZ (gate control ), mentre con impulsi tra gli
1 e 7 Hz si ha la liberazione delle endorfine.
La secrezione di endorfine aumenta in modo graduale, per questo
la seduta richiede tempi più lunghi ma l’effetto di riduzione del
dolore dura nel tempo
MECCANISMO D’AZIONE: IPOTESI
•
L’effetto antalgico della TENS convenzionale per un meccanismo neurologico (ipotesi del
cancello, innalzamento della soglia di eccitabilità delle fibre dolorifiche e/o degli
algocettori).
•
L’analgesia indotta dalla TENS tipo agopuntura sia legata all’intervento di un meccanismo biochimico
(liberazione di endorfine).
•
A livello della zona dolente, in modo che sia attraversata dal campo elettrico.
•
Lungo il decorso del nervo che veicola la sensibilità dolorifica del sito algico.
•
Un elettrodo è collocato distalmente al sito dolente e l’altro a livello paravertebrale in
corrispondenza della radice spinale che veicola la sensibilità dolorifica del sito dolente
medesimo.
APPLICAZIONE
INDICAZIONI
•
Dolori radicolari (brachialgie, sciatalgie, cruralgie).
•
Nevralgie post-erpetiche.
•
Artrite reumatoide.
•
Artralgie e mialgie localizzate.
•
Dolori del moncone di amputazione.
•
La TENS a impulsi bifasici in presenza di mezzi metallici perché non provoca effetti
elettrolitici.
207
29/04/2016
CONTROINDICAZIONI
•
Ferite e mucose.
•
Disturbi della sensibilità.
•
Gravidanza.
•
Trattamento di aree vicine all’aia cardiaca.
•
Cardiopatici e portatori di pace-maker.
TECNICHE DI APPLICAZIONE
•
La TENS può essere effettuata oltre che con apparecchiature convenzionali alimentate a
rete, anche mediante stimolatori tascabili alimentati a batteria che sono facilmente gestibili
dai pz anche a domicilio.
Alta frequenza e
bassa intensità
Buona tollerabilità
Effetto antalgico
rapido
Bassa frequenza e
alta intensità
Ridotta tollerabilità Effetto antalgico più
duraturo
Veloce
assuefazione
Assuefazione rara
Correnti interferenziali (di Neméc)
•
Correnti antalgiche a bassa frequenza ottenute dall’interferenza di 2 correnti a media
frequenza.
•
Applicazione di 2 coppie di elettrodi poste ortogonalmente fra loro, in modo da far incrociare, a
livello della zona dolente, la corrente generata dall’una e dall’altra coppia.
•
Impiego di due correnti generanti sinusoidali (3900-4100 Hz), le cui frequenze differiscono di
50-100 Hz (se differiscono di 1-50 Hz si ha effetto miostimolante).
•
Buona azione antalgica. Poco usate per scarsa maneggevolezza.
•
Associate a vacuumterapia.
•
Indicazioni: nevralgie, emicrania, turbe trofiche, disturbi neurovegetativi.
•
Controindicazioni: mezzi di sintesi metallici, disturbi vascolari, neoplasie.
208
29/04/2016
Magnetoterapia
Magnetoterapia
Sotto l'influenza dei CM pulsati di bassa intensità e di f ELF si
producono, nel nostro organismo, numerosi effetti biofisici ai diversi
livelli organizzativi della materia vivente, che dipendono da interazioni
primarie di natura magnetomeccanica e magnetoelettrica.
Per il processo di guarigione delle discontinuità ossee (fratture,
pseudoartrosi, osteotomie correttive, scollamento di endoprotesi)
sono i seguenti bioeffetti:
Induzione di un effetto piezoelettrico nelle strutture connettivali
(collagene).
Orientamento strutturale del collagene e dell'osso neoformato
con accentuazione del processo di deposizione calcica
(miglioramento qualitativo del callo).
209
29/04/2016
Miglioramento delle condizioni circolatorie locali e della pressione
di O2 (ipervascolarizzazione).
miglioramento del processo riparativo a livello dei tessuti molli
(connettivo ed epiteli di rivestimento).
Affinché tali effetti si producano meglio è importante tener conto
dei parametri fisico-tecnici e metodologici del trattamento:
dosaggio «adeguato»: rispettare il binomio bassa intensità (580 gauss) e bassa frequenza (20-100 Hz), senza provocare
effetto ipertermico (o al massimo contenuto entro 0,5°C);
forma dell'onda, problema delicato ma di sicuro potenziale
biologico-terapeutico, data l'importanza dei fenomeni di risonanza
nell'ambito delle frequenze ELF;
reattività individuale, legata a condizioni generali, fisiche e
anche psichiche del paziente.
Onde d’urto
210
29/04/2016
Onde d’urto
Sono onde acustiche ad alta energia con caratteristiche definite
a livello internazionale (DIGEST, Deutschsprachige Internationale
Gesellschaft für Extrakorporale Stoßwellentherapie, Società
internazionale tedesca per la terapia con onde d’urto).
Sono prodotte da specifici generatori: i più comuni sono quelli
di tipo elettroidraulico, elettromagnetico e piezoelettrico.
Sono veicolate attraverso un sistema di trasmissione all’interno
del corpo umano e focalizzate con precisione sull'obiettivo da
trattare.
Si differenziano dagli ultrasuoni sia per il loro andamento a impulsi,
sia per il raggiungimento di gradienti pressori molto più elevati,
anche 1000 volte superiori.
Per ogni impulso si verifica, sul fronte di avanzamento dell'onda,
un elevato aumento pressorio (10-100 Mpa) in un tempo brevissimo
(5-10 ns), seguito da un più lento ritorno alla pressione atmosferica,
passando per valori negativi (-10 MPa), che determina fenomeni
di cavitazione.
Tra le sorgenti e l'obiettivo è posta un'interfaccia (per es. una
sacca piena di acqua o di gel) che ha la funzione di trasmettere
le O.U., ma anche di regolare la profondità di penetrazione).
Alcuni apparecchi hanno la possibilità di modificare in maniera
progressiva la quantità di liquido nell'interfaccia, permettendo
di focalizzare il target con grande precisione.
Le O.U. sono generate e trasmesse attraverso un mezzo liquido,
generalmente acqua.
211
29/04/2016
Onda d’urto
I tessuti molli hanno un’impedenza acustica simile a quella dell´
acqua, pertanto solo una minima parte dell’energia dell’O.U. è
assorbita prima di raggiungere il bersaglio. La penetranza delle
onde d'urto è variabile in media da 0 a 60 mm.
L’ESWT è stata elaborata negli anni '70 e utilizzata fin dai primi
anni ’80 nelle litiasi in Urologia (litotripsia).
Dal 1986 la litotripsia extracorporea è stata applicata anche
nella litiasi biliare, specie colecistica, ma anche della via biliare
principale.
Tutti i litotritori attualmente in uso producono e convergono
O.U. focalizzate sul calcolo da frammentare.
Così i calcoli possono essere frammentati con un danno minimo
ai tessuti circostanti.
212
29/04/2016
Tessuto
Aria a 20°
Densità
(Kg/m3)
Velocità suono Impedenza acustica
(m/s)
(Kg/m2s)
1,293
343
427
Acqua a 20°
998
1 483
1,48 x 106
Grasso
920
1 445
1,33 x 106
Muscolo
1 060
1 570
1,65 x 106
Osso corticale
1 700
3 600
6,12 x 106
Osso spugnoso
1 000
1 450
1,145 x 106
Caratteristiche acustiche di diversi tessuti
Il collasso delle microbolle prodotte dalla cavitazione può provocare
danni tissutali.
Gli organi che contengono aria (polmone, visceri addominali, ossa)
non sono buoni trasmettitori e potrebbero essere danneggiati
dall’energia trasmessa dall’O.U.
La frammentazione dei calcoli, il dolore avvertito dal pz e il
possibile danno tissutale dipendono dai parametri dell’O.U. e
dal numero di applicazioni necessarie alla distruzione del calcolo.
Nel 1986 primi esperimenti su ossa di animali.
Poi Osteogenesis Stimulated Shockwave Application (O.S.S.A.)
nelle pseudoartrosi.
Prima apparecchiatura per ESWT nel 1991.
213
29/04/2016
Rapido sviluppo in Ortopedia e Fisioterapia per il trattamento di
pseudoartrosi, calcificazioni periarticolari e intramuscolari e poi
nelle patologie inserzionali tendinee.
Oggi l’ESWT è applicata anche nelle piaghe da decubito e si
prospetta l’impiego anche nella patologia coronarica.
Shock wawe
Un tuono o un’esplosione generano O.U. Un aereo che infrange
la barriera del suono genera un rumore molto forte. L’O.U. può
arrivare a far tintinnare i bicchieri di una credenza, trasmettendo
l’energia dall’aereo sino ai bicchieri. Le O.U. possono trasmettere
l’energia a lunghe distanze.
Il muro del suono
Le superfici aerodinamiche e i motori di un aereo a reazione
sono degli emettitori estesi di onde acustiche. Per semplificare
immaginiamo l’aereo come un’unica sorgente puntiforme di
onde acustiche sferiche.
Se la sorgente si muove a velocità subsonica, i fronti d’onda acustici
emessi in due istanti di tempo successivi non possono sovrapporsi,
e il fenomeno che si osserva è l’effetto Doppler.
214
29/04/2016
Le onde che si propagano davanti alla prua si addensano, producendo
in un ascoltatore che vede avvicinarsi l’aereo la sensazione di un
aumento di frequenza del suono.
Quando l’aereo s’allontana, si ha l’effetto opposto di diminuzione
della frequenza (rombo sordo).
La sorgente acustica in moto subsonico appare quindi a un osservatore
in quiete come un emettitore che varia di frequenza secondo la
direzione della congiungente emettitore-ascoltatore.
Sonic Boom
Le onde di shock che si propagano nei condotti o negli ugelli
sono fenomeni analoghi, ma con origine diversa.
Non un solido che si muove a velocità supersonica, ma flussi di
fluidi con velocità supersoniche.
Il formarsi di onde di shock è quasi sempre associato a rumorosità
e vibrazioni intense.
Se il condotto ha una bocca d’uscita, l’onda di shock si propaga
nel campo libero come quella prodotta dai velivoli supersonici:
detonazioni prodotte dalle armi da fuoco.
215
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Unità di misura
Energia (J) = N∙m . Potenza (W) = J∙s-1.
Densità di un corpo (massa volumica o specifica, ρ o anche δ) =
kg∙m-3
Densità di energia = J∙m-3. Densità di potenza = W∙m-3 .
Flusso di energia = energia che attraversa perpendicolarmente
l’unità di superficie nell’unità di tempo, quindi la potenza esercitata
sull’unità di superficie.
Densità di flusso = W∙m-2 = J∙m-2∙s-1. Pressione = N∙m-2 = Pa.
bar = 105 Pa (millibar usato in meteorologia e il microbar in acustica).
torr = colonna di Hg alta 1 mm = 133,3 Pa
mm di colonna d'acqua = 1 mm = 9,81 Pa
Atm = pressione esercitata dall'atmosfera terrestre al livello del
mare = 101 325 Pa.
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Parametri fisici delle O.U.
(according to International Society for Medical Shockwave Therapy, www.ismst.com)
Un’O.U. è un singolo impulso acustico di pressione positiva con
un lento ritorno alla pressione atmosferica attraverso una fase
di pressione negativa. Presenta:
 Ampia gamma di frequenze (<20 MHz, di solito 1-8 Hz).
 Elevata pressione di picco (>500 bar o 50 MPa, <1200 bar o
120 MPa).
 Onda negativa a bassa tensione (<100 bar o 10 MPa).
 Limitata area interessata dall’impulso e breve durata (<10 μs).
 Rapida salita della pressione positiva (<10 ns).
 L’impulso è seguito da un’onda indotta dalla diffrazione della
durata di pochi μs.
 Induzione d’elevate forze di sollecitazione sulle interfacce fra
tessuti con diversa densità.
 Generazione di forze di trazione (cavitazione).
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Densità del Flusso di Energia, EDF (mJ/mm2) è quantità massima di
energia acustica trasmessa attraverso una superficie di 1 mm2
per impulso.
Energia d’impulso totale E (mJ) è l'energia totale rilasciata e
corrisponde alla somma di tutte le densità di energia in tutto il
profilo del fascio, moltiplicato per l'area del profilo del fascio.
La densità di energia (<1,5 mJ/mm2) e l'energia dell’impulso
(<100 mJ) dipendono dalla distribuzione temporale e spaziale
del profilo di pressione.
ATTENZIONE CON LE DENSITÀ!
Densità di flusso (S.I.) = W∙m-2 = J∙m-2∙s-1
Densità del Flusso di Energia (O.U.) = mJ∙m-2
In pratica:
𝑾
𝑱
𝑱
∙𝒔= 𝟐 ∙𝒔= 𝟐
𝟐
𝒎
𝒎 ∙𝒔
𝒎
La densità di flusso d’energia (EDF) utilizzata per definire l’O.U. è
la densità di flusso (S.I.) moltiplicata per la durata dell’impulso e
indica l’energia totale esercitata per unità di superficie dalla
singola onda d’urto.
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Riflessione, Trasmissione, Assorbimento
L’interazione diretta e indiretta delle O.U. sulla superficie di
separazione fra due tessuti con densità diverse dipende da:
riflessione, trasmissione, assorbimento, cavitazione.
Le forze di trazione durante la fase negativa possono causare la
formazione nei liquidi di bolle microscopiche di gas (cavitazione).
Vicino all’interfaccia queste bolle collassano asimmetricamente
(implosione). L’implosione provoca microgetti d’acqua (jet stream)
ad alta velocità (400-800 m/s) che hanno un elevato potenziale
distruttivo e sono responsabili degli effetti litici sui tessuti.
Parte di un’onda acustica è riflessa quando colpisce
perpendicolarmente un’interfaccia fra due materiali di diversa
densità, la parte rimanente è trasmessa.
La quantità riflessa dipende dalla differenza di impedenza acustica
fra i due diversi materiali.
L’interfaccia muscolo/osso può riflettere <36% di energia.
L’interfaccia muscolo/aria ≈100%.
L’energia assorbita stimola i processi biologici sul tessuto
muscolo-tendineo e osseo.
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Effetti delle onde d’urto
Effetti meccanici diretti: dovuti soprattutto al picco pressorio
positivo.
Si verificano solo all'interfaccia tra i tessuti che possiedono un’
impedenza diversa, come tra i tessuti molli e i tessuti mineralizzati.
Effetti indiretti: sono imputabili soprattutto alla cavitazione e ai
jet streams.
Alcuni studi hanno evidenziato anche effetti biochimici correlati
alla cavitazione: produzione di radicali liberi e soprattutto NO
ad azione citolitica, vasodilatante e neoangiogenetica.
Densità del flusso d’energia
0,08 – 0,6 mJ/mm2: Litotripsia calcoli renali
0,08 – 0,23 mJ/mm2: ESWT tessuti molli
0,22 – 0,4 mJ/mm2: ESWT tessuto osseo
Valore energetico: densità d’energia pari a:
 Basso: 0,05 – 0,12 mJ/mm2
 Medio: 0,12 - 0,28 mJ/mm2
 Alto: 0,28 – 1,5 mJ/mm2
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Il fuoco è la posizione del massimo picco positivo di pressione
acustica.
In teoria è infinitamente piccolo, in pratica ha dimensioni
apprezzabili dipendenti da: tipo di sorgente e densità del materiale
attraversato.
Può variare in base al tipo di apparecchio e al livello energetico
usato (è necessario perciò specificare tale livello).
Per convenzione concordata fra l’industria e gli organismi
scientifici internazionali, si definiscono tre diverse aree focali.
Area @-6dB: l’area focale è costituita da tutti i punti con pressione
uguale o superiore alla metà del suo valore massimo, ed è
misurata in mm lungo le direzioni X, Y e Z.
Area @ 5 MPa: l’area focale è costituita da tutti i punti con
pressione uguale o superiore a 5Mpa, misurata in mm lungo le
direzioni X, Y e Z.
Zona di terapia definisce la zona dove si può riscontrare un
effetto terapeutico con la terapia ad onde d'urto (isobara 5
MPa).
Area 5 mm: l’area focale è semplicemente la sfera da 5 mm
intorno al centro focale.
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Fuoco
Un‘area focale può essere
misurata entro:
 @ 5 mm
 @ 5 MPa
 @ -6db
Differenze tra onda d’urto e U.S.
L’onda d’urto non va confusa con l’onda ultrasonica, utilizzata in
ecografia e in terapia fisica, che ha un andamento sinusoidale.
L’onda d’urto ha un andamento a impulso e valori di pressione
molto più elevati, mediamente 1000 volte superiori (circa 500
bar contro 0,5 bar degli US).
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Curva di distribuzione della pressione
Onde d’urto focali e radiali
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Densità di flusso di energia ed energia
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Generatore elettroidraulico
Il sistema è formato da due elettrodi posti a distanza di 1 mm
dentro una camera contenente acqua.
L'applicazione di corrente ai due elettrodi provoca l'evaporazione
istantanea dell'acqua con la formazione di un'onda pressoria,
che è riflessa da un semiellissoide sull'obiettivo terapeutico.
Vantaggi: generatore basato su una tecnologia efficiente e
relativamente poco costosa.
Svantaggi:
Angoli di apertura delle sorgenti terapeutiche minimi (elevate
concentrazioni d'energia nei tessuti attraversati).
Sorgenti sottoposte a un notevole consumo degli elettrodi, con
conseguente produzione irregolare delle onde d'urto.
Non è possibile utilizzare sistemi di puntamento integrati all'interno
della fonte terapeutica (in-line), ma solo sistemi esterni (off-line).
L’arco voltaico provoca l’evaporazione dell’acqua circostante e la
formazione di un’onda sferica di pressione indotta dalla rapida
crescita delle bolla di vapore (fuoco F1).
L'onda d’urto primaria così formata è focalizzata dall’ellissoide e si
concentra in modo uniforme nel volume focale intorno al fuoco F2.
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Generatore elettromagnetico
Il sistema è formato da una bobina piatta o cilindrica che, attraversata
da corrente, produce un campo magnetico indotto che provoca
l'espansione di una membrana metallica ferromagnetica.
Nel caso della bobina piatta l’energia è focalizzata mediante una
lente acustica, mentre nel caso della bobina cilindrica si utilizza
la superficie interna riflettente della testa, con la forma geometrica
di un paraboloide.
L'onda d'urto generata è poi focalizzata verso l'obiettivo terapeutico.
La bobina cilindrica, rispetto a quella piatta, consente l'integrazione
di un sistema di puntamento ecografico coassiale, disposto nella
la parte centrale del generatore.
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Tuttavia, il foro al centro della membrana comporta una perdita
di potenza del sistema.
Vantaggio: l'estrema modulabilità della potenza erogata.
Generatore piezoelettrico
La sorgente è rappresentata da elementi piezoceramici posti su
una semisfera. Applicando una tensione elettrica ai cristalli, si
inducono deformazioni meccaniche che generano nell’acqua
nella quale sono immersi piccolissime onde primarie di
pressione che si sommano e concentrano nel fuoco le onde
d'urto.
La superficie semisferica consente di focalizzare le onde d'urto
secondo angoli di apertura molto ampi, con riduzione dell'energia
erogata nei tessuti al di fuori del fuoco.
Recentemente la metodica è stata migliorata con l'introduzione
della stack technology (disposizione delle celle piezoelettriche su
due strati, con riduzione dei volumi e incremento dell'energia
erogata).
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Vantaggi: alloggiamento centrale dell'ecografo semplice e senza
riduzione di potenza, lunga durata del trasduttore che genera
onde omogenee per molto tempo (almeno 5.000.000 di colpi
con lo stesso mosaico piezoelettrico).
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Device
EvoTron
Minilith
Piezoson 300
Energia min. Energia med. Energia max.
39,6
12,5
15
43,3
45
61
47,7
91,8
132
Positive peak pressure: P+ in MPa
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Meccanismo d’azione
Le O.U. agiscono in modo diverso secondo il tessuto interessato
(ossa, tessuti molli, cute).
Le O.U. sono in grado di disintegrare i calcoli renali e di guarire
le pseudoartrosi e alcune patologie dei tessuti molli. L’onda
negativa con un locale abbassamento della pressione provoca
la formazione di bolle di cavitazione, che dopo un certo tempo
collassano con ulteriore generazione di O.U. La litotripsia è una
combinazione tra effetti diretti e indiretti dello shock.
L'effetto delle O.U. in Urologia e Ortopedia sembra essere diverso.
Al momento il meccanismo d’azione delle O.U. nelle patologie
ortopediche non è del tutto chiaro, ma sembra sempre più
evidente che non si tratterebbe dell’azione diretta dello shock.
Azione biologica - effetti diretti
Le O.U. favoriscono la disgregazione delle strutture cristalline
patologiche.
Le calcificazioni che, non possedendo una struttura organizzata
proteico-cristallina, sono più fragili di un normale tessuto osseo.
Le O.U. facilitano poi anche il riassorbimento dei frammenti
delle strutture disgregate, grazie all'iperemia indotta e alla
neoangiogenesi.
L'azione osteoinduttiva è utilizzata nella pseudoartrosi e nei
ritardi di consolidazione.
230
29/04/2016
AZIONE IPEREMIZZANTE: sembra indotta dal gradiente pressorio e
mediata dall'inibizione temporanea del sistema nervoso simpatico
(simpaticoplegia).
L'iperemia delle O.U. è simile a quella causata dalla classica terapia
a ultrasuoni, ma è più focalizzata e intensa.
Quest’effetto è particolarmente evidente nei tessuti quiescenti
o scarsamente vascolarizzati, come i tendini, le inserzioni
fibrotiche e le calcificazioni.
Neoangiogenesi capillare: formazione di nuovi vasi in regioni
poco attive metabolicamente.
In risposta alle O.U. è stata evidenziata una notevole concentrazione
locale di ESAF (Endothelial Stimulating Angiogenic Factor),
fattore di crescita liberato dalle cellule endoteliali danneggiate
e dai fibroblasti.
Effetto antiflogistico: si rileva frequentemente come azione
terapeutica indotta dalle O.U. a energia medio-bassa, è stato
spiegato in varie maniere.
Allo stato attuale, razione revulsiva (wash-out) delle sostanze
flogogene, indotta dall'iperemia e dalla neoangiogenesi, sembra
la spiegazione più convincente.
Effetto analgesico: è dovuto a due ordini di fattori:
1) Un effetto diretto sulle terminazioni nervose sensibili, ove si
determina una sorta di pallanestesia.
2) Un effetto indiretto, dovuto al meccanismo del tipo "Gate
Control" e alla produzione di endorfine.
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Parametri di trattamento
Densità di energia (ED): il parametro più importante (mJ/mm2).
Numero di colpi per seduta: in funzione della patologia e del tessuto:
Patologie flogistiche: numero relativamente basso (<1000-2000).
Pseudoartrosi sono trattate con un numero maggiore (>3000).
Frequenza d'emissione (1 a 4 Hz) diversificata in base alla
tolleranza del paziente; in caso di dolore, si può ridurre la frequenza.
Nei trattamenti a bassa densità d'energia è stato osservato,
invece, che aumentando la frequenza, s’incrementa l'effetto
antalgico indiretto (Gate Control).
Per questo motivo le attrezzature di ultima generazione consentono
frequenze <8 Hz.
Questa frequenza è utilizzata nei trattamenti delle sindromi
dolorose miofasciali (Trigger Point Shock-wave Therapy).
Modalità di puntamento
Gli apparecchi di ESWT possono essere provvisti di un sistema di
puntamento ecografico sia off-line, sia in-line (più precisi).
Alcuni apparecchi sono in grado di sostituire la sonda ecografica
con un dispositivo di puntamento a raggi X.
La necessità di utilizzare la radiologia tradizionale è riservata
soprattutto alle forme di pseudoartrosi particolarmente complesse
o necrosi asettiche della testa femorale.
232
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Modalità di trattamento
Le apparecchiature recenti consentono un’ampia regolazione del
livello energetico per consentire al paziente di adattarsi alla
sensazione dolorosa indotta dalle O.U., riducendo al minimo
l’utilizzo dell'anestesia.
A volte basta utilizzare un gel raffreddato per ottenere la totale
compliance del paziente.
L'anestesia è praticata solo ai pazienti con soglia dolorosa molto
bassa o in caso di densità di energia molto elevate (necrosi
ossea, pseudoartrosi).
Tecnica focalizzata
È utilizzata dagli apparecchi che hanno il sistema di localizzazione
e puntamento coassiale.
Si procede con l'ecografo all'individuazione del target; nella
maggioranza dei casi la sonda a 7,5 MHz è più che sufficiente.
Il puntamento a raggi X è utile nelle pseudoartrosi con placche
metalliche o in caso di focolai di frattura con bordi sclerotici.
Nelle patologie con componente dolorosa, come tendinopatie,
fasciti, periatriti, è bene ricercare clinicamente i punti del dolore,
verificandone con l'apparecchio di puntamento l'esatta sede.
È meglio valutare la tolleranza e la risposta terapeutica del pz,
iniziando con valori di energia più bassi di quelli standard, per
poi aumentarli progressivamente.
La densità di energia è uno dei parametri fondamentali da
programmare.
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ED > 0,5 mJ/mm2 è utilizzata nelle pseudoartrosi dei grandi segmenti
scheletrici (femore e tibia). Per pseudoartrosi di segmenti ossei
più piccoli (scafoide carpale) si consigliano ED di 0,2-0,6 mJ/mm2.
Nelle patologie flogistiche acute, alcuni AA consigliano di ridurre
la ED a livelli bassissimi (0,005-0,035 mJ/mm2).
Con questi parametri, il trattamento può anche essere eseguito
per 3-4 giorni di seguito. Così si ridurrebbe al minimo il dolore
delle O.U., favorendo gli effetti antiflogistici e analgesici.
Il numero di colpi (1000-5000), il numero di trattamenti, nonché
la cadenza degli stessi, variano soprattutto in funzione della patologia.
Il numero di colpi dipende anche dal tipo di apparecchiatura
utilizzata e dalle dimensioni del fuoco.
Indicazioni: tessuto osseo
Ritardi di consolidamento
Pseudoartrosi
Necrosi asettica testa omero, femore
Fratture da stress
Algoneurodistrofia
Indicazioni: tessuti molli
Condrocalcinosi gomito, anca, ginocchio
Rigidità articolare spalla, gomito, anca, ginocchio
Calcificazione e ossificazione
Miositi ossificanti
Fibromatosi di muscoli, legamenti, fasce.
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Indicazioni: tendinopatie
Tendinopatia calcifica di spalla
Epicondilite ed epitrocleite gomito
Tendinite trocanterica
Tendinite della zampa d’oca
Tendinite post-traumatica di ginocchio
Tendinite del rotuleo
Tendinite del tendine d’Achille
Fascite plantare con sperone calcaneale.
Tecnica spazzolata
È eseguita mediante lo spostamento della sonda sui vari punti
dolorosi della regione affetta dalla patologia.
La ricerca dei punti dolorosi è essenzialmente clinica e non supportata
da un ecografo in tempo reale. È effettuata con la palpazione e la
pressione manuale: non è possibile eseguire l'anestesia locale.
La tecnica sfrutta non gli effetti dirompenti delle O.U., ma gli
effetti iperemizzanti e trofici.
Il fine è di aumentare il microcircolo delle strutture lesionate e
quiescenti metabolicamente e favorire il naturale wash-out dell’
organismo.
Le patologie a cui si rivolge sono soprattutto le tendinopatie, le
periatriti degenerative, anche con fini mineralizzazioni (non
grossolane formazioni), le entesiti, quali le pubalgie e le mialgie
post-traumatiche persistenti.
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La ED utilizzata è di 0,03-0,1 mJ/mm2, secondo la dimensione e il
tipo di tessuto da trattare.
Il numero di colpi per seduta è di 400-500 per punto.
Comunemente, su una struttura di dimensioni medie, come per
es. la cuffia dei rotatori, sono trattati 3-4 punti.
Il numero di colpi per seduta è di 1200-2000.
La cadenza delle sedute è in media una volta la settimana, per
un totale di 4-5 volte.
Controindicazioni
Infezione acuta dei tessuti molli, ossa.
Malattie primarie perniciose.
Epifisiolisi nel punto focale.
Malattie della coagulazione del sangue.
Gravidanza.
Pacemaker.
Tessuto polmonare nel punto focale.
Cervello, midollo spinale, grandi nervi nel punto focale (neurocranio,
colonna vertebrale, costole).
236
29/04/2016
237
29/04/2016
1° ambito d’intervento
Ritardi di consolidazione e pseudoartrosi
Le O.U. sono utilizzate nel ripristino dei processi di riparazione
ossea: ritardo di consolidazione o pseudoartrosi (fr. di tibia o di
femore, fr. ulnari e soprattutto dello scafoide carpale). Gli effetti
iniziali sono di tipo distruttivo. Le O.U. inducono in successione:
distacco periostale;
microfissurazioni della corticale;
 frammentazione delle trabecole della spongiosa;
emorragie su periostali;
 formazione di ematomi nello spazio midollare.
In seguito, quest’ambiente rivitalizzato diviene un fertile terreno
di rigenerazione ossea.
La rigenerazione ossea appare solo alcune settimane dopo la
frammentazione dei sequestri e si manifesta attraverso l'espansione
del numero dei nuclei di aggregazione calcica.
Da un punto di vista biochimico: incremento della produzione di
alcuni fattori osteogenici, come per esempio la BMP (Bone
Morphogenic Protein).
Quest’effetto si esplica nelle condizioni di pseudoartrosi per diretta
conseguenza della frammentazione di tessuti ossei inerti, che
non possono essere eliminati dai normali emuntori dell'organismo.
Non ha senso trattare con O.U. patologie a carenza di massa ossea
su base metabolica come, per esempio, l'osteoporosi.
Le pseudoartrosi settiche sono generalmente escluse dal
trattamento, sia per gli scarsi risultati ottenuti, sia il rischio (più
teorico che reale) di riattivazione dell'infezione.
238
29/04/2016
La pseudoartrosi della clavicola richiede molte precauzioni, in
quanto può essere trattata solo con apparecchiature a puntamento
preciso e con fuoco molto piccolo, per evitare lesioni agli apici
polmonari.
In ogni seduta è trattata una zona diversa della pseudoartrosi,
ma almeno i 2/3 del focolaio devono essere trattati entro i primi
7-10 giorni. È preferibile completare il primo trattamento nell'arco
di 2 sett., per favorire l'evoluzione uniforme del processo di
guarigione.
È necessario un intervallo di almeno 3-4 giorni tra un'applicazione
e l'altra; infatti, oltre al dolore, nella zona trattata si forma un
piccolo ematoma periostale e sottocutaneo, che si deve riassorbire.
L’EDF consigliata è elevata, con valori di 0,3-1 mJ/mm2.
Le strutture ossee superficiali e/o di dimensioni contenute possono
essere trattate con EDF <0,5 mJ/mm2.
Le strutture più profonde o con margini sclerotici del focolaio
necessitano di energia maggiore, di 0,5-1 mJ/mm2.
Il numero di colpi per seduta varia da 1000 per i piccoli segmenti
scheletrici, a 3000-6000 per i grandi segmenti scheletrici
(secondo il tipo di generatore).
L'arto va poi protetto con un apparecchio di immobilizzazione.
Dopo 30-60 giorni si esegue un controllo RX.
Se la consolidazione appare ben avviata, l’ESWT si può dire conclusa.
Altrimenti, si procede con un secondo trattamento, uguale al
primo
239
29/04/2016
Il terzo trattamento ha senso solo se al secondo trattamento c'è
stata una risposta positiva, cioè una callificazione almeno parziale;
sono trattate allora solo le aree non consolidate.
Questa terapia richiede molta attenzione; la presenza di placche
e viti, per esempio, necessita di un preciso puntamento, perché i
mezzi metallici non devono essere investiti dalle O.U.
Nelle pseudoartrosi, oltre alle infezioni, sono ritenute controindicate :
la stretta vicinanza di cartilagini di accrescimento alla zona di
pseudoartrosi;
la presenza di mezzi metallici nel focolaio stesso, non evitabili
col puntamento selettivo;
tutte le forme neoplastiche.
2° ambito d’intervento
Nel caso di esiti fibrotici e/o calcifici delle lesioni muscolari,
quali distrazioni e lesioni da schiacciamento o da taglio.
In tutte quelle situazioni in cui si verifica un versamento ematico
è facile la formazione di raccolte intramuscolari che possono
organizzarsi e risolversi con un residuo cicatriziale e/o calcifico di
difficile trattamento.
Analoghe evoluzioni patologiche possono verificarsi anche in
caso di interventi chirurgici e in particolare di re-interventi.
Queste manifestazioni possono verificarsi anche in assenza di
lesioni dirette, ma in associazione a patologie neurologiche e in
particolare nei comi.
In questi casi ad essere maggiormente colpite sono le formazioni
para-articolari dell’anca e del gomito.
240
29/04/2016
3° ambito d’intervento (patologie tendinee)
Nelle patologie da sovraccarico, in particolare nelle tendinopatie
croniche ribelli ad altre terapie, con una chiara e circoscritta
localizzazione anatomo-funzionale:
• nelle epicondiliti
• nelle sofferenze del tendine d'Achille
• nella tendinopatia calcifica di spalla
• nelle fasciti plantari associate o meno a spina calcaneare.
Superata la concezione dell’effetto fisico delle onde d’urto di
frammentazione dei calcoli, grazie all’evidenza di un’azione
neovasculogenetica e di stimolazione dell’attività cellulare.
Buoni risultati sono stati ottenuti anche nella stimolazione della
vascolarizzazione in particolari patologie dell’osso quali la necrosi
asettica della testa del femore e dell’omero o nelle sindromi
algodistrofiche.
241
29/04/2016
242
29/04/2016
Tendinopatia calcifica
La calcificazione presenta tre stadi successivi (Uhthoff e Loehr, 1997):
• Precalcifico: metaplasia fibrocartilaginea.
• Calcifico: si presenta inizialmente di consistenza simile al
gesso (fase formativa), poi è progressivamente contornata da
tessuto fibroso (fase di stato). Infine (fase di riassorbimento)
diviene di consistenza gelatinosa, con iperemia e
neoangiogenesi.
• Postcalcifico, è sostituita da un tessuto di granulazione.
Talvolta la calcificazione, giunta nella fase di stato, entra in uno stato di
quiescenza per cui, in assenza di stimoli, non tende al riassorbimento.
La t.c. si esprime con dolore e limitazione funzionale, molto evidenti
nella fase del riassorbimento. Il trattamento di queste patologie
inserzionali ha spesso risultati spettacolari. Varie casistiche descrivono
la scomparsa della calcificazione in percentuale variabile dal 47%
al 73%.
243
29/04/2016
Le calcificazioni secondarie a fenomeni infiammatori e degenerativi,
non si presentano da un punto di vista anatomo-patologico in
maniera stabile e definita. Non sono sempre della medesima
consistenza: a volte appaiono di consistenza dura, altre volte,
francamente molle; l'impedenza acustica è dunque assai diversa.
I risultati migliori s’ottengono nelle calcificazioni in fase di stato,
con presenza di cono d'ombra posteriore all'esame ecografico
(tipo I o II, secondo Gàrtner, 1995).
Nella fase del riassorbimento, in cui la calcificazione si presenta come
materiale similgelatinoso (tipo III, secondo Gàrtner), potrebbe essere
indicato un trattamento percutaneo ecoguidato (agoaspirazione).
Radiologicamente calcificazione è classificata in tre tipi secondo
Gàrtner:
• tipo I: deposito denso e a margini ben definiti
• tipo III: nubecolare, a margini non ben definiti.
• tipo II intermedio tra i due tipi precedenti.
244
29/04/2016
Il trattamento delle patologie calcifiche molto raramente richiede
l’anestesia locale.
Generalmente, il dimezzamento della frequenza (2 Hz) consente
al paziente di tollerare il trattamento.
Per la terapia delle tendinopatie calcifiche della spalla e del calcagno
è indicato un ciclo di 3 sedute a cadenza settimanale, con ED media
o bassa.
Tendinopatia non calcifica
Periartrite scapolo-omerale, epicondiliti e epitrocleiti, sindrome
retto-adduttoria, entesopatia trocanterica, tendinopatia rotulea,
tendinopatia inserzionale dell'achilleo, fascite plantare.
In queste patologie gli effetti iperemizzante, antiflogistico e analgesico
delle O.U. trovano la massima espressione. I valori di EDF sono più
bassi di quelli usati nelle patologie calcifiche, non essendo necessario
l'effetto dirompente.
Nelle fasi acute della malattia s’impiegano ED molto basse; nelle
fasi croniche si utilizzano energie progressivamente maggiori.
La frequenza tra 1 e 4 Hz. La cadenza delle sedute è generalmente
di 1 o 2 la settimana, per un totale di 3 o 4 applicazioni; dopo un
mese si può ripetere il trattamento.
Queste patologie rispondono bene sia alla tecnica focalizzata, sia
alla tecnica spazzolata.
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Altre applicazioni
I risultati positivi nel trattamento dei tessuti tendinei hanno indotto
l’uso dell’ESWT anche nel trattamento delle fibrotizzazioni delle
fasce e dei tendini come nel caso delle rigidità postraumatiche o
nel morbo di Dupuytren.
In andrologia si sono ottenuti buoni risultati nel trattamento dell’
Induratio Penis Plastica (Morbo di La Peyronie).
In odontoiatria è stata proposta nell’implantologia.
In veterinaria: patologie tendinee come nel trattamento umano.
In chirurgia plastica: trattamento delle ulcere cutanee; si usano
le sonde defocalizzate atte ad una azione superficiale diffusa.
in cardiologia: proposta la stimolazione delle zone cicatriziali o
sofferenti del muscolo cardiaco dopo infarto miocardio attraverso
una specifica focalizzazione dell’onda d’urto.
Si sta sviluppando un ulteriore ambito di ricerca riferito alla
stimolazione della crescita nelle cellule staminali.
Cautele
L’ESWT ha delle nette controindicazioni nel caso di infezioni ossee,
sulle cartilagini di accrescimento e nei disordini della coagulazione.
Inoltre vi sono delle controindicazioni relative come nel caso di
tumori ossei, in caso di gravidanza e nei portatori di pace-maker.
Altra controindicazione relativa è rappresentata da infiltrazioni
cortisoniche recenti, poiché queste possono alterare la risposta
dei tessuti e ridurre significativamente l’effetto biologico cellulare
conseguente alla terapia.
Particolare attenzione deve essere posta ai possibili effetti
indesiderati sui tessuti nervosi e vascolari, che possono venire
danneggiati dal trattamento stesso.
La ESWT non deve essere quindi utilizzata a livello della colonna
vertebrale, del cranio e del torace.
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Dolorosità
L’ESWT può risultare dolorosa e quindi spiacevole per il paziente,
perché può la porzione superficiale dell’osso.
La regione periostale è particolarmente ricca di recettori e sensibile
alla stimolazione pressoria.
Questa sollecitazione è inevitabile quando si tratta una sede tendinea
molto prossima ai capi ossei o al passaggio osteo-tendineo.
Il dolore suscitato per ogni O.U. è legato al numero di recettori
stimolati e quindi all’ampiezza della zona trattata, ma soprattutto
alla quantità di energia somministrata, più che alla semplice densità
di flusso di energia somministrata.
Per questo alcune apparecchiature risultano più dolorose altre
meno.
Nella maggior parte dei casi la sensazione dolorosa è ben tollerata.
Solo raramente si ricorre a un’anestesia locale.
Quando si tratta l’osso è inevitabile colpire direttamente la zona
corticale tra l’altro a una intensità elevata.
Il dolore provocato è significativo tanto che in questi casi è
opportuno utilizzare una blanda forma di anestesia con una
sedazione del paziente, anche perché l’anestesia locale non
risulta congrua.
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Onde d'urto radiali (RSWT)
La RSWT è una tecnica recente (2000).
Le O.U. radiali sono generate balisticamente da un sistema
pneumatico che accelera ad alta velocità un proiettile verso una
testina di emissione, trasformando l’energia cinetica in impulsi
pressori.
A differenza delle O.U. focalizzate, il fuoco è localizzato sulla
testina di emissione e le O.U. sono diffuse sulla zona bersaglio in
maniera radiale (sferica), con rapida dispersione della pressione e
ampio volume di trattamento.
Le O.U. radiali sono in grado di sviluppare densità di energia
medio-basse.
Il razionale dell'utilizzo delle onde della RSWT nelle patologie
inserzionali tendinee, nei trigger points e nei punti dell'agopuntura,
si basa sul fatto che la maggior parte degli studi in letteratura
utilizzano densità di energia medio-basse per il trattamento dei
tessuti molli.
Inoltre, è stato segnalato che le alte densità d'energia possono
provocare danni ai tendini e ai tessuti molli in generale.
Alcuni tipi di generatori di ESWT consentono un'estrema modulabilità
dell'energia e sono dotati di un sistema di puntamento ecografico
"in line"; questi dispositivi si discostano nettamente per
prestazioni dalle tipiche O.U. radiali.
I tipici apparecchi per RSWT utilizzano ED medio-basse (<0,3
mJ/mm2) e pressioni 1-4 bar (0,1-0,4 MPa); con questi valori è
possibile trattare patologie fino a circa 30-35 mm.
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Il manipolo erogatore è posizionato sulla cute a livello della regione
corporea da trattare, con interposizione di gel conduttore o di un
interfaccia protettiva. Le testine di emissione sono di diverso Ø,
in genere 6-8-10-15 mm Ø.
Vi sono due modalità di erogazione: a singoli impulsi e "continua",
che è erogata con frequenze comprese tra 5-10 Hz.
La modalità a singoli impulsi è utilizzata nelle patologie ben
localizzate, con il manipolo erogatore fisso sul punto doloroso o
soprastante il processo patologico.
In modalità continua è possibile, invece, spostare manualmente
il manipolo erogatore, per esempio, per trattare patologie non
ben localizzate.
Generalmente sono erogati fino a 2000 colpi a seduta, per un
totale di 3-5 sedute, a cadenza settimanale o bisettimanale.
L'anestesia locale di regola non è necessaria.
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Indicazioni della RSWT
Tendinopatie inserzionali con o senza calcificazioni.
Sindromi dolorose miofasciali con presenza di punti dolorosi
(trigger points e tender points): patologie acute e croniche
secondo i punti dell'agopuntura.
Controindicazioni ed Effetti collaterali
Sono le stesse della ESWT: ecchimosi e arrossamenti sono effetti
frequenti
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Effetti biologici della ESWT
Consenso unanime sull'esistenza di alcuni effetti micromeccanici
sulla fisiologia e biochimica cellulare.
Le O. U. sarebbero in grado di indurre deformazioni morfologiche
del citoscheletro.
L'effetto immediato non sarebbe di tipo lesivo, ma una transitoria
modifica strutturale della cellula, verosimilmente responsabile
dell'innesco, mediante la meccanotrasduzione, di reazioni biologiche
indotte.
MONOSSIDO D’AZOTO: RUOLO BIOLOGICO
Messaggero del segnale cellulare
Molecola regolatoria nel sistema cardiovascolare e nel sistema
nervoso centrale e periferico
Componente del sistema immunitario (mediatore della risposta
immunitaria a patogeni)
A differenza della maggior parte delle molecole signaling (ormoni,
citochine, neurotrasmettitori), che sono molecole organiche o
grossi peptidi, l'NO è una semplice molecola inorganica diatomica.
NO è prodotto in eccesso in una serie di stati di malattia tramite
induzione della NO-sintetasi. NO è un importante mediatore nelle
malattie infiammatorie quali asma, AR, infiammazioni viscerali,
dermatiti, uveiti.
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Un aumento della NOS si riscontra in varie forme di shock circolatorio,
incluso lo shock settico, shock emorragico, shock traumatico.
È citotossico per le cellule tumorali in vitro.
In vivo sono osservabili effetti più complessi: svolgerebbe un ruolo
importante nel controllare la crescita e la vascolarizzazione
tumorale.
I numerosi effetti del NO sulla risposta immunitaria, sulla fisiologia
vascolare incluso il flusso sanguigno e l'angiogenesi e sulla funzione
piastrinica indicano un ruolo importante nei processi di rimarginazione
delle ferite.
Se prodotto in basse concentrazioni, agisce come molecola signaling,
mentre se in maggiori quantità può reagire con O2 formando ossidi
di azoto che possono reagire con diverse molecole biologiche, spesso
con effetti dannosi.
Il monossido di azoto (NO) è un gas incolore.
La molecola presenta un elettrone spaiato (dipolo magnetico),
che conferisce al gas un comportamento paramagnetico.
È però diamagnetico allo stato solido e liquido, in quanto la
molecola dimerizza formando N2O2 (protossido d’azoto).
NO è stabile in modo inusuale per una molecola con un elettrone
dispari, ma è un forte ossidante e reagisce spontaneamente con
l‘O2 dell'aria e si trasforma in biossido di azoto (NO2).
È un ossido neutro e non una anidride.
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Onde d’urto e monossido d’azoto
Il Monossido di Azoto (Nitric Oxide o NO) è un possibile importante
mediatore dell'effetto antinfiammatorio dell’ESWT.
Il NO è prodotto nel nostro organismo per azione delle NO-sintetasi
che garantiscono quote fisiologiche indispensabili per eventi come
la regolazione del tono vasale, la trasmissione neuronale retrograda,
l'angiogenesi e le risposte immuni.
L' omeostasi del NO sarebbe legata a continue modifiche nel
contenuto di enzimi del substrato, di L-arginina e ossigeno, così
come di co-fattori (in grado di determinare lo stato d’attivazione
o meno del sistema enzimatico stesso).
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Studi in vitro
La produzione di NO può essere indotta per via diretta, cioè non
enzimatica, con applicazione di O.U. in una soluzione di H2O2 e Larginina (simile a condizioni fisiopatologiche d’infiammazione).
Così la produzione di NO sarebbe funzione del numero di colpi e
dell'energia applicata, a dimostrare un effetto dose-dipendente.
L'applicazione di O.U. su colture di cellule da cordone ombelicale
è in grado di attivare la produzione di NO mediante attivazione
dell'enzima eNOS (NO-sintasi presente a livello endoteliale),
agendo sul sistema di fosforilazione dell'enzima stesso.
Inoltre, l'applicazione di O.U. si è dimostrata in grado anche di
contrastare l'attivazione di fattori di trascrizione nucleare da
parte di citokine pro-infiammatorie.
Le O.U. a bassa energia sarebbero in grado di:
- indurre un rapido incremento di attività della NO-sintasi
neuronale (nNOS);
- indurre la produzione di NO basale in cellule in coltura;
- contrastare la ridotta attività della nNOS e la ridotta produzione
di NO indotta dall'effetto di lipopolisaccaridi (LPS), Interferone
gamma (IFN gamma) e Tumor Necrosis Factor alfa (TNF alfa),
verosimilmente inibendo l'attivazione di fattori di trascrizione
nucleare (come l'NF-kB): possibile azione antiinfiammatoria.
Dunque, uno dei meccanismi con cui le O.U. svolgerebbero un’
azione antinfiammatoria in vivo potrebbe essere legato alla
possibilità di mantenere adeguati livelli tissutali di NO, e di
inibire l'attivazione di fattori di trascrizione nucleare (come l'NFkB), indotte da citokine ed altri fattori flogogeni.
Pertanto potrebbe essere utile utilizzare le O.U. nelle fasi iniziali
di molte patologie a carattere infiammatorio.
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Altre implicazioni relative al NO prodotto con O.U.
Indurre rigenerazione tissutale, in quelle condizioni patologiche
primitive o secondarie a malattie sistemiche (es. diabete), in cui
vi siano ulcere croniche o ferite "difficili, grazie a un effetto
angiogenetico, mediato dal NO, sia in condizioni fisiologiche che
patologiche.
L'effetto facilitante sulla rigenerazione tissutale potrebbe essere
inoltre attribuito in parte anche alla azione battericida del NO,
recentemente descritta in vitro dopo applicazione di O.U. ad alta
energia.
Questi dati, uniti al riscontro della pratica clinica quotidiana,
potrebbe comportare, a breve, l'esclusione di una delle
controindicazioni al trattamento con le onde d'urto e cioè
l'infezione in corrispondenza delle sede di trattamento.
Nelle patologie tendinee infiammatorie e cronico-degenerative,
i dati più recenti indicano interessanti prospettive, non solo nei
processi di natura flogistica, ma anche per il miglioramento del
trofismo cellulare, con possibile risposta diretta dei tenociti.
I dati confermerebbero l'aumento di precursori dei tenociti a 4
sett. e di tenociti a un più avanzato grado di maturazione dopo
16 sett., associato a neovascolarizzazione, aumentata sintesi di
collagene.
Ci sarebbe anche una produzione di crosslinks, almeno nelle fasi
iniziali dei processi riparativi.
Risultati simili sono stati ottenuti anche sui fibroblasti, che
giocano un ruolo importante nel rimodellamento della matrice
extracellulare (ECM), attraverso la sintesi e la riorganizzazione di
tutte le componenti connettivali tissutali.
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In vitro, l’effetto delle O.U. su fibroblasti umani normali è
strettamente dose-dipendente, sia per la curva di sopravvivenza
cellulare, sia la risposta "trofica" specifica.
I risultati sembrano suggerire che basse energie e basso numero
di colpi siano le modalità di stimolazione ottimale, anche ai fini
dei processi riparativi tissutali.
È possibile pertanto ottenere aumento della proliferazione
cellulare, così come dell'espressione genica per il TGF-131,
collagene tipo I e III, equivalenti dell'induzione dell'attivazione e
accelerazione dei processi di riparazione tissutale.
Un effetto "metabolico" cellulare positivo è stato descritto
anche su colture di condrociti umani derivanti da cartilagini
degenerate artrosiche.
Le O.U. a livelli energetici medio-bassi non altererebbero la
vitalità cellulare, ma addirittura ridurrebbero l'espressione di
fattori "patologici" (come l'IL-10 e il TNF-alfa) coinvolti nel
catabolismo dei processi degenerativi cartilaginei, in funzione
dei livelli energetici e del numero di colpi utilizzati.
Pertanto l'azione positiva delle O.U. in quest’ambito potrebbe
essere correlata al rallentamento o riduzione dei processi
catabolici degenerativi tipici dell'artrosi.
Azione O.U di tipo biologico-cellulare: la stimolazione meccanica
(shock wave), attraverso la meccanotrasduzione determina
reazioni biologiche e cellulari, mediate da sostanze biochimiche
e fattori di crescita.
Meccanotrasduzione: meccanismo per cui le cellule convertono
stimoli di natura meccanica/fisica in risposte di tipo biochimico.
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Il tessuto meccano-sensibile per eccellenza è quello osseo, unico in
grado di riparare senza cicatrice con formazione di tessuto ex-novo.
L’uomo è sottoposto a continui fenomeni di rimodellamento osseo.
L'utilizzo delle O.U. nei ritardi di consolidazione e pseudoartrosi
è entrato ormai infatti a pieno diritto nella pratica clinica.
L'effetto osteogenetico delle O.U. si esplicherebbe a più livelli:
• stimolazione alla proliferazione delle cellule osteoblastiche;
• produzione di fattori di trascrizione nucleare e di fattori di
crescita osteogenetici;
• azione angiogenetica intratissutale;
• richiamo e differenziazione tessuto-specifica di cellule staminali;
• inibizione dell'ostoeclastogenesi, a opera di osteoblasti
stimolati con onde d'urto in vitro.
Ipertono spastico
I primi tentativi di ridurre l'ipertono spastico con O.U. furono
riportati da Lohse-Busch nella seconda metà degli anni 90.
È stata proposta la riduzione dell'ipertono spastico dell’arto sup.
in pz con esiti di ictus, con risultati stabili a distanza di 12 sett.
Il riscontro clinico immediato già dopo il 1° trattamento e l’assenza di
modificazioni neurofisiologiche inducono l’ipotesi che l'effetto delle
OU sia in primis di tipo meccanico (es. diminuzione eccitabilità
spinale per stimolazione strutture teno-muscolari), e sul lungo
termine, a un'azione trofica sulla componente fibrotica muscolare,
con modifica delle proprietà reologiche.
Effetti positivi sono riportati su pz affetti da distonia secondaria e
crampo dello scrivano rispettivamente con maggior efficacia per
il disturbo muscolare di tipo distonico (secondario a lesione dei
gangli della base).
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L’assenza di reperti EMGrafici correlati alla stimolazione con OU
indirizzerebbe verso un effetto locale meccanico sulla fibrosi e
sulle componenti intramuscolari attivate cronicamente nei
muscoli patologici.
La modifica dello stato d’eccitabilità/tensione delle strutture
intramuscolari, indotta dalla OU, però, potrebbe modulare gli
impulsi diretti dal muscolo al midollo spinale, con possibilità
pertanto di "correggere" la risposta patologica.
Recentemente le O.U. sono state utilizzate anche nel bambino per
ridurre l'ipertono spastico (piede equino spastico da paralisi
cerebrale infantile).
Il trattamento con O.U. sembrerebbe, dunque, utile non solo nei
casi in cui non sia possibile utilizzare per es. la tossina botulinica
(allergia o inefficacia), ma anche nel contesto di un percorso
riabilitativo integrato con altre soluzioni terapeutiche.
I meccanismi d'azione della EWST
Dovuti all’interazione di riflessione, trasmissione e assorbimento,
percepita dalle cellule come una stimolazione meccanica,
tradotta in reazioni biologiche (meccanotrasduzione).
La risposta cellulare è modulabile in funzione di diversi
parametri: da un aumento della permeabilità cellulare (energie
più basse), fino a lesioni del reticolo endoplasmatico e della
parete nucleare o del citoscheletro, con possibilità di rottura
cellulare completa, per livelli energetici più elevati.
Sulla base anche delle più recenti acquisizioni, sembrerebbe
pertanto più appropriato parlare di una correlazione
dose/effetto del microdanno cellulare, ove per dose è da
intendersi, non solo il livello di energia applicato, ma anche il
numero totale di colpi applicati.
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Le forze di taglio (shear stresses) prodotte dalla stimolazione con
O.U. e trasmesse al citoscheletro, inducono sicuramente delle
modificazioni di quest’ultimo, ma solo temporanee e
completamente reversibili allo stato originario nel giro di poche
ore.
Ne deriva che ai fini di un trattamento efficace con O.U., la scelta
del protocollo da applicare non è casuale, ma correlata al tipo di
funzione biologica che si vorrà evocare.
Basse/ medie energie possono essere sufficienti per un effetto
antiflogistico e antalgico.
Per le patologie ossee (specie se a livello di grossi segmenti), sarà
invece indicato applicare potenze più elevate.
Sintesi effetti biologici delle O.U.
Effetto antiflogistico, antiedemigeno e angiogenetico.
Riattivazione dei processi riparativi (osso, cute etc.).
Effetto antalgico/analgesico a breve e a lungo termine.
Riduzione dell'ipertono muscolare (da spasticità o da altra causa).
La stimolazione di tipo fisico darebbe origine a una serie di reazioni
biologiche, che si tradurrebbero principalmente nell'attivazione
della NOS endoteliale (eNOS), con conseguente produzione di
Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF).
Si attiverebbero inoltre fattori di trascrizione nucleare, per stimolare
fenomeni di neoangiogenesi a livello osseo, tendineo e cutaneo,
implementando un miglior apporto sanguigno, sarebbe alla base di
tutti i processi di "riparazione e rigenerazione" tissutale, da
intendersi pertanto nell'accezione più ampia del termine.
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