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LuganoInScena 2016/2017
Focus Al presente
Un percorso all’interno della drammaturgia contemporanea, firmata dai più interessanti autori del
momento. Un modo per riflettere su come il teatro può parlare della società senza diventare teatro di
cronaca, grazie alla sensibilità di questi artisti capaci di comunicare ad un pubblico vasto e senza
barriere. È un focus sui Classici di Domani.
POTEVO ESSERE IO
di Renata Ciaravino
LA BEATITUDINE
di Licia Lanera e Riccardo Spagnulo, regia di Licia Lanera
GEPPETTO E GEPPETTO
di e regia Tindaro Granata
ROBERTA CADE IN TRAPPOLA
di Roberta Bosetti e Renato Cuocolo, regia di Renato Cuocolo
ADIOS
di e regia Simon Waldvogel
SULLA MORTE SENZA ESAGERARE
ideazione e regia di Riccardo Pippa
HEDDA GABLER
di Henrik Ibsen, regia di Paolo Taccardo
NATURA MORTA CON ATTORI
di Fabrizio Sinisi, regia di Alessandro Machìa
IL CIELO NON È UN FONDALE
di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
LA DONNA CHE LEGGE
di Renato Gabrielli, regia di Lorenzo Loris
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POTEVO ESSERE IO
di Renata Ciaravino
con Arianna Scommegna
video e scelte musicali Elvio Longato
luci Carlo Compare
supervisione registica Serena Sinigaglia
assistente alla regia e collaborazione alla riduzione del testo Elvio Longato
set Maria Spazzi
realizzazione scene Raffaella Colombo, Lidia De Rosa e Anna Masini
produzione Dionisi Compagnia Teatrale e Kilowatt Festival Teatro dell’Orologio di Roma
Ve 11.11.2016 ore 20:30
Teatro Foce
I bambini cresciuti negli anni ‘80 nelle periferie del nord, che giocavano in cortile a lanciarsi palloncini
con dentro le lamette, i genitori terroni, i piedi impigliati in scarpe da tennis con la punta tagliata che
diventavano sandali da tennis, per risparmiare. Quei bambini e ragazzi poi sono cresciuti: ognuno a
procedere alla cieca cercando di salvarsi. Ma cosa ci fa salvare? E se uno si salva, veramente si è
salvato? “Potevo essere io” è il racconto di una bambina e un bambino che diventano grandi
partendo dallo stesso cortile: periferia nord di Milano. Due partenze, stessi presupposti. Ma finali
diversi. E in mezzo la vita: un allenatore di kick boxing, la stella emergente del pop croato, un regista
di film porno, una cartomante, un animatore di matrimoni sulla paullese… La commedia irrompe nella
commozione.
“Potevo essere io” è uno spettacolo tragicomico sulle vite marginali, un omaggio alle periferie
geografiche e dell’anima, uno spettacolo divertente e toccante dedicato ai bambini e agli adolescenti
che siamo stati, agli adulti che vorremmo essere, senza riuscirvi.
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LA BEATITUDINE
di Licia Lanera e Riccardo Spagnulo
drammaturgia Riccardo Spagnulo
regia Licia Lanera
con Mino Decataldo, Danilo Giuva, Licia Lanera, Riccardo Spagnulo e Lucia Zotti
luci Vincent Longuemare
spazio Licia Lanera
assistente alla regia Ilaria Martinelli
produzione Fibre Parallele
in coproduzione con MiBACT, Festival delle Colline Torinesi, CO&MA Soc. Coop. Costing &
Management
Ve 25.11.2016 ore 20:30
Teatro Foce
La beatitudine è qualcosa che non si può dire. Qualcosa che passa in fretta. Qualcosa che non
sappiamo se esista davvero. Qualcosa che è così intensa da mettere in discussione la sua stessa
esistenza. Qualcosa che, se lo racconti, non ti crede nessuno. Qualcosa per la quale mettiamo a
repentaglio tutto il resto e, quando arriva, tutto il resto non ha più senso. Cerchiamo di scappare dalle
nostre vite attraverso questa porta piccola piccola e alla fine… Il ritorno alla realtà ha lo stesso
sapore di un déjà vu.
“La beatitudine” è la storia di una coppia che non riesce a generare e di una madre e un figlio
indissolubilmente legati da una malattia. Questa è la storia di un mago pastore che illude gli uomini
che la fantasia possa risolvere i problemi della realtà. Questa è la storia di un unico essere umano in
tutte le fasi della sua esistenza, dal primo passaggio nell’età adulta alla vecchiaia. Questa è una
giostra della vita, spazio unico e nero in cui i personaggi si muovono, si incontrano, si amano, si
odiano e si ammazzano. Questa è una storia in bilico tra reale e irreale, tra tangibile e immaginato, tra
materia e pensiero.
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GEPPETTO E GEPPETTO
di e regia Tindaro Granata
con Alessia Bellotto, Angelo Di Genio, Tindaro Granata, Carlo Guasconi, Paolo Li Volsi, Lucia Rea
e Roberta Rosignoli
scene Margherita Baldoni
luci e suoni Cristiano Cramerotti
movimenti di scena Micaela Sapienza
regista assistente Francesca Porrini
coproduzione Teatro Stabile di Genova, Festival delle Colline Torinesi e Proxima Res
Sa 28.01.2017 ore 20:30
Do 29.01.2017 ore 17:00
Teatro Foce
Tony e Luca stanno insieme da diversi anni: sono una famiglia.
Per essere una famiglia felice basta che due persone si amino.
Per essere una famiglia “davvero” felice c’è bisogno di portatori sani di gioia: i bambini.
Tony vuole diventare padre. Luca vuole aspettare.
La madre di Tony vuole evitare che accada.
Franca (amica dei due) vuole capire come si può fare.
I due vanno in Canada e, come il primo papà single della storia di tutte le storie, Geppetto, “fanno”,
“fabbricano”, “costruiscono”, “creano” il loro piccolino.
Geppetto e Geppetto tornano in Italia con il loro figlio Matteo.
Matteo cresce con amore e amore e amore.
Passano trent’anni.
Il giorno del ventennale della morte di Tony, Matteo rivendica qualcosa al padre Luca, vomitandogli
addosso tutto quello che gli ha causato crescere in una famiglia non “normale”.
Lo accusa di qualcosa che è mancato.
Luca si difende, ma qualsiasi cosa dica, agli occhi di Matteo, sbaglia.
I due si scontrano e si odiano e si ammazzano di botte e urlano e spaccano mobili e lasciano l’uno
alla solitudine dell’altro.
E’ difficile essere figli di gay, ma è difficile anche essere padri di figli normali.
Un giorno Matteo andrà, Geppetto ritornerà, l’altro Geppetto perdonerà, come in una famiglia
“normale”.
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ROBERTA CADE IN TRAPPOLA
THE SPACE BETWEEN
di Roberta Bosetti e Renato Cuocolo
regia di Renato Cuocolo
con Roberta Bosetti e Renato Cuocolo
coproduzione Il Funaro Pistoia, IRAA Theatre e Teatro di Dioniso
Ve 03.02.2017 ore 20:30
Sa 04.02.2017 ore 20:30
Teatro Foce
“Roberta cade in trappola parla di relazioni. La nostra relazione con gli amici, con la loro assenza, con
la memoria, col passato e con quello che del passato rimane.
Partendo da elementi presi dalla nostra vita proviamo a toccare quella di molti.
Roberta cade in trappola attraversa e mette in scena il passato, un vecchio registratore che dopo
quarant'anni riappare con il suo carico di promesse, la labilità delle relazioni in un mondo in cui più le
distanze si rimpiccioliscono, più le relazioni sembrano diventare distanti. Roberta cade in trappola
mette in scena la Cosa Brutta di cui parla David Foster Wallace, un’opera sgangherata di magia e un
libro di una mostra di Duane Hanson, vista molto tempo fa.
Quel libro è diventato col tempo un’opera esso stesso, una specie di diario in cui si sono accumulate
foto, ricami, disegni. Ci è piaciuto interagire con l’opera iperreale di Hanson in cui persone vere
sembrano false, e su queste persone false noi inseriamo ricordi di persone vere chiudendo così il
cerchio. Più in là la donna che rischia di affogare…si lascia cadere, cade, cade, cade. Tu sbagli la
mossa, è un atto mancato, sbagliare un gradino, inciampare, cadere. Tu non ci pensi, passa attraverso
te, sono sciocchezze. È l’appuntamento con l’inconscio.
Scrivere significa portare alla luce l’esistente facendolo emergere dalle ombre di ciò che sappiamo.
Mettere parole tra noi e il tempo che soffia portandosi via brandelli sempre più grandi di senso.”
(Cuocolo/Bosetti)
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ADIOS
di e regia Simon Waldvogel
con Federica Carra, Camilla Parini, Camilla Pistorello, Carla Valente
produzione Collettivo Ingwer e ATRé Teatro
in collaborazione con la rassegna Home
Ve 10.02.2017 ore 20:30
Sa 11.02.2017 ore 20:30
Do 12.01.2017 ore 17:00
Teatro Foce
Un limbo.
Tre sorelle intrappolate.
Come dentro un sogno ricorrente.
Una scatola bianca, nella quale le donne si confronteranno sul senso della vita, della famiglia, della
figura materna e della morte. Non più vive, ma non ancora nell’aldilà, si dovranno confrontare con le
tracce che hanno lasciato dietro di loro. Molto diverse l’una dall’altra, le sorelle si faranno portatrici di
un punto di vista specifico andando ad analizzare come ognuna di loro ha vissuto in maniera poco
vitale, aspettando che accadesse qualcosa che non è mai accaduto, fino a rendersi conto di essere
passate oltre, oltre quella vita che le ha intrappolate in convenzioni, speranze e desideri repressi.
Anello di congiunzione tra il dentro e il fuori è una donna angelo, o meglio, un’arpia, che scandirà il
tempo delle tre sorelle rinchiuse nel limbo.
Confuse, senza ricordare come sono finite tra la vita terrena e quella ultraterrena, si renderanno
conto ben presto di aver vissuto una vita sotto anestesia che però non è riuscita ad addormentare la
loro voglia di amare e di essere amate.
L’ironia con la quale le sorelle affronteranno loro stesse, le loro paure e le loro qualità, le unirà
sempre di più; e anche nei luoghi più bui ridere di se stesse si rivelerà l’unica e vera arma rimasta.
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SULLA MORTE SENZA ESAGERARE
ideazione e regia di Riccardo Pippa
di e con Claudia Caldarano, Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti e Matteo Vitanza
scene, maschere e costumi Ilaria Ariemme
luci Giuliano Bottacin
suono Luca De Marinis
coproduzione Teatro dei Gordi e TIEFFE Teatro Milano
Ve 24.02.2017 ore 20:30
Sa 25.02.2017 ore 20:30
Teatro Foce
Vincitore all’unanimità del Premio alla produzione Scintille 2015
Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro 2015, indetto dall’Accademia d’Arte Drammatica Nico
Pepe di Udine: spettacolo vincitore del Premio Speciale, Premio Giuria Allievi Nico Pepe e Premio del
Pubblico
Ideato e diretto dal regista veronese Riccardo Pippa, “Sulla morte senza esagerare” è un omaggio
originale alla poetessa polacca Wisława Szymborska e affronta il tema della morte in chiave ironica e
divertente attraverso un linguaggio non convenzionale del corpo, ancorato al Teatro di figura e di
maschera. La recitazione e le maschere si muovono con verità e leggerezza su un tessuto
drammaturgico originale.
Sulla soglia tra l’aldiquà e l’aldilà, dove le anime prendono definitivo congedo dai corpi, c’è la nostra
Morte. I vivi la temono, la fuggono, la negano, la cercano, la sfidano, la invocano. L’unica certezza è la
morte. Ma senza esagerare.
In fondo quanti ritardi nel suo lavoro, quanti imprevisti, tentativi maldestri, colpi a vuoto e anime
rispedite al mittente! E poi che ne sa la Morte, lei che è immortale, di cosa significhi morire?
Maschere contemporanee di cartapesta, figure familiari raccontano, senza parole, i loro ultimi istanti,
le occasioni mancate, gli addii; raccontano storie semplici con ironia, per parlare della morte, sempre
senza esagerare.
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HEDDA GABLER
di Henrik Ibsen
adattamento di Paolo Bellomo
regia di Paolo Taccardo
con Chiara Zerlini, Louis Sé, Laura Mélinand e Clément Marchand
scene Paolo Taccardo
luci André Diot
collaborazione scena e costumi Daniele Coppolecchia
assistente scena e costumi Annarita Gaudiomonte-Diouf
assistente alla regia Raphaël Haberberg
traduzione di Michel Vittoz
produzione Compagnia Nostos
Me 15.03.2017 ore 20:30
Teatro Foce
Spettacolo in francese con sopratitoli in italiano
I personaggi di “Hedda Gabler” vogliono sapere tutto. La loro unica ragione di vita è dominare la vita
dell’altro, distruggendola o ricostruendola.
Hedda, figlia del defunto generale Gabler, è la moglie di Tesman, giovane professore di storia
medievale. Ejlert Lövborg, vecchio amante di Hedda e rivale accademico di Tesman, torna in città
seguito dalla sua nuova amante, Théa Elvsted, che risulta essere una vecchia fiamma di Tesman. Il
passato assale il presente, il gioco al massacro ha inizio, la rivalità tra Lövborg e Tesman esplode,
Hedda, incinta, si ritrova prigioniera della tela che lei stessa ha tessuto.
Con la complicità di un giudice molto ambiguo, la storia raccontata spinge i personaggi attorno alla
scomparsa di un’importante opera inedita sul futuro della civiltà. Cosa si può dire di quest’opera e
quali parole possono trasformarsi in azione?
Un’affabulazione del quotidiano, un racconto noir d’inizio secolo che nasconde la potenza di una
tragedia greca.
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NATURA MORTA CON ATTORI
di Fabrizio Sinisi
regia di Alessandro Machìa
con Alessandro Averone e un’attrice in via di definizione
scene Elisabetta Salvatori
video project mapping Stefano Fiori
costumi Sara Bianchi
luci Chiara Martinelli
assistente alla regia Sonia Merchiorri
produzione AC ZERKALO
Ve 17.03.2017 ore 20:30
Sa 18.03.2017 ore 20:30
Teatro Foce
Un uomo e una ragazza: Matteo e Marta. Marta sogna di fare l’attrice ma si prostituisce, e cerca in
maniera febbrile la via per la santità: “come Santa Pelagia che coperta d’oro lottò col buio e vinse”.
Matteo in passato forse scriveva poesie, ora fa il killer di poeti perché la loro presenza gli ricorda “la
mia assenza da questo mondo, da ogni mondo”. Si conoscono in internet e decidono di incontrarsi,
ma sembrano essersi già incontrati anni prima: a Venezia, durante una manifestazione studentesca.
Dall’incontro nasce un dialogo disperato, feroce, destinale, alla ricerca della verità, la verità con se
stessi e con gli altri, “l’assoluta e radicale sincerità”, la sola possibile per poter davvero essere
qualcosa: per non limitarsi ad essere parlati, ma parlare – non essere vissuti ma vivere.
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IL CIELO NON È UN FONDALE
di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici, Daria Deflorian, Monica Demuru e Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Cristian Chironi
assistente alla regia Davide Grillo
disegno luci Gianni Staropoli
produzione A.D., Sardegna Teatro, Teatro Metastasio di Prato, ERT – Emilia Romagna Teatro,
Romaeuropa Festival
in coproduzione con Odéon – Théatre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris, Théatre de Vidy, Sao
Luiz – Teatro Municipal de Lisboa
Ve 24.03.2017 ore 20:30
Sa 25.03.2017 ore 20:30
Teatro Foce
“Abbiamo indagato – spiegano gli autori dello spettacolo – il paesaggio urbano, la città come figura,
l’abitare come gesto quotidiano impercettibile ma sostanziale per la nostra vita. Per la prima volta nella
storia, più della metà della popolazione mondiale vive in città. Cinquant’anni fa era un terzo, entro il
2050 saranno due terzi. Alla fine di quello che gli esperti hanno ribattezzato “il secolo metropolitano”,
otto persone su dieci vivranno in una zona urbana. Abbiamo interrogato la Storia su quel passaggio
chiamato “modernizzazione” e su questa attrazione fatale per la vita metropolitana. Una questione
ecologica, morale, collettiva, complessa. Da una parte c’è Cechov che fa dire ad una sua figura in quel
capolavoro che è “Il giardino dei ciliegi”: “Perché io sono nata qui, qui sono vissuti mio padre e mia
madre, mio nonno, io amo questa casa, senza il giardino dei ciliegi io non capisco più niente della mia
vita, e se è proprio necessario venderlo, allora vendete anche me insieme al giardino”. Ma ecco che
basta una piccola didascalia e l’ascia comincia, implacabile, ad abbattere il giardino. Dall’altra, in
controcanto con la nostalgia impotente degli eroi cechoviani, ci sono progetti come quello della
scrittrice francese Annie Ernaux che, all’interno del suo immenso Écrire la vie (Scrivere la vita), ha
dedicato un anno a un diario sulle sue ‘scappatelle’ quotidiane in un centro commerciale nei sobborghi
parigini, per lei imperdibile luogo di osservazioni e affezioni. Straordinario nella sua semplicità, il diario
si intitola Regarde les lumières, mon amour (Guarda le luci, amore mio), frase che l’autrice ha sentito
dire da una mamma alla sua bambina, indicandole le luci di Natale del centro commerciale.
“Il cielo non è un fondale”, nonostante la negazione del titolo, vuole rafforzare il dialogo tra lo spazio
della finzione (e quindi del fantastico, dell’utopia, dello scarto, ma anche della fuga, del rifugio, della
gabbia) e lo spazio esterno, il reale. È un dialogo sempre più necessario.”
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LA DONNA CHE LEGGE
di Renato Gabrielli
regia di Lorenzo Loris
con Massimiliano Speziani, Cinzia Spanò e Alessia Giangiuliani
musiche Simone Spreafico
scene e costumi Lorenzo Loris
luci Alessandro Tinelli
produzione Teatro Out Off
Me 12.04.2017 ore 20:30
Teatro Foce
C’è un conflitto tra sessi, che non deflagra mai veramente. C’è un conflitto generazionale, più
dichiarato che vissuto. C’è voglia di fuggire, ma anche l’ipnotico richiamo casalingo di un mare che
assomiglia a una palude. Si parla di soldi e ci si pensa parecchio; e le persone sono infelici. Ma
questo non perché il denaro generi infelicità: al contrario, è per disperazione che ci si affanna a far
soldi. Non manca, confusamente, perversamente, l’amore; ma proiettato in un altrove impossibile, o
perduto. I personaggi de “La donna che legge” si cercano con passione a vicenda, sempre nel posto
e nel tempo sbagliato. La partitura testuale, affidata a tre voci narranti che a tratti si identificano coi
personaggi, segue lo sviluppo di questo anomalo “triangolo” amoroso fino al suo inquietante
scioglimento.
“La donna che legge” prende spunto dal ricordo di ambienti e persone di una città italiana di
provincia, sul mare, dall’analisi di un capitolo dell’“Ulisse” di Joyce, “Nausicaa”, e dalla lettura dello
stimolante saggio di Francesca Serra “Le brave ragazze non leggono romanzi”.
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