Anno accademico 1981-1982 Dissertazione: Descrivere concisamente (si consiglia un limite di tre facciate) le caratteristiche dei tre stati di aggregazione della materia e le trasformazioni tra di essi. Risolvere cinque dei seguenti problemi. 1) Una pallina, che si suppone di dimensioni trascurabili, si sposta orizzontalmente, sul pianerottolo di una scala a tre gradini, come indicato nella figura, con velocità π£ = 1 π/π . Se nel rimbalzo la componente verticale della velocità si riduce di un fattore π e la componente orizzontale rimane inalterata, tenendo conto dei dati geometrici della figura, determinare il valore di π per cui la pallina tocca il suolo alla minima distanza dall’ultimo gradino. Come suggerisce la figura riportata nel testo, ciò che interessa studiare è il moto della pallina nell’intervallo di tempo che comprende i primi due rimbalzi al suolo, che verranno schematicamente studiati in quel che segue. Si sottolinea che, per brevità di notazione, si introdurranno le dimensioni del gradino, che ha una base π = 0.3 π ed un’altezza β = 0.2 π, e si considererà, quale riferimento per lo studio del moto, il sistema riportato in figura, avente l’origine coincidente con lo spigolo del primo gradino. 2 Durante il primo tratto del moto, quando ha lasciato lo spigolo π΄, ma non è ancora arrivata al rimbalzo sul primo gradino, la pallina si muove descrivendo un arco di parabola, dato che subisce l’azione della sola forza di gravità; pertanto, componendo il moto lungo l’asse delle ascisse risulta rettilineo ed uniforme, mentre quello lungo l’asse delle ordinate è decelerato. Poiché è nota l’altezza del gradino, è possibile ricavare facilmente la velocità nel punto di impatto sul secondo gradino. Rispettando i versi degli assi riportati in figura e con ovvio significato dei simboli adoperati, si può scrivere che le componenti della velocità della pallina valgono π£π₯ (π‘) = π£ , π£π¦ (π‘) = −ππ‘ , per cui le coordinate obbediscono alle equazioni orarie 1 π₯(π‘) = π£π‘ , π¦(π‘) = − ππ‘ 2 . 2 Discende che la pallina impatterà il primo gradino nell’istante π‘0 , per cui 1 2β π¦(π‘0 ) = −β = − ππ‘02 → π‘0 = √ ≅ 0.2 π → π₯(π‘0 ) = π£π‘0 ≅ 0.2 π . 2 π Nel medesimo istante, le due componenti della velocità sono pari a π£π₯ (π‘0 ) = π£ , π£π¦ (π‘0− ) = −ππ‘0 = −√2πβ ≅ 2 π . π Il segno meno ricorda che si tratta di un limite sinistro, cioè del valore assunto dalla componente verticale immediatamente prima del rimbalzo. Dopo l’urto con 3 il primo gradino la velocità, questa componente della velocità cambia verso e si riduce di un certo fattore π, sicché il suo valore immediatamente dopo il rimbalzo risulta pari a π£π¦ (π‘0+ ) = πππ‘0 = π√2πβ ≅ 2π . Durante il secondo tratto del moto, la pallina, per effetto del rimbalzo, si muove lungo un nuovo arco di parabola, prima verso l’alto, poi verso il basso. La pallina cadrà alla minima distanza dal terzo gradino, quando, nel suo moto parabolico, sfiorerà appena l’estremità πΆ del secondo gradino: se fosse poco meno, rimbalzerebbe di nuovo, andando più lontano; se fosse di più, non si avrebbe una condizione di minima distanza. Inoltre, essa cade tanto più vicino al gradino, quanto minore è il numero di salti effettuati. Infatti, essendo π < 1, il vertice della parabola si abbassa ad ogni salto e, dato che la componente orizzontale della velocità rimane costante, la parabola passa per il punto πΆ con una pendenza tanto maggiore, quanto minore è il numero di salti. L’equazione oraria della traiettoria lungo l’asse delle ascisse π₯(π‘) = π£π‘0 − π£(π‘ − π‘0 ) = π£π‘ rimane la stessa del caso precedente, mentre lungo l’asse delle ordinate il moto è descritto dall’equazione 1 π¦(π‘) = −β + πππ‘0 (π‘ − π‘0 ) − π(π‘ − π‘0 )2 . 2 In corrispondenza dell’istante di tempo π‘πΆ = 2π = 0.6 π , π£ 4 la pallina sfiorerà lo spigolo πΆ(2π , −2β), se 1 π¦(π‘πΆ ) = −β + πππ‘0 (π‘πΆ − π‘0 ) − π(π‘πΆ − π‘0 )2 = −2β . 2 Da questa relazione si ottiene facilmente che 1 1 1 πππ‘0 (π‘πΆ − π‘0 ) = −β + π(π‘πΆ − π‘0 )2 = − ππ‘02 + π(π‘πΆ − π‘0 )2 , 2 2 2 da cui, in definitiva, discende il valore di π desiderato 2π = − π‘0 π‘πΆ − π‘0 3 3 + ≅ → π≅ . π‘πΆ − π‘0 π‘0 2 4 Ogni corpo che cade acquista velocità e, quando raggiunge il suolo, a seconda del materiale di cui è composto, può spiaccicarsi sul pavimento, come una torta, un uovo, oppure rimbalzare. Se l’oggetto è rigido come un sasso e cade su una superficie altrettanto rigida, non si deforma quasi per niente e, quasi quasi, non rimbalza, al massimo si rompe. Se invece l’oggetto è molto elastico, come una pallina di gomma, al contatto col suolo si deforma un po’, assorbendo buona parte dell’energia che aveva in seguito al lancio. Subito dopo l’impatto, però, la gomma tende a riacquistare l’originaria forma sferica, liberando così l’energia accumulata che la fa rimbalzare di nuovo e così via. In ciascuno di questi rimbalzi la pallina trasforma in calore solo una piccola parte dell’energia cinetica che la fa rimbalzare. Poiché le cosiddette palline magiche trasformano in calore una quantità di energia minore rispetto ad altri oggetti, rimbalzano più a lungo prima che la loro energia si esaurisca. Per questa ragione, se si raccoglie la pallina dopo averla lanciata e 5 fatta rimbalzare un po’ di volte, essa sarà tiepida: una parte dell’energia conferita al momento del lancio si è trasformata in calore. 6 2) Un elicottero del peso di 20 ππ’πππ‘πππ sta sospeso nell’aria per la rotazione delle pale di lunghezza 2 π. Senza tener conto della forma specifica delle pale rotanti, si dia una valutazione approssimata della velocità dell’aria spinta in basso e della potenza fornita dal motore dell’elicottero. (Si ricordi che la densità dell’aria è 1.3 ππ/π3 ). Un elicottero è una aerodina, cioè è un velivolo più pesante dell’aria che vola aspirando aria dall’alto e pompandola in basso: quando questa spinta è uguale al proprio peso, l’elicottero è fermo in aria; quando invece essa è maggiore del proprio peso, serve a trascinarsi verso l’alto. La sostentazione negli elicotteri è dovuta ad un rotore principale, che è provvisto di un minimo di due pale che sono collegate tramite un mozzo ad un albero. Per la conservazione del momento angolare, questa configurazione crea un coppia che porterebbe a un rotazione nel senso contrario della fusoliera per reazione. Per contrastare questa coppia, vengono nella maggior parte dei casi adottati, in aggiunta al rotore principale, rotori di dimensioni minori posti in coda lungo direzioni perpendicolari. 7 Un elicottero in volo è dunque inserito in una colonna di aria che lo contiene; la pressione dell’aria molto al di sopra dell’elicottero è quella normale, cioè atmosferica e, quando il rotore gira, le pale dunque aspirano aria dall’alto, cioè parte superiore della colonna, e la pompano verso il basso. La spinta fornita dalle pale all’aria sottostante deve mantenere in equilibrio l’elicottero, dovendo essere uguale e contraria al suo peso. Ispirandosi sicuramente alle forme della Natura, già nel 1400 il genio di Leonardo da Vinci abbozza sui suoi appunti una rudimentale macchina alimentata dalla forza umana che è stata definita il primo elicottero. L’immagine riportata mostra la cosiddetta vite aerea concepita da Leonardo, che, sfortunatamente per lui, non avrebbe mai potuto volare, perché ai suoi tempi sarebbe risultato impossibile produrre una forza sufficiente a sollevare una macchina di questo tipo. Soltanto quattro secoli più tardi, nel 1877, l’italiano Enrico Forlanini progetta e costruisce un apparato sperimentale alimentato da un motore a vapore, che forniva energia per movimentare due rotori contro-rotanti. Il modello più semplice di elicottero è dunque rappresentato da un disco di data superficie, che produce un flusso uniforme d’aria ad una certa velocità in prossimità del rotore. 8 Per spiegare come si generi la spinta verso l’alto che sostiene in volo un elicottero, anche detta portanza, si farà uso della terza Legge della Newton, il cosiddetto principio di azione e reazione, secondo cui le forze si presentano sempre a coppie, vale a dire che, se un corpo π΄ esercita una forza πΉβπ΄→π΅ su un altro corpo π΅, allora istantaneamente il corpo π΅ eserciterà una forza uguale e contraria πΉβπ΅→π΄ sul corpo π΄. Ad esempio, in acqua attraverso il movimento degli arti, l’acqua viene spinta dietro di noi; essa quindi risponde con una forza in avanti che consente l’avanzamento. È facile rendersi conto che, se la spinta dell’acqua, invece di avvenire dietro di noi, avvenisse in una direzione sbagliata, lateralmente o verso il basso, essa non genererebbe una spinta in avanti, bensì una spinta in una direzione sbagliata, e si manifesterebbe pertanto a livello fisico come energia persa. Si mostrerà ora come sia possibile applicare questo principio al moto delle pale di un rotore nell’aria. Una pala rotante spinge l’aria che la circonda verso il basso; per questo, la pala deve essere costruita e disposta in modo da spingere verso il basso una corrente d’aria durante il volo. La corrente d’aria, a sua volta, esercita sulla pala una forza di reazione diretta verso l’alto che dà origine alla portanza. Volendo adoperare un modello molto semplice, si schematizzi la pala di un rotore di elicottero come un rettangolo di area π: questo rettangolo ha un lato lungo ed 9 uno più corto e, nella figura che segue, la pala è stata rappresentata di profilo, con una vista parallela al suo lato corto. L’angolo di inclinazione della pala sull’orizzontale, detto angolo d’attacco in Aeronautica, viene indicato con πΌ, mentre π£β rappresenta la velocità di rotazione. Ebbene, istante dopo istante, la pala spazza un certo volume d’aria durante la sua rotazione e, studiando il fenomeno per un intervallo di tempo βπ‘, si può ben dire che la pala intercetta il volume di aria contenuto nel parallelepipedo obliquo di base π ed altezza π£βπ‘ cos π½, essendo π½ l’angolo complementare di πΌ, cioè π½= π −πΌ, 2 come illustra schematicamente la figura che segue. Trascurando l’agitazione termica, ogni molecola di aria contenuta in questo volume urta contro la pala: nell’intervallo di osservazione scelto, le molecole che non appartengono a questo volume sono fuori bersaglio oppure non intercettano per tempo la superficie della pala. Dunque, ci si limiterà alla osservazione delle 10 sole molecole contenute in questo volume e, per semplicità, si considera l’urto di una molecola nel riferimento in cui l’ala è ferma. Supponendo che gli urti siano elastici ed adoperando la Seconda Legge di Newton nella forma del teorema di variazione dell’impulso πΉβπ = β(ππ£β) βπ£β =π , βπ‘ βπ‘ si ricava che la forza esercitata dall’ala sulla molecola di massa π dipende solo da e vale in modulo πΉπ = 2ππ£ cos π½ . βπ‘ Essendo le molecole contenute nel volume βπ = ππ£ cos π½ βπ‘ pari a πβπ = π βπ ππ£ cos π½ βπ‘ =π , π π in cui π = 1.3 ππ/π3 è la densità dell’aria, segue che la forza totale esercitata sulla pala da tutte queste molecole risulta essere in modulo πΉ = πβπ πΉπ = π ππ£ cos π½ βπ‘ 2ππ£ cos π½ = 2πππ£ 2 cos 2 π½ . π βπ‘ Di questa forza va considerata la componente verticale, al fine di determinare la portanza π, per cui risulta π = πΉ cos πΌ = 2πππ£ 2 sin2 πΌ cos πΌ , quale stima della portanza basata sulla Terza Legge di Newton. Questa formula prevede una dipendenza quadratica della portanza dalla velocità della pala del 11 rotore e spiega perché gli elicotteri decollano con pendenze particolarmente accentuate. Considerando il grafico della funzione π(πΌ) = sin2 πΌ cos πΌ con 0 ≤ πΌ ≤ π , 2 si trova che il massimo relativo della funzione è assunto per πΌπππ₯ = tan−1 √2 ≅ 0.955 ≅ 54.7° → π(πΌπππ₯ ) = 2 3 √3 ≅ 0.385 . Per completare l’analisi si può determinare anche la componente orizzontale della forza πΉβ calcolata per mezzo della formula precedente: si vede facilmente che tale componente dipende dalla terza potenza del seno dell’angolo d’attacco. Essa rappresenta una resistenza all’avanzamento dell’aereo, molto intensa e del tutto insostenibile per la potenza che richiederebbe per equilibrarla, a meno che l’angolo d’attacco πΌ non sia sufficientemente piccolo; ma, in tal caso, è piccola anche la portanza. Questo significa che il modello di pala preso in esame è troppo semplificato rispetto alla realtà. Comunque, in quel che segue, si ignorerà la 12 dipendenza dall’angolo d’attacco, per semplicità, e si approssimerà la portanza per mezzo della semplice relazione π ≅ πππ£ 2 . Assumendo poi quale superficie quella spazzata dalle pale rotanti di lunghezza π π = ππ2 , detto ππ il peso dell’elicottero, l’equilibrio impone che ππ = π = ππ2 ππ£ 2 . Da questa relazione, si deduce che la velocità indotta dipende solo dal peso dell’elicottero, dalla densità dell’aria e dall’area del disco rotore e, se si adoperano i valori numerici assegnati, è possibile determinare la velocità ππ 9.8 β 20 β 100 π π π£=√ 2 =√ ≅ 34.6 . ππ π 4 β π β 1.3 π π 13 La potenza meccanica π richiesta è quella necessaria ad imprimere la velocità π£ all’aria spostata dalle pale nell’unità di tempo ed è pari all’energia cinetica della massa d’aria spostata nell’unità di tempo, sicché 1 π = ππ2 ππ£ 3 ≅ 3.4 β 105 π€ππ‘π‘ . 2 14 3) Un pallone di tela floscio e inestensibile di volume massimo π0 e di massa, a vuoto, ππ viene parzialmente riempito di elio. (π) Determinare la minima quantità di elio necessaria perché il pallone si sollevi. (Il rapporto tra il peso specifico dell’aria e quello dell’elio sia 7.2). (ππ) Si esprima, in funzione della densità d’aria π0 , il valore massimo di ππ che consente al pallone di salire. (πππ) Supponendo che la densità dell’aria vari con legge lineare π§ π(π§) = π0 (1 − ) β in funzione dell’altezza π§, determinare la massima altezza a cui può arrivare il pallone. L’elio è spesso usato all'interno di palloni aerostatici, palloncini e dirigibili, adoperati per scopi pubblicitari, festivi, ricerca atmosferica e ricognizione militare. 15 Inoltre, l'elio possiede circa il 93% della capacità di sollevamento dell'idrogeno, ma non è infiammabile, quindi, è molto sicuro da maneggiare. Il peso specifico πΎ di un corpo materiale è definito come il peso π diviso per il suo volume π πΎ= π π e nel Sistema Internazionale l'unità di misura è il πππ€π‘ππ/π3. La densità π di un corpo materiale è definita come il rapporto tra la massa M diviso per il suo volume V π= π π e nel Sistema Internazionale la sua unità di misura è il ππ/π3 . È evidente che queste due grandezze sono proporzionali πΎ = ππ , essendo π = 9.8 π/π 2 l’accelerazione di gravità. (π) Il principio di Archimede afferma che un corpo, quando è immerso in un fluido, riceve una spinta (forza) dal basso verso l’alto che è pari al peso del volume del fluido spostato. Fino a quando non si immette elio gassoso nel pallone, esso resta al suolo schiacciato dal suo peso. Mano a mano che si immette elio, che è più leggero dell’aria, il gas comincia a fornire una spinta che, ad un certo momento, consentirà al pallone di alzarsi in volo; precisamente, quando la spinta archimedea supererà la forza peso, il pallone si alzerà. La massa di elio vale ππ»π = ππ»π π , 16 mentre quella del telo è pari a ππ . Sulla massa di elio e sul telo agisce la forza di gravità π = ππ»π π + ππ π = ππ»π π π + ππ π = πΎπ»π π + ππ π . Il volume di elio è immerso nell’aria, per cui si è in presenza di una spinta archimedea πΉπ΄ diretta verso l’alto e pari alla forza peso dell’aria spostata πΉπ΄ = π0 ππ = πΎ0 π = πΎ0 π π. πΎπ»π π»π Il pallone si alzerà in volo, non appena πΉπ΄ ≥ π → πΎ0 πΎπ»π ππ»π ≥ ππ»π + ππ → ππ»π ≥ π . πΎπ»π πΎ0 − πΎπ»π π Inoltre, conoscendo il rapporto tra il peso specifico dell’aria e dell’elio, si può affermare che πΎ0 1 5 = 7.2 → ππ»π ≥ ππ = π , πΎπ»π 7.2 − 1 31 π da cui discende che la più piccola quantità di elio necessaria, affinché il pallone si sollevi in volo, è pari a ππ»π (minima) = 5 π . 31 π (ππ) Sempre utilizzando la precedente disequazione 17 ππ»π ≥ πΎπ»π π , πΎ0 − πΎπ»π π si può ottenere il valore massimo di ππ che consente al pallone di salire ππ ≤ πΎ0 − πΎπ»π π0 ππ»π = ( − 1) ππ»π πΎπ»π ππ»π → ππ (massimo) = ( π0 − 1) ππ»π . ππ»π (πππ) Ad una generica altitudine π§, il bilancio delle forze agenti sul pallone consente di scrivere ππ π§ π0 π§ ππ»π π(π§) + ππ = π0 (1 − ) π(π§) → =[ (1 − ) − 1] π(π§) , β ππ»π ππ»π β da cui è immediato ricavare π(π§) = ππ , π§ π0 (1 − ) − ππ»π β cioè il legame che mostra come, al crescere della quota, aumenti anche il volume. Allora, detto π0 il volume massimo, si può dire che la massima quota consentita risulta pari a ππ ππ ππ»π = π → π§ = β − − (1 ). 0 πππ₯ π§ π0 π0 π0 π0 π0 (1 − πππ₯ ) − ππ»π β Da questa relazione si deduce che la massima quota consentita cresce al diminuire della massa di elio. Pertanto, inserendo il minimo valore che consente al pallone di salire, già trovato in precedenza, si ottiene la massima altezza 18 π§πππ₯ = β (1 − ππ 5 ππ 36 ππ − ) = β (1 − ). 31 π0 π0 π0 π0 31 π0 π0 Da questa formula si evince che il pallone sale tanto più in lato, quanto più piccola è ππ : è per questo motivo che, per aumentare la quota, si getta la zavorra. Inoltre, affinché il risultato ottenuto abbia un senso fisico compiuto, deve accadere che 1− 36 ππ 36 ππ > 0 → π0 > . 31 π0 π0 31 π0 La densità dell’aria è il rapporto tra massa d’aria e volume occupato. Per convenzione, la densità dell’aria è definita come quella misurata per l’aria secca alla temperatura di 15 °πΆ ed al livello del mare, equivalente alla pressione di 1 ππ‘π. In base a tale convenzione, essa è pari a circa π0 = 1.225 ππ . π3 A differenza di altri fluidi, come l'acqua, per i quali, entro certi limiti, è valida l'approssimazione di considerarli a densità costante, l’aria è invece un fluido facilmente comprimibile, per cui densità e pressione aumentano all’aumentare del peso della colonna d’aria soprastante. La densità dell’aria è inoltre inversamente proporzionale alla temperatura poiché, almeno approssimativamente, l’aria segue la legge dei gas perfetti: quindi a parità di quantità di gas (o mole) ed a parità di pressione, al diminuire della temperatura diminuisce anche il volume, mentre la massa si conserva, ovvero aumenta il rapporto πππ π π/π£πππ’ππ. Viceversa, aumentando la temperatura, cresce il volume e quindi diminuisce la densità. 19 4) Nel settore π΄ del recipiente disegnato in figura è contenuta una certa quantità di gas mentre il settore π΅ è vuoto. Supponendo il recipiente termicamente isolato, si lasci espandere il gas in modo da occupare tutto il recipiente. Si chiede di spiegare come varia la temperatura nei due casi di gas perfetto e di gas reale (con attrazione tra le molecole non trascurabile). James Prescott Joule condusse un esperimento di espansione libera di un gas a bassa pressione, come quello schematizzato in figura, stabilendo che l’energia interna di un gas perfetto dipende solo dalla temperatura. Un contenitore a pareti rigide e diatermiche è costituito da due parti, non necessariamente uguali, separate da un rubinetto. La parte sinistra contiene gas, in quella destra è stato fatto il vuoto. L’apertura della valvola che mette in contatto i due contenitori genera il passaggio del gas dal contenitore π΄ al contenitore π΅. Il processo continua fino a quando il gas non occupa tutto il volume a disposizione, rappresentato dal volume del contenitore π΄ e dal volume del contenitore π΅. Nella figura che segue viene rappresentata la trasformazione del sistema dallo stato iniziale verso lo stato finale: il contenitore è immerso in un calorimetro ed il termometro consente di rilevare l’eventuale cambiamento di temperatura del fluido calorimetrico, segnalando in tal modo uno scambio di calore tra gas e calorimetro. Questo processo di espansione libera è irreversibile e l’espansione è detta libera, perché non ci sono forze esterne agenti sul gas. Sperimentalmente si osserva che la 20 temperatura rimane invariata e che il gas quindi non scambia calore con l’ambiente, cioè con il calorimetro. Inoltre, non scambia lavoro con l’ambiente, essendo le pareti del contenitore rigide e, in forza del Primo Principio della Termodinamica, si può affermare che l’energia interna di un gas ideale non varia. Si conclude quindi che per un gas ideale si ha una variazione di temperatura rigorosamente nulla βπ = ππ − ππ = 0 . L’espansione del gas avviene, dunque, nel vuoto, laddove non esiste alcuna pressione esterna che agisca sul gas: il gas perfetto non compie alcun lavoro quando il suo volume aumenta. L’energia cinetica media rimane inalterata e così la temperatura non varia. In realtà, nella pratica, si osserva una piccola variazione di temperatura, tanto più piccola quanto più il gas è vicino alle condizioni di idealità. Nel caso di un gas reale l’espansione richiede lavoro, a causa delle forze attrattive intermolecolari. Dato che l’energia totale si conserva, l’energia cinetica delle molecole dopo l’espansione è minore di prima, sicché la temperatura diminuisce. Precisamente, quando un gas reale espande, la distanza media tra le sue molecole aumenta e, data la presenza di forze attrattive intermolecolari, l’espansione causa 21 un aumento di energia potenziale del gas. Se non viene estratto lavoro dal sistema e non viene trasferito calore, come durante il processo di espansione libera, l’energia totale del gas rimane la stessa, per la conservazione dell’energia totale, e l’aumento di energia potenziale produce di conseguenza una riduzione dell’energia cinetica, producendo un decremento di temperatura del gas. Il potenziale di John Lennard-Jones è il più noto e il più usato dei potenziali empirici per descrivere l'interazione interatomica ed intermolecolare. A distanze interatomiche oppure intermolecolari molto piccole le densità elettroniche si sovrappongono generando forze repulsive molto intense, caratterizzate da un raggio d’azione molto corto e dal fatto che crescono rapidamente all’avvicinarsi delle molecole. Per esse non esiste un'equazione ricavata teoricamente che le descriva, dunque ci si deve affidare ad alcune funzioni potenziali empiriche. La più famosa funzione potenziale empirica, detta legge del 12-6, che comprende anche la parte attrattiva dovuta all’interazione di van der Waals, è il potenziale proposto nel 1931 da John Lennard-Jones all'Università di Bristol, composto di due termini 22 π(π) = π΄ π΅ − . π 12 π 6 Una parte va con la sesta potenza della distanza tra le molecole è il contributo attrattivo delle forze di Van der Waals, forze dipolo-dipolo e forze dipolo-dipolo indotto, e prevale a distanze grandi; un’altra parte che va con la dodicesima potenza dodici descrive le forze repulsive che si instaurano a corto raggio fra i nuclei che, a distanze piccole non sono più ben schermati dagli elettroni, e fra gli elettroni stessi, soggetti a una forza repulsiva che si genera quando due o più di essi tendono ad occupare gli stessi numeri quantici, in contrasto al principio di Pauli. La parte della curva che interessa il problema in esame è quella a destra del minimo, cioè per π > ππππ , dove l’energia potenziale aumenta al crescere della distanza tra le molecole e quindi la forza è attrattiva. Ad ogni densità corrisponde un ben definito valore medio della distanza intermolecolare e quindi una energia potenziale media di interazione per molecola, desumibile dal grafico riportato. L’energia cinetica media per molecola πΎ, che dipende, per la teoria cinetica dei gas, soltanto dalla temperatura assoluta 5 πΎ(π) = ππ 2 si può ricavare dalla conservazione dell’energia totale, sicché, con evidente significato dei simboli adoperati, si può scrivere πΎ(π1 ) + π(π 1 ) = πΎ(π2 ) + π(π 2 ) , 23 L’energia potenziale π è negativa e diminuisce in valore assoluto al crescere del volume, quindi della distanza intermolecolare media. Si conclude, pertanto, che deve essere π2 < π1 e la precedente equazione consente di calcolare la nuova temperatura π2 , a partire dalla temperatura π1 e dai volumi iniziale e finale del gas. Precisamente, si potrebbe dimostrare che la variazione di temperatura durante un’espansione, nota come effetto Joule-Kelvin, da un volume π1 ad un volume π2 > π1 è pari a βπ = ππ 1 1 ( − )<0, ππ π2 π1 in cui π è una delle costanti dell’equazione di van der Waals, π è il numero di moli presenti, ππ rappresenta il calore specifico del gas a volume costante. Se invece il gas fosse talmente denso che la distanza media tra le molecole fosse alla sinistra dell’ascissa del minimo ππππ , in moda da avere forze repulsive, la temperatura aumenterebbe per effetto dell’espansione. Dato che la distanza minima è dell’ordine del raggio delle molecole ππππ ≈ 10−10 π , è facile stimare la densità necessaria π affinché questa situazione si verifichi π ≈ 1030 ππππππππ . π3 24 5) Si supponga che lo spettro solare (intensità di irraggiamento per unità di frequenza in funzione della frequenza) sia rappresentabile in unità opportune da una semicirconferenza con gli estremi alle lunghezze d’onda di 10−4 ππ e di 10−5 ππ. Si consideri un assorbitore selettivo che assorba tutta la radiazione di lunghezza d’onda inferiore a 4 β 10−5 ππ. Determinare il rendimento di tale convertitore solare, supponendo che tutta l’energia assorbita possa essere utilizzata. Si consideri il diagramma mostrato nella figura che segue: esso riporta, al variare della frequenza, lo spettro solare, cioè l’intensità della radiazione solare per unità di frequenza, così come descritto dal testo dell’esercizio. Precisamente, le ascisse rappresentano le frequenze π e la semicirconferenza si estende tra gli estremi ππ΄ = π π = 3 β 1014 π»π§ , ππ΅ = = 30 β 1014 π»π§ , ππ΄ ππ΅ 25 in cui π = 3 β 108 π/π è la velocità della luce nel vuoto. Pertanto, il suo raggio si ottiene dividendo per due la lunghezza del diametro π= π΄π΅ ππ΅ − ππ΄ = = 13.5 β 1014 π»π§ , 2 2 mentre la frequenza centrale è pari a ππΆ = ππ΄ + ππ΅ = 16.5 β 1014 π»π§ . 2 Il selettore assorbe tutta la radiazione compresa nella banda di frequenze ππ· ≤ π ≤ ππ΅ , in cui l’estremo inferiore è pari a ππ· = π = 7.5 β 1014 π»π§ , ππ· cioè esso assorbe tutta l’area del semicerchio del precedente grafico, posta a destra del segmento π·πΈ. Ebbene, nelle unità di misura adottate, l’intensità totale dell’irraggiamento, cioè l’area del semicerchio, l’area del settore circolare π΄πΈπΆ e l’area del triangolo rettangolo πΈπ·πΆ, rispettivamente, valgono ππ 2 π2 π2 π= , π(π΄πΈπΆ) = πΌ , ππ (πΈπ·πΆ) = sin πΌ cos πΌ . 2 2 2 Non resta altro da fare che determinare l’angolo πΌ, per cui 26 sin πΌ = πΈπ· √5 π·πΆ 2 πΈπ· √5 = , cos πΌ = = , tan πΌ = = , πΆπΈ 3 πΆπΈ 3 π·πΆ 2 da cui si ricava πΌ = tan−1 √5 ≅ 0.841 ≅ 48.19° . 2 Si può, in definitiva, concludere che il rendimento richiesto risulta π = π − π(π΄πΈπΆ) + ππ (πΈπ·πΆ) π(π΄πΈπΆ) ππ (πΈπ·πΆ) = 1− + . π π π Sostituendo i valori trovati in precedenza, si ottiene π =1− πΌ sin πΌ cos πΌ 2√5 1 2 + =1+ − cos −1 ≅ 0.890 . π π 9π π 3 Si osserva che il rendimento appena calcolato è tanto maggiore, quanto più grande è la lunghezza d’onda di soglia, cioè quanto più l’angolo πΌ diventa piccolo. 27 6) Tra le piastre di un condensatore distanti tra loro π sia applicata la differenza di potenziale π. Elettroni di massa π e carica π vengono emessi da un punto del catodo con energia cinetica πΎ. (π) Determinare la massima distanza dalla perpendicolare a cui un elettrone può raggiungere l’anodo. ββ perpendicolare alle piastre e si determinino (ππ) Si applichi un campo magnetico π΅ i valori del campo magnetico per cui gli elettroni raggiungono il punto π΄. Si ricordi che la forza esercitata dal campo magnetico è ββ πΉβ = ππ£β × π΅ e si trascuri la componente verticale della velocità iniziale. 28 Si tratta di un problema di Elettromagnetismo, ben formulato e non eccessivamente complicato. Tuttavia, prima di entrare nel vivo della soluzione, vale la pena osservare che gli elettroni vengono emessi dal punto π del catodo in maniera uniforme su una semisfera ed il modulo della velocità con la quale di emissione è facilmente deducibile dall’energia cinetica 1 2πΎ πΎ = ππ£ 2 → π£ = √ . 2 π (π) La massima distanza dalla perpendicolare si raggiunge quando l’elettrone viene emesso nella direzione π₯ parallela alla piastra, vale a dire quando la velocità iniziale ha componente nulla di velocità nella direzione π¦ del campo elettrico, che comunque vale πΈ= π . π Detta π l’accelerazione che l’elettrone subisce nel suo volo da una piastra all’altra π= ππΈ ππ = , π ππ diretta verso il basso ed in direzione contraria a quella del campo elettrico, le equazioni del moto sono π π₯(π‘) = π£π‘ , π¦(π‘) = − π‘ 2 . 2 Il tempo necessario all’elettrone per raggiungere l’anodo π¦ = −π è pari a 29 2π 2π π‘0 = √ = π√ , π ππ per cui la massima distanza dalla perpendicolare risulta π₯πππ₯ = π₯(π‘0 ) = π£π‘0 = π£π√ 2π πΎ = 2π√ . ππ ππ (ππ) Il campo di induzione magnetica produce sull’elettrone una forza pari a ββ . πΉβ = −ππ£β × π΅ Essa è perpendicolare al campo stesso ed alla velocità, ha modulo pari a ππ£π΅, dove ββ. Il moto dell’elettrone π£ è la componente della velocità ortogonale al campo π΅ ββ ed è un moto circolare uniforme, la cui avviene in un piano ortogonale al campo π΅ pulsazione π si ottiene uguagliando la forza di Lorentz e la forza centripeta, sicché π£2 π£ ππ΅ π = ππ£π΅ → = =π. π π π Si noti come la pulsazione di ciclotrone, come viene chiamata, non dipende dalla velocità posseduta dall’elettrone e che dopo un tempo π= 2π 2ππ = π ππ΅ L’elettrone ha percorso una intera circonferenza. Lungo l’asse π¦, l’elettrone subisce sempre l’azione della differenza di potenziale π e questo moto non è influenzato dal campo magnetico. L’elettrone, pertanto, è 30 animato da un moto elicoidale e passa per il punto π΄, cioè il piede della perpendicolare, quando il tempo necessario a raggiungere l’anodo è un multiplo intero π del periodo di π. Si ha così 2π 2ππ π√ = π, ππ ππ΅ dove π è un intero positivo. I valori del campo magnetico richiesti, in definitiva, valgono π 2ππ π΅π = π √ π π Vale la pena notare che questi valori non dipendono dall’energia cinetica degli elettroni, dato che la pulsazione non ne dipende e non ha alcun peso la componente verticale della velocità. 31 7) Si consideri un circuito formato da un generatore di corrente πΌ e da una resistenza π . La resistenza dipenda dalla temperatura con la legge π 2 π (π) = π 0 [1 + ( ) ] . π0 Il conduttore disperde calore con legge π = πΎ(π − π1 ), dove π è il calore dissipato per unità di tempo e π1 è la temperatura dell’ambiente e πΎ una costante tipica del materiale. (π) Qual è il massimo valore della corrente πΌπππ₯ per cui è possibile un regime in cui la temperatura della resistenza è costante nel tempo? (ππ) Discutere graficamente il caso in cui πΌ sia minore di πΌπππ₯ e dire qual è la soluzione stabile. Il passaggio della corrente elettrica in un conduttore ne provoca il riscaldamento e questo fenomeno prende il nome di effetto Joule. In un conduttore percorso da corrente elettrica, gli elettroni si muovono velocemente e così facendo urtano gli atomi, che aumentano l’ampiezza delle loro vibrazioni: questa agitazione determina un aumento di temperatura. 32 Quanto maggiore è l'intensità della corrente, tanto più il filo conduttore si riscalda e la quantità di calore prodotta è direttamente proporzionale alla resistenza del conduttore. All’interno di tutti i circuiti, allora, parte dell’energia trasportata da una corrente elettrica si disperde sotto forma di calore. Alcuni elettrodomestici utilizzano proprio questo effetto termico della corrente per produrre calore. L’asciugacapelli ed il ferro da stiro fondano il loro funzionamento proprio sulla presenza di conduttori a grandissima resistenza, chiamati resistenze elettriche. Per aumentare la loro resistenza, a questi conduttori viene conferita la forma di fili lunghissimi e sottilissimi, a volte ripiegati su se stessi per renderli ancora più lunghi. La stufa elettrica sfrutta l’effetto termico per mezzo di un filamento che offre elevata resistenza elettrica e che, al passaggio della corrente elettrica, diventa incandescente. (π) La potenza assorbita dal resistore assegnato, quando è percorso da una corrente di intensità πΌ, è pari a π 2 2 ππ = π (π)πΌ = π 0 [1 + ( ) ] πΌ π0 2 e viene trasformata in calore per effetto Joule. Questo calore si disperde nell’ambiente esterno e, una volta raggiunta una condizione di equilibrio, si deve verificare che la potenza assorbita dal resistore deve essere uguale a quella ceduta all’ambiente esterno π, per cui π 2 2 ππ = π → π 0 [1 + ( ) ] πΌ = πΎ(π − π1 ) . π0 Da questo bilancio delle potenze, si può ricavare la temperatura di equilibrio π. Introdotte allora le quantità adimensionali 33 π= π π1 πΎπ0 , π1 = , π= , π0 π0 π 0 πΌ 2 l’equazione precedente diventa 1 + π 2 = π(π − π1 ) e rappresenta l’intersezione tra la parabola π¦ = 1 + π 2 ed il fascio proprio di rette π¦ = π(π − π1 ). La generica retta del fascio può non intersecare proprio la parabola, come accade per la retta rosa mostrata nella figura che segue, nel qual caso non esiste una temperatura di equilibrio. La retta può essere tangente alla parabola, come per la retta blu, nel qual caso esiste un’unica temperatura di equilibrio. Infine, la retta può essere secante alla parabola, come per la retta verde, e toccarla in due distinti punti, nel qual caso 34 esistono due temperature possibili di equilibrio. La figura precedente rende concrete queste tre possibilità nel caso particolare π1 = 0.5. Volendo ricavare analiticamente la temperatura di equilibrio, basta risolvere l’equazione di secondo grado π 2 − ππ + 1 + ππ1 = 0 (β= π2 − 4ππ1 − 4) , che ammette due radici reali e distinte quando β> 0, due radici reali e coincidente quando β= 0, non ammette radici reali quando β< 0. Supponendo di raggiungere un unico punto di equilibrio, risulta π= π , essendo β= π2 − 4ππ1 − 4 = 0 . 2 Scartata la radice negativa, che non ha alcun senso fisico, è possibile determinare il valore di π π = 2π1 + 2√1 + π12 , da cui si può finalmente scrivere il valore della temperatura di equilibrio ππΈ = π1 + √1 + π12 → ππΈ = π1 + √π02 + π12 . Dal valore di π calcolato si valuta, poi, la massima corrente che può fluire nel resistore πΎπ0 π1 π12 ππΈ πΎ √ √ = 2 + 1 + = 2 → πΌ = π . ( ) πππ₯ 0 2 π 0 πΌπππ₯ π0 π0 2ππΈ π 0 π02 35 (ππ) Nel caso in cui πΌ è minore di πΌπππ₯ , essendo π inversamente proporzionale, vi sono due intersezioni tra parabola e fascio di rette. Precisamente, vi sono due possibili situazioni di equilibrio: una stabile, il punto a temperatura più bassa π1 ; l’altra instabile, il punto a temperatura più alta π2 . Per completare, si deve spiegare il meccanismo che determina l’instabilità. Se durante il funzionamento del resistore, per una qualsiasi perturbazione aumenta la temperatura interna, il calore prodotto viene solo in parte ad essere ceduto all’ambiente, dato che la parabola cresce più rapidamente della retta secante. L’aumento della temperatura determina un aumento indesiderato ed incontrollabile del valore della resistenza, che, a sua volta, provoca un ulteriore aumento della potenza da dissipare sotto forma di calore, che fa ulteriormente aumentare la temperatura, e così via. Questa situazione innesca un meccanismo 36 di reazione positiva denominato fuga termica che porta repentinamente alla distruzione del resistore per il superamento della massima temperatura prevista dal costruttore. In maniera duale si ragiona per dimostrare che l’altro punto è un punto di equilibrio stabile. Comunque sia, dal punto di vista matematico, si ha equilibrio stabile oppure instabile, confrontando le derivate delle due curve che si intersecano: se il coefficiente angolare della retta, cioè la pendenza, è maggiore della derivata della curva di intersezione, il punto di equilibrio è stabile. Viceversa, si è in presenza di un punto di equilibrio instabile. 37