Un diverso «stile» politico: Gandhi INDIA Î Colonia britannica; società multiconfessionale: 300 mil. ca. indù; 90 mil. ca. musulmani; 3,5 mil. ca. sikh Î Quadro politico locale occupato da due formazioni dominanti: Quadro politico locale occupato da due formazioni dominanti: ‐ Il Congresso Nazionale Indiano, prevalentemente indù, fondato nel 1885 e guidato fino al 1920 da Bal Gangdhar Tilak ‐ e la Lega Musulmana, fondata nel 1906 e guidata da Mohammed Ali Jinnah Î Alla morte di Tilak (1920) la guida del C Congresso N i Nazionale l Indiano I di viene i assunta da d Mohandas Karamchand Gandhi (1869‐1948). Î A favore dell’indipendenza; p ; Î per la collaborazione tra musulmani e indù; Î a favore dell’emancipazione femminile; e contro le caste Î Tecnica della non violenza, ispirata dal principio del satyagraha (fermezza della verità) «La non‐violenza è la forza più grande di cui disponga l’umanità. È più potente della più potente arma di distruzione escogitata dall’ingegnosità dell’uomo. La distruzione non è la l legge d li uomini. degli i i L’uomo L’ vive i liberamente lib i quanto è pronto a morire, in i se necessario, i per mano di suo fratello, mai a ucciderlo. Qualsiasi assassinio o altra lesione, commessa o inflitta a un altro, non importa per quale ragione, è un crimine contro l’umanità. La prima condizione della non‐violenza non violenza è la giustizia, giustizia dovunque, dovunque in ogni settore della vita. vita Forse, Forse è esigere troppo dalla natura umana. Io però non lo penso. Nessuno dovrebbe dogmatizzare sulla capacità di degradazione o di elevazione della natura umana. Come nell nell’addestramento addestramento alla violenza occorre imparare ll’arte arte di uccidere, uccidere così nell’addestramento alla non‐violenza occorre imparare l’arte di morire. La violenza non significa liberazione dal timore, ma scoperta dei mezzi per combatterne la causa. La non‐ violenza invece non ha alcun motivo di temere. temere Il seguace della non non‐violenza violenza deve coltivare la capacità al sacrificio più grave per liberarsi dal timore. Non si preoccupa di perdere la patria, la ricchezza, la vita. Chi non ha superato qualsiasi timore, non può praticare la ahimsa [non‐ violenza] alla perfezione. Il seguace dell dell’ahimsa ahimsa ha un solo timore, il timore di Dio. Colui che cerca rifugio in Dio dovrebbe avere un barlume dell’Atma [anima] che trascende il corpo; e nel momento in cui si ha un barlume dell’indistruttibile Atma, si perde l’amore per il proprio corpo p p perituro. Perciò l’addestramento alla non‐violenza è diametralmente opposto pp all’addestramento alla violenza. La violenza è necessaria per la salvaguardia delle cose esteriori, la non‐violenza è necessaria per la salvaguardia dell’Atma, per la salvaguardia del proprio onore. % Se amiamo coloro che ci amano, questa non è non‐violenza. Non‐violenza è amare coloro che ci odiano. So quanto sia difficile seguire questa sublime legge dell’amore. Ma le cose grandi e b buone non sono tutte difficili? diffi ili? L’amore L’ per il nemico i è la l più iù difficile diffi il di tutte. Ma M con la l grazia i di Dio anche questa cosa difficilissima diventa facile a farsi, se lo vogliamo. […] Sostengo che perfino ora, benché la struttura sociale non sia fondata su una consapevole accettazione della non violenza in tutto il mondo gli uomini vivono e conservano le loro proprietà per reciproca non‐violenza, tolleranza. Se non avessero fatto così, soltanto pochissimi e i più feroci sarebbero sopravvissuti. Ma non è questo il caso. Le famiglie sono unite da vincoli di amore, e così sono i gruppi chiamati nazioni nella cosiddetta società civile. civile Soltanto, Soltanto non riconoscono la supremazia della legge della non‐violenza. Ne consegue perciò che non ne hanno indagato le vaste possibilità. […] Applicando satyagraha, scoprii fin dai primissimi passi che la ricerca della verità non ammette che si infligga violenza al prossimo, prossimo il quale dev dev’essere essere allontanato dall’errore con la pazienza e la comprensione. Infatti, quello che a uno sembra verità, a un altro può apparire errore. E pazienza vuol dire sofferenza personale. Così la dottrina venne a significare che la verità si difende infliggendo sofferenze non già all all’avversario avversario ma a se stessi. In quest’epoca di miracoli nessuno dirà che una cosa o un’idea non ha valore perché è nuova. E dire che è impossibile perché è difficile è un’altra cosa in dissonanza con lo spirito dell’epoca. p Ogni g ggiorno si vedono cose impensate, p , e l’impossibile p diventa p possibile. Oggigiorno siamo costantemente sbalorditi da spaventevoli scoperte nel campo della violenza. Ma io affermo che scoperte di gran lunga più impensate e apparentemente impossibili si faranno nel campo della non‐violenza». [Da M.K. Gandhi, Antiche come le montagne. I pensieri del Mahatma sulla verità, la nonviolenza, la pace, Mondadori, Milano 1987, pp. 119‐123]. Î 6 aprile 1919: hartal – giorno di digiuno e di preghiera Î 13 aprile 1919: massacro di Amritsar (400 morti) Î 1920‐22: campagna cooperazione: per la non Î i notabili devono restituire le onorificenze ricevute dagli g inglesi; g ggli studenti devono boicottare le università; gli avvocati rifiutarsi di discutere le cause nei tribunali; le elezioni per gli organi amministrativi locali devono essere disertate; i tessuti inglesi devono essere distrutti. Î Gandhi invita i suoi seguaci a bruciare pubblicamente giacche e tessuti di fattura inglese. Gandhi stesso rinuncia agli abiti occidentali e comincia a indossare il dhoti, tradizionale abbigliamento indiano; inoltre tesse da solo i propri vestiti, invitando i suoi seguaci a fare altrettanto. Î La ruota dell’arcolaio, che Gandhi ha sempre con sé, diventa il simbolo dell’indipendenza indiana. Î 1922: in un villaggio dell’India settentrionale manifestanti indiani uccidono un gruppo di poliziotti li i tti Î Gandhi dichiara sospese le azioni di protesta. Î Viene egualmente arrestato dal governo coloniale britannico, con l’accusa di attività sediziosa, processato e condannato a sei anni di carcere. Î 1924: Gandhi esce dal carcere e riprende la sua azione politica all’interno del Congresso, cercando, senza successo, un accordo con la Lega Musulmana di Ali Jinnah. Î marzo‐aprile 1930: marcia del sale. Î Gandhi parte a piedi con alcuni suoi seguaci da Ahmedabad recandosi fino a Dandi,, sulla costa del Gujarat. j Î Nel corso del cammino (400 chilometri in 24 giorni) la spedizione diventa una grande processione di massa. Arrivato alla spiaggia Gandhi raccoglie un po’ di sale, così violando la legge. In tutto il paese un’enorme quantità di persone lo imita. imita Le autorità britanniche non sanno che fare: le prigioni sono stracolme di manifestanti arrestati p per aver p pacificamente violato la legge sul sale. Î Gandhi stesso viene arrestato: sciopero della fame Î 1931: visita di Gandhi in Gran Bretagna Î 1932: nuovo arresto di Gandhi – sciopero della fame Î 1935‐37: Costituzione per l’India. LA SECONDA GUERRA MONDIALE LA SECONDA GUERRA MONDIALE I primi gesti aggressivi della Germania nazista (e dell’Italia fascista) Î 1936: guerra civile in Spagna; partecipazione attiva di Germania e Italia Î ottobre 1936: Asse Roma Roma‐Berlino Berlino Î 1938, 13 marzo: Anschluss (annessione) dell’Austria Î 1938, 29‐30 settembre: questione dei Sudeti ‐ conferenza di Monaco Î annessione dei d Sudeti d Î 1939, marzo: occupazione della Cecoslovacchia – Protettorato di Boemia e Moravia; Stato autonomo di Slovacchia Î 1939,, aprile: p l’Italia occupa p l’Albania La crisi del “corridoio” di Danzica e l’attacco alla Polonia Î 1939, marzo: la Germania intima alla Polonia la cessione del “corridoio” di Danzica Î 1939, aprile: rassicurazioni diplomatiche di Francia e Gran Bretagna alla Polonia Î 1939, 1939 maggio: “patto patto d d’acciaio” acciaio Germania‐Italia Germania Italia Î 1939, 23 agosto: patto Molotov‐Ribbentrop – accordo Germania‐URSS per spartirsi i i la l Polonia l i Î 1939, 1° settembre: attacco militare nazista alla Polonia Î 1939, 3 settembre: Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania. L’Italia si dichiara «non belligerante». g Î 1939, metà settembre: attacco sovietico a Polonia, Stati baltici e Finlandia Î Immediati massacri nazisti e sovietici a danni delle élite dirigenti polacche Guerra su più fronti Î 1940, aprile: attacco nazista a Danimarca e Norvegia gg attacco nazista a Olanda,, Belgio, g , Francia – 10 ggiugno g 1940: Î 1940,, maggio: attacco italiano contro la Francia Î 1940, 1940 14 giugno: i nazisti sono a Parigi Î La Francia viene divisa in due aree: l’area nord è sotto l’amministrazione nazista; ll’area area sud è affidata al governo collaborazionista del generale Philippe Pétain – capitale Vichy Î Regno R U i Unito: accoglie li 100.000 100 000 soldati ld i francesi f i in i fuga f (Ch l De (Charles D Gaulle); G ll ) sii forma un governo di unità nazionale, guidato da Winston Churchill. Î luglio 1940‐maggio 1941: attacchi aerei nazisti alla Gran Bretagna. Conquiste territoriali tedesche e sovietiche, 1939‐40 Guerre parallele Î 1940, agosto: attacco italiano a Somalia britannica ed Egitto g ,p poi in Libia,, e in Etiopia p Î 1940,, dicembre: controffensiva britannica in Egitto, Î 1941, febbraio: invio in Libia dell’Afrikakorps – nuova penetrazione entro i confini egiziani Î 1941, dicembre: l’esercito italiano deve abbandonare l’Etiopia Î 1940, ottobre: attacco militare italiano alla Grecia – efficace resistenza dell’esercito greco e intervento dell’esercito britannico Î 1941, aprile: intervento militare tedesco nei Balcani, sostenuto da forze ungheresi, rumene e bulgare Î Occupazione nazista e fascista di Jugoslavia e Grecia; creazione di nuove articolazioni territoriali L’attacco nazista all’Unione Sovietica Î 22 giugno 1941: attacco all’URSS Î Inverno 1941‐42: tedeschi bloccati alle porte di Leningrado e di Mosca, Î primavera 1942: attacco in direzione del Caucaso Î agosto 1942: tedeschi bloccati a Stalingrado Il Giappone Î 1940, 1940 27 settembre: b patto politico‐militare li i ili tra Germania, G i Italia I li e Giappone Gi Î 1867‐68: Restaurazione dell’Impero – Rinnovamento istituzionale – Modernizzazione economica e sociale Î 1937‐40: crisi politica che culmina nell’instaurazione di un regime nazionalista a partito unico: Taisei Yokusan Kai (Associazione per ll’assistenza assistenza al governo imperiale), imperiale) guidato da Konoe Fumimaro e sostenuto dallo stato maggiore dell’esercito Î Politica imperialista: Î Sin dal 1931‐32 l’esercito giapponese ha occupato la Manciuria dove ha istituito lo stato‐ fantoccio del Manciukuo Î Nell’estate del 1937 un esercito di 350.000 uomini sferra l’attacco alla Cina. Dopo aver conquistato q Shanghai, g , alla fine del 1937 l’esercito ggiapponese pp conquista q anche Nanchino (Massacri di Nanchino: 100.000‐200.000 morti). Î 1937‐1938: l’esercito giapponese controlla gran parte della Cina nord‐orientale. Guerra nel Pacifico Î 1940‐41: occupazione giapponese dell’Indocina Î Tensione diplomatica p tra USA e Giappone pp ((embargo g USA)) Î 1941, 7 dicembre: flotta statunitense attaccata dall’aviazione giapponese e completamente distrutta a Pearl Harbor – Hawaii Î 1941, 8 dicembre: dichiarazione di guerra degli USA a Giappone (di conseguenza anche stato di guerra con Germania e Italia) Î 1942: occupazione giapponese di Indonesia, Thailandia, Malesia, Nuova Guinea e Birmania Bi i Territori occupati Î Regimi “collaborazionisti”: Francia, Slovacchia, Croazia, Norvegia Æ contribuzioni finanziarie coatte; materie prime e prodotti finiti acquisiti sottocosto Î Territori occupati, sotto governo militare tedesco: Boemia, Moravia, Polonia, Paesi Baltici, Ucraina, Bielorussia Æ materie prime e prodotti finiti; deportazioni di 13.500.000 persone come forza lavoro coatta (8 mil. civili; 4 mil. mil prigionieri di guerra; 1,5 1 5 mil. mil ebrei) Î 1944: lavoratori forzati = 26.5% della forza lavoro in Germania (46.4% nel settore agricolo) Generalplan Ost Î Il piano prevede la colonizzazione tedesca di Polonia, ex‐paesi baltici, ex‐aree sovietiche Î La popolazione slava di “prevalente discendenza tedesca” sarà sottoposta a un n programma di rieducazione ried ca ione Î La popolazione slava non assimilabile sarà deportata nell nell’estremo estremo est Î In attesa della conclusione della guerra, la popolazione slava non assimilabile è destinata al lavoro coatto a disposizione degli occupanti tedeschi Direttive del 5 febbraio 1942 per la frequenza scolastica dei bambini polacchi nell’area di Poznań. ● Per I bambini di etnia polacca devono essere istituite scuole speciali […]. ● Gli insegnanti nelle scuole per bambini polacchi sono solo insegnanti non qualificati. Personale insegnante professionalmente preparato per scuole tedesche non potrà essere impiegato in scuole per bambini polacchi. […] ● Programma didattico: S Scopo d ll’i t i dell’istruzione d i bambini dei b bi i polacchi l hi è in i primo i l luogo l’ d l’educazione i alla ll pulizia li i e all’ordine, ll’ di all comportamento decente e all’ubbidienza nei confronti dei tedeschi. La lingua delle lezioni nelle scuole con bambini polacchi è il tedesco. La scuola trasmette ai bambini polacchi un sapere delimitato, delimitato che è adattato al successivo impiego come operaio. Esso comprende: padronanza della lingua tedesca, in modo che istruzioni verbali sul posto di lavoro possano essere comprese p senza p particolari difficoltà e che p possano essere comprese p brevi istruzioni, a stampa p e per iscritto, sulle procedure del lavoro, sull’uso dei macchinari ecc., le quattro operazioni e la conoscenza delle monete, delle misure, dei pesi e della loro scrittura. […] ● Orario delle lezioni: L’orario delle lezioni nelle scuole per bambini polacchi comprende fino a due ore al giorno Lo sterminio degli ebrei Î Nelle aree orientali occupate dai nazisti vivono 8.500.000 ebrei Î 1939‐41: costruzione di ghetti in Polonia Î 1941: prime sistematiche uccisioni di massa con armi da fuoco (29‐30 settembre 1941 a Babi Yar vengono uccise 30.000 persone) Î 1941: deportazioni nei campi di concentramento La “macchina dello sterminio” Î 1942, 20 gennaio: riunione di Wannsee (Berlino) – “soluzione finale” Î costruzione di sei campi p speciali: p Auschwitz‐Birkenau,, Treblinka,, Belzec,, Sobibor, Chelmno e Majdanek ÎBilancio: 6.000.000 6 000 000 di ebrei (di cui 1.000.000 1 000 000 sono bambini) vengono uccisi nei campi di sterminio e nei campi di concentramento Î Claude Lanzmann (nato nel 1925), 1925) regista, regista giornalista, giornalista direttore di “Les Les Temps Modernes”, autore di Shoah (1974‐1985) Î 30 intervistati, tra cui 12 sopravvissuti ai campi, 5 abitanti nei villaggi vicini ai campi,i 6 nazisti i i operativi i i neii campi,i e altri l i testimoni i i Î Testimonianza di Filip Müller, sopravvissuto ad Auschwitz (DVD n. 3, cap. 6) Ricerca e dibattito sullo sterminio degli ebrei Î Il dibattito sui termini: “olocausto” olocausto , “shoah” shoah , “genocidio” genocidio Î Raphael Lemkin, Axis Rule in Occupied Europe: Laws of Occupation ‐ Analysis of Government ‐ Proposals for Redress, Redress 1944. 1944 Î Risoluzione 230 del 9 dicembre 1948, Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) : «Per e ge genocidio oc d o ss’intende te de u uno o qua qualunque u que deg degli att atti segue seguenti, t , co commessi ess co con l’intenzione te o e d di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale: (a) uccisione dei membri del gruppo; (b) gravi lesioni all’integrità fisica o mentale di membri del ggruppo; pp ((c)) assoggettamento gg deliberato del ggruppo pp a condizioni di vita intese a p provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo a un altro». Frank Chalk e Kurt Jonassohn, in The History and Sociology of Genocide: Analyses and Case Studies (1990), hanno ampliato i confini della definizione, sostenendo che per genocidio deve intendersi «una forma di massacro di massa unilaterale con cui uno Stato o un’altra autorità vuole distruggere un gruppo; in queste circostanze i criteri che definiscono l’appartenenza al gruppo da distruggere sono stabiliti dall’aggressore»: quindi, secondo questa definizione, le vittime possono essere membri di gruppi nazionali, o religiosi, ma anche genericamente «nemici i i politici» li i i dello d ll Stato S che h attua l’assassinio l’ i i di massa. L’interpretazione funzionalista Î Raul Hilberg (1926‐2007), La distruzione degli Ebrei d’Europa, 1961 [Germania, 1982; Francia, 1988; Italia, 1995] Î Una “macchina dello stermino” costruita per tappe successive: «A prima vista, vista la distruzione degli Ebrei può apparire un fatto globale, globale indivisibile, monolitico e ribelle a ogni spiegazione. Esaminandola più da vicino, essa si mostra come un processo condotto per tappe successive, ciascuna delle quali fu il risultato di decisioni prese da innumerevoli burocrati, burocrati nell nell’ambito ambito di una vasta macchina amministrativa. Il processo di annientamento fu possibile grazie all’esistenza di una sua struttura soggiacente, con la sua logica specifica di sviluppo, il il suo meccanismo i di decisione, d ii l sua organizzazione la i i per l’esecuzione l’ i dei compiti quotidiani. Il processo della distruzione si sviluppò secondo uno schema ben definibile che non corrispondeva affatto a un piano prestabilito». Î Struttura p policentrica dell’amministrazione nazista. Grado di diffusione delle notizie intorno allo sterminio: «Tra coloro che dovettero necessariamente essere informati dei dettagli del piano di sterminio vi erano il capo delle SS, Heinrich Himmler; il capo dell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, Reich Reinhard Heydrich; il capo dell dell’ufficio ufficio ebraico, ebraico Adolf Eichmann; ministri come Hermann Göring; funzionari pubblici di alto grado e ufficiali di polizia; incaricati dei trasporti tedeschi, specialmente delle ferrovie; esperti finanziari; e banchieri che avrebbero raccolto nei loro caveaux gli oggetti di valore degli ebrei deportati. Tra coloro che erano al corrente dell’azione contro gli ebrei vi erano gli addetti delle poste e dei tribunali, come le migliaia di cittadini che vedevano d glili ebrei b i condotti d i a forza f alle ll stazioni i i ferroviarie. f i i […] [ ] Cosa esattamente succedesse loro, in una prima fase era noto solo a coloro che erano coinvolti nella loro eliminazione fisica – i gruppi di intervento (Einsatzgruppen) e il personale dei campi di sterminio, come gli industriali che avevano prodotto i forni a gas e gli altri macchinari per il genocidio». [Dopo il 1940 le informazioni si diffondono attraverso le testimonianze di migliaia g di soldati tedeschi che tornano a casa in licenza,, e ne parlano a familiari e amici]: «Dai rapporti della Gestapo che parlano dello stato d’animo della popolazione emerge che la sorte degli ebrei era ampiamente conosciuta» (Walter Laquer, Laquer in Dizionario dell dell’Olocausto Olocausto, 2001). 2001) «Il Vaticano era tra i più informati. Già nell’ottobre del ‘41 il nunzio apostolico della Slovacchia comunicò a Roma che nell’Est si stavano uccidendo tutti gli ebrei senza distinzione di età o di sesso. Resoconti simili giunsero in seguito dall’Ungheria, dalla Romania e da altri paesi dove la Santa Sede aveva i suoi rappresentanti diplomatici; in più arrivavano all’ufficio del segretario di Stato pontificio, cardinal Luigi Maglione, le informazioni fornite dai preti cattolici sparsi in tutta l’Europa centrale e orientale. […] Inoltre, tre milioni di cattolici tedeschi, alcuni dei quali coinvolti nell’esecuzione di eccidi di massa, chiedevano consiglio spirituale ai loro preti. Tutto sommato è poco probabile che in Europa vi fosse qualcuno meglio informato del cardinal Maglione ed è inverosimile che egli tenesse il papa all’oscuro di tutto» (Walter Laquer, in Dizionario dell’Olocausto, 2001). Î Daniel Jonah Goldhagen, g , Una q questione morale. La Chiesa cattolica e l’Olocausto,, 2002. g Pacelli,, 1976‐1958)) Î Ruolo di Pio XII ((Eugenio ‐ 1917: nunzio apostolico a Monaco; 1920, a Berlino; 1930‐1939: segretario di Stato; 1939‐1958: papa ‐ archiviazione dell’enciclica Humani generis unitas, di Pio XI La forza del conformismo Î Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, 1963 [1960‐62] Î Christopher R. Browning, Uomini comuni. Polizia tedesca e «soluzione finale» in Polonia, 1992 Î Battaglione 101 della Polizia tedesca di Amburgo Î 500 membri, b i arruolati l i da d poco Î Józefów (Polonia), 13 luglio 1942 – esecuzione di 1.500 ebrei in un solo giorno Î Fonti: documentazione p prodotta durante il p processo p per crimini di gguerra che si è tenuto in Germania dal 1962 al 1972 contro i membri superstiti del Battaglione Interpretazione intenzionalista Î Daniel Jonah Goldhagen, I volenterosi carnefici di Hitler. I tedeschi comuni e l’Olocausto, 1996 «Per comprendere il genocidio dobbiamo quindi tenere sempre a mente due considerazioni. Scrivendo o leggendo a proposito di quelle operazioni omicide, è fin troppo facile divenire insensibili al vero significato delle cifre: diecimila morti qui, quattrocento lì, quindici i di i da d un’altra ’ l parte. Ciascuno Ci di noii dovrebbe d bb soffermarsi ff i a pensare che h se cii furono f diecimila morti vuol dire che i tedeschi ammazzarono diecimila persone – uomini disarmati, donne, bambini, vecchi, giovani ammalati –, che per diecimila volte privarono un essere umano della d ll vita. it Ciascuno Ci di noii dovrebbe d bb riflettere ifl tt sull significato i ifi t che h tutto t tt questo t può aver avuto per i tedeschi che presero parte allo sterminio; se penso al senso di angoscia, di orrore o repulsione, di indignazione morale che io stesso provo di fronte all’assassinio all assassinio di una sola persona, persona o a un «omicidio di massa» contemporaneo, contemporaneo una ventina di persone – a opera di un serial killer o di un sociopatico che scarica un fucile semiautomatico in un fast‐food –, riesco a intravedere qualcosa della realtà che ebbero di fronte quei tedeschi. tedeschi Le vittime ebree non erano «dati statistici», statistici» come ci appaiono sulla carta: per i loro assassini gli ebrei erano persone che un attimo prima respiravano, e ora giacevano senza vita, spesso ai loro piedi. E tutto questo avveniva indipendentemente dalle operazioni militari. % La seconda considerazione da non dimenticare mai è data dall’orrore di ciò che facevano i tedeschi. Chiunque appartenesse a un reparto addetto alle eliminazioni, sia che sparasse lui stesso sia che stesse a guardare i suoi compagni che ammazzavano gli ebrei, stesso, ebrei si trovava immerso in scene di orrore indicibile. Una descrizione meramente oggettiva delle operazioni omicide inquadra in una prospettiva sbagliata la fenomenologia della strage, svuotando le azioni delle loro componenti emotive e impedendone la comprensione. In qualsiasi interpretazione dei fatti è tuttavia indispensabile una descrizione adeguata, capace di ricreare la realtà fenomenologica degli assassini. Per questo motivo, rifiuto l’approccio meramente oggettivo e tento di comunicare l’orrore, il raccapriccio per i realizzatori (il che naturalmente non significa che essi fossero sempre inorriditi): schizzi di sangue, frammenti di ossa e di cervello che spesso ricadevano sugli assassini, insozzandone la faccia e i vestiti; grida e lamenti di gente in attesa del massacro imminente o in preda agli spasimi della morte che riecheggiavano nelle orecchie dei t d hi Queste tedeschi. Q t scene – non le l descrizioni d i i i asettiche tti h proposte t dalla d ll semplice li cronaca delle d ll operazioni – furono la realtà di molti realizzatori; per poter comprendere il loro mondo fenomenologico dovremmo raccontare a noi stessi ognuna delle immagini raccapriccianti che essi videro, videro ognuna delle grida di angoscia e dolore che udirono. udirono LL’analisi analisi di ogni operazione, operazione di ogni singola morte dovrebbe ridondare di questo tipo di descrizioni; ma ciò non è possibile, naturalmente, non solo perché renderebbe troppo vasto qualsiasi studio sull’Olocausto, ma anche perché ben pochi riuscirebbero ad arrivare in fondo alla lettura di resoconti tanto orripilanti; un fatto, quest’ultimo, che è di per sé un efficace commento alla straordinaria fenomenologia dell’esistenza dei realizzatori, e alla forza delle motivazioni che poterono imporre ai tedeschi di mettere a tacere tali emozioni per uccidere e torturare gli ebrei e i loro bambini». Î Christopher Browning, Postfazione del 1998 a Uomini comuni. Replica a Glodhagen: «Ammetto [...] la forza ideologica dell’antisemitismo, ma non sono d’accordo con Goldhagen quando afferma che tale atteggiamento “si sovrapponeva” al sentimento che aveva sostanzialmente dominato l’evoluzione ideologica della società civile. È vero che nel 1933 l’antisemitismo era ormai una consuetudine del diritto tedesco, ma non credo che l’intera società tedesca fosse “in sintonia” con Hitler sulla questione degli ebrei, e che “l’importanza dell’antisemitismo nella sua visione del mondo, nei programmi e nella retorica” i ” rispecchiasse i hi “i sentimenti i i della d ll società i à tedesca”. d ” Ammetto A che h l’antisemitismo l’ i ii – cioè lo stereotipo negativo degli ebrei, la loro disumanizzazione e l’odio nei loro confronti – fosse diffuso tra i carnefici del 1942, ma non sono d’accordo nel ritenerlo un atteggiamento “ “preesistente” i t t ” e “istintivo”, “i ti ti ” che h Hitler Hitl dovette d tt solo l “scatenare” “ t ” e “mobilitare”. “ bilit ” Qui non si tratta infatti di spiegare perché i tedeschi comuni – in quanto membri di un popolo completamente diverso dal nostro e plasmato da una cultura che non permetteva altri modi di pensare e agire al di fuori del genocidio – si siano messi a massacrare gli ebrei con zelo non appena ne ebbero l’opportunità. Si tratta invece di spiegare perché degli uomini comuni – plasmati da una cultura certamente peculiare ma pur sempre inserita nella tradizione occidentale, occidentale cristiana e illuminista – in determinate circostanze abbiano volontariamente compiuto il più grande genocidio della storia umana. Perché è importante stabilire quale delle due interpretazioni [quella di Goldhagen o la sua, di Browning] sia più vicina alla verità? % Sarebbe molto consolante se Goldhagen avesse ragione: in tal caso, solo pochissime società possiederebbero i prerequisiti storici e culturali per realizzare il genocidio, e i regimi i i potrebbero bb votarsii allo ll sterminio i i solo l quando d le l popolazioni l i i fossero f convinte i d ll della sua urgenza, legittimità e necessità. Se così fosse, il mondo sarebbe un luogo più sicuro, ma io non sono tanto ottimista. Temo invece di vivere in un mondo in cui la guerra e il razzismo sono onnipresenti, onnipresenti in cui i governi dispongono di poteri sempre più vasti di mobilitazione e legittimazione, in cui il senso di responsabilità personale è sempre più attenuato dalla specializzazione e dalla burocrazia, e in cui il gruppo dei pari esercita notevoli pressioni sul comportamento e stabilisce le norme morali. morali Purtroppo, Purtroppo in un mondo come questo, i governi attuali con propositi di sterminio avranno buone possibilità di riuscita se tenteranno di indurre gli “uomini comuni” a diventare “volenterosi carnefici ». carnefici”» Î Altre letture: Î David Engel, g , L’Olocausto,, 2000 [[ed. it. il Mulino,, Bologna] g ] Î Dizionario dell’Olocausto, a cura di Walter Laquer, 2001 [ed. it. Einaudi, Torino 2004] Î Storia della Shoah, a cura di M. Cattaruzza et al., 5 voll., UTET, Torino 2005‐06 Trattamento degli ebrei da parte delle autorità fasciste (1940‐43) Î Dal D l giugno i 1940 glili ebrei b i stranieri t i i immigrati i i ti in i Italia It li sono deportati d t ti in i campii di concentramento: il principale è a Ferramonti Tarsia, in Calabria (1940‐settembre 1943). Î Luglio 1942: creazione del campo di concentramento dell dell’isola isola di Arbe, Arbe nei pressi dell dell’Istria Istria. Î Trattamento degli ebrei in Italia tra 1940 e 1943: «L’antisemitismo italiano non mirò allo sterminio degli ebrei, neppure nei territori annessi e occupati. La legislazione antisemita italiana ebbe come obiettivo l’esclusione dal mondo del lavoro, la soppressione delle capacità di diritto pubblico – incluso lo jus suffragi – e dei diritti politici degli ebrei, destinati a diventare paria della società italiana. L’azione ggovernativa si p propose p di eliminare ggli ebrei dalla vita nazionale;; essa intese separarli p dai non ebrei ((divieto di matrimoni misti ecc.). La misure persecutorie (revoca o limitazione della possibilità di lavorare o di istruirsi) provocarono la morte civile degli italiani ebrei e servirono a stimolare «oggettivamente» l’emigrazione. Dal 1940 in poi, il governo italiano internò gli ebrei stranieri, con lo scopo dichiarato di trasferirli nei paesi disposti a riceverli alla fine del conflitto;; la stessa sorte sarebbe toccata agli g ebrei italiani. [[…]] Dopo p la conquista q dello spazio p vitale,, nel nuovo ordine, non vi sarebbe stato posto né per gli ebrei italiani né per le comunità ebraiche del Mediterraneo» (Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940‐1943), Bollati Boringhieri, Torino 2003). Î Dopo la caduta del regime nazista e l’armistizio (25 luglio‐8 settembre 1943) e l’occupazione dell’Italia centro‐settentrionale da parte delle truppe naziste, iniziano le deportazioni degli ebrei italiani e stranieri internati in Italia. Principali campi di gestiti da SS: Fossoli (Modena); Risiera di San Sabba (Trieste). Riarmo USA – 1942‐45 Produzione USA in rapporto a quella tedesco giapponese tedesco‐giapponese 1942 Aerei Carri armati Navi da guerra 2a1 2 a 1 2.5 a 1 a1 6a1 6 a 1 1942‐43: crisi militare tedesco‐giapponese ‐ Maggio 1942‐febbraio 1943: controffensiva statunitense nel Pacifico ‐ Novembre 1942 1942‐febbraio febbraio 1943: vittoriosa controffensiva sovietica a Stalingrado ‐ Novembre 1942‐maggio 1943: truppe americane e britanniche sconfiggono i nazi fascisti in Egitto, nazi‐fascisti Egitto in Libia, Libia in Marocco, Marocco in Algeria e in Tunisia ‐ 10 luglio 1943: operazioni di sbarco delle truppe anglo‐americane in Sicilia Resistenza e repressione Î Movimenti di resistenza anti‐nazista/fascista in Ucraina, Bielorussia, Francia, Polonia, Cecoslovacchia, Serbia, Grecia Î Risposte repressive delle autorità naziste e fasciste, indirizzate anche contro la popolazione civile Î Bilancio Bil i provvisorio i i delle d ll vittime i i civili: i ili Francia Paesi Bassi 30 000 30.000 2.000 Grecia 150.000 Territori ex‐sovietici 300‐500.000 Il crollo del fascismo Î 24‐25 24 25 luglio l li 1943: 1943 il Gran G C i li del Consiglio d l Fascismo F i attribuisce ib i il comando d delle d ll forze armate a Vittorio Emanuele III; Mussolini viene arrestato; il nuovo presidente del consiglio è il generale Pietro Badoglio Î 8 settembre 1943: viene resa pubblica la notizia dell’armistizio firmato dal ggoverno Badoglio g e dai responsabili p militari anglo‐americani g Î 9 settembre 1943: il re e il governo abbandonano Roma e si trasferiscono a Brindisi Î Avanzata dell’esercito tedesco da nord Î 12 settembre 1943: un commando tedesco libera Mussolini, detenuto a Campo Imperatore, sul Gran Sasso Î 23 settembre 1943: Mussolini annuncia la costituzione di un nuovo Stato fascista, la Repubblica Sociale Italiana Î Italia spezzata in due La resistenza in Italia Î 9 settembre 1943: costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) – ne fanno parte esponenti del Pd’A, della DC, del PSIUP, del PRI, del PLI, del PDL e del PCI Î marzo‐aprile 1944: “svolta di Salerno”, promossa da Togliatti Î 24 aprile 1944: primo governo di unità nazionale, presieduto da Badoglio, con esponenti del Cln Î giugno i 1944 liberazione 1944: lib i di Roma; R I Ivanoe B Bonomi i sostituisce i i B d li alla Badoglio ll guida id del d l governo – Umberto di Savoia assume la carica di luogotenente generale del Regno Î formazioni f i i partigiane ti i di diverso di orientamento i t t politico liti sono attive tti nell’Italia ll’It li centro‐ t settentrionale – estate 1944 ca. 80‐100.000 membri Î dicembre 1944: costituzione di un organo di coordinamento che è il Clnai – in contatto col governo Bonomi Î marzo 1944: attentato di via Rasella a Roma (33 soldati tedeschi uccisi) – per rappresaglia vengono uccisi – alle Fosse Ardeatine – 335 detenuti Î 1944 1944‐45: 45: 10 10‐15.000 15.000 civili italiani uccisi nelle azioni di «guerra guerra ai civili civili» La resistenza in Italia: guerra di popolo o guerra civile? Î Roberto Battaglia, Storia della Resistenza Italiana, 1953 ‐ Resistenza come guerra di popolo ‐ Fondamentale unità delle varie formazioni partigiane Î Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991 ‐ Tre guerre: una «guerra civile», una «guerra patriottica» e una «guerra di classe» ‐ la moralità nella Resistenza e non della Resistenza: esame delle ragioni etiche dei diversi gruppi di combattenti ‐ chi aderisce alla Repubblica sociale italiana lo fa – in genere – per senso del dovere, per rispetto della continuità storico‐istituzionale, per difendere l’onore dalle armi italiane infangato dall dall’armistizio armistizio dell dell’8 8 settembre ‐ chi entra a far parte delle formazioni partigiane vive la sua decisione come un momento di libertà che nasce, in una certa misura, da un forte desiderio di discontinuità, di rottura col passato, di disobbedienza ‐ ma intervengono anche altri elementi esistenziali molto personali: «All’interno del q quadro fin q qui tratteggiato gg si p può cogliere g una varietà di motivazioni individuali molto ampia: insopportabilità di un mondo divenuto teatro di ferocia; ribellione contro i soprusi remoti e vicini, talvolta proprio contro quelli “piccoli”; istinto di autodifesa; desiderio di vendicare un congiunto caduto; spirito di avventura; amore del rischio e insieme non piena cognizione di esso; tradizioni familiari; antifascismo di vecchia o di nuova data; amor di patria; odio di classe». Î Renzo De Felice, Rosso e Nero, a cura di Pasquale Chessa, Baldini e Castoldi, Milano 1995 Î Renzo De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile 1943‐1945, Einaudi, Torino 1997 ‐ la caduta del fascismo è causata essenzialmente solo dal crollo militare [25 luglio‐8 settembre 1943] ‐ limiti del movimento resistenziale: «Contrariamente a q quanto ha sempre p sostenuto la vulgata g filoresistenziale,, soprattutto p comunista,, non è possibile considerare la Resistenza un movimento popolare di massa: il movimento partigiano si fece moltitudine pochi giorni prima della capitolazione tedesca, quando bastava un fazzoletto al collo per sentirsi combattente e sfilare con i vincitori. All’indomani dell’8 settembre ci fu, fu tra la maggioranza degli italiani, italiani un atteggiamento di sostanziale estraneità, se non di rifiuto, sia nei confronti della Rsi che della Resistenza. Nonostante il distacco dal fascismo, l’ostilità e financo l’odio per il nazista invasore non fecero scattare la scelta alternativa di schierarsi con il movimento p partigiano. g La ragione g ultima è che non si trattò di un atteggiamento gg politico: primum vivere fu l’imperativo interiore della gente. Sparire, rinchiudersi nel proprio guscio, non compromettersi con nessuna delle parti in lotta, sperare in una rapida fine della guerra, furono le regole principali, seguite dai più, per tentare di attraversare il dramma in corso col minimo di danni e sacrifici». sacrifici» ‐ rilevanza assoluta del contributo militare anglo‐americano ‐ rilevanza solo simbolica del movimento resistenziale, che inoltre è diviso politicamente al suo interno Î Dati attendibili sulle stragi naziste in Italia Î Bilancio sulle stragi compiute dai reparti della Wehrmacht o delle SS in Italia: ‐ solo il 20% di esse possono essere considerate rappresaglie ‐ tutte le altre azioni sono operazioni di intimidazione; oppure sono motivate da pura e semplice rabbia vendicativa Le fasi finali della guerra Î 28 novembre – 1° dicembre 1943: incontro a Teheran tra Roosevelt, Churchill e Stalin Î6 giugno 1944: sbarco in Normandia di forze anglo‐americane [380.000 soldati operativi] Î 25 agosto 1944: truppe alleate a Parigi Î pesantissimi bombardamenti sulle città tedesche; Dresda distrutta dal 13 al 15 febbraio 1945 Î 4‐11 4 11 febbraio f bb i 1945: 1945 nuovo incontro i a Yalta, Y l in i Crimea, Ci tra Roosevelt, R l Stalin S li e Churchill Î febbraio‐aprile 1945: crollo dell’esercito tedesco su tutti i fronti Î 25 aprile p 1945: insurrezione ggenerale delle truppe pp p partigiane g coordinata dal Clnai, che libera le città settentrionali d’Italia prima dell’arrivo degli alleati La fine della guerra Î 28 aprile 1945: uccisione di Mussolini e di Claretta Petacci Î 30 aprile 1945: suicidio di Hitler e di Eva Braun p a Berlino. 1° maggio: suicidio di gg Joseph e Magda Goebbels, dopo aver ucciso col cianuro i loro 6 figli. Î 7 maggio 1945: lo Stato maggiore tedesco firma la resa senza condizioni 7 maggio 1945: lo Stato maggiore tedesco firma la resa senza condizioni Î 12 aprile 1945: muore Roosevelt, sostituito da Harry Truman Î 6 agosto 1945: bomba atomica USA sganciata su Hiroshima; 9 agosto 1945 su Nagasaki – 160.000 morti Î 15 agosto 1945: l’imperatore Hirohito offre una resa senza condizioni Î 2 settembre 1945: armistizio tra Giappone e USA – Giappone sotto occupazione USA fino al 1951 Caratteri essenziali della Seconda guerra mondiale Î Schieramenti: Asse (Germania‐Italia‐Giappone) vs “alleati” GB‐USA‐URSS Î Tecnologia bellica sofisticata ed altamente letale Î Guerra Guerra “ai ai civili civili”, oltre che ai soldati regolari: oltre che ai soldati regolari: ‐ contro le popolazioni dei territori occupati dalle truppe dell’Asse ‐ contro le forze di resistenza attive nei territori occupati dalle truppe dell contro le forze di resistenza attive nei territori occupati dalle truppe dell’Asse Asse Î Bilancio complessivo: Î morti = 50.000.000 Î di cui 15.000.000 soldati (10 mil. dei quali morti sul fronte russo) Î e 35.000.000 civili (di cui 6 mil. ebrei) IL SECONDO DOPOGUERRA IL SECONDO DOPOGUERRA Organizzazione delle Nazioni Unite – fondata a San Francisco il 26 giugno 1945 Î Organi: Î Assemblea generale Î Consiglio di sicurezza (cinque membri permanenti con diritto di veto: Usa, Urss, Cina, Regno Unito e Francia + dieci membri di altri paesi eletti con mandati temporanei) Î1948 Dichiarazione Î1948: Di hi i universale i l dei d i diritti di i i umanii Dallo Statuto dell’ONU (1945): Articolo 1. I fini delle Nazioni Unite sono: 1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e per conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad una violazione della pace; % Statuto dell’ONU ‐ 2 2. sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio 2 dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto‐decisione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale; 3. conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto spetto de dei d diritti tt de dell’uomo uo o e de dellee libertà be tà fondamentali o da e ta pe per tutt tutti se senzaa d distinzioni st o d di razza, a a, di sesso, di lingua o di religione; per il coordinamento dell’attività delle nazioni volta al conseguimento g 4. costituire un centro p di questi fini comuni. Capitolo VII. Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione Art. 39. Il Consiglio di Sicurezza accerta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese […] per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. […] % Statuto dell’ONU ‐ 3 Art. 41. Art 41 Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, misure non implicanti ll’impiego impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i Membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione un interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche. Art. t. 42.. Se il Co Consiglio sg o d di SSicurezza cu e a ritiene t e e cchee lee misure su e p previste e ste nell’art. e a t. 41 ssiano a o inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la [ ] sicurezza internazionale. […] Art. 43. Comma 1. Al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, tutti i Membri delle Nazioni Unite s’impegnano a mettere a disposizione del Consiglio di Sicurezza, a sua richiesta ed in conformità ad un accordo o ad accordi speciali, le forze armate, l’assistenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessarie per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. […] Comma 3. L’accordo o gli accordi saranno negoziati al più presto possibile su iniziativa del Consiglio di Sicurezza. Essi saranno conclusi tra il Consiglio di Sicurezza ed i singoli Membri, oppure tra il Consiglio C i li di Sicurezza Si e gruppii di Membri, M b i e saranno soggettii a ratifica ifi da d parte degli Stati firmatari in conformità alle rispettive norme costituzionali. Violenze post‐belliche Uccisioni di collaborazionisti o di fascisti: ‐ Francia, F i agosto‐ottobre t tt b 1944: 1944 17.000‐18.000 17 000 18 000 persone uccise i ‐ Italia, primavera 1945: 10.000‐12.000 ex‐fascisti uccisi Violenze contro le donne: ‐ stupri di massa compiuti in Germania dai soldati dell’Amata Rossa ‐ migliaia g di stupri p commessi in Italia soprattutto p dalle truppe pp coloniali francesi (algerini e marocchini) tra 1944 e 1945 ‐ aggressioni occasionali compiute da soldati americani e tedeschi ‐ rituali di degradazione Foibe ‐ Istria Î settembre‐ottobre 1943: 500‐600 militari italiani giustiziati e gettati nelle foibe dai partigiani comunisti jugoslavi Î maggio‐giugno 1945: molte migliaia di persone [stime da 5.000 a 17.000] giustiziate e gettate nelle foibe dai reparti della polizia politica comunista jugoslava Î vittime: • militari della RSI / fascisti locali / membri non comunisti del CLN / membri della Guardia di finanza italiana della legione di Trieste / alcuni comunisti italiani / civili italiani / alcuni sloveni e croati anticomunisti Î le ragioni: vendicarsi dell dell’occupazione occupazione fascista • • eliminare gli anticomunisti • intimidire e allontanare la popolazione italiana Questione istriana e trasferimenti di popolazioni ‐ 10 febbraio 1947, Trattato di Parigi ‐ 1954: 1954 annessioni della Zona A all’Italia e della Zona B alla Jugoslavia ‐ 1975: Trattato di Osimo che riconosce lo stato di fatto ‐ Dopo il 1945 250.000 250 000 persone di nazionalità italiana abbandonano l’Istria e si trasferiscono in Italia Î Fenomeno generale dei trasferimenti forzati da est a ovest: ‐ 12 350 000 tedeschi 12.350.000 tedeschi ‐ 2.300.000 russi ‐ 4.500.000 polacchi 410.000 finlandesi 410.000 finlandesi ‐ Novembre 1945‐ottobre 1946: processo di Norimberga Tribunale militare internazionale con magistrati delle potenze vincitrici Principali imputati per “crimini contro la pace”, “crimini di guerra” e “genocidio”: • • • • • • • • Hermann Göring, Capo della Luftwaffe, condannato a morte; si suicidò la notte prima dell'esecuzione R d lf Hess, Rudolf H B Braccio i destro d di Hitler, Hi l condannato d all’ergastolo ll’ l Joachim von Ribbentrop, Ministro degli Esteri, condannato a morte Alfred Rosenberg, Ideologo del partito nazista, condannato a morte B ld von Schirach, Baldur S hi h Capo C d ll Hitlerjugend, della Hitl j d condannato d t a 20 annii Arthur Seyss‐Inquart, Anschluss, condannato a morte Albert Speer, Ministro degli armamenti , condannato a 20 anni Julius Streicher, Streicher Direttore del settimanale «Der Stürmer», Stürmer» condannato a morte Î L’esecuzione dei condannati a morte avvenne 16 ottobre 1946 per impiccagione. 3 maggio 1946‐12 novembre 1948: processo di Tokyo Sette condannati a morte e giustiziati