MARZO 2013 “COME MI BATTE FORTE IL TUO CUORE” di BENEDETTA TOBAGI Benedetta Tobagi è nata a Milano nel 1977. Laureata in Filosofia e dedita a studi storici, ha preso spunto da un bellissimo verso di una poesia della poetessa Wislawa Szimborska per dare il titolo al suo primo libro: “Come mi batte forte il tuo cuore”. Oltre al titolo così denso di significato, il libro di Benedetta Tobagi contiene due parti, una quasi all’inizio e l’altra alla fine che, secondo me, testimoniano tutto il cammino intrapreso da una figlia che vuole riappropriarsi della figura paterna per colmare il vuoto lasciato dalla sua morte prematura. La prima dice: “ Hanno ucciso papà. Ma queste cose succedono nei film, non può essere vero. I compagni dell’asilo non mi credono. Allora insisto: “Hanno ammazzato papà, gli hanno sparato, bum ! bum!, con la pistola” e mimo con le dita la forma dell’arma. Una P38” ( così come rivela l’immagine di copertina in tutta la sua tenera crudezza). L’ultima dice: “ Papà questo libro è la mia rosa per te. Per te, come tutte le cose importanti. Con tutto il cuore”. In queste due parti ed in altre, presenti nel libro, si sente tutta la “tenerezza di una figlia che possedendo pochissimi ricordi del padre, intraprende una minuziosa e dettagliata ricerca per far luce sulla sua uccisione. Walter Tobagi, giornalista prestigioso del Corriere della Sera aveva trentatre anni, quando venne assassinato da una semisconosciuta formazione terroristica, la “Brigata XXVIII marzo” e Benedetta solo tre. Per ricostruire la figura pubblica e privata di suo padre, Benedetta ha scavato tra le sue carte professionali e tra quelle intime; ha riletto i suoi libri, gli articoli di giornale, le pagine di diario, gli appunti. Ha ascoltato i ricordi di tutti coloro che l’hanno conosciuto in ambito familiare e lavorativo, ha letto e studiato gli atti del processo per dare un senso al suo dolore e alla sua rabbia e per cercare di capire quegli anni complessi che furono gli anni Settanta, vissuti da suo padre. Tutto ciò lo ha fatto cercando di rimanere il più possibile distaccata, come fa lo storico. Il libro che è nato da questa sua ricerca è un libro toccante ed istruttivo perché fa luce sul buio di quel periodo, svelando molte verità, anche se molte domande sono ancora senza risposta. E così Benedetta ritrova suo padre e può veramente dire. “Ascolta come mi batte forte il tuo cuore” . Un libro che ci ha appassionato totalmente, perché, nonostante le analisi storiche lucide e rigorose rendano meno scorrevole la lettura ma così intriso di amore filiale da intenerire il nostro cuore di mamme. Film: LA MEGLIO GIOVENTU’ Avevo già visto il maxi film di Marco Tullio Giordana “La meglio gioventù”, alla sua uscita in due parti sugli schermi cinematografici nel 2003 e poi lo riguardai alla televisione, quando i miei figli mi regalarono il DVD ad un Natale, sapendo come la storia mi avesse letteralmente ammaliata. Mi era rimasto impresso il flusso narrativo della storia che percorre gli anni della situazione socio-politica italiana dal 1966 al 2003, narrando le vicende dei componenti di una famiglia che risentono di tutto il tormento di quegli anni e indagando nelle complessità psicologiche di ognuno. Pertanto ho proposto alle signore del gruppo “Salotto di Poesia, Narrativa e cinema” questo film in quattro serate, in quanto dura in tutto ben sei ore, sfidando ancora una volta il freddo di quattro lunedì di questo grigio febbraio. Durante le proiezioni , nessuno di noi ha mai osato fiatare, sebbene si sentissero colpetti di tosse e qualche soffiatina di naso e al termine , riallacciando i nostri giacconi, ci siamo guardate e abbiamo letto l’una nell’altra le stesse emozioni. Alcune di noi, più attempate , io compresa , ci siamo riviste in quella gioventù degli anni ’60 , negli abiti, nelle canzoni, nell’arredamento delle case, nelle abitudini, sebbene poi molte delle situazioni che affannarono i giovani di quel periodo, siano rimaste lontane dal paesello, in cui abbiamo avuto la fortuna di nascere. Pubblico e privato, come dicevo, si compenetrano con naturalezza in “La meglio gioventù”, che “ruba” il titolo alla raccolta poetica di Pier Paolo Pasolini e ci vuol far capire che non sempre la vita è quella che vorremmo, ma il meglio della nostra gioventù resta, indelebile e incisivo. Si parte dal “66” quando Nicola Carati, giovane studente di Medicina supera brillantemente un esame e si accinge a partire per la mitica Svezia col fratello Matteo e gli amici Carlo e Berto. L’incontro di Matteo con Giorgia, una giovane dalla psiche disturbata, cambierà radicalmente la vita dei due fratelli: quando la giovane verrà ripresa dalle istituzioni, Matteo si arruolerà in polizia e Nicola proseguirà il suo viaggio per ritornare in Italia non appena saprà che l’Arno ha sommerso Firenze. Ed ecco la struttura del film diventa ancor più netta: il pubblico che s’insinua nel privato, l’individuo che cerca di ritrovare se stesso attraverso la sua valenza sociale. Quindi all’alluvione del ’67 fanno seguito altri importanti eventi della Storia italiana: la rivolta studentesca, i lutti del terrorismo, la riforma dei manicomi di Franco Basaglia, la strage di Capaci , il licenziamento Fiat, lo scandalo di Tangentopoli. Tali eventi si riflettono drammaticamente nella vita di Nicola e Matteo e di altri indimenticabili personaggi che intrecciano le loro storie con quelle dei due fratelli: l’algida pianista Giulia con l’insana utopia della lotta armata che la strapperà inesorabilmente all’affetto di Nicola e della figlioletta Sara; la sorella maggiore Gio vanna che divenuta magistrato si troverà di fronte alla violenza mafiosa dell’omicidio Borsellino; l’amico Carlo che raggiungerà un’ alta carica nella Banca d’Italia fino a cadere nel mirino delle BR; l’amico Vitale che licenziato dalla Fiat, saprà rifarsi una posizione come imprenditore edile. ( Da sottolineare il grande rapporto di amicizia tra i tre; sarà proprio Carlo con una frase detta in un momento di ubriachezza a far riflettere Nicola sulle sue scelte future.) Ed ancora papà Carati, che sebbene non compaia molto , rappresenta però un’ indimenticabile figura di padre che lascerà dei messaggi importanti ai propri figli, seppure in maniera diversa; mamma Carati, professoressa impeccabile, che vive in silenzio i suoi lutti, esprimendo non solo con le parole ma anche con la gestualità e il solo movimento degli occhi quanto passa nel suo animo. E la meravigliosa figura di Giorgia, la ragazza con problemi psichici, la cui immagine spicca sulla locandina del film ed esprime con lo sguardo quanto non sa comunicare con le parole , che segnerà la vita dei due fratelli: Nicola diventerà un illuminato psichiatra basagliano, aperto al mondo e alla vita, idealista e gentile. Matteo, invece cercherà di dare un ordine alle cose, attraverso delle regole imposte dalle forze dell’ordine, che non lo portino a decidere più. In effetti il fulcro lacerante di “La meglio gioventù” sta nel personaggio di Matteo, dalla personalità così tormentata, che lo porterà a vivere con sofferenza gli anni della rivolta giovanile. Sembrerà approdare alla felicità nell’incontro con Mirella, bibliotecaria- fotografa, figura solare dal sorriso irresistibile, ma per un breve spazio di tempo. La scena del suo suicidio, con quelle scarpe lasciate sul terrazzo e quel groviglio di ombrelli scuri che si apre per far passare la bara lucente, sono delle immagini veramente strazianti. A tessere la trama di tutte le vicende è, comunque , la figura esemplare di Nicola: lo studente universitario intraprendente e aperto di vedute; il marito innamorato che consegna la moglie brigatista alla polizia per salvarle la vita; il padre premuroso che vive solo per la figlia; lo psichiatra amorevole che sa aiutare i suoi pazienti, a cominciare da Giorgia, che riuscirà a ritrovare se stessa; il figlio che non trascura la vecchia madre e l’aiuterà a vivere gli ultimi anni con il nipotino ; il cittadino che sa ancora scandalizzarsi di fronte alle ipocrisie di una società cinica e chiusa all’altro. E sopra a tutto l’uomo dolce e fiducioso che riceve” in eredità “ dal fratello, assolvendolo per non averne compreso l’angoscia profonda, una donna che lo renderà felice e potrà quindi rivolgersi al giovane nipote con la frase piena di speranza “ tutto quel che esiste è bello”. La storia di Nicola e di “La meglio gioventù” è racchiusa tra due dialoghi emblematici: in apertura , durante l’esame all’università, quando il professore lo invita a lasciare l’Italia (quanta attualità !) , che è un paese fermo in mano ai dinosauri; nell’ultima parte quando, come psichiatra, si reca in carcere per assistere un arrestato di mani pulite e alle parole di questi “mi creda, questa è l’Italia che hanno fatto i nostri padri”, lui replica “no, mio padre no, mi creda anche lei….” Tutti si possono rispecchiare nei personaggi della storia talmente realistica, tipica della commedia all’italiana, da rappresentare tutte le generazioni: anziani, adulti, giovani, ragazzi, bambini . Le scene si snodano in un Italia che va da Mestre a Stromboli con primi piani che sublimano i dialoghi più intensi ed evidenziano la psicologia dei personaggi e con un sottofondo musicale che comprende musiche di Bach e Mozart e canzoni dei Queen, di Mina e Leali. Un film “La meglio gioventù” che ha vinto il premio come miglior film della sezione Un Certain Regard (un certo riguardo) ed è appunto con un certo riguardo che abbiamo vissuto le vicende di Nicola e Matteo che ci hanno scaldato il cuore. Uscendo dalla Biblioteca, alcune giovani signore del gruppo mi hanno detto: “Grazie Liviana per averci fatto vedere un film così intenso, che ci ha fatto conoscere la meglio gioventù dei nostri genitori!” E come quando assolvevo il mio compito di insegnante, mi sono sentita soddisfatta di avere trasmesso agli altri delle emozioni e di condividerle con loro. Liviana Simoncini