“COGNIZIONE E STILI MUSICALI” (SECONDA PARTE) PROF. MAURIZIO PISCITELLI Università Telematica Pegaso Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) Indice 1 LA VARIAZIONE MUSICALE--------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 L’EMULAZIONE MUSICALE --------------------------------------------------------------------------------------------- 6 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 7 Università Telematica Pegaso Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) 1 La variazione musicale Attualmente, siamo sommersi da una vasta abbondanza di stili musicali che si accompagna strettamente ad una notevole capacità dell’uomo di distinguerli l’uno dall’altro. Gli individui, infatti, riescono a distinguere uno stile da un altro sulla base dell’esperienza e dell’ambiente, della formazione musicale (non necessariamente accademica) e dell’autorappresentazione musicale. Ascoltatori ben informati spesso riescono a riconoscere determinati compositori o band anche sulla base di pezzi mai sentiti prima. Gli ascoltatori musicalmente ‘raffinati’ sanno riconoscere gli schemi e le strutture di un brano musicale, trovandone soddisfazione nella complessità, ossia riconoscendo per esempio la tonalità , l’armonia e il ritmo ; gli ascoltatori ‘sprovveduti’ invece preferiscono la ripetizione , ossia è l’ascolto ripetuto di un brano che provoca in loro la soddisfazione e il piacere. Parallelamente si può constatare che la pratica consolidata di “riconoscimento” delle melodie produce (almeno inizialmente) un atteggiamento di “resistenza” all’innovazione musicale e all’accettazione delle nuove variazioni di tema e di stile. Le culture che usano la musica in modo rituale sono le più reazionarie sul piano musicale, come dimostrano le restrizioni imposte alla sperimentazione musicale nella Chiesa cattolica medievale e controriformata. Tali conservatorismi si ritrovano comunque anche nella nostra cultura: quando Bob Dylan nel 1965 si esibì con la chitarra elettrica provocò inizialmente molta ostilità negli ascoltatori. Per ‘variazione musicale’ si intende «una modificazione di un tema musicale di base attraverso procedimenti ritmici, melodici, timbrici, metrici o armonici, mantenendone tuttavia riconoscibile la fisionomia originale» . Il modo in cui i compositori, attraverso particolari effetti cognitivi, come la manipolazione dell’altezza dei suoni, del ritmo, dell’armonia e del timbro, trovano la propria espressione nella variazione artistica dipende dal modo in cui scelgono le varie opzioni musicali disponibili. Questo è possibile in quanto in melodia esistono circa sessanta milioni di modi di combinare appena quattro note sulla tastiera di un pianoforte. Anche se i principi cognitivi, esplicitamente riconosciuti o intuiti empiricamente nella composizione, restringono sensibilmente la gamma delle possibilità di note accettabili riducendo di almeno di metà il numero di note che verranno probabilmente usate; inoltre le leggi che regolano gli intervalli di altezza pongono comunque seri limiti alle direzioni che la musica può prendere di volta in volta. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 7 Università Telematica Pegaso Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) Considerate tutte le necessarie limitazioni di note e di figurazioni melodiche, i compositori classici hanno utilizzato melodie e armonizzazioni molto simili tra loro. Le regole della composizione tonale dell’Ottocento–Novecento erano molto rigide e spesso, per tali motivi, i compositori utilizzavano le stesse figurazioni melodiche. Come riusciva allora il compositore a diversificarsi dagli altri, ossia come impostava il proprio stile, pur utilizzando materiali molto semplici? Per fare un esempio, Bach riusciva a creare delle meravigliose melodie utilizzando soltanto piccoli frammenti melodici. Una risposta a tale domanda viene illustrata dalla musicologia cognitiva. Secondo Ball, «si può prendere la stessa melodia e modificare l’accompagnamento armonico alterandone completamente il mood e il significato. Perfino soltanto con una variazione di volume o di tempo può trasformare completamente una musica . Nel 1964 lo studioso William Paisley pensò di poter distinguere i diversi stili musicali attraverso tecniche simili a quelle utilizzate per esaminare l’autenticità di un quadro. Attraverso numerosi studi egli ha dimostrato come già nelle prime quattro note di un brano sono individuabili le caratteristiche melodiche abituali di ciascun autore. L’individuazione delle ricorrenze melodiche consente, secondo Paisley di distinguere in modo affidabile, ad esempio, un brano di Beethoven da quelli di Mozart o di Haydn . Lo psicologo Dean Keith Simonton, affascinato dall’idea di Paisley, calcolò il profilo di probabilità dei ‘passaggi tra due note’, ossia la probabilità che le prime sei note di un tema contengano un intervallo. Egli ha, quindi, «misurato l’originalità di un tema in base a quanto il suo profilo di probabilità dei passaggi tra due note si distanziava dalla media» . In riferimento al tema della originalità del tratto musicale, può essere utile la considerazione dei concetti di lick e di riff. Il primo indica quelle frasi musicali che servono per crearsi un proprio “vocabolario”, quelle frasi cioè che servono per esercitarsi e che aiutano a creare anche degli assoli. Sono delle frasi che è possibile anche suonare sopra una determinata sequenza di accordi in un determinato genere musicale. Un lick, quindi, può servire per l’improvvisazione e a volte può essere il “marchio” di un artista, trovandolo come “frase tipica” suonata da un certo musicista piuttosto che da un altro. Il riff è una frase musicale (ossia una successione di note con una propria identità espressiva, come lo è in linguistica la frase di un discorso) che spesso si ripete frequentemente all’interno di una composizione e che viene utilizzato di solito come accompagnamento. Il termine è probabilmente un’abbreviazione e alterazione di refrain.Un esempio di riff nella musica rock è dato dall’introduzione di chitarra dei Deep Purple in Smoke on the water. Un esempio di riff nella musica classica, genere nel quale si usa più propriamente il termine ostinato, è dato dal Bolero di Ravel. Nella musica jazz si caratterizza come una breve frase musicale, semplice, generalmente Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 7 Università Telematica Pegaso Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) facile da ricordare, destinata a durare più o meno a lungo, normalmente utilizzata come sottofondo a improvvisazioni solistiche, ma che può anche costituire il nucleo di un brano musicale. Più in generale la parola riff denota brevità, ripetizione e tensione ritmica ed è spesso associata a uno specifico strumento (nella musica rock principalmente la chitarra): differisce, quindi, dall’assolo, che è una breve esecuzione solistica, senza ripetizione e a volte con virtuosismi. Per cellule ripetitive più prolungate (o a carattere rilassato) si usa talvolta il termine groove: quest’ultimo è associato a un ritmo marcato e divertente in contrapposizione al ritmo melodico del riff. In generale, l’originalità di un brano musicale si misura soprattutto su temi strumentali, forse perché tendono ad essere più “originali” rispetto a quelli vocali. Secondo Ball, c’è più originalità nelle composizioni da camera che in quelle sinfoniche; e l’originalità nelle composizioni con più movimenti risulta maggiore quando esse sono all’inizio e alla fine rispetto alle sezioni interne del brano, forse perché i compositori tendenzialmente desiderano attirare l’attenzione del pubblico all’inizio dell’opera e “risvegliarli’ alla fine”. Un ulteriore aspetto da prendere in considerazione sull’originalità riguarda la variazione che essa ha avuto nel tempo. Si pensi che in passato l’originalità di un compositore aumentava con l’età; esattamente il contrario di quello che comunemente viene sostenuto oggi dove si tende a immaginare che gli artisti siano più creativi da giovani. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 7 Università Telematica Pegaso 2 Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) L’emulazione musicale Produrre musiche che “suonino come” quella di Bach o di Debussy, può sembrare strano ma è possibile. Con l’utilizzo di appositi programmi si possono creare, in base a delle regole precise, opere (‘pastiche’) composte da brani tratti da opere preesistenti, per lo più con intento imitativo. Un tipo di programma adatto è quello ideato da Kemal Evcioglu negli anni ottanta: il CHORAL. Esso “armonizza corali nello stile di Bach” . Per far questo si prende la melodia di base da un vero corale di Bach e successivamente viene confrontato quanto prodotto dal CHORAL con l’opera del compositore. Il programma elabora le melodie e opera utilizzando esclusivamente i principi della teoria musicale, mentre Bach avrà preso in considerazione sicuramente anche il modo in cui l’armonia rifletteva le parole o il grado di difficoltà delle varie parti. Un altro programma di imitazione dello stile musicale, descritto da Ball, è quello creato da due ricercatori svedesi. Essi hanno cercato di scoprire, attraverso un algoritmo, diverso dal CHORAL, una serie di ‘principi grammaticali’ delle canzoni infantili di Alice Tegnér. I ricercatori si chiedevano se possedessero una grammatica generativa, simile a quelle della linguistica, che potesse essere elaborata al computer in modo da creare canzoni ‘alla Tegnér’. I sistemi di emulazione di generi musicali non sono nati di recente, si pensi che già dal Settecento esistevano alcuni metodi di composizione automatica. I compositori di musica classica si dilettavano nei cosiddetti ‘Musikalisches Würfelspiel’ (giochi musicali ai dadi): con il lancio dei dadi si determinava l’ordine in cui sarebbero stati assemblati i frammenti musicali che erano stati composti in precedenza . Un sistema molto conosciuto è quello impiegato da Innais Xenakis : egli servendosi di un computer creava musica stocastica. Negli ultimi anni le ricerche sull’intelligenza artificiale stanno intensificando l’uso di reti ‘neurali’ adattative capaci di effettuare generalizzazioni sulla base dell’esperienza, imparando a riconoscere gli schemi tipici negli stimoli sottoposti, invece di basarsi sulla perfetta rispondenza ad alcuni criteri predeterminati. Tuttavia, secondo Ball, una buona improvvisazione nasce da un’esplorazione intelligente e sensibile della superficie musicale su cui riposa la composizione, e non sulla base dell’assemblaggio di frasi e lick standard. Un tentativo di usare l’apprendimento adattativo per creare musica è stato elaborato da John Al Biles, un trombettista e scienziato informatico del Rochester Institute of Technology. Egli ha creato un algoritmo, ‘GenJam’, che impara a improvvisare jazz. Ball spiega che il programma deve Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 7 Università Telematica Pegaso Cognizione e stili musicali (Seconda Parte) essere “preparato” e «la preparazione consiste nella procedura con cui l’algoritmo di apprendimento di GenJam trova varianti piacevoli alla musica che cerca di emulare» In realtà un ascoltatore valuta gli sforzi del programma esprimendo favore o meno ai prodotti, aiutandolo a individuare i risultati “buoni” che vengono mutuati e utilizzati come base per la generazione dei tentativi successivi. Biles afferma che l’improvvisazione di GemJam diventa tollerabile dopo circa dieci tentativi/generazioni. Un altro sistema di emulazione di stili musicali è quello escogitato dagli scienziati cognitivi, Lee Spector e Adam Alpern, dello Hampshire College. Tale sistema, chiamato ‘GenBebop’, anch’esso un algoritmo “genetico” basato sull’apprendimento che scaturisce dall’ascolto di un esecutore, cerca di creare assolo improvvisati nello stile di Charlie Parker. Il GenBebop, rispetto al GenJam, possiede anche un meccanismo critico interno e dopo circa ventuno generazioni produce improvvisazioni di quattro battute giudicabili come soddisfacenti . Il problema sembra essere quello di trovare criteri “selettivi” che non finiscano per produrre risultati banali: trovare un meccanismo autocritico dalla mentalità aperta e che sia al tempo stesso capace di giudizi acuti rappresenta una sfida considerevole. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 7