num.181/108 nuova edizione ANNO L II - dicembre 2015 - solo abbonamento Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto ANNO L III settembre 2016 solo abbonamento ISSN 0544-7763 183 110 (nuova edizione) Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale 70% - ROMA Orchestra di Dresda Abbagnato, Cocino Radionovelli Ketevan Kemoklidze 1 rivista n.107 rivista n.108 rivista n.109 num.181/108 nuova edizione ANNO L II - dicembre 2015 - solo abbonamento Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto (nuova edizione) (nuova edizione) Antonio Pappano Roberto Bolle Didone ed Enea 182 109 ISSN 0544-7763 181 108 ISSN 0544-7763 Organetti a Milano Maria Elisa Tozzi The Vertiginous Thrill of Exactitude BUONE FESTE! Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale 70% - ROMA Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale 70% - ROMA Balletto dell’opera di Roma nuovo direttore Eleonora Abbagnato 1 1 1 mm 109.indd 1 22/04/2016 03:45:51 AFFRETTATI A RINNOVARE l’abbonamento a “IL MONDO DELLA MUSICA” Rassegna internazionale di vita musicale Concerti - Opera - Balletto * Gli abbonamenti non disdetti entro il 20 gennaio si considerano tacitamente rinnovati. La rivista si può ricevere solo per posta con un abbonamento* ordinario di euro 25,00 Abbonamento sostenitore minimo euro 60,00 Abbonamento benemerito oltre euro 100,00 Le rimesse si effettuano sul c/c postale 14644009 IBAN del c/c postale IT 14Z0760103200000014644009 indirizzate a IL MONDO DELLA MUSICA Via Flaminia Nuova, 241 - 00191 ROMA 2 Lettera al Direttore (nuova edizione) La Donna Serpente Colección Tango Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in abbonamento postale 70% - ROMA ISSN 0544-7763 solo abbonamento solo abbonamento 180 107 Der Rosenkavalier ANNO LIII aprile 2016 ANNO L II dicembre 2015 solo abbonamento I Solisti Veneti Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto Rassegna Internazionale di vita musicale - Concerti - Opera - Balletto ANNO L I ottobre 2015 Riceviamo e pubblichiamo questa lettera inviata alla nostra redazione da una insegnante di musica che ci ha lasciato basiti, come già a suo tempo venire a sapere che la Pubblica Istruzione avrebbe applicato un “algoritmo” ad esseri umani ci lasciò perplessi. La seguente lettera descrive chiaramente quello che questa singolare operazione sta provocando in Italia. Seguendo tutto ciò che da troppo tempo stiamo subendo nasce spontanea una domanda: “c’è ancora qualcosa in questo nostro falotico paese che funziona seriamente?” IL DISASTRO DELLA MOBILITÀ DOCENTI S ono una docente di Educazione musicale in servizio ultraventennale nella scuola secondaria di I grado, e quando l’anno scorso, all’età di 55 anni, ho partecipato al piano straordinario di assunzioni previsto dalla L.107, ero ben consapevole sia dell’obbligo di sottopormi quest’anno alla mobilità su scala nazionale sia della consistenza del punteggio maturato in tutto questo tempo, che mi aveva portato ad essere la prima in graduatoria provinciale al momento del passaggio in ruolo per la mia classe di concorso, occupando una buona posizione anche in ambito regionale. La doccia gelata, però, è arrivata la sera del 3 agosto scorso quando in una e-mail mi sono vista deportata a 600 Km da casa (risiedo a Salerno e la destinazione prevista era Viareggio), ma soprattutto quando, dopo una rapida verifica dei vari movimenti effettuati dal Miur, mi sono resa conto che in ambito provinciale e/o regionale erano rimasti tutti quei colleghi che vantavano un punteggio in alcuni casi nettamente inferiore al mio. Sbigottita, ma anche irritata, molto irritata, ho inoltrato al Miur istanza di conciliazione nella speranza che si potesse rimediare a questo grossolano e lampante errore in tempi brevi. Risultato? La ns. illustre ministra Giannini, pur continuando a sostenere con estrema incoerenza l’efficace funzionamento dell’algoritmo (quel processo che ha elaborato tutti i movimenti dei docenti in base a criteri non ben definiti, ma che dovevano essere ben definiti), si è data un gran da fare per esperire centinaia di tentativi di conciliazione con docenti che lamentavano una errata assegnazione dell’ambito territoriale, barattando chilometri in cambio del silenzio; infatti in moltissimi casi ai ricorrenti è stata solo data la possibilità di avvicinarsi, ma non di vedere ripristinata una situazione di legalità. In ogni caso queste conciliazioni hanno rappresentato una ammissione di colpa riguardo la diabolica gestione della mobilità. Per chi poi come me non si è aperto nessuno spiraglio di ipotesi alternativa (io però non avrei accettato nulla di diverso da quanto mi spettasse)... pazienza! Il macabro gioco delle parti è poi continuato col mantenere assolutamente secretato questo algoritmo nonostante i sindacati abbiano inoltrato formale richiesta di accesso agli atti alla illustre ministra, che, proprio come in uno stato in cui vige un regime dittatoriale, se ne è del tutto infischiata, alla faccia della trasparenza! Non soddisfatta, esprimeva tutto il suo disappunto nei confronti dei docenti che protestano perché vorrebbero il posto fisso sotto casa e, non potendolo ottenere, si lamentano sempre e dimenticano che avevano accettato il rischio, aderendo al piano assunzioni, di allontanarsi da casa. Ma dice sul serio? Ma questa è davvero la politica, che pur di non ammettere i propri gravissimi passi falsi fa di tutto per spostare l’attenzione su situazioni completamente diverse? In questi giorni lo ha fatto anche la dirigente del Miur Campania, che si è detta curiosa di conoscere le motivazioni che hanno spinto un giudice salernitano, primo in Italia, a bloccare il trasferimento di una maestra in Emilia Romagna, considerato che i docenti ben sapevano di correre il rischio...bla bla bla. Ancora! In tanti si sono espressi su questa dolorosa vicenda: molti, non sapendo, avrebbero fatto meglio a tacere, altri, sapendo, avrebbero dovuto “semplicemente” fare appello alla propria dignità e dire la verità. Ma tant’è! Ovviamente anch’io mi sono rivolta all’autorità competente e aspetto che la giustizia a breve faccia il suo corso, riconoscendo il mio diritto sacrosanto di lavorare dove mi spetta e non dove qualcuno, tradendo gli accordi sottoscritti con i sindacati nel contratto sulla mobilità dell’8 aprile scorso, che prevedeva l’assegnazione dell’ambito territoriale per punteggio, avrebbe deciso di spedirmi. Certo tutta questa farsa ha minato le mie certezze, la mia fiducia in uno stato di diritto, perché l’errore può anche starci, ma la condotta irresponsabile e scellerata di chi aveva il dovere di riparare al mal fatto con tante scuse, no. Ma sa, illustre ministra Giannini, se il I mov. della V Sinfonia del grande Beethoven sembra proprio rappresentare i sentimenti scaturiti da questo gran pasticcio, il prosieguo della composizione è fonte di forte ispirazione per tutti coloro che, consci di aver subito un grave sopruso, si sentono animati da rinnovate energie atte a sviluppare quella vis pugnandi che li porterà ad andare fino in fondo. Stefania Albano 3 Sommario FINALE PIROTECNICO per la stagione di danza romana di Alberto Cervi 5 Recensioni a cura di Luigi Bellingardi THIELEMANN e OTELLO a Salisburgo Da BEETHOVEN a HENZE con l’Orchestra di Dresda FONDATRICE Lydia Boni Al Teatro Regio 8 10 CARMEN Al Piccolo Regio LA GIARA di Alberto Testa CONCERTI AL CASTELLO di P. Krachmalnicoff Quando la musica incontra la scienza EDGAR VARÉSE Michieletto e un geniale TRITTICO al Costanzi di Luigi Bellingardi 12 Avveniristico allestimento di TOSCA al Carlo Felice di Massimo Arduino 13 LA KEMOKLIDZE all’Opera di Roma di Lorenzo Tozzi ECO E NARCISO di Domenico Scarlatti di Cecilia Campa 14 16 Recensioni a cura di Alberto Testa a Torino il trionfo di JUAN DIEGO FLÓREZ la voce che incanta 4 RASSEGNA INTERNAZIONALE DI VITA MUSICALE -CONCERTI OPERA -BALLETTO di Maria Adele Ambrosio Savino Zaba per i 60 anni di RADIONOVELLI di Francesca Berton Elucubrazioni su un accordo musicale Maggiore, Minore, Diminuito di Carlo Frajese “Luci della Ribalta” e Masterclasses Narni 2016 di Maria Serena Tait UN FUTURO per L’Archivio dei musicisti di Latina di Claudio Paradiso NOTIZIE a cura di Angela Funaro 18 LIBRI E DISCHI a cura di Lorenzo Tozzi 19 20 21 22 24 26 27 28 29 30 EDITORE DIRETTORE RESPONSABILE MARIA ELISA TOZZI Comitato di Redazione LUIGI BELLINGARDI DOMENICO CARBONI LORENZO TOZZI Direzione -Redazione -Amministrazione Via Flaminia Nuova, 241 -00191 Roma Tel. -Fax 06 3297736 Grafica: Ambramà Stampa: Pignani Printing srl Associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana Anno 2016 Abbon. to in Italia euro 25, 00 Abbon. Sostenitore euro 60, 00 Abbon. Benemerito da euro 100, 00 e oltre Le rimesse si effettuano sul C/C postalen. 14644009 IBAN del c/c postale IT 14Z0760103200000014644009 intestato a “Il Mondo della Musica” Via Flaminia Nuova 241-00191 Roma Periodico quadrimestrale .Registraz.Tribunale di Roma n. 10195 del 8 febbraio 1965. A norma dell’art. 74 del DPR 26/X/1972 n. 633 e del D.M. 28/12/1972, l’I.V.A. pagata dall’editore sugli abbonamenti è condensata nel prezzo di vendita intendendosi che il cessionario non è tenuto ad alcuna registrazione. Pertanto in nessun caso vengono rilasciate fatture. La ricevuta del versamento in c/c postale costituisce documento idoneo ad ogni effetto contabile. Qualora si desideri una ricevuta dell’importo pagato, occorre aggiungere al versamento euro 3,00 per rimborso imposta di bollo e spese postali. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. Manoscritti e fotografie non si restituiscono in nessun caso. La riproduzione dei testi anche parziale è vietata.(c) MET-Roma. P, IVA 03616910588 www.ilmondodellamusica.com [email protected] Gli articoli firmati riflettono le opinioni dei loro autori. Non necessariamente queste coincidono con le opinioni della direzione e della redazione. Gli abbonamenti non disdetti entro il 20 gennaio si considerano tacitamente rinnovati Finale pirotecnico per la stagione di danza romana A vvio di finale di stagione pirotecnico per il Teatro dell’Opera di Roma che per danza e lirica ha sparato le grosse cartucce, prima fra tutte il nuovo spumeggiante allestimento de La Traviata curato dal sarto Valentino, che non sta a me giudicare, ma che per quanto riguarda i piccoli interventi coreografici, ideati dal francese Stéphane Phavorin, non mi è sembrato molto incisivo nonostante la presenza di un grande artista quale Manuel Paruccini. Per contro il Balletto dell’Opera ha avuto ben altre occasioni per cui brillare a cominciare dall’entrata in repertorio di una delle più celebrate coreografie di fine ‘900, Le Parc, creata nel 1994 da un grande artista, in vero un po’ sopravvalutato, Angelin Preljocaj, uno che comunque sa bene come combinare la danza accademica con le più eccentriche tendenze dei movimenti contemporanei. In questo lavoro egli, prendendo spunto da un manuale francese del ‘700, L’Arte d’Amare, racconta della difficile azione del corteggiare, ambientando il tutto in uno stilizzato giardino all’italiana, scene di Thierry Leproust, e con l’accompagno delle sublimi note di Mozart, solo a tratti interrotte dalle ardue sonorità di Goran Vejdova. Nelle prime due parti lo spettacolo procede lentamente pur offrendo alcune belle figurazioni (c’è molto del teatro-danza di Pina Bausch) ma il meglio è nel terzo atto allorchè dopo tanti tentennamenti i due protagonisti, la sublime Abbagnato ed il tepi- calla, la Serata Nureyev che ha visto la messa in scena di tre coreografie di Petipa che furono sapientemente rivisionate dall’artista scomparso, allorché trovò asilo in occidente: il terzo atto della Raymonda di Glazunov, alcuni estratti da Il Lago dei Cigni di Ciaikowsky, e soprattutto di massimo interesse quel terzo atto da La Bayadère di Minkus, ovvero il cosiddetto “atto delle ombre” che è il massimo esempio di stile nel balletto tardoromantico. Purtroppo la sera della prima, cui io ho assistito, molte cose che non sono andate per il verso giusto, sia nell’esibizione dei protagonisti, ospite il grande Friedman Vogel, sia nelle luci e nella scenografia, hanno svilito lo Abbagnato, Cocino Le Parc © Y. Kageyama spettacolo; una lode comunque senza riserve va do Stéphane Bullion (sostituito poi fatta per il corpo di ballo, quello mada Claudio Cocino), concretizzano schile, impeccabile nella polonaise il loro incontro amoroso con uno del Lago, primo atto, e quello femsplendido passo a due di grande senminile, preciso ed imperturbabile sualità e bellezza. Un discorso sulla nella discesa delle ombre dall’Eveseduzione che mi è sembrato però rest, nonostante gli inconvenienti sul soprattutto uno scontro per la suprepalcoscenico! mazia fra i due sessi, nella vita così Senz’altro da ricordare uno spettacome nell’amore. colino di nicchia presentato sulla Altra grande produzione è stata quelribalta del Teatro Nazionale cui il la con cui il Balletto dell’Opera ha Balletto dell’Opera ha contribuito aperto la parentesi estiva nello spetcon una nuova produzione de Il Cartacolare teatro alle Terme di Caranevale degli Animali di Saint Saens, 5 ideata da Davide Bombana e ricca di belle immagini assolutamente originali e moderne nel richiamarsi ad i vari soggetti del testo musicale: superbi Alessandra Amato e Giuseppe Schiavone quali pesci nell’acquario e Rebecca Bianchi, il cigno morente invischiato nel petrolio. Una lode per i costumi di Anna Biagiotti! Per Roberto Bolle, sempre a Caracalla, il solito tripudio incondizionato di folle richiamate dalla mondanità della serata e dall’indiscutibile avvenenza del divo. Non particolarmente seducente il programma costituito da troppi brani scontati, ma assolutamente apprezzabile la presenza di tanti suoi colleghi di primissimo piano quali ad esempio Anna Tsygankova e Matthew Golding che sanno trasformare il più trito dei passi a due, quello dal Don Chisciotte, in un gioiello di espressività e tenerezza! Ed ancora Elena Vostrotina e Christian Bauch che, in Duet from New Suite su di una allemanda di Bach, rendono al massimo tutta l’energia che William Forsythe ha saputo trarre dalla tecnica accademica. Quanto al Bolle stesso, ha dato il meglio di sé più che nell’autocelebrante e stucchevole Prototype di Massimiliano Volpini, nello spiritoso Le Grand Pas de Deux di Christian Puck con la deliziosa Viktorina Kapitonova. Per restare nell’ambito del Teatro dell’Opera di Roma, va ricordato che si è svolta quest’anno la prima edizione del Festival di Teatro Musicale Contemporaneo a cura di Giorgio Battistelli, nel quale era inserito un unico titolo di danza: Empty Moves, un pezzo concepito ancora una volta dal Preljocaj per 4 danzatori; un testo senza contenuti, elaborato su una sequela di fonemi di John Cage, Empty Words, per l’appunto, in cui il coreografo scatena i suoi interpreti in un’interrotta serie di movimenti concatenati nel modo più libero ed inaspettato, senza senso, certo, ma non senza un certo qual interesse. Un esperimento quindi, ma di gran livello! L’ A c c a d e m i a Filarmonica Romana, superati i momentanei impedimenti del Teatro Olimpico, ha portato avanti il suo Festival di Danza con notevoli produzioni: la prima Bolle, Kapitonova Gran Pas de Deux © Luciano Romano assoluta di Ge- 6 orge Sand “uomo” e libertà, una creazione della coreografa Sabrina Massignani per l’Astra Roma Ballet, la compagine saldamente diretta dall’indimenticabile Diana Ferrara. Le musiche scelte erano Empty Moves © JC Carbonnei di Chopin, Respighi, Beethoven e Schumann e per protagonista figurava la ex-scaligera Sabrina Brazzo, ballerina di bellissima presenza, dalle linee lunghe e dal sofisticato gestire che impersonava la temperamentosa scrittrice francese con fare forse troppo distaccato; ma il linguaggio, invero fornito dalla coreografa rimaneva troppo in superficie senza dare mai della vicenda una visione a tutto tondo. Un bello spettacolo, molto suggestivo e raffinato tuttavia poco coinvolgente. E’ tornato poi l’Aterballetto con le nuove produzioni di cui ormai è sempre più arduo fornire una recensione dato che, col nuovo corso imposto dalla direzione artistica, vengono sempre più proposte nuove creazioni improntate a personalissime visioni di vita e d’arte di coreografi, vecchi o nuovi, che hanno tutti l’aria però di lavorare per il proprio estro e piacere, insensibili a quel che il pubblico può recepire. Che dire di tal Philippe Kratz? in Sentieri ci avverte il programma che vuol rivivere emozioni e ricordi della sua infanzia; io non ho percepito alcunché di pregnante fra tanto agitarsi in figure di scarsa originalità ed interesse. Anche il glorioso Jiri Kylian semgrande intellettualità che cerca di rotto, sempre più orientato sulla bra perdere il suo pathos e la sua rendere per immagini e movimendanza contemporanea dei giovani notevole ironia nel rielaborare una to le liriche del poeta, acutissimo autori, coreografi tuttavia seleprecedente creazione con nuova nell’illustrare le stagioni dei senzionati non a caso per seguire una base musicale tratta da Mahler, timenti e le condizioni della sociemoda, ma apparentemente secon14’20’’. Solo il greco Andonis tà consumistica d’America, paese do un gusto sicuro ed una certa afFoniadakis nel suo scombinato dove si era rifugiato allo scoppio finità con la compagnia. Il nuovo ed arruffatissimo Antitesi, mi trittico “Paradox” analizza sembra voler destare l’intele possibilità espressive dei resse dello spettatore e dirci “l’estate romana ci ha regalato corpi maschili e femminili qualcosa di autentico seppur in brani separati per geneun nuovo luogo per spettacoli eccentrico; nella sua baraonda re: il primo, Shyco, creazioall’aperto, il Giardino di Palazzo ne di Itamar Serussi, è un di corpi ed azioni c’è di tutto e c’è spettacolo innanzi tutto, assolo maschile di grande Venezia, un giardino incantato, dalla classicità greca all’anarintensità ed atletismo, volto ritrovato in pieno centro città ” chia, dal bello accademico al ad esprimere il percorso di brutto e scomposto d’oggidì, un giovane uomo nel matucon la musica dei classici itarare la propria personalità, liani a far da colonna sonora e filo della seconda guerra mondiale, ma Fem di Paolo Mangiola per quatconduttore. Se il caos dev’essere al quale non risparmiò le sue crititro danzatrici, traduce in passi di così, evviva il caos! che. Spiace solo il fatto che lo spetmatrice più accademica il mondo Ultima compagnia in programma tacolo, ricco e ben costruito, con dell’intimità femminile libero di quest’anno il Balletto del Sud, apporti di musiche anche di John esprimersi senza condizionamenti l’eccellente compagine fondata e Cage, viaggi su di un piano inumaschili. Infine con Tefer, ancora diretta a Lecce da Fredy Franzutsuale per il pubblico italiano che, del Serussi, irrompiamo con sei ti, coreografo colto, intelligente ed non così familiare con gli scritti danzatori in un universo maschile instancabile. dell’inglese, coglie dell’opera più di forza ed ostentata virilità, vista Tanto attivo da non dar tregua ai gli aspetti superficiali che non gli in un turbinio di azioni non prive di gustosa ironia. Bravissimi tutti i giovani di questa ferratissima compagine che si avvale anche di una efficiente scuola diretta dall’eccellente Paola Iorio. C’è anche un nuovo mini-teatro tascabile a Roma, anzi un “Teatroinscatola”, piccolo, piccolo, fatto apposta per artisti solisti e le loro personalissime esibizioni. Qui ho ritrovato quel particolare danzatore che è Fabio Ciccalè, per la rassegna Rosa Shocking, nella sua ultima creazione, Indaco, su musiche di autori vari, una raccolta di sensazioni ed emozioni legata ad un’ infanzia innocente, semplice Le quattro stagioni - inverno © Sciolti ed armoniosa al contempo, come il colore stesso sta a significare; suoi estimatori con sempre nuointimi nessi. inutile analizzare le azioni che il ve e sorprendenti proposte come L’estate romana ci ha regalato innostro esplica davanti al suo pubquest’ultima Le quattro stagioni, fine un nuovo luogo per spettacoli blico, sono spesso inesplicabili ed creazione che esce fuori dal conall’aperto, il Giardino di Palazzo insensate alla pari proprio di un sueto schema cui la abusata musiVenezia, un giardino incantato, gioco infantile, quelle che conca di Vivaldi ci ha abituato, per ridirei, nascosto e ritrovato in pieno tano sono le idee che trascendono allacciarsi invece alle diverse fasi centro città, perfetto per incontri il movimento e che si riescono a della vita umana appoggiandosi d’arte e per serate di danza. Qui si percepire tramite la grande fisicità agli straordinari versi dell’ingleè ripresentato il Balletto di Roma, che l’artista emana. se W. H. Auden. Un lavoro quinanch’esso ormai, con la nuova diAlberto Cervi di estremamente ragionato e di rezione artistica di Roberto Casa- 7 Recensioni a cura di Luigi Bellingardi THIELEMANN e OTELLO a Salisburgo I spirata a Shakespeare, a 400 anni dalla morte, è stata la 49a edizione del Festival di Pasqua a Salisburgo nella presentazione di Christin Thielemann e di Peter Ruzicka, il nuovo “Intendant”: al centro l’Otello verdiano, un al- fatto seguito la recita del 27 marzo (alla quale ho assistito). Nel verificare i vari aspetti della performance di Otello ho notato l’incidenza continuativa e determinante di una idea-base, quella di puntare ad imprimere il maggior risalto pos- ed intensità di spessore strumentale di ogni sezione e dell’insieme, sovente nel fortissimo del volume sonoro. Dal canto suo il regista Boussard ha voluto sottolineare l’incombenza della tragedia con l’inventare un nuovo personaggio, dell’Esultate di Otello. Per fortuconcomitanti impegni artistici, va di buon mestiere nella presenza na è assente dal duetto del Moro anche tra l’una e l’altra recita a scenica. Efficaci gli interpreti dei con Desdemona (Quando narravi) Salisburgo, José Cura ha alternaruoli minori: Benjamin Bernhein sullo sfondo di specchi e di stelle. to alcuni pregevoli slanci vocali e esibisce, come Cassio, una fresca L’Angelo Nero domina nel seconsquilli ad altri per lo più non belvoce di tenore; Georg Zappenfeld do atto: si avvinghia a Jago, lo bali, denunciando una scarsa forma è convincente come Lodovico; cia sulle labbra per trasmettergli il nell’intonazione, nel registro graChrista Mayer è assai persuasiva virus luciferino del Male come Emilia; Bror poco prima che declami Magnus Todness è il sinistro suo Credo. La un Rodrigo puntuale; sala del castello è domiCsaba Szegedi è un “il regista Boussard ha voluto nata dall’Angelo Nero Montasottolineare l’incombenza della tragedia apprezzabile che corre avanti e indieno; Gordon Bintner è tro con una bolla di fuoco con l’inventare un nuovo personaggio, l’araldo. Tenace risulin mano e accende tante ta l’impegno esecutil’Angelo della Morte” candele su una lunga tavo del Coro dell’Opevola. Ed è anche protara di Dresda, ben gonista del quarto atto, addestrato da Jörn accanto a Desdemona, in un locale ve, con qualche eccesso di vibraHinnerk Andresen nonché quelassai piccolo, tutto spoglio, dove to. Anche la presenza scenica, sin lo del Kinderchor di Salisburgo, c’è solo un piedistallo che inalbera dall’impostazione voluta dal regipreparato a dovere da Wolfgang il vestito da sposa: è l’Angelo della sta, è risultata nettamente inferiore Götz: nell’omaggio a Desdemona Morte ad assistere all’assassinio, a rispetto ad altre sue prestazioni, suscita ilarità nel pubblico perché portar via il corpo di Desdemona, a documentate in vari video ripresi la regìa fa apparire i fanciulli con porgere ad Otello la lama mortale. dal vivo. Celebre interprete mola camiciola rossa e il grembiulino Nella valutazione generale dello zartiana, Dorothea Röschmann, bianco, come se partecipassero al spettacolo mi ha stupito il distacco magari per carenza di prove d’asTe Deum della Tosca. Al termine con il quale Boussard abbia ignosieme, qua e là non ha pienamente della serata lunghi applausi, sperato la drammaturgia, i sentimenti, convinto come Desdemona: spesso cialmente rivolti a Thielemann, i rapporti tra l’uno e l’altro persosoverchiato dall’orchestra, il lumia sua volta entusiasta e appagato naggio, quasi fosse all’esordio nel noso suo timbro si è fatto valere dall’esito eccellente dei complessi teatro verdiano e non conoscesse i soltanto nel quarto atto. Omogeneo artistici della Semper Oper. Non problemi psicologici della stessa e fluido nell’intero arco dell’opera, sono mancati i reiterati e insistenti vicenda scespiriana, gli intrighi, pur con l’emissione costantemente “buh” rivolti a José Cura e al rela gelosia. Di per sé atemporali ed sul forte in luogo del mezzoforte gista Vincent Boussard. Ripreso astratte sono le scene di Lemaire, o dei pianissimi previsti dalla pare trasmesso dalla tv, lo spettacolo al pari degli eleganti costumi di titura verdiana, Carlos Alvarez è vedrà la luce come video verso la Lacroix. Forse affaticato da altri, stato un vigoroso Jago, dando profine di quest’anno (forse C Major). José Cura (Otello), Carlos Álvarez (Iago, in the back). © Forster tro titolo in lingua italiana dopo il binomio verista (Cav & Pag) dell’anno scorso. Per questo Otello, sempre nell’annuncio ufficiale, era stato scritturato un “team” d’eccezione in sede di allestimento con Vincent Boussard come regista, Vincent Lemaire per le scene e Christian Lacroix per i costumi. La scelta dei protagonisti di canto ha creato qualche problema con la sostituzione forzata del tenore Johan Botha, gravemente ammalato, con José Cura e del baritono Dmitri Hvorostovsky con Carlos Alvarez. Alla première del 19 marzo ha 8 sibile ad un’atmosfera cupa, tetra, marcata da una significativa prospettiva funerea, prefigurando sin dall’avvio il destino ineluttabile della tragedia. Thielemann all’esecuzione integrale di Otello ha aggiunto la riapertura d’un taglio tradizionale nel concertato della conclusione del terz’atto, allentandone però un poco la tensione. Comunque con grande autorevolezza si è fatto valere il virtuosismo della Sächsische Staatskapelle Dresden, un’orchestra formata quasi da solisti tali sono risultate le qualità di trasparenza, omogeneità, intesa l’Angelo della Morte, tutto nero con grandi ali nere (Sofia Pintzou, una ballerina) che appare frequentemente in scena, già all’avvio del primo atto quando cerca di trattenere un gigantesco velo che sventola sopra al golfo mistico, come fosse una vela gonfiata dal vento, un bell’effetto anche per le proiezioni (di Isabel Robson, d’intesa con il gioco di luci di Guido Levi). Dietro al velo c’è il Coro della Semper Oper di Dresda nell’unica grande scena all’aperto dell’uragano sulla riva del mare in tempesta, tra lampi e fulmini, prima Chorus © Forster 9 Da BEETHOVEN A HENZE con l’Orchestra di Dresda I l ciclo dei concerti della Saechsische Staatskapelle ha costituito nella varietà delle sue proposte musicali quasi un festival autonomo, a cominciare dalla sfolgorante performance della Missa Solemnis di Beethoven. Come a tutti è noto alla stesura di questa maestosa composizione Beethoven attese un tempo assai maggiore del previsto, dall’autunno 1818 alla metà del 1823. E giustamente Adorno ebbe ad osservare che lo spirito laico del musicista “si estraniò dal contenuto religioso per dedicarsi alla specifica forma creativa”, essendo stimolato dalle sollecitazioni della storia e della tradizione. Dai ricordi personali di Wilhelm Furtwaengler, che mai si decise a dirigere questo ampio e complesso lavoro, si apprende che il problema si identificava nel dissidio fra la dimensione storica della polifonia alla Palestrina e la dimensione moderna di una religiosità intimistica, “comprensiva d’un linguaggio nutrito di Lied e di corale” su base essenzialmente armonica. Non per nulla attorno alla Missa Solemnis si sono formate le origini del movimento culturale di riscoperta della musica antica: in un appunto di Beethoven, evidenziato non tanto tempo fa da Luigi Magnani, vi è l’annotazione in merito “agli antichi modi della musica ecclesiastica”. Sotto la vibrante ed elastica direzione di Christian Thielemann si è imposto 10 all’attenzione il tracciato del Kyrie, con le due sezioni esterne prevalentemente corali e quella centrale solistica. Un trascinante, travolgente giubilo sottolinea l’attacco del Gloria. Nell’incisiva irruenza del maestro berlinese sbalorditiva è apparsa la maestosa struttura polifonica, squassata da una furia incalzante. Nonché le improvvise, quasi inattese, oasi di quiete del Gratias agimus o dell’implorante Miserere nobis. Con strepitoso impegno gestuale Thielemann ha scandito ogni episodio del Credo, tale atmosfera conduce, con l’Agnus Dei, alla conclusione. Di grande forza espressiva il canto, pastoso e fluido, di Krassimira Stoyanova, nonché gli appassionati impegni vocali del basso Georg Zeppenfeld, del mezzosoprano Christa Mayer e del tenore Daniel Behle. Al violino solista, in piedi a lungo, c’era l’ottimo Matthias Wollong, all’organo Jobst Schneiderat, assieme al Coro della Radio Bavarese, ben addestrato da Peter Dijkstra. Tutti applauditissimi assieme alla fenomenale Orchestra di Dresda e al maestro stabile Christian Thielemann. L’esordiente Vladimir Jurowski, direttore stabile al Festival di Glyndebourne, ha firmato il successivo programma sinfonico letteralmente programmato nel ricordo scespiriano con l’Ouverture dell’Oberon di Carl Maria von Weber, il beethoveniano Concerto n°1 in Orchestra Sinfonica di Dresda do maggiore op. 15, l’Ouverture nell’alternanza di polifonia e di stidel “Sogno di una notte d’estate” le moderno. Per il Sanctus Beethoop. 21 di Felix Mendelssohn-Barven ha scelto soltanto le voci senza tholdy, la Sinfonia n° 8 di Hans Werl’orchestra, con un effetto di devota ner Henze. Jurowski ha chiaramente sobrietà di accenti – nel gioco degli confermato le indubbie sue qualità archi, solo viole e violoncelli, senza interpretative, uno slancio fantasioviolini, con il fugato di Pleni sunt so ricco di colori e una stimolante coeli. Introdotto da un Praeludium gamma di effetti dinamici. Cogliendi strumenti soli si dipana la ineffado quindi con esiti eccellenti i caratbile dolcezza del Benedictus in cui teri idiomatici di ogni composizione il canone dei solisti vocali, ai quali in locandina, a cominciare dall’incesi unisce un violino, si stempera in dere fiabesco e cavalleresco dell’Alluminosa, trasparente naturalezza. E legro bitematico di Oberon, con i variamente allusivi al soggetto scespiriano, alla ricerca d’un magico fiore da parte di Puck, al suo viaggio intorno al mondo, all’improvvisa passione di Titania e per Bottom e al sognante clima conclusivo, l’Allegramente con comodo, tra tenerezza e ballabilità. Intessuta di raffinati chiaroscuri strumentali l’intera esecuzione di questa Ottava Sinfonia ha colto magistralmente l’affascinante morfologia e dell’eloquio strumentale henziano, tutta la sua carica di poesia e naturalezza. Di nuovo sul podio dell’Orchestra di Dresda Christian Thielemann per il terzo concerto sinfonico dedicato a musiche di Beethoven, Čajkovskij e Liszt. Nel far risaltare i caratteri del Triplo Concerto in re maggiore op. 56, nella specifica fisionomia di prevalente gusto “parigino”, rispetto ai modelli viennesi di Haydn e di Mozart, Beethoven provvide a Ludwig van Beethoven largamente profondere vari incisi melodici in un’atmosfera di brillante socievolezza: ed brillante e raffinato: nel buon gusto è proprio in tale ambito che si è esecutivo dell’iniziale Allegro con prodigata Anne-Sophie Mutter brio, assai prossimo ai modelli di al violino con intensità maggioClementi e Hummel, nell’amabili re di quella dimostrata da Lynn tà da romanza mozartiana del largo Harrell al violoncello e da Yefim centrale e nella trascinante verve Bronfman al pianoforte. del Rondò conclusivo. Ai reiterati Divina e sempre incantevole, la consensi del pubblico Buchbinder Mutter sotto ogni punto di vista, ha offerto come fuori programma spiccatamente nell’individuare una smagliante esecuzione del Finale le ombreggiature del tracciato della beethoveniana Pathetique. Delmusicale. Dal canto suo Thiela giovanile Ouverture del Sommerlemann, finissimo nell’imprinachtstraum si sono ascoltate tutte le mere in ogni momento la necessisuggestioni di un romanticismo fatatà dell’equilibrio sonoro, ha fatto to ed aereo, nutrito di sonorità lievisrilevare, una volta ancora, la duttilità sime e trasparenti, nell’evocazione espressiva dell’Orchestra di Dresda. del mondo dei folletti e delle fate. Analogamente il maestro berlineInfine d’estrema piacevolezza è stato se ha felicemente sottolineato ogni il disegno interpretativo dell’Ottava aspetto artistico dell’Ouverture-FanSinfonia di Henze, ispirata essa pure tasia Romeo e Giulietta di Čajkovskij al Sogno d’estate mendelssohniano e e del poema sinfonico Les preludes di dedicata alla Boston Symphony OrLiszt nell’incessante procedimento di chestra che ne diede la prima assoluta trasformazione melodica e strumennel 1993 sotto la bacchetta di Ozawa. tale. Secondo le parole di Henze stesso, Il sovrintendente Peter Ruzicka e il domina nella musica la luminosità direttore musicale Christian Thied’una giornata di sole nell’ebbrezza lemann hanno infine confermato il della natura d’estate con riferimenti tipici interventi del clarinetto. Nella performance del Primo Concerto beethoveniano in luminosa evidenza sia la sicura tecnica sia la luminosa trasparenza di Rudolf Buchbinder alla tastiera, con un manualismo loro impegno artistico al Festival di Pasqua a Salisburgo sino al 2020. E annunciato il programma del prossimo anno, particolarmente solenne perché celebrerà i 50 anni della manifestazione ideata nel 1967 da Herbert von Karajan. Verrà riproposta Die Walküre con la ricostruzione dell’originaria scenografia di Günter Schneider-Siemssen, con la regia di Vera Nemirova e i costumi di Jens Kiliamn, Nel cast sono annunciati Peter Seiffert (Siegmund), Georg Zeppenfeld (Hunding), Vitalij Kowaljow (Wotan), Anja Harteros (Sieglinde), Anja Kampe (Brünnhilde), Christa Mayer (Fricka). Per l’occasione, oltre all’Orchestra di Dresda, parteciperanno due altre celeberrime formazioni, i Wiener Hans Werner Henze Philarmoniker sotto la direzione di Thielemann per l’esecuzione della IX Sinfonia di Beethoven ed i Berliner Philarmoniker sotto la guida di Simon Rattle per la Sesta Sinfonia di Mahler. Nel ciclo consueto dei concerti sinfonici Franz Welser-Möst dirigerà la Nona Sinfonia di Mahler, Thielemann il Requiem di Fauré, la Terza Sinfonia di Sant-Saëns, il Concerto n° 21 in do maggiore K. 467 di Mozart (alla tastiera Danil Trifonov) e la Sinfonia n° 4 “Romantica” di Anton Bruckner. 11 Michieletto e un geniale TRITTICO al Costanzi D al gennaio 2002 mancava al Luigi, lo avvolge nel mantello che Ottima la prova del folto cast in cui Teatro dell’Opera il Trittico apre infine alla vista della donna. In hanno spiccato per bravura scenica e integrale con la direzione Suor Angelica un container aperto è per slancio vocale Roberto Frontali di Gianluigi Gelmetti e la regia di la cameretta di Angelica, gli altri si(Michele e Schicchi), la fenomenaRoberto De Simone, protagonista in stemati in fila servono come una fila le Patrizia Racette come Giorgetta tutte e tre le operine Daniela Dessì. di lavatoi d’una sorta di convento, e come Suor Angelica, Violetta UrVi è tornato il 17 aprile (io ho assitrasformato in una casa correzionale mana come la Zia Principessa, e poi stito alla reciin Tabarro ta del 23 apriMaxim Aksele, con il cast nov (Luigi), della premièNicole Pamio re) sotto la (il Tinca), direzione muDomenico sicale di DaColajanni (il niele Rustioni Talpa), Anna e con la regìa Malavasi (la di Damiano Frugola), VlaMichieletto. dimir Reutov Un gran suc(il vendicaore cesso nell’imambulante), postazione Ekaterina Sad r a m m a t u rdovnikova gica, nella (Suor Genorealizzazione veffa), Beascenica come trice Mezzanell’interprenotte (suor tazione dei Osmina), Trittico di Giacomo Puccini, regia Damiano Michieletto, © Yasuko Kageyama Chiara Piecantanti. Michieletto ha retti (Suor scelto come motivo unificante l’idea per fanciulle perdute, con due sorDolcina), Rossella Cerioni (suor indella maternità: se Giorgetta nel Taveglianti inguainate in una tuta nera fermiera); in Gianni Schicchi Natabarro e Angelica in Suor Angelica e armate di frustini. Nello Schicscha Petrinsky (Zita), Antonio Poli sono personaggi a cui è venuto a chi infine si vede un appartamento (Rinuccio), Ekaterina Sadovnikova mancare un figlio, in Gianni Schicmultipiano con le pareti rivestite di (Lauretta), Nicola Pamio (Gherarchi il regista immagina che Lauretta grossolane carte da parati a fiori. In do), Simge Buyukedes (Nella), Losia rimasta incinta durante una scapqueste realizzazioni Michieletto si è renzo Giambenedetti (Gherardino), patella con Rinuccio e che lo riveli avvalso dell’impegno esecutivo di Andrea Porta (Bello di Signa), Doal babbo Schicchi mostrandogli una collaboratori di prim’ordine come menico Colajanni (Simone), Roberecografia mentre intona O mio babPaolo Fantin per le scene, di Carto Accurso (Marco), Anna Malavasi bino caro. In sede rappresentativa il la Teti per i costumi, di Alessandro (la Ciesca), Matteo Peirone (mastro regista Michieletto ha disposto sulla Carletti per il vivace ed efficace gioSpinelloccio), Francesco Musinu scena un gruppo di container, alcuni co di luci. Non meno abile, scaltra, (Ser Amantio di Nicolao), Leo Paul apribili altri variamente sovrapposti intelligente la regia di Michieletto Chiarot (Pinellino), Daniele Masin modo da variare e ampliare anche nell’azione scenica, anche nell’insimi (Guccio). Otto repliche, tutte in verticale lo spazio scenico: per calzante succedersi degli atteggiaesaurite con consensi vivissimi al Tabarro tutto funziona egregiamenmenti e dei comportamenti farseschi direttore Rustioni, al regista Michiete nel disegno espressionista della di Gianni Schicchi. La direzione letto, all’orchestra, al coro ben presemi-oscurità e nel naturalismo delmusicale di Daniele Rustioni è stata parato da Roberto Gabbiani. lo scontro tra l’adultera Giorgetta precisa, varia, puntuale pur con quale Michele in primo luogo poi nello che rallentamento nel dar evidenza Luigi Bellingardi scontro fisico di Michele che uccide alla tessitura armonica del Tabarro. 12 Avveniristico allestimento di TOSCA al Carlo Felice D opo circa un anno e mezzo è tornata Tosca al Teatro Carlo Felice di Genova, nell’avveniristico allestimento di Davide Livermore. Il motivo di una ripresa così ravvicinata è stato, essenzialmente, il debutto del tenore genovese Francesco Meli nel ruolo di Cavaradossi. Meli, che è persona intelligente e accorta, ha aspettato di avere 36 anni, e la relativa maturità artistica, fisica e vocale, per interpretare il pittore pucciniano. L’ardito allestimento di Davide Livermore ha quindi, quest’anno, assolto la funzione di incubatrice protettiva per la nascita di un nuovo grande Cavaradossi. Il regista piemontese, responsabile anche delle scene, ha progettato un unico enorme piano inclinato, girevole, capace di avvicinare e allontanare i protagonisti dal pubblico in un’emulazione del linguaggio cinematografico impressionante, fatta di cambi di prospettiva, piani sequenza e persino primi piani, qualcosa di mai visto prima su un palcoscenico. Le proiezioni di sfondo, ormai quasi un marchio di fabbrica di Livermore, contribuivano alla fascinazione, mutando la struttura inclinata dalla Chiesa di Sant’Andrea della Valle in Palazzo Farnese, con tanto di sala torture a vista, in basso, fino a disegnare gli spalti di Castel Sant’Angelo nel finale, coinvolgendo totalmente gli spettatori in sala. Per contro l’inclinazione vertiginosa del piano scenico e i movimenti continui hanno messo a dura prova equilibrio e agilità degli interpreti, costretti a un surplus di concentrazione, oltre a quella normalmente richiesta dal canto e dalla esigente partitura di Puccini. Cominciamo l’analisi degli interpreti dall’autentico trionfo tributato a Francesco Meli dal pubblico di casa, e non certo per campanilismo. La sua è stata un’interpretazione a cavallo tra il consueto belcanto, con cui si è ormai affermato su tutti i palcoscenici mondiali, e una sorta di verismo controllato, per cui il timbro limpido e la naturalezza di emissione si sono sposate a un volume che non gli conoscevamo, fin dall’aria di entrata, quella “Recondita armonia” che arriva sempre a voce troppo fredda per sfidare i tenori. “E lucevan le stelle” ha naturalmente meritato il bis. Nel ruolo del titolo si è calata con la consueta maestria la specialista Amarilli Nizza, dalla figura di innata eleganza e dalle grandi doti recitative. Nel primo atto, però, la vocalità è sembrata un po’ appannata, con le note lunghe a tratti ondeggianti e qualche incertezza nei finali; molto meglio nel prosieguo, con una menzione di merito per la “Vissi d’arte” drammaticissima, in perfetto stile Callas. Angelo Veccia ha la giusta prestanza per rendere credibile il tetro Scarpia e si è districato egregiamente tra le insidie canore del secondo atto, mentre la mente a suo agio nei momenti lirici, in cui ha sicuramente fatto valere le assidue frequentazioni con le opere di Čajkovskij, tenendo sempre l’orchestra un passo dietro al canto e sottolineando magistralmente i numerosi leit motiv che occhieggiano dalla partitura. Nei momenti, invece, in cui i volumi salivano, come nel finale maestoso di primo atto con il Te Deum, si notava qualche incertezza negli equilibri dinamici, così pure come nei repentini e concitati cambi di ritmo del primo e del terzo atto, in cui la musica deve incollarsi a quello che accade in scena proprio come in un film. Bene il coro del teatro, diretto dal maestro italo-argentino Pablo Assante, che ha esaltato il finale del primo atto con un Te Deum di grande compattezza sonora. Menzione di Tosca Atto I parte recitativa, che per il ruolo è però estremamente importante, andrebbe forse curata di più dal baritono romano. Inappuntabile il resto del cast, con un ottimo Giovanni Battista Parodi nel ruolo di Angelotti, un ammiccante Matteo Peirone nelle vesti del petulante sagrestano e lo Spoletta di Enrico Salsi, cattivo come richiesto. Discorso a parte merita la direzione di Dimitri Jurowski. Il direttore russo si è mostrato decisa- merito ai costumi di Gianluca Falaschi, rigorosi e realistici nelle fogge, ma con splendide aperture cromatiche su Scarpia e su Tosca, quasi a voler focalizzare l’attenzione degli spettatori sugli interpreti più importanti della storia ai fini di quell’Eros e Thanatos che è la vera costante delle narrazioni musicali di Giacomo Puccini. Massimo Arduino 13 La Kemoklidze all’Opera di Roma KETEVAN LA GUERRIERA: una voce multicolore e Eboli, Preziosilla e Gilda, Olga e Cleopatra, Dorabella e Fenena. Una voce dunque inconfondibile. ma dai mille colori ed un’attrice dai mille volti. Ma chi è Ketevan donna e artista? P Ketevan Kemoklidze roviene da un Paese ricco di storia come la Georgia, ricordata persino da Omero per i suoi vini, il mezzosoprano Ketevan Kemoklidze, formazione di base a Tbilisi ma perfezionamento all’Accademia della Scala. La sua carriera è costellata di vittorie a concorsi come l’Operalia di Domingo, quello de la Ville de Toulouse, il Vinhas, l’Hans Gabor di Vienna o l’Obratzova di Pietroburgo. Dal suo debutto, nel 2002, il suo repertorio si allarga comprendendo non solo ruoli en travesti ( come il recente apprezzato Pierotto nella Linda di Chamounix donizettiana all’Opera di Roma o Isolier nel Conte Ory, Stephano in Roméo et Juliette, Giulio Cesare di Haendel o Cherubino nelle Nozze mozartiane) ma caposaldi della letteratura lirica. Delle sue corde sono personaggi anche diversi tra loro come Carmen e Rosina, Cenerentola 14 Innanzitutto una cantante legata alle sue origini ed alla sua terra, tanto da offrire al Palazzo della Cancelleria un concerto per il 25mo anniversario dell’Indipendenza della Georgia accompagnata al pianoforte dall’esperta Eka Metreveli, moglie dell’ambasciatore georgiano, con musiche di Arakishvili, Taktakishvili e Laghidze accanto a quelle, da noi certo più note, di Cilea (l’aria della principessa Bouillon dall’Adriana), Rossini (la Cavatina di Rosina) e Verdi (l’Aria di Eboli dal Don Carlo) per non dire del bis rossiniano con la briosa Regata veneziana. Come si è consolidato il suo rapporto con l’Italia? “Ho avuto sin da piccola uno stretto rapporto con l’Italia. In famiglia si parlava spesso della cultura, dell’arte, del cinema o della letteratura italiana. Ho visto tanti film italiani, letto Rodari (Cipollino o Gelsomino). Così quando sono venuta in Italia mi sono sentita a casa. La mia formazione è avvenuta in Italia, anche se avevo già vinto premi e avevo debuttato sul palcoscenico in Georgia. All’Accademia della Scala tra 2005 e 2007 insegnavano la Gencer, la Serra, Bruson, Alva e la Freni. Mi hanno dato la base su cui costruire la mia carriera. In Italia ho amici che frequento nelle pause dalle recite. Georgiani e italiani si assomigliano (anche quando non si fermano ai semafori): abbiamo scuole, vita, mare, musica, buon cibo, stesso clima. Siamo sullo stesso parallelo: la geografia ci aiuta.” Come si avvicina ai suoi personaggi, vista la galleria così variegata del suo repertorio? Prima leggo la storia, approfondisco il periodo in cui è stata scritta, cosa voleva esprimere. “Me lo chiedono in molti e a volte me lo chiedo anche io. Importante è una giusta organizzazione con l’aiuto di marito e genitori. A Barcellona ho cantato Pierotto incinta di otto mesi. Mio figlio di 4 anni è stato bravissimo. Ora va all’asilo ed ha i suoi amici.” Alcuni personaggi sono ricchi di storia (come Elisabetta in Maria Stuarda), altri però, come Cherubino o Pierotto, non ne hanno e tocca quindi reinventarsela con fantasia. La drammaturgia musicale ci aiuta. Di Pierotto non si dice che era innamorato di Linda, ma forse inconsciamente nutriva affetto per lei: nel bellissimo duetto dice che l’averla ritrovata gli ha fatto dimenticare il freddo e la fame subite.” Cosa cambia da un ruolo ad un altro? Come bilanciare la tecnica vocale con le esigenze attorali? “Spesso la scena non va d’accordo col canto, ma la tecnica aiuta molto. Noi georgiani abbiamo scuola vocale italiana. Da noi hanno cantato tanti grandi cantanti italiani. Il maestro del mio maestro è stato Barra, insegnante anche di Bergonzi. Così mi sono impadronita della sicurezza tecnica.” Esiste ancora una scuola italiana di canto? “Noi siamo molto legati alla scuola italiana, anche se ormai ha assimilato da noi anche altre scuole. Per questo hanno molto successo nel mondo i cantanti georgiani, come ad esempio il basso Paata Burchuladze.” Non disdegna anche il barocco però… Ketevan Kemoklidze te e un musicista, ma anche aiuta molto i giovani. E’ una persona speciale che stimo molto.” “Il barocco mi piace. E’ un gioiello della musica. Ti offre una soddisfazione unica. Obbliga ad un rapporto più collaborativo. Non sei chiusa, ingabbiata, ma puoi inventare variazioni. E’ musica dell’anima e concede grande libertà.” “Una guerriera purtroppo. La vita mi ha fatto guerriera. Sono nata in un paese che aveva molti problemi politici ed economici” A quale dei suoi tanti personaggi Ketevan si sente più vicino? Ketevan Kemoklidze “Cambia tutto: la postura della figura, i gesti, il viso. Eboli che è una tigre piena di vendetta non può essere come Rosina che fa tutto con humor e brillantezza o come il malinconico Pierotto. Carmen è tutta un’altra donna. Quando affronto ruoli maschili poi, indosso sempre i pantaloni, non metto lo smalto alle unghie, cerco di essere più maschile.” “ Difficile dirlo. Quando canto, mi sento sempre più vicino a quello che sto interpretando. Sono Rosina, Carmen, anche Cenerentola (vengo da un paese povero) che ho cantato su invito di Domingo a Los Angeles. Domingo non è solo un cantan- Ma che donna è Ketevan? “ Una guerriera purtroppo. La vita mi ha fatto guerriera. Sono nata in un paese che aveva molti problemi politici ed economici. Sono nata in guerra ed ho imparato a lottare anche per il pane.” Come concilia l’arte e la vita? Dida Quale sogno conserva ancora nel cassetto? “Poco a poco sto facendo tutti i ruoli che volevo fare. Eviterei salti troppo grandi. Mi piace molto Isolde, ma non è per la mia voce. Forse Amneris, ma tra un po’ di anni.” Quali sono le cose in cui crede davvero nella vita? “Amore e bontà… e pazienza. Questo manda avanti il mondo e può salvarci tutti.” Lorenzo Tozzi 15 Amor d’un’ombra e gelosia d’un’aura ECO e NARCISO di Domenico Scarlatti L a riesumazione del dramma pastorale di Domenico Scarlatti Amor d’un’ombra e gelosia d’un’aura su testo del poeta arcadico Carlo Sigismondo Capece, dato originariamente a Roma nel Teatro domestico della Regina Maria Casimira Sobieska di Polonia a Palazzo Zuccari nel gennaio 1714 e riproposto a Londra nel 1720 (Teatro Haymarket con modifiche apportate al libretto da Paolo Rolli e alla musica da parte dello stesso Scarlatti con integrazioni di Thomas Rosengrave) si deve a un interesse specifico di Lorenzo Tozzi per il repertorio romano che, come in altre sue imprese degli ultimi venti anni, si è questa volta occupato di ricostruirne la versione primitiva, di cui manca la partitura, mediante collazione con la londinese, pervenuta invece integralmente. L’operazione, che il musicologo e direttore del Romabarocca Ensemble definisce di “filologia sperimentale”, si è rivelata di notevole spessore, grazie alla sensibilità e all’attenzione con cui lo studioso ha collazionato le due occorrenze di un lavoro, il cui spirito arcadico è riemerso perfettamente nella sua peculiare aderenza tra le sottigliezze poetiche del Capece e la finezza di un Domenico Scarlatti ventinovenne. L’ascolto di questo dramma pastorale appare quanto mai felice per 16 immergersi nello spirito che l’Arcadia dedicava alla musica, mezzo che intendeva totalmente fuso con la parola verbale e che si sarebbe tentati di dire si presenti qui in una importante metafora estetica: la parola, dominio della precisione sulla duplicità del soggetto, dato che nel corso del Seicento l’interesse compositivo si era più volte concentrato sull’eco, senza congiungerla con la figura di Narciso. L’eco era utilizzata sulla scena principalmente quale effetto musicale-sonoro, a sottolineare le recenti scoperte di acustica, fornendo sorprese di tipo fonico a topoi di “eco” musicale e di risposte testuali dal cielo basate sulla rima inclusiva. Espedienti di cui a partire da La rappresentazione di anima et di corpo di Emilio de’ Cavalieri e via via attraverso Eumelio di Agostino Agazzari, nonché l’Orfeo monteverdiano, si sono fatti sempre più frequenti in teatro e non solo. Si assiste così a una tra le prime rappresentazioni di Eco e Narciso (congiunti e finalmente amanti), ancora variati dalla fusione che Capece precisa nell’Argomento, con l’altro mito ovidiano di Cefalo e Procri: egli la segnala enunciando l’affascinante idea di definire “aura” il maDomenico Scarlatti teriale fonico dell’eco e “ombra” il materiale semantica della scrittura (la vista) visuale in una azione che, diversae la musica, che lo avvolge in suomente dalla storia ovidiana, decide no immateriale e ineffabile (udito), per un più “moderno” finimento appaiono perfettamente fusi e qui lieto. Si osservi dunque il modo confusi, emblematicamente celati in cui il libretto presenti un Narnel mitologema di Eco (il suono) e ciso, inizialmente ancora più che Narciso (l’immagine). Il soggetto innamorato di sé, per effetto dello di questo dramma si può ascrivere strale di Cupido sopraffatto dalla tra le prime intonazioni costruite costanza di Eco ora singolarmen- te visibile, oltre che udibile, nella l’udito, possano fornire ai classici lutivo presente nel testo romano, riflessione dell’acqua. Si tratta di precetti dell’imitazione in ambito piuttosto che offrirne un adattamenuna scena risolutiva, in cui la retiestetico, cui si accennava per il bito non del tutto compatibile con il cenza di Narciso allo specchio del nomio testo-musica. Capece suggemetodo e con gli esiti della ricerca fonte sfuma al vedere nel liquido risce già nel titolo, consapevolmenprodotta. non già l’immagine di sé, bensì il te, come occhio e orecchio debbano L’esecuzione patrocinata dall’Acvolto di Eco che gli appare scocessare di essere rivali (o di essere cademia dell’Arcadia, dal Palazzo nosciuto. Soluzione cui moderne visti quali rivali); piuttosto, in quaMuseo di Wilanov (Varsavia), rechiavi psicanalitisidenza della Reche potrebbero angina Casimira, e cora molto aggiundell’Ambasciata gere alla lettura. La Polacca in Roma, “...la parola, dominio della precisione formula si inscrive si è tenuta il 10 semantica della scrittura (la vista) e la significativamente giugno presso il in una stagione che monumenmusica, che lo avvolge in suono immateriale e Salone vede affermarsi il tale della Biblioteineffabile (udito), appaiono perfettamente fusi ca Angelica, sede binomio Eco-Narciso, in uno spazio dell’Arcadia, in e qui confusi...” cronologico che va occasione della dal di poco precechiusura dell’anno dente Narciso di accademico e nelApostolo Zeno, pastorale per mulità di amanti, diano vita a una diala ricorrenza del terzo centenario sica di Antonio Pistocchi (1697) lettica di riverberi e di rispecchiadella morte della Regina Casimira all’Ėcho et Narcisse di Gluck (Pamenti sinestetici che nell’arte (in (1716). Lorenzo Tozzi alla guida rigi, Opéra, 1779). quest’opera in amore) raggiungano del Romabarocca Ensemble ha saNon è questa la sede per rievocare il la dovuta composizione e assimilaputo mettere in luce le peculiarità contesto, non solo poetico e dramzione. del lavoro, di massimo impegno e maturgico-musicale, ma anche La risultante della ricostruzione di per il complesso strumentale e per scientifico, pensando all’AccadeLorenzo Tozzi – una sinfonia triparle parti vocali. Beatrice Mercuri (Eco), mia dell’Arcadia mezzosoprano, e quale protettrice Angelo Bonazzoli di tutto l’arco (Narciso), sopranidisciplinare delsta, hanno calibrato la ratio studionell’attenta e prerum dell’epoca. cisa articolazione Scienza e filosofraseologica e in fia fanno da corsfumature chiaronice alla tematiscurali le colorature ca, che il poeta sinuose e impervie sa far affiorare previste dalla scritin giochi molto tura di questo idilsofisticati di allio, immoto quanlusioni, elisioni to affettivamente e similitudini. Ci inquieto. Con non si muove tra la minore perizia filosfera erudita oblogica i personaggi bligata dal mito hanno indossato e la sperimentacostumi riprodotti Applausi per Beatrice Mercuri (Eco) e il Direttore Lorenzo Tozzi da modelli coevi, zione sui raggi sonoro e luminorealizzati dall’ateso, in piena enunciazione di teorie tita, 11 arie e alcuni recitativi – si è lier Les Femmes savantes di Roma apportate dalla cosiddetta rivoluaddentrata nel problema della comsotto la guida di Isabella Chiappara. zione scientifica, riverberatasi già prensione di alcune parti dell’azioIl pubblico caloroso e consapevole ha consistentemente nella trattatistica ne escluse perché non sicuramente premiato gli interpreti del concerto di musicale; al contempo si esploraascrivibili all’originale romano: lo cui è stata tratta registrazione ad opera no quelle nuove prospettive che gli studioso ha optato addirittura per della Bongiovanni. effetti congiunti della percezione una lettura declamata, da parte di dei due sensi più nobili, la vista e Eco e Narciso, di un dialogo risoCecilia Campa 17 Recensioni a cura di Alberto Testa A Torino il trionfo di JUAN DIEGO FLÓREZ Al Teatro Regio È O CARMEN creatura immortale, opera perfetta la voce che incanta raro l’ascolto di un intero recital dedicato ad una autentica voce tenorile di cantante lirico. Succedeva in altri tempi; per quanto mi compete accadeva quando a Torino solevano deliziarci Tito Schipa al Teatro Regio o al Conservatorio e altri solisti vocali nei concerti, numerosissimi, del Teatro E.I.A.R. Li abbiamo ancora presenti nella memoria dal lontano anteguerra, direi meglio nelle orecchie, quando si era soliti estrarre romanze e canzoni del più rinomato repertorio e fare così la gioia degli appassionati per i virtuosi delle “ugole d’oro”. Com’è successo a Juan Diego Flórez, possessore di una voce incantevole, “hispanica”, quindi con un ventaglio fonetico più ricco, perché peruviano e tale secondo una tradizione che lo vuole. Infatti, tanti sono i bei nomi incontrati che sospirarono nelle loro voci per provvidenza di natura e per amore di studi e di pubblico. Proprio Torino applaudì al defunto Politeama Chiarella in un recital Miguel Fleta, primo Calaf della storia, ma questo è un altro discorso. Oggi una buona stella, dopo la conoscenza nel nostro massimo teatro, ci riporta Flórez e fa correre all’Auditoriun Rai (non sarà mai abbastanza ringraziato chi lo ha invitato!) spettatori, amanti superstiti del bel canto e in braccio al mito e alle aspirazioni più nobili. 18 Innanzitutto Flórez ha fisico gradevole (“le physique du rôle”), tenore lirico-amoroso, ottima premessa per sospirare le arie di Nemorino, Elvino, Almaviva, Paolino, come le hanno sospirate i suoi colleghi di un tempo passato: Schipa, Manurita, Dino Borgioli e, più vicini a noi, Luis Alva, Juan Oncina, fors’anche Gigli, Tagliavini, Valletti e ultimamente Pa- di canzoni o romanze, un passaggio intelligente dal “Salut demeure chaste et pure” del Faust di Gounod, delicato sussurro, “all’invocazione all’Aprile” del Werther massenetiano, molto drammatizzato. Un crescendo poi nelle romanze famose del Tosti (“L’alba separa dalla luce l’ombra”, il celebre “Marechiare” e la “Mattinata” di Leoncavallo) sino ad un Verdi sor- Juan Diego Flórez varotti. Bella presenza dunque, ma ciò che più conta, timbro bellissimo, facilità e bellezza di emissione, acuti staccati e sostenuti nello squillo. Oggi ci chiediamo, egli quarantatreenne: per quanto ancora i suoi suoni potranno risplendere di così lucidi metalli? Perchè la sua generosità di artista è tale da temere lo scialo di questa vocalità prodigiosa. Il suo repertorio va da una prima parte di pezzi lirici ad una seconda prendente della “Jerusalem” con una serie di bis portentosi e l’immancabile “Granada”, canto di vittoria e di liberazione. Flórez è stato guidato, sorretto da un magnifico direttore Christopher Franklin, entusiasta quanto lui, alla testa dell’Orchesta Nazionale Rai. Quando pareva che l’estasi fosse scesa sugli spettatori, grazie ad una prova così alta e serena, allora ci siamo resi conto tutti quanti di aver ritrovato un bene che credevamo perduto. gni volta in cui ci tocca assistere alla rappresentazione dell’opera Carmen di Georges Bizet dobbiamo concludere che si tratta di un’opera perfetta. Capolavoro assoluto, come riconosceva Nietzsche al punto di affermare che non s’era mai sentita la forza della disperazione umana come nel grido di Don Josè: di, le sue labbra un po’ forti ma ben disegnate che lasciano scorgere denti più bianchi di mandorle… i capelli neri dai riflessi blu come l’ala di un corvo, lunghi e lucenti… “ Ora non so se Anna Caterina Antonacci, che interpreta la Carmen del Regio, dai molti talenti visivi, abbia tutti questi requisiti, certamente ha pessimi schemi passati, senza bellurie, una creatura e non una bambola leziosa, un “rappel à l’ordre” per Don José ai suoi doveri di uomo e di figlio. A proposito mi è piaciuto molto Dimytro Popov, forse ancora leggermente inesperto perché giovane, ma giusto nell’idea che ci siamo fatti di Don José, nel tempo cioè di un essere debole, sbattuto dai venti ed eventi passionali, qualcosa che ha risvegliato in me l’impressione suscitata dal grande tenore Antonio Cortis visto su quella stessa scena in tempi lontani. E poi ha cantato la celebre “Romanza del fiore” riuscendo a scivolare sull’insidiosa nota finale, non la sola nella terribile parte di Don José. Poi Vito Priante, un eccellente Escamillo di ottima linea, bravissimo. Finalmente in questa edizione Nella foto , da sinistra: Anna Maria Sarra (Frasquita), Irina Lungo (Micaëla), Paolo Maria si è potuto godere il “clasOrecchia (Il Dancaïre), Dmytro Popov (Don José) e Anna Caterina Antonacci (Carmen). sico” quintetto dei contraRamella & Giannese © Teatro Regio Torino bbandieri. Ancora un’ottima prova “Vous pouvez m’arrêter… c’est moi la presenza di Carmen che s’impone dei cori, sciolti ed espressivi, diqui l’ai tuée! Carmen! Ah! ma Carsubito al primo ingresso in scena, retti da Claudio Fenoglio: quello del men adorée”. la voce, i ritmi, la forza di Carmen; Teatro Regio anche di voci bianche e, Perfetto nella drammaturgia (da quelle e allora siamo tutti d’accordo sulla in particolare, quello del Conservapoche pagine del racconto di Mérigrandezza della sua interpretazione e torio “G.Verdi” per i ragazzi-soldati, mée, ricche di dati, di annotazioni) sul delirio del personaggio. Una senscioltissimi, perfettamente allineati. nel taglio e nella conseguente successazione squisita. Ma dopo l’ultima Matthias Hartmann, regista, si è sione delle scene, nella varietà delle impressione della Carmen torinese meritato tutti i fischi indirizzatigli situazioni musicali, nella definizione nell’originale di “opéra comique” alla “prima”; non basta evitare il pitdei personaggi, negli stessi intermezzi quindi con i recitativi in francese, toresco tradizionale e frusto, occorre così diversi e pittoreschi, senza esserlo “proibirei” d’ora innanzi la traduzione offrire un tocco di libertà creativa, mai troppo e, in particolare, il terzo, italiana del testo di Meilhac e Halévy, convincente. bellissimo, quasi ad immetterci nella banalizzata al punto di tradire anche il Talvolta i suoni fatti uscire salita al paesaggio in cui ci troveremo. personaggio di Micaela. dall’orchestra di Asher Fischer mi Mérimée non manca di arricchire la Da aggiungere che il soprano Irina sono parsi un po’ fracassoni. nostra fantasia di lettori e di spettatori, Lungu che l’interpreta ne dà una verComunque una serata memorabile ci descrive come ha da essere Carmen: sione attendibilissima, quasi unica per da segnalare fra i fausti ricordi del “occhi obliqui, ma mirabilmente frednoi, tenera e affettuosa, lontana dai Teatro Regio di Torino. 19