22
MACRO 17
Domenica 21 settembre 2014
Il Mattino
Arte
Domenica 21 Settembre 2014
www.ilmessaggero.it
Niente feste e trionfalismi teatrali: una esposizione
a Villa Medici a ottobre mostrerà i bassifondi
di Roma ritratti dal vero, tra osterie e mendicanti
Il barocco
sporco
e cattivo
L’EVENTO
N
on il barocco festoso e
trionfante, teatrale, al
quale siamo abituati; ma
quello, assai più «straccione», della vita quotidiana;
dei soggetti presi dalla
strada; magari nemmeno messi
in posa ma ritratti dal vero; effigi
della marginalità di una città fatta anche di mendicanti, e già abituata perfino ad «arrangiarsi»: è
il tema di una mostra («I bassifondi del Barocco, la Roma del
vizio e della miseria», cat. bilingue di Officina libraria) che, dal
7 ottobre al 18 gennaio, si svolgerà a Roma, Villa Medici, a cura
di Annik Lemoine dell’Accademia di Francia e Francesca Cappelletti dell’università di Ferrara; e a Parigi sarà poi allestita da
Pier Luigi Pizzi al Petit Palais.
I SOGGETTI
Qualche precedente ci può essere: l’eredità di Caravaggio, in
una città dove accorrevano gli
artisti stranieri, e dove Stefania
Vodret ha contato almeno duemila pittori attivi in trent’anni; o
i «bamboccianti», rivalutati e
studiati da Giuliano Briganti,
con le loro scene d’ogni giorno.
Dice Cappelletti: «C’è anche
altro: modelli presi dalla gente,
dal popolo, che tendono a ripetersi; scene da osteria; gli scherzi, e, talora, perfino qualcosa di
turpe. Anche questo era il barocco a Roma». E fa qualche esempio. «In un Claude Lorrain della
National Gallery di Londra, si vede una scena di prostituzione,
proprio a Villa Medici; un altro
artista, Cornelis van Poelenburg, dipinge un tale che fa pipì
sulle rovine antiche di un paesaggio romano; in un Autoritratto, Pieter van Laer sembra un
diavolo: appare un cuore trafitto
da un coltello, e lui compie un
esperimento alchemico dal quale uscirà, appunto, un demonio.
Scene con donne, e di taverna;
Giovanni Lanfranco eterna un
uomo nudo sul letto, con un gatto. Come una Zingara di Simon
Vouet, una vecchia che sta derubando, guarda verso lo spettatore: lo coinvolge nella scena, lo
provoca. Qui, l’arte studia anche
se stessa. E si diverte».
CAUDA MUNDI
La Roma che vedremo è assai diversa dalla solita: «Più che Caput mundi, Cauda mundi. Non
la gloria, ma i pericoli, i rischi; la
spiritualità cattolica e la cultura
classica si intrecciano con l’abisso morale della corte papale;
con le violenze notturne; con le
tribolazioni del popolino. Se il
«I MODELLI PRESI
TRA IL POPOLO
E LE SCENE SPESSO
SONO TURPI»
Francesca Cappelletti
Università di Ferrara
Cinquecento chiude con il supplizio di Beatrice Cenci, il Seicento apre con quello di Giordano
Bruno. Erano tempi di violenza,
anche verbale; di satire sui dipinti altrui. Si forma un gruppo
di artisti olandesi, i Bentveughels, sempre pronti a sbronzarsi, e perfino a ritrarsi ebbri; i modelli classici, come Bacco, si ammalano, o sono alticci: si rovescia un prototipo rispetto a Tiziano o Nicolas Poussin. Come
spiega Annick Lemoine, «noi
cerchiamo di interrogare l’arte
del quotidiano: non quella solenne delle festività e delle celebrazioni».
I DIPINTI
Dall’alto,
un
autoritratto
di Van Laer,
“Riunione
di bevitori”
di
Bartolomeo
Manfredi,
“Giovane
uomo
con gatto”
di Giovanni
Lanfranco
OSCENITÀ
Nella Roma dei 104 artisti, che si
alternano a celebrare le Quarant’ore, delle 150 collezioni raccontate da Bellori, la città dei grandi
Papi veniva pulita, per contratto, «doi volte ogni mese»; ancora
a metà del Settecento, agli autori
dell’«Encyclopédie» pare un girone infernale.
«C’è traccia anche nei dipinti,
circa 60, da noi scelti. Un’incisione mostra, in una festa, un sedere di fuori; in un dipinto anonimo, un Bravo fa un gesto osceno.
Ci sono scene truculente, di rutilanti sbevazzamenti; con altre
più meditative, però sempre in
rapporti assai stretti con i bassifondi, come ad esempio in Valentin de Boulogne».
Le
caricature
di
Leonaert
Bramer
BERNINI ATTORE
Cappelletti continua: «Questi
artisti eternavano il mondo
che vivevano. Dividevano le
lunghe giornate oziose con chi
abitava nelle strade in cui campavano: anche zingari e mendicanti. Sono personaggi ricorrenti nelle cronache, e assai
meno diffusi nelle pitture; specie in quelle che si mostrano di
solito. La loro arte è come una
meditazione, sulla vita e sulla
precarietà umane; sono temi
minori, però trattati in maniera alta. Del resto, anche Gian
Lorenzo Bernini non si limitava a scolpire: sappiamo che faceva anche l’attore, recitava
nelle commedie. E in questi
quadri c’è molto teatro; ma
non quello delle messinscene
per i Papi, o i nobili. Eternano
quella parte della popolazione
meno nota: soldati di ventura,
reduci assiepati alle porte dei
potenti, in cerca di lavoro.
Straccioni; ma trattati quasi in
modo intellettuale, con grande
intelligenza».
PRIVATI
Infine, racconta la difficoltà di
organizzare una mostra così:
«Annick e io abbiamo lavorato
tre anni. Parecchio di quanto
volevamo ottenere, è esposto;
in gran parte proviene dall’estero; due o tre quadri sono
di raccolte private, e penso a
quelli Pallavicini. Per raccontare una storia che non si è veduta spesso, e su cui conviene riflettere».
Fabio Isman
© RIPRODUZIONE RISERVATA
E Parigi celebra Niki de Saint-Phalle
LA RETROSPETTIVA
PARIGI
onumentali, colorate, potenti, gioiose mentre sono
immortalate nell’atto di
danzare. In una parola: inconfondibili. Sono le donne di
Niki de Saint Phalle, l’artista
franco-americana a cui Parigi dedica una bella retrospettiva al
Gran Palais fino al 2 febbraio. In
mostra 200 opere ripercorrono
la carriera di una delle più grandi figure del movimento del
“nuovo realismo” e accesa femminista: da fotomodella per Elle,
Vogue e Life ad attrice di cinema
che approdò alla pittura e alla
scultura. In mezzo a una carriera tanto eclettica, un soggiorno
in un ospedale psichiatrico.
M
IL TOTEM
Una
delle grandi
sculture
in mostra
fino
al 2 febbraio
al Grand
Palais
di Parigi
IL SEGRETO
«Dipingere calmava il caos che
agitava la mia anima - aveva
spiegato Niki de Saint Phalle nella sua autobiografia “Il mio segreto” dove rivelò di essere stata
vittima di incesto da parte di suo
padre a 11 anni - Era un modo per
addomesticare questi dragoni
che sono sempre emersi nel mio
lavoro». La sua opera è una denuncia contro la società patriar-
AL GRAND PALAIS
200 OPERE
DELL’ARTISTA:
SUO IL GIARDINO
DEI TAROCCHI
DI CAPALBIO
cale, la religione, il razzismo.
«Credo che sia venuto il tempo aveva sentenziato - di una società matriarcale». E ancora: «Sarebbe molto più gioioso il mondo se fosse governato dalle donne».
«Le sue donne sono contemporaneamente vittime e potenti, come personaggi bipolari - osserva
la curatrice Camille Morineau portano il peso del mondo sulle
loro spalle, sia nel senso positivo
che negativo».
In mostra non solo la serie delle
“nanas” disposte in una affascinante scenografia ludica e spettacolare, ma anche le sculture
che dipingono donne in parto e
madri divoratrici, le sue tele figurative e “i shooting painting” dipinti realizzati con la carabina
su dei rilievi di gesso dove si trovavano dei sacchetti di pittura
che esplodevano al momento
dell'impatto.
IL PARCO
La prima personale di Niki de Saint Phalle fu organizzata nel
1956 in Svizzera, dove conobbe
l'artista Jean Tinguely che diventerà il suo secondo marito. Insieme a lui realizza tra l'altro a Garavicchio, in Toscana, il Giardino dei Tarocchi, opera ispirata al
Parco Guell di Gaudi a Barcellona. Famosa anche la Fontana
Stravinskij (1983) ai piedi del
Centro Pompidou di Parigi, composta da 16 elementi fantastici
colorati. In mostra c'è anche un
inedito: una scultura monumentale in metallo intitolata “Il sogno di Diana”.
Composite IL_MATTINO - NAZIONALE - 17 - 21/09/14 ----
Time: 20/09/14
21:49
© RIPRODUZIONE RISERVATA