Un diverso «stile» politico: Gandhi
INDIA
Î Colonia britannica; società multiconfessionale: 300 mil. ca. indù; 90 mil. ca. musulmani; 3,5 mil. ca. sikh
Î Quadro politico locale occupato da due formazioni dominanti:
Quadro politico locale occupato da due formazioni dominanti:
‐ Il Congresso Nazionale Indiano, prevalentemente indù, fondato nel 1885 e guidato fino al 1920 da Bal Gangdhar Tilak
‐ e la Lega Musulmana, fondata nel 1906 e guidata da Mohammed Ali Jinnah
Î Alla morte di Tilak (1920) la guida del
C
Congresso
N i
Nazionale
l Indiano
I di
viene
i
assunta da
d
Mohandas Karamchand Gandhi (1869‐1948).
Î A favore dell’indipendenza;
p
;
Î per la collaborazione tra musulmani e indù; Î a favore dell’emancipazione femminile; e contro le caste
Î Tecnica della non violenza, ispirata dal
principio del satyagraha (fermezza della verità)
«La non‐violenza è la forza più grande di cui disponga l’umanità. È più potente della più
potente arma di distruzione escogitata dall’ingegnosità dell’uomo. La distruzione non è la
l
legge
d li uomini.
degli
i i L’uomo
L’
vive
i liberamente
lib
i quanto è pronto a morire,
in
i se necessario,
i per
mano di suo fratello, mai a ucciderlo. Qualsiasi assassinio o altra lesione, commessa o inflitta
a un altro, non importa per quale ragione, è un crimine contro l’umanità. La prima condizione
della non‐violenza
non violenza è la giustizia,
giustizia dovunque,
dovunque in ogni settore della vita.
vita Forse,
Forse è esigere troppo
dalla natura umana. Io però non lo penso. Nessuno dovrebbe dogmatizzare sulla capacità di
degradazione o di elevazione della natura umana.
Come nell
nell’addestramento
addestramento alla violenza occorre imparare ll’arte
arte di uccidere,
uccidere così
nell’addestramento alla non‐violenza occorre imparare l’arte di morire. La violenza non
significa liberazione dal timore, ma scoperta dei mezzi per combatterne la causa. La non‐
violenza invece non ha alcun motivo di temere.
temere Il seguace della non
non‐violenza
violenza deve coltivare la
capacità al sacrificio più grave per liberarsi dal timore. Non si preoccupa di perdere la patria,
la ricchezza, la vita. Chi non ha superato qualsiasi timore, non può praticare la ahimsa [non‐
violenza] alla perfezione. Il seguace dell
dell’ahimsa
ahimsa ha un solo timore, il timore di Dio. Colui che
cerca rifugio in Dio dovrebbe avere un barlume dell’Atma [anima] che trascende il corpo; e
nel momento in cui si ha un barlume dell’indistruttibile Atma, si perde l’amore per il proprio
corpo
p p
perituro. Perciò l’addestramento alla non‐violenza è diametralmente opposto
pp
all’addestramento alla violenza. La violenza è necessaria per la salvaguardia delle cose
esteriori, la non‐violenza è necessaria per la salvaguardia dell’Atma, per la salvaguardia del
proprio onore.
%
Se amiamo coloro che ci amano, questa non è non‐violenza. Non‐violenza è amare coloro che
ci odiano. So quanto sia difficile seguire questa sublime legge dell’amore. Ma le cose grandi e
b
buone
non sono tutte difficili?
diffi ili? L’amore
L’
per il nemico
i è la
l più
iù difficile
diffi il di tutte. Ma
M con la
l grazia
i
di Dio anche questa cosa difficilissima diventa facile a farsi, se lo vogliamo. […] Sostengo che
perfino ora, benché la struttura sociale non sia fondata su una consapevole accettazione della
non violenza in tutto il mondo gli uomini vivono e conservano le loro proprietà per reciproca
non‐violenza,
tolleranza. Se non avessero fatto così, soltanto pochissimi e i più feroci sarebbero
sopravvissuti. Ma non è questo il caso. Le famiglie sono unite da vincoli di amore, e così sono i
gruppi chiamati nazioni nella cosiddetta società civile.
civile Soltanto,
Soltanto non riconoscono la
supremazia della legge della non‐violenza. Ne consegue perciò che non ne hanno indagato le
vaste possibilità. […] Applicando satyagraha, scoprii fin dai primissimi passi che la ricerca della
verità non ammette che si infligga violenza al prossimo,
prossimo il quale dev
dev’essere
essere allontanato
dall’errore con la pazienza e la comprensione. Infatti, quello che a uno sembra verità, a un
altro può apparire errore. E pazienza vuol dire sofferenza personale. Così la dottrina venne a
significare che la verità si difende infliggendo sofferenze non già all
all’avversario
avversario ma a se stessi.
In quest’epoca di miracoli nessuno dirà che una cosa o un’idea non ha valore perché è nuova.
E dire che è impossibile perché è difficile è un’altra cosa in dissonanza con lo spirito
dell’epoca.
p
Ogni
g ggiorno si vedono cose impensate,
p
, e l’impossibile
p
diventa p
possibile.
Oggigiorno siamo costantemente sbalorditi da spaventevoli scoperte nel campo della
violenza. Ma io affermo che scoperte di gran lunga più impensate e apparentemente
impossibili si faranno nel campo della non‐violenza».
[Da M.K. Gandhi, Antiche come le montagne. I pensieri del Mahatma sulla verità, la
nonviolenza, la pace, Mondadori, Milano 1987, pp. 119‐123].
Î 6 aprile 1919: hartal – giorno di digiuno e di
preghiera
Î 13 aprile 1919: massacro di Amritsar (400
morti)
Î 1920‐22:
campagna
cooperazione:
per
la
non
Î i notabili devono restituire le onorificenze
ricevute dagli
g inglesi;
g
ggli studenti devono
boicottare le università; gli avvocati rifiutarsi di
discutere le cause nei tribunali; le elezioni per
gli organi amministrativi locali devono essere
disertate; i tessuti inglesi devono essere
distrutti.
Î Gandhi invita i suoi seguaci a bruciare
pubblicamente giacche e tessuti di fattura
inglese. Gandhi stesso rinuncia agli abiti
occidentali e comincia a indossare il dhoti,
tradizionale abbigliamento indiano; inoltre
tesse da solo i propri vestiti, invitando i suoi
seguaci a fare altrettanto.
Î La ruota dell’arcolaio, che Gandhi ha
sempre con sé, diventa il simbolo
dell’indipendenza indiana.
Î 1922: in un villaggio dell’India settentrionale manifestanti indiani uccidono
un gruppo di poliziotti
li i tti
Î Gandhi dichiara sospese le azioni di protesta.
Î Viene egualmente arrestato dal governo coloniale britannico, con l’accusa
di attività sediziosa, processato e condannato a sei anni di carcere.
Î 1924: Gandhi esce dal carcere e riprende la sua azione politica all’interno
del Congresso, cercando, senza successo, un accordo con la Lega Musulmana
di Ali Jinnah.
Î marzo‐aprile 1930: marcia del sale.
Î Gandhi parte a piedi con alcuni suoi
seguaci da Ahmedabad recandosi fino a
Dandi,, sulla costa del Gujarat.
j
Î Nel corso del cammino (400 chilometri in
24 giorni) la spedizione diventa una grande
processione di massa.
Arrivato alla spiaggia Gandhi raccoglie un po’
di sale, così violando la legge.
In tutto il paese un’enorme quantità di
persone lo imita.
imita
Le autorità britanniche non sanno che fare: le
prigioni sono stracolme di manifestanti
arrestati p
per aver p
pacificamente violato la
legge sul sale.
Î Gandhi stesso viene arrestato: sciopero
della fame
Î 1931: visita di Gandhi in Gran Bretagna
Î 1932: nuovo arresto di Gandhi – sciopero della fame
Î 1935‐37: Costituzione per l’India.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
I primi gesti aggressivi della Germania nazista (e dell’Italia fascista)
Î 1936: guerra civile in Spagna; partecipazione attiva di Germania e Italia
Î ottobre 1936: Asse Roma
Roma‐Berlino
Berlino
Î 1938, 13 marzo: Anschluss (annessione) dell’Austria
Î 1938, 29‐30 settembre: questione dei Sudeti ‐ conferenza di Monaco
Î annessione dei
d Sudeti
d
Î 1939, marzo: occupazione della Cecoslovacchia – Protettorato di Boemia e
Moravia; Stato autonomo di Slovacchia
Î 1939,, aprile:
p
l’Italia occupa
p l’Albania
La crisi del “corridoio” di Danzica e l’attacco alla Polonia
Î 1939, marzo: la Germania intima alla Polonia la cessione del “corridoio” di
Danzica
Î 1939, aprile: rassicurazioni diplomatiche di Francia e Gran Bretagna alla Polonia
Î 1939,
1939 maggio: “patto
patto d
d’acciaio”
acciaio Germania‐Italia
Germania Italia
Î 1939, 23 agosto: patto Molotov‐Ribbentrop – accordo Germania‐URSS per
spartirsi
i i la
l Polonia
l i
Î 1939, 1° settembre: attacco militare nazista alla Polonia
Î 1939, 3 settembre: Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania.
L’Italia si dichiara «non belligerante».
g
Î 1939, metà settembre: attacco sovietico a Polonia, Stati baltici e Finlandia
Î Immediati massacri nazisti e sovietici a danni delle élite dirigenti polacche
Guerra su più fronti
Î 1940, aprile: attacco nazista a Danimarca e Norvegia
gg
attacco nazista a Olanda,, Belgio,
g , Francia – 10 ggiugno
g
1940:
Î 1940,, maggio:
attacco italiano contro la Francia
Î 1940,
1940 14 giugno: i nazisti sono a Parigi
Î La Francia viene divisa in due aree: l’area nord è sotto l’amministrazione nazista;
ll’area
area sud è affidata al governo collaborazionista del generale Philippe Pétain –
capitale Vichy
Î Regno
R
U i
Unito:
accoglie
li 100.000
100 000 soldati
ld i francesi
f
i in
i fuga
f
(Ch l De
(Charles
D Gaulle);
G ll ) sii
forma un governo di unità nazionale, guidato da Winston Churchill.
Î luglio 1940‐maggio 1941: attacchi aerei nazisti alla Gran Bretagna.
Conquiste territoriali tedesche e sovietiche, 1939‐40
Guerre parallele
Î 1940, agosto: attacco italiano a Somalia britannica ed Egitto
g ,p
poi in Libia,, e in Etiopia
p
Î 1940,, dicembre: controffensiva britannica in Egitto,
Î 1941, febbraio: invio in Libia dell’Afrikakorps – nuova penetrazione entro i
confini egiziani
Î 1941, dicembre: l’esercito italiano deve abbandonare l’Etiopia
Î 1940, ottobre: attacco militare italiano alla Grecia – efficace resistenza
dell’esercito greco e intervento dell’esercito britannico
Î 1941, aprile: intervento militare tedesco nei Balcani, sostenuto da forze
ungheresi, rumene e bulgare
Î Occupazione nazista e fascista di Jugoslavia e Grecia; creazione di nuove
articolazioni territoriali
L’attacco nazista all’Unione Sovietica
Î 22 giugno 1941: attacco
all’URSS
Î Inverno 1941‐42: tedeschi
bloccati
alle
porte
di
Leningrado e di Mosca,
Î primavera 1942: attacco in
direzione del Caucaso
Î agosto 1942: tedeschi
bloccati a Stalingrado
Il Giappone
Î 1940,
1940 27 settembre:
b patto politico‐militare
li i
ili
tra Germania,
G
i Italia
I li e Giappone
Gi
Î 1867‐68: Restaurazione dell’Impero – Rinnovamento istituzionale – Modernizzazione
economica e sociale
Î 1937‐40: crisi politica che culmina nell’instaurazione di un regime nazionalista a partito
unico: Taisei Yokusan Kai (Associazione per ll’assistenza
assistenza al governo imperiale),
imperiale) guidato da
Konoe Fumimaro e sostenuto dallo stato maggiore dell’esercito
Î Politica imperialista:
Î Sin dal 1931‐32 l’esercito giapponese ha occupato la Manciuria dove ha istituito lo stato‐
fantoccio del Manciukuo
Î Nell’estate del 1937 un esercito di 350.000 uomini sferra l’attacco alla Cina. Dopo aver
conquistato
q
Shanghai,
g , alla fine del 1937 l’esercito ggiapponese
pp
conquista
q
anche Nanchino
(Massacri di Nanchino: 100.000‐200.000 morti).
Î 1937‐1938: l’esercito giapponese controlla gran parte della Cina nord‐orientale.
Guerra nel Pacifico
Î 1940‐41: occupazione giapponese dell’Indocina
Î Tensione diplomatica
p
tra USA e Giappone
pp
((embargo
g USA))
Î 1941, 7 dicembre: flotta statunitense attaccata dall’aviazione giapponese e
completamente distrutta a Pearl Harbor – Hawaii
Î 1941, 8 dicembre: dichiarazione di guerra degli USA a Giappone (di conseguenza
anche stato di guerra con Germania e Italia)
Î 1942: occupazione giapponese di Indonesia, Thailandia, Malesia, Nuova Guinea
e Birmania
Bi
i
Territori occupati
Î Regimi “collaborazionisti”: Francia, Slovacchia, Croazia, Norvegia Æ
contribuzioni finanziarie coatte; materie prime e prodotti finiti acquisiti
sottocosto
Î Territori occupati, sotto governo militare tedesco: Boemia, Moravia,
Polonia, Paesi Baltici, Ucraina, Bielorussia Æ materie prime e prodotti
finiti; deportazioni di 13.500.000 persone come forza lavoro coatta (8 mil.
civili; 4 mil.
mil prigionieri di guerra; 1,5
1 5 mil.
mil ebrei)
Î 1944: lavoratori forzati = 26.5% della forza lavoro in Germania (46.4%
nel settore agricolo)
Generalplan Ost
Î Il piano prevede la colonizzazione tedesca di Polonia, ex‐paesi
baltici, ex‐aree sovietiche
Î La popolazione slava di “prevalente discendenza tedesca” sarà
sottoposta a un
n programma di rieducazione
ried ca ione
Î La popolazione slava non assimilabile sarà deportata nell
nell’estremo
estremo
est
Î In attesa della conclusione della guerra, la popolazione slava non
assimilabile è destinata al lavoro coatto a disposizione degli
occupanti tedeschi
Direttive del 5 febbraio 1942 per la frequenza scolastica dei bambini polacchi nell’area di
Poznań.
● Per I bambini di etnia polacca devono essere istituite scuole speciali […].
● Gli insegnanti nelle scuole per bambini polacchi sono solo insegnanti non qualificati. Personale
insegnante professionalmente preparato per scuole tedesche non potrà essere impiegato in
scuole per bambini polacchi. […]
● Programma didattico:
S
Scopo
d ll’i t i
dell’istruzione
d i bambini
dei
b bi i polacchi
l hi è in
i primo
i
l
luogo
l’ d
l’educazione
i
alla
ll pulizia
li i e all’ordine,
ll’ di
all
comportamento decente e all’ubbidienza nei confronti dei tedeschi.
La lingua delle lezioni nelle scuole con bambini polacchi è il tedesco.
La scuola trasmette ai bambini polacchi un sapere delimitato,
delimitato che è adattato al successivo impiego
come operaio. Esso comprende:
padronanza della lingua tedesca, in modo che istruzioni verbali sul posto di lavoro possano essere
comprese
p
senza p
particolari difficoltà e che p
possano essere comprese
p
brevi istruzioni, a stampa
p e
per iscritto, sulle procedure del lavoro, sull’uso dei macchinari ecc.,
le quattro operazioni e la conoscenza delle monete, delle misure, dei pesi e della loro scrittura.
[…]
● Orario delle lezioni:
L’orario delle lezioni nelle scuole per bambini polacchi comprende fino a due ore al giorno
Lo sterminio degli ebrei
Î Nelle aree orientali occupate dai nazisti vivono 8.500.000 ebrei
Î 1939‐41: costruzione di ghetti in Polonia
Î 1941: prime sistematiche uccisioni di massa con armi da fuoco (29‐30 settembre
1941 a Babi Yar vengono uccise 30.000 persone)
Î 1941: deportazioni nei campi di concentramento
La “macchina dello sterminio”
Î 1942, 20 gennaio: riunione di Wannsee (Berlino) – “soluzione finale”
Î costruzione di sei campi
p speciali:
p
Auschwitz‐Birkenau,, Treblinka,, Belzec,,
Sobibor, Chelmno e Majdanek
ÎBilancio: 6.000.000
6 000 000 di ebrei (di cui 1.000.000
1 000 000 sono bambini) vengono uccisi nei
campi di sterminio e nei campi di concentramento
Î Claude Lanzmann (nato nel 1925),
1925) regista,
regista giornalista,
giornalista direttore di “Les
Les Temps
Modernes”, autore di Shoah (1974‐1985)
Î 30 intervistati, tra cui 12 sopravvissuti ai campi, 5 abitanti nei villaggi vicini ai
campi,i 6 nazisti
i i operativi
i i neii campi,i e altri
l i testimoni
i
i
Î Testimonianza di Filip Müller, sopravvissuto ad Auschwitz (DVD n. 3, cap. 6)
Ricerca e dibattito sullo sterminio degli ebrei
Î Il dibattito sui termini: “olocausto”
olocausto , “shoah”
shoah , “genocidio”
genocidio
Î Raphael Lemkin, Axis Rule in Occupied Europe: Laws of Occupation ‐ Analysis of
Government ‐ Proposals for Redress,
Redress 1944.
1944
Î Risoluzione 230 del 9 dicembre 1948, Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) :
«Per
e ge
genocidio
oc d o ss’intende
te de u
uno
o qua
qualunque
u que deg
degli att
atti segue
seguenti,
t , co
commessi
ess co
con l’intenzione
te o e d
di
distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale: (a)
uccisione dei membri del gruppo; (b) gravi lesioni all’integrità fisica o mentale di membri del
ggruppo;
pp ((c)) assoggettamento
gg
deliberato del ggruppo
pp a condizioni di vita intese a p
provocare la
sua distruzione fisica, totale o parziale; (d) misure miranti a impedire nascite all’interno del
gruppo; (e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo a un altro».
Frank Chalk e Kurt Jonassohn, in The History and Sociology of Genocide: Analyses and Case
Studies (1990), hanno ampliato i confini della definizione, sostenendo che per genocidio deve
intendersi «una forma di massacro di massa unilaterale con cui uno Stato o un’altra autorità
vuole distruggere un gruppo; in queste circostanze i criteri che definiscono l’appartenenza al
gruppo da distruggere sono stabiliti dall’aggressore»: quindi, secondo questa definizione, le
vittime possono essere membri di gruppi nazionali, o religiosi, ma anche genericamente
«nemici
i i politici»
li i i dello
d ll Stato
S
che
h attua l’assassinio
l’
i i di massa.
L’interpretazione funzionalista
Î Raul Hilberg (1926‐2007), La distruzione degli Ebrei d’Europa, 1961 [Germania,
1982; Francia, 1988; Italia, 1995]
Î Una “macchina dello stermino” costruita per tappe successive:
«A prima vista,
vista la distruzione degli Ebrei può apparire un fatto globale,
globale
indivisibile, monolitico e ribelle a ogni spiegazione. Esaminandola più da vicino,
essa si mostra come un processo condotto per tappe successive, ciascuna delle
quali fu il risultato di decisioni prese da innumerevoli burocrati,
burocrati nell
nell’ambito
ambito di una
vasta macchina amministrativa. Il processo di annientamento fu possibile grazie
all’esistenza di una sua struttura soggiacente, con la sua logica specifica di
sviluppo,
il
il suo meccanismo
i
di decisione,
d ii
l sua organizzazione
la
i
i
per l’esecuzione
l’
i
dei compiti quotidiani.
Il processo della distruzione si sviluppò secondo uno schema ben definibile che
non corrispondeva affatto a un piano prestabilito».
Î Struttura p
policentrica dell’amministrazione nazista.
Grado di diffusione delle notizie intorno allo sterminio:
«Tra coloro che dovettero necessariamente essere informati dei dettagli del piano
di sterminio vi erano il capo delle SS, Heinrich Himmler; il capo dell’Ufficio centrale
per la sicurezza del Reich,
Reich Reinhard Heydrich; il capo dell
dell’ufficio
ufficio ebraico,
ebraico Adolf
Eichmann; ministri come Hermann Göring; funzionari pubblici di alto grado e
ufficiali di polizia; incaricati dei trasporti tedeschi, specialmente delle ferrovie;
esperti finanziari; e banchieri che avrebbero raccolto nei loro caveaux gli oggetti di
valore degli ebrei deportati. Tra coloro che erano al corrente dell’azione contro gli
ebrei vi erano gli addetti delle poste e dei tribunali, come le migliaia di cittadini che
vedevano
d
glili ebrei
b i condotti
d i a forza
f
alle
ll stazioni
i i ferroviarie.
f
i i […]
[ ] Cosa esattamente
succedesse loro, in una prima fase era noto solo a coloro che erano coinvolti nella
loro eliminazione fisica – i gruppi di intervento (Einsatzgruppen) e il personale dei
campi di sterminio, come gli industriali che avevano prodotto i forni a gas e gli altri
macchinari per il genocidio». [Dopo il 1940 le informazioni si diffondono attraverso
le testimonianze di migliaia
g
di soldati tedeschi che tornano a casa in licenza,, e ne
parlano a familiari e amici]: «Dai rapporti della Gestapo che parlano dello stato
d’animo della popolazione emerge che la sorte degli ebrei era ampiamente
conosciuta» (Walter Laquer,
Laquer in Dizionario dell
dell’Olocausto
Olocausto, 2001).
2001)
«Il Vaticano era tra i più informati. Già nell’ottobre del ‘41 il nunzio apostolico della
Slovacchia comunicò a Roma che nell’Est si stavano uccidendo tutti gli ebrei senza
distinzione di età o di sesso. Resoconti simili giunsero in seguito dall’Ungheria, dalla
Romania e da altri paesi dove la Santa Sede aveva i suoi rappresentanti diplomatici; in
più arrivavano all’ufficio del segretario di Stato pontificio, cardinal Luigi Maglione, le
informazioni fornite dai preti cattolici sparsi in tutta l’Europa centrale e orientale. […]
Inoltre, tre milioni di cattolici tedeschi, alcuni dei quali coinvolti nell’esecuzione di eccidi
di massa, chiedevano consiglio spirituale ai loro preti. Tutto sommato è poco probabile
che in Europa vi fosse qualcuno meglio informato del cardinal Maglione ed è
inverosimile che egli tenesse il papa all’oscuro di tutto» (Walter Laquer, in Dizionario
dell’Olocausto, 2001).
Î Daniel Jonah Goldhagen,
g , Una q
questione morale. La Chiesa cattolica e l’Olocausto,,
2002.
g
Pacelli,, 1976‐1958))
Î Ruolo di Pio XII ((Eugenio
‐ 1917: nunzio apostolico a Monaco; 1920, a Berlino; 1930‐1939: segretario di Stato;
1939‐1958: papa
‐ archiviazione dell’enciclica Humani generis unitas, di Pio XI
La forza del conformismo
Î Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, 1963
[1960‐62]
Î Christopher R. Browning, Uomini comuni. Polizia tedesca e «soluzione
finale» in Polonia, 1992
Î Battaglione 101 della Polizia tedesca di Amburgo
Î 500 membri,
b i arruolati
l i da
d poco
Î Józefów (Polonia), 13 luglio 1942 – esecuzione di 1.500 ebrei in un solo
giorno
Î Fonti: documentazione p
prodotta durante il p
processo p
per crimini di gguerra
che si è tenuto in Germania dal 1962 al 1972 contro i membri superstiti del
Battaglione
Interpretazione intenzionalista
Î Daniel Jonah Goldhagen, I volenterosi carnefici di Hitler. I tedeschi comuni e l’Olocausto,
1996
«Per comprendere il genocidio dobbiamo quindi tenere sempre a mente due
considerazioni. Scrivendo o leggendo a proposito di quelle operazioni omicide, è fin troppo
facile divenire insensibili al vero significato delle cifre: diecimila morti qui, quattrocento lì,
quindici
i di i da
d un’altra
’ l parte. Ciascuno
Ci
di noii dovrebbe
d
bb soffermarsi
ff
i a pensare che
h se cii furono
f
diecimila morti vuol dire che i tedeschi ammazzarono diecimila persone – uomini
disarmati, donne, bambini, vecchi, giovani ammalati –, che per diecimila volte privarono un
essere umano della
d ll vita.
it Ciascuno
Ci
di noii dovrebbe
d
bb riflettere
ifl tt
sull significato
i ifi t che
h tutto
t tt questo
t
può aver avuto per i tedeschi che presero parte allo sterminio; se penso al senso di
angoscia, di orrore o repulsione, di indignazione morale che io stesso provo di fronte
all’assassinio
all
assassinio di una sola persona,
persona o a un «omicidio di massa» contemporaneo,
contemporaneo una ventina
di persone – a opera di un serial killer o di un sociopatico che scarica un fucile
semiautomatico in un fast‐food –, riesco a intravedere qualcosa della realtà che ebbero di
fronte quei tedeschi.
tedeschi Le vittime ebree non erano «dati statistici»,
statistici» come ci appaiono sulla
carta: per i loro assassini gli ebrei erano persone che un attimo prima respiravano, e ora
giacevano senza vita, spesso ai loro piedi. E tutto questo avveniva indipendentemente
dalle operazioni militari.
%
La seconda considerazione da non dimenticare mai è data dall’orrore di ciò che facevano i
tedeschi. Chiunque appartenesse a un reparto addetto alle eliminazioni, sia che sparasse lui
stesso sia che stesse a guardare i suoi compagni che ammazzavano gli ebrei,
stesso,
ebrei si trovava immerso
in scene di orrore indicibile. Una descrizione meramente oggettiva delle operazioni omicide
inquadra in una prospettiva sbagliata la fenomenologia della strage, svuotando le azioni delle
loro componenti emotive e impedendone la comprensione. In qualsiasi interpretazione dei fatti
è tuttavia indispensabile una descrizione adeguata, capace di ricreare la realtà fenomenologica
degli assassini. Per questo motivo, rifiuto l’approccio meramente oggettivo e tento di
comunicare l’orrore, il raccapriccio per i realizzatori (il che naturalmente non significa che essi
fossero sempre inorriditi): schizzi di sangue, frammenti di ossa e di cervello che spesso
ricadevano sugli assassini, insozzandone la faccia e i vestiti; grida e lamenti di gente in attesa del
massacro imminente o in preda agli spasimi della morte che riecheggiavano nelle orecchie dei
t d hi Queste
tedeschi.
Q t scene – non le
l descrizioni
d
i i i asettiche
tti h proposte
t dalla
d ll semplice
li cronaca delle
d ll
operazioni – furono la realtà di molti realizzatori; per poter comprendere il loro mondo
fenomenologico dovremmo raccontare a noi stessi ognuna delle immagini raccapriccianti che
essi videro,
videro ognuna delle grida di angoscia e dolore che udirono.
udirono LL’analisi
analisi di ogni operazione,
operazione di
ogni singola morte dovrebbe ridondare di questo tipo di descrizioni; ma ciò non è possibile,
naturalmente, non solo perché renderebbe troppo vasto qualsiasi studio sull’Olocausto, ma
anche perché ben pochi riuscirebbero ad arrivare in fondo alla lettura di resoconti tanto
orripilanti; un fatto, quest’ultimo, che è di per sé un efficace commento alla straordinaria
fenomenologia dell’esistenza dei realizzatori, e alla forza delle motivazioni che poterono imporre
ai tedeschi di mettere a tacere tali emozioni per uccidere e torturare gli ebrei e i loro bambini».
Î Christopher Browning, Postfazione del 1998 a Uomini comuni. Replica a Glodhagen:
«Ammetto [...] la forza ideologica dell’antisemitismo, ma non sono d’accordo con
Goldhagen quando afferma che tale atteggiamento “si sovrapponeva” al sentimento che
aveva sostanzialmente dominato l’evoluzione ideologica della società civile. È vero che nel
1933 l’antisemitismo era ormai una consuetudine del diritto tedesco, ma non credo che
l’intera società tedesca fosse “in sintonia” con Hitler sulla questione degli ebrei, e che
“l’importanza dell’antisemitismo nella sua visione del mondo, nei programmi e nella
retorica”
i ” rispecchiasse
i
hi
“i sentimenti
i
i della
d ll società
i à tedesca”.
d
” Ammetto
A
che
h l’antisemitismo
l’ i
ii
–
cioè lo stereotipo negativo degli ebrei, la loro disumanizzazione e l’odio nei loro confronti –
fosse diffuso tra i carnefici del 1942, ma non sono d’accordo nel ritenerlo un atteggiamento
“
“preesistente”
i t t ” e “istintivo”,
“i ti ti ” che
h Hitler
Hitl dovette
d tt solo
l “scatenare”
“ t
” e “mobilitare”.
“ bilit ”
Qui non si tratta infatti di spiegare perché i tedeschi comuni – in quanto membri di un
popolo completamente diverso dal nostro e plasmato da una cultura che non permetteva
altri modi di pensare e agire al di fuori del genocidio – si siano messi a massacrare gli ebrei
con zelo non appena ne ebbero l’opportunità. Si tratta invece di spiegare perché degli
uomini comuni – plasmati da una cultura certamente peculiare ma pur sempre inserita
nella tradizione occidentale,
occidentale cristiana e illuminista – in determinate circostanze abbiano
volontariamente compiuto il più grande genocidio della storia umana.
Perché è importante stabilire quale delle due interpretazioni [quella di Goldhagen o la sua,
di Browning] sia più vicina alla verità? %
Sarebbe molto consolante se Goldhagen avesse ragione: in tal caso, solo pochissime
società possiederebbero i prerequisiti storici e culturali per realizzare il genocidio, e i
regimi
i i potrebbero
bb
votarsii allo
ll sterminio
i i solo
l quando
d le
l popolazioni
l i i fossero
f
convinte
i
d ll
della
sua urgenza, legittimità e necessità. Se così fosse, il mondo sarebbe un luogo più sicuro, ma
io non sono tanto ottimista. Temo invece di vivere in un mondo in cui la guerra e il
razzismo sono onnipresenti,
onnipresenti in cui i governi dispongono di poteri sempre più vasti di
mobilitazione e legittimazione, in cui il senso di responsabilità personale è sempre più
attenuato dalla specializzazione e dalla burocrazia, e in cui il gruppo dei pari esercita
notevoli pressioni sul comportamento e stabilisce le norme morali.
morali Purtroppo,
Purtroppo in un
mondo come questo, i governi attuali con propositi di sterminio avranno buone possibilità
di riuscita se tenteranno di indurre gli “uomini comuni” a diventare “volenterosi
carnefici ».
carnefici”»
Î Altre letture:
Î David Engel,
g , L’Olocausto,, 2000 [[ed. it. il Mulino,, Bologna]
g ]
Î Dizionario dell’Olocausto, a cura di Walter Laquer, 2001 [ed. it. Einaudi, Torino 2004]
Î Storia della Shoah, a cura di M. Cattaruzza et al., 5 voll., UTET, Torino 2005‐06
Trattamento degli ebrei da parte delle autorità fasciste (1940‐43)
Î Dal
D l giugno
i
1940 glili ebrei
b i stranieri
t i i immigrati
i
i ti in
i Italia
It li sono deportati
d
t ti in
i campii di
concentramento: il principale è a Ferramonti Tarsia, in Calabria (1940‐settembre 1943).
Î Luglio 1942: creazione del campo di concentramento dell
dell’isola
isola di Arbe,
Arbe nei pressi dell
dell’Istria
Istria.
Î Trattamento degli ebrei in Italia tra 1940 e 1943:
«L’antisemitismo italiano non mirò allo sterminio degli ebrei, neppure nei territori annessi e occupati. La legislazione
antisemita italiana ebbe come obiettivo l’esclusione dal mondo del lavoro, la soppressione delle capacità di diritto
pubblico – incluso lo jus suffragi – e dei diritti politici degli ebrei, destinati a diventare paria della società italiana.
L’azione ggovernativa si p
propose
p
di eliminare ggli ebrei dalla vita nazionale;; essa intese separarli
p
dai non ebrei ((divieto di
matrimoni misti ecc.). La misure persecutorie (revoca o limitazione della possibilità di lavorare o di istruirsi)
provocarono la morte civile degli italiani ebrei e servirono a stimolare «oggettivamente» l’emigrazione. Dal 1940 in poi,
il governo italiano internò gli ebrei stranieri, con lo scopo dichiarato di trasferirli nei paesi disposti a riceverli alla fine
del conflitto;; la stessa sorte sarebbe toccata agli
g ebrei italiani. [[…]] Dopo
p la conquista
q
dello spazio
p
vitale,, nel nuovo
ordine, non vi sarebbe stato posto né per gli ebrei italiani né per le comunità ebraiche del Mediterraneo» (Davide
Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940‐1943), Bollati
Boringhieri, Torino 2003).
Î Dopo la caduta del regime nazista e l’armistizio (25 luglio‐8 settembre 1943) e l’occupazione
dell’Italia centro‐settentrionale da parte delle truppe naziste, iniziano le deportazioni degli ebrei
italiani e stranieri internati in Italia.
Principali campi di gestiti da SS: Fossoli (Modena); Risiera di San Sabba (Trieste).
Riarmo USA – 1942‐45
Produzione USA in rapporto a quella tedesco giapponese
tedesco‐giapponese
1942
Aerei
Carri armati
Navi da guerra
2a1
2 a 1
2.5 a 1
a1
6a1
6 a 1
1942‐43: crisi militare tedesco‐giapponese
‐ Maggio 1942‐febbraio 1943: controffensiva statunitense nel Pacifico
‐ Novembre 1942
1942‐febbraio
febbraio 1943: vittoriosa controffensiva sovietica a Stalingrado
‐ Novembre 1942‐maggio 1943: truppe americane e britanniche sconfiggono i
nazi fascisti in Egitto,
nazi‐fascisti
Egitto in Libia,
Libia in Marocco,
Marocco in Algeria e in Tunisia
‐ 10 luglio 1943: operazioni di sbarco delle truppe anglo‐americane in Sicilia
Resistenza e repressione
Î Movimenti di resistenza anti‐nazista/fascista in Ucraina, Bielorussia, Francia, Polonia,
Cecoslovacchia, Serbia, Grecia
Î Risposte repressive delle autorità naziste e fasciste, indirizzate anche contro la
popolazione civile
Î Bilancio
Bil i provvisorio
i i delle
d ll vittime
i i
civili:
i ili
Francia
Paesi Bassi
30 000
30.000
2.000
Grecia
150.000
Territori ex‐sovietici
300‐500.000
Il crollo del fascismo
Î 24‐25
24 25 luglio
l li 1943:
1943 il Gran
G
C i li del
Consiglio
d l Fascismo
F i
attribuisce
ib i
il comando
d delle
d ll
forze armate a Vittorio Emanuele III; Mussolini viene arrestato; il nuovo
presidente del consiglio è il generale Pietro Badoglio
Î 8 settembre 1943: viene resa pubblica la notizia dell’armistizio firmato dal
ggoverno Badoglio
g e dai responsabili
p
militari anglo‐americani
g
Î 9 settembre 1943: il re e il governo abbandonano Roma e si trasferiscono a
Brindisi
Î Avanzata dell’esercito tedesco da nord
Î 12 settembre 1943: un commando tedesco libera Mussolini, detenuto a
Campo Imperatore, sul Gran Sasso
Î 23 settembre 1943: Mussolini annuncia la costituzione di un nuovo Stato
fascista, la Repubblica Sociale Italiana
Î Italia spezzata in due
La resistenza in Italia
Î 9 settembre 1943: costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln) – ne fanno
parte esponenti del Pd’A, della DC, del PSIUP, del PRI, del PLI, del PDL e del PCI
Î marzo‐aprile 1944: “svolta di Salerno”, promossa da Togliatti Î 24 aprile 1944: primo
governo di unità nazionale, presieduto da Badoglio, con esponenti del Cln
Î giugno
i
1944 liberazione
1944:
lib
i
di Roma;
R
I
Ivanoe
B
Bonomi
i sostituisce
i i
B d li alla
Badoglio
ll guida
id del
d l
governo – Umberto di Savoia assume la carica di luogotenente generale del Regno
Î formazioni
f
i i partigiane
ti i
di diverso
di
orientamento
i t
t politico
liti sono attive
tti nell’Italia
ll’It li centro‐
t
settentrionale – estate 1944 ca. 80‐100.000 membri
Î dicembre 1944: costituzione di un organo di coordinamento che è il Clnai – in contatto
col governo Bonomi
Î marzo 1944: attentato di via Rasella a Roma (33 soldati tedeschi uccisi) – per
rappresaglia vengono uccisi – alle Fosse Ardeatine – 335 detenuti
Î 1944
1944‐45:
45: 10
10‐15.000
15.000 civili italiani uccisi nelle azioni di «guerra
guerra ai civili
civili»
La resistenza in Italia: guerra di popolo o guerra civile?
Î Roberto Battaglia, Storia della Resistenza Italiana, 1953
‐ Resistenza come guerra di popolo
‐ Fondamentale unità delle varie formazioni partigiane
Î Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati
Boringhieri, Torino 1991
‐ Tre guerre: una «guerra civile», una «guerra patriottica» e una «guerra di classe»
‐ la moralità nella Resistenza e non della Resistenza: esame delle ragioni etiche dei diversi
gruppi di combattenti
‐ chi aderisce alla Repubblica sociale italiana lo fa – in genere – per senso del dovere, per
rispetto della continuità storico‐istituzionale, per difendere l’onore dalle armi italiane
infangato dall
dall’armistizio
armistizio dell
dell’8
8 settembre
‐ chi entra a far parte delle formazioni partigiane vive la sua decisione come un momento di
libertà che nasce, in una certa misura, da un forte desiderio di discontinuità, di rottura col
passato, di disobbedienza
‐ ma intervengono anche altri elementi esistenziali molto personali:
«All’interno del q
quadro fin q
qui tratteggiato
gg
si p
può cogliere
g
una varietà di motivazioni
individuali molto ampia: insopportabilità di un mondo divenuto teatro di ferocia; ribellione
contro i soprusi remoti e vicini, talvolta proprio contro quelli “piccoli”; istinto di autodifesa;
desiderio di vendicare un congiunto caduto; spirito di avventura; amore del rischio e insieme
non piena cognizione di esso; tradizioni familiari; antifascismo di vecchia o di nuova data;
amor di patria; odio di classe».
Î Renzo De Felice, Rosso e Nero, a cura di Pasquale Chessa, Baldini e Castoldi, Milano 1995
Î Renzo De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile 1943‐1945, Einaudi, Torino 1997
‐ la caduta del fascismo è causata essenzialmente solo dal crollo militare [25 luglio‐8
settembre 1943]
‐ limiti del movimento resistenziale:
«Contrariamente a q
quanto ha sempre
p sostenuto la vulgata
g
filoresistenziale,, soprattutto
p
comunista,, non
è possibile considerare la Resistenza un movimento popolare di massa: il movimento partigiano si fece
moltitudine pochi giorni prima della capitolazione tedesca, quando bastava un fazzoletto al collo per
sentirsi combattente e sfilare con i vincitori.
All’indomani dell’8 settembre ci fu,
fu tra la maggioranza degli italiani,
italiani un atteggiamento di sostanziale
estraneità, se non di rifiuto, sia nei confronti della Rsi che della Resistenza. Nonostante il distacco dal
fascismo, l’ostilità e financo l’odio per il nazista invasore non fecero scattare la scelta alternativa di
schierarsi con il movimento p
partigiano.
g
La ragione
g
ultima è che non si trattò di un atteggiamento
gg
politico: primum vivere fu l’imperativo interiore della gente. Sparire, rinchiudersi nel proprio guscio,
non compromettersi con nessuna delle parti in lotta, sperare in una rapida fine della guerra, furono le
regole principali, seguite dai più, per tentare di attraversare il dramma in corso col minimo di danni e
sacrifici».
sacrifici»
‐ rilevanza assoluta del contributo militare anglo‐americano
‐ rilevanza solo simbolica del movimento resistenziale, che inoltre è diviso politicamente al
suo interno
Î Dati attendibili sulle stragi naziste in Italia
Î Bilancio sulle stragi compiute dai reparti della Wehrmacht o delle SS in Italia:
‐ solo il 20% di esse possono essere considerate rappresaglie
‐ tutte le altre azioni sono operazioni di intimidazione; oppure sono motivate da
pura e semplice rabbia vendicativa
Le fasi finali della guerra
Î 28 novembre – 1° dicembre 1943: incontro a Teheran tra Roosevelt, Churchill
e Stalin
Î6 giugno 1944: sbarco in Normandia di forze anglo‐americane [380.000
soldati operativi]
Î 25 agosto 1944: truppe alleate a Parigi
Î pesantissimi bombardamenti sulle città tedesche; Dresda distrutta dal 13 al
15 febbraio 1945
Î 4‐11
4 11 febbraio
f bb i 1945:
1945 nuovo incontro
i
a Yalta,
Y l in
i Crimea,
Ci
tra Roosevelt,
R
l Stalin
S li e
Churchill
Î febbraio‐aprile 1945: crollo dell’esercito tedesco su tutti i fronti
Î 25 aprile
p
1945: insurrezione ggenerale delle truppe
pp p
partigiane
g
coordinata dal
Clnai, che libera le città settentrionali d’Italia prima dell’arrivo degli alleati
La fine della guerra
Î 28 aprile 1945: uccisione di Mussolini e di Claretta Petacci
Î 30 aprile 1945: suicidio di Hitler e di Eva Braun
p
a Berlino. 1° maggio: suicidio di gg
Joseph e Magda Goebbels, dopo aver ucciso col cianuro i loro 6 figli.
Î 7 maggio 1945: lo Stato maggiore tedesco firma la resa senza condizioni
7 maggio 1945: lo Stato maggiore tedesco firma la resa senza condizioni
Î 12 aprile 1945: muore Roosevelt, sostituito da Harry Truman
Î 6 agosto 1945: bomba atomica USA sganciata su Hiroshima; 9 agosto 1945 su Nagasaki – 160.000 morti
Î 15 agosto 1945: l’imperatore Hirohito offre una resa senza condizioni
Î 2 settembre 1945: armistizio tra Giappone e USA – Giappone sotto occupazione USA fino al 1951
Caratteri essenziali della Seconda guerra mondiale
Î Schieramenti:
Asse (Germania‐Italia‐Giappone) vs “alleati” GB‐USA‐URSS
Î Tecnologia bellica sofisticata ed altamente letale
Î Guerra Guerra “ai
ai civili
civili”, oltre che ai soldati regolari:
oltre che ai soldati regolari:
‐ contro le popolazioni dei territori occupati dalle truppe dell’Asse
‐ contro le forze di resistenza attive nei territori occupati dalle truppe dell
contro le forze di resistenza attive nei territori occupati dalle truppe dell’Asse
Asse
Î Bilancio complessivo:
Î morti = 50.000.000 Î di cui 15.000.000 soldati (10 mil. dei quali morti sul fronte russo)
Î e 35.000.000 civili (di cui 6 mil. ebrei)
IL SECONDO DOPOGUERRA
IL SECONDO DOPOGUERRA
Organizzazione delle Nazioni Unite – fondata a San Francisco il 26 giugno 1945
Î Organi:
Î Assemblea generale
Î Consiglio di sicurezza (cinque membri permanenti con diritto di veto: Usa, Urss, Cina,
Regno Unito e Francia + dieci membri di altri paesi eletti con mandati temporanei)
Î1948 Dichiarazione
Î1948:
Di hi
i
universale
i
l dei
d i diritti
di i i umanii
Dallo Statuto dell’ONU (1945):
Articolo 1.
I fini delle Nazioni Unite sono:
1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci
misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti
di aggressione o le altre violazioni della pace, e per conseguire con mezzi pacifici, ed in
conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la
soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare ad
una violazione della pace; %
Statuto dell’ONU ‐ 2
2. sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio
2
dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto‐decisione dei popoli, e prendere altre misure atte a
rafforzare la pace universale;
3. conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di
carattere economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il
rispetto
spetto de
dei d
diritti
tt de
dell’uomo
uo o e de
dellee libertà
be tà fondamentali
o da e ta pe
per tutt
tutti se
senzaa d
distinzioni
st o d
di razza,
a a,
di sesso, di lingua o di religione;
per il coordinamento dell’attività delle nazioni volta al conseguimento
g
4. costituire un centro p
di questi fini comuni.
Capitolo VII. Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di
aggressione
Art. 39. Il Consiglio di Sicurezza accerta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una
violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali
misure debbano essere prese […] per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza
internazionale. […] %
Statuto dell’ONU ‐ 3
Art. 41.
Art
41 Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure,
misure non implicanti ll’impiego
impiego della
forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i
Membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere
un’interruzione
un
interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni
ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni
diplomatiche.
Art.
t. 42.. Se il Co
Consiglio
sg o d
di SSicurezza
cu e a ritiene
t e e cchee lee misure
su e p
previste
e ste nell’art.
e a t. 41 ssiano
a o
inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree,
navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la
[ ]
sicurezza internazionale. […]
Art. 43.
Comma 1. Al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, tutti i Membri delle Nazioni Unite s’impegnano a mettere a disposizione del
Consiglio di Sicurezza, a sua richiesta ed in conformità ad un accordo o ad accordi speciali,
le forze armate, l’assistenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessarie per
il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
[…]
Comma 3. L’accordo o gli accordi saranno negoziati al più presto possibile su iniziativa del
Consiglio di Sicurezza. Essi saranno conclusi tra il Consiglio di Sicurezza ed i singoli Membri,
oppure tra il Consiglio
C i li di Sicurezza
Si
e gruppii di Membri,
M b i e saranno soggettii a ratifica
ifi da
d
parte degli Stati firmatari in conformità alle rispettive norme costituzionali.
Violenze post‐belliche
Uccisioni di collaborazionisti o di fascisti:
‐ Francia,
F
i agosto‐ottobre
t tt b 1944:
1944 17.000‐18.000
17 000 18 000 persone uccise
i
‐ Italia, primavera 1945: 10.000‐12.000 ex‐fascisti uccisi
Violenze contro le donne:
‐ stupri di massa compiuti in Germania dai soldati dell’Amata Rossa
‐ migliaia
g
di stupri
p commessi in Italia soprattutto
p
dalle truppe
pp coloniali francesi
(algerini e marocchini) tra 1944 e 1945
‐ aggressioni occasionali compiute da soldati americani e tedeschi
‐ rituali di degradazione
Foibe ‐ Istria
Î settembre‐ottobre 1943: 500‐600 militari italiani giustiziati e gettati nelle
foibe dai partigiani comunisti jugoslavi
Î maggio‐giugno 1945: molte migliaia di persone [stime da 5.000 a 17.000]
giustiziate e gettate nelle foibe dai reparti della polizia politica comunista
jugoslava
Î vittime:
•
militari della RSI / fascisti locali / membri non comunisti del CLN / membri
della Guardia di finanza italiana della legione di Trieste / alcuni comunisti italiani
/ civili italiani / alcuni sloveni e croati anticomunisti
Î le ragioni:
vendicarsi dell
dell’occupazione
occupazione fascista
•
•
eliminare gli anticomunisti
•
intimidire e allontanare la popolazione italiana
Questione istriana e trasferimenti di
popolazioni
‐ 10 febbraio 1947, Trattato di Parigi
‐ 1954:
1954 annessioni della Zona A all’Italia e
della Zona B alla Jugoslavia
‐ 1975: Trattato di Osimo che riconosce lo
stato di fatto
‐ Dopo il 1945 250.000
250 000 persone di
nazionalità italiana abbandonano l’Istria e
si trasferiscono in Italia
Î Fenomeno generale dei trasferimenti forzati da est a ovest:
‐
12 350 000 tedeschi
12.350.000 tedeschi
‐
2.300.000 russi
‐
4.500.000 polacchi
410.000 finlandesi
410.000 finlandesi
‐
Novembre 1945‐ottobre 1946: processo di Norimberga
Tribunale militare internazionale con magistrati delle potenze vincitrici
Principali imputati per “crimini contro la pace”, “crimini di guerra” e “genocidio”:
•
•
•
•
•
•
•
•
Hermann Göring, Capo della Luftwaffe, condannato a morte; si suicidò la notte
prima dell'esecuzione
R d lf Hess,
Rudolf
H
B
Braccio
i destro
d
di Hitler,
Hi l condannato
d
all’ergastolo
ll’
l
Joachim von Ribbentrop, Ministro degli Esteri, condannato a morte
Alfred Rosenberg, Ideologo del partito nazista, condannato a morte
B ld von Schirach,
Baldur
S hi h Capo
C
d ll Hitlerjugend,
della
Hitl j
d condannato
d
t a 20 annii
Arthur Seyss‐Inquart, Anschluss, condannato a morte
Albert Speer, Ministro degli armamenti , condannato a 20 anni
Julius Streicher,
Streicher Direttore del settimanale «Der Stürmer»,
Stürmer» condannato a morte
Î L’esecuzione dei condannati a morte avvenne 16 ottobre 1946 per impiccagione.
3 maggio 1946‐12 novembre 1948: processo di Tokyo
Sette condannati a morte e giustiziati