Argomenti • Misure di corrente elettrica continua, di differenza di

L. Gratton
Appunti per il corso di Laboratorio di Fisica per le Scuole Superiori
Argomenti
• Misure di corrente elettrica continua, di differenza di
potenziale e di resistenza elettrica.
• Strumenti di misura: principi di funzionamento.
• Come si effettuano le misure di I e di V: effetti
dell’inserimento degli strumenti nel circuito.
• Strumenti di misura digitali: cenni.
Esercitazione
• Misura di una resistenza con il tester.
• Legge di Ohm: misura con un tester soltanto.
• Misure contemporanee di i e di V.
• Verifica della legge di Ohm utilizzando un resistore
dato.
• Voltmetro a monte e a valle dell’amperometro.
• Discussione.
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Richiami
Legge di Ohm:
V = iR
La caduta di potenziale V ai capi di una resistenza R è pari al prodotto della corrente i che attraversa
la resistenza R per la resistenza stessa.
•
Leggi di Kirchoff.
Legge dei nodi (conservazione della carica elettrica).
n
ik = 0
k =1
La somma algebrica delle correnti entranti ed uscenti da un nodo è nulla.
Legge delle maglie (conservazione dell’energia).
n
Vk =
k =1
n
i k Rk
k =1
La somma algebrica delle forze elettromotrici è pari alla somma delle cadute di potenziali ai capi
delle resistenze che si trovano nella maglia.
NB il segno delle forze elettromotrici e delle cadute di potenziale ai capi delle resistenze è
determinato dal verso di i. Il verso di i generalmente non è noto a priori. Nell’impostazione teorica
del problema è arbitrario; la soluzione del sistema di equazioni che si ottiene (ovviamente se
impostato correttamente) fornirà il verso reale della corrente nella maglia.
NB. Dato un circuito generico composto da più maglie e più nodi, si potranno scrivere tante
equazioni quante sono i nodi e le maglie; tuttavia si dimostra che il numero n di equazioni
indipendenti che è possibile scrivere è pari a:
M = R − N +1
dove M, R ed N sono rispettivamente il numero totale delle maglie, dei rami e dei nodi che
costituiscono il circuito.
•
Legge di Joule
dL = (V2 − V1 )dq
L’espressione rappresenta il lavoro elementare compiuto dal campo elettrico per portare la carica dq
da un punto a potenziale V2 ad un punto a potenziale V1. Nel caso di un circuito percorso dalla
corrente elettrica i possiamo scrivere (legge di Joule):
dL = (V2 − V1 )idt
essendo:
dq = idt
Da questa espressione si ricava che l’energia sviluppata nel circuito per unità di tempo è data da:
dL
= W = Vi
dt
Dove si è posto
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V = (V2 − V1 )
L’espressione esprime la potenza dissipata su un circuito percorso dalla corrente i quando venga
applicata una differenza di potenziale V.
Se si utilizza la legge di Ohm si ha infine:
V2
W = Ri =
R
2
Questa espressione esprime la potenza dissipata su di una resistenza R quando questa viene percorsa
da una corrente i (o quando ai suoi capi si produce una differenza di potenziale V)
•
Prima formula di Laplace
dB0 =
µ o dl × r
i 3
4π
r
Il vettore B prende il nome di induzione magnetica.
Tale formula permette di calcolare il campo magnetico generato da un circuito di forma qualunque
in ogni punto dello spazio nell’intorno del circuito stesso. La formula esprime il contributo
infinitesimo al campo prodotto dalla corrente i che percorre il tratto dl del circuito in un punto
generico a distanza r dal trattino dl.
•
Legge di Biot-Savart ( un caso particolare della legge precedente).
B0 =
µo i
2π a
Esprime il valore del modulo del campo magnetico prodotto da una corrente i che percorre un filo
rettilineo infinitamente lungo in un punto che disti a dal filo stesso.
Caso di una spira circolare:
B0 =
µo i
2 R
Questa relazione esprime il valore del modulo del campo magnetico al centro di una spira circolare
di raggio R percorsa dalla corrente i. Nel caso che si tratti di n spire nell’espressione bisogna porre
ni al posto di i. La direzione del vettore B0 è perpendicolare al piano della spira e il verso è
determinato dal verso della corrente secondo la regola del cacciavite.
Una spira percorsa dalla corrente elettrica i è equivalente ad un ago magnetico (teorema di
equivalenza di Ampere) che abbia un momento magnetico m dato da:
m = µ 0iS
dove S è la superficie della spira. La direzione del vettore m è quella della normale n alla superficie
della spira . Il verso è determinato da quello della corrente di i secondo la regola del cacciavite.
Infine la relazione tra il vettore induzione magnetica B e il vettore intensità del campo magnetico H:
B0 = µ 0 H 0
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Strumenti per la misura di correnti continue.
Bussola delle tangenti. (Strumento ad ago mobile)
Principio di funzionamento.
All’equilibrio sull’ago magnetico agiscono due coppie uguali ed opposte, una dovuta al campo
magnetico terrestre e l’altra dovuta al campo magnetico prodotto al centro della spira dalla corrente
che vi circola. Essendo:
osservando la figura possiamo scrivere:
τ = m× H
τ o = mH 0 sen β
τ i = mH i cos β
H i = H 0 tgβ
Ricordando che
Hi =
ni
2R
Dove n indica il numero delle spire.
Finalmente abbiamo.
i=
2R
H 0 tgβ
n
Da cui il nome di bussola delle tangenti.
La bussola delle tangenti ha scarsa risoluzione (10-5A), ma è storicamente importante.
Galvanometro a bobina mobile.(Strumenti a bobina mobile).
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In questo caso si ha all’equilibrio che la coppia meccanica di richiamo dovuta alla torsione del filo
di sospensione, eguaglia la coppia dovuta dalla all’azione del campo magnetico sul momento
magnetico prodotto dalla corrente i, che si vuole misurare, che circola nella bobina di area S.
τ mec = kα
τ i = niSB senα
i=
kα
nSB senα
Dove k è la costante elastica di richiamo del filo di torsione, S è la superficie della spira e n il
numero di avvolgimenti.
In questo caso la dipendenza di i dall’angolo α non è semplice. Tuttavia l’apparato può essere
calibrato opportunamente oppure la forma dell’espansione del magnete può essere sagomata in
modo da avere una scala lineare (o quasi lineare) in funzione di α.
i∝
kα
nSB
Con strumenti di questo genere si ottengono risoluzioni di circa 10-11A.
La sensibilità dello strumento dipende dalla deviazione α che può essere aumentata diminuendo la
costante di richiamo k ed aumentando il numero delle n. tuttavia questo comporta degli
inconvenienti. Il primo è dovuto al fatto che aumentando n aumenta la resistenza complessiva dello
strumento (che chiameremo RA), e questo , come vedremo è un inconveniente per gli strumenti di
misura della corrente.
Il secondo è dovuto al fatto che aumentando n e diminuendo k aumenta il tempo necessario perché
l’apparato vada all’equilibrio; l’equipaggio mobile infatti oscilla con un periodo T che è dato da:
T = 2π
I
k
Dove I è il momento di inerzia dell’equipaggio mobile.
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In genere gli strumenti commerciali hanno degli accorgimenti per smorzare velocemente le
oscillazioni (vedi il “Tester a disposizione”)
Nb. Tutti gli strumenti per la misura della corrente elettrica hanno una resistenza non nulla dovuta a
come sono costruiti. Ciò ha importanti conseguenze sull’operazione di misura che con essi si
effettua.
Strumenti che si utilizzano nei laboratori.
Sono strumenti complessi che permettono di effettuare più generi di misure.
Tali strumenti prendono il nome di: Tester, multimetro, strumento universale ecc.
In genere sono in grado di misurare: correnti continue ed alternate, tensioni continue ed alternate,
resistenze e, talvolta, capacità e frequenze.
Distinguiamo due grandi categorie: strumenti analogici, strumenti digitali.
Gli strumenti analogici sono costruiti a partire da un microamperometro (strumento ad equipaggio
mobile).
Si tratta quindi di strumenti che misurano una corrente elettrica. Accenneremo in seguito a come
sono fatti i circuiti interni che permettono di fare le varie misure.
Per capirne a fondo il funzionamento (almeno in corrente continua) basta infatti conoscere soltanto
la legge di Ohm ed i teoremi di Kirchoff.
Lo studio dettagliato di un Tester analogico è un ottimo esercizio da fare con gli studenti dell’ultimo
anno delle scuole superiori.
Gli strumenti digitali sono molto più complessi da studiare perché richiedono conoscenze di
elettronica in genere non note agli studenti delle scuole superiori (ad eccezione di alcuni istituti
tecnici). Tuttavia da un’analisi dei circuiti si possono facilmente riconoscere alcune parti che sono
molto simili a quelle degli strumenti analogici.
Gli strumenti digitali sono progettati a partire da un circuito operazionale che si comporta come un
voltmetro (“impedenza” di ingresso elevatissima).
Caratteristiche del Tester
•
•
•
•
•
RA o RV resistenza interna dello strumento.
Sensibilità è la minima variazione di corrente o tensione che lo strumento è in grado di
apprezzare. È il rapporto tra la corrente i (o tensione V) che produce una deviazione dell’ago e la
deviazione stessa (kA=i/α)
Portata è il massimo valore di corrente (tensione) misurabile su un dato fondoscala (fs).
Classe esprime la risoluzione dello strumento in percentuale del fondoscala (es. classe 1
corrisponde a risoluzione 1% del fondoscala). ∆i/i*100%= classe%.
La linearità della scala è tale che l’incertezza sulla misura è costante e vale ±∆i su tutta la scala.
Sensibilità Ω/V è definita come
kV =
1
i fs
Con ifs si intende il fondoscala minimo in corrente continua. Nel caso del tester disponibile (modello
ICE 680) si ha kV=20000Ω/V, infatti il fs minimo in corrente è 50µA. La conoscenza di questo
valore è particolarmente importante perché permette di calcolare immediatamente la resistenza
interna (di ingresso) per ogni scala dei Volt. Per esempio sul fs 2V la resistenza RV è di 40000Ω, si
può facilmente verificare questo fatto osservando lo schema del partitore per le misure di DDP
(differenza di potenziale).
µAmperometro
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Lo schema semplificato è il seguente:
Il cuore dello strumento è costituito da una bobina mobile con un certo numero di avvolgimenti ed
eventualmente qualche resistenza opportunamente scelta.
Nel caso del tester in esame la bobina più la resistenze hanno un valore complessivo di 1600Ω.
Poiché la massima corrente che può passare attraverso tale parte del circuito è di 40µA e tale valore
non è pratico, il progettista ha inserito in parallelo alla bobina un’ulteriore resistenza di shunt in
modo che la corrente complessiva che può passare (attraverso la bobina e attraverso lo shunt)
divenga di 50 µA.
Amperometro (Shunt)
Il calcolo delle resistenze di shunt è facile.
Nel caso di prima si vuole che i=50 µA e che iA sia sempre al massimo di 40 µA.
Per la legge dei nodi e quella delle maglie si può scrivere:
i = i A + iS
R A i A = RS i S
Con un po’ di operazioni si ricava
i
iA
= 1+
RA
RS
Finalmente sostituendo i valori per i, iA e RA si ricava che RS=6400Ω (confrontare lo schema).
La resistenza complessiva (parallelo RA ed RS) dello strumento, che da ora in avanti chiamerò RA, è
diminuita. Con facili calcoli si ricava che vale 1280Ω. Lo strumento nel suo complesso lo
chiamiamo amperometro.
Shunt
Supponiamo di dover calcolare la resistenza di shunt necessaria per ottenere una scala di 1A a
partire da uno strumento che permetta di misurare al massimo 1mA.
Il calcolo è analogo al precedente. Si può pertanto scrivere:
i
R
= 1+ A
iA
RS
da cui si ricava
RS = R A
1
i
iA
−1
Poiché i deve valere 1000iA si ottiene
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RS =
RA
999
La resistenza complessiva dello strumento diviene (parallelo tra le due resistenze)
R '=
RA
1000
Misure di corrente.
La misura di corrente si effettua aprendo il circuito e inserendo in serie l’amperometro.
Nb. La linea più lunga indica il polo positivo del generatore di DDP, e la corrente viene scelta
convenzionalmente con il verso che va da un punto a potenziale maggiore ad un punto a potenziale
minore. Per convenzione infatti la corrente è quella che avrebbero delle cariche positive le quali si
muovono in tale verso. In realtà in un conduttore metallico sono gli elettroni che si muovono e
vanno nel verso opposto a quello indicato in figura.
L’inserimento dello strumento altera la situazione poiché inserisce nel circuito la resistenza RA ne
consegue che la corrente i non è più la stessa bensì diminuisce.
Un buon amperometro deve alterare meno possibile la situazione. Cerchiamo i valutare quale
caratteristica deve avere per poter essere considerato un buono strumento.
Abbiamo:
i=
E
R
i '=
E
R + RA
da cui si ricava
i'
=
i
1
R
1+ A
R
Affinché l’inserimento dell’amperometro alteri poco la situazione (introduca un piccolo errore
sistematico) è necessario che la sua resistenza sia piccola rispetto ad R.
Nb. Può essere interessante discutere con gli studenti cosa avviene quando si applica una DDP
costante in una regione dove ci siano cariche libere di muoversi. Perché le cariche elettriche si
muovono (macroscopicamente) a velocità costante nel conduttore invece di accelerare come
dovrebbero fare quando si trovano sotto l’azione di un campo elettrico?. E quanto vale (che ordine
di grandezza ha) la velocità media di queste cariche (elettroni)?. E se riusciamo a calcolare questa
velocità cosa si può dire sul fatto che una lampada si accende o si spegne con un ritardo
impercettibile quando premiamo l’interruttore?.
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Proviamo a calcolare la velocità di trascinamento vt degli elettroni che si muovono in un conduttore
di rame di 1mm2 (10-6m2) di sezione quando la corrente è di 1A. (la velocità dipende dall’intensità
di corrente e non dalla DDP).
Abbiamo:
i=
dq
dn
= e−
dt
dt
Dove e- è la carica dell’elettrone e dn è il numero di elettroni che attraversano un sezione S del
conduttore nel tempo dt.
Supponendo che ogni atomo di rame contribuisca con un elettrone alla corrente si può scrivere:
e− N A
e− N A ρ
dn =
dm =
dV
mm
mm
Dove NA è il numero di Avogadro, dm è l’elemento infinitesimo di volume, mm (0.06354 kg) è la
massa molare del rame e ρ (8900kgm-3).è la densità del rame.
Tutto può essere descritto come se l’elemento infinitesimo di volume dV=Sdl che contiene dn
elettroni attraversasse la sezione S nel tempo dt.
Di conseguenza si può scrivere.
dn e − N A ρ Sdl e − N A ρS
=
=
=
vt
dt
mm
dt
mm
Finalmente si può ricavare vt in funzione di i:
vt =
mm
e − N A ρS
i
Sostituendo i valori si ottiene vt=0.074mms-1, che rappresenta una velocità estremamente piccola!.
Misure di differenza di potenziale in un circuito.
La caduta di tensione va misurata ai capi di un o dei componenti, per esempio ai capi della
resistenza R.
Per far ciò si opera misurando una corrente attraverso una resistenza RV di cui sia noto il valore. Lo
schema del voltmetro è pertanto il seguente.
Nel tester, vedi lo schema, le varie portate per le misure di tensione sono costruite inserendo delle
opportune resistenze in serie al microamperometro.
Mentre la schematizzazione della misura è rappresentata nelle figure seguenti. (vedi nota per il
verso della corrente)
Dal primo circuito si ricava:
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V AB = Ri
Mentre dal secondo, dove è stato inserito il voltmetro in parallelo alla resistenza R si ottiene:
V'
AB =
ERRV
(R + RV )R1 + RRV
Infine si ricava sotto che condizione l’inserimento nel circuito del voltmetro non altera
sensibilmente la situazione.
V 'AB
1
=
R1
R
V AB
1+
R + R1 RV
Un buon voltmetro deve avere una resistenza estremamente elevata, in genere basta che sia molto
maggiore di R (cioè della resistenza ai capi della quale si effettua la misura).
Da notare che se il generatore fosse ideale (R1=0) non ci sarebbero problemi.
Misure di resistenze
Per fare misure di resistenza elettrica il tester fa uso sempre del microamperometro come sensore.
Tuttavia per produrre la corrente da far passare attraverso il µamperometro è necessario inserire nel
circuito un generatore; il tester ha infatti al suo interno una pila da 3V o da 1.5V.
Poiché la pila si scarica nel circuito è inserita una resistenza variabile da 10kΩ (vedi lo schema
semplificato) che permette di regolare la corrente la tensione di alimentazione in modo che la
corrente di corto circuito coincida con la ifs (corrente di fondo scala del µamperometro).
Nb. Nel circuito è anche inserito un fusibile, che protegge la bobina, poiché se uno inserisce in un
circuito lo strumento con i puntali ancora nelle boccole per la misura di R rischia di rovinare la
bobina.
La relazione che viene utilizzata per misurare resistenze la si ricava dalla legge di Ohm.
R=
V
i
Dalla forma della relazione si deduce che la scala non sarà lineare.
Lo schema della misura è il seguente. La scala viene cambiata inserendo valori diversi per le varie
resistenze (confronta lo schema).
Analizzando il circuito si ricava con un po’ di pazienza:
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iA =
E
(R1 + Rx ) 1 + R A
R0
+ RA
S può notare come iA sia funzione della resistenza da misurare.
La massima corrente che può circolare la si ottiene imponendo Rx=0, cioè cortocircuitando le
boccole di ingresso del fondo scala scelto. Per mezzo della resistenza variabile si può fare in modo
che tele corrente corrisponda a ifs (alla corrente di fondo scala). Poniamo pertanto
i A max =
E
= i fs
RA
R1 1 +
+ RA
R0
Bisogna adesso ricavare Rx in funzione di iA.
Si ottiene
Rx =
K i fs
−1
i fs i A
dove si è posto.
K=
E
R
1+ A
R0
La rappresentazione grafica della relazione trovata fa comprendere come è fatta la scala del tester
par la misura di resistenze.
Risulta particolarmente interessante studiare l’errore che si commette nella misura di R con il tester
a partire dalla conoscenza della risoluzione della misura su i.
Conviene calcolare l’incertezza relativa.
Nb. Si fa uso qui di una teoria degli errori più completa di quella semplificata utilizzata nei corsi di
didattica.
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∂Rx
∆i A
∂iA
∆Rx
=
Rx
Rx
Calcolando la derivata e sostituendo Rx con il suo valore esplicito, precedentemente calcolato, si
ottiene, dopo opportune semplificazioni:
∆Rx ∆i A 1
=
Rx
iA 1 − iA
i fs
Se si ricorda che
∆iA = classedellostrumento ⋅10−2 ⋅ i fs
Si può scrivere:
i
∆Rx
1
= classe ⋅10−2 fs
Rx
iA 1 − iA
i fs
Il grafico seguente rappresenta la relazione trovata.
Si osserva che l’errore percentuale che si commette dipende dal punto della scala in cui cade la
misure. Se la resistenza viene misurata al centro della scala l’incertezza percentuale minima è di
poco inferiore al5%.
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