29/04/2016 Medicina Fisica e Riabilitativa A.A. 2015-2016 Prof. A. M. Previtera La terapia fisica Il termine fisioterapia (da φύσις, Natura e θεραπεία, terapia), indica etimologicamente il trattamento terapeutico tramite la Natura, cioè attraverso agenti fisici. Gli agenti fisici possono essere classificati come termici, meccanici ed elettromagnetici. Alcuni agenti fisici rientrano in più di una categoria, come acqua e ultrasuoni che possono avere effetti meccanici e termici. L’utilizzo di mezzi fisici a scopi terapeutici è uno dei rimedi più antichi a cui l’uomo è ricorso per alleviare le proprie sofferenze. 1 29/04/2016 Agenti fisici Termici Riscaldamento profondo Ultrasuoni, diatermia Riscaldamento superficiale Hot pack Raffreddamento superficiale Cold pack Meccanici Trazione, compressione Trazione meccanica, bendaggio elastico Acqua Whirlpool Onde sonore Ultrasuoni, onde d’urto Campi elettromagnetici, IR, UV, laser, magnetoterapia Correnti elettriche TENS, ionoforesi, diadinamiche, interferenziali, elettrostimolazioni Elettromagnetici Storia Il mattone caldo o l’esposizione alla luce filtrata da teli di stoffa colorata sono strategie terapeutiche presenti in antichissime culture. Ippocrate, nel V sec a.C. già usava il calore a scopo antalgico e proponeva il trittico “calore, massaggio e ginnastica” che ancora oggi costituisce la base della moderna cinesiologia. Gli antichi Romani e Greci usavano il calore e l'acqua (talassoterapia, psammoterapia, crenoterapia) a scopi salutari e per trattare vari problemi muscoloscheletrici e respiratori. 2 29/04/2016 Nell'antico Egitto e soprattutto durante la V dinastia, si ricorreva all'impiego di un pesce elettrico (Malupterus electricus, un tipo di pesce gatto) per combattere il dolore. Malapterus electricus, pesce gatto elettrico del Nilo, può superare il metro di lunghezza e i 18 kg di peso. Alcune specie sono in grado di produrre scariche di 350 V. Era ben conosciuto nell’Antico Egitto. Il pesce gatto elettrico è raffigurato in una delle più antiche iscrizioni geroglifiche egizie rinvenute, la tavoletta di Narmer (quintogenito del Re Scorpione) risalente al XXXI secolo a.C. Scribonius Largus, medico di corte dell’imperatore Claudio, in Compositiones medicamentorum, pubblicato verso il 47-48 d.C., prescriveva le scariche elettriche della torpedine nera per il trattamento della podagra, consigliando di mettere la torpedine viva sotto i piedi del paziente fin quando la gamba non fosse diventata insensibile. Caratteristica della torpedine nera, come di tutti gli appartenenti alla sua famiglia, è la presenza, sul dorso, di organi elettrici che producono scariche fino a 200 volt, con una potenza di 2000 watt 3 29/04/2016 Galeno (Pergamo, 129 – Roma, 216), medico romano, consigliava il calore ottenuto da pietre riscaldate per curare il torcicollo, la lombalgia e i reumatismi. L'ambra fu usata nel 17° secolo per produrre elettricità statica per il trattamento di malattie della pelle, infiammazioni ed emorragie. Nel 17° secolo erano utilizzate lamine d'oro per prevenire la formazione di cicatrici deturpanti da vaiolo. La luce solare era usata per la cura della tubercolosi, delle malattie ossee, dermatiti e infezioni. I bagni caldi con sale inglese (Epsom salts) erano usati per la cura degli arti gonfi e dolenti. L’esistenza degli ultrasuoni fu ipotizzata nel 1794 da Spallanzani per spiegare la capacità dei pipistrelli di evitare gli ostacoli durante i voli notturni. Il primo impiego di ultrasuoni in terapia fisica risale al 1938, quando furono usati su una donna affetta da lombosciatalgia. Questa metodica è entrata a far parte delle tecniche terapeutiche ufficiali solo nel 1949. L'inizio della terapia fisica moderna può essere fatto risalire al 1800 quando, con la scoperta del metodo per produrre artificialmente l'elettricità, ha preso il via l'elettroterapia moderna. 4 29/04/2016 Nei primi decenni dell'Ottocento, gli autori che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo dell'elettroterapia sono stati Faraday e Duchenne de Boulogne. Faraday ha scoperto il fenomeno dell'induzione elettromagnetica e la corrente faradica. Duchenne de Boulogne ha identificato i punti motori dei muscoli e ha differenziato gli effetti della corrente continua da quelli della faradica. Ha pubblicato nel 1855 un trattato di elettroterapia, che è stato un classico per molti anni. A partire dalla seconda metà dell'ottocento, l'elettroterapia ha seguito due filoni di sviluppo. Nel 1831 l’inglese Michael Faraday (1791-1867) scoprì che in un circuito elettrico si generano correnti elettriche quando esso è immerso in un campo magnetico che varia nel tempo. Questo fenomeno si chiama induzione elettromagnetica; le correnti che esso genera sono dette correnti indotte (Legge di Faraday: un campo magnetico variabile genera un campo elettrico). 5 29/04/2016 Duchenne de Boulogne (1806-1875) ha identificato i punti motori dei muscoli e ha differenziato gli effetti della corrente continua da quelli della faradica. Duchenne, inoltre, ha pubblicato nel 1855 un trattato di elettroterapia, che è stato un classico per molti anni. Il primo filone è stato quello trofico-antalgico, affermatosi all'inizio con l’impego della corrente elettrica per l'anestesia dentaria. Nel 1900, Leduc ha dimostrato che sotto l'azione della corrente continua gli ioni medicamentosi possono attraversare la barriera cutanea (ionoforesi). Nel 1929-1950, P. Bernard ha scoperto la corrente diadinamica. Nel 1950, Nemec, ha proposto la corrente interferenziale. Nel 1970, dopo gli studi realizzati da Ronald Melzack e Patrick David Wall sul gate control, è stata introdotta la TENS. 6 29/04/2016 Pierre-Denis Bernard, dentista francese, nel 1929 pubblicò «L'ionophorèse dentaire: Etude théorique, expérimentale et clinique de la pénétration des ions dans les tissus dentaires», Association typographique, 126 pagine. La scoperta delle correnti dinamiche è stata casuale. Bernard stava effettuando su un paziente una seduta di ionoforesi dentaria, quando il paziente gli fece osservare che il trattamento, differenza delle altre volte, non era fastidioso, ma addirittura aveva eliminato il dolore. Bernard si accorse che, a causa di un guasto, il generatore di corrente non erogava corrente continua, ma una corrente ondulata che poteva essere responsabile dell'effetto antalgico riferito dal paziente. Iniziò così a studiare le correnti sinusoidali a bassa frequenza, in particolare quelle da 50 e 100 Hz, che facilmente potevano essere ottenute dalla corrente alternata pubblica. Successivamente si accorse che impiegando correnti sinusoidali di 50 e 100 Hz si aveva l'annullamento dell'effetto terapeutico dopo trattamenti di pochi minuti. Per evitare questo inconveniente pensò di modulare l'intensità alla frequenza della corrente proponendo cinque tipi di correnti diadinamiche, caratterizzate da differenti combinazioni di frequenze. Nel 1950, pubblicò «La therapie diadynamique», Les Editions Naim. Paris Correnti diadinamiche 7 29/04/2016 Stéphane Leduc (01/11/1853 – 08/03/1939) biologo francese, professore all’École de Médecine de Nantes, noto per gli studi sugli effetti biologici della corrente elettrica. Esperimento di Leduc Leduc nel suo esperimento si servì di due conigli, collegati fra loro tramite due elettrodi imbevuti d’acqua. Lo scienziato pose sulla pelle del primo coniglio l'elettrodo positivo, imbevuto di solfato di stricnina, e sulla pelle del secondo l'elettrodo negativo, imbibito di cianuro di potassio. Collegati gli elettrodi ad un apparecchio di corrente continua, Leduc osservò che, erogando la corrente, entrambi i conigli morivano: il primo intossicato dalla stricnina, il secondo dal cianuro. Invertendo la polarità non si verificava alcun evento. Da tale esperimento Leduc dedusse che: 1) Gli ioni superano la barriera cutanea sotto l'impulso della corrente continua. 2) Per avere la penetrazione degli ioni è necessario che la polarità della sostanza farmacologica combaci con la polarità della corrente. Hans Nemec (Vienna, 06/07/1907 – 09/09/1981), inventore della terapia interferenziale. 8 29/04/2016 Ronald Melzac (Montreal Quebec, 19/07/1929) psicologo canadese e professore emerito alla McGill University di Montreal, Quebec. Patrick David Wall (Nottingham, 25/04/1925 – 08/08/2001 per cancro alla prostata). Neurofisiologo britannico. Il secondo filone è stato quello eccitomotorio, che ha portato alle tecniche dell'elettrostimolazione muscolare e dell'elettrodiagnosi Nel 1892, il biofisico Jacques-Arsène D'Arsonval scoprì che una corrente alternata con una frequenza ≥10 kH produce nei tessuti una sensazione di calore senza dolorose contrazioni muscolari o fatali conseguenze, al contrario di quanto avviene alle basse frequenze. I suoi studi portarono all'impiego terapeutico delle onde medie, poi abbandonate perché esponevano il paziente al rischio di ustioni. All'inizio del 900 iniziava l'impiego terapeutico delle onde lunghe, poi le onde corte (1928), le microonde (1946) e la laserterapia (1960). 9 29/04/2016 Jacques-Arsène D'Arsonval, biofisico francese. (La Porcherie, Haute-Vienne, 1851 Limoges 1940) L'impiego dei campi magnetici è iniziato nel 1970. Il termine diatermia (διὰ, attraverso, e θέρμη, caldo), fu introdotto nel 1907 da Karl Franz Nagelschmidt (1875/1952) per descrivere il riscaldamento nel tessuto profondo attraverso la conversione di correnti ad alta frequenza in calore. Recenti acquisizioni di questo filone, sono la corrente di Kotz, introdotta negli anni 70 e utilizzata in campo medico e sportivo per il potenziamento dei muscoli normalmente innervati e la stimolazione elettrica funzionale (FES). 10 29/04/2016 Il Dr. Yadov Kotsha è diventato famoso per aver utilizzato l’elettrostimolazione per l’allenamento degli atleti dell’URSS e i suoi studi furono resi pubblici alle Olimpiadi di Montreal del 1976. La corrente utilizzata per la stimolazione degli atleti venne chiamata corrente russa (o di Kotz) e cominciò ad essere utilizzata dagli atleti di altri paesi per divenire uno dei mezzi dell’allenamento sportivo. Kotz definì le caratteristiche della corrente che porta il suo nome: • forma di corrente: sinusoidale; • frequenza di 2500 Hz quando applicate al muscolo (1000 Hz se applicate direttamente al nervo); • erogazione per 10 s con treni di impulsi della durata di 10 ms seguiti da 10 ms di pausa, alternata a 50 s di pausa, per evitare l’affaticamento precoce del muscolo, che compare dopo circa 12/15 s di stimolazione continua, (Duty Cycle di 1:5). Rispetto alle correnti eccitomotorie a bassa frequenza, questa corrente assicurava un maggior reclutamento muscolare, un’azione in profondità e una maggiore tollerabilità. Terapia Fisica e EBM Ancora oggi, a differenza di altre branche della Medicina, le terapie fisiche non rispondono pienamente ai criteri della moderna Medicina Basata sulle Evidenze (EBM). Esiste una carenza di letteratura scientifica che produca dati incontrovertibili sull’efficacia di molte tecniche fisioterapiche. La carenza di letteratura EBM in questo campo non deve essere interpretata come prova d’inutilità terapeutica, ma piuttosto deve essere correlata a vari fattori. 11 29/04/2016 • La difficoltà di lavorare in cieco, perché fisioterapista e paziente sanno bene cosa stanno adoperando. • La variabilità dello stadio clinico delle patologie, che rende difficile selezionare campioni di pazienti omogenei. • I pazienti sono solitamente trattati con una politerapia fisica, che non consente di isolare gli effetti specifici di una singola terapia. • La difficoltà a eseguire fοllow up in tempi utili per la ridotta compliance dei pazienti. • La difficoltà nel reperire finanziamenti per la ricerca, problema generale, aggravato dal fatto che il ritorno economico della ricerca per le aziende che producono apparecchiature per le terapie fisiche è modesto. Spesso, le indicazioni delle terapie fisiche si basano su esperienze empiriche e i meccanismi d’azione con i quali si giustificano i risultati terapeutici sono spesso ipotetici e non dimostrati rigorosamente. Tuttavia, la pratica clinica ha accreditato l’efficacia di molte tecniche fisioterapiche, quando le indicazioni sono corrette. A fronte di effetti terapeutici a volte assenti o incostanti, la terapia fisica può presentare effetti collaterali anche molto gravi. È indispensabile che gli operatori del settore abbiano una conoscenza approfondita delle indicazioni e soprattutto delle controindicazioni. 12 29/04/2016 Omeostasi e stimolo energetico Ogni substrato biologico tende a mantenere una condizione di omeostasi, caratteristica degli organismi viventi rappresentante lo stato di stabilità interna che deve mantenersi anche al variare delle condizioni esterne attraverso meccanismi autoregolatori. Il sistema omeostatico si basa su 3 componenti che sono in relazione con un meccanismo a feedback: Recettore, che percepisce le condizioni esterne e interne. Centro di controllo, integratore, che decide cosa fare, dopo aver confrontato la condizione rilevata dal recettore con quella ottimale. Effettore, che esegue ciò che è ordinato dall'integratore. Feedback negativo: dopo uno stimolo destabilizzante, la risposta dell'organismo, contraria allo stimolo, tende a ripristinare il sistema. Feedback positivo: l'organismo risponde rinforzando l'azione dello stimolo iniziale. Ciò destabilizza il sistema sino a quando un evento esterno al circuito a feedback arresta la risposta dell'organismo. Uno stimolo energetico efficace deve avere un'intensità tale da superare la soglia d'equilibrio del substrato. Lo stimolo deve essere, perciò, sopraliminale, ma contenuto entro certi limiti, per evitare la distruzione del substrato. 13 29/04/2016 In alcuni casi, anche uno stimolo subliminale può diventare efficace se protratto per un periodo sufficientemente lungo. È importante regolare il rapporto tra intensità e durata dello stimolo. Tutti i substrati biologici tendono ad adeguarsi, entro un certo tempo, a stimoli ripetuti con frequenza. Quindi lo stimolo deve avere una curva d'impatto sul substrato abbastanza rapida da evitare l'assuefazione. La risposta fisiologica riflessa si può avere solo se il supporto biologico, i circuiti afferente ed efferente sono integri e la reattività del substrato è adeguata. Se una situazione patologica impedisce la percezione dello stimolo o la trasmissione della risposta, non si avrà effetto terapeutico. È il caso della somministrazione di calore in una zona di anestesia cutanea per lesione di un nervo periferico o di un danno midollare, che impedisce un'adeguata risposta neurovegetativa. In queste condizioni, la somministrazione d'energia non avrà effetti terapeutici e potrà anche danneggiare ulteriormente il substrato. Non esiste uno standard reattivo proporzionale. Si riscontra sia una variabilità individuale della recettività e delle risposte, sia una variabilità del grado di danno patologico, che ha una propria dinamica evolutiva dall'esordio alla conclusione. 14 29/04/2016 Vari fattori rendono aleatorio lo standard reattivo: • temperatura del recettore; • soglia sensitiva individuale; • tono vegetativo; • livello metabolico; • microclima del distretto cutaneo; • condizione patologica del substrato, per es. stato flogistico. Le tecniche eccito-metaboliche possono determinare un'esaltazione sintomatologica nella prima fase del trattamento, detta crisi reattiva che di solito si risolve dopo alcune sedute. Talvolta la crisi reattiva è così intensa che è necessario interrompere il trattamento. Stimolo soglia 15 29/04/2016 Le basi fisiche Le terapie fisiche si basano sul trasferimento d’energia tra strumento e substrato biologico. Qualsiasi interazione tra due corpi (sistemi atomici, stellari o macchina/substrato) è riconducibile a 4 interazioni fondamentali: nucleare debole, nucleare forte, elettromagnetica e gravitazionale. Interazione Gravitazionale Teoria attuale Relatività generale (GR) Nucleare debole Teoria elettrodebole Mediatori Magnitudo relativa Raggio d'azione Gravitone (?) 1 ∞ Bosoni W e Z 1025 10-18 Elettromagnetica Elettrodinamica quantistica Fotone (QED) 1036 ∞ Nucleare Forte Cromodinamica quantistica Gluone (QCD) 1038 1,4 x 10-15 16 29/04/2016 Le interazioni nucleari riguardano i sistemi subatomici ed esulano dal nostro interesse, mentre le interazioni elettromagnetica e gravitazionale riguardano il mondo percepibile dai nostri sensi. La principale responsabile dei trasferimenti energetici utilizzati in fisioterapia è l'interazione elettromagnetica (EM). L'interazione EM dovuta a onde EM (OEM) è ovvia, mentre è meno intuitiva è la discendenza EM delle interazioni dovute a energia termica o meccanica. L'energia termica e meccanica rientrano in interazioni EM, perché si esercitano e si propagano tramite l'azione reciproca di atomi e molecole che interagiscono attraverso forze EM. Gli atomi sono costituiti da un nucleo (protoni e neutroni) e da elettroni orbitanti. I protoni e gli elettroni hanno cariche opposte, per cui gli atomi sono elettricamente neutri. La forza EM residua permette ai vari atomi di legarsi insieme per formare le molecole e le strutture più complesse: tutta la catena della chimica e della biologia ha alla base l'interazione EM. Gran parte delle forze che sperimentiamo ogni giorno, come il sostegno del pavimento o l'attrito, deriva dalle forze EM che si oppongono allo spostamento degli atomi o degli gli elettroni dalla loro posizione di equilibrio in un materiale. 17 29/04/2016 Onde Un’onda è una perturbazione che si propaga nello spazio trasportando energia e non materia. Il concetto che un'onda trasporti energia non è sempre intuitivo. Per averne un'idea basta pensare alla luce del sole che fornisce l'energia e rende possibile la vita sulla Terra o alle onde sonore che possono rompere i vetri di una finestra o causare danni al nostro orecchio. Le onde meccaniche o elastiche si generano in un mezzo che per deformazione è in grado di produrre forze elastiche di ritorno. Queste onde possono viaggiare attraverso il mezzo e trasferire energia da un punto all’altro, senza un trasporto di massa: ogni punto oscilla attorno a una posizione fissa. Le OEM, e a livello teorico le onde gravitazionali, possono propagarsi nel vuoto. Il suono Il suono è un’onda meccanica che si propaga attraverso gas (per es. aria), liquidi o solidi e che può essere percepita dall’apparato uditivo. Le onde sonore sono longitudinali e non si propagano nel vuoto. Quando un'onda sonora incontra un mezzo diverso da quello che sta attraversando può essere riflessa o assorbita. La riflessione dipende all'impedenza acustica specifica dei due mezzi e avviene con un angolo di riflessione uguale a quello di incidenza. Nel caso di assorbimento, se l'onda raggiunge la superficie del nuovo mezzo ortogonalmente, la trasmissione avviene in linea retta, altrimenti si ha la rifrazione. La frequenza influenza l'assorbimento delle onde sonore. Le onde a frequenza maggiore sono assorbite prima. 18 29/04/2016 La velocità del suono nell’aria è di 331,5 m/s a 0°C (pari a 1 193,4 km/h) e di 343 m/s a 20°C In generale, la velocità del suono varia secondo la relazione: 331,4 + 0,62·T [misurata in °C]. Le onde sonore in base agli effetti provocati sull'orecchio umano e in base alla frequenza sono suddivise in: • Infrasuoni: frequenza > 20 Hz, non percepibile dall'o-recchio umano; • Suoni udibili: frequenza compresa tra 20 Hz e 20 KHz. • Ultrasuoni: frequenza superiore ai 20 KHz. In ambito fisioterapico sono usati di solito ultrasuoni con frequenze di 1 o 3 MHz. Mezzo Aria Acqua Ghiaccio Vetro Acciaio Piombo Titanio PVC (morbido) PVC (duro) Calcestruzzo Faggio Granito Peridotite Sabbia (asciutta) Velocità (m/s) 343 1 480 3 200 5 300 5 200 1 200 4 950 80 1 700 3 100 3 300 6 200 7 700 10-300 Velocità del suono a 20° C e 1 atm 19 29/04/2016 La pressione sonora l'ampiezza dell'onda di pressione e nel SI si misura in pascal (Pa). Si definisce livello di pressione sonora (Sound Pressure Level, SPL) o livello sonoro (Lp) la misura logaritmica della pressione sonora efficace di un'onda meccanica rispetto a una sorgente sonora di riferimento. La pressione sonora di riferimento, p0, è rappresenta dalla soglia uditiva a 1000 Hz in aria e corrisponde a 20 µPa. 𝑆𝑃𝐿 = 10 ∙ 𝑙𝑜𝑔10 𝑝2 𝑝02 = 20 ∙ 𝑙𝑜𝑔10 𝑝 𝑝0 . In genere il SPL si misura in decibel sonori (dB SPL). Il bel (B), è un'unità di misura relativa, con la quale una grandezza fisica è paragonata a un valore di riferimento su scala logaritmica. È spesso usato nel campo dell'acustica (potenza di un suono) o delle radiazioni elettromagnetiche (in particolare per indicare il guadagno o la perdita di un segnale radio). È usato per esprimere il rapporto tra due grandezze omogenee sotto forma di logaritmo decimale. B = 𝒍𝒐𝒈 𝑵𝟏 𝑵𝟐 . Poiché il Bel rappresenta un valore piuttosto grande, in pratica si usa il suo sottomultiplo decibel, il decimo di bel. Se vogliamo esprimere la precedente relazione in decibel, invece che in Bel, dovremo moltiplicarla per 10, quindi dB = 𝟏𝟎 𝒍𝒐𝒈 𝑵𝟏 𝑵𝟐 . 20 29/04/2016 𝑵𝟏 Se 𝑵𝟐 = 1000, il log di 1000 è 3, quindi avremmo che N1 è 3 B o 30 dB più grande di N2. Si osservino le seguenti relazioni: - 3 dB = 100,3 = 1,995 ≈ circa 2; - 6 dB = 100,6 = 3,981 ≈ circa 4; - 9 dB = 100,9 = 7,943 ≈ circa 8; - 12 dB = 101,2 = 15,848 ≈ circa 16; - 15 dB = 101,5 = 31,622 ≈ circa 32. Emerge chiaramente che, per ogni variazione di 3 decibel, la grandezza misurata raddoppia. Nel caso della pressione sonora, però il SLP è il logaritmo decimale del rapporto tra il quadrato della pressione sonora e il quadrato della pressione di riferimento. Consideriamo il seguente esempio. Sia p = 10 e p0 = 5: il valore p è il doppio del valore di riferimento. Se non ci fossero i quadrati da considerare, avremmo che il rapporto sarebbe 2, il logaritmo decimale di 2 è 0,3, cioè p sarebbe maggiore di p0 di 3 dB. Ma poiché 𝟏𝟎𝟐 𝟓𝟐 = 𝟏𝟎𝟎 𝟐𝟓 = 𝟒, il log di 4 = 0,60206, quindi 6 dB. In conclusione, mentre nell'uso ordinario la grandezza misurata raddoppia ogni 3 dB, in ambito acustico la pressione sonora raddoppia (o si dimezza) ogni 6 dB. Questo concetto è importante per valutare le pressioni sviluppate attraverso le apparecchiature per onde d’urto. 21 29/04/2016 Onde elettromagnetiche (OEM) Le OEM sono prodotte da particelle cariche in moto accelerato e consistono in un fenomeno ondulatorio dovuto alla contemporanea propagazione di perturbazioni periodiche di un campo elettrico [E] e di un campo magnetico [H], oscillanti in piani tra di loro ortogonali. Le OEM, dunque, sono onde di campi, non spostano sostanze materiali e si propagano nel vuoto perpendicolarmente al piano identificato dalle direzioni delle due oscillazioni del campo elettrico e del campo magnetico alla velocità costante [c] di 299 792 458 m/s 1 079 252 848,8 km/h Campo elettrico Come per il campo gravitazionale, si dice che una carica elettrica genera attorno a sé un campo elettrico, in quanto modifica le proprietà dello spazio circostante in modo che una qualunque altra carica posta nelle vicinanze è sollecitata da una forza di natura elettrica. Il campo elettrico è dunque una regione dello spazio nella quale la carica elettrica esercita una forza proporzionale alla carica stessa. Il campo elettrico è un campo vettoriale, perché caratterizzato da una forza, quella elettrica, ed è conservativo. Per descrivere il CE si utilizza il vettore campo elettrico E, che si misura in V/m e che rappresenta la forza elettrica che agisce sull’ unità di carica. 22 29/04/2016 Campo elettrico. Le linee di forza nelle cariche positive sono uscenti e nelle cariche negative sono entranti. Campo magnetico Il CM è il campo di forza prodotto da un magnete, da una corrente elettrica o da un campo elettrico variabile nel tempo. Con campo magnetico s'intende anche la grandezza fisica (H), che indica la forza che agisce nel campo su un polo magnetico e si misura in A/m (intensità del campo magnetico). Per indicare un campo magnetico si utilizza un'altra grandezza, l'induzione magnetica (B) o densità di flusso magnetico. Il vettore d'induzione magnetica (B) si misura in tesla (T), nel SI, o in gauss (G), nel sistema CGS. 1 T = 10 000 G e 1 G = 100 µT. Il campo d'induzione magnetica B è un campo solenoidale. La sorgente del maggior CM ambientale è la Terra stessa, che è un grosso magnete orientato lungo l'asse di rotazione e che dà un campo magnetico B dell'ordine di 30 - 50 µT. Questo campo è presente ovunque. 23 29/04/2016 Campo d’induzione magnetica: solenoidale, linee di forza chiuse Linee di campo magnetico di un magnete permanente (a), bobina cilindrica (b), elettromagnete con nucleo di ferro (c), conduttore rettilineo da corrente (d), conduttore ad anello percorso da corrente (e). 24 29/04/2016 Campo magnetico terreste in nanotesla 25 29/04/2016 Radioricevitore stereofonico Ferro da stiro Intensità del campo elettrico (V/m) 180 120 Frigorifero Frullatore Tostapane Asciugacapelli TV a colori Macchina da caffè elettrica Aspirapolvere Forno elettrico 120 100 80 80 60 60 50 8 Apparecchio elettrico Lampadina 5 26 29/04/2016 Apparecchio elettrico Asciugacapelli Rasoio elettrico Aspirapolvere Lampada a fluorescenza Forno a microonde Radio portatile Forno elettrico Lavatrice Ferro da stiro Lavastoviglie Computer Frigorifero TV a colori A 3 cm di distanza (µT) 6 – 2000 15 – 1500 200 – 800 40 – 400 73 – 200 16 – 56 1 – 50 0,8 – 50 8 – 30 3,5 – 20 0,5 – 30 0,5 – 1,7 2,5 - 50 A 30 cm di distanza (µT) 0,01 – 7 0,08 – 9 2 – 20 0,5 – 2 4–8 1 0,15 – 0,5 0,15 – 3 0,12 – 0,3 0,6 – 3 < 0,01 0,01 – 0,25 0,04 – 2 A 1 m di distanza (µT) 0,01 – 0,03 0,01 – 0,03 0,13 – 2 0,02 – 0,25 0,25 – 0,6 < 0,01 0,01 – 0,04 0,01 – 0,15 0,01 – 0,03 0,07 – 0,3 <0,01 0,01 – 0,15 Campo elettromagnetico Se un corpo carico d’elettricità è in quiete rispetto al sistema di riferimento, si genera un campo elettrostatico (CE stazionario) con intensità e verso indipendenti dal tempo. Se un corpo carico d’elettricità si muove in linea retta con velocità costante, si genera un campo magnetostatico (CM stazionario) con intensità e verso indipendenti dal tempo. Se un corpo carico d’elettricità si muove di moto accelerato, nel sistema di riferimento si genera un campo elettromagnetico (CEM). Il CEM è costituito da un CE e da un CM variabili nel tempo e perpendicolari tra loro, che si propagano nello spazio con la velocità della luce trasportando energia elettromagnetica. 27 29/04/2016 Ipotizziamo una carico immobile che genera una forza elettrica nello spazio circostante (CE) che diminuisce col quadrato della distanza. Se la carica oscilla, il CE nei punti circostanti sarà perturbato a causa dello spostamento della carica durante la sua oscillazione. Ma una variazione di CE genera un CM e una variazione di CM genera un CE. Le oscillazioni del CE e del CM si propagano dalla carica generando OEM. Una seconda carica, fermo a una certa distanza dalla prima, comincerà a oscillare non appena sarà investita dall’OEM. Anche il CE della seconda carica sarà perturbato e genererà un CM, consentendo la propagazione dell‘OEM in direzione ortogonale a quella d’oscillazione. Poiché gli e- sono le cariche più leggere, pesando 1836 volte meno dei protoni, sono le cariche che sono accelerate più facilmente, producendo così tutta la radiazione EM. Se l'e- si muove di moto uniforme, si “trascina” dietro il proprio CE (e CM) e NON emette OEM, ma se subisce una variazione di velocità, il CEM inizia a oscillare e prosegue sotto forma d’onda. L’OEM dipende dall'accelerazione e NON dalla velocità dell'e-. L'intensità dell'interazione EM diminuisce col quadrato della distanza tra le particelle interagenti. Area = 𝟒𝝅𝒓𝟐 𝟒 Volume = 𝝅𝒓𝟑 𝟑 28 29/04/2016 Questo meccanismo può giustificare la trasmissione delle OEM nella materia, ma nel vuoto, dove non ci sono più e- che oscillano? Per giustificare la trasmissione delle OEM nel vuoto occorre fare ricorso alla quantizzazione dell’OEM in fotoni, che avendo massa nulla possono propagarsi su distanze enormi, anche per l'intero universo! Quindi, il raggio d'azione dell'interazione EM è infinito. Nel vuoto la velocità di propagazione delle OEM è costante e indipendente dalla velocità della sorgente, dalla direzione di propagazione e dalla velocità dell'osservatore. Nei mezzi materiali, invece, la velocità delle OEM è inferiore rispetto a quella nel vuoto ed è ridotta di un fattore, detto indice di rifrazione [n], che dipende dalle caratteristiche del materiale e dalla λ della 𝒄 radiazione: 𝝂 = 𝒏. Se ci troviamo vicini alla sorgente, sentiremo l’influenza dei CE e CM. Poiché il corpo umano risente poco dei campi magnetici, in pratica vicino alla sorgente sentiremo solo gli effetti del CE. Se ci troviamo lontano dalla sorgente, il CE si riduce al punto da diventare nullo, quindi ristenteremo solo dell’azione dei fotoni. Il lontano e il vicino dipende dalla lunghezza d’onda dell’OEM. Possiamo in modo semplicistico avere un’idea del «vicino» o «lontano» considerando la lunghezza d’onda. Saremo vicini alla sorgente se ci troviamo a una distanza inferiore o comunque nell’ordine della lunghezza d’onda. Saremo lontani se la distanza che ci separa dalla sorgente è superiore alla lunghezza d’onda. In pratica, basta conoscere la lunghezza d’onda di un’OEM per prevedere quale può essere l’effetto sull’uomo. 29 29/04/2016 Se, per es., ci troviamo a un metro di distanza da una sorgente che emette onde radio (con lunghezza d’onda dell’ordine di centinaia o migliaia di metri), saremo molto vicini potremo risentire del CE, ma non avremo alcun effetto radiante, anche perché i fotoni avranno un’energia minima. Se invece la sorgente emette onde con lunghezza d’onda nell’ ordine dei nanometri, a un metro di distanza dalla sorgente saremo lontanissimi e il CE sarà nullo. Quindi risentiremo solo dell’effetto radiante dovuto ai fotoni. La corrente elettrica è un flusso di cariche elettriche, ma una corrente genera un CM, tanto più intenso quanto maggiore è la corrente. Se in un filo del nostro impianto elettrico scorre una corrente, intorno al filo si crea un CM, che diminuisce allontanandosi dal filo, per cui a grande distanza il campo è in pratica nullo. Se in un filo SINGOLO scorre una corrente di 10 A (vicina al massimo che possiamo avere in un impianto domestico) questa produce a 20 cm di distanza dal filo un CM di circa 10 µT, ossia inferiore a quello terrestre. Il CM è ulteriormente ridotto perché in pratica abbiamo sempre a che fare con 2 FILI: uno di ANDATA e uno di RITORNO. La stessa corrente li traversa entrambi, ma in direzioni opposte. Allora i CM generati da questi 2 fili si cancellano e lontano dai due fili il campo complessivo è ZERO. Anche in questo caso occorre intendersi su "lontano" e "vicino". 30 29/04/2016 Il termine di riferimento è la distanza fra i due fili nel cavo. Se questa per esempio è di 4 mm, allora già a 4 cm di distanza i campi sono cancellati per il 90 %. Se i 2 fili sono quelli di una linea bifilare elettrica ad alta tensione e distano fra loro 2 metri, la stessa cancellazione si avrà a 20 m di distanza dalla linea. Il CM allontanandosi da una linea elettrica diminuisce quindi per due motivi: i campi dei singoli fili decrescono; l'effetto schermante di un filo sull'altro aumenta. Quando la corrente cessa di fluire, il CM sparisce. Un qualunque apparecchio o elettrodomestico spento non genera CM. I CE e CM decrescono rapidamente quando ci sia allontana dalle cariche che li generano (le sorgenti del campo). Se però questi campi cambiano rapidamente nel tempo, danno luogo a un'OEM. La radio, la TV, i telefonini, fanno uso di frequenze elevate per produrre onde e propagare i campi a grande distanza. In un’OEM deve esistere sia il CE E che il CM H o B: la "miscela" di CE e CM entro un'onda è regolata da formule ben note. Se per un motivo qualsiasi uno dei due campi viene a mancare deve mancare anche l'altro. Non esistono quindi «onde magnetiche» isolate. 31 29/04/2016 Un'antenna è un conduttore che è percorso da una corrente alternata rapidamente variabile nel tempo. In trasmissione tale corrente è prodotta nei circuiti del trasmettitore. In ricezione è invece indotta dalle OEM che si propagano nello spazio. Se l'antenna ha una lunghezza paragonabile almeno a 1/4 della lunghezza d'onda del CEM, irradia o riceve onde con efficienza ottimale. Accorciando l'antenna l'efficienza si riduce rapidamente. I telefonini hanno lunghezze d'onda intorno ai 15 cm, pertanto le antenne hanno dimensioni dell'ordine di 3-7 cm. Nel caso di impianti elettrici, delle apparecchiature elettriche e degli elettrodotti non vi è produzione apprezzabile di OEM perché la frequenza di 50 Hz è troppo bassa. Considerando la relazione che lega la lunghezza d’onda (𝝀) e la 𝒄 frequenza (f): 𝝀 = 𝒇, dove c è la velocità della luce (299 792 458 m/s), si può calcolare che la 𝝀 corrispondete all’OEM emessa dalla corrente da strada è 5996 Km, per cui un'antenna efficiente dovrebbe essere lunga almeno 1500 km. In questo caso si hanno solo i campi da induzione diretta e il CE e il CM sono in pratica "slegati" l'uno dall'altro. Mentre è facile schermare il CE, è molto più difficile schermare il CM. 32 29/04/2016 In Italia molti edifici sono di cemento armato, per cui il CE non penetra al loro interno, ma il CM non subisce attenuazioni apprezzabili. Nel caso delle basse frequenze (rete elettrica) siamo quindi più esposti ai CM che a quelli elettrici, e appunto per questo motivo la ricerca medica si è focalizzata sui campi magnetici a bassa frequenza. Radiazioni Si definiscono radiazioni alcuni fenomeni di natura differente che hanno in comune il trasporto di energia nello spazio. Sono radiazioni la luce visibile, le onde radio, i raggi X, ecc. Quando la radiazione interferisce con la materia, cede la sua energia in varie forme, come per esempio il calore. Le radiazioni si possono classificare in corpuscolate e non corpuscolate. Le radiazioni corpuscolate sono i raggi α (atomi di elio con carica +, emessi da vari elementi radioattivi), i raggi β (elettroni accelerati), i protoni (nuclei d’idrogeno) e i neutroni. 33 29/04/2016 Le radiazioni non corpuscolate sono le OEM, costituite da fotoni. Rientrano in questa categoria i raggi infrarossi, la luce visibile, i raggi ultravioletti, i raggi X e i raggi gamma. L’energia di una radiazione può essere rappresentata come l’energia cinetica delle singole particelle o dei fotoni ed è misurata in eV. Un elettronvolt (eV) è l'energia acquistata da un e- libero quando passa attraverso una differenza di potenziale elettrico di 1 volt nel vuoto: 1 eV = 1,602 176 46 x 10-19 J (sono usati i multipli keV, MeV e GeV). Il MeV e GeV servono anche per misurare la massa delle particelle elementari, usando l'equazione di conversione tra energia e materia della relatività ristretta: E = m c2. L’e- è una particella elementare con massa pari a 9,1 x 10–28 g (0,511 MeV) e carica elettrica negativa di 1,602 10–19 Coulomb. Il protone ha una carica uguale a quello dell'e-, ma di segno opposto, e massa pari a 1,672 623 1 x 10-24 g o 938,28 MeV (1836 volte maggiore di quella dell’e-). A titolo d’esempio: l’energia di legame dell'e- al nucleo di idrogeno è di 13,6 eV, l'energia rilasciata dalla reazione deuterio-tritio è pari a 17,5 MeV, l'energia complessivamente liberata dalla fissione di 1 nucleo di 235 U è di 211 MeV. 34 29/04/2016 Radiazioni ionizzanti ed eccitanti I fotoni delle radiazioni ionizzanti (raggi alfa, raggi beta, raggi gamma, raggi X, protoni e neutroni accelerati) hanno maggiore energia e interagendo con gli atomi riescono a espellerne gli e- più esterni; il risultato è la ionizzazione degli atomi (ione positivo). Per tale motivo, sono in grado di produrre una serie di effetti fisiologici con il rischio di mutazione o cancro, che le radiazioni non ionizzanti non possono produrre direttamente, qualunque sia la loro intensità. Le radiazioni eccitanti non hanno energia sufficiente a espellere elettroni delle orbite esterne, ma provocano un aumento del livello energetico degli atomi con cui interagiscono. Rientrano in questa categoria i raggi UV e la luce visibile. La soglia tra radiazioni ionizzanti e non ionizzanti si trova nella banda dell’UV (circa 100 nm) ed è variabile secondo il tipo di atomo o molecola irradiato. Convenzionalmente si considera ionizzante una radiazione il cui fotone ha un'energia >13,6 eV, che è l'energia di legame nello stato fondamentale dell'unico elettrone dell'atomo di idrogeno. 35 29/04/2016 Spettro elettromagnetico Lo spettro elettromagnetico è l’intervallo di tutte le possibili frequenze delle OEM. Poiché la λ e la f di una radiazione sono inversamente proporzionali, minore è λ, maggiore è f e quindi l’energia (E = n×h×f, dove h è la costante di Planck e f è la frequenza dell’OEM). L’occhio umano è in grado percepire OEM con λ tra i 380 e i 780 nm (luce visibile). La massima sensibilità dell’occhio si ha attorno ai 555 nm (540 THz), in corrispondenza del colore verde. Le OEM con λ minori sono i raggi UV, i raggi X e i raggi γ, che avendo f > alla luce visibile, hanno maggiore energia. Le radiazioni IR, le microonde e le onde radio, invece, hanno λ > della luce, quindi trasportano energia inferiore. 36 29/04/2016 37 29/04/2016 Banda ISM Banda ISM (Industrial, Scientific and Medical) è il nome assegnato dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) a un insieme di porzioni dello spettro elettromagnetico riservate alle applicazioni radio non commerciali, per uso industriale, scientifico e medico. Si tratta di una banda di frequenze lasciata di libero impiego solo per le applicazioni che prevedono potenze molto limitate e utilizzate all’interno di una proprietà privata (anche se, trattandosi di OEM, è evidente la difficoltà a rispettare questa regola). L’uso di queste bande può differire da stato a stato a causa di specifiche regolamentazioni nazionali. Frequenza da 6,765 13,553 26,957 40,66 433,05 902 2,4 5,725 24 61 122 244 a Hz 6,795 13,567 27,283 40,70 434,79 928 2,500 5,875 24,25 61,5 123 246 MHz MHz MHz MHz MHz MHz GHz GHz GHz GHz GHz GHz Bande ISM definite a livello mondiale dall’ITUR (ITU Radiocommunication Sector) Le wireless LAN operano nella banda dei: 2.4 GHz (IEEE 802.11b/g e Bluetooth) 5.8 GHz (IEEE 802.11a). Anche le OEM usate in fisioterapia rientrano nelle bande ISM. 38 29/04/2016 Elettrosmog E’ chiamato elettrosmog il presunto inquinamento elettromagnetico da radiazioni non ionizzanti (RNI), prodotte per es. da emittenti radiofoniche, cavi elettrici percorsi da corrente alternata di forte intensità (elettrodotti), reti per telefonia cellulare e telefoni cellulari. L’opinione pubblica è interessata a causa di campagne promosse da comitati di cittadini, associazioni e partiti d’ispirazione ambientalista, che esprimono preoccupazione per la salute. L’esistenza di un rischio concreto per la salute è però controversa. Un effetto biologico non costituisce necessariamente un danno. Affinché il danno si verifichi è necessario che l’effetto superi la capacità di compensazione dell'organismo. La Medicina Fisica sfrutta gli effetti biologici non dannosi delle RNI. La modalità d’interazione delle REM con un sistema è influenzata soprattutto dalla frequenza della radiazione. L’accoppiamento fisico tra i CEM e gli oggetti biologici dipende dal rapporto tra la dimensione dell’organismo esposto e la λ della REM. Da un punto di vista elettrico, i tessuti biologici si comportano, secondo la f e il tipo di tessuto, come dielettrici con perdite variabili o come conduttori non sempre buoni. I tessuti biologici non possiedono proprietà magnetiche significative, quindi non interagiscono direttamente con i CM (sono pressoché “trasparenti al campo magnetico”). 39 29/04/2016 In linea di massima, gli effetti biologici acuti oggettivi sono imputabili alla densità di corrente indotta, a bassa f, e alla densità di potenza assorbita (SAR), cioè al riscaldamento dei tessuti, ad alta f. Gli effetti biologici a lungo termine, difficili da accertare, potrebbero essere sintomi più o meno soggettivi (affaticamento, irritabilità, difficoltà di concentrazione, diminuzione della libido, cefalee, insonnia, impotenza, ecc.) o, secondo alcuni, gravi condizioni come tumori e malattie degenerative. 10 mA/m2 20 Hz Valore minimo per la generazione di fosfeni (allucinazioni ottiche) Valore minimo per la stimolazione dei recettori nervosi 100 mA/m2 10 ÷ 400 Hz periferici (percezione di formicolii e sensazioni analoghe). 0,5 A/m2 10 ÷ 100 Hz Valore tipico per la stimolazione di contrazioni nella muscolatura scheletrica. 0,8 A/m2 10 ÷ 100 Hz Valore minimo per l'eccitazione di extrasistoli ventricolari. 2 A/m2 0,4 W/kg 10 ÷ 100 Hz Soglia minima di innesco della fibrillazione ventricolare con tempi di stimolazione di almeno 1 s. > 100 kHz Soglia «termica» (SAR) 40 29/04/2016 La radiazione del corpo nero Un corpo solido freddo non emette alcuna radiazione luminosa, ma se la temperatura sale, comincia a cambiare colore e diventa luminoso. Infatti, un metallo che diventa incandescente appare prima rosso, poi arancione e infine giallo-bianco abbagliante. Si definisce corpo nero un oggetto teorico che assorbe tutta la REM incidente. Perciò non riflette alcuna radiazione e, a temperatura ambiente, appare completamente nero. In verità nessun materiale assorbe tutta la radiazione incidente. La grafite, per esempio, ne assorbe il 97%. 41 29/04/2016 Tutti i corpi che hanno una temperatura > di 0° K (-273,15° C) emettono REM (radiazione termica dovuta al moto di agitazione degli atomi che lo compongono), quindi anche un corpo nero emette radiazione termica. Il corpo nero, è un corpo in perfetto equilibrio termico che, per il principio di conservazione dell’energia, irradia sotto forma di radiazione del corpo nero tutta l’energia assorbita. Non bisogna confondere la radiazione riflessa, che è assente nel corpo nero e la cui dipende dalla radiazione incidente, con la radiazione irradiata, la cui invece dipende solo dalla T del corpo nero e non dalla forma o dal materiale di cui è costituito (radiazione isotropa). Il corpo nero appare nero a temperatura ambiente perché la radiazione emessa è fuori dallo spettro visibile. Temperatura del corpo nero e λ max della radiazione termica T °C T °K λ Radiazione -270,424 2,726 1,06 mm Microonde -100 173,15 16,7 µm Infrarossi -50 223,15 12,9 µm Infrarossi 0 273,15 10,6 µm Infrarossi 20 293,15 9,9 µm Infrarossi 37 310,15 9,3 µm Infrarossi 100 373,15 7,7 µm Infrarossi 200 473,15 6,1 µm Infrarossi 300 573,15 5,0 µm Infrarossi 500 773,15 3,7 µm Infrarossi 800 1 073,15 2,7 µm Infrarossi 1 000 1 273,15 2,2 µm Infrarossi 2 000 2 273,15 1,3 µm Infrarossi 3 700 3 973,15 729 nm Luce visibile 4 000 4 273,15 678 nm Luce visibile 5 000 5 273,15 550 nm Luce visibile 6 000 6 273,15 462 nm Luce visibile 7 000 7 273,15 398 nm Luce visibile 8 000 8 273,15 350 nm UV 9 000 9 273,15 312 nm UV 10 000 10 273,15 282 nm UV 20 000 20 273,15 143 nm UV 30 000 30 273,15 96 nm UV 42 29/04/2016 Radiazione di un corpo nero con temperatura pari alla temperatura di superficie del sole (5778° K) L’effetto fotoelettrico Nel 1880 Hertz, studiando la scarica dei conduttori elettrizzati stimolata da una scintilla elettrica nelle vicinanze, si accorse che il fenomeno è più intenso se gli elettrodi sono illuminati con UV. La fisica classica non riuscì a spiegare il fenomeno fotoelettrico. Fu Albert Einstein nel 1905 spiegò il fenomeno, estendo il concetto di quanto, formulato da Planck. Non solo i fenomeni di assorbimento ed emissione di energia sono quantizzati, ma anche la radiazione elettromagnetica, in virtù del fatto di veicolare energia, esiste in qualità di quanti di energia. La luce quindi, secondo tale ipotesi, è composta da un flusso di quanti di energia, definiti da Einstein quanti di luce e successivamente fotoni. 43 29/04/2016 L’energia di un fotone è: Maggiore è la frequenza, maggiore è l’energia del fotone, quindi l’energia trasportata da un’OEM aumenta con la frequenza. Einstein capì che un singolo fotone può interagire solo con un singolo elettrone e questo può essere estratto solo se il fotone ha un'energia pari o superiore al lavoro di estrazione necessario per permettere all'elettrone di sfuggire dal fotocatodo. Il discriminante del processo di estrazione è solo la frequenza del fotone, indipendente dall'intensità della radiazione. Anche in presenza di una grande quantità di fotoni incidenti, se questi non posseggono singolarmente l'energia necessaria, sono inutilizzabili ai fini dell'estrazione. L'energia del fotone in eccesso rispetto al lavoro di estrazione è ceduta all'elettrone e si converte nella sua energia cinetica. L'energia cinetica dell'elettrone dipende solo dalla ν della OEM. Maggiore è la ν, maggiore sarà l'energia cinetica del fotoelettrone. Nel 1916 Einstein propose per il fotone anche una quantità di moto (mv) che sulla base dei risultati della Relatività corrisponde a p = h/λ = hν/c. 44 29/04/2016 Energia di ionizzazione L'energia di ionizzazione (EI1)di un atomo o di una molecola è l’E minima richiesta per allontanare un e- e portarlo a distanza infinita. Dopo una prima ionizzazione, l’atomo si trasforma in un catione, pertanto sarà più difficile sarà strappare un ulteriore e- . Quindi l’energia di seconda ionizzazione (EI2) sarà maggiore e così via. Per gli atomi, il numero delle EI è uguale a quello dei loro e- , quindi anche al loro numero atomico. L'EI1 è una proprietà periodica. Muovendosi lungo un periodo della tavola periodica da sinistra verso destra EI1 aumenta, mentre scendendo in uno stesso gruppo diminuisce. Le molecole invece tendono a dissociarsi se private di e-, quindi in genere non si può andare oltre la 1a o talvolta la 2a EI. Hydrogen Helium Lithium Beryllium Boron Carbon Nitrogen Oxygen Fluorine Neon Sodium Magnesium Aluminum Silicon Phosphorus Sulfur Chlorine Argon Potassium Calcium Scandium Titanium Vanadium Chromium Manganese Iron Cobalt Nickel Copper Zinc Gallium Germanium Arsenic Selenium Bromine Krypton Rubidium Strontium Yttrium Zirconium Niobium Molybdenum Technetium Ruthenium Rhodium Palladium Silver Cadmium Indium Tin H He Li Be B C N O F Ne Na Mg Al Si P S Cl Ar K Ca Sc Ti V Cr Mn Fe CO Ni Cu Zn Ga Ge As Se Br Kr Rb Sr Y Zr Nb Mo Tc Ru Rh Pd Ag Cd In Sn 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 E1 13,5984 24,5874 5,3917 9,3227 8,298 11,2603 14,5341 13,6181 17,4228 21,5646 5,1391 7,6462 5,9858 8,1517 10,4867 10,36 12,9676 15,7596 4,3407 6,1132 6,5615 6,8281 6,7462 6,7665 7,434 7,9024 7,881 7,6398 7,7264 9,3942 5,9993 7,8994 9,7886 9,7524 11,8138 13,9996 4,1771 5,6949 6,2171 6,6339 6,7589 7,0924 7,28 7,3605 7,4589 8,3369 7,5762 8,9938 5,7864 7,3439 E2 54,41776 75,64 18,21114 25,1548 24,3833 29,6013 35,1211 34,9708 40,96296 47,2864 15,03527 18,82855 16,34584 19,7695 23,33788 23,8136 27,62965 31,63 11,87172 12,79977 13,5755 14,618 16,4857 15,64 16,1877 17,084 18,16884 20,2924 17,96439 20,51514 15,93461 18,5892 21,19 21,591 24,35984 27,2895 11,0301 12,22 13,1 14 16,16 15,26 16,76 18,08 19,43 21,47746 16,90831 18,8703 14,6322 E3 122,4543 153,8966 37,93064 47,8878 47,44924 54,9355 62,7084 63,45 71,62 80,1437 28,44765 33,49302 30,2027 34,79 39,61 40,74 45,806 50,9131 24,75666 27,4917 29,311 30,96 33,668 30,652 33,5 35,19 36,841 39,723 30,71 34,2241 28,351 30,8204 36 36,95 40 42,89 20,52 22,99 25,04 27,13 29,54 28,47 31,06 32,93 34,83 37,48 28,03 30,5026 E5 217,7187 259,3752 64,4939 77,4735 77,41353 87,1398 97,12 98,91 109,2655 119,992 45,14181 51,4439 47,222 53,4652 59,81 60,91 67,27 73,4894 43,2672 46,709 49,16 51,2 54,8 51,3 54,9 57,38 59,4 64 45,7131 50,13 42,945 47,3 52,5 52,6 57 60,597 34,34 38,3 46,4 46 50 48 53 56 59 54,4 40,73502 E5 340,2258 392,087 97,8902 113,899 114,2428 126,21 138,4 141,27 153,825 166,767 65,0251 72,5945 67,8 75,02 82,66 84,5 91,65 99,3 65,2817 69,46 72,4 75 79,5 76,06 79,8 82,6 87 93,5 62,63 68,3 59,7 64,7 71 71,6 77 80,348 50,55 54,49 55 60 65 62 68 72 77 72,28 Antimony Tellurium Iodine Xenon Cesium Barium Lanthanum Cerium Praseodymium Neodymium Promethium Samarium Europium Gadolinium Terbium Dysprosium Holmium Erbium Thulium Ytterbium Lutetium Hafnium Tantalum Tungsten Rhenium Osmium Iridium Platinum Gold Mercury Thallium Lead Bismuth Polonium Astatine Radon Francium Radium Actinium Thorium Protactinium Uranium Neptunium Plutonium Americium Curium Berkelium Californium Einsteinium Fermium Sb 51 Te 52 I 53 Xe 54 Cs 55 Ba 56 La 57 Ce 58 Pr 59 Nd 60 Pm 61 Sm 62 Eu 63 Gd 64 Tb 65 Dy 66 Ho 67 Er 68 Tm 69 Yb 70 Lu 71 Hf 72 Ta 73 W 74 Re 75 Os 76 Ir 77 Pt 78 Au 79 Hg 80 Tl 81 Pb 82 Bi 83 Po 84 At 85 Rn 86 Fr 87 Ra 88 Ac 89 Th 90 Pa 91 U 92 Np 93 Pu 94 Am 95 Cm 96 Bk 97 Cf 98 Es 99 Fm 100 E1 8,6084 9,0096 10,4513 12,1298 3,8939 5,2117 5,5769 5,5387 5,473 5,525 5,582 5,6436 5,6704 6,1501 5,8638 5,9389 6,0215 6,1077 6,1843 6,2542 5,4259 6,8251 7,5496 7,864 7,8335 8,4382 8,967 8,9587 9,2255 10,4375 6,1082 7,4167 7,2856 8,417? 9,3 10,7485 4,0727 5,2784 5,17 6,3067 5,89 6,1941 6,2657 6,0262 5,9738 5,9915 6,1979 6,2817 6,42 6,5 E2 16,63 18,6 19,1313 20,975 23,15744 10,00383 11,059 10,85 10,55 10,72 10,9 11,07 11,25 12,09 11,52 11,67 11,8 11,93 12,05 12,176 13,9 15 16 16,1 17 17 17 18,563 20,2 18,7568 20,4283 15,03248 16,703 19 20 21 22 10,14715 11,75 11,9 E3 E5 25,3 44,2 27,96 37,41 33 42 32,123 46 35 46 35,84 49 19,1773 49,95 20,198 36,758 21,624 38,98 22,1 40,4 22,3 41,1 23,4 41,4 24,92 42,7 20,63 44 21,91 39,79 22,8 41,47 22,84 42,5 22,74 42,7 23,68 42,7 25,05 43,56 20,9594 45,25 23,3 33,33 22 33 24 35 26 38 25 40 27 39 28 41 30 44 34,2 46 29,83 50,7 31,9373 42,32 25,56 45,3 27 38 29 41 29 44 33 43 34 46 20 49 20 28,8 E5 56 58,75 66 57 62 62 61,6 65,55 57,53 60 61,69 62,66 63,23 64,76 66,46 62,08 63,93 65,1 65,42 65,58 66,8 68,38 45 48 51 54 57 55 58 61 64 68,8 56 61 51 55 59 58 62 65 Energia di ionizzazione 10,6 11,2 11,8 12 45 29/04/2016 Molecola I1 (eV) Molecole diatomiche omonucleari H2 15,42593 O2 12,0697 N2 15,581 F2 15,697 Cl2 11,481 Br2 10,517 I2 9,3074 C2 11,4 P2 10,53 H2O NH3 CH4 BH3 HF HCl HBr HI SiH4 PH3 H2S Idruri 12,621 10,070 12,61 12,026 16,03 12,744 11,68 10,386 11,00 9,869 10,457 Molecola I1 (eV) Ossidi CO CO2 NO NO2 N2O SO2 SO3 14,014 13,777 9,2642 9,586 12,889 12,349 12,80 Molecola I1 (eV) Altre molecole O3 H2O2 OH N2H4 HCN C2N2 HNO3 H2SO4 C2H2 C2H4 C2H6 C6H6 12,53 10,58 13,017 8,1 13,60 13,37 11,95 12,40 11,400 10,5138 11,52 9,24378 Alogenuri BF3 15,94 BCl3 11,64 BBr3 10,51 CF4 16,2 CCl4 11,47 NF3 12,m94 NCl3 10,1 AlF3 15,45 AlCl3 11,38 SiF4 15,24 PF3 11,38 PF5 15,54 SF4 12,0 SF6 15,32 46 29/04/2016 Interazioni tra OEM e materia Le OEM trasportano nello spazio e nel tempo l’energia prodotta da una sorgente e assomigliano alle onde del mare. La differenza è che il mare produce onde di materia (tridimensionali) anziché di pura energia come le OEM (onde piane). Quando le OEM interagiscono con la materia, si comportano come particelle e cedono l’energia sotto forma di pacchetti di energia (fotoni) pari a 𝑬 = 𝒉 × 𝝂, determinando una perturbazione dell’ energia degli atomi e delle molecole. L’energia totale di un atomo, e quindi di una molecola, è quantizzata, quindi può assumere solo determinati valori. Il campo energetico è bidimensionale nello spazio e nel tempo, ma il fotone, come qualsiasi particella di materia, diviene tridimensionale nello spazio e possiede una sola dimensione temporale. La trasformazione del continuum delle proprietà ondulatorie dell’ onda piana nel comportamento energetico discreto delle particelle fotoniche, corrisponde a una trasformata di una componente del tempo in una componente spaziale. Tale mutamento è necessario affinché la radiazione, acquisendo anch’essa la struttura di particella spazialmente tridimensionale, possa interagire con la codificazione spazio/temporale propria della materia. Le OEM propagandosi nello spazio possono incontrare materia, interagendovi con meccanismi diversi secondo il tipo e l’energia della radiazione e le caratteristiche del materiale attraversato. 47 29/04/2016 Un atomo può essere descritto come composto di un nucleo (carica +) nel quale è concentrata quasi tutta la sua massa, circondato da strati di e- (carica -) disposti in orbitali circolari o ellittici attorno al nucleo. Ogni orbitale corrisponde a un ben definito livello energetico: l’evi può ruotare senza perdere energia per irraggiamento. Il numero di e- in ogni livello energetico varia secondo l'elemento e ciascuna orbitale può contenere solo un certo numero di elettroni. In un atomo stabile, gli e- ruotano negli orbitali col raggio più piccolo possibile (stato fondamentale). Gli e- più interni sono più “legati” rispetto a quelli collocati su orbite più esterne. Gli atomi liberi di ciascun elemento allo stato di gas rarefatto emettono e assorbono OEM, in particolare luce, solo in corrispondenza di certi valori ben definiti della frequenza tipici dell’elemento. SCAMBI DI ENERGIA Gli scambi di energia dell'atomo con sistemi esterni avvengono tramite i passaggi dell'e- da un'orbita a un'altra. Il trasferimento di energia agli e- può avvenire in modi diversi, come l’urto con un altro e- esterno o con un atomo. Nell'urto uno o più e- possono acquistare energia e passare su orbite più lontane. Numero quantico principale (distanza dal nucleo): Livello 1 ……………………. 2 eLivello 2 ……………………. 8 elivello 3………………………18 elivello 4……………………… 32e- 48 29/04/2016 Per esempio, nel 2° livello quantico, l’atomo raggiunge uno stato fisico con 8 o 0 e- che gravitano in periferia. Gli elementi che hanno da 1 a 3 e- nell’ultima orbita tendono a sbarazzarsi di questi e-, mentre quelli che ne hanno da 5 a 7 etendono a incorporare e-. Gli elementi che hanno 4 e- sono chiamati semiconduttori. Così due atomi che hanno per es. 1 e 7 e- tendono a interagire con un legame ionico. Quando un e- assorbe l’energia di un fotone, salta dalla sua orbita a un’orbita più esterna (stato energetico maggiore) e l’atomo si dice eccitato. Se l’energia è notevole l’e- può essere espulso (atomo ionizzato). Per portare un e- su un'orbita più esterna (eccitazione dell’atomo), si deve spendere una specifica quantità di energia, "energia di eccitazione". Dopo un tempo medio dell'ordine di 10-8 s, l'elettrone eccitato, "salta" spontaneamente su di un'orbita di energia inferiore, ed eventualmente sull'orbita fondamentale, la più interna. La differenza di energia tra i due livelli orbitali può essere emessa sotto forma di fotoni (OEM) ed è misurabile attraverso l'analisi dei cosiddetti spettri atomici. 49 29/04/2016 In un atomo il passaggio di un e- da un orbitale a un altro con diverso livello energetico (identificato dal numero quantico principale, n) è detto transizione elettronica. La configurazione a più basso contenuto di energia è lo stato elettronico fondamentale. Qualsiasi altra configurazione corrisponde a uno stato eccitato. L’energia necessaria per una transizione tra due livelli elettronici consecutivi è nell’ordine di alcuni eV. L’energia dei fotoni luminosi, compresa tra 1,65 eV (rosso) e 3,3 eV (violetto), è sufficiente per determinare una transizione elettronica. Atomo di idrogeno 50 29/04/2016 I gas nobili (Elio, Neon, Argon, Kripton, Xeno, Radon e Ununoctio), gas inerti che costituiscono il diciottesimo gruppo della tavola periodica degli elementi. Sono costituiti da atomi con gusci elettronici completi e, per tale motivo, si presentano in natura in forma atomica. Tutti gli altri elementi in natura sono combinati in molecole, ma mentre l’atomo può assorbire energia solo attraverso una transizione elettronica, una molecola può assorbire e cedere energia anche attraverso altre modalità. Infatti in una molecola bisogna considerare: Transizioni elettroniche. Transizioni vibrazionali. Transizioni rotazionali. L'energia richiesta per una transizione vibrazionale è quantizzata (tra due livelli vibrazionali dello stesso stato elettronico: 0,5-0,01 eV) ed è relativa alle vibrazioni che interessano gli assi e gli angoli di legame, cui sono soggetti gli atomi nelle molecole. L'energia richiesta per una transizione rotazionale è quantizzata (tra due livelli rotazionali: circa 10−5-10−3 eV) ed è relativa alla rotazione della molecola che può avvenire secondo le tre direzioni nello spazio. 51 29/04/2016 I legami delle molecole e gli angoli di legame non sono rigidi, ma possono vibrare, allungandosi, accorciandosi o piegandosi come molle che rispondono alla legge di Hooke. La molecola può assorbire energia solo per quantità discrete (per quanti) e di conseguenza anche l’ampiezza della vibrazione varia in modo discontinuo. Anche nella molecola la configurazione elettronica a più basso contenuto energetico è lo stato elettronico fondamentale. Qualsiasi altra configurazione corrisponde a uno stato eccitato. Poiché la differenza energetica tra lo stato fondamentale e il primo e il primo stato eccitato è molto grande (alcuni eV), le molecole tendono a occupare esclusivamente lo stato elettronico fondamentale, nello stato vibrazionale a più bassa energia. In una molecola ogni livello di energia elettronica è suddiviso in un certo numero di sottolivelli vibrazionali, che causano modifiche nella lunghezza di un legame e quindi nella separazione media dei nuclei degli atomi che costituiscono la molecola. L'ampiezza di ciascun modo di vibrazione può assumere infiniti valori (fino ad arrivare alla rottura del legame), quindi una molecola può esistere in infiniti stati vibrazionali. Le vibrazioni molecolari sono di due tipi: stretching (stiramento) e bending (piegamento). 52 29/04/2016 La frequenza di assorbimento è tanto maggiore quanto più il legame è rigido. La vibrazione di un doppio legame avviene a frequenza maggiore di quella di un legame singolo, e quella di un triplo legame a frequenza ancora maggiore. La frequenza di assorbimento è tanto maggiore quanto minore è la massa degli atomi coinvolti nella vibrazione. Le vibrazioni che coinvolgono l’atomo di idrogeno avvengono a frequenza maggiore di tutte le altre. Se in una molecola ci sono più legami che possono vibrare (come praticamente in tutte le molecole), essi non vibrano in maniera indipendente, ma coordinata, e le vibrazioni riguardano l’intera molecola. La differenza di energia tra i due stati vibrazionali a energia più bassa è dell’ordine di 0,1-10 kcal/mole (4,34 meV – 434 meV), inferiore rispetto a due stati elettronici contigui, ma ancora abbastanza grande, per cui a temperatura ambiente le molecole tendono a occupare quasi esclusivamente lo stato vibrazionale fondamentale (a livello energetico più basso). 1 kcal/mole = 0,043 364 - 1 eV, 1 ev = 23,06 kcal/mole Una molecola in un qualsiasi stato vibrazionale associato a un qualsiasi stato elettronico (stato vibro-elettronico) può esistere in infiniti stati rotazionali, purché abbia la possibilità di ruotare. Questo avviene allo stato gassoso a bassa pressione. Allo stato gassoso ad alta pressione, allo stato liquido, in soluzione o allo stato solido, la rotazione delle molecole è spesso limitata perché la frequenza di collisione è superiore alla frequenza di rotazione. 53 29/04/2016 Le transizioni rotazionali richiedono un’energia inferiore a quelle vibrazionali. Esistono dunque livelli rotazioni tra due livelli vibrazionali. Le differenze di energia tra i livelli vibrazionali e tra i livelli rotazionali non sono costanti. Al crescere del numero quantico vibrazionale [ν], i livelli vibrazionali sono via via più ravvicinati: la differenza di energia tra due stati vibrazionali adiacenti diminuisce da 0,5 eV a 0,01 eV. Al crescere del numero quantico rotazionale [J], i livelli rotazionali sono via via più lontani: la differenza di energia tra due stati rotazionali adiacenti aumenta da 10−5 a 10−3 eV. I livelli energetici degli stati vibrazionali corrispondono all’energia dei fotoni IR, mentre quelli degli stati rotazionali corrispondono all’energia dei fotoni MW. Più precisamente, le transizioni tra livelli elettronici vibrazionali riguardano IR aventi all’incirca lunghezza da 10−3 a 7∙10−7 m, frequenza da 300 GHz a 400 THz, numero di onde da 10 a 14.000 cm−1. Le transizioni riguardanti livelli energetici rotazionali coinvolgono MW, aventi cioè all’incirca lunghezza da 0,3 a 0,001 m, frequenza da 1 a 300 GHz, numero di onde da 0,03 a 10 cm−1. Le eccitazioni promosse da questo tipo di OEM sono dette di pura rotazione, in quanto avvengono senza che vari l’energia vibrazionale o elettronica della molecola. Le molecole sono libere di ruotare nello spazio solo in fase gassosa; in fase liquida le rotazioni sono disturbate dagli urti e dalle interazioni intermolecolari; in fase solida i moti rotazionali sono addirittura impediti. 54 29/04/2016 Regione spettroscopica Numero d’onda Tipi di energia molecolare MW e IR lontano 0,03-30 Rotazionale IR 30-3000 Vibrazionale Rotazionale Visibile e UV 3000-300 000 Elettronica Vibrazionale Rotazionale 55 29/04/2016 Il grafico non è in scala. Se poniamo 1 la distanza tra due livelli rotazionali, quella tra due livelli vibrazionale è 200 e tra due livelli elettronici è 40000. 56 29/04/2016 In un atomo una singola transizione elettronica da luogo a una singola riga spettrale di emissione o assorbimento, ma in una molecola una transizione elettronica è sempre accompagnata da transizioni rotazionali e vibrazionali. La molecola, mentre è eccitata elettronicamente, continua nello stesso tempo a ruotare e vibrare. Quindi una transizione elettronica molecolare non dà luogo a una singola riga, ma a un sistema di righe detto banda, il cui massimo di assorbimento rappresenta la λ max (ci saranno talmente tante transizioni che sarà impossibile distinguere le une dalle altre). Transizioni rotazionali: solo molecole con dipolo elettrico permanente possono subire transizioni tra stati rotazionali differenti. Transizioni vibrazionali: solo le vibrazioni che si accompagnano a una variazione del momento di dipolo possono essere eccitate dalla radiazione elettromagnetica. (Non è necessario che la molecola possieda un dipolo permanente. E’ sufficiente che ci sia un cambiamento del momento di dipolo, anche a partire da zero). Transizioni elettroniche: la ridistribuzione elettronica deve modificare il momento di dipolo. 57 29/04/2016 Energia traslazionale In ciascun stato elettronico + vibrazionale + rotazionale, le molecole si trovano in infiniti stati traslazionali, determinati da diversa energia cinetica. L’energia traslazionale è dovuta alla traslazione (spostamento) della molecola. Le differenze di energia tra i livelli traslazionali sono talmente piccole che i gas si comportano come se disponessero di un intervallo continuo di energia traslazionale (energia non quantizzata). Allo stato solido, invece, questo tipo di energia è uguale a zero. Energia interna L’energia interna di una molecola poliatomica si può approssimare come somma dell’energia rotazionale, vibrazionale ed elettronica (dovuta ai livelli energetici). Occorre aggiungere anche l’energia al punto 0, cioè l’energia posseduta a 0° K e dovuta solamente a vibrazioni fondamentali. L’energia totale della molecola può essere approssimata alla somma dell’energia interna e dell’energia traslazionale. L’energia cinetica totale di molecola è data dalla somma dell’energia cinetica traslazionale, rotazionale e vibrazionale. Molte molecole poliatomiche possiedono anche energia potenziale sotto forma di legami chimici. 58 29/04/2016 Energia termica L’energia termica è la forma di energia posseduta da qualsiasi corpo che abbia una temperatura superiore allo zero assoluto. Dal punto di vista microscopico, l’energia termica di un sistema rappresenta l’energia cinetica media delle particelle del sistema, che tiene conto dei movimenti di traslazione, di rotazione e di vibrazione delle particelle e aumenta all’aumentare della T. Quando un’OEM interagisce con la materia, il fotone può trasferire la propria energia a una molecola, ma ci sono delle condizioni. Infatti, il trasferimento di energia avviene per quanti. Un fotone non può cedere parte della propria energia alla molecola: o la cede tutta o per niente. Una molecola può acquistare energia solo se il nuovo contenuto energetico corrisponde a un possibile livello elettronico, vibrazionale e rotazionale. 59 29/04/2016 Un fotone può trasferire la propria energia alla molecola solo se questa corrisponde alla differenza di energia tra due livelli possibili della molecola, solitamente lo stato fondamentale e il primo stato eccitato. Una molecola può compiere transizioni elettroniche o più spesso transizioni vibro-elettroniche o solamente transizioni vibrazionali (cioè passaggi dallo stato vibrazionale fondamentale al primo stato vibrazionale eccitato, più raramente al secondo stato vibrazionale eccitato). Per compiere queste transizioni, la molecola deve interagire con radiazioni i cui fotoni abbiano l’energia giusta. Se l’energia è bassa si può avere una transizione rotazionale o vibro-rotazionale, se l’energia è maggiore si può avere una transizione vibro-elettronica. Diagramma di Jablonski Tipo di diagramma introdotto da Alexander Jablonski nel 1935, che sintetizza le diverse trasformazioni che può subire una molecola elettronicamente eccitata. Se un fotone luminoso determina solo una transizione elettronica, senza intervenire sull’energia cinetica della molecola, in teoria la luce non dovrebbe determinare il riscaldamento del corpo illuminato. In pratica, osserviamo che anche corpi illuminati con la sola radiazione VIS, per esempio dentro una stanza con delle vetrate (il vetro blocca gli IR e gli UV) possono riscaldarsi (transizione vibro-elettronica). Un fenomeno analogo è il cosiddetto effetto serra (greenhouse effect). 60 29/04/2016 In effetti, a differenza degli atomi, che non avendo stati vibrorotazionali, una volta eccitati possono diseccitarsi solo attraverso la riemissione di fotoni, le molecole eccitate si possono diseccitare con meccanismi diversi, anche non radiativi. Le molecole, assorbendo radiazioni nella regione UV-VIS, sono eccitate e passano dallo stato elettronico fondamentale (S0) a uno stato elettronico eccitato (S1 o S2), distribuendosi in vari livelli vibrazionali. Subito l’eccesso di energia vibrazionale è ceduta attraverso collisioni con le molecole vicine (rilassamento vibrazionale). Così le molecole scendono rapidamente allo stato vibrazionale più basso dello stato elettronico eccitato. Successivamente la molecola può riportarsi allo stato elettronico fondamentale disperdendo l’energia acquisita in due modi: Processi non radiativi: l’energia in eccesso è trasferita ai gradi di libertà vibrazionali, rotazionali, e traslazionali delle molecole circostanti attraverso collisioni, favorite dalla maggiore energia vibrazionale. Processi radiativi: le molecole eliminano l’energia di eccitazione in eccesso attraverso un fotone con energia inferiore e quindi con λ maggiore di quello che aveva eccitato la molecola (fluorescenza, fosforescenza) passando eventualmente attraverso uno stato elettronico-vibrazionale intermedio tra S0 e S1, a cui segue un altro rilassamento vibrazionale. 61 29/04/2016 L’energia può essere dissipata anche tramite una reazione chimica di dissociazione: la molecola si dissocia e l’energia si converte in energia traslazionale dei frammenti. Questo spiega perché un corpo illuminato può riscaldarsi: attraverso collisioni e vibrazioni molecolari aumenta l’energia cinetica delle sue molecole. Diseccitazioni di molecole eccitate Transizioni radiative. Portano alla emissione di OEM. Avvengono tra stati elettronici con lo stesso spin (fluorescenza), con spin diverso (fosforescenza) o tra stati vibrazionali. Le transizioni radiative tra stati vibrazionali hanno tempi più lunghi di quelle tra stati elettronici e sono osservabili in fase gassosa. Le transizioni avvengono seguendo la regola di selezione del ∆= ±𝟏. Se le diseccitazioni vibrazionali sono inefficaci, l’emissione (fluorescenza o fosforescenza) può avvenire da stati vibrazionali eccitati. 62 29/04/2016 Transizioni non radiative. Processi che portano al cambio di stato quantico della molecola senza essere accompagnati da emissione di OEM. I rilassamenti vibrazionali che avvengono in fase condensata sono molto più efficienti che in fase gassosa. Le transizioni non avvengono seguendo la regola di selezione del ∆= ±𝟏. L’energia è rilasciata all’intorno come calore a seguito di collisioni fra la molecola eccitata e quelle del solvente. Il rilassamento vibrazionale in fase condensata porta rapidamente a ottenere l’equilibrio termico dei livelli vibrazionali. Altri rilassamenti non radiativi sono quelli intramolecolari (fra stati quantici molecolari) che sono realizzati senza emissione di radiazione elettromagnetica. Processi di quenching. Sono processi in cui l’eccitazione è trasferita ad altre molecole che sono in grado di interagire con la molecola eccitata. Le reazioni sono bi-, trimolecolari. 63 29/04/2016 Il rischio elettrico È il rischio derivante dall'uso di linee elettriche di distribuzione e di dispositivi elettromeccanici o elettronici, è in pratica onnipresente. Il più evidente: la folgorazione. Corpo umano: complesso dispositivo elettrochimico, in cui digestione e respirazione forniscono l'energia che va a caricare degli accumulatori elettrici, mentre i nervi e i muscoli sono gli utilizzatori dell'energia. Le tensioni in gioco nel corpo umano sono dell'ordine di frazioni di V e le correnti che passano in ogni singolo microcircuito del corpo sono a livello di milionesimi o miliardesimi di A. La potenza applicata da un atleta durante uno sforzo è dell'ordine di sole poche centinaia di W. La potenza assorbita dall'organismo per le sue normali funzioni vitali a riposo è intorno ai 100 W. Se, dall'esterno, applichiamo una tensione elettrica, tutti questi complessi circuiti tendono ad andare in tilt. Poiché la resistenza del corpo è dell'ordine di qualche migliaio di Ω (pelle asciutta) o di qualche centinaio di Ω (pelle umida o tessuti interni), è sufficiente una tensione di pochissimi V per farci percepire una sensazione di fastidio, dovuta all'alterazione dello stato d’equilibrio. Se la tensione (CC) raggiunge qualche decina di V (da 30 a 50) ed è mantenuta per un tempo sufficiente a sviluppare un significativo passaggio di carica, gli effetti possono essere irreversibili e portare anche alla morte. Con la CA (50 Hz) l'organismo rimane fortemente perturbato già a tensioni molto più basse. CA: i mm si contraggano in modo del tutto anomalo (i mm della mano che toccano un cavo elettrico si chiudono sullo stesso, impedendo d’allontanarsi). Le CA possono già essere pericolose intorno ai 15-20 V, e a 25 V possono essere letali. 64 29/04/2016 La legge italiana, fin dal 1955, prevede rispettivamente i limiti di 50 (CC) e 25 (CA) V per indicare le tensioni dei conduttori che devono essere sempre isolati dal contatto con la persona e dotati di circuito di messa a terra. Quelle al di sotto di tali valori si definiscono bassissime tensioni, tra 25 e 400 V (CA) e tra 50 e 600 V (CC) si hanno le basse tensioni, al di sopra si hanno le alte tensioni. In caso di folgorazione, cercando di soccorrere una persona colpita, possiamo rimanere folgorati a nostra volta. Pertanto: – È necessario allontanare il conduttore dal folgorato con una lunga asta (un bastone, un tubo) di materiale isolante, pulito e asciutto. – Staccare l'interruttore generale qualora non fosse già intervenuto un circuito di protezione. – Solo allora intervenire con le manovre di soccorso. Il passaggio della corrente, anche quando non è immediatamente causa di morte, può produrre delle necrosi (carbonizzazioni) dei tessuti, come le ustioni che compaiono nel punto d'entrata e in quello d'uscita della scarica elettrica, che possono avere anch'esse gravi conseguenze. Tutti gli apparecchi elettrici devono essere realizzati con strutture esterne isolanti e/o con parti metalliche messe a terra, cioè collegate elettricamente al suolo per disperdere la corrente evitando i rischi per le persone. La nostra pelle conduce molto di più la corrente quando è bagnata, specie se è bagnata da soluzioni acquose che siano di per sé conduttrici (solo l'acqua distillata, deionizzata, è un valido isolante). Evitare sempre qualsiasi tipo d'attività che possa esporre a folgorazione, quando si operi in ambienti umidi. 65 29/04/2016 Tutti gli impianti (inclusi quelli per la distribuzione di gas o dell'acqua) devono essere realizzati da personale specializzato e "a regole d'arte. Da quando non esistono più le botteghe rinascimentali, quest’espressione significa "nel rispetto delle norme tecniche unificate", come sono per esempio le norme CEI che valgono in Italia nel settore elettrotecnico, e naturalmente le leggi come la n. 46/901. Questi impianti devono anche essere periodicamente revisionati e controllati, soprattutto per verificare il buon funzionamento dei meccanismi di protezione. Tutti i circuiti civili e industriali devono essere dotati di dispositivi di protezione automatica: in base alle caratteristiche del circuito, dalle valvole a fusibile, in cui un sottile filo metallico fonde quando è attraversato da una corrente eccessiva, agli interruttori magnetotermici e differenziali che proteggono sia dai corti circuiti (contatti fra due conduttori senza che vi siano utilizzatori che assorbono la potenza), sia dalle scariche a terra (dovute per esempio al contatto fra il nostro corpo e un elettrodomestico non isolato). È poi necessario che l'interruttore manuale d'apertura del circuito, posto sul quadro elettrico generale o su quadri secondari, sia facilmente accessibile specialmente in condizioni d'emergenza. Meglio esagerare con i dispositivi di protezione e sezionare le varie linee elettriche in tanti tratti separati, ognuno dotato del suo interruttore manuale o automatico. Tale separazione, fra l'altro, consente più agevolmente di staccare dalla linea tutti gli apparecchi non in uso, per es. durante la notte, lasciando collegati permanentemente solo quelli che devono restare sempre in funzione (antifurto, segreteria telefonica, frigorifero...). Con o senza la possibilità di frazionare il circuito, resta sempre la necessità di staccare tutte le spine che non siano in uso o non debbano esserlo entro breve tempo, a meno che non siano state progettate e realizzate per un uso permanente. 66 29/04/2016 Gli ambienti di lavoro devono anche essere obbligatoriamente dotati anche d’illuminazione di emergenza, cioè di un circuito ausiliario a batteria, separato da quello principale, che attivi automaticamente delle lampade (ed eventualmente degli allarmi) quando manchi la corrente: le lampade di sicurezza consentono l'evacuazione in caso di pericolo, e ovviamente consentono di capire a cosa sia dovuto il guasto. Gli apparecchi elettrici da impiegare in condizioni di umidità o addirittura di acqua, o tali da consentire il contatto fra parti interne e oggetti introdotti dall'esterno (dita, utensili), devono essere realizzati secondo un criterio di protezione che è indicato da una sigla internazionale del tipo “IP XX”. La prima cifra che segue le lettere IP indica la protezione dal contatto con corpi esterni. Sono ritenute "protette" le parti elettriche siglate almeno con 4 (protezione da corpi solidi con diametro >1 mm), oppure con 5 (protezione dalla polvere) e 6 (a prova di polvere). La seconda cifra indica la protezione dall'acqua. Sono considerate "protette" quelle che abbiano codice da 3 (protezione da pioggia) e 4 (protezione da spruzzi d'acqua) fino a 5 (protezione da getti d'acqua), 6 (protezione da ondate) e 7 (idoneo all'immersione). In un cantiere esposto alle intemperie devono sempre essere usate apparecchiature elettriche con protezione almeno IP 43 o IP 55, secondo i casi. Sono vietati i comuni cavi elettrici domestici con isolamento in PVC. Si devono usare solo cavi a doppia protezione, quelli che solitamente hanno la guaina esterna azzurra. La massima protezione è IP 67, ed è tipica degli strumenti di misura portatili detti “da campo”. Oggi anche alcuni telefoni cellulari (per es. Samsung Galaxy S7) vantano una protezione IP67. 67 29/04/2016 Una notevole causa d'incidenti connessa all'uso d'apparecchiature elettriche deriva non dal contatto di un circuito con il corpo, ma dal surriscaldamento di un conduttore. Quasi tutti i conduttori, quando sono attraversati dalla corrente, subiscono un riscaldamento. Questo fenomeno, detto effetto Joule, è sfruttato per far funzionare moltissimi dispositivi elettrici, dalle lampadine a incandescenza alle resistenze dei forni, ai già citati fusibili. [E' più corretto parlare di resistori e non di resistenze. Resistenza è, infatti, la grandezza che esprime la difficoltà incontrata dalla corrente ad attraversare un circuito a prescindere dagli effetti induttivi e capacitivi, misurata in Ohm]. Se si applica una differenza di potenziale ΔV ai capi di un conduttore che abbia una resistenza R (ovvero, se attraverso tale conduttore si ha una caduta di tensione ΔV), esso è attraversato da una corrente d’intensità I. La resistenza R è, inoltre, direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore e inversamente proporzionale alla sua sezione con una costante di proporzionalità ρ, che è tipica per ogni materiale, detta resistività. Prima legge di Ohm: V = R ∙ I (R = V/I) Seconda legge di Ohm: R= ρ ∙ l ∙ s-2 La potenza W che è dissipata per effetto Joule per qualunque tipo di conduttore è data dal prodotto della corrente I che lo attraversa, per la caduta di tensione ΔV che si osserva ai due capi: W = V ∙ I = R ∙ I ∙ I = R ∙ I2 La potenza dissipata è pari al prodotto della resistenza del conduttore per il quadrato dell’intensità della corrente che lo attraversa. L'effetto Joule si manifesta sempre e spesso con esiti non desiderati. Per esempio: consideriamo un forno domestico, che funzioni a 220 V e che assorba la potenza di 2200 W, quindi è attraversato da una corrente pari a 10 A, poiché W=R ∙ I2, deve possedere una resistenza di 22 Ω). 68 29/04/2016 Per collegare il forno alla presa di corrente dobbiamo usare un cavo d’alimentazione, una spina, altre parti accessorie come per es. interruttori etc. Tutti questi elementi devono essere attraversati dalla stessa corrente che attraversa il resistore, dato che sono collegati in serie a esso. Ognuno di essi avrà una propria resistenza, quindi causerà una certa caduta di potenziale, quindi disperderà una certa quantità di potenza. Supponiamo che dal forno alla spina di corrente ci sia un normale cavo di rame isolato, i cui fili abbiano una sezione di 1 mm2. Un cavo del genere presenta una R pari a circa 0,036 Ω per ogni m. Sono sufficienti pochi metri perché la sua resistenza cominci a non essere trascurabile rispetto a quella del forno, e che quindi una parte non trascurabile della potenza sia dissipata per scaldare il cavo anziché il forno. Con un cavo lungo pochi metri, il fastidio si ridurrebbe a dover spendere inutilmente di più. Se il cavo fosse lungo 600 m, la sua R sarebbe pari a quella del forno (22 Ω / 0,036 Ω = 611,11 m). Se il cavo fosse avvolto su sé stesso, per esempio su un normale avvolgicavo a forma di rocchetto, il calore non sarebbe allontanato e ne farebbe progressivamente aumentare la temperatura, fino a far fondere gli isolanti e a mettere in corto circuito i fili di rame. Ancora peggiore è la situazione nei punti in cui il conduttore forma un contatto mobile, come gli spinotti della spina o gli interruttori. A causa dell'ossidazione dei metalli, i contatti possono ricoprirsi di una patina che ha una ρ molto elevata, e quindi creare delle resistenze localizzate molto grandi. Un "cattivo contatto" può avere una R pari a quella di una lampadina elettrica e disperdere una corrispondente quantità di calore. Una resistenza locale di pochi Ω potrebbe portare in brevissimo tempo a un surriscaldamento tale da fare fondere il metallo e ancor più facilmente far fondere le parti in gomma o plastica che lo avvolgono e lo proteggono, mandando il conduttore in cortocircuito e/o causando un principio di incendio. 69 29/04/2016 Tale grave rischio può capitare con qualsiasi dispositivo elettrico: caratteristico, e spesso sottovalutato, è per esempio il caso dei regolatori elettronici di tensione, usati per aumentare o diminuire l'intensità di un faro alogeno, o per regolare la velocità di un motore elettrico. È facile dimenticare al minimo di potenza un regolatore, collegato a una piantana alogena domestica, senza però spegnere completamente la lampada per mezzo dell'interruttore. Il circuito elettronico si può improvvisamente fulminare e tutto il piccolo dispositivo può surriscaldarsi arroventandosi, con pericolo d'incendio. Molto più comune e grave è il rischio derivante dalla pessima abitudine di inserire su una presa riduttori, spine multiple. I contatti "traballanti" si moltiplicano e ognuno causa un riscaldamento localizzato. In ogni singola giunzione dovrebbe essere utilizzato uno solo di tali accessori e solo per installazioni provvisorie, da scollegare al termine dell'utilizzo. Se si prevede di lasciare collegato un apparecchio in modo permanente, qualunque tipo d'elemento intermedio va eliminato. Il fabbricante d’un apparecchio elettrico installa una spina adeguata alle caratteristiche dell'apparecchio stesso, in base alle norme tecniche vigenti. È in genere sconsigliabile modificare il tipo di spina. È sconsigliabile anche usare punti di prelievo multipli collegati a una sola presa, salvo nel caso delle cosiddette ciabatte, purché costruite a regola d'arte, e utilizzate per un carico non superiore a quello ammissibile per la presa a monte. È sempre opportuno evitare le "spine triple", a meno che non servano per collegare apparecchi che assorbono potenze minime (p. es.: radio, calcolatrice, fax). È molto più pericoloso inserire un utilizzatore dotato di una "spina grande", che può trasportare in sicurezza fino a 16 A, su una "presa piccola", che non sopporta più di 10 A, rispetto a fare il contrario: si avrebbero dei pericolosi surriscaldamenti. 70 29/04/2016 Le "prese tedesche" (shuko), circolari, possono portare anch'esse fino a 16 A; se si dovessero sostituire con prese di tipo italiano, si dovrà fare attenzione al carico elettrico prelevato da ogni singolo apparecchio collegato (e quindi alla corrente assorbita): la spina da 10 A, purché munita di conduttore di terra, potrà andare bene per un computer o per un faretto di bassa potenza, mentre dovrà essere usata una spina da 16 A per apparecchi che assorbano continuativamente potenze maggiori, come fornetti o grossi aspirapolvere. Ancora meno sono ammissibili i cosiddetti alberi di Natale formati da triple, riduttori etc. connessi uno all'altro, anche perché sono una delle più comuni cause d'incendio. La sostituzione di una qualunque parte di un apparecchio elettrico, inclusa la spina, è un’operazione delicata, che dovrebbe essere sempre demandata a una persona competente, perché da un'errata esecuzione possono derivare rischi molto elevati. Negli ambienti di lavoro che non siano assimilabili a un ambiente domestico, e comunque quando siano usate tensioni superiori ai 230 V (p. es., con macchinari a 380 V monofasi o trifasi), è necessario utilizzare solo le connessioni a spina e presa di tipo protetto, le cosiddette spine industriali, protette contro i contatti accidentali, gli sganciamenti involontari e, in alcuni casi, anche stagne rispetto all'acqua. L'uso d'adattatori per connettere queste apparecchiature a prese di tipo diverso è spesso estremamente pericoloso. Quando si sia certi che la connessione non comporta pericoli, il che significa anche verificare la marcatura di sicurezza degli adattatori impiegati, le connessioni vanno comunque sganciate immediatamente dopo l'uso. Dalla seconda metà degli anni 90 in tutt’Europa è vietata la commercializzazione di apparecchi elettrici che non siano stati progettati e costruiti tenendo a mente i criteri di sicurezza, anche se sono importati da fuori dell'UE. 71 29/04/2016 Il produttore o il distributore hanno l'obbligo di apporre il marchio CE per attestarne la conformità. L'utilizzatore ha il dovere di verificare che esso sia sempre presente. In campo elettrotecnico tutti i Paesi hanno da decenni adottato marchi di sicurezza di tipo volontario, che servono come garanzia specifica che l'apparecchio è stato collaudato da parte di un laboratorio qualificato e indipendente e che compaiono sulle targhette di tutti gli apparecchi elettrici o elettronici di buona qualità. In Italia il marchio più diffuso e autorevole è l'IEMMEQU, rilasciato dall'Istituto Italiano del Marchio di Qualità. I campi elettromagnetici Oltre al rischio derivante dall'azione diretta della corrente elettrica, un altro possibile pericolo è l'esposizione ai CEM che si generano intorno ad apparecchi e linee di distribuzione elettrica, in conseguenza dei campi elettrici e magnetici da questi generati. Quando si parla di compatibilità elettromagnetica di un apparecchio non s'intende la compatibilità con l'uomo, ma con altri apparecchi elettrici, il cui funzionamento potrebbe essere disturbato dai CEM, soprattutto sotto forma di onde ad alta frequenza, da questi generate. La maggior parte degli apparecchi, inclusi i telefonini cellulari, emette CEM d’intensità trascurabile rispetto a quella ritenuta anche solo lontanamente pericolosa per le persone. Un CEM è caratterizzato da una componente elettrica e una magnetica. Il nostro corpo è in grado d’interagire abbastanza fortemente con la prima, mentre risente solo in misura minima della seconda. 72 29/04/2016 Se siamo attraversati da un CE d'elevata intensità, possiamo essere soggetti a una folgorazione. Un CM, viceversa, ha effetti del tutto marginali: il corpo umano è una pessima antenna per le OEM e nella miriade dei suoi circuiti circolano correnti di intensità irrisorie, a tensioni molto basse, per cui non può sostanzialmente interagire con esse. Infatti, gli apparecchi per RMN, che sottopongono l'organismo a CM d’ intensità molto superiori, sono considerati non pericolosi. Potrebbe essere che CM ad alta frequenza generino correnti indotte pericolose, ma gli emettitori d'alta frequenza in genere irradiano basse potenze: anche le più potenti antenne radio emanano potenze di centinaia o di poche migliaia di watt e se si esclude il caso di una persona che abbracci l'antenna, le potenze assorbite dal corpo umano sono irrilevanti. Al contrario, i conduttori che generano CM molto intensi (linee dell'alta tensione) hanno di solito frequenze molto basse (50 Hz in Europa e 60 Hz in USA): difficilmente potrebbero alterare il nostro stato biologico. Possono risentire di intensi CM solo le persone permanentemente collegate a una macchina: fra quelli che non sono bloccati in un letto d’ospedale, gli unici sono attualmente i portatori di pacemaker cardiaco. Il problema della compatibilità elettromagnetica è diverso. La nostra vita quotidiana, nei suoi aspetti ludici e soprattutto in quelli essenziali, dipende oggi dal funzionamento di migliaia di strumenti elettrici ed elettronici. Usare apparecchi che non creino disturbi è fondamentale per garantire che altre persone non subiscano fastidi o anche danni rilevanti. È molto importante controllare che gli apparecchi elettrici che si usano durante il lavoro non emettano segnali che possano disturbare chi lavora o vive vicino, fosse anche solo dando interferenze con la TV o con un radioricevitore in modulazione d'ampiezza - come sono spesso quelli usati dai mezzi di soccorso. 73 29/04/2016 Maser e laser Maser è l'acronimo di Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation. Il primo maser, costruito da Charles Hard Townes, J. P. Gordon, e H. J. Zeiger alla Columbia University nel 1953, utilizzava l'emissione stimolata in un flusso di molecole di ammoniaca energizzata, per produrre l'amplificazione delle MW di 24 GHz. Nel 1958 Townes, che aveva lavorato con Arthur L. Schawlow, concluse che il principio del maser era applicabile anche alla luce. Nel 1960 Theodore H. Maiman inventò il primo laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) a rubino, seguito dal primo laser a gas (miscela di elio e neon) di Javan (1961). Già nel 1962 il laser trovò la sua prima applicazione pratica in ambito medico per le microsaldature durante gli interventi chirurgici alla retina. A partire dagli anni '70, i laser cominciarono a essere utilizzati in ambito prima chirurgico e poi medico (laserterapia). Oggi sono realizzabili anche laser a raggi X, le cui applicazioni sono da esplorare. Red laser, 635nm Green laser, 532nm Blue laser, 445nm 74 29/04/2016 Emissione spontanea L’atomo (o la molecola) eccitato ritorna allo stato fondamentale attraverso il processo di diseccitazione che consente all’atomo (o alla molecola) di liberarsi radiativamente (emissione di fotoni) dell’eccesso di energia acquisito in vario modo in un tempo variabile nell'intervallo tra il ns e il ms. Tutte le sorgenti luminose usate dall'uomo sono caratterizzate dal processo dell'emissione spontanea (l’emissione stimolata in natura non esiste): la radiazione è emessa in tutte le direzioni e lo spettro della radiazione è in genere molto ampio. La luce emessa da una lampadina è composta dalla sovrapposizione di un gran numero di radiazioni elementari, ciascuna prodotta dalla diseccitazione di un singolo atomo. Poiché le diseccitazioni atomiche sono distribuite nel tempo in maniera casuale, la radiazione complessiva risulta incoerente. Emissione stimolata Con l’emissione spontanea è praticamente impossibile produrre fasci molto collimati o concentrare intensità molto elevate in aree molto piccole: si dovrebbe realizzare una sorgente quasi puntiforme con conseguente drastica riduzione dell'energia ottenibile. Il laser nasce dall'ipotesi di creare un'emissione stimolata di fotoni. Se un atomo eccitato interagisce con un fotone di frequenza molto vicina o coincidente con quella che può generare spontaneamente, dispone di un altro canale di diseccitazione: è indotto a produrre un altro fotone, ottenendo infine due fotoni identici. La direzione lungo la quale è emessa la radiazione è esattamente quella individuata dalla radiazione stimolatrice e la frequenza è rigorosamente fissata dall'onda incidente. 75 29/04/2016 Quindi può accadere che un fotone prodotto in un diseccitamento spontaneo, investa un atomo eccitato e lo disecciti, producendo così un altro fotone della stessa frequenza che procede nella stessa direzione dell'onda incidente. Il processo si può ripetere per tutti gli atomi incontrati in una reazione a catena. Alla fine si ottiene una radiazione composta da tante onde elementari, tutte rigorosamente in fase tra loro, aventi la stessa direzione e frequenza. Vi è pertanto un grado elevatissimo di correlazione tra le emissioni dei vari atomi; la radiazione così generata è detta coerente per energia e frequenza. In genere, però, la reazione a catena non riesce a innescarsi a causa di vari meccanismi di perdita che smorzano rapidamente la crescita della radiazione stimolata. Il principale meccanismo di perdita è l'assorbimento: ogni atomo infatti può assorbire radiazione di frequenza uguale a quella che può emettere. Se un atomo non eccitato assorbe l’energia del fotone, si eccita, ma attenua l'onda incidente. Se un atomo eccitato con un e- sul livello fondamentale e un e- sul livello eccitato 2 è investito da un fotone di f corrispondente al salto energetico fra i due livelli il fotone può interagire col e- che si trova nel livello 1 ed è assorbito, così l’e- salta al livello 2 e poi si diseccita spontaneamente; il fotone può interagire con l’e- che si trova nel livello 2 e allora si può verificare l’emissione stimolata e l’e- si riporta al livello 1. 76 29/04/2016 In teoria, la probabilità che si verifichi una diseccitazione spontanea o stimolata è uguale. La radiazione che colpisce il sistema sarà attenuata o amplificata, secondo che il numero di atomi il cui e- è nello stato 1 sia maggiore o minore del numero di atomi il cui e- è nello stato 2. In condizioni di equilibrio termodinamico, sono molti di più gli atomi con l’e- nello stato 1. Pertanto, l'emissione spontanea è molto più probabile dell'emissione stimolata e la radiazione incidente è attenuata. È però possibile, aumentare il numero di atomi nello stato 2, ottenendo l’inversione di popolazione fra i livelli 1 e 2. In tali condizioni il sistema atomico si comporta come un amplificatore (accordato alla frequenza del fotone). L’emissione stimolata è proporzionale all'intensità della radiazione stimolatrice, per cui bisogna usare un sistema di eccitazione, in genere molto potente per ottenere l’inversione della popolazione. 77 29/04/2016 L'energia richiesta può essere fornita in vari modi, comprendenti intensi lampi di luce ordinaria e scariche elettriche ad alta tensione. Le inversioni di popolazione usate nei laser implicano l'esistenza di uno stato energetico superiore metastabile, nel senso che gli e- vi permangono per un intervallo di tempo molto più lungo di quello in cui permangono in uno stato eccitato ordinario (10-3 s rispetto a 10-8 s, per es.), affinché ci sia più tempo per aumentare l'inversione di popolazione. Anche quando l’inversione è ottenuta, il grado di amplificazione dell'onda nell'attraversare il gas eccitato è ugualmente molto piccolo. Pertanto è necessario far ripercorrere moltissime volte lo stesso cammino alla radiazione, ad esempio sistemando due specchi piani ben allineati alle estremità del tubo di scarica. Se uno dei due specchi è parzialmente riflettente, la radiazione presente nel tubo potrà in parte uscire ed essere utilizzata. La trasmissione dello specchio rappresenta un tipo di perdita che dovrà essere opportunamente contenuta. Possono essere presenti altre cause di perdita, come ad esempio l'emissione spontanea che, sebbene necessaria per innescare il processo laser, tende a ridurre il numero di atomi eccitati e quindi l'amplificazione. In pratica, non è sufficiente che ci siano più atomi eccitati che atomi non eccitati per avere amplificazione e oscillazione laser, ma ci deve essere un eccesso minimo garantito (soglia) sotto il quale l'azione laser non si innesca. 78 29/04/2016 I due specchi costituiscono la cosiddetta cavità ottica o risonatore ottico. Solo la radiazione che si propaga in modo perfettamente perpendicolare agli specchi rimbalzerà avanti e indietro all'infinito, mantenendo così l'emissione. Inclinazioni del fascio anche molto piccole ne determinano la fuoriuscita dalla cavità dopo un numero abbastanza piccolo di transiti con perdite molto alte, tali da non consentire l'azione laser. La forma allungata e stretta del tubo di scarica e la presenza degli specchi fanno sì che la radiazione laser risulti estremamente collimata. Solo la radiazione con λ opportuna può riflettersi indefinitamente tra i due specchi laser. In particolare, solo le onde stazionarie possono persistere nella cavità laser. Per λ che non soddisfano la relazione suddetta, nella cavità si sovrappongono via via onde con sfasamenti sempre diversi, per cui l'intensità della radiazione complessiva si annulla per interferenza distruttiva. Il laser quindi può emettere una serie regolare di frequenze, che sono le frequenze proprie, o modi, della cavità ottica. Il processo laser comincia quando un atomo, per emissione spontanea, emette un fotone nella direzione parallela all'asse del tubo. Ciò si verifica quando la distanza L tra gli specchi contiene un multiplo 𝝀 intero di mezze lunghezze d'onda: 𝑳 = 𝒏 ∙ 𝟐. Per es., nel laser He-Ne, per ottenere l’inversione di popolazione è applicata un’elevata differenza di potenziale attraverso una miscela, a bassa pressione, costituita dal 15% di elio e dall'85% di neon, racchiusa in un tubo di vetro. 79 29/04/2016 Per generare un numero sempre maggiore di fotoni per emissione stimolata, entrambi gli estremi del tubo sono argentati in modo da formare specchi che riflettano i fotoni avanti e indietro attraverso la miscela di elio e neon. Così a ogni riflessione l'onda è in fase con la precedente e nella cavità si forma un'onda stazionaria con ventri e nodi stabili nel tempo. Un'onda stazionaria è una perturbazione periodica di un mezzo materiale, le cui oscillazioni sono limitate nello spazio: in pratica non c'è propagazione lungo una certa direzione nello spazio, ma solo un'oscillazione nel tempo. Pertanto, è soltanto il profilo dell'onda stazionaria a muoversi, oscillando "su e giù" in alcuni punti. I punti ove l'onda raggiunge ampiezza massima sono detti antinodi (o ventri), i punti che invece rimangono fissi (ove l'onda è sempre nulla) sono detti nodi. Questo fotone, con l'emissione stimolata, induce un altro atomo a emettere un fotone nella direzione parallela all'asse del tubo. Questi due fotoni, a loro volta, stimolano altri due atomi, producendo quattro fotoni. Quattro fotoni ne producono otto e così via, in una sorta di effetto-valanga. Uno dei due estremi, però, è argentato solo parzialmente, in modo che una parte dei fotoni possa fuggire dal tubo per formare il fascio laser. 80 29/04/2016 81 29/04/2016 L'elio e il neon hanno stati energetici superiori metastabili quasi identici situati, rispettivamente a 20,61 eV e 20,66 eV sopra lo stato fondamentale. La scarica ad alta tensione attraverso la miscela gassosa eccita gli elettroni negli atomi di elio innalzandoli allo stato a 20,61 eV. Quando un atomo di elio eccitato urta anelasticamente contro un atomo di neon, i 20,61 eV di energia sono ceduti a un e- dell’ atomo di neon, insieme agli 0,05 eV di energia cinetica derivante dagli atomi in moto. L'e- nell'atomo di neon è innalzato allo stato a 20,66 eV e, in questo modo, nel neon è sostenuta un'inversione di popolazione, rispetto a un livello energetico che è di 18,70 eV sopra lo stato fondamentale. Nel produrre il fascio laser, l'emissione stimolata fa sì che gli e- nel neon scendano dal livello 20,66 eV a livello di 18,70 eV. La variazione di energia di 1,96 eV corrisponde alla λ di 633 nm, che giace nella regione rossa dello spettro visibile. 82 29/04/2016 Energia di ionizzazione He: 24,587 eV Energia di ionizzazione Ne: 21,565 eV LASERTERAPIA 83 29/04/2016 Proprietà della radiazione laser Monocromaticità Una sorgente naturale emette quantità variabili di radiazioni in bande di frequenza continue. L'occhio umano è in grado di vedere solo la banda da 400 nm a 750 nm. È noto che altri animali, per esempio i serpenti, sono in grado di percepire una banda assai più ampia, allargata fino all’IR. A differenza delle sorgenti luminose naturali, l'emissione laser è invece monocromatica, cioè è costituita da un‘OEM di una sola f. Una radiazione monocromatica facilita la selettività degli effetti sul bersaglio. Coerenza Un'emissione spontanea di energia produce un insieme di OEM disordinate, non in fase. Le OEM emanate dal laser sono invece tutte in fase tra loro, presentano cioè gli stessi punti nodali e dunque non interagiscono nel tempo e nello spazio. La medesima frequenza (cioè la monocromaticità) fa si che le OEM siano assolutamente identiche, sia in senso energetico che temporale. Direzionalità L'irradiazione naturale non ha una direzione prioritaria. Pertanto, la radiazione naturale può essere rappresentata come un cono la cui base si allarga man mano che si allontana dalla sorgente. 84 29/04/2016 L'intensità di una sorgente luminosa naturale decresce con il quadrato della distanza: Area di una sfera: 4 ∙ r2 Densità di flusso: W ∙ m-2 = W ∙ (4 ∙ r2)-1 Una sorgente laser è in grado di irradiare fotoni estremamente collimati nello spazio. L'angolo di divergenza tra la traiettoria dei singoli fotoni è dell’ ordine dei milliradianti (1 milliradiante = 0,057°), per cui la direzione dei singoli raggi può essere considerata di fatto parallela per enormi distanze spaziali. In virtù di questa proprietà, è stato possibile misurare con raggi laser distanze tra alcuni corpi celesti, per esempio tra la terra e la luna, con un'accuratezza dell'ordine dei millimetri. Brillanza L'estrema collimazione della sorgente luminosa laser permette la concentrazione di elevate intensità su superfici di piccolissime dimensioni. Quindi consente di raggiungere enormi densità di potenza. Nessun dispositivo ottico di convergenza fornisce prestazioni simili a quelle di una sorgente laser. Irradiazione di una sorgente naturale. L'intensità diminuisce in funzione del quadrato della distanza 85 29/04/2016 Applicazioni mediche del laser L’azione terapeutica del laser in campo medico si basa su 3 processi principali: fototermico, fotochimico e fotomeccanico. Nel processo fototermico l’energia assorbita dal bersaglio è trasformata in energia termica con riscaldamento del volume del bersaglio e diffusione termica nelle zone adiacenti. Nel processo fotochimico l’energia innesca una reazione che è seguita da una cascata di effetti biologici terapeuticamente utili. Nel processo fotomeccanico l’energia produce un’onda d’urto intensa (a seguito di formazione di plasma o di vaporizzazione rapida dell’acqua), utilizzabile per la distruzione di strutture biologiche. I laser a gas e quelli chimici sono i più comunemente usati. Le proprietà fototermiche del laser ne consentono un ampio uso in campo chirurgico: l’alta T del raggio laser è in grado di causare la necrosi coagulativa dei tessuti su cui è puntato, consentendo un’efficace e rapida coagulazione dei vasi sanguigni. Inoltre, quando la zona di volatilizzazione è ridotta, si ottiene l’ effetto taglio, che consente di tagliare e contemporaneamente coagulare il tessuto trattato. Tali proprietà sono sfruttate nella chirurgia di organi provvisti di una ricca rete capillare (fegato, rene, polmone) nonché nel trattamento di lesioni neoplastiche della cervice uterina, negli interventi sul setto nasale e orecchio interno, e in neurochirurgia, per la precisione di taglio e l’assenza di azione meccanica sui tessuti cerebrali. 86 29/04/2016 Il laser ad argon è usato in oftalmologia per la fototerapia retinica. Il laser a eccimeri è usato per la chirurgia corneale (trattamento della miopia). Il laser a olmio YAG e altri tipi di laser sono invece usati per la rimozione dei calcoli renali e trovano applicazione in diverse procedure odontoiatriche. Il laser al crisoberillio si usa in dermatologia per la rimozione di piccole lesioni vascolari cutanee. Altre applicazioni del laser comprendono campi non strettamente clinici, come la microscopia ad alta risoluzione e la spettroscopia. Un’importante applicazione della terapia fotochimica è la terapia fotodinamica (PDT, photodynamic therapy), basata sugli effetti citotossici determinati da una reazione chimica indotta dal laser su cellule patologiche che abbiano precedentemente accumulato, a differenza di quelle sane, un farmaco fotosensibilizzatore. Si utilizzano i laser per la loro elevata intensità, che minimizza i tempi d’esposizione, possibilità di trasmissione in fibra ottica e selezione spettrale. La PDT è utilizzata specialmente per lesioni patologiche non particolarmente profonde, sia esterne, sia relative ad aree d’organi interni e/o di cavità (per es., polmoni, esofago ecc.), e in combinazione con il trattamento chirurgico, dopo la resezione della massa tumorale. 87 29/04/2016 La terapia fotomeccanica è utilizzata in oftalmologia, dove la possibilità di eseguire la ‘rottura’ meccanica del tessuto biologico a seguito del focheggiamento di un potente impulso laser è utilizzata per la resezione o la perforazione dei tessuti bersaglio, salvaguardando l’integrità di tessuti più lontani dalla zona d’interazione. In urologia l’effetto fotoacustico prodotto dalla formazione di plasma tra l’uscita della fibra ottica e il calcolo da un impulso laser d’alta potenza è alla base della litotrissia laser (lasertrissia) della calcolosi urinaria. Generatori di luce laser Un generatore di luce laser è composto da quattro elementi base: il mezzo attivo, il sistema di pompaggio, il sistema di risonanza e il sistema di collimazione. Mezzo attivo È costituito da sostanze che, opportunamente eccitate, realizzano l'inversione della popolazione elettronica e generano il fascio fotonico. La composizione del mezzo attivo determina la λ della radiazione; il laser prende di norma il nome del mezzo attivo da cui è generato. Il mezzo attivo, detto anche sorgente, si trova all'interno del risonatore; può presentarsi in tutti gli stati della materia, gassoso, plasma, liquido e solido. 88 29/04/2016 Mezzo attivo in stato gassoso. In genere il gas è costituito da una miscela: laser a He-Ne, laser a CO2; in quest'ultimo, alla CO2 si trovano associati anche altri gas quali, azoto, elio e xeno. Mezzo attivo in plasma. Il plasma è uno stato della materia in cui gli e- sono separati dagli atomi e dalle molecole; nel mezzo attivo si trovano elettroni liberi e ioni. Il più noto laser al plasma è quello ad argon (fluorite), che è pompato in gas, poi attivato a plasma. Altri mezzi attivi simili sono quelli a base di kripton e xenon. Mezzo attivo in stato liquido. I laser a sorgente liquida più comuni sono i cosiddetti laser a coloranti (dye-laser). La loro caratteristica è l’accordabilità della f (tunable laser), consistente nella possibilità di variare la f della radiazione modificando il gradiente del colore. Per esempio, la rhodamina, che emette una radiazione nel rosso visibile attorno a 620 nm, consente una variazione di f dell’ordine dei 200 nm, in relazione al gradiente di colore scelto. Il problema dei laser a coloranti è costituito dall'estrema tossicità del mezzo attivo; alcuni sono potenzialmente cancerogeni. Mezzo attivo solido. I più rappresentativi tra i laser a sorgente solida sono il neodimio YAG (Nd:YAG) e i laser a semiconduttori. Nel primo, la sorgente è costituita da un cristallo di ittrio-alluminogranato (YAG) che funge da accettore di e- del neodimio. I laser a semiconduttori sono chiamati anche laser a diodi. Il mezzo attivo è rappresentato da un semiconduttore contenente elementi donatori di e- (per esempio l'arsenico), accoppiato ad altri elementi accettori di e-, quali per esempio, l'alluminio e l'indio. Il più noto è il Ga-As che è anche uno dei laser biomedicali "storici" ancora in uso. 89 29/04/2016 Modalità di erogazione Gli apparecchi laser possono erogare la radiazione in maniera continua e cioè con intensità costante per tutto il tempo di erogazione, oppure in modalità pulsata con pacchetti di impulsi a frequenza variabile. MODALITÀ CONTINUA (CONTINOUS WAVE O CW) In questa modalità la radiazione è emessa a potenza costante per tutto il periodo di erogazione. Gli effetti dell'interazione di questa radiazione con un organismo dipendono esclusivamente dalla possibilità di penetrazione e di trasferimento di energia al substrato. Per diversi laser di bassa potenza l'emissione in modalità continua è una condizione necessaria per poter trasferire ai tessuti una sufficiente dose di energia. Il discorso è diverso per i laser di alta potenza, dove l'energia disponibile può essere usata per fini assai differenti, per esempio antalgico o stimolante. Il puntamento può essere fisso o a scansione, secondo che la sorgente di luce sia spostata o no durante l'erogazione. MODALITÀ PULSATA (PULSED WAVE O PW) In questa maniera è esaltato l'effetto stimolante della radiazione laser. Gli impulsi possono essere emessi secondo una f assai varia, per esempio, da 1 a 20.000 Hz. Questa f non deve essere confusa con la f propria della radiazione luminosa, la quale, per quella sorgente, è sempre la medesima. Nei laser pulsati vi è un tempo attivo (τ-on) rappresento dalla durata dell'impulso, e un tempo non attivo (τ-off) in cui l'intensità della luce è uguale a zero, detto pausa. 90 29/04/2016 Si definisce periodo (T) la somma tra il tempo attivo e la pausa. L'inverso del periodo (1/T) è rappresentato dalla frequenza. Per duty cycle s’intende il rapporto tra il tempo attivo e il periodo (τ-on/T) e può variare tra O e 100% . Q-switch: emissione di impulsi ad altissima potenza di picco, dell’ ordine di milioni di W, della durata di pochi ns. Questo sistema esprime un effetto fotomeccanico particolarmente spiccato e non è attualmente usato in Fisioterapia. 91 29/04/2016 Effetti biologici del laser L'energia assorbita da un tessuto esposto dipende dalla potenza, dalla modalità di erogazione (PW o CW), dal tempo d’esposizione e infine dalla superficie irradiata (spot). Tuttavia, le interazioni della luce laser con i tessuti biologici dipendono anche da una serie di altri fattori, alcuni relativi ai tessuti irradiati, altri alle caratteristiche delle radiazioni luminose. Per quanto riguarda i tessuti, la prima interazione avviene con la cute. Lo spessore della cute varia notevolmente da individuo a individuo, ma anche nelle diverse parti corporee del medesimo individuo. Lo spessore della cute influenza il grado di attenuazione del raggio incidente; tuttavia, la cute non rappresenta una barriera invalicabile per i raggi luminosi laser. Il colore della cute è molto importante. Estremizzando il concetto, il colore bianco induce la maggiore riflessione, mentre il nero il maggiore assorbimento, con tutte le possibili gradazioni intermedie. La lucentezza della cute, come pure la presenza di peli, favorisce la riflessione del raggio laser. Se il laser supera la cute, subisce poi nel suo percorso diversi fenomeni ottici. Riflessione Parte della radiazione incidente non penetra nel tessuti, ma è riflessa con un angolo uguale all'angolo incidente. In via molto approssimativa, si ritiene che in un individuo di razza bianca e glabro, l'entità della riflessione sia attorno al 10-20%. Per minimizzare il fenomeno della riflessione, l'angolo del raggio incidente con il tessuto deve essere il più vicino possibile a 90°. 92 29/04/2016 Trasmissione Indica la frazione della luce che, attraversata la cute, subisce lungo il decorso una serie di fenomeni, quali la diffusione e l'assorbimento. Diffusione (scattering) La particolare rifrazione a cui un raggio luminoso va incontro nei tessuti sottocutanei è chiamata diffusione o scattering. Lo scattering avviene in direzioni multiple, apparentemente casuali, in relazione alle molecole con cui i fotoni si trovano a interagire. Semplificando, si osserva un forward scattering se i fotoni vanno nella stessa direzione del raggio incidente e un backward scattering se i fotoni si dirigono in direzione opposta. Il sottocute può essere rappresentato schematicamente come una sospensione colloidale anisotropa (anisotropo = lo stato fisico di alcune sostanze, specie cristalline, in cui i valori dell'indice di rifrazione e di conducibilità elettrica variano a seconda della direzione considerata). I fenomeni di diffusione sono influenzati notevolmente dall'indice di rifrazione del tessuto da attraversare; più il tessuto è disomogeneo, più lo scattering è evidente. Assorbimento È la cessione finale dell'energia al tessuto. L'assorbimento è un fenomeno dipendente da una molti fattori, in particolare, da alcune sostanze presenti all'interno dei tessuti, chiamate cromofori. Cromofori L'assorbimento di una determinata radiazione da parte di un tessuto è correlato alle caratteristiche chimico-fisiche della struttura irradiata. La luce del laser interagisce soprattutto con particolari molecole presenti nel tessuto, dette cromofori, le quali assorbono la radiazione in maniera selettiva in funzione della λ. 93 29/04/2016 I cromofori possono essere endogeni se prodotti dall'individuo; oppure esogeni, se sono introdotti dall'esterno. I cromofori endogeni più noti e più quantitativamente rappresentati nell'organismo sono: l'acqua, l'emoglobina, la melanina, le proteine e gli amminoacidi. La percentuale relativa dei cromofori è diversa da tessuto a tessuto. I fenomeni di assorbimento da parte dei cromofori variano in funzione della λ della radiazione laser. Nella banda dell’UV predomina l'assorbimento da parte di: melanina, proteine e acidi nucleici, specie per le radiazioni tra 200 nm e 350 nm. Nella banda del visibile l'assorbimento e la diffusione sono paragonabili. I principali cromofori a cui le radiazioni luminose visibili sono sensibili sono: melanina e porfirine (emoglobina e mioglobina). Nella banda del vicino IR (NIR, = 760 ÷ 1400 nm) la diffusione predomina sull'assorbimento e debole è la recettività di tutti i cromofori naturali. Nella banda del lontano IR (FIR, = 1400 ÷ 10.000 nm) vi è un assorbimento quasi esclusivo da parte dell'acqua. I laser che presentano una compresa tra 600 e 1200 nm sono scarsamente assorbiti a livello superficiale e riescono a penetrare in profondità nei tessuti. Per questo si è privilegiato l'uso di queste frequenze in Fisioterapia e in altre branche della Medicina. Questa stretta banda di frequenze è detta finestra terapeutica. 94 29/04/2016 Penetrazione e densità di potenza Oltre che dalla presenza dei cromofori, l'assorbimento di un'emissione laser è fortemente condizionato dalla capacità di penetrazione propria del fascio luminoso. La penetranza della luce dipende a sua volta da diversi fattori, tra cui, i principali sono: la λ, il diametro dello spot e l'intensità della radiazione. Lunghezza d'onda Le radiazioni siano tanto più penetranti quanto maggiore è la λ; questo almeno teoricamente, in assenza dei cromofori specifici. 95 29/04/2016 Spot La penetranza della luce è tanto più elevata quanto maggiore è il diametro dello spot, perché questa condizione aumenta il volume del mezzo irradiato nell'unità di tempo e riduce gli angoli di scattering. Attenuazione Purtroppo, la densità di potenza è inversamente proporzionale alla dimensione dello spot, per cui, la condizione migliore è quella di disporre di radiazioni laser di elevata potenza, erogate mediante spot di dimensioni relativamente grandi. 96 29/04/2016 Effetti terapeutici dei laser I laser impiegati in Fisioterapia presentano alcune effetti biologici comuni. Effetto anti-infiammatorio e anti-edemigeno I laser sono in grado di influenzare i meccanismi della flogosi a vari livelli. Innanzitutto, creano un iperemia attiva, aumentando il calibro e diminuendo la permeabilità di vasi linfatici e capillari, con un effetto di tipo "wash-out" sulle sostanze pro-infiammatorie (istamina, bradichinina, citochine e linfochine). Grazie alla vasodilatazione, è incrementato l'apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie ai tessuti lesi, elementi essenziali nei processi riparativi. I laser stabilizzano poi la membrana cellulare dei mastociti, produttori di istamina; infine, attivano i fagociti, che asportano le sostanze nocive. 97 29/04/2016 Effetto antalgico Secondo le teorie più accreditate, l'azione antidolorifica dei laser si sviluppa attraverso diversi meccanismi. Innanzitutto, a livello superficiale, il laser induce un blocco del potenziale d'azione nelle terminazioni nocicettive, attraverso modificazioni della permeabilità delle membrane assoniche. Inoltre, l'iperemia attiva indotta dal calore e dalle reazioni fotochimiche, promuove il drenaggio delle sostanze algogene, eliminando a monte le cause della sensazione dolorifica. I laser pulsati, specie a bassa frequenza, agiscono sulla modulazione del dolore, interagendo con le fibre mieliniche di grosso calibro, in base alla teoria del Gate Control. Infine, i laser incrementano la produzione di sostanze morfinomimetiche (endorfine ed encefaline) che hanno attività analgesica. Effetto biostimolante I laser incrementano la produzione di ATP a partire dall'ADP, processo che favorisce i processi energetici cellulari. L'organulo cellulare in cui questi processi si realizzano appare essere il mitocondrio, anche se non è stato ancora identificato il mediatore che interviene tra l'azione dei fotoni e l'attivazione dei processi biochimici. Dai numerosi studi sperimentali e in vitro, emerge comunque come la luce laser sia in grado di promuovere la replicazione cellulare e la sintesi di RNA e proteine (ad esempio di collagene), facilitando i processi riparativi. Questo è senza dubbio l'aspetto della laserterapia suscettibile del maggiore sviluppo. 98 29/04/2016 Interazioni delle onde radio I fotoni delle onde radio posseggono un energia troppo bassa per poter interagire a livello atomico e molecolare. Le onde radio a frequenza estremamente bassa (ELF) si formano prevalentemente in corrispondenza di apparecchiature o cavi elettrici in ambienti domestici o lavorativi, oppure a ridosso delle linee ad alta tensione o dei trasformatori. L’effetto biologico principale dei campi a bassa frequenza è quello di produrre correnti elettriche indotte. Alle frequenze più alte, si registrano prevalentemente effetti termici dovuti alla generazioni di correnti parassite indotte. 99 29/04/2016 Interazioni delle microonde (MW) L’energia dei fotoni MW (da circa 1,24 µeV a 1,24 meV) rientra nel range dell’energia di separazione degli stati quantici rotazionali. L'interazione delle MW con elementi non metallici determina transizioni rotazionali, producendo calore, come risultato dell’energia cinetica rotazionale e quindi dell’energia cinetica media della molecola. I conduttori assorbono fortemente le MW e le frequenze più basse, producendo correnti elettriche che riscaldano il materiale. Molti materiali (anche il corpo umano) sono in gran parte trasparenti alle MW, in quanto gli stati energetici (livelli quantici) disponibili sono pochi, quindi non sempre il fotone trasporta l’energia esattamente necessaria per determinare una transizione rotazionale. Poiché le energie quantiche sono un milione di volte più basse di quelle dei raggi X, le MW non possono produrre la ionizzazione e i danni caratteristici delle radiazioni ionizzanti. Interazione della luce visibile L’energia dei fotoni luminosi (1,65 eV - 3,3 eV) è sufficiente per una transizione elettronica. Quando un atomo assorbe l’energia di un fotone, un e- salta dalla sua orbita a un’orbita più esterna (stato energetico maggiore) e l’atomo si dice eccitato. La differenza di energia tra i due livelli orbitali può essere emessa come OEM. Essendo disponibili un grande numero di livelli energetici, le OEM VIS è fortemente assorbita. Tuttavia la radiazione rossa è assorbita meno di quella violetta (penetra di più nella pelle). L’effetto biologico principale della radiazione VIS è la produzione di fotoreazioni a carico del pigmento retinale. Questo meccanismo fisiologico sta alla base della visione. 100 29/04/2016 Interazione dei raggi ultravioletti I fotoni UV hanno energia compresa tra i 3,3 eV e i 124 eV. L’UV vicino (NUV, near ultraviolet) è assorbito notevolmente nello strato superficiale della pelle (transizioni elettroniche tipiche della luce visibile, soprattutto sugli e- di valenza, i più esterni). Quando λ<100 nm, l’energia supera i ≈10 eV, la radiazione diventa ionizzante e può produrre effetti dannosi (da ustioni al cancro della pelle). Sono pericolosi soprattutto gli UVB con λ 290-330 nm. La λ più efficace nella produzione di ustioni cutanee è 297 nm (1 PHz, 4,18 eV). Nel range UVB, gli effetti biologici aumentano esponenzialmente con diminuzione della λ. Gli UV con λ di 330 nm hanno effetti biologici pari a solo lo 0,1% rispetto a quella di 297 nm. Gli UV danneggiano il DNA generando la formazione di dimeri di timina (ponti aberranti che tra basi pirimidiniche adiacenti). È quindi necessario controllare l'esposizione ai raggi UVB. Gli UV rappresentano una percentuale minima della radiazione totale emessa dal sole, ma senza lo schermo naturale dell’atmosfera e dei gas come lo strato di ozono presente nella stratosfera, che assorbe la maggior parte degli UV più nocivi del sole (UVC), la quantità di radiazione che arriverebbe sulla Terra non sarebbe compatibile con la vita umana. Una parte della radiazione UV è essenziale in alcuni processi biologici, quale la produzione di Vitamina D. 101 29/04/2016 Gli UV sono utilizzati con successo per la sterilizzazione. Il coefficiente di assorbimento degli UV è molto grande per quasi tutti i materiali, ad esempio il vetro di buona qualità è molto trasparente nel visibile, ma è estremamente assorbente per gli UV (lo spessore del parabrezza di una autovettura è sufficiente a eliminare praticamente tutta la radiazione UV del sole). Solo il quarzo ha un coefficiente di assorbimento più piccolo per la parte dello spettro UV a più bassa frequenza. A λ inferiori a 200 nm il quarzo, ma anche l'aria (a causa dell'ossigeno presente) assorbe fortemente gli UV. Le radiofrequenze interagiscono sullo spin dell’elettrone. Le microonde (1,24 µeV a 1,24 meV ) inducono rotazioni nelle molecole polari. Gli IR amplificano le naturali oscillazioni dei legami. I NIR (IR vicino e medio IR, 1,24 meV a 1,6 eV), possono portare solo a transizioni fra i k livelli vibrazionali dello stato fondamentale. Le radiazioni VIS/UV riescono a eccitare gli elettroni di valenza. La radiazione VIS (1,6 eV a 3,5 eV) causa l’eccitazione di un e- dal livello E0 a uno qualsiasi degli n livelli elettronico-vibrazionali associati a E1. La radiazione UV causa l’eccitazione di un elettrone dal livello E0 a uno qualsiasi degli m livelli elettronico-vibrazionali associati con E2. I raggi X estraggono gli e- più vicini al nucleo. 102 29/04/2016 Effetti biologici delle REM Gli effetti delle REM sugli esseri viventi dipendono da vari fattori: frequenza, polarizzazione, ampiezza e durata dei campi applicati; proprietà dielettriche, dimensioni, geometria e spessore dei tessuti; dimensione, forma, tipo della e distanza della sorgente; angolo d’incidenza della radiazione. Le radiazioni ionizzanti possono modificare la struttura chimica delle sostanze su cui agiscono e produrre effetti biologici a lungo termine interagendo col DNA. Per tale motivo, le radiazioni ionizzanti possono essere mutagene e cancerogene. Le radiazioni non ionizzanti non hanno energia sufficiente per provocare gli effetti su esposti. Si ritiene che possano avere sugli esseri viventi solo effetti termici. 103 29/04/2016 Energia (eV) Fenomeno Frequenza corrispondente (Hz) Rottura del legame idrogeno 0,08-0,2 23 x 1013 - 4,8x 1013 (IR) Cambio reversibile di conformazione delle proteine 0,4 1014 (IR) Rottura del legame covalente 5 1,2 x 1015 (UV) >10 2,4 x 1015 (UV) Ionizzazione Legame covalente C-H (min) C-H (max) C-C C=C (min) C=C (max) C-O C=O C-N N-N (min) N-N (max) N=N S-H S-S O-H (min) O-H (max) O=O O-O Legami non covalenti Molecole polari Van der Wals Leg. Idrofobico (min) Leg. Idrofobico (max) Leg. Idrogeno (min) Leg. Idrogeno (max) eV 3,9 4,5 3,6 6,33 9,1 3,71 7,72 3,77 1,68 4,4 4,25 3,52 2,34 3,9 4,78 5,16 2,26 3,183E-07 2,759E-07 3,449E-07 1,961E-07 1,364E-07 3,346E-07 1,608E-07 3,293E-07 7,390E-07 2,822E-07 2,921E-07 3,527E-07 5,306E-07 3,183E-07 2,597E-07 2,406E-07 5,493E-07 n Radiazione 9,42E+14 UV 1,09E+15 UV 8,69E+14 UV 1,53E+15 UV 2,20E+15 UV 8,96E+14 UV 1,86E+15 UV 9,10E+14 UV 4,06E+14 Visibile 1,06E+15 UV 1,03E+15 UV 8,50E+14 UV 5,65E+14 Visibile 9,42E+14 UV 1,15E+15 UV 1,25E+15 UV 5,46E+14 Visibile 0,087 0,043 0,15 0,206 0,206 0,413 1,427E-05 2,887E-05 8,277E-06 6,027E-06 6,027E-06 3,006E-06 2,10E+13 1,04E+13 3,62E+13 4,97E+13 4,97E+13 9,97E+13 Energia di legame (eV) IR IR IR IR IR IR 104 29/04/2016 Intensità di corrente nei conduttori solidi La corrente elettrica è uno spostamento ordinato di cariche elettriche in un conduttore agli estremi del quale è applicata una d.d.p. Se le cariche sono ferme si parla di elettrostatica, se sono in moto, di elettrodinamica. Nell’elettrostatica si ha a che fare con fenomeni puramente elettrici, nell’elettrodinamica con fenomeni elettromagnetici. La corrente elettrica è dovuta al movimento di e-, che essendo collocati sugli orbitali possono essere strappati dal nucleo. Alcuni materiali hanno atomi che lasciano con più facilità gli e(conduttori) e altri con più difficoltà (isolanti). Gli e- dei materiali metallici sono detti "liberi", perché capaci di spostarsi da un orbitale all'altro. Gli e- sono scambiati tra gli atomi e non strappati definitivamente e si muovono da punti a potenziale minore, verso punti a potenziale maggiore, in verso contrario al campo (dal – al +). Per convenzione il verso della corrente è quello dal + al –, come se fossero cariche positive a spostarsi. Questo perché, quando si cominciò a studiare le correnti, non si conosceva ancora l’esistenza dell’e-, scoperto da Joseph John Thomson (1856-1940), intorno al 1897. Ebbe il premio Nobel nel 1906. 105 29/04/2016 L’intensità della corrente è la quantità di carica che attraversa la ∆𝒒 sezione di un conduttore in un secondo: 𝒊 = ∆𝒕 . L’unità di misura è l’ampere (A). 𝑨 = 𝒄𝒐𝒖𝒍𝒐𝒎𝒃 𝒔𝒆𝒄𝒐𝒏𝒅𝒐 𝑪 = 𝒔. In un metallo i portatori di carica sono gli e- esterni degli atomi, che sono delocalizzati e liberi di muoversi da un atomo all’altro. Gli ioni positivi occupano i nodi del reticolo cristallino e possono compiere piccole oscillazioni intorno alla posizione di equilibrio, per agitazione termica, ostacolano quindi il moto delle cariche e sono responsabili della resistenza elettrica R che gli e- incontrano quando si muovono all’interno di un conduttore. La velocità media dell’elettricità è prossima a quella della luce. Se ai capi di un conduttore si applica una d.d.p. V, esso è attraversato 𝑽 da una corrente i, tale che : 𝑹 = 𝒊 , dove R (resistenza elettrica). 𝑽 La sua unità di misura è l ’ohm (𝜴). 𝜴 = 𝑨. Prima legge di Ohm: 𝑽 = 𝑹 ∙ 𝒊. I conduttori che seguono questa legge sono detti ohmici. R è una grandezza caratteristica del conduttore e dipende dalle caratteristiche geometriche e chimiche del conduttore e dalle condizioni in cui esso si trova (temperatura, pressione). La corrente che circola in un conduttore è inversamente proporzionale alla R. In pratica R esprime la difficoltà che incontrano le cariche a muoversi nel conduttore. 106 29/04/2016 𝑳 La seconda legge di Ohm esprime proprio questo: 𝑹 = 𝝆 ∙ 𝑨. dove 𝝆 è la resistività del materiale (caratteristica chimica), L è la lunghezza del conduttore (filo) e A è l’area della sua sezione. La resistività 𝝆 è molto piccola nei metalli, ma cresce con la T. Il movimento degli e- di conduzione è ostacolato dalle vibrazioni degli ioni del reticolo cristallino. Con l’aumentare della T, cresce l’ampiezza delle oscillazioni degli ioni attorno alle loro posizioni di equilibrio nel cristallo, quindi aumenta R. R aumenta anche se il conduttore è molto lungo o la sezione è piccola. Resistività elettrica La resistività elettrica, anche detta resistenza elettrica specifica, è l'attitudine di un materiale ad opporre resistenza al passaggio delle cariche elettriche. Nel SI la resistività si misura in ohm per metro (Ω∙m). La resistività di un metallo aumenta all'aumentare della T. La resistività di un semiconduttore diminuisce esponenzialmente con l'aumentare della T. Alcuni materiali, detti superconduttori, quando sono portati al di sotto della loro T critica, assumono un resistività uguale a zero. Al di sopra della T critica, con l'aumentare della T aumenta la resistività. 107 29/04/2016 Materiale Resistività (Ωm) Argento 1,62 × 10-8 Rame 1,69 × 10-8 Oro 2,35 × 10-8 Alluminio 2,75 × 10-8 Tungsteno 5,25 × 10-8 Ferro 9,68 × 10-8 Acciaio 12 x 10-8 Platino 10,6 × 10-8 Silicio puro (non drogato) 2,5 × 103 Vetro tra 1010 e 1014 Pelle umana 5 x105 Gomma 5 x1015 Effetto Joule Una corrente elettrica in un conduttore metallico è un movimento orientato di e- al suo interno. A muoversi sono gli e- dei livelli energetici più esterni che sono praticamente liberi all’interno del filo e sono continuamente accelerati dal CE. Poiché essi si spostano nella stessa direzione e verso della forza elettrica, quest’ultima compie un lavoro positivo, che si traduce in un aumento dell’energia cinetica degli elettroni di conduzione. Tale aumento, però, termina dopo pochissimo tempo, perché l’ e-, dopo aver percorso un tratto molto breve, interagisce con uno o più ioni del reticolo cristallino, perdendo così gran parte dell’ energia cinetica che aveva acquistato. 108 29/04/2016 Subito dopo, l’ e- ricomincia a essere accelerato dal CE e la sua energia cinetica riprende ad aumentare fino all’urto successivo. In seguito alle collisioni degli e- di conduzione con gli ioni del reticolo cristallino, l’energia cinetica media di oscillazione di tutti gli ioni del reticolo aumenta. Il che significa che l’energia interna, e quindi la T, del conduttore aumenta. Il fenomeno per cui un conduttore attraversato da una corrente elettrica dissipa energia sotto forma di calore è detto effetto Joule. Prende il nome dal fisico James Prescott Joule che nel 1841 descrisse la prima legge di Joule: 𝑸 = 𝑰𝟐 ∙ 𝑹 ∙ 𝑻 La potenza dissipata da un resistore percorso da corrente d’intensità I, e ai cui estremi è applicata una differenza di potenziale V, è data da: 𝑷 = 𝑽 ∙ 𝒊. Dalla prima legge di Ohm: 𝒊 = ∆𝑽 , quindi ∆𝑽 𝑹 = 𝑹 ∙ 𝒊, allora 𝑷 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐. 𝑬 Poiché 𝑷 = ∆𝒕 , la quantità di energia elettrica (E) che è trasferita al 𝑬 resistore nell’ intervallo di tempo ∆𝒕 è quindi è pari a ∆𝒕 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐. Allora 𝑬 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐 ∙ ∆𝒕. Se tutta questa energia è trasformata in calore, avremo 𝑸 = 𝑹 ∙ 𝒊𝟐 ∙ ∆𝒕. Il calore prodotto per effetto Joule quindi è direttamente proporzionale alla resistenza del conduttore e al quadrato dell'intensità della corrente che lo attraversa. 109 29/04/2016 Possiamo a questo punto definire la resistenza elettrica come l’ attitudine di un conduttore a trasformare l'energia elettrica che lo percorre in calore. Quando in un apparecchio elettrico si richiede che la percentuale di energia elettrica convertita in calore sia molto alta, occorrerà aumentare il più possibile la resistenza dell'apparecchio. Questo avviene per esempio nelle stufe o nei ferri da stiro. In altri casi, invece, è essenziale che sia dispersa meno energia possibile e, benché non sia possibile eliminare completamente l'effetto Joule, si cerca di minimizzare il riscaldamento utilizzando materiali a bassa resistenza, come l'oro, l'argento o il rame. Per questo motivo i cavi che collegano tra loro gli apparecchi elettrici o quelli che portano l'elettricità nelle case sono di rame. James Prescott Joule (1818 – 1889) 110 29/04/2016 Accoppiamento di un C.E. a bassa frequenza Un organismo vivente in presenza di CEM può interagire con essi assorbendone energia. Rispetto al CE i tessuti biologici possono comportarsi come dielettrici o come conduttori, secondo la frequenza dei CE, la conducibilità e la costante dielettrica che li caratterizza. Fino a 100 kHz i tessuti possono essere considerati come buoni conduttori. Per questo motivo, fino a tali frequenze il CE non penetra in modo significativo all’interno dei tessuti e l’organismo esposto si comporta come un oggetto omogeneo perfettamente conduttore, sulla superficie del quale è indotta una distribuzione di carica elettrica. La variazione nel tempo di tale distribuzione (se il CE è variabile) genera la presenza di correnti elettriche all’interno del corpo umano con intensità proporzionale alla frequenza e all’ampiezza del CE. In pratica si osserva che: il CEM tende a far oscillare le cariche elettriche libere; Il CEM tende a orientare e deformare le molecole nei tessuti. Infatti gli ioni + e - presenti nei liquidi fisiologici acquistano energia dal CE e tendono a seguire oscillazioni di quest’ultimo. Di conseguenza si formano nell’organismo delle correnti ioniche. I tessuti biologici sono pressoché trasparenti al CM., ma un CM variabile genera a sua volta correnti indotte, la cui intensità è proporzionale alla f e all'ampiezza del CE. 111 29/04/2016 La distribuzione nell’organismo di tali correnti e l’entità delle stesse determinano la trasformazione di una parte significativa dell’energia EM in energia termica (effetto Joule). Le correnti indotte possono a loro volta generare un CM secondario in grado di perturbare il campo impresso. In genere per f fino all'ordine del centinaio di KHz, la perturbazione (che dipende dalla f, dalla conducibilità dei tessuti e dalle dimensioni dell’organismo esposto) nel caso dell’uomo è trascurabile. Tuttavia si possono verificare: interferenza delle correnti indotte con i meccanismi fisiologici della percezione sensoriale e dell’attivazione muscolare; se l’esposizione è sufficientemente intensa: sensazioni tattili o visive spurie o disturbate o con contrazioni muscolari involontarie. Effetti termici dei CEM In seguito dell’interazione tra il CEM e l’organismo, la conversione dell’energia EM in energia termica può interessare il corpo intero determinando una crescita generalizzata della T, oppure può riguardare singoli organi, tessuti provocando in essi aumenti localizzati della T. Il regolare svolgimento delle attività fisiologiche dipende dal mantenimento della T dell’organismo entro normali valori di riferimento. Un incremento della T corporea comporta l’attivazione della termoregolazione. In particolare, il sistema circolatorio svolge la funzione di trasportare il calore in eccesso dalle zone interne del corpo a quelle superficiali dove avviene lo scambio termico con l’ambiente circostante. 112 29/04/2016 La quantità di calore rimossa in un dato sito biologico è legata alla portata sanguigna: maggiore è la quantità di calore da espellere e, maggiore dovrà essere la portata del fluido in circolo. La portata sanguigna è regolata dalla pompa cardiaca; essa può essere incrementata entro determinati limiti modificando la frequenza e gettata cardiaca. L’incremento delle frequenza comporta un maggiore lavoro meccanico a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio. In seguito allo sforzo compiuto dalla pompa cardiaca e all’intervallo di tempo di termoattivazione del sistema regolazione si generano nell’individuo disturbi termici di varia gravità. In particolare, gli effetti osservati sono: aritmie, tachicardia, bradicardia, alterazioni dell’ECG, disturbi emodinamici. Per esposizione ai campi RF e MW di sufficiente intensità, i tessuti irradiati possono subire incrementi significativi di T, col pericolo di superare il limite di tolleranza dello specifico tessuto, danneggiandolo in maniera irreparabile. Per es., T dell’ordine dei 44° C e 48° C sono dannose rispettivamente per il tessuto nervoso e cardiaco. Per tale motivo, gli organi poco vascolarizzati (occhio e gonadi) sono anche i più sensibili al danno termico indotto dalle OEM a RF e MF. Il cristallino è la parte dell’occhio che risente in misura maggiore degli effetti del riscaldamento conseguente all’esposizione a RF e MW, anche se altri tessuti oculari possono subire disturbi transitori come arrossamenti o vere e proprie ustioni. 113 29/04/2016 La quantità di calore in eccesso nel cristallino, organo non vascolarizzato, è scambiata solo per contatto termico con l’umor acqueo e con il corpo vitreo. Il surriscaldamento può determinare l’opacità del cristallino. Indagini epidemiologiche hanno evidenziato che le RF possono determinare un invecchiamento precoce del cristallino. Le esposizioni a MW possono determinare danni ai testicoli e alle gonadi femminili. Sulla base delle attuali conoscenze (derivanti dalla sperimentazione animale) si ritiene che esposizioni inferiori a 100 W/m2 siano non mutagenetiche. Considerazioni sugli effetti biologici dei CEM Poiché un qualunque sistema biologico contiene cariche elettriche, appare chiaro che l’esposizione ad un campo esterno può dare luogo in qualche misura a effetti biologici. Per quanto riguarda gli effetti dei CEM possiamo parlare di effetti diretti e indiretti. Gli effetti diretti sono quelli che risultano dall’accoppiamento diretto fra un CEM e il corpo umano. Gli effetti indiretti sono quelli che risultano dall’accoppiamento di un CEM con un oggetto (ad esempio una struttura metallica) e successivamente con una persona che tocca quell’oggetto. 114 29/04/2016 L’effetto diretto di un CEM tipo ELF sull’organismo umano consiste nell’induzione di correnti all’interno del corpo, distribuite in vari modi in dipendenza all’intensità dei campi esterni, alla resistività dei tessuti corporei e alla posizione del corpo. Ciò dà luogo a effetti biologici (solo per valori elevati della densità di corrente) dovuti alla stimolazione di tessuti elettricamente eccitabili (tessuto muscolare e nervoso). Bisogna notare che a bassa frequenza il CE e il CM, pur essendo contemporaneamente presenti, sono disaccoppiati, e quindi vanno valutati separatamente. Entrambi provocano correnti nel corpo umano, ma con meccanismi diversi, infatti un CE variabile produce delle correnti di spostamento, mentre un CM variabile produce correnti indotte. Un CE ELF induce sul corpo esposto una carica superficiale che può dare origine a un formicolio della pelle, a una vibrazione dei peli e a piccole scariche. Un intenso CM statico (frequenza prossima a zero) può causare vertigini o nausea a una persona che si muova nel campo stesso. I CE ad alta frequenza interagiscono col corpo umano attraverso l’assorbimento dell’energia EM incidente. Tale energia è dissipata sotto forma di calore. Gli effetti biologici sono in sostanza legati all’innalzamento della T locale o globale. Alle alte frequenze i CE e CM sono sempre contemporaneamente presenti e vanno valutati globalmente. 115 29/04/2016 Gli effetti dei CEM si possono ulteriormente suddividere in: effetti acuti (immediati, più facilmente osservabili); effetti differiti (a lungo termine, difficilmente valutabili). Per i CEM di tipo ELF gli effetti acuti si manifestano come semplici fastidi o addirittura come paralisi cardiaca. Nei campi ELF deve essere considerata la densità di corrente J invece per i campi RF si valuta il SAR 𝑾 𝑲𝒈 𝑨 𝒎𝟐 , . Resta il problema di collegare queste ultime grandezze (J e SAR), difficilmente misurabili, a quelle che le determinano, facilmente misurabili: campo elettrico E 𝑽 𝒎 , campo magnetico H induzione magnetica B 𝑻 e densità del CEM S 𝑾 𝒎𝟐 𝑨 𝒎 , . Termoterapia 116 29/04/2016 Meccanismi d’interazione dei CEM Nei materiali le correnti prodotte dall’interazione con campi E e H si generano con vari meccanismi: Corrente di conduzione: data dalla deriva degli elettroni liberi di muoversi nel materiale (tipica dei metalli e dei buoni conduttori). di convenzione: è data dalla deriva di ioni + e – in un contesto che ne consenta il moto (liquidi). Le correnti di conduzione e di convenzione possono essere indotte da un CE sia costante che variabile. Corrente di polarizzazione: data dal moto oscillatorio intorno a una posizione d’equilibrio di molecole o parti di molecole che non sono libere di andare alla deriva sotto l’azione del CE variabile. Tipica dei buoni dielettrici. Nelle correnti di polarizzazione le parti in movimento (escursione submolecolare) possono essere: Cariche + o – che tendono a spostarsi seguendo la direzione del CE. Molecole dipolari (come l’acqua) che tendono a ruotare intorno alla loro posizione d’equilibrio per allinearsi al CE. Se il CE è costante, raggiunta la posizione di equilibrio non c’è più corrente. Corrente di magnetizzazione: implica l’allineamento di dipoli magnetici in un materiale magnetico sottoposto ad un CM variabile (un campo statico non genera corrente). Trascurabile nei materiali biologici, perché non sono magnetici. 117 29/04/2016 Assorbimento di potenza da parte di un mezzo con caratteristiche simili al muscolo alle frequenze ISM europee e a 915 MHz, che in USA sostituisce i 434 MHz. Onde sonore 118 29/04/2016 Ultrasuoni (US) Gli US causano compressioni e rarefazioni nel mezzo. Propagazione di un’onda di pressione (funzione della perturbazione originaria e delle caratteristiche acustiche del mezzo). In zone ricche di gas (polmoni) gli US hanno grande difficoltà a propagarsi, mentre le OEM raggiungono profondità maggiori. In zone ricche di acqua (muscolo) gli US sono molto meno attenuati delle OEM. In presenza di discontinuità (osso/muscolo) gli US hanno una grande dissipazione di energia con surriscaldamento localizzato. A parità di potenza per unità di volume con gli US può insorgere una propagazione con leggi non lineari con maggiore dissipazione di energia e rischio di surriscaldamento incontrollato. A parità di potenza per unità di volume, l’interazione tra US e piccole bolle di gas presenti nei tessuti può dare luogo al fenomeno della cavitazione con conseguenze meccaniche e chimiche rilevanti. Assorbimento da parte di un mezzo con caratteristiche simili al muscolo. 119 29/04/2016 Assorbimento OEM versus US Temperatura – profondità T dei tessuti di una coscia in funzione della profondità se sulla superficie s’impone una T di 8°C per mezzo del contatto con un corpo freddo 120 29/04/2016 Calore E’ prodotto dai movimenti di traslazione, vibrazione e rotazione degli atomi e delle molecole di un corpo. Gli atomi e le molecole sono animati incessantemente da un moto caotico (agitazione termica), che determina la temperatura. Riscaldare un corpo: aumentare agitazione termica. Raffreddare un corpo: ridurre agitazione termica. La temperatura è la misura del calore di un corpo rispetto a uno di riferimento. E’ dovuta all’energia cinetica degli atomi e delle molecole. Non c’è un limite superiore, ma c’è un limite minimo: -273,16°C (0 assoluto, 0° K). Caloria o piccola caloria (cal): quantità di calore necessaria per aumentare di 1° C (da 14,5°C a 15,5°C) 1 g di H20 distillata posta a livello del mare (pressione di 1 atm). Nel S.I. il calore è misurato in joule (1 caloria = 4,18 j). In biologia e in nutrizione la grande caloria o caloria alimentare (Cal o kcal), equivalente a 103 cal, è l'energia necessaria per innalzare di 1 °C la T di 1 kg di H20 distillata posta a livello del mare ed è usata per indicare l'apporto energetico medio di un alimento in combinazione con l'unità di massa g o hg. 1 g di carboidrati sviluppa ca. 3,8 kcal, 1 g di proteine ca. 3,1 kcal e 1 g di lipidi ca. 9,3 kcal. 1 J = 0,2388459 cal 1 cal = 4,1867999409 J 121 29/04/2016 Calore specifico (c) di una sostanza: quantità di calore necessaria per innalzare (o diminuire) la T di un’unità di massa di 1 K (o di 1° C). Nel S.I. l'unità di misura del calore specifico è il J / (kg × K); nel Sistema tecnico è kcal / (kg × °C). Capacità termica (C): ammontare di calore richiesto da un sistema per aumentare la T di di 1° K (o di 1° C). Nel S.I. l'unità di misura della capacità termica è J/K. La capacità termica C è proporzionale al calore specifico c e alla massa m del corpo: 𝑪 = 𝒎 ∙ 𝒄. A differenza del calore specifico, che dipende solo dalla natura del materiale, la capacità termica di un corpo dipende sia dalla natura del materiale sia dalla sua massa. L’ H20 ha un calore specifico molto elevato (4,18 kJ K-1 kg-1). Calore specifico Materiale kJ K-1 kg-1 H20 4,18 Aria 1,01 Alluminio 0,90 Rame 0,40 Mercurio 0,14 Vetro Cera di paraffina 0,77 circa 2,7 Gomma 2,0 Corpo umano 3,6 Pelle 3,8 Muscolo 3,8 Grasso 2,3 Osso 1,6 Sangue 3,6 La capacità termica del corpo umano è vicina a quella dell’H20, essendone composto per circa il 70%. Il muscolo, che ha un contenuto di H20 alto, ha una capacità termica maggiore del tessuto adiposo. Per aumentare di 2°C la T di un soggetto dal peso di 70 kg occorrono: 70 x 3,6 x 2 = 576 kJ di energia. 122 29/04/2016 Trasmissione del calore Conduzione: tra corpi a contatto diretto, avviene spontaneamente dal corpo più caldo a quello più freddo finché i due corpi non raggiungono la stessa temperatura. Convenzione: nei fluidi (liquidi e gas), avviene attraverso spostamento di materia. Le parti più calde vanno verso l’alto (correnti ascendenti calde) e le parti più fredde vanno verso il basso (correnti discendenti fredde). Irraggiamento: attraverso OEM che si trasformano in calore quando incontrano un mezzo e sono assorbite dalla materia, attraverso transizioni vibro-rotazionali, aumentando l’energia cinetica delle molecole e quindi aumentandone l’agitazione termica. Convenzione 123 29/04/2016 Agitazione termica Calore e corpo umano T corporea: 37°C ± 0,5°C. Al risveglio: 36°C (orali). Cresce fino al massimo (h 18-22) 37,2°-37,4°C, poi decresce fino al minimo (h 01-04) 36,4°C. T corporea primi anni di vita: 37,6° C per: metabolismo esaltato e termoregolazione non perfettamente funzionante. Lavoro fisico: accentua le reazioni biochimiche. In soggetto non allenato, sforzo prolungato: rialzo termico di ~ 2°C. Un riscaldamento superficiale ≥ 44°C può danneggiare l’epitelio. Al crescere della T aumenta la perfusione. Quando la T raggiunge i 43°C, l’asportazione di calore da parte del sangue prevale su tutti gli altri effetti. 124 29/04/2016 La gran parte dei tessuti sopporta un raffreddamento di 7°C. La pelle e il t. sottocutaneo, in particolare nelle regioni periferiche, hanno una T molto variabile e condizionata dalla T ambientale. Oltre i 41°C: possibilità di convulsioni. 43,5°C: massima T corporea compatibile con la vita. La T corporea dipende dal bilancio tra perdita e guadagno termico. Il maggior guadagno termico è dato dal metabolismo basale, che può essere nettamente incrementato dall’esercizio fisico. Circa il 75% dell’energia utilizzata dalla contrazione muscolare si manifesta in calore. Guadagno Perdita Metabolismo basale Emissione di radiazioni verso l’ambiente Metabolismo della contrazione muscolare Conduzione verso oggetti freddi Metabolismo di altri tessuti oltre al basale (es. digestione) Conduzione verso aria, continuamente rimossa per convenzione Assorbimento di radiazioni dall’ambiente Evaporazione di acqua attraverso la pelle perspiratio insensibilis (25-35 ml/ora) vapore trasportato da convenzione Conduzione da oggetti caldi Evaporazione di sudore - vapor acqueo trasportato da convenzione Espirazione di aria calda – convenzione forzata Escrezione di urine, feci ed altri fluidi 125 29/04/2016 Mantenimento dell’omeotermia Termorecettori cutanei Sono terminazioni libere presenti nella cute microscopicamente non distinguibili dai recettori per il dolore. I termorecettori per il caldo generano una scarica continua se la T della pelle si mantiene costante, rispondono a T tra 30-45°: risposta massima a 40-42°C, smettono di scaricare <30°C e >50°C. I termorecettori per il freddo rispondono a T di 35-20°C: risposta massima a 25-30°C, smettono di scaricare <10°C , ma >45° si riattivano trasmettendo segnali dolorifici. Sono più abbondanti di quelli per il caldo. Altri sensori in profondità controllano la temperatura del sangue. 126 29/04/2016 I nocicettori termici hanno una distribuzione analoga ai termocettori. Quelli per il freddo rispondono <10°C, quelli per il caldo >50°C. A eccezione del cervello, ogni parte del corpo possiede nocicettori polivalenti in grado di percepire eccessi di pressione, calore o molecole rilasciate da tessuti danneggiati o infiammati. I termorecettori hanno una soglia di discriminazione massima a livello delle labbra (1 mm) e minima a livello del polpaccio (48 mm). Indice: 2 mm, palma mano: 10 mm, fronte: 18 mm, pianta piede: 22 mm, schiena: 42 mm. La somministrazione di calore dall’esterno stimola i termorecettori (su tutto il mantello cutaneo, ma soprattutto su palma delle mani e pianta dei piedi). Risposta neurovegetativa per disperdere il calore assorbito (per mezzo di convenzione, conduzione, irraggiamento, evaporazione): vasodilatazione cutanea, diaforesi, iperventilazione. I fenomeni neurovegetativi sono spesso di tipo consensuale. Dopo esposizione di un piede a IR per 5 m: aumento della T cutanea locale di 6°C, ma anche aumento di 5°C al controlaterale. Se l’ aumento di T è di soli 5° non si ha la risposta consensuale. È descritto anche un effetto diaforetico consensuale. L’aumento del flusso ematico determina un aumento della T della cute e del sottocute con incremento del consumo cellulare e del consumo di O2 da parte dei tessuti. 127 29/04/2016 Termorecettori cutanei Applicazione di calore non urente su una superficie cutanea estesa Rapida vasodilatazione cutanea: aumento della pressione idrostatica intracapillare; riscaldamento di una maggiore quantità di sangue, che allontanandosi determina ipertermia negli organi profondi, anche se limitata. 128 29/04/2016 Applicazione di calore non urente su una superficie cutanea limitata La vasodilatazione determina apprezzabile riduzione delle resistenze periferiche con transitoria caduta della pressione sanguigna, ipertermia e diaforesi marcate. La vasodilatazione periferica è compensata dal maggior impegno cardiaco e da vasocostrizione nel territorio splancnico. Passaggio da ipotensione a ipertensione più o meno evidente. Attenzione agli effetti emodinamici nei cardiopatici e ipertesi! Somministrazione di calore: microcircolazione Effetti controversi In teoria: vasodilatazione periferica, aumento della permeabilità capillare, aumento della pressione idrostatica capillare, imbibizione edematosa dei tessuti. Quindi: controindicazione negli stati edematosi. In pratica: azione positiva della termoterapia moderata. Una spiegazione: le note modifiche all’equilibrio di Starling si verificano nei tessuti sani, in quelli compromessi i meccanismi sono più complessi. 129 29/04/2016 Legge di Starling (distribuzione dei liquidi tra plasma sanguigno e liquidi interstiziali) Lo scambio sangue-liquido interstiziale avviene nei capillari. Per facilitarlo, le pareti dei capillari non hanno muscolo liscio e tessuto fibroso o elastico di rinforzo presente nelle pareti degli altri vasi. I capillari presentano uno strato di endotelio piatto costituito da un singolo strato di cellule sostenuto da una membrana basale. L’endotelio dei capillari di solito presenta giunzioni lasse, con spazi o pori tra le cellule. I capillari arteriosi trasportano sangue ricco di nutrienti e O2, quelli venosi raccolgono il sangue refluo della porzione arteriosa e che si è caricato di CO2 e sostanze di scarto. La maggior parte degli scambi tra plasma e liquido interstiziale si ha per diffusione semplice, sia attraverso i pori della parete capillare che attraverso le cellule dell’endotelio. La diffusione è il movimento netto di molecole da una zona a concentrazione maggiore verso una a concentrazione minore fino alla distribuzione uniforme in ogni parte dello spazio disponibile. La velocità di diffusione per i soluti permeabili è determinata essenzialmente dal gradiente di concentrazione tra plasma e liquido interstiziale. Un’altra forma di scambio capillare è il flusso netto di liquidi in entrata e in uscita dai capillari: movimento di massa di acqua e soluti tra sangue e liquido interstiziale a causa della pressione osmotica o idraulica. 130 29/04/2016 Consideriamo due compartimenti A e B riempiti con due soluzioni uguali ma a diversa concentrazione (A più concentrata di B) e separati da una membrana semipermeabile, che si lascia attraversare dall’H2O ma non dai soluti disciolti in essa, l’ H2O si muoverà per diffusione semplice dal compartimento meno concentrato (B) a quello più concentrato (A). Tale movimento lungo gradiente di concentrazione è detto osmosi. La pressione osmotica è quella pressione che deve essere applicata a un pistone per opporsi esattamente al movimento osmotico dell’acqua verso il compartimento A. La pressione idrostatica è invece la pressione laterale esercitata dal flusso di liquido, che dipende dalla quantità di liquido. Il flusso di quidi verso l’esterno dei capillari è definito filtrazione, mentre il flusso verso l’interno è definito assorbimento. La principale differenza nei soluti tra liquido interstiziale e plasma è rappresentata dalle proteine plasmatiche, che sono quasi assenti nel liquido interstiziale. La pressione osmotica dovuta alla presenza di queste proteine è definita pressione colloido-osmotica o pressione oncotica. La pressione oncotica non è equivalente alla pressione osmotica totale, ma è solo la porzione di pressione osmotica generata dalle proteine plasmatiche. Poiché la pressione oncotica è maggiore nel plasma, mentre nel liquido interstiziale è pressoché zero, il movimento osmotico dell’H2O è diretto dal liquido interstiziale ai capillari. 131 29/04/2016 L’endotelio capillare è liberamente permeabile agli altri soluti plasmatici, quindi essi non contribuiscono al gradiente osmotico a cavallo dell’endotelio stesso. La pressione oncotica del capillare può essere considerata costante per tutta la lunghezza dei capillari e pari a 25 mmHg. La pressione idraulica capillare diminuisce lungo il capillare a causa della perdita di energia determinata dall’attrito. I valori medi della pressione idraulica sono 32 mmHg a livello dell’ estremità arteriosa e 15 mmHg a livello dell’estremità venosa. La pressione idraulica del liquido interstiziale è molto bassa di conseguenza il movimento dell’acqua determinato dalla pressione idraulica è diretto all’esterno dei capillari. Il flusso netto a livello dei capillari è regolato dalle forze di Starling: Una degerminata dalla pressione idraulica che spinge i liquidi fuori dai capillari. L’altra è determinata dalla pressione osmotica che spinge i liquidi dentro i capillari. La filtrazione attraverso la parete dei capillari è determinata dalla pressione idrostatica cui si oppone la pressione osmotica. A livello dell'estremità arteriosa del capillare dove la pressione idrostatica (32 mm Hg) supera la pressione oncotica (25 mm Hg), il liquido passa dai capillari negli spazi interstiziali. All'estremità venosa del capillare invece, dove la pressione oncotica (25 mm Hg) supera la pressione idrostatica (15 mm Hg), il liquido rientra nei capillari. 132 29/04/2016 Il movimento di un liquido per filtrazione attraverso un capillare è descritto dall’equazione di Starling: 𝑱𝒗 = 𝑲𝒇 𝑷𝒄 − 𝑷𝒊 − 𝝈 𝝅𝒄 − 𝝅𝒊 . Dove: 𝑱𝒗 è il movimento fluido netto tra compartimenti (ml/min). 𝑷𝒄 − 𝑷 𝒊 − 𝝈 𝝅 𝒄 − 𝝅 𝒊 è la pressione netta di filtrazione. 𝑲𝒇 è il coefficiente di filtrazione (costante di proporzionalità). È il prodotto di due componenti: area superficiale di capillarità e conduttanza idraulica di capillarità. Si misura in ml/min mmHg La conduttanza idraulica esprime la permeabilità all’acqua della parete del capillare. Essa varia secondo i tessuti e dipende dalle caratteristiche morfologiche della parete dei capillari (per es. la grandezza dei pori tra cellula e cellula; se i capillari sono fenestrati). Perciò l’entità del movimento di un liquido per una data differenza di pressione è maggiore nei capillari con Kf più alto (per es. i capillari glomerulari) ed è minore nei capillari con Kf più basso (per es. i capillari cerebrali). Kf non è influenzata da fattori quali le variazioni della resistenza arteriolare al flusso di sangue, l’ipossia o l’eccessiva presenza di metabolici, ma Kf aumenta quando si verifica un danno del capillare. Le altre variabili sono: Pressione idrostatica di capillarità (Pc ) Pressione idrostatica interstiziale (Pi) Pressione oncotica di capillarità (πc) Pressione interstiziale oncotica(πi) Coefficiente di riflessione (σ), di valore compreso fra 0 e 1, è un fattore correttivo che tiene conto del fatto che molti capillari hanno una piccola permeabilità alle proteine (come l'albumina). 133 29/04/2016 L’equazione di Starling ha un numero rilevante di implicazioni fisiologiche, specialmente quando i processi patologici alterano una delle suddette variabili. In condizioni fisiologiche a livello dell’estremità arteriosa si ha filtrazione netta, a livello dell’estremità venosa assorbimento netto. In alcune situazioni in cui si ha un aumento della pressione al capo venoso della circolazione o un aumento della pressione al capo arterioso o ancora una variazione della pressione oncotica, si possono avere variazioni nell’entità dei processi di filtrazione e assorbimento. Somministrazione di calore: muscolo Notevole riduzione dello stato eccitatorio delle unità motorie: azione miorilassante, più intensa se preesiste ipertono. La diminuzione della T corporea (specie della cute del collo) provoca un aumento dell’attività delle fibre γ, con conseguente iperattività dei fusi n.m. e aumento del tono muscolare. Somministrazione di calore: rene Azione non molto chiara: In alcuni casi aumenta la diuresi. In altri casi netta riduzione della diuresi, forse conseguente alla vasocostrizione nel territorio splancnico. In ogni caso: prudenza nei pazienti nefropatici, per evitare improvvisi sintomi uremici. 134 29/04/2016 Somministrazione di calore: polmoni Iperventilazione, riduce l’ipertermia: Riscaldamento aria espirata. Eliminazione vapore acqueo. Oltre una certa T, variabile secondo gli individui, riduzione degli atti respiratori di dubbia interpretazione: Stimolazione eccessiva dei centri respiratori? Ipocapnia dovuta all’iperpnea? In genere le brusche variazioni di T, sia in eccesso, che in difetto, provocano una sospensione di qualche secondo degli atti respiratori, dovuta ad un fenomeno riflesso con una certa componente psichica. Sulle muscose delle vie respiratorie: Effetto congestizio. Rilasciamento della muscolatura liscia. Aumento della secrezione mucosa. Invece l’aria fredda determina un aumento del tono dei muscoli lisci con diminuzione del lume bronchiale. 135 29/04/2016 Somministrazione di calore: metabolismo Incremento del metabolismo cellulare. Accelerazione dei processi enzimatici, biologici e cellulari con: Aumento delle possibilità di difesa. Aumento dei meccanismi riparativi. Diaforesi: quando la T ambientale >29°C. Anche a T <29°C: Intenso impegno muscolare (anche 1500 cc). Intense sollecitazioni psichiche. Effetti terapeutici del calore La termoterapia è indicata quando: È necessario stimolare il flusso ematico. Aumentare il metabolismo tessutale. Stimolare i sistema di difesa dell’organismo. Sempre che le condizioni cardiocircolatorie siano buone e i tessuti in grado di aumentare il loro metabolismo e non siano danneggiati. È nozione comune che sia il caldo che il freddo, secondo i casi, possono svolgere un’azione algosedativa, dovuta forse al fatto che i nociccettori presentano una variazione della loro soglia di stimolazione col variare della T. 136 29/04/2016 Sottrazione di calore Reazione al freddo localizzato: inizialmente vasocostrizione, con conseguente pallore cutaneo. Esposizione prolungata: alla vasocostrizione segue una vasodilatazione dei capillari venosi, con intenso eritema cutaneo. Se l’esposizione si prolunga ancora il sangue che ristagna nel sistema venoso va incontro a una lenta riduzione e la cute assume un colorito cianotico chiazzato; il ristagno favorisce la formazione di edemi. Se l’esposizione è eccessiva: fenomeni necrobiotici nei tessuti. Se la superficie cutanea esposta al freddo è ampia, la vasocostrizione comporta un apprezzabile aumento delle resistenze periferiche, quindi un effetto ipertensivo, che è più o meno rapidamente compensato da una vasodilatazione splancnica. Se l’ipotermia corporea è prolungata: Rallentamento della circolazione ematica. Riduzione della pressione sanguigna. Bradicardia (meno di 50/min). 137 29/04/2016 Sottrazione di calore: apparato muscolare Il freddo aumenta l’attività delle fibre gamma e quindi determina un aumento del tono muscolare. Per compensare la riduzione termica: orripilazione. Se l’orripilazione non è sufficiente: brivido (contrazioni subtetaniche involontarie), che può portare a un aumento del metabolismo del 20-30%, con produzione di calore endogeno. Sottrazione di calore: apparato respiratorio Il freddo determina una riduzione degli atti respiratori, che diventano più profondi e si arrestano quando la T corporea scende sotto i 28°C. L’aria fredda determina un aumento del tono dei muscoli lisci, con riduzione del lume bronchiale. Calore e colore della cute Il colore della cute (pallore, rossore, cianosi) e la T cutanea sono indipendenti. Il colore dipende dal grado di pervietà dei capillari, mentre la T cutanea è in relazione con la quantità di sangue che scorre nell’ unità di tempo nelle arteriole cutanee. In ambiente caldo la cute può essere pallida o arrossata (vasocostrizione o vasodilatazione capillare), ma sempre calda (vasodilatazione arteriolare). In ambiente freddo la cute è quasi sempre fredda (vasocostrizione arteriolare), salvo qualche condizione transitoria; può essere pallida (vasocostrizione capillare), arrossata (vasodilatazione capillare) o cianotica (vasodilatazione capillare e arterio-venosa con notevole riduzione dell’Hb, per stasi protratta nei capillari venosi). 138 29/04/2016 Il calore è più efficace quando il dolore deriva da uno stato di spasmo o contrattura muscolare. Il freddo ha un’azione antalgica, che oltre certi limiti è anche anestetica, però se agisce troppo a lungo, determinando alterazioni del pH sanguigno e tessutale, nonché accumulo di CO2, determina una stimolazione dei chemorecettori cutanei e profondi con la comparsa di dolori profondi e diffusi (dolori da congelamento). Usare cautela con la termoterapia negli stati infiammatori acuti, per evitare un ulteriore sovraccarico metabolico e circolatorio e quindi necrobiosi dei tessuti. Si può usare una termoterapia blanda negli stati dolorosi non infiammatori e una termoterapia energica negli stati distrofici, ove occorre stimolare il metabolismo tessutale e l’apporto di sostanze energetiche. Termoterapia esogena. Sfrutta l’applicazione di calore dall’esterno: naturale, artificiale. Termoterapia esogena naturale: Applicazioni umide (con mezzi liquidi): bagni termali, fanghi … Applicazioni a vapore (con mezzi gassosi): grotte naturali. Applicazioni secche: elioterapia, psammoterapia. Termoterapia esogena artificiale: Applicazioni umide: bagno, doccia, paraffinoterapia. Applicazioni a vapore: suffumigi e fomentazioni, bagno romano, bagno turco, sauna finnica. Applicazioni secche con: • Mezzi solidi: borsa d'acqua calda, psammoterapia, fanghi, termoforo. • Applicazioni locali: forni alla Bier, radiazioni, OEM, US. 139 29/04/2016 Psammoterapia Utilizza la sabbia alla quale si aggiunge la componente farmacologica specifica dell'acqua di mare sotto forma di sali adesi ai granuli. La sabbia ha una composizione chimica particolare ed è costituita essenzialmente da granuli tra i quali è interposta aria (sistema poroso). Ha una scarsa conduttività termica e ha limitata superficie specifica in grado di cedere il calore, ricevuto dall'irraggiamento solare, senza determinare ustioni malgrado l'alto gradiente termico. Effettuata all'aperto: buca di 2 m per 1 m circa, profondità di 2030 cm. Sul fondo stratificati almeno 15 cm di sabbia asciutta, ai bordi è accumulata la sabbia in quantità sufficiente a ricoprire il corpo del paziente. Applicazione sulla superficie corporea ad una T media di 50-60°C (termoterapia energica). Spessore strato applicato: generalmente non supera i 3-7 cm per permettere al calore solare di scaldare la sabbia in maniera uniforme. Ricoprire il pz con uno strato di sabbia sottile attenua un eccessivo raffreddamento della sabbia a diretto contatto con la cute. La seduta ha una durata di circa da 15 min per le applicazioni generali a un massimo di 60 min per applicazioni localizzate. Al termine si effettua un periodo di reazione di 20 min in appositi locali: il pz è fatto sdraiare in ambiente chiuso, coperto con panni di lana: suda profusamente, la T corporea può raggiungere i 39°C, quindi doccia di pulizia ed eventuale massaggio. Negli stabilimenti psammoterapici alla sabbiatura è generalmente abbinata la balneoterapia con acqua di mare riscaldata, effettuata in apposite vasche o in piscina (37-38°C per 20 min) o direttamente in mare. 140 29/04/2016 Azioni biologiche e terapeutiche dipendono da: T e granulometria del mezzo utilizzato, composizione minerale, salina e organica della sabbia stessa, dovuta all’autofiltrazione dell’acqua marina sulla battigia. Effetto termico: azioni aspecifiche generali e locali legate al calore. Effetto chimico-minerale: azioni biologiche legate alla composizione chimico-fisica delle singole sabbie utilizzate. Effetto climatoterapico: azioni biologiche esercitate dal clima marino del luogo ove si effettuano le sabbiature. Indicazioni (analoghe a quelle della fangoterapia): artrosi, esiti e postumi di forme traumatiche (fratture, distorsioni, etc.), reumatismi extra-articolari, reumatismi infiammatori cronici in fase termale etc. Paraffinoterapia Ha avuto un certo sviluppo nei paesi anglosassoni, dove per ragioni climatiche è di scarso utilizzo la fangoterapia. La paraffina è una miscela di idrocarburi solidi con punto di fusione a 53°C. Liquefatta cede calore per conduzione, ma il suo primo strato, a contatto con la cute più fredda, si solidifica subito, cedendo così un’ulteriore quantità di calore (calore di fusione). Poiché la paraffina è un cattivo conduttore di calore, il primo strato solidificato protegge la cute dall'azione termica degli altri strati, che sono più caldi e ancora liquidi: è possibile tollerare bagni di paraffina a T elevata. E’ preferibile usare al posto del bagno di paraffina la schiuma di paraffina. In un apposito frullatore si centrifugano 9 parti di paraffina e 1 di vaselina (o anche 7:1), fino a ottenere una schiuma, che compare solo quando la paraffina raggiunge il punto di fusione. 141 29/04/2016 Si applica sulla superficie da trattare (con immersione, pennellature o spruzzature) la schiuma, che poi raffreddandosi si solidifica. Si applicano vari strati (6-7). La vaselina favorisce lo staccamento. Vantaggio della schiuma: le bollicine d'aria costituiscono un sistema isolante che riduce la dispersione del calore. Dopo circa 20–30 min si rimuove la paraffina ormai solidificata e si avvolge la parte interessata con una coperta di lana per continuare la reazione sudorale. Effetti: Provoca una notevole vasodilatazione cutanea, con profusa sudorazione e intensa azione antiedemigena. Azione antiedemigena: la paraffina raffreddandosi si solidifica e diminuisce di volume, quindi svolge un’azione compressiva, tipo calza elastica (può essere usata in stati edematosi post-traumatici e varicosi, dove altre termoterapie sarebbero controindicate). Le soluzioni di continuo della cute (escare, piaghe e ulcerazioni) devono essere protette con delle garze prima dell'applicazione. È un metodo semplice che può essere usato anche a domicilio. Ha un'azione piuttosto energica (attenzione nelle cardiopatie). 142 29/04/2016 Bagno romano In disuso. Era costituito da 3 ambienti: tepidarium (50°C), calidarium (60°C), il frigidarium (35°C). Si passava dal 1° al 3° ambiente, sostandovisi circa 30 m per ciascuno. Consentiva la perdita anche di 1000-1500 cc di sudore. Bagno turco Presenza di un'atmosfera satura di vapore. Scarsa tollerabilità (pertanto la T deve essere inferiore a quella del bagno romano). Profusa sudorazione, che però non ha effetti sulla termoregolazione, e talvolta può portare a degli squilibri elettrolitici. Notevole impegno cardio-circolatorio. Sauna finnica Brusche variazioni della T ambientale. Aria secca a 60° per 15 m, poi vapore surriscaldato per altri 15 m, con intensa sudorazione. Quindi si passa alla doccia fredda. Tali sbalzi termici sono indicati solo a persone con ottime caratteristiche cardiocircolatorie e nervose. 143 29/04/2016 Forno alla Bier Il “fornetto” è una cassetta di legno o di metallo, rivestita internamente ed esternamente di materiale antincendio. Ha forma diversa secondo la parte del corpo che deve contenere, che è tenuta lontano dalle pareti. La sorgente calorifica è costituita da una fiamma ad alcol o da una serie di resistenze elettriche. Termoterapia per convenzione. La T che si può raggiungere varia da 120 a 130° C nelle applicazioni parziali a 60°-80° C nelle applicazioni estese. Anche se elevata, la T è tollerata perché si tratta di calore secco, permettendo l’evaporazione del sudore che dà all’organismo la possibilità dissipare il calore. L’effetto termico nell’applicazione parziale si avrà quasi esclusivamente sul luogo di applicazione e non influenza molto le altre funzioni del corpo. La parte da trattare è posta senza indumenti all'interno. Ogni applicazione dura da 15 a 20 m e va fatta sotto controllo perché la resistenza al calore varia da soggetto a soggetto. Terminata l’applicazione si spegne la sorgente di calore lasciando raffreddare lentamente la parte trattata. Si ha un elevato aumento della T locale, con marcata iperemia e diaforesi: accelerazione dell'eliminazione di cataboliti e di acqua, efficace azione decontratturante e azione analgesica. Indicazioni: processi artrosici, contratture muscolari e mialgie, rigidità post-traumatiche, preparazione alla massoterapia e alla cinesiterapia. Controindicazioni: stati flogistici acuti, cardiopatie e ipertensione, varici degli arti inferiori, gravidanza. 144 29/04/2016 Nell'osteoporosi pare che l'iperemia e l'accelerazione dei processi metabolici favorisca un'ulteriore rarefazione del tessuto osseo. Nel diabete sembra le alterazioni vascolari periferiche possano seriamente essere accentuate dal calore, che favorisce l'insorgenza delle tipiche gangrene diabetiche. Tutte queste forme di termoterapia producono calore solo nei tessuti più superficiali (cute e sottocute). Muscoli e articolazioni non sono interessati, a meno che il riscaldamento sia generale e prolungato per almeno 30 m. In ogni caso, si ha un riscaldamento dei tessuti profondi mediante l'azione di cessione termica effettuata dal sangue. 145 29/04/2016 Ginnastica vascolare idrica Indicazione: vasculopatie periferiche. Due recipienti: acqua a 20-24°C e a 36-40-42°C. Immersioni rapidamente alternate per circa 30 m. La variazione rapida di T consente un'attivazione della circolazione periferica e contribuisce a ridurre lo spasmo della muscolatura liscia vasale. Ritmici movimenti di vasocostrizione e vasodilatazione. Attivazione del circolo arterioso collaterale. Radiazioni infrarosse OEM con λ compresa tra i 700 nm e 1 mm. Classificazione astronomica, standard DIN/CIE: 700 nm – 1 mm. Classificazione ingegneristica: 750 nm (NIR) - 1mm (FIR). Questo tipo di OEM non sono molto penetranti. Gli IR possono attraversare da 1 a 10 mm di tessuto. In linea di massima le OEM con λ di 770–1200 nm non superano i 2 mm, quindi raggiungono appena il derma. 146 29/04/2016 Nome banda IR-A IR-B IR-C vicino medio lontano vicino (NIR) onda corta (SWIR) onda media (MWIR) onda lunga (LWIR) lontano (FIR) Limite superiore Limite inferiore Standard DIN/CIE 0,7 µm / 428 THz 1,4 µm / 214 THz 1,4 µm / 214 THz 3 µm / 100 THz 3 µm / 100 THz 1000 µm (1 mm) / 300 GHz Classificazione astronomica 0,7-1 µm / 428-300 THz 5 µm / 60 THz 5 µm / 60 THz 25-40 µm / 12-7,5 THz 25-40 µm / 12-7,5 THz 250-350 µm / 1,2 THz-428 GHz Sistema ingegneristico 0,75 µm / 400 THz 1,4 µm / 214 THz 1,4 µm / 214 THz 3 µm / 100 THz 3 µm / 100 THz 8 µm / 37,5 THz 8 µm / 37,5 THz 15 µm / 20 THz 15 µm / 20 THz 1000 µm / 300 GHz Un ulteriore sistema pratico, sviluppato nell'ambito dell'industria delle telecomunicazioni, suddivide in bande molto strette la regione del vicino IR interessante per la trasmissione a mezzo fibra ottica. Nome O (Original) E (Extended) S (Short) C (Conventional) L (Long) U (Ultra long) Intervallo 1260 - 1360 nm 1360 - 1460 nm 1460 - 1530 nm 1530 - 1565 nm 1565 - 1625 nm 1625 - 1675 nm 147 29/04/2016 L'azione degli IR è essenzialmente termica. Nella pratica clinica si utilizzano particolari lampade a incandescenza con filamento in tungsteno immerso in un'atmosfera di N di discreta potenza (1000 W), fornite di un apposito filtro in vetro al cobalto o al manganese, che lascia passare solo le radiazioni rosse e infrarosse. L'applicazione può avvenire all'aperto (non vi sono problemi di termoregolazione) o attraverso i bagni di luce, sorta di forni elettrici in cui il segmento corporeo è confinato in un ambiente chiuso, con importante sollecitazione termica. Nel caso dei bagni di luce si usano lampade con filamento in carbone di bassa potenza (25 W). Normalmente le applicazioni si fanno su aree di 30-40 cm di Ø con la lampada piazzata a circa 50 cm; l'applicazione dura circa 30 m. L'assorbimento delle radiazioni è maggiore quando queste raggiungono il target perpendicolarmente. A parte gli incidenti tecnici, non vi sono importanti controindicazioni a tale terapia. Unica accortezza: non esporre il capo, data la facilità con cui gli IR riescono ad attraversare la teca cranica e a dare dei sintomi di irritazione meningea tipo insolazione. 148 29/04/2016 Attinoterapia (raggi UV) I raggi UV hanno una λ compresa tra i 400 nm e i 10 nm. Il Sole emette fotoni in una vasta gamma di frequenze, che coprono quelle della luce UV in tutte e tre le bande UV-A (380 15 nm), UV-B (315-280 nm), e UV-C (280-100 nm). Gli UV provenienti dal sole sono in gran parte trattenuti dall’atmosfera terrestre (O2, che li assorbe trasformandosi in ozono, nubi e vapor aqueo, inquinamento). A causa dell'assorbimento da parte dell'ozonosfera circa il 99% degli UV che arrivano sulla superficie terrestre sono UV-A. Infatti quasi il 100% degli UV-C e il 95% degli UV-B è assorbito dall'atmosfera terrestre. Sono trattenute soprattutto le radiazioni a λ minore, e cioè <280 nm. Tali λ sono dannose (270 nm è λ assorbita dal DNA). L'intensità di queste radiazioni è espressa con l'Indice UV, indice universale della radiazione UV solare, riportato nelle previsioni meteorologiche, che descrive il livello di radiazione ultravioletta solare che raggiunge la superficie terrestre in una certa area. I valori dell'indice variano da 0 in su: più è alto il valore, maggiore è il potenziale di danno per la pelle e per gli occhi e minore è il tempo necessario perché tale danno si verifichi. L'indice UV è stato concepito nell'ottica di aumentare la consapevolezza della popolazione sui rischi di una eccessiva esposizione alla radiazione solare ed è stato sviluppato nell'ambito di una collaborazione tra l'OMS, il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), l'Organizzazione Meteorologica Mondiale e la Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non-ionizzanti (ICNIRP). 149 29/04/2016 Fototipo I Carnagione della Lattea/rossastra pelle Sensibilità al Sole Molto elevata Azzurri/verdi Colore degli occhi chiari Rossi o biondi Colore dei capelli chiari Lentiggini sulla Moltissime pelle Scottature Sempre Tipo di Inesistente o abbronzatura quasi Tempo di N.D. abbronzatura SPF per le prime 50+ (molto alto) esposizioni SPF a pelle già abbronzata 50+/50 (molto alto o alto) Fototipo Il Molto chiara Elevata Azzurri/verdi Biondi normali Fototipo III Fototipo IV Leggermente Abbastanza chiara scura/Olivastra Media Ridotta Azzurri scuri/verdi Marroni normali o scuri chiari Biondi Castani/castani scuri/castani scuri Fototipo V Fototipo VI Scura Scurissima/nera Minima NO Marroni Marroni scuri Neri Neri Molte Alcune Pochissime Nessuna Nessuna Molto spesso Leggermente dorata Spesso Talvolta Abbastanza intensa In casi rari Mai Molto intensa Intensissima 2 mesi circa 1 mese circa 1 settimana circa 2-3 giorni circa 1 giorno 50 (alto) 30 (alto) 20/15 (medio) 10 (basso) 6 (basso) 30 (alto) 20/15 (medio) 10 (basso) 6 (basso) Nessuno (6 in caso di esposizioni prolungate o sotto elevato Indice UV Dorata 150 29/04/2016 Gli UV sono prodotti per emissione termica da corpi ad altissima T, ma anche da gas rarefatti per eccitazione atomica tramite scarica elettrica. Sono utilizzate lampade a vapori di mercurio, con involucro in quarzo, che grazie alla sua struttura cristallina lascia passa gli UV, al contrario del vetro; si usano anche lampade fluorescenti. Gli UVC (prodotti artificialmente) sono assorbiti dall'epidermide superficiale, gli UVB raggiungono l'epidermide profonda, gli UVA il derma, come gli IR. Mentre gli IR hanno un’azione termica, gli UV hanno essenzialmente un'azione chimica – biologica. Principale effetto locale: comparsa di eritema (determinano la liberazione di mediatori della flogosi). 151 29/04/2016 Non è perfettamente conosciuto il meccanismo istofisiologico dell’eritema da UV. Alcuni AA attribuiscono l’eritema a una vasodilatazione per paralisi delle fibre vasomotorie, altri sostengono che l’eritema sia provocato da sostanze istaminosimili, che provengono dalle cellule danneggiate dagli UV. L’eritema si manifesta 6-12 ore dopo l’esposizione: in questo si differenzia dall’eritema prodotto dagli IR, che compare durante l’irradiazione. Il processo finale dell’eritema è la desquamazione, che può essere utile in alcune patologie cutanee (acne, seborrea, psoriasi). Nell’acne la desquamazione favorisce al fuoriuscita del sebo contenuto nei follicoli piliferi e ne impedisce la contaminazione batterica. Secondo la durata dell'esposizione l'eritema può scomparire in 24 ore o arrivare anche alla formazione di flittene a contenuto sieroso. Gli UV più eritematogeni sono gli UVC. Gli UV di λ maggiore hanno invece un'azione sui melanofori cutanei e determinano un inscurimento della pelle. Le creme abbronzanti hanno lo scopo di lasciar passare solo gli UV a λ maggiore, che abbronzano senza ustionare. Il danno provocato agli strati superficiali della cute stimola lo strato germinativo: ispessimento cutaneo e una accentuata desquamazione. Gli UV hanno un accentuato effetto battericida, stimolano la formazione di vitamina D, hanno un'azione esofilattica (ovvero stimolano il SRE), attivando l'attività fagocitaria e la produzione di anticorpi e quindi aumentando la resistenza dell'organismo alle infezioni. Questa azione è svolta soprattutto dagli UV più penetranti e cioè gli UVA e gli UVB. 152 29/04/2016 Gli UV-A sono considerati meno dannosi di altre bande, ma possono sempre causare ustioni ad alte dosi e una sindrome denominata acne di Maiorca. Sono comunque considerati responsabili di cancro della pelle come il melanoma, il basalioma o tumori non melanocitici, in maniera analoga ai più energetici e dannosi UV-B. Gli UV-A penetrano più in profondità nella pelle, rispetto agli UVB che gli UV-C, e alterano (danneggiano) le cellule che producono le fibre collagene o fibroblasti, per questo sono i principali responsabili dell'invecchiamento della pelle. Alcuni filtri solari (cosmetici) proteggono bene contro i raggi UVB ma, spesso, poco contro i raggi UV-A, i maggiori responsabili dell'invecchiamento solare. L'80% delle rughe si presume sia provocato dall'esposizione al sole. Alte intensità di UV-B sono dannose per gli occhi, e un'esposizione prolungata può causare fotocheratiti (welder's flash) e fotodermatiti. Anche gli UV-B e UV-C possono danneggiare le fibre collagene, e quindi accelerare l'invecchiamento della pelle. La radiazione UV-B e UV-C è inoltre in grado di attivare virus come l'Herpes simplex. I raggi UV ionizzano le molecole di DNA delle cellule della pelle (soprattutto UV-B), inducendo basi adiacenti di timina e citosina a formare legami covalenti. Due basi adiacenti di timina o citosina non si legano in modo normale, ma causano una distorsione dell'elica del DNA, interferendo con i meccanismi di copia e in generale con il funzionamento del DNA. Il tutto porta facilmente a delle mutazioni, che spesso sfociano in episodi di cancro. 153 29/04/2016 L'aumento del flusso sanguigno cutaneo, favorisce l'apporto sanguigno e la rimozione di cataboliti, azione trofica nelle piaghe da decubito, nelle ulcere torpide (in associazione agli IR) etc, in cui esplicano anche un'azione battericida. Per l'azione trofica sono utili in altre applicazioni dermatologiche (acne, alopecia, psoriasi). Irradiazione generalizzata: si hanno benefici nel rachitismo, come profilassi delle infezioni batteriche; descritta è anche una certa azione trofica generale. La sensibilità agli UV è un fattore individuale (i biondi sono più sensibili dei bruni). Prima della somministrazione bisogna saggiare la sensibilità del pz utilizzando un dosimetro formato da una lamina metallica con 10 fori di 1 cm di Ø. La lampada è posta a circa 50 cm e s’irradia la zona su cui è stato posto il dosimetro; dopo 5’ si chiude un foro e poi un altro ogni 2’. Si ottiene così una serie di eritemi che consente di stabilire il dosaggio adatto a quel soggetto. Durante il trattamento gli occhi devono essere protetti da occhiali scuri, per evitare alterazioni congiuntivali e corneali. La lampada non deve essere mai posta sul soggetto per evitare che in caso di rottura il mercurio cadendo ustioni la pelle. Tener presente l'effetto ionizzante e la produzione di ozono nei locali ove si applica la terapia. Sono controindicati nelle dermatiti in fase acuta, in allergie cutanee, TBC, cardiopatie, nefropatie e insufficienza epatica. 154 29/04/2016 Assorbimento cutaneo degli UV UVA con λ 390-330 nm sono assorbiti dal sangue delle anse capillari del derma. UV con λ 330-290 nm sono assorbiti dallo strato profondo dell’epidermide. UV con λ 290-185 nm sono assorbiti dall’epidermide superficiale. Reazione eritematosa Possibile a tutte le λ UV, ma l’organismo umano è più sensibile a: Banda intorno a λ 250 nm (UVC, 20W/cm2 x 15’) che causa una reazione flogistica nello strato superficiale dell’epidermide. Banda intorno a λ 297 nm (UVC, 5W/cm2 x 15’) che causa una flogosi nello strato più profondo. Pigmentazione I raggi UV con λ tra 290 e 420 nm sono assorbiti dall’epidermide profonda ove innescano reazioni chimiche che trasformano la tirosina* in melanina. * Tirosina: aminoacido non essenziale (deriva dalla fenilalanina) precursore dell’adrenalina (ormone), della dopamina (neurotrasmettitore), della noradrenalina (ormone e neurotrasmettitore) e degli ormoni tiroidei. Inoltre contribuisce alla produzione di globuli bianchi, rossi e di diverse sostanze (melatonina, GH ecc.). Raggi UV e Vit. D I raggi con λ tra 270 e 310 nm (UVB) hanno la maggior capacità di attivare la vitamina D. I raggi UV con λ di 260 nm distruggono il colecalciferolo (VIT D3). 155 29/04/2016 PUVA Terapia basata sull’associazione di raggi UVA (400-320 nm) e sostanze fotosensibilizzanti* (psoraleni). Efficace in alcune malattie dermatologiche croniche di difficile soluzione come psoriasi e vitiligine. *Fotosensibilizzanti: sostanze che se assunte o applicate sulla cute rendono la cute molto più sensibile del normale alle radiazioni solari. Anche piccole dosi possono causare eczemi, eritemi, orticarie o papule. Tra le varie sostanze, vi sono le furocumarine e le angelicine, contenute in numerosi vegetali, e alcuni farmaci (estrogeni, sulfamidici, tetracicline). Diatermia 156 29/04/2016 Per eccitare un tessuto nervoso è necessario che l’impulso elettrico abbia almeno la durata di 10 ms (corrispondente a una f di 10 000 Hz). A 27,12 MHz il periodo (P) è di circa 37 ns, quindi la stimolazione nervosa non è possibile. Frequenza Periodo (s) (Hz) 1,00E+00 1,00E+00 1,00E+01 1,00E-01 1,00E+02 1,00E-02 1,00E+03 KHz 1,00E-03 ms 1,00E+04 1,00E-04 1,00E+05 1,00E-05 1,00E+06 1MHz 1,00E-06 μs 2,71E+07 27, 12 MHz 3,69E-08 36,9 ns 1,00E+07 1,00E-07 1,00E+08 1,00E-08 1,00E+09 GHz 1,00E-09 ns 2,45E+09 2,45 GHz 4,08E-10 0,4 ns 1,00E+10 1,00E-10 1,00E+11 1,00E-11 1,00E+12 1THz 1,00E-12 ps 1,00E+13 1,00E-13 1,00E+14 1,00E-14 1,00E+15 1PHz 1,00E-15 fs 1,00E+16 1,00E-16 1,00E+17 1,00E-17 1,00E+18 Ehz 1,00E-18 as Diatermia con onde corte: Marconiterapia Sono usate correnti con f di 10-50 MHz, con λ di 6-30 m (tipicamente 27,12 MHz con λ di 11 m). L’apparecchiatura è costituita da un generatore (trasmettitore) e di vari applicatori (antenne) in funzione delle patologie da trattare con una potenza erogata che può arrivare fino a 500 W. 157 29/04/2016 Gli applicatori si possono distinguere in: capacitivi che sono formati da una coppia di elettrodi (condensatore) posti a distanza di circa 4 cm dalla cute. induttivi, che sono formati da una o più bobine (monode). Si usano per produrre un effetto termico in profondità. Marconiterapia atermica: sfrutta correnti ad alta frequenza intervallate, in modo da avere solo effetti biologici, evitando il surriscaldamento; è usata per lo più in medicina dello sport. Il campo elettrico a pochi cm dagli applicatori può raggiungere valori di 1000 V/m e il campo magnetico da 0,5 a 3 A/m in funzione della potenza di trattamento e del tipo di applicatore. Il CE diminuisce abbastanza rapidamente allontanandosi dagli applicatori, tuttavia si possono misurare valori di CE non trascurabili (fino a decine di V/m) a qualche m dagli applicatori con esposizione dei lavoratori, della popolazione e possibili fenomeni di interferenza con altre apparecchiature elettromedicali. È necessario che gli applicatori siano posti parallelamente alla superficie da trattare, senza entrare mai in contatto. Il CE non deve attraversare indumenti, parti metalliche, materiali sintetici, oppure che zone ove vi siano notevoli quantità d’umidità. Gli applicatori sono scelti opportunamente secondo la zona da trattare; più sono distanti, più uniforme sarà la distribuzione in profondità. Si possono raggiungere temperature dell'ordine di 40° C. 158 29/04/2016 Considerando che si produce una riduzione della sensibilità dei recettori cutanei e che il riscaldamento si verifica in profondità, è necessario stare attenti a non surriscaldare organi importanti. Pericoli: evitare ustioni dovute a ebollizione di sudore o altri liquidi o surriscaldamento di oggetti metallici. Marconiterapia: effetto termico Una corrente applicata a un tessuto provoca una migrazione di ioni. Se la corrente cambia continuamente direzione (corrente sinusoidale) gli ioni si muovono prima in una direzione poi nell’altra. Se la f è elevata, a causa dell’inerzia non si verificherà lo spostamento ionico, ma gli ioni entreranno in vibrazione e i dipoli ruoteranno disponendo ciascun lato il più lontano possibile dall’elettrodo che possiede la stessa carica. Questi movimenti di cariche elettriche comportano una dissipazione di energia che è trasformata in calore. Affinché si generino le volute correnti nel corpo è necessario che il circuito del pz sia in risonanza con quello dell’apparecchiatura (il prodotto dell’induttanza e della capacità deve essere uguale nei due circuiti). Le moderne apparecchiature usano sistemi di sintonia automatica. 159 29/04/2016 Induttanza È la proprietà dei circuiti elettrici per la quale la corrente che li attraversa induce una forza elettromotrice che, per la legge di Lenz, si oppone alla variazione dell'intensità della corrente stessa. La grandezza fisica associata è indicata con il simbolo L in onore del fisico Heinrich Lenz e prende il nome di coefficiente di autoinduzione. Una corrente elettrica i che scorre in un circuito elettrico produce un campo magnetico nello spazio circostante: se la corrente varia nel tempo il flusso magnetico ΦB del campo concatenato al circuito risulta variabile, determinando entro il circuito una f.e.m. indotta che si oppone alla variazione del flusso. L'unità di misura dell'induttanza è detta henry: 1 H = 1 Wb /1 A, in onore di Joseph Henry. In un induttore di 1 henry, quindi, una variazione di corrente di 1 ampere al secondo genera una forza elettromotrice di 1 volt. 160 29/04/2016 Induttanza. Una corrente elettrica che scorre in un circuito elettrico produce un campo magnetico nello spazio circostante e un flusso magnetico attraverso il circuito. Se la corrente varia nel tempo, varia anche il flusso magnetico concatenato, determinando entro il circuito una forza elettromotrice indotta. L'induttanza o coefficiente di autoinduzione del circuito è il rapporto tra il flusso magnetico generato e la corrente passante. Capacitanza o capacità elettrica: grandezza scalare che quantifica l'attitudine di un corpo ad aumentare il proprio potenziale elettrico qualora sia fornito di carica elettrica ed è definita quantità di carica elettrica accumulata da un condensatore in rapporto alla differenza di potenziale fra i suoi capi, secondo la relazione C=Q/V, dove C indica la capacità, Q la carica e V la differenza di potenziale. L'unità di misura della capacità elettrica nel S.I. è il farad. Lavoro di estrazione o funzione lavoro. È l'energia minima che occorre fornire per estrarre un elettrone da un metallo. Questa energia dipende dal tipo di metallo e si aggira in genere intorno a qualche eV. L'energia può essere fornita al metallo in diverse forme. Quando l'energia è fornita riscaldando il metallo si parla di effetto termoionico. Quando l'energia è trasmessa da un fotone, si parla di effetto fotoelettrico. Se questa energia è sufficiente, l’elettrone può evadere dal materiale. All'interno di un materiale gli elettroni di conduzione al massimo possiedono un'energia pari al livello di Fermi a T= 0° K (energia del più alto livello occupato in un sistema di fermioni alla T dello zero assoluto). Tale energia è insufficiente a consentire agli elettroni di lasciare il materiale scavalcando la barriera energetica superficiale. 161 29/04/2016 Lo scavalcamento della barriera richiede che agli elettroni, con energia pari all'energia di Fermi, sia aggiunta una quantità di energia pari al lavoro di estrazione W. Struttura elettronica a bande. In un solido la struttura descrive la gamma di energie che a un e- di un certo materiale è "consentito" o "proibito" possedere. Nei metalli, il livello energetico più alto occupato coincide con l’energia di Fermi. Si possono verificarsi diverse possibilità: Vi è una banda, o più di una fra le ultime riempite da e-, che è parzialmente riempita e restano degli stati vuoti. In tal caso si ha a che fare con un metallo, cioè un sistema in cui gli ultimi ehanno la possibilità di spostarsi in livelli energetici molto vicini, e dunque hanno la possibilità di una mobilità elevata che porta il sistema a essere un buon conduttore di elettricità. L'ultima banda è stata riempita completamente in modo tale che il prossimo stato elettronico consentito si trova sulla banda successiva e fra questa banda e la banda completamente riempita c'è una banda proibita (band gap) di energie. In tal caso il solido è un isolante. Si parla infine di semiconduttore nel caso di un isolante in cui la banda proibita è talmente piccola che a T ambiente c'è una certa probabilità che gli e- si trovino a saltare la banda proibita per agitazione termica, e dunque il sistema si trovi in una situazione prossima a quella di un metallo, con valori di conducibilità elettrica non nulli. In un isolante e un semiconduttore, l'ultima banda riempita di esi definisce banda di valenza. La prima banda lasciata vuota si definisce invece banda di conduzione. L'intervallo di energie fra la banda di valenza e quella di conduzione si definisce banda proibita. 162 29/04/2016 Conduttore elettrico. È un materiale in grado di far scorrere al suo interno la corrente elettrica con facilità (bassissima resistenza elettrica). I materiali conduttori sono caratterizzati dalla presenza di e- liberi nella banda di valenza degli atomi del reticolo cristallino (conduttori di prima specie) o contengono specie ioniche che si fanno carico di trasportare la corrente elettrica (conduttori di seconda specie). La conducibilità elettrica di un conduttore di prima specie può essere interpretata mediante il modello delle bande. I materiali metallici (metalli e loro leghe) sono in genere buoni conduttori; i migliori in ordine decrescente sono: oro (l'argento e il rame conducono più dell'oro, ma sono più sensibili all'ossidazione), argento, rame, alluminio, iridio, tungsteno, nichel, platino, ferro, piombo. Possono condurre facilmente l'elettricità anche: acqua (solo se non pura), terra e corpo umano. 163 29/04/2016 Isolanti elettrici. Materiali che sono polarizzati da un CE. Possiedono una banda energetica proibita molto ampia e il CE non fornisce sufficiente energia per consentire agli e- di raggiungere la banda di conduzione: essa rimane quindi vuota e la conduzione risulta impossibile. Presentano dunque conducibilità elettrica bassissima o nulla; si oppongono al passaggio della corrente. I termini "isolante" e "dielettrico" sono considerati sinonimi, ma mentre il primo definisce semplicemente l'impossibilità di un materiale di condurre corrente a causa dell'assenza di cariche libere, il secondo è generalmente usato per gli isolanti in cui si verificano effetti di polarizzazione delle molecole soggette a un CE. Se inseriti in un condensatore, i dielettrici diminuiscono la tensione fra le due armature del condensatore stesso, che così può sopportare energie maggiori. Il CE agisce sui nuclei e sugli e- dei singoli atomi o molecole del dielettrico: i nuclei sono sollecitati da forze dirette nel verso del campo, gli e- da forze dirette nel verso opposto e a tali forze si oppongono quelle attrattive tra nuclei ed e-. Si ha così una deformazione delle orbite elettroniche, e di ogni atomo nel suo insieme, per cui il centro delle cariche - degli enon coincide più con il centro del nucleo come accade in assenza del campo. Per le molecole è una perturbazione dell’iniziale posizione reciproca degli atomi (o ioni) costituenti. Gli atomi (o le molecole) assumono una configurazione caratterizzata da un momento di dipolo elettrico diretto nel verso del campo agente su ogni singolo atomo (campo locale) e proporzionale all’intensità E di tale campo (polarizzazione per deformazione). 164 29/04/2016 Nelle sostanze cosiddette ‘polari’, le molecole hanno un momento di dipolo elettrico intrinseco (indipendente dalla presenza di un CE esterno) e, sotto l’azione del campo locale, tendono a disporsi in modo che il loro momento di dipolo elettrico risulti parallelo al campo e nello stesso verso di esso (polarizzazione per orientamento). A causa di questi processi di polarizzazione, l’intera massa del dielettrico acquista un momento di dipolo elettrico parallelo e concorde con il campo macroscopico E. Come si deduce dalle formule seguenti, in un condensatore più aumenta la capacità, maggiore è la quantità di carica trattenuta a parità di differenza di potenziale, ovvero a parità di carica la differenza di potenziale si riduce. 𝑸 𝑸 𝑪= 𝑸= 𝑪∙𝑽 𝑽= 𝑽 𝑪 165 29/04/2016 Effect of a dielectric between the plates of a parallel plate capacitor. The electrometer measures the potential difference. (a) With a given charge, the potential difference is Vo. (b) With the same charge but with a dielectric between the plates, the potential difference V is smaller than Vo. Molecules in the dielectric material have their positive and negative charges separated slightly, causing the molecules to be oriented slightly in the electric field of the charged capacitor. Polarization of a dielectric in an electric field gives rise to thin layers of bound charges on the surfaces, creating positive and negative surface charge densities. 166 29/04/2016 a) b) c) d) Electric filed of magnitude Eo between two charged plates. Introduction of a dielectric of dielectric constant K. The induced surface charges and their field (thinner lines). Resultant filed of magnitude Eo/K when a dielectric is between charged plates. Correnti parassite o di Foucault: correnti indotte in corpo conduttore massiccio immerso in un CM variabile o che, muovendosi, attraversa un CM costante o variabile. Circolano su circuiti chiusi all’interno del corpo conduttore, dissipando energia, alimentate dalla forza elettromotrice che insorge per induzione elettromagnetica. Sono dette anche eddy currents (correnti di vortice) perché si comportano come a un remo quando lo s’immerge nell'acqua e crea piccoli vortici mentre la barca avanza. Con questo meccanismo funzionano le cucine con piano di cottura a induzione. Il verso delle correnti parassite è tale da opporsi al CM che le ha generate (generano un CM opposto a quello che le ha generate). 167 29/04/2016 Poiché, secondo la 2a legge di Ohm, la resistenza elettrica diminuisce all’aumentare della sezione del conduttore, in un corpo massiccio è relativamente piccola, ed è quindi piuttosto intensa la corrente che vi può circolare. Questo spiega il motivo per cui le correnti di Foucault, che nei comuni fili elettrici sono d’intensità pressoché trascurabile, mentre si rilevano soprattutto all’interno di conduttori di grosse dimensioni. Per la presenza di correnti parassite all’interno di un conduttore, il corpo in questione a poco a poco si riscalda per effetto Joule. Il fenomeno delle correnti parassite trova un impiego nei freni elettrodinamici, utilizzati soprattutto per mezzi pesanti, come i treni. Il principio di funzionamento di questo tipo di freni sfrutta il fatto che il CM generato dalle correnti di Foucault si oppone al CM che le ha generate. Durante la frenata, le ruote metalliche del treno sono investite dal CM di un apposito elettromagnete e quindi sono interessate dal fenomeno delle correnti parassite. Queste correnti generano a loro volta un CM opposto a quello che le ha prodotte (in conformità con la legge di Lenz), causando il rallentamento delle ruote, tanto più efficientemente quanto maggiore è la velocità di rotazione. Quindi l’efficienza della frenata diminuisce al diminuire della velocità. Pertanto, i freni elettrodinamici hanno la caratteristica di produrre un rallentamento non brusco, ma graduale. 168 29/04/2016 l fenomeno delle correnti di Foucauld si accentua: Con l'aumentare del CM applicato (se sinusoidale col quadrato dell'ampiezza). Con l'aumentare della conducibilità del conduttore attraversato dal CM. Con l'aumentare della velocità relativa tra CM e conduttore. Se il CM è variabile in modo periodico con l'aumentare della sua frequenza (se sinusoidale con legge proporzionale al quadrato della frequenza). 169 29/04/2016 Marconiterapia: modalità di erogazione Erogazione capacitiva: gli elettrodi sono posti su ciascun lato da trattare (placche di un condensatore), i tessuti interposti costituiscono il dielettrico. Quando si applica la corrente, si genera un campo elettrico che cambia continuamente direzione, generando una corrente che provocherà il riscaldamento del corpo per effetto Joule. Erogazione induttiva: l’elettrodo è rappresentato da un cavo collegato ai due poli del generatore che avvolge a spirale la zona da trattare. All’apertura del circuito, la corrente che oscilla ad alta frequenza nel cavo, determina un CE alle estremità del cavo e un CM al centro del cavo. I tessuti posti alle estremità sono riscaldati con il meccanismo capacitivo, mentre i tessuti a contatto col centro del cavo sono riscaldati dalla dissipazione delle correnti di Foucault generate dal CM variabile. 170 29/04/2016 Con l’erogazione capacitiva s’ottiene un riscaldamento dei tessuti, profondo e omogeneo. Con l’erogazione a cavo, i tessuti posti all’estremità sono riscaldati anche in profondità (come con gli elettrodi a condensatore), mentre nei tessuti a contatto con la parte centrale del cavo, il riscaldamento è superficiale, poiché le correnti indotte dal CM non superano gli strati più superficiali della cute. a) b) c) d) e) Dimensioni corrette degli elettrodi Elettrodi troppo piccoli Elettrodi troppo grandi Elettrodi di dimensioni differenti Elettrodi vicini alla superficie del corpo f) Elettrodi a distanze diverse dalla superficie del corpo Erogazione capacitiva: esempi di campi elettrici 171 29/04/2016 a) Il campo elettrico vede in serie i tessuti interposti. b) Modalità utilizzata per trattare tessuti profondi o strutture di notevole dimensione (ginocchio, anca). c) Subiscono il riscaldamento maggiore i tessuti a maggiore impedenza * (grasso, tessuto fibroso e osso). d) Effetto termico molto profondo (6-8 cm), ma prevalente nel grasso superficiale. * Impedenza: resistenza opposta al passaggio di una corrente alternata. Modalità capacitiva elettrodi contrapposti a) Il campo elettrico vede in parallelo i tessuti interposti. b) Sono riscaldati i tessuti con minore impedenza (specie il muscolo, ove il sangue è abbondantemente contenuto). c) Nel caso indicato nella figura, il maggior riscaldamento s’ottiene nell’area ove il campo elettrico ha minore sezione (la caviglia). Modalità capacitiva elettrodi disposti longitudinalmente 172 29/04/2016 a) I tessuti sottostanti a minore impedenza (muscoli) rappresentano il circuito di raccordo tra i due elettrodi. b) Riscaldamento poco profondo dell’area interposta. c) La distanza tra gli elettrodi deve essere maggiore della distanza tra gli elettrodi e la cute, altrimenti si verifica un cortocircuito interpolare che esclude la cute (B). * La figure sono scorrette perché gli elettrodi sono a contatto con la cute. Modalità capacitiva elettrodi complanari Monode Riscaldamento superficiale, ma senza la prevalenza dei tessuti a maggiore impedenza (grasso). Spirale All’estremità azione capacitativa, dentro la spirale azione induttiva. Modalità induttiva 173 29/04/2016 Marconiterapia: precauzioni I pz. non dovrebbero essere trattati quando il target possiede una sensibilità termica ridotta. Il trattamento non dovrebbe essere applicato ai pz attraverso i vestiti. Materiali conduttori dovrebbero essere esclusi dall’area di trattamento e le parti del corpo del pz contenenti impianti metallici non dovrebbero essere normalmente trattate. Gli ausili uditivi dovrebbero essere rimossi. Il pz non dovrebbe venire in contatto con parti conduttrici messe a terra (in particolare non dovrebbero essere usati letti o sedie con telai metallici). I cavi degli applicatori dovrebbero essere disposti in maniera da evitare tutti i contatti col paziente e con oggetti conduttori. Il funzionamento di alcuni dispositivi elettrici impiantati (stimolatori cardiaci) o di altri apparecchi connessi al pz potrebbero essere influenzati sfavorevolmente. E’ necessario verificare periodicamente l’isolamento degli applicatori e dei loro cavi di collegamento che si possono danneggiare con l’uso. Male da onde corte e microonde: iperpiressia, malessere, cefalea, etc. anche negli operatori sanitari. 174 29/04/2016 Termoterapia con microonde: radarterapia • L’apparecchiatura: generatore con emissione continua o pulsata con potenze di picco che raggiungono i 1000 W e potenze medie di circa 250-300 W. La ν del CEM utilizzato è quasi esclusivamente di 2,45 GHz con λ intorno a 12,24 cm (UHF – Ultra High Frequenzy). • A causa dell’alta ν, gli applicatori sono tutti di tipo radiativo con forme e dimensioni diverse in funzione dell’estensione della zona da trattare. Le antenne sono generalmente direzionali con un’ onda praticamente confinata all’interno del lobo di irraggiamento . • In prossimità degli applicatori i livelli di CEM, e in particolare di CE, possono essere elevati fino a raggiungere valori di 1000-1200 V/m. • A causa della direzionalità del campo emesso dalle apparecchiature per radarterapia, l’esposizione è solitamente confinata nella zona attorno agli applicatori. • Occorre comunque prestare attenzione ad attivare l’emissione solo se in presenza di utenti o di opportuno materiale schermante/assorbente, in quanto di fronte agli applicatori si possono avere campi elettrici di qualche decina di V/m. • Nel caso della radarterapia i problemi di dispersione della radiazione sono minori rispetto a quelli che si presentano con gli apparati di marconiterapia. • L’erogatore deve essere posto ad una distanza di 10-20 cm, tenendo conto che l’intensità della radiazione si riduce secondo il quadrato della distanza. • Le microonde (MW) sono OEM che una volta giunte a contatto con i tessuti organici, trasformano la loro energia radiante in energia termica, determinando oscillazioni (energia rotazionale) delle particelle dei tessuti. EFFETTO TERMICO 175 29/04/2016 • Il riscaldamento è maggiore a livello dei tessuti con alto contenuto di acqua, come i muscoli e i tessuti periarticolari; è invece minore in quelli a basso contenuto di liquidi, come il tessuto adiposo. Oltre all'effetto termico, la radarterapia provoca un‘ elevata vasodilatazione che permane per circa 20 min dopo il trattamento e interessa esclusivamente i capillari e le arterie precapillari. • Le MW si comportano pertanto come gli IR, dalle quali si differenziano sostanzialmente solo per il diverso potere di penetrazione (in genere fino a circa 3 cm) e perché non passano tessuti di apprezzabile densità, come la marconiterapia. • Gli effetti terapeutici delle MW sull'organismo sono manifestate dal rilassamento muscolare, analgesia ed effetto trofico. • Nella marconiterapia l'effetto terapeutico è legato al passaggio nel corpo umano di vere correnti elettriche ad alta frequenza, per cui il termine onde corte è improprio, perché l‘ energia radiante, legata alle variazioni di CEM, ha in queste applicazioni una parte trascurabile. Nella terapia con MW è invece indiscutibile la natura radiante dell’energia. • Con la radarterapia si riesce ad avere un maggior riscaldamento del muscolo rispetto al grasso. Con la marconiterapia il raggiungimento di zone più profonde è pagato con un maggior riscaldamento degli strati di grasso più superficiali. • La radarterapia ha le medesime indicazioni e controindicazioni della marconiterapia da cui si differenzia per la minore penetrazione, per la maggiore facilità d'uso, la maggiore tollerabilità da parte del pz in conseguenza di un minor riscaldamento superficiale. • La radarterapia non necessita sintonizzazione, perché il pz non è inserito nel circuito; ma possono essere trattate zone più limitate (10–20 cm). Diatermia: controindicazioni • Osteoporosi ad alto turnover – L'ipertermia locale e l'accentuazione dei processi metabolici, prodotti dal calore, possono facilitare il riassorbimento osseo. • Vene varicose e tromboflebiti – Il calore può aggravare l'ipotonia venosa, inoltre l'aumentato flusso ematico può facilitare il distacco del trombo venoso e aggravare la flogosi locale. • Ipoestesia cutanea – Il pz non è in grado di avvertire un eventuale eccessivo riscaldamento. • Pacemaker (soprattutto se non di recente costruzione) e apparecchi acustici. • Arteriopatie obliteranti – L'accelerazione dei processi metabolici può aumentare la richiesta di ossigeno e aggravare l'ischemia relativa, con comparsa di dolori. • Emorragie, mestruazioni – La congestione, secondaria al riscaldamento dei tessuti, può facilitare il sanguinamento di superfici corporee traumatizzate o sedi di recenti emorragie. • Neoplasie – Il calore può incrementare la crescita neoplastica e favorire la diffusione metastatica. • Gravidanza. 176 29/04/2016 Diatermia: oggetti metallici • Ustioni in presenza di elementi metallici (orecchini, spirali uterine, artroprotesi, mezzi di osteosintesi), perché concentrano le linee di forza del campo elettrico e surriscaldano i tessuti con cui sono a contatto (alta conducibilità elettrica). • La concentrazione del campo elettrico è non significativa quando il frammento metallico attraversa perpendicolarmente il campo elettrico. • I corpi metallici che favoriscono l’ustione sono quelli di forma allungata con un’estremità appuntita e con l’asse maggiore disposto secondo le linee di forza del campo elettrico, altrimenti l’ustione potrebbe non verificarsi. • Con la radarterapia il problema dell’ustione da oggetti metallici è minore, a meno che questi non siano collocati nella regione direttamente esposta alle microonde. Tecarterapia • Il Trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo (TCR) è una termoterapia endogena che utilizza ν tra 0,45 MHz e 0,6 MHz (λ di 600-500 m). Nata dopo le SW di 27 MHz e le MW di 2,45 GHz, questa tecnica abbandona il metodo di erogazione ad antenna (radarterapia), riprendendo l’elettrodo bipolare a condensatore utilizzato nella marconiterapia con alcune peculiarità. • Un condensatore è costituito da due armature contrapposte (conduttori) e da un dielettrico interposto (resistenza). Collegando un condensatore a un generatore di differenza di potenziale si realizza un passaggio di corrente, che nel tessuto biologico genera calore per effetto Joule con effetto termico localizzato in prossimità del dielettrico. • Le armature possono essere di due tipi: esclusivamente metalliche o costitutive dall’insieme di una parte metallica e di tessuti biologici. 177 29/04/2016 Sistema capacitivo • Gli elettrodi metallici sono costituiti da un elettrodo attivo e da una piastra (elettrodo di ritorno), posizionati in contrapposizione. L’elettrodo attivo è rivestito da materiale isolante in ceramica o sostanza elettricamente equivalente. L’elettrodo di ritorno, insieme al tessuto biologico sottostante costituisce l’armatura del 2° tipo. La ceramica costituisce il dielettrico. • Quando si applica la corrente, le cariche elettriche si concentrano in prossimità del dielettrico, con conseguente riscaldamento delle strutture sottostanti, in particolare muscoli e vasi. 178 29/04/2016 Sistema resisitivo • Si utilizzano elettrodi metallici in contrapposizione, ma l’elettrodo attivo non è isolato: entrambe le armature sono del 2° tipo. Il dielettrico è rappresentato dal tessuto a maggiore resistenza interposto tra le armature, quindi osso, tendini, aponeurosi. • Il calore si genera in profondità con innalzamento termico cutaneo limitato, mentre si riscaldano soprattutto il tessuto osseo e i tessuti periarticolari. 179 29/04/2016 Modalità capacitiva 180 29/04/2016 Modalità resistiva Effetti sugli oggetti metallici • Controindicazione relativa • La TCR, se utilizzata a livello medio-basso, induce un riscaldamento limitato. • I mezzi metallici sono ad alta conduzione e dunque nella modalità capacitativa costituiscono un corpo unico con l’elettrodo di riferimento di 2° tipo. • Non ci sono studi sufficienti sugli effetti della TCT su sostanze plastiche , quali il polietilene, componente di molte protesi articolari. 181 29/04/2016 Ipertermia computerizzata e termostata • Induce un preciso e costante aumento di temperatura in una definita regione del corpo. • La potenza dissipata localmente per ottenere sopraelevazioni della T di alcuni gradi (da 4041 °C fino a 45 °C) nei tessuti bersaglio, corrisponde a valori di SAR di alcune centinaia di W/kg. • L’ICT nasce come terapia oncologica perché molti tessuti neoplastici presentano una tolleranza all’incremento termico inferiore a quella dei tessuti sani. l tessuto tumorale è riscaldato fino ad una temperatura => 43°C per un intervallo di tempo di circa un'ora. • Il calore esalta gli effetti della radioterapia e della chemioterapia sul tumore, senza aumentarne in modo eccessivo gli effetti citotossici collaterali debilitanti su tessuti e organi sani, permettendo un significativo miglioramento nel controllo della lesione (cioè della massa tumorale bersaglio). • Il corpo umano ha una regolazione termica compresa tra 36-37° C. • L’induzione di temperature > 40-41° C è citolesiva. • Le microonde diffondono molto facilmente attraverso i tessuti poveri di acqua (adiposo e osseo) nei quali è poca l’energia EM che si trasforma in calore. • Al contrario perdono energia attraverso tessuti ricchi di acqua (tessuto muscolare) nei quali avviene la trasformazione dell’energia EM in calore. • E’ soprattutto nel tessuto muscolare che l'energia delle MW si trasforma in calore. • Il calore prodotto diffonde nei tessuti circostanti per conduzione, ma soprattutto attraverso il sistema circolatorio. Effetti biologici dell’IPT: variabili • La rapidità con cui si è determinato l'incremento termico. • Il tempo durante il quale è mantenuto costante un determinato valore termico. • Il volume trattato. • Il tipo di tessuto, che può essere più o meno termosensibile e diversamente vascolarizzato. • il riscaldamento delle regioni circostanti. 182 29/04/2016 1° PERIODO, INCREMENTO TERMICO • La T sale fino a raggiungere il valore voluto. • Inizialmente: progressiva dilatazione arteriolare e capillare, indotta dai termorecettori. Inoltre intervengono meccanismi neurologici centrali: la vasodilatazione e la diaforesi diventano progressivamente più evidenti con il passare del tempo. • Da 37° a 40°C c’è un progressivo incremento di tutte le reazioni metaboliche: Aumentano gli scambi gassosi tra il sangue e i tessuti. I prodotti catabolici sono drenati più rapidamente. Aumenta la diapedesi di granulociti, macrofagi e di altre cellule coinvolte nei processi flogistici e riparativi. • Le cellule senescenti o ipofunzionanti subiscono precocemente l'incremento termico come un danno, essendo meno efficienti a resistere all'insulto termico rispetto a quelle sane (cell killing), e si favorisce il ricambio cellulare. • Tra 41° e 45°C un trattamento non superiore a 30’ causa lesioni cellulari reversibili. • Tuttavia, anche un incremento termico attorno a 41-42°C, se protratto per un tempo superiore a 30’, porta a un blocco progressivo e irreversibile della circolazione, con fenomeni catabolici di entità proporzionalmente crescente. • Se l'incremento termico supera la soglia di 45°C, si determinano nei tessuti franche reazioni cataboliche, quali denaturazioni proteiche ed enzimatiche, che conducono alla necrosi cellulare. • • • • • • • • • • 2° PERIODO, STABILIZZAZIONE TERMICA L'incremento termico raggiunto nel 1° periodo è mantenuto costante mediante i sistemi di termostatizzazione dell'apparecchio, che fornisce l'energia necessaria a compensare l'azione di dissipazione calorica da parte dell'organismo. La perfusione ematica nei tessuti si stabilizza e i fenomeni anabolici aumentano fino a un livello massimale. La durata di questo periodo è assai variabile in funzione dei parametri prescelti, specie della temperatura indotta nell'organo bersaglio. 3° PERIODO, DECREMENTO TERMICO Terminata l'erogazione di calore, i meccanismi fisiologici lentamente riprendono il controllo della situazione e riportano la temperatura verso i limiti basali. Spesso permane per alcune ore un incremento termico sistemico di circa 0,5°C. Il protrarsi di questa situazione ipertermica potrebbe essere l'espressione dell‘accelerazione che ha subito il metabolismo organico e che questi necessiti di un determinato tempo per tornare ai livelli normali. TERMOTOLLERANZA Produzione di nuove proteine dette heat shock proteins, che rendono le cellule più resistenti al calore per un certo periodo di tempo dopo l'esposizione (2-5 gg). Scarsa reattività a una nuova stimolazione ravvicinata nel tempo. Per questo in Oncologia l'ipertermia è erogata con una cadenza non inferiore alle 48 h. In Fisioterapia, ove i protocolli sono meno rigidi, può essere tollerato anche un intervallo di 24 h. 183 29/04/2016 Effetti del calore sul muscolo • Il tessuto muscolare è riccamente vascolarizzato e risponde rapidamente alla termoterapia incrementando il proprio volume ematico. E’ così favorito lo scambio metabolico tra le cellule e il circolo, con rimozione dei prodotti catabolici (p.e. acido lattico). • E’ favorito l'apporto di ossigeno e in generale l'attività aerobica, con migliori prestazioni funzionali complessive. • Il calore favorisce il rilasciamento muscolare: il migliore metabolismo aerobico riduce la fatica e la tendenza al blocco funzionale; il calore agisce sulla regolazione del tono, influenzando l'attività di scarica di diversi neurorecettori : gli OMT del Golgi incrementano l’attività, mentre i FNM la riducono. • Il tessuto connettivo che raggruppa le fibre muscolari incrementa il proprio modulo elastico. Effetti del calore sui tendini e sull’osso • I tendini, i legamenti e le capsule articolari sono costituiti da una notevole percentuale di collagene. • Il calore moderato induce contenute deformazioni plastiche all‘ interno di queste strutture, che divengono più estensibili. • Il calore pare agire a livello dei legami chimici esistenti tra le proteine delle fibre collagene ed elastiche. Queste modificazioni sono reversibili con il ritorno della temperatura ai valori fisiologici: è importante utilizzare l'aumentata compliance di queste strutture nell'ambito di un percorso fisiocinesiterapico. • Per ottenere un allungamento stabile di legamenti e tendini patologicamente retratti, è opportuno, dopo una seduta d’ipertermia, dare seguito a un programma adeguato di cinesiterapia. Gli effetti dell'ipertermia sul tessuto osseo sarebbero legati soprattutto all'iperemia indotta nella rete artero-venosa di cui ogni struttura ossea è in genere ben fornita. • Obiettivi ICT • • • • • L’ICT è stata elaborata per superare i limiti delle precedenti diatermie. I problemi presentati dalla termoterapia endogena tradizionale sono sintetizzabili nella mancanza di controllo di parametri come la T indotta e la delimitazione del trattamento al target desiderato. L'operatore ha poche o nulle possibilità di programmare, guidare o modulare i CEM prodotti dai dispositivi di marconi- o radarterapia. Questi limiti rendono la termoterapia endogena inutilizzabile nelle patologie dove la precisione dei parametri terapeutici è essenziale (p.e. neoplasie termosensibili). L‘ICT si propone i seguenti obiettivi: Indurre un incremento termico, programmabile con esattezza a varie profondità. Mantenere stabile la temperatura per il tempo necessario. Limitare le variazioni termiche al solo target. Assicurare la riproducibilità dei parametri di trattamento. Consentire che il controllo automatico sia modificabile in ogni istante dall'operatore. Pur non avendo ancora raggiunto l'optimum, l'ipertermia presenta attualmente di una notevole precisione metodologica. 184 29/04/2016 Schema di un apparato di ipertermia • Complesso sistema termoidraulico computerizzato costituito da: Una sorgente di calore endogeno a MW. Una sorgente esogena riscaldante-refrigerante termostatizzata, collegata tramite un circuito idraulico a una borsa di interposizione con la cute (bolus). Termometri di precisione dislocati in varie zone dell'apparato. Un sistema di controllo computerizzato. • SORGENTE ENDOGENA: Si utilizzano sorgenti radiative di MW. • Con questa metodica la banda di frequenza più adatta per raggiungere le profondità tipica della maggior parte degli organi "target" del corpo umano è quella compresa tra 100 MHz e 1 GHz. • In questa banda si ottiene un'ottima penetranza della radiazione, senza incorrere nei danni da eccessivo riscaldamento che le onde corte (27 MHz) inducono nel grasso sottocutaneo. • L'incremento termico prodotto è superiore in profondità a quello delle MW della classica radarterapia (2,45 GHz). • Nell'ambito della banda 100 MHz ± 1 GHz e in riferimento alle frequenze consentite per uso industriale, scientifico e medicale (ISM), è stata scelta la frequenza di 434 MHz per l'Europa e 915 MHz per gli USA. 185 29/04/2016 Sorgente esogena riscaldante-raffreddante • E’ costituita da un circuito idraulico ad acqua termostatizzata tramite un sistema di scambio termico automatico, gestito a feed-back. Il modulo d’applicazione della sorgente esogena (bolus) è interposto tra l'emettitore di microonde e la cute. • Il bolus è ripieno di un liquido costituito per lo più da acqua distillata e additivi per migliorare la trasmittanza delle microonde. • Il liquido è utilizzato sia per modulare la temperatura dei tessuti superficiali riscaldati dalla sorgente endogena, che per evitare salti d'impedenza al fascio di MW quando questo penetra nei tessuti. • La sorgente endogena a MW e il bolus della sorgente esogena costituiscono un corpo unico, detto applicatore. • L'applicatore delle apparecchiature di Fisioterapia è posizionato all'esterno del corpo umano e s’interfaccia con questi mediante un'unica sacca modellabile, che si adatta facilmente alla superficie delle varie parti anatomiche (applicatore esterno). • In altre branche della Medicina si utilizzano anche altri tipi di applicatori. • Alcuni interni, cioè endocavitari (erogatori per l'utero), altri intratissutali (inseriti con metodica invasiva, p.e. sonde per il trattamento delle neoplasie termosensibili). • In determinate condizioni si utilizzano più applicatori convergenti, per aumentare la temperatura nella zona di sovrapposizione dei due o più fasci di microonde. • In Fisioterapia è ormai consolidata la tecnica basata su di un solo applicatore. Applicatori 186 29/04/2016 Interazione della sorgente endogena e della sorgente esogena • La sorgente endogena di MW a 434 MHz è in grado di raggiungere facilmente i tessuti profondi del corpo umano. Questa radiazione comporta un notevole riscaldamento degli strati superficiali della cute e del sottocute che limita il livello della potenza utilizzabile e di conseguenza la profondità d'azione. • Le sorgenti esogene possono sia scaldare che raffreddare. L‘ITC utilizza la sorgente esogena per raffreddare gli strati superficiali del corpo. Il grafico B) mostra come il decremento termico sia a carico dei primi 2-3 cm di profondità dei tessuti. Il grafico C, mostra come l'associazione delle due fonti, endogena riscaldante ed esogena raffreddante, permetta di realizzare un riscaldamento pressoché esclusivo nelle regioni poste a una profondità maggiore di 2-3 cm. Temperatura della cute e delta termico • • • • La T della cute è espressione della T profonda indotta dalle MW. Il software deduce la T profonda da quella di superficie mediante l’analisi basati su algoritmi dedotti da modelli sperimentali tramite l’uso di sonde invasive nelle patologie neoplastiche. Δ termico: differenza termica tra cute e bolus. Se il Δ termico aumenta, maggiore sarà la profondità d’azione delle MW. 187 29/04/2016 Parametri di trattamento • Sorgente endogena: per la Fisioterapia, il range consentito è 0±100 W. • In realtà, si utilizzano potenze comprese tra 15 W e 70 W, che sono più che sufficienti per ottenere temperature variabili tra 39°C e 44,5°C per profondità di 3-7 cm. • Temperatura del liquido di raffreddamento: da 35°C a 41,5°C. • Temperatura cutanea: fra 38°C e 42°C. • Nella maggior parte delle patologie dell'apparato locomotore si utilizzano valori compresi tra 37,5°C e 39°C. • Tempo di trattamento medio: 20-30’, sedute a distanza di almeno 24 h (tolleranza termica). Il bersaglio ideale non deve superare i 200 cm3. Controindicazioni assolute • Presenza di dispositivi endocorporei sensibili alle onde radio (pacemaker cardiaco, protesi uditive, protesi o sintesi metalliche nella stessa zona o in stretta vicinanza della zona di trattamento). • Insufficienza cardiocircolatoria di grado medio e grave. • Diatesi tromboembolica. • Infezioni locali e/o sistemiche, in primo luogo la TBC. • Neoplasie maligne. • Presenza di zone cutanee con anestesia termo-dolorofica. • Gravidanza, se il tessuto-target si trova nell'addome. • Presenza cartilagini di accrescimento nella regione da trattare. Controindicazioni relative • Presenza di aree ipoestesiche. • Presenza di aree ischemiche. • Diabete. • Obesità. • Fase acuta delle malattie infiammatorie (il trattamento può essere eseguito con cautela, sotto il costante controllo del medico). 188 29/04/2016 Correnti elettriche Gli apparecchi di elettroterapia convertono la corrente alternata di rete (220 V, 50 Hz), in correnti con particolari caratteristiche. Prima è modificato il voltaggio, poi la CA è raddrizzata in CC ed eventualmente convertita in corrente variabile. Correnti unidirezionali: corrente a intensità costante e corrente a intensità variabile ondulata e interrotta. Sono unidirezionali le correnti galvaniche e le correnti di Kotz. Correnti bidirezionali: caratterizzate dal fatto che il verso del flusso delle cariche varia continuamente il senso di marcia perché il generatore cambia costantemente la polarità. Possono essere simmetriche (la superficie dell’impulso positivo è uguale a quella del negativo ) asimmetriche (la superficie è diseguale ). Le correnti bidirezionali o bifasiche hanno il pregio di evitare fenomeni di: accomodazione delle fibre nervose; danneggiamento della membrana cellulare; fenomeni di elettrolisi dei mezzi di sintesi metallici. Sono correnti bidirezionali o bifasiche le TENS, le diadinamiche, le correnti per l’elettrostimolazione del muscolo denervato (rettangolare, triangolare, trapezoidale), le correnti interferenziali. In base alla frequenza le correnti possono essere classificate: Frequenza zero: Galvanica Bassa frequenza :1-800 Hz Media frequenza : 0,8-10 KHz Alta frequenza : > 10 KHZ 189 29/04/2016 La resistenza offerta dal corpo umano non è ohmica (I=V/R), non è costante (tende a diminuire col tempo), diminuisce col crescere della tensione più velocemente di quanto previsto dalla legge di Ohm. Se gli elettrodi sono applicati sulla pelle, la resistenza tende a diminuire anche per la vasodilatazione e la diaforesi dovuta all’ ipertermia locale. La maggior parte della resistenza fa capo alla pelle. La conducibilità interna dipende dal contenuto di acqua (massima nel sangue e muscoli, minima nell’adipe). La corrente si scarica attraverso i muscoli, perché sono i conduttori a sezione maggiore. ELETTROTERAPIA: branca della terapia fisica che utilizza a scopo terapeutico gli effetti biologici indotti dall’energia elettrica al suo passaggio attraverso il corpo umano. Antalgica (TENS, correnti diadinamiche etc). Eccitomotoria (correnti di Kotz, esponenziali). Veicolante (vettore per trasportare ioni attivi di un farmaco all’interno dei tessuti biologici: ionoforesi). 190 29/04/2016 Effetti biologici della corrente continua Modificazione della distribuzione degli elettroliti nei tessuti. Polarizzazione delle membrane cellulari. Modificazione parzialmente reversibile del protoplasma cellulare. Ceteris paribus, la CC è meno pericolosa della CA sull’immediato, ma può provocare pericolose atrofie muscolari a distanza. Se non è di amperaggio elevato provoca solo fenomeni elettrochimici e stimolazioni all’apertura e chiusura del circuito. Effetti polari: possibili ustioni chimiche (escara dura da HCl al polo +, escare molle e torpida da NaOH al polo -). Effetti interpolari: poco noti (stimolazione del metabolismo cellulare, permeabilità di membrana, variazione dell’attività biochimica cellulare). 191 29/04/2016 192 29/04/2016 Elettrotono Rappresenta modificazioni dell’eccitabilità e della conduzione del nervo dovute al passaggio di una corrente elettrica. Con l’apertura e la chiusura del circuito elettrico, l’elettrotono subisce due opposte variazioni, dette catelettrotono e anelettrotono. Il catelettrotono si verifica alla chiusura del circuito e consiste nella migrazione di cationi verso il polo negativo (catodo), con depolarizzazione della membrana e temporaneo aumento dell’ eccitabilità del nervo e in una migrazione di anioni verso il polo positivo (anodo), con iperpolarizzazione della membrana e diminuzione della temporanea diminuzione dell’eccitabilità del nervo.. L’anelettrotono si verifica all’apertura del circuito e consiste nel temporaneo aumento dell’eccitabilità all’anodo e nella sua diminuzione al catodo. Al polo negativo Aumento di eccitabilità del nervo. Vasodilatazione dei capillari determinata da: riscaldamento diretto per effetto joule, aumento del metabolismo cellulare, azione diretta sulle fibre del simpatico. Accelerazione del metabolismo cellulare (effetto trofico). Al polo positivo Riduzione di eccitabilità del nervo sensitivo: inibizione dei nocicettori e della conduzione nervosa (effetto analgesico). *** Fenomeno dell’accomodazione. 193 29/04/2016 Effetti biologici dell’elettroterapia Sono influenzati dalla corrente impiegata. Effetto chimico (migrazione ionica) è presente esclusivamente nella CC unidirezionale (galvanica) e consiste nella capacità della corrente di far migrare gli ioni di un liquido o tessuto verso il catodo (elettrodo negativo) o anodo (elettrodo positivo ) secondo la loro polarità. Vasodilatazione per riscaldamento dei tessuti attraversati e accelerazione del metabolismo tissutale (azione sulle fibre del simpatico, comune a tutte le correnti). La vasodilatazione ha come effetto un maggior afflusso di sostanze nutritizie nei tessuti e una facilità nella rimozione di cataboliti (frutto della degradazione dei materiali cellulari )e delle sostanze algogene (sostanze che provocano dolore). Effetto eccitomotorio (capacità di provocare la contrazione muscolare) generato da correnti variabili e in particolare dalle correnti che avendo rapide variazioni d’intensità determinano una depolarizzazione della membrana delle fibre nervose. Lo stimolo elettrico deve avere determinate caratteristiche : Intensità. Lo stimolo elettrico deve essere sufficientemente intenso. L’aumento dell’intensità determina il reclutamento di un numero maggiore di unità motorie. Durata. Lo stimolo elettrico deve essere sufficientemente lungo. Tuttavia l’aumento di intensità può ridurre il tempo necessario per determinare una contrazione, ma sotto una certa durata è impossibile determinare contrazione. Tempo di ascesa. Gli impulsi devono avere un tempo di ascesa sufficientemente rapido per eludere il potere di accomodazione della fibra nervosa. 194 29/04/2016 Frequenza. Impulsi con frequenza inferiore ai 20 HZ provocano contrazioni sincrone con gli impulsi. Impulsi ravvicinati tra i 20 – 100 Hz determinano un tetano muscolare (perché le fibre sono colpite da stimoli successivi prima che la contrazione sia esaurita). Oltre i 10000 Hz non si osserva più alcuna contrazione. Effetto termico generato per effetto joule, è direttamente proporzionale alla resistenza incontrata (che è massima a livello della cute ), all’intensità della corrente e al tempo in cui la corrente circola. Si manifesta prevalentemente con correnti ad alta frequenza. Effetto antalgico (elettroanalgesia). I meccanismi fisiologici che permettono di ottenere un effetto analgesico mediante la corrente elettrica non sono ancora del tutto noti. Iperpolarizzazione (CC) a livello dell’elettrodo + delle fibre nervose dolorifiche con innalzamento della loro soglia di depolarizzazione e diminuzione dell’eccitabilità e conduzione: la noxa algogena non è più capace di innescare il potenziale d’azione veicolante la sensazione di dolore. Inibizione presinaptica della trasmissione dello stimolo algogeno (teoria del cancello): impulsi elettrici di durata < 60 µs determinano la stimolazione selettiva delle fibre Aβ veicolanti stimoli tattili, che attivano gli interneuroni della sostanza gelatinosa del Rolando nel MS, i quali inibiscono presinapticamente la trasmissione dello stimolo algogeno dalle fibre dolorifiche periferiche (fibre Aδ e C) alle cellule del nucleo proprio del corno posteriore (NPCP) del MS -> fascio spino-talamico. E’ come se lo stimolo algogeno trovasse un cancello chiuso che ne impedisce la progressione sulla via che lo conduce alla percezione cosciente. 195 29/04/2016 Liberazione di endorfine, molecole analgesiche prodotte a livello della sostanza grigia situata intorno all’acquedotto del Silvio (mesencefalo). Sono necessarie correnti con durata > 60 µs. Innalzamento della soglia di eccitabilità degli algocettori. Wash out: rimozione dal distretto corporeo dolente delle sostanze algogene endogene (prostaglandine, bradichinine, istamina), come conseguenza dell’ incremento del flusso ematico. Effetto placebo. Associazione di 2 o più meccanismi sopra riportati. 196 29/04/2016 Elettroanalgesia Correnti continue Ionoforesi. Idrogalvanoterapia. Correnti variabili Correnti diadinamiche. Corrente interferenziale. Elettrostimolazione nervosa transcutanea o TENS. Elettrostimolazione L’elettrostimolazione può avvenire su un muscolo innervato o denervato. Nel muscolo denervato c’è una lesione del motoneurone periferico che in condizioni normali esercita sul muscolo un effetto trofico, pertanto in caso di lesione si verifica un’atrofia del muscolo. Il muscolo perde di peso, diminuiscono sia il numero, sia il calibro delle fibre muscolari, aumenta il tessuto connettivo, si riduce l’elasticità e la distensibilità del muscolo. I segni di denervazione sono le fibrillazioni (evidenziabili solo da un esame elettromiografico ) e le fascicolazioni visibili come piccoli scatti o vibrazioni della pelle. 197 29/04/2016 L’elettrostimolazione è indicata solo in quei casi in cui la condizione di denervazione sia reversibile. Il motoneurone può essere danneggiato a livello del corpo cellulare o a livello dell’assone. In quest’ultimo caso possiamo avere in ordine decrescente di gravità: neurotmesi: interruzione completa del nervo; assonotmesi: è leso solo l’assone, ma l’integrità del nervo è conservata; neuroaprassia: temporanea interruzione della conduzione dell’impulso senza danno anatomico dell’assone. L’elettrostimolazione è indicata nei casi di neuroaprassia, assonotmesi e neurotmesi (solo dopo ricostruzione chirurgica). Il tipo di impulso che si usa generalmente è quello triangolare; infatti data la sua lenta ascesa è meno fastidioso per il paziente e non provoca la contrazione dei muscoli normalmente innervati in quanto questi hanno un potere di accomodazione maggiore rispetto alle fibre denervate. L’elettrostimolazione deve essere intrapresa il più presto possibile perché l’atrofia muscolare si manifesta sin dai primi giorni. Quando compaiono i primi movimenti attivi è preferibile ricorrere alla contrazione volontaria contro adeguata resistenza. Le sedute devono essere giornaliere, se necessario ripetute durante il giorno. Bisogna provocare contrazioni muscolari vigorose, ma con impulsi intervallati da pause lunghe perché le fibre denervate sono facilmente affaticabili. 198 29/04/2016 Correnti rettangolari. È caratterizzata da un singolo impulso rettangolare che varia dal valore nullo al valore massimo, da una durata di contrazione pari alla durata dell’impulso, da una pausa di recupero. Gli impulsi sono a polarità alternata per evitare fenomeni di ionizzazione della cute. Correnti triangolari. Raggiungono il picco tramite una rampa lineare con impulsi di durata abbastanza lunga. Determinano una valida risposta delle fibre denervate senza però stimolare quelle adiacenti normalmente innervate che hanno un potere di accomodazione maggiore delle fibre denervate. Correnti trapezoidali. Sono usate nei muscoli parzialmente denervati perché evita la contrazione dei muscoli innervati (accomodazione) e perché determina una durata della contrazione maggiore essendo lo stimolo nei muscoli parzialmente denervati meno fastidioso rispetto a quelli dei muscoli totalmente denervati. Elettrostimolazione del muscolo innervato Corrente di Kotz che permette il massimo reclutamento muscolare con la minore sensazione dolorosa. Si tratta di una corrente sinusoidale a media frequenza (2500 Hz) con pacchetti di durata di 10 ms seguiti da pause della stessa durata. 199 29/04/2016 Come tutte le correnti a media frequenza, è caratterizzata da una capacità di penetrazione maggiore e per questo è spesso preferita a correnti di bassa frequenza (rettangolare bifase e faradica), perché permette di raggiungere i muscoli più profondi. Lo svantaggio è la difficoltà di stimolare fibre specifiche, possibile a frequenze più basse con la rettangolare bifase. È indicata nelle ipotrofie muscolari da non uso e per il potenziamento muscolare. Ionoforesi Utilizza CC unidirezionale per introdurre attraverso la cute ioni attivi di un farmaco disciolti in soluzione acquosa. Sfrutta il fenomeno dell’elettroosmosi cioè il passaggio dell’acqua attraverso la membrana cellulare a seguito della corrente elettrica. Gli ioni attivi penetrano nei tessuti attraverso i dotti piliferi e le ghiandole sebacee e sudoripare, mentre lo strato corneo epidermico oppone notevole resistenza. E’ necessario: 200 29/04/2016 Conoscere il segno della carica degli ioni medicamentosi derivanti dalla dissociazione del farmaco somministrato. Preparare la cute con detersione accurata e se necessario con tricotomia. Il farmaco è distribuito su spugnette bagnate (ciò riduce la resistenza elettrica cutanea). Il farmaco è applicato sull’elettrodo di segno uguale a quello degli ioni medicamentosi: si verifica una migrazione degli ioni attivi verso l’elettrodo di segno opposto (I FANS, in genere, hanno polarità - e si pongono sull’elettrodo -). Gli elettrodi possono essere posti secondo due tecniche: Tecnica trasversale: l’elettrodo su cui è stato posto il farmaco va collocato sulla zona da trattare, l ‘altro elettrodo sulla superficie diametralmente opposta. Tecnica longitudinale: gli elettrodi sono applicati sullo stesso piano cutaneo in modo tale che la l’area da trattare sia compresa fra essi. La penetrazione cutanea non supera i 3 cm. La durata di ogni seduta deve essere almeno di 25 minuti, perché nei primi 15 minuti si ha il passaggio di ioni indifferenti. L’intensità della corrente è in rapporto alla tollerabilità del paziente, comunque deve essere <0,5 mA/cm2 di superficie di elettrodo. Effetti terapeutici della ionoforesi: trofico e analgesico della CC, placebo, azione degli ioni medicamentosi. 201 29/04/2016 Indicazioni alla ionoforesi Patologie di gomito, polso, mano, ginocchio e T-T perché strutture non profonde e con scarso rivestimento di tessuto muscolare e adiposo. Artrosi, artriti, periartriti, borsiti, tendiniti e affezioni infiammatorie. Affezioni post-traumatiche, nevralgie. Controindicazioni alla ionoforesi Lesioni cutanee (ferite, abrasioni): per riduzione della resistenza locale, possono favorire la comparsa di ustioni chimiche in prossimità degli elettrodi. Ipoestesia cutanea: impedisce al paziente di avvertire dolore in caso di ustione chimica polare (contatto diretto elettrodo-cute o elevata intensità di corrente in relazione alla superficie d’applicazione, quindi scorretta tecnica di applicazione). Mezzi di sintesi metallici (la corrente continua può provocare elettrolisi del metallo e lesioni caustiche nei tessuti circostanti). Dermatiti, intolleranza, ipersensibilità o allergia al farmaco, gravidanza, epilessia. Portatori di pace-maker (rischio d’interferenza) o gravi aritmie cardiache. 202 29/04/2016 Idrogalvanoterapia • E’ come una ionoforesi in acqua tiepida: immersione di superfici corporee dettata dalla necessità di far fluire la corrente attraverso distretti corporei dolenti particolarmente estesi, non lisci o con asperità, come mani, piedi, gomiti e caviglie. • Immersione di entrambi gli elettrodi in punti diametralmente opposti, nonché della parte da trattare. • Oppure può essere immerso un solo elettrodo, quello positivo, mentre quello negativo è collegato alla radice dell’arto trattato. 203 29/04/2016 Terapia antalgica con correnti variabili • Corrente variabile: cambia nel tempo la propria intensità e/o direzione e/o verso. • Correnti diadinamiche, corrente interferenziale, TENS. a = ampiezza, T = periodo, = lunghezza d’onda t = larghezza d’impulso, P = pausa, ts = tempo di salita, td = tempo di discesa Correnti diadinamiche o di Bernard • • • • • • • • • • Correnti unidirezionali ed emisinusoidali a bassa ν. Monofase (MF): impulsi e pause di uguale durata (10 msec), ν 50 Hz. Difase (DF): impulsi di 10 ms non separati da pause, ν 100 Hz. Corrente modulata a corto periodo (CP): alternanza di 1 s di monofase con 1 s di difase. Corrente modulata a lungo periodo (LP): alternanza di 5-6 s di monofase con 8-14 s di difase; una fase su due può essere modulata in ampiezza. Corrente sincopata rapida: alternanza di 1 s di monofase con 1 s di pausa. Corrente sincopata lenta: alternanza di 2,5 s di monofase con 2,5 s di pausa. Le correnti sincopate rapida e lenta sono usate, seppur raramente, a scopo elettromiostimolante. Problema nell’elettroterapia antalgica (specie difasica): fenomeno dell’ assuefazione dei tessuti e delle terminazioni sensitive con perdita o riduzione dell’effetto analgesico dopo alcuni min di trattamento con la stessa variante di corrente. Per evitarlo si associano o alternano diverse forme d’onda (es. 1 min DF + 5 min CP + 5 minLP). MODALITÀ DI APPLICAZIONE: Elettrodi applicati sulla cute con interposizione di spugnette bagnate. L’elettrodo attivo (–) è posto sulla zona bersaglio. L’elettrodo indifferente (+) sulla restante zona d’irradiazione del dolore o su una zona dolorosa meno attiva. In alternativa gli elettrodi possono essere posti lungo il decorso del nervo afferente. Il pz. deve avvertire un formicolio senza dolore. La durata della seduta è 10-15 minuti (cicli di 10 sedute). S’inizia sempre con una DF perché meglio tollerata dal pz. 204 29/04/2016 EFFETTI TERAPEUTICI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE • Sono caratteristici per ciascun tipo di corrente. • Effetto antalgico: legato all’iperpolarizzazione delle membrane e all’inibizione dei recettori del dolore all’anodo. E’ realizzato dalle correnti DF, MF e LP: – Difase: maggior effetto antalgico di MF, ma di minor durata. – Monofase: l’effetto antalgico è più tardivo, ma anche più prolungato. – Lungo periodo: preferibile nel trattamento del dolore articolare acuto. • Effetto trofico: legato alla vasodilatazione periferica prodotta dalla corrente CP. Il miglior stato di nutrizione dei tessuti determina un’analgesia secondaria. La corrente a CP è indicata nelle forme di dolore cronico. • Effetto eccitomotorio: legato all’azione dinamogena, cioè stimolante sulla muscolatura striata della corrente sincopata. • INDICAZIONI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE: patologie localizzate e superficiali, tendiniti, postumi dolorosi di traumi articolari, artropatie acute e croniche, algie muscolari. • CONTROINDICAZIONI DELLE CORRENTI DIADINAMICHE: soluzioni di continuo della cute, dermatiti, pacemaker, oggetti o mezzi di sintesi in prossimità del segmento da trattare perché essendo correnti unidirezionali possono favorire effetti elettrolitici e pertanto possono danneggiare i mezzi di sintesi metallici. 205 29/04/2016 TENS (Transcutaneus Electrical Nerve Stimulation) Consiste nella stimolazione elettrica transcutanea dei nervi periferici con conseguente riduzione della sintomatologia dolorosa. Si ritiene che gli effetti antalgici delle TENS siano dovuti a più fattori: Eccitazione selettiva di fibre nervose a calibro maggiore con conseguente inibizione di neuroni spinali coinvolti nella trasmissione nocicettiva (teoria del gate control di Melzack e Wall). Liberazione di neuropeptidi (endorfine) che attivano circuiti cerebrali inibenti la trasmissione del dolore a livello del midollo spinale. Modificazione della eccitabilità periferica a livello di recettori e fibre nervose… … I recettori, a causa del dolore dopo una scarica di corrente iniziale, si “assestano” a un livello più alto, cessando di inviare impulsi ai centri superiori. In tale condizione i recettori possono essere eccitati solo da stimoli d’intensità maggiore rispetto a quella iniziale: si ha così un innalzamento della soglia del dolore. Il perdurare dell’effetto antalgico si deve a due effetti indiretti quali: la modificazione della conducibilità dei nervi periferici e dell’ eccitabilità neuronale da parte degli impulsi elettrici o la capacità degli stessi di interrompere circuiti algogeni. 206 29/04/2016 Impulsi tra i 50 e 125 HZ (gate control ), mentre con impulsi tra gli 1 e 7 Hz si ha la liberazione delle endorfine. La secrezione di endorfine aumenta in modo graduale, per questo la seduta richiede tempi più lunghi ma l’effetto di riduzione del dolore dura nel tempo MECCANISMO D’AZIONE: IPOTESI • L’effetto antalgico della TENS convenzionale per un meccanismo neurologico (ipotesi del cancello, innalzamento della soglia di eccitabilità delle fibre dolorifiche e/o degli algocettori). • L’analgesia indotta dalla TENS tipo agopuntura sia legata all’intervento di un meccanismo biochimico (liberazione di endorfine). • A livello della zona dolente, in modo che sia attraversata dal campo elettrico. • Lungo il decorso del nervo che veicola la sensibilità dolorifica del sito algico. • Un elettrodo è collocato distalmente al sito dolente e l’altro a livello paravertebrale in corrispondenza della radice spinale che veicola la sensibilità dolorifica del sito dolente medesimo. APPLICAZIONE INDICAZIONI • Dolori radicolari (brachialgie, sciatalgie, cruralgie). • Nevralgie post-erpetiche. • Artrite reumatoide. • Artralgie e mialgie localizzate. • Dolori del moncone di amputazione. • La TENS a impulsi bifasici in presenza di mezzi metallici perché non provoca effetti elettrolitici. 207 29/04/2016 CONTROINDICAZIONI • Ferite e mucose. • Disturbi della sensibilità. • Gravidanza. • Trattamento di aree vicine all’aia cardiaca. • Cardiopatici e portatori di pace-maker. TECNICHE DI APPLICAZIONE • La TENS può essere effettuata oltre che con apparecchiature convenzionali alimentate a rete, anche mediante stimolatori tascabili alimentati a batteria che sono facilmente gestibili dai pz anche a domicilio. Alta frequenza e bassa intensità Buona tollerabilità Effetto antalgico rapido Bassa frequenza e alta intensità Ridotta tollerabilità Effetto antalgico più duraturo Veloce assuefazione Assuefazione rara Correnti interferenziali (di Neméc) • Correnti antalgiche a bassa frequenza ottenute dall’interferenza di 2 correnti a media frequenza. • Applicazione di 2 coppie di elettrodi poste ortogonalmente fra loro, in modo da far incrociare, a livello della zona dolente, la corrente generata dall’una e dall’altra coppia. • Impiego di due correnti generanti sinusoidali (3900-4100 Hz), le cui frequenze differiscono di 50-100 Hz (se differiscono di 1-50 Hz si ha effetto miostimolante). • Buona azione antalgica. Poco usate per scarsa maneggevolezza. • Associate a vacuumterapia. • Indicazioni: nevralgie, emicrania, turbe trofiche, disturbi neurovegetativi. • Controindicazioni: mezzi di sintesi metallici, disturbi vascolari, neoplasie. 208 29/04/2016 Magnetoterapia Magnetoterapia Sotto l'influenza dei CM pulsati di bassa intensità e di f ELF si producono, nel nostro organismo, numerosi effetti biofisici ai diversi livelli organizzativi della materia vivente, che dipendono da interazioni primarie di natura magnetomeccanica e magnetoelettrica. Per il processo di guarigione delle discontinuità ossee (fratture, pseudoartrosi, osteotomie correttive, scollamento di endoprotesi) sono i seguenti bioeffetti: Induzione di un effetto piezoelettrico nelle strutture connettivali (collagene). Orientamento strutturale del collagene e dell'osso neoformato con accentuazione del processo di deposizione calcica (miglioramento qualitativo del callo). 209 29/04/2016 Miglioramento delle condizioni circolatorie locali e della pressione di O2 (ipervascolarizzazione). miglioramento del processo riparativo a livello dei tessuti molli (connettivo ed epiteli di rivestimento). Affinché tali effetti si producano meglio è importante tener conto dei parametri fisico-tecnici e metodologici del trattamento: dosaggio «adeguato»: rispettare il binomio bassa intensità (580 gauss) e bassa frequenza (20-100 Hz), senza provocare effetto ipertermico (o al massimo contenuto entro 0,5°C); forma dell'onda, problema delicato ma di sicuro potenziale biologico-terapeutico, data l'importanza dei fenomeni di risonanza nell'ambito delle frequenze ELF; reattività individuale, legata a condizioni generali, fisiche e anche psichiche del paziente. Onde d’urto 210 29/04/2016 Onde d’urto Sono onde acustiche ad alta energia con caratteristiche definite a livello internazionale (DIGEST, Deutschsprachige Internationale Gesellschaft für Extrakorporale Stoßwellentherapie, Società internazionale tedesca per la terapia con onde d’urto). Sono prodotte da specifici generatori: i più comuni sono quelli di tipo elettroidraulico, elettromagnetico e piezoelettrico. Sono veicolate attraverso un sistema di trasmissione all’interno del corpo umano e focalizzate con precisione sull'obiettivo da trattare. Si differenziano dagli ultrasuoni sia per il loro andamento a impulsi, sia per il raggiungimento di gradienti pressori molto più elevati, anche 1000 volte superiori. Per ogni impulso si verifica, sul fronte di avanzamento dell'onda, un elevato aumento pressorio (10-100 Mpa) in un tempo brevissimo (5-10 ns), seguito da un più lento ritorno alla pressione atmosferica, passando per valori negativi (-10 MPa), che determina fenomeni di cavitazione. Tra le sorgenti e l'obiettivo è posta un'interfaccia (per es. una sacca piena di acqua o di gel) che ha la funzione di trasmettere le O.U., ma anche di regolare la profondità di penetrazione). Alcuni apparecchi hanno la possibilità di modificare in maniera progressiva la quantità di liquido nell'interfaccia, permettendo di focalizzare il target con grande precisione. Le O.U. sono generate e trasmesse attraverso un mezzo liquido, generalmente acqua. 211 29/04/2016 Onda d’urto I tessuti molli hanno un’impedenza acustica simile a quella dell´ acqua, pertanto solo una minima parte dell’energia dell’O.U. è assorbita prima di raggiungere il bersaglio. La penetranza delle onde d'urto è variabile in media da 0 a 60 mm. L’ESWT è stata elaborata negli anni '70 e utilizzata fin dai primi anni ’80 nelle litiasi in Urologia (litotripsia). Dal 1986 la litotripsia extracorporea è stata applicata anche nella litiasi biliare, specie colecistica, ma anche della via biliare principale. Tutti i litotritori attualmente in uso producono e convergono O.U. focalizzate sul calcolo da frammentare. Così i calcoli possono essere frammentati con un danno minimo ai tessuti circostanti. 212 29/04/2016 Tessuto Aria a 20° Densità (Kg/m3) Velocità suono Impedenza acustica (m/s) (Kg/m2s) 1,293 343 427 Acqua a 20° 998 1 483 1,48 x 106 Grasso 920 1 445 1,33 x 106 Muscolo 1 060 1 570 1,65 x 106 Osso corticale 1 700 3 600 6,12 x 106 Osso spugnoso 1 000 1 450 1,145 x 106 Caratteristiche acustiche di diversi tessuti Il collasso delle microbolle prodotte dalla cavitazione può provocare danni tissutali. Gli organi che contengono aria (polmone, visceri addominali, ossa) non sono buoni trasmettitori e potrebbero essere danneggiati dall’energia trasmessa dall’O.U. La frammentazione dei calcoli, il dolore avvertito dal pz e il possibile danno tissutale dipendono dai parametri dell’O.U. e dal numero di applicazioni necessarie alla distruzione del calcolo. Nel 1986 primi esperimenti su ossa di animali. Poi Osteogenesis Stimulated Shockwave Application (O.S.S.A.) nelle pseudoartrosi. Prima apparecchiatura per ESWT nel 1991. 213 29/04/2016 Rapido sviluppo in Ortopedia e Fisioterapia per il trattamento di pseudoartrosi, calcificazioni periarticolari e intramuscolari e poi nelle patologie inserzionali tendinee. Oggi l’ESWT è applicata anche nelle piaghe da decubito e si prospetta l’impiego anche nella patologia coronarica. Shock wawe Un tuono o un’esplosione generano O.U. Un aereo che infrange la barriera del suono genera un rumore molto forte. L’O.U. può arrivare a far tintinnare i bicchieri di una credenza, trasmettendo l’energia dall’aereo sino ai bicchieri. Le O.U. possono trasmettere l’energia a lunghe distanze. Il muro del suono Le superfici aerodinamiche e i motori di un aereo a reazione sono degli emettitori estesi di onde acustiche. Per semplificare immaginiamo l’aereo come un’unica sorgente puntiforme di onde acustiche sferiche. Se la sorgente si muove a velocità subsonica, i fronti d’onda acustici emessi in due istanti di tempo successivi non possono sovrapporsi, e il fenomeno che si osserva è l’effetto Doppler. 214 29/04/2016 Le onde che si propagano davanti alla prua si addensano, producendo in un ascoltatore che vede avvicinarsi l’aereo la sensazione di un aumento di frequenza del suono. Quando l’aereo s’allontana, si ha l’effetto opposto di diminuzione della frequenza (rombo sordo). La sorgente acustica in moto subsonico appare quindi a un osservatore in quiete come un emettitore che varia di frequenza secondo la direzione della congiungente emettitore-ascoltatore. Sonic Boom Le onde di shock che si propagano nei condotti o negli ugelli sono fenomeni analoghi, ma con origine diversa. Non un solido che si muove a velocità supersonica, ma flussi di fluidi con velocità supersoniche. Il formarsi di onde di shock è quasi sempre associato a rumorosità e vibrazioni intense. Se il condotto ha una bocca d’uscita, l’onda di shock si propaga nel campo libero come quella prodotta dai velivoli supersonici: detonazioni prodotte dalle armi da fuoco. 215 29/04/2016 Unità di misura Energia (J) = N∙m . Potenza (W) = J∙s-1. Densità di un corpo (massa volumica o specifica, ρ o anche δ) = kg∙m-3 Densità di energia = J∙m-3. Densità di potenza = W∙m-3 . Flusso di energia = energia che attraversa perpendicolarmente l’unità di superficie nell’unità di tempo, quindi la potenza esercitata sull’unità di superficie. Densità di flusso = W∙m-2 = J∙m-2∙s-1. Pressione = N∙m-2 = Pa. bar = 105 Pa (millibar usato in meteorologia e il microbar in acustica). torr = colonna di Hg alta 1 mm = 133,3 Pa mm di colonna d'acqua = 1 mm = 9,81 Pa Atm = pressione esercitata dall'atmosfera terrestre al livello del mare = 101 325 Pa. 216 29/04/2016 Parametri fisici delle O.U. (according to International Society for Medical Shockwave Therapy, www.ismst.com) Un’O.U. è un singolo impulso acustico di pressione positiva con un lento ritorno alla pressione atmosferica attraverso una fase di pressione negativa. Presenta: Ampia gamma di frequenze (<20 MHz, di solito 1-8 Hz). Elevata pressione di picco (>500 bar o 50 MPa, <1200 bar o 120 MPa). Onda negativa a bassa tensione (<100 bar o 10 MPa). Limitata area interessata dall’impulso e breve durata (<10 μs). Rapida salita della pressione positiva (<10 ns). L’impulso è seguito da un’onda indotta dalla diffrazione della durata di pochi μs. Induzione d’elevate forze di sollecitazione sulle interfacce fra tessuti con diversa densità. Generazione di forze di trazione (cavitazione). 217 29/04/2016 Densità del Flusso di Energia, EDF (mJ/mm2) è quantità massima di energia acustica trasmessa attraverso una superficie di 1 mm2 per impulso. Energia d’impulso totale E (mJ) è l'energia totale rilasciata e corrisponde alla somma di tutte le densità di energia in tutto il profilo del fascio, moltiplicato per l'area del profilo del fascio. La densità di energia (<1,5 mJ/mm2) e l'energia dell’impulso (<100 mJ) dipendono dalla distribuzione temporale e spaziale del profilo di pressione. ATTENZIONE CON LE DENSITÀ! Densità di flusso (S.I.) = W∙m-2 = J∙m-2∙s-1 Densità del Flusso di Energia (O.U.) = mJ∙m-2 In pratica: 𝑾 𝑱 𝑱 ∙𝒔= 𝟐 ∙𝒔= 𝟐 𝟐 𝒎 𝒎 ∙𝒔 𝒎 La densità di flusso d’energia (EDF) utilizzata per definire l’O.U. è la densità di flusso (S.I.) moltiplicata per la durata dell’impulso e indica l’energia totale esercitata per unità di superficie dalla singola onda d’urto. 218 29/04/2016 Riflessione, Trasmissione, Assorbimento L’interazione diretta e indiretta delle O.U. sulla superficie di separazione fra due tessuti con densità diverse dipende da: riflessione, trasmissione, assorbimento, cavitazione. Le forze di trazione durante la fase negativa possono causare la formazione nei liquidi di bolle microscopiche di gas (cavitazione). Vicino all’interfaccia queste bolle collassano asimmetricamente (implosione). L’implosione provoca microgetti d’acqua (jet stream) ad alta velocità (400-800 m/s) che hanno un elevato potenziale distruttivo e sono responsabili degli effetti litici sui tessuti. Parte di un’onda acustica è riflessa quando colpisce perpendicolarmente un’interfaccia fra due materiali di diversa densità, la parte rimanente è trasmessa. La quantità riflessa dipende dalla differenza di impedenza acustica fra i due diversi materiali. L’interfaccia muscolo/osso può riflettere <36% di energia. L’interfaccia muscolo/aria ≈100%. L’energia assorbita stimola i processi biologici sul tessuto muscolo-tendineo e osseo. 219 29/04/2016 Effetti delle onde d’urto Effetti meccanici diretti: dovuti soprattutto al picco pressorio positivo. Si verificano solo all'interfaccia tra i tessuti che possiedono un’ impedenza diversa, come tra i tessuti molli e i tessuti mineralizzati. Effetti indiretti: sono imputabili soprattutto alla cavitazione e ai jet streams. Alcuni studi hanno evidenziato anche effetti biochimici correlati alla cavitazione: produzione di radicali liberi e soprattutto NO ad azione citolitica, vasodilatante e neoangiogenetica. Densità del flusso d’energia 0,08 – 0,6 mJ/mm2: Litotripsia calcoli renali 0,08 – 0,23 mJ/mm2: ESWT tessuti molli 0,22 – 0,4 mJ/mm2: ESWT tessuto osseo Valore energetico: densità d’energia pari a: Basso: 0,05 – 0,12 mJ/mm2 Medio: 0,12 - 0,28 mJ/mm2 Alto: 0,28 – 1,5 mJ/mm2 220 29/04/2016 Il fuoco è la posizione del massimo picco positivo di pressione acustica. In teoria è infinitamente piccolo, in pratica ha dimensioni apprezzabili dipendenti da: tipo di sorgente e densità del materiale attraversato. Può variare in base al tipo di apparecchio e al livello energetico usato (è necessario perciò specificare tale livello). Per convenzione concordata fra l’industria e gli organismi scientifici internazionali, si definiscono tre diverse aree focali. Area @-6dB: l’area focale è costituita da tutti i punti con pressione uguale o superiore alla metà del suo valore massimo, ed è misurata in mm lungo le direzioni X, Y e Z. Area @ 5 MPa: l’area focale è costituita da tutti i punti con pressione uguale o superiore a 5Mpa, misurata in mm lungo le direzioni X, Y e Z. Zona di terapia definisce la zona dove si può riscontrare un effetto terapeutico con la terapia ad onde d'urto (isobara 5 MPa). Area 5 mm: l’area focale è semplicemente la sfera da 5 mm intorno al centro focale. 221 29/04/2016 Fuoco Un‘area focale può essere misurata entro: @ 5 mm @ 5 MPa @ -6db Differenze tra onda d’urto e U.S. L’onda d’urto non va confusa con l’onda ultrasonica, utilizzata in ecografia e in terapia fisica, che ha un andamento sinusoidale. L’onda d’urto ha un andamento a impulso e valori di pressione molto più elevati, mediamente 1000 volte superiori (circa 500 bar contro 0,5 bar degli US). 222 29/04/2016 Curva di distribuzione della pressione Onde d’urto focali e radiali 223 29/04/2016 Densità di flusso di energia ed energia 224 29/04/2016 Generatore elettroidraulico Il sistema è formato da due elettrodi posti a distanza di 1 mm dentro una camera contenente acqua. L'applicazione di corrente ai due elettrodi provoca l'evaporazione istantanea dell'acqua con la formazione di un'onda pressoria, che è riflessa da un semiellissoide sull'obiettivo terapeutico. Vantaggi: generatore basato su una tecnologia efficiente e relativamente poco costosa. Svantaggi: Angoli di apertura delle sorgenti terapeutiche minimi (elevate concentrazioni d'energia nei tessuti attraversati). Sorgenti sottoposte a un notevole consumo degli elettrodi, con conseguente produzione irregolare delle onde d'urto. Non è possibile utilizzare sistemi di puntamento integrati all'interno della fonte terapeutica (in-line), ma solo sistemi esterni (off-line). L’arco voltaico provoca l’evaporazione dell’acqua circostante e la formazione di un’onda sferica di pressione indotta dalla rapida crescita delle bolla di vapore (fuoco F1). L'onda d’urto primaria così formata è focalizzata dall’ellissoide e si concentra in modo uniforme nel volume focale intorno al fuoco F2. 225 29/04/2016 Generatore elettromagnetico Il sistema è formato da una bobina piatta o cilindrica che, attraversata da corrente, produce un campo magnetico indotto che provoca l'espansione di una membrana metallica ferromagnetica. Nel caso della bobina piatta l’energia è focalizzata mediante una lente acustica, mentre nel caso della bobina cilindrica si utilizza la superficie interna riflettente della testa, con la forma geometrica di un paraboloide. L'onda d'urto generata è poi focalizzata verso l'obiettivo terapeutico. La bobina cilindrica, rispetto a quella piatta, consente l'integrazione di un sistema di puntamento ecografico coassiale, disposto nella la parte centrale del generatore. 226 29/04/2016 Tuttavia, il foro al centro della membrana comporta una perdita di potenza del sistema. Vantaggio: l'estrema modulabilità della potenza erogata. Generatore piezoelettrico La sorgente è rappresentata da elementi piezoceramici posti su una semisfera. Applicando una tensione elettrica ai cristalli, si inducono deformazioni meccaniche che generano nell’acqua nella quale sono immersi piccolissime onde primarie di pressione che si sommano e concentrano nel fuoco le onde d'urto. La superficie semisferica consente di focalizzare le onde d'urto secondo angoli di apertura molto ampi, con riduzione dell'energia erogata nei tessuti al di fuori del fuoco. Recentemente la metodica è stata migliorata con l'introduzione della stack technology (disposizione delle celle piezoelettriche su due strati, con riduzione dei volumi e incremento dell'energia erogata). 227 29/04/2016 Vantaggi: alloggiamento centrale dell'ecografo semplice e senza riduzione di potenza, lunga durata del trasduttore che genera onde omogenee per molto tempo (almeno 5.000.000 di colpi con lo stesso mosaico piezoelettrico). 228 29/04/2016 Device EvoTron Minilith Piezoson 300 Energia min. Energia med. Energia max. 39,6 12,5 15 43,3 45 61 47,7 91,8 132 Positive peak pressure: P+ in MPa 229 29/04/2016 Meccanismo d’azione Le O.U. agiscono in modo diverso secondo il tessuto interessato (ossa, tessuti molli, cute). Le O.U. sono in grado di disintegrare i calcoli renali e di guarire le pseudoartrosi e alcune patologie dei tessuti molli. L’onda negativa con un locale abbassamento della pressione provoca la formazione di bolle di cavitazione, che dopo un certo tempo collassano con ulteriore generazione di O.U. La litotripsia è una combinazione tra effetti diretti e indiretti dello shock. L'effetto delle O.U. in Urologia e Ortopedia sembra essere diverso. Al momento il meccanismo d’azione delle O.U. nelle patologie ortopediche non è del tutto chiaro, ma sembra sempre più evidente che non si tratterebbe dell’azione diretta dello shock. Azione biologica - effetti diretti Le O.U. favoriscono la disgregazione delle strutture cristalline patologiche. Le calcificazioni che, non possedendo una struttura organizzata proteico-cristallina, sono più fragili di un normale tessuto osseo. Le O.U. facilitano poi anche il riassorbimento dei frammenti delle strutture disgregate, grazie all'iperemia indotta e alla neoangiogenesi. L'azione osteoinduttiva è utilizzata nella pseudoartrosi e nei ritardi di consolidazione. 230 29/04/2016 AZIONE IPEREMIZZANTE: sembra indotta dal gradiente pressorio e mediata dall'inibizione temporanea del sistema nervoso simpatico (simpaticoplegia). L'iperemia delle O.U. è simile a quella causata dalla classica terapia a ultrasuoni, ma è più focalizzata e intensa. Quest’effetto è particolarmente evidente nei tessuti quiescenti o scarsamente vascolarizzati, come i tendini, le inserzioni fibrotiche e le calcificazioni. Neoangiogenesi capillare: formazione di nuovi vasi in regioni poco attive metabolicamente. In risposta alle O.U. è stata evidenziata una notevole concentrazione locale di ESAF (Endothelial Stimulating Angiogenic Factor), fattore di crescita liberato dalle cellule endoteliali danneggiate e dai fibroblasti. Effetto antiflogistico: si rileva frequentemente come azione terapeutica indotta dalle O.U. a energia medio-bassa, è stato spiegato in varie maniere. Allo stato attuale, razione revulsiva (wash-out) delle sostanze flogogene, indotta dall'iperemia e dalla neoangiogenesi, sembra la spiegazione più convincente. Effetto analgesico: è dovuto a due ordini di fattori: 1) Un effetto diretto sulle terminazioni nervose sensibili, ove si determina una sorta di pallanestesia. 2) Un effetto indiretto, dovuto al meccanismo del tipo "Gate Control" e alla produzione di endorfine. 231 29/04/2016 Parametri di trattamento Densità di energia (ED): il parametro più importante (mJ/mm2). Numero di colpi per seduta: in funzione della patologia e del tessuto: Patologie flogistiche: numero relativamente basso (<1000-2000). Pseudoartrosi sono trattate con un numero maggiore (>3000). Frequenza d'emissione (1 a 4 Hz) diversificata in base alla tolleranza del paziente; in caso di dolore, si può ridurre la frequenza. Nei trattamenti a bassa densità d'energia è stato osservato, invece, che aumentando la frequenza, s’incrementa l'effetto antalgico indiretto (Gate Control). Per questo motivo le attrezzature di ultima generazione consentono frequenze <8 Hz. Questa frequenza è utilizzata nei trattamenti delle sindromi dolorose miofasciali (Trigger Point Shock-wave Therapy). Modalità di puntamento Gli apparecchi di ESWT possono essere provvisti di un sistema di puntamento ecografico sia off-line, sia in-line (più precisi). Alcuni apparecchi sono in grado di sostituire la sonda ecografica con un dispositivo di puntamento a raggi X. La necessità di utilizzare la radiologia tradizionale è riservata soprattutto alle forme di pseudoartrosi particolarmente complesse o necrosi asettiche della testa femorale. 232 29/04/2016 Modalità di trattamento Le apparecchiature recenti consentono un’ampia regolazione del livello energetico per consentire al paziente di adattarsi alla sensazione dolorosa indotta dalle O.U., riducendo al minimo l’utilizzo dell'anestesia. A volte basta utilizzare un gel raffreddato per ottenere la totale compliance del paziente. L'anestesia è praticata solo ai pazienti con soglia dolorosa molto bassa o in caso di densità di energia molto elevate (necrosi ossea, pseudoartrosi). Tecnica focalizzata È utilizzata dagli apparecchi che hanno il sistema di localizzazione e puntamento coassiale. Si procede con l'ecografo all'individuazione del target; nella maggioranza dei casi la sonda a 7,5 MHz è più che sufficiente. Il puntamento a raggi X è utile nelle pseudoartrosi con placche metalliche o in caso di focolai di frattura con bordi sclerotici. Nelle patologie con componente dolorosa, come tendinopatie, fasciti, periatriti, è bene ricercare clinicamente i punti del dolore, verificandone con l'apparecchio di puntamento l'esatta sede. È meglio valutare la tolleranza e la risposta terapeutica del pz, iniziando con valori di energia più bassi di quelli standard, per poi aumentarli progressivamente. La densità di energia è uno dei parametri fondamentali da programmare. 233 29/04/2016 ED > 0,5 mJ/mm2 è utilizzata nelle pseudoartrosi dei grandi segmenti scheletrici (femore e tibia). Per pseudoartrosi di segmenti ossei più piccoli (scafoide carpale) si consigliano ED di 0,2-0,6 mJ/mm2. Nelle patologie flogistiche acute, alcuni AA consigliano di ridurre la ED a livelli bassissimi (0,005-0,035 mJ/mm2). Con questi parametri, il trattamento può anche essere eseguito per 3-4 giorni di seguito. Così si ridurrebbe al minimo il dolore delle O.U., favorendo gli effetti antiflogistici e analgesici. Il numero di colpi (1000-5000), il numero di trattamenti, nonché la cadenza degli stessi, variano soprattutto in funzione della patologia. Il numero di colpi dipende anche dal tipo di apparecchiatura utilizzata e dalle dimensioni del fuoco. Indicazioni: tessuto osseo Ritardi di consolidamento Pseudoartrosi Necrosi asettica testa omero, femore Fratture da stress Algoneurodistrofia Indicazioni: tessuti molli Condrocalcinosi gomito, anca, ginocchio Rigidità articolare spalla, gomito, anca, ginocchio Calcificazione e ossificazione Miositi ossificanti Fibromatosi di muscoli, legamenti, fasce. 234 29/04/2016 Indicazioni: tendinopatie Tendinopatia calcifica di spalla Epicondilite ed epitrocleite gomito Tendinite trocanterica Tendinite della zampa d’oca Tendinite post-traumatica di ginocchio Tendinite del rotuleo Tendinite del tendine d’Achille Fascite plantare con sperone calcaneale. Tecnica spazzolata È eseguita mediante lo spostamento della sonda sui vari punti dolorosi della regione affetta dalla patologia. La ricerca dei punti dolorosi è essenzialmente clinica e non supportata da un ecografo in tempo reale. È effettuata con la palpazione e la pressione manuale: non è possibile eseguire l'anestesia locale. La tecnica sfrutta non gli effetti dirompenti delle O.U., ma gli effetti iperemizzanti e trofici. Il fine è di aumentare il microcircolo delle strutture lesionate e quiescenti metabolicamente e favorire il naturale wash-out dell’ organismo. Le patologie a cui si rivolge sono soprattutto le tendinopatie, le periatriti degenerative, anche con fini mineralizzazioni (non grossolane formazioni), le entesiti, quali le pubalgie e le mialgie post-traumatiche persistenti. 235 29/04/2016 La ED utilizzata è di 0,03-0,1 mJ/mm2, secondo la dimensione e il tipo di tessuto da trattare. Il numero di colpi per seduta è di 400-500 per punto. Comunemente, su una struttura di dimensioni medie, come per es. la cuffia dei rotatori, sono trattati 3-4 punti. Il numero di colpi per seduta è di 1200-2000. La cadenza delle sedute è in media una volta la settimana, per un totale di 4-5 volte. Controindicazioni Infezione acuta dei tessuti molli, ossa. Malattie primarie perniciose. Epifisiolisi nel punto focale. Malattie della coagulazione del sangue. Gravidanza. Pacemaker. Tessuto polmonare nel punto focale. Cervello, midollo spinale, grandi nervi nel punto focale (neurocranio, colonna vertebrale, costole). 236 29/04/2016 237 29/04/2016 1° ambito d’intervento Ritardi di consolidazione e pseudoartrosi Le O.U. sono utilizzate nel ripristino dei processi di riparazione ossea: ritardo di consolidazione o pseudoartrosi (fr. di tibia o di femore, fr. ulnari e soprattutto dello scafoide carpale). Gli effetti iniziali sono di tipo distruttivo. Le O.U. inducono in successione: distacco periostale; microfissurazioni della corticale; frammentazione delle trabecole della spongiosa; emorragie su periostali; formazione di ematomi nello spazio midollare. In seguito, quest’ambiente rivitalizzato diviene un fertile terreno di rigenerazione ossea. La rigenerazione ossea appare solo alcune settimane dopo la frammentazione dei sequestri e si manifesta attraverso l'espansione del numero dei nuclei di aggregazione calcica. Da un punto di vista biochimico: incremento della produzione di alcuni fattori osteogenici, come per esempio la BMP (Bone Morphogenic Protein). Quest’effetto si esplica nelle condizioni di pseudoartrosi per diretta conseguenza della frammentazione di tessuti ossei inerti, che non possono essere eliminati dai normali emuntori dell'organismo. Non ha senso trattare con O.U. patologie a carenza di massa ossea su base metabolica come, per esempio, l'osteoporosi. Le pseudoartrosi settiche sono generalmente escluse dal trattamento, sia per gli scarsi risultati ottenuti, sia il rischio (più teorico che reale) di riattivazione dell'infezione. 238 29/04/2016 La pseudoartrosi della clavicola richiede molte precauzioni, in quanto può essere trattata solo con apparecchiature a puntamento preciso e con fuoco molto piccolo, per evitare lesioni agli apici polmonari. In ogni seduta è trattata una zona diversa della pseudoartrosi, ma almeno i 2/3 del focolaio devono essere trattati entro i primi 7-10 giorni. È preferibile completare il primo trattamento nell'arco di 2 sett., per favorire l'evoluzione uniforme del processo di guarigione. È necessario un intervallo di almeno 3-4 giorni tra un'applicazione e l'altra; infatti, oltre al dolore, nella zona trattata si forma un piccolo ematoma periostale e sottocutaneo, che si deve riassorbire. L’EDF consigliata è elevata, con valori di 0,3-1 mJ/mm2. Le strutture ossee superficiali e/o di dimensioni contenute possono essere trattate con EDF <0,5 mJ/mm2. Le strutture più profonde o con margini sclerotici del focolaio necessitano di energia maggiore, di 0,5-1 mJ/mm2. Il numero di colpi per seduta varia da 1000 per i piccoli segmenti scheletrici, a 3000-6000 per i grandi segmenti scheletrici (secondo il tipo di generatore). L'arto va poi protetto con un apparecchio di immobilizzazione. Dopo 30-60 giorni si esegue un controllo RX. Se la consolidazione appare ben avviata, l’ESWT si può dire conclusa. Altrimenti, si procede con un secondo trattamento, uguale al primo 239 29/04/2016 Il terzo trattamento ha senso solo se al secondo trattamento c'è stata una risposta positiva, cioè una callificazione almeno parziale; sono trattate allora solo le aree non consolidate. Questa terapia richiede molta attenzione; la presenza di placche e viti, per esempio, necessita di un preciso puntamento, perché i mezzi metallici non devono essere investiti dalle O.U. Nelle pseudoartrosi, oltre alle infezioni, sono ritenute controindicate : la stretta vicinanza di cartilagini di accrescimento alla zona di pseudoartrosi; la presenza di mezzi metallici nel focolaio stesso, non evitabili col puntamento selettivo; tutte le forme neoplastiche. 2° ambito d’intervento Nel caso di esiti fibrotici e/o calcifici delle lesioni muscolari, quali distrazioni e lesioni da schiacciamento o da taglio. In tutte quelle situazioni in cui si verifica un versamento ematico è facile la formazione di raccolte intramuscolari che possono organizzarsi e risolversi con un residuo cicatriziale e/o calcifico di difficile trattamento. Analoghe evoluzioni patologiche possono verificarsi anche in caso di interventi chirurgici e in particolare di re-interventi. Queste manifestazioni possono verificarsi anche in assenza di lesioni dirette, ma in associazione a patologie neurologiche e in particolare nei comi. In questi casi ad essere maggiormente colpite sono le formazioni para-articolari dell’anca e del gomito. 240 29/04/2016 3° ambito d’intervento (patologie tendinee) Nelle patologie da sovraccarico, in particolare nelle tendinopatie croniche ribelli ad altre terapie, con una chiara e circoscritta localizzazione anatomo-funzionale: • nelle epicondiliti • nelle sofferenze del tendine d'Achille • nella tendinopatia calcifica di spalla • nelle fasciti plantari associate o meno a spina calcaneare. Superata la concezione dell’effetto fisico delle onde d’urto di frammentazione dei calcoli, grazie all’evidenza di un’azione neovasculogenetica e di stimolazione dell’attività cellulare. Buoni risultati sono stati ottenuti anche nella stimolazione della vascolarizzazione in particolari patologie dell’osso quali la necrosi asettica della testa del femore e dell’omero o nelle sindromi algodistrofiche. 241 29/04/2016 242 29/04/2016 Tendinopatia calcifica La calcificazione presenta tre stadi successivi (Uhthoff e Loehr, 1997): • Precalcifico: metaplasia fibrocartilaginea. • Calcifico: si presenta inizialmente di consistenza simile al gesso (fase formativa), poi è progressivamente contornata da tessuto fibroso (fase di stato). Infine (fase di riassorbimento) diviene di consistenza gelatinosa, con iperemia e neoangiogenesi. • Postcalcifico, è sostituita da un tessuto di granulazione. Talvolta la calcificazione, giunta nella fase di stato, entra in uno stato di quiescenza per cui, in assenza di stimoli, non tende al riassorbimento. La t.c. si esprime con dolore e limitazione funzionale, molto evidenti nella fase del riassorbimento. Il trattamento di queste patologie inserzionali ha spesso risultati spettacolari. Varie casistiche descrivono la scomparsa della calcificazione in percentuale variabile dal 47% al 73%. 243 29/04/2016 Le calcificazioni secondarie a fenomeni infiammatori e degenerativi, non si presentano da un punto di vista anatomo-patologico in maniera stabile e definita. Non sono sempre della medesima consistenza: a volte appaiono di consistenza dura, altre volte, francamente molle; l'impedenza acustica è dunque assai diversa. I risultati migliori s’ottengono nelle calcificazioni in fase di stato, con presenza di cono d'ombra posteriore all'esame ecografico (tipo I o II, secondo Gàrtner, 1995). Nella fase del riassorbimento, in cui la calcificazione si presenta come materiale similgelatinoso (tipo III, secondo Gàrtner), potrebbe essere indicato un trattamento percutaneo ecoguidato (agoaspirazione). Radiologicamente calcificazione è classificata in tre tipi secondo Gàrtner: • tipo I: deposito denso e a margini ben definiti • tipo III: nubecolare, a margini non ben definiti. • tipo II intermedio tra i due tipi precedenti. 244 29/04/2016 Il trattamento delle patologie calcifiche molto raramente richiede l’anestesia locale. Generalmente, il dimezzamento della frequenza (2 Hz) consente al paziente di tollerare il trattamento. Per la terapia delle tendinopatie calcifiche della spalla e del calcagno è indicato un ciclo di 3 sedute a cadenza settimanale, con ED media o bassa. Tendinopatia non calcifica Periartrite scapolo-omerale, epicondiliti e epitrocleiti, sindrome retto-adduttoria, entesopatia trocanterica, tendinopatia rotulea, tendinopatia inserzionale dell'achilleo, fascite plantare. In queste patologie gli effetti iperemizzante, antiflogistico e analgesico delle O.U. trovano la massima espressione. I valori di EDF sono più bassi di quelli usati nelle patologie calcifiche, non essendo necessario l'effetto dirompente. Nelle fasi acute della malattia s’impiegano ED molto basse; nelle fasi croniche si utilizzano energie progressivamente maggiori. La frequenza tra 1 e 4 Hz. La cadenza delle sedute è generalmente di 1 o 2 la settimana, per un totale di 3 o 4 applicazioni; dopo un mese si può ripetere il trattamento. Queste patologie rispondono bene sia alla tecnica focalizzata, sia alla tecnica spazzolata. 245 29/04/2016 Altre applicazioni I risultati positivi nel trattamento dei tessuti tendinei hanno indotto l’uso dell’ESWT anche nel trattamento delle fibrotizzazioni delle fasce e dei tendini come nel caso delle rigidità postraumatiche o nel morbo di Dupuytren. In andrologia si sono ottenuti buoni risultati nel trattamento dell’ Induratio Penis Plastica (Morbo di La Peyronie). In odontoiatria è stata proposta nell’implantologia. In veterinaria: patologie tendinee come nel trattamento umano. In chirurgia plastica: trattamento delle ulcere cutanee; si usano le sonde defocalizzate atte ad una azione superficiale diffusa. in cardiologia: proposta la stimolazione delle zone cicatriziali o sofferenti del muscolo cardiaco dopo infarto miocardio attraverso una specifica focalizzazione dell’onda d’urto. Si sta sviluppando un ulteriore ambito di ricerca riferito alla stimolazione della crescita nelle cellule staminali. Cautele L’ESWT ha delle nette controindicazioni nel caso di infezioni ossee, sulle cartilagini di accrescimento e nei disordini della coagulazione. Inoltre vi sono delle controindicazioni relative come nel caso di tumori ossei, in caso di gravidanza e nei portatori di pace-maker. Altra controindicazione relativa è rappresentata da infiltrazioni cortisoniche recenti, poiché queste possono alterare la risposta dei tessuti e ridurre significativamente l’effetto biologico cellulare conseguente alla terapia. Particolare attenzione deve essere posta ai possibili effetti indesiderati sui tessuti nervosi e vascolari, che possono venire danneggiati dal trattamento stesso. La ESWT non deve essere quindi utilizzata a livello della colonna vertebrale, del cranio e del torace. 246 29/04/2016 Dolorosità L’ESWT può risultare dolorosa e quindi spiacevole per il paziente, perché può la porzione superficiale dell’osso. La regione periostale è particolarmente ricca di recettori e sensibile alla stimolazione pressoria. Questa sollecitazione è inevitabile quando si tratta una sede tendinea molto prossima ai capi ossei o al passaggio osteo-tendineo. Il dolore suscitato per ogni O.U. è legato al numero di recettori stimolati e quindi all’ampiezza della zona trattata, ma soprattutto alla quantità di energia somministrata, più che alla semplice densità di flusso di energia somministrata. Per questo alcune apparecchiature risultano più dolorose altre meno. Nella maggior parte dei casi la sensazione dolorosa è ben tollerata. Solo raramente si ricorre a un’anestesia locale. Quando si tratta l’osso è inevitabile colpire direttamente la zona corticale tra l’altro a una intensità elevata. Il dolore provocato è significativo tanto che in questi casi è opportuno utilizzare una blanda forma di anestesia con una sedazione del paziente, anche perché l’anestesia locale non risulta congrua. 247 29/04/2016 248 29/04/2016 Onde d'urto radiali (RSWT) La RSWT è una tecnica recente (2000). Le O.U. radiali sono generate balisticamente da un sistema pneumatico che accelera ad alta velocità un proiettile verso una testina di emissione, trasformando l’energia cinetica in impulsi pressori. A differenza delle O.U. focalizzate, il fuoco è localizzato sulla testina di emissione e le O.U. sono diffuse sulla zona bersaglio in maniera radiale (sferica), con rapida dispersione della pressione e ampio volume di trattamento. Le O.U. radiali sono in grado di sviluppare densità di energia medio-basse. Il razionale dell'utilizzo delle onde della RSWT nelle patologie inserzionali tendinee, nei trigger points e nei punti dell'agopuntura, si basa sul fatto che la maggior parte degli studi in letteratura utilizzano densità di energia medio-basse per il trattamento dei tessuti molli. Inoltre, è stato segnalato che le alte densità d'energia possono provocare danni ai tendini e ai tessuti molli in generale. Alcuni tipi di generatori di ESWT consentono un'estrema modulabilità dell'energia e sono dotati di un sistema di puntamento ecografico "in line"; questi dispositivi si discostano nettamente per prestazioni dalle tipiche O.U. radiali. I tipici apparecchi per RSWT utilizzano ED medio-basse (<0,3 mJ/mm2) e pressioni 1-4 bar (0,1-0,4 MPa); con questi valori è possibile trattare patologie fino a circa 30-35 mm. 249 29/04/2016 Il manipolo erogatore è posizionato sulla cute a livello della regione corporea da trattare, con interposizione di gel conduttore o di un interfaccia protettiva. Le testine di emissione sono di diverso Ø, in genere 6-8-10-15 mm Ø. Vi sono due modalità di erogazione: a singoli impulsi e "continua", che è erogata con frequenze comprese tra 5-10 Hz. La modalità a singoli impulsi è utilizzata nelle patologie ben localizzate, con il manipolo erogatore fisso sul punto doloroso o soprastante il processo patologico. In modalità continua è possibile, invece, spostare manualmente il manipolo erogatore, per esempio, per trattare patologie non ben localizzate. Generalmente sono erogati fino a 2000 colpi a seduta, per un totale di 3-5 sedute, a cadenza settimanale o bisettimanale. L'anestesia locale di regola non è necessaria. 250 29/04/2016 Indicazioni della RSWT Tendinopatie inserzionali con o senza calcificazioni. Sindromi dolorose miofasciali con presenza di punti dolorosi (trigger points e tender points): patologie acute e croniche secondo i punti dell'agopuntura. Controindicazioni ed Effetti collaterali Sono le stesse della ESWT: ecchimosi e arrossamenti sono effetti frequenti 251 29/04/2016 Effetti biologici della ESWT Consenso unanime sull'esistenza di alcuni effetti micromeccanici sulla fisiologia e biochimica cellulare. Le O. U. sarebbero in grado di indurre deformazioni morfologiche del citoscheletro. L'effetto immediato non sarebbe di tipo lesivo, ma una transitoria modifica strutturale della cellula, verosimilmente responsabile dell'innesco, mediante la meccanotrasduzione, di reazioni biologiche indotte. MONOSSIDO D’AZOTO: RUOLO BIOLOGICO Messaggero del segnale cellulare Molecola regolatoria nel sistema cardiovascolare e nel sistema nervoso centrale e periferico Componente del sistema immunitario (mediatore della risposta immunitaria a patogeni) A differenza della maggior parte delle molecole signaling (ormoni, citochine, neurotrasmettitori), che sono molecole organiche o grossi peptidi, l'NO è una semplice molecola inorganica diatomica. NO è prodotto in eccesso in una serie di stati di malattia tramite induzione della NO-sintetasi. NO è un importante mediatore nelle malattie infiammatorie quali asma, AR, infiammazioni viscerali, dermatiti, uveiti. 252 29/04/2016 Un aumento della NOS si riscontra in varie forme di shock circolatorio, incluso lo shock settico, shock emorragico, shock traumatico. È citotossico per le cellule tumorali in vitro. In vivo sono osservabili effetti più complessi: svolgerebbe un ruolo importante nel controllare la crescita e la vascolarizzazione tumorale. I numerosi effetti del NO sulla risposta immunitaria, sulla fisiologia vascolare incluso il flusso sanguigno e l'angiogenesi e sulla funzione piastrinica indicano un ruolo importante nei processi di rimarginazione delle ferite. Se prodotto in basse concentrazioni, agisce come molecola signaling, mentre se in maggiori quantità può reagire con O2 formando ossidi di azoto che possono reagire con diverse molecole biologiche, spesso con effetti dannosi. Il monossido di azoto (NO) è un gas incolore. La molecola presenta un elettrone spaiato (dipolo magnetico), che conferisce al gas un comportamento paramagnetico. È però diamagnetico allo stato solido e liquido, in quanto la molecola dimerizza formando N2O2 (protossido d’azoto). NO è stabile in modo inusuale per una molecola con un elettrone dispari, ma è un forte ossidante e reagisce spontaneamente con l‘O2 dell'aria e si trasforma in biossido di azoto (NO2). È un ossido neutro e non una anidride. 253 29/04/2016 Onde d’urto e monossido d’azoto Il Monossido di Azoto (Nitric Oxide o NO) è un possibile importante mediatore dell'effetto antinfiammatorio dell’ESWT. Il NO è prodotto nel nostro organismo per azione delle NO-sintetasi che garantiscono quote fisiologiche indispensabili per eventi come la regolazione del tono vasale, la trasmissione neuronale retrograda, l'angiogenesi e le risposte immuni. L' omeostasi del NO sarebbe legata a continue modifiche nel contenuto di enzimi del substrato, di L-arginina e ossigeno, così come di co-fattori (in grado di determinare lo stato d’attivazione o meno del sistema enzimatico stesso). 254 29/04/2016 Studi in vitro La produzione di NO può essere indotta per via diretta, cioè non enzimatica, con applicazione di O.U. in una soluzione di H2O2 e Larginina (simile a condizioni fisiopatologiche d’infiammazione). Così la produzione di NO sarebbe funzione del numero di colpi e dell'energia applicata, a dimostrare un effetto dose-dipendente. L'applicazione di O.U. su colture di cellule da cordone ombelicale è in grado di attivare la produzione di NO mediante attivazione dell'enzima eNOS (NO-sintasi presente a livello endoteliale), agendo sul sistema di fosforilazione dell'enzima stesso. Inoltre, l'applicazione di O.U. si è dimostrata in grado anche di contrastare l'attivazione di fattori di trascrizione nucleare da parte di citokine pro-infiammatorie. Le O.U. a bassa energia sarebbero in grado di: - indurre un rapido incremento di attività della NO-sintasi neuronale (nNOS); - indurre la produzione di NO basale in cellule in coltura; - contrastare la ridotta attività della nNOS e la ridotta produzione di NO indotta dall'effetto di lipopolisaccaridi (LPS), Interferone gamma (IFN gamma) e Tumor Necrosis Factor alfa (TNF alfa), verosimilmente inibendo l'attivazione di fattori di trascrizione nucleare (come l'NF-kB): possibile azione antiinfiammatoria. Dunque, uno dei meccanismi con cui le O.U. svolgerebbero un’ azione antinfiammatoria in vivo potrebbe essere legato alla possibilità di mantenere adeguati livelli tissutali di NO, e di inibire l'attivazione di fattori di trascrizione nucleare (come l'NFkB), indotte da citokine ed altri fattori flogogeni. Pertanto potrebbe essere utile utilizzare le O.U. nelle fasi iniziali di molte patologie a carattere infiammatorio. 255 29/04/2016 Altre implicazioni relative al NO prodotto con O.U. Indurre rigenerazione tissutale, in quelle condizioni patologiche primitive o secondarie a malattie sistemiche (es. diabete), in cui vi siano ulcere croniche o ferite "difficili, grazie a un effetto angiogenetico, mediato dal NO, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. L'effetto facilitante sulla rigenerazione tissutale potrebbe essere inoltre attribuito in parte anche alla azione battericida del NO, recentemente descritta in vitro dopo applicazione di O.U. ad alta energia. Questi dati, uniti al riscontro della pratica clinica quotidiana, potrebbe comportare, a breve, l'esclusione di una delle controindicazioni al trattamento con le onde d'urto e cioè l'infezione in corrispondenza delle sede di trattamento. Nelle patologie tendinee infiammatorie e cronico-degenerative, i dati più recenti indicano interessanti prospettive, non solo nei processi di natura flogistica, ma anche per il miglioramento del trofismo cellulare, con possibile risposta diretta dei tenociti. I dati confermerebbero l'aumento di precursori dei tenociti a 4 sett. e di tenociti a un più avanzato grado di maturazione dopo 16 sett., associato a neovascolarizzazione, aumentata sintesi di collagene. Ci sarebbe anche una produzione di crosslinks, almeno nelle fasi iniziali dei processi riparativi. Risultati simili sono stati ottenuti anche sui fibroblasti, che giocano un ruolo importante nel rimodellamento della matrice extracellulare (ECM), attraverso la sintesi e la riorganizzazione di tutte le componenti connettivali tissutali. 256 29/04/2016 In vitro, l’effetto delle O.U. su fibroblasti umani normali è strettamente dose-dipendente, sia per la curva di sopravvivenza cellulare, sia la risposta "trofica" specifica. I risultati sembrano suggerire che basse energie e basso numero di colpi siano le modalità di stimolazione ottimale, anche ai fini dei processi riparativi tissutali. È possibile pertanto ottenere aumento della proliferazione cellulare, così come dell'espressione genica per il TGF-131, collagene tipo I e III, equivalenti dell'induzione dell'attivazione e accelerazione dei processi di riparazione tissutale. Un effetto "metabolico" cellulare positivo è stato descritto anche su colture di condrociti umani derivanti da cartilagini degenerate artrosiche. Le O.U. a livelli energetici medio-bassi non altererebbero la vitalità cellulare, ma addirittura ridurrebbero l'espressione di fattori "patologici" (come l'IL-10 e il TNF-alfa) coinvolti nel catabolismo dei processi degenerativi cartilaginei, in funzione dei livelli energetici e del numero di colpi utilizzati. Pertanto l'azione positiva delle O.U. in quest’ambito potrebbe essere correlata al rallentamento o riduzione dei processi catabolici degenerativi tipici dell'artrosi. Azione O.U di tipo biologico-cellulare: la stimolazione meccanica (shock wave), attraverso la meccanotrasduzione determina reazioni biologiche e cellulari, mediate da sostanze biochimiche e fattori di crescita. Meccanotrasduzione: meccanismo per cui le cellule convertono stimoli di natura meccanica/fisica in risposte di tipo biochimico. 257 29/04/2016 Il tessuto meccano-sensibile per eccellenza è quello osseo, unico in grado di riparare senza cicatrice con formazione di tessuto ex-novo. L’uomo è sottoposto a continui fenomeni di rimodellamento osseo. L'utilizzo delle O.U. nei ritardi di consolidazione e pseudoartrosi è entrato ormai infatti a pieno diritto nella pratica clinica. L'effetto osteogenetico delle O.U. si esplicherebbe a più livelli: • stimolazione alla proliferazione delle cellule osteoblastiche; • produzione di fattori di trascrizione nucleare e di fattori di crescita osteogenetici; • azione angiogenetica intratissutale; • richiamo e differenziazione tessuto-specifica di cellule staminali; • inibizione dell'ostoeclastogenesi, a opera di osteoblasti stimolati con onde d'urto in vitro. Ipertono spastico I primi tentativi di ridurre l'ipertono spastico con O.U. furono riportati da Lohse-Busch nella seconda metà degli anni 90. È stata proposta la riduzione dell'ipertono spastico dell’arto sup. in pz con esiti di ictus, con risultati stabili a distanza di 12 sett. Il riscontro clinico immediato già dopo il 1° trattamento e l’assenza di modificazioni neurofisiologiche inducono l’ipotesi che l'effetto delle OU sia in primis di tipo meccanico (es. diminuzione eccitabilità spinale per stimolazione strutture teno-muscolari), e sul lungo termine, a un'azione trofica sulla componente fibrotica muscolare, con modifica delle proprietà reologiche. Effetti positivi sono riportati su pz affetti da distonia secondaria e crampo dello scrivano rispettivamente con maggior efficacia per il disturbo muscolare di tipo distonico (secondario a lesione dei gangli della base). 258 29/04/2016 L’assenza di reperti EMGrafici correlati alla stimolazione con OU indirizzerebbe verso un effetto locale meccanico sulla fibrosi e sulle componenti intramuscolari attivate cronicamente nei muscoli patologici. La modifica dello stato d’eccitabilità/tensione delle strutture intramuscolari, indotta dalla OU, però, potrebbe modulare gli impulsi diretti dal muscolo al midollo spinale, con possibilità pertanto di "correggere" la risposta patologica. Recentemente le O.U. sono state utilizzate anche nel bambino per ridurre l'ipertono spastico (piede equino spastico da paralisi cerebrale infantile). Il trattamento con O.U. sembrerebbe, dunque, utile non solo nei casi in cui non sia possibile utilizzare per es. la tossina botulinica (allergia o inefficacia), ma anche nel contesto di un percorso riabilitativo integrato con altre soluzioni terapeutiche. I meccanismi d'azione della EWST Dovuti all’interazione di riflessione, trasmissione e assorbimento, percepita dalle cellule come una stimolazione meccanica, tradotta in reazioni biologiche (meccanotrasduzione). La risposta cellulare è modulabile in funzione di diversi parametri: da un aumento della permeabilità cellulare (energie più basse), fino a lesioni del reticolo endoplasmatico e della parete nucleare o del citoscheletro, con possibilità di rottura cellulare completa, per livelli energetici più elevati. Sulla base anche delle più recenti acquisizioni, sembrerebbe pertanto più appropriato parlare di una correlazione dose/effetto del microdanno cellulare, ove per dose è da intendersi, non solo il livello di energia applicato, ma anche il numero totale di colpi applicati. 259 29/04/2016 Le forze di taglio (shear stresses) prodotte dalla stimolazione con O.U. e trasmesse al citoscheletro, inducono sicuramente delle modificazioni di quest’ultimo, ma solo temporanee e completamente reversibili allo stato originario nel giro di poche ore. Ne deriva che ai fini di un trattamento efficace con O.U., la scelta del protocollo da applicare non è casuale, ma correlata al tipo di funzione biologica che si vorrà evocare. Basse/ medie energie possono essere sufficienti per un effetto antiflogistico e antalgico. Per le patologie ossee (specie se a livello di grossi segmenti), sarà invece indicato applicare potenze più elevate. Sintesi effetti biologici delle O.U. Effetto antiflogistico, antiedemigeno e angiogenetico. Riattivazione dei processi riparativi (osso, cute etc.). Effetto antalgico/analgesico a breve e a lungo termine. Riduzione dell'ipertono muscolare (da spasticità o da altra causa). La stimolazione di tipo fisico darebbe origine a una serie di reazioni biologiche, che si tradurrebbero principalmente nell'attivazione della NOS endoteliale (eNOS), con conseguente produzione di Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF). Si attiverebbero inoltre fattori di trascrizione nucleare, per stimolare fenomeni di neoangiogenesi a livello osseo, tendineo e cutaneo, implementando un miglior apporto sanguigno, sarebbe alla base di tutti i processi di "riparazione e rigenerazione" tissutale, da intendersi pertanto nell'accezione più ampia del termine. 260