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Navigando nel
Cinenostrum
Disponibile, sorridente, in perfetta forma malgrado il caldo e l’afa.
Su Carlo Verdone si sono accese
qualche settimana fa le luci di
Cinenostrum, la rassegna cinematografica ideata dal Comune di
Acicatena e dal direttore artistico
Mario Patanè che ha permesso,
attraverso la proiezione dei film, di
“scomporre” e “ricomporre” i tasselli cinematografici che hanno
Verdone per attore, per autore, per
regista.
Un artista completo, che ha portato sullo schermo tanti personaggi, a volte estremi, e che secondo
molti è già l’erede del magnifico
Alberto Sordi.
Di certo è figlio del “grande” professore di cinema Mario ma, artisticamente, è padre di numerose
pellicole che sono già entrate di
diritto nella storia della cinematografia moderna.
Per una settimana tra i ruderi romani di Santa Venera al Pozzo,
Verdone ha mostrato il meglio di
sé. Accompagnato dagli amici di
sempre - Sergio Rubini, Margherita Buy, Claudia Gerini, Geppi
Cucciari - ha spiegato come nasce
la trama di un film, la genesi del
personaggio che, grazie alla pellicola, non muore mai.
“In Sicilia avete tanti bei posti, che
sono nascosti al grande pubblico
ma che non hanno niente da invidiare ad altri più famosi, ma avete
anche tanta bella gente e chissà che
da questo tour non possa venire
fuori qualcosa”, ha detto Verdone,
rispondendo a chi gli chiedeva se
il comprensorio acese potesse divenire location da film.
Certo che sì: le terme romane,
l’eremo di Sant’Anna, la costa
lavica che da Acicastello conduce
a Pozzillo, poi la vallata dell’Aci, il
barocco di Acireale.
“Davvero grande, grande Verdone”
dice il sindaco catenoto on. Raffaele Pippo Nicotra -.
L’attenzione su Verdone si riversa
anche sulle nostre bellezze: dalle
Terme romane all’eremo, solo per
fare degli esempi, e questo connubio non può che essere il fine ultimo di un grande evento del genere”. Un evento giunto alla quarta
edizione, che gode del patrocinio
della Provincia regionale di Catania e che rischia di soppiantare altre manifestazioni sparse qui e là
per l’Italia.
Grande, grande Cinenostrum.
Mario Grasso
Carlo Verdone e l’attore acese
Antonio Catania, a sinistra,
all’interno del Museo del cinema,
alle Ciminiere. Al centro, l’assessore
Nello Catalano
Terme, miti
e turismo
Il complesso termale di Santa Venera al Pozzo - del quale oggi rimangono in piedi solo alcuni ambienti,
un tepidarium e un calidarium sarebbe stato edificato intorno al IV
secolo d. C., al posto di un impianto di origini greche quel quale, però,
si sarebbe persa ogni traccia. Secondo alcuni studiosi, nei pressi delle
Terme si scorge ancora il basamento di un tempietto romano forse di
età repubblicana e probabilmente
dedicato a Venere. Una leggenda
che affonda le radici nel tardo medioevo, racconta che a metà del II
secolo d. C. la vergine Venera prestò la sua opera di apostolato come
infermiera alle Terme. Dopo il martirio il corpo venne gettato nel pozzo di acqua sulfurea: credenza popolare ritenne rigeneranti e miracolose le acque bagnate dal corpo di
Venera tanto da consigliare ai fedeli la costruzione in quel luogo di una
piccola chiesa. Al di là della presunzione di “acque miracolose” quelle
di Santa Venera al Pozzo sono considerate ancora oggi acquee sulfuree
di prima qualità, acquee che alimentano gli stabilimenti termali di
Acireale. L’area archeologica è oggi
direttamente gestita dalla Regione
Siciliana: l’antiquarium inaugurato
pochi anni fa è visitabile tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 13.
M.G.
tuzione di un fondo e di una sezione
unicamente musicali, nasce dal desiderio di rivalutare le risorse che il passato ci ha lasciato – afferma la direttrice – grazie al lavoro iniziato negli
anni settanta dal maestro Schembri,
oggi abbiamo l’opportunità di udire
il suono di questi magici e romantici
strumenti, riprodotti minuziosamente da maestri artigiani provenienti da
Francia, Inghilterra e Italia”. La collezione di questi arnesi musicali, unici
a livello nazionale ed europeo è di proprietà del maestro Schembri, ma la Biblioteca Universitaria di Catania si sta
impegnando per acquistarli, così da
creare all’interno dei suoi locali un
museo di Musicologia, unico anch’esso nel suo genere in tutto il nostro continente. “L’atmosfera ricreata dai suoni di ognuno degli strumenti, risulta
mistica e a noi sconosciuta – dichiara
Marcello Schembri – sono l’unico che
oltre a possederli è in grado di suonarli e spero che diventino patrimonio comune, dato che il tesoro più prezioso del nostro presente è il nostro
passato”. Molti di questi strumenti
vengono suonati pizzicando le corde
con una pinna d’oca, elegantemente
accompagnati dal tamburello che rallegrava spesso le serate cortigiane di
Marcello Schembri e Maria Grazia Patanè
quei tempi. Il liuto, si distingue da una
panciuta cassa piriforme, una tavola
armonica traforata da una rosa e il
cavigliere innestato sul manico ortogonalmente; la viella, strumento tipico della musica medioevale tout court
e capostipite dei moderni strumenti
ad arco, presenta svariate forme e svariato numero di corde; La citola, anch’esso uno strumento a corde, la cui
precisa identificazione viene resa difficile dalla carenza di notizie di carattere organologico; la symphonia, costituita da una caratteristica cassa armonica a forma di parallelepipedo rettangolo, al cui interno una ruota
azionata da una manovella esterna, fa
risuonare per sfregamento tre corde testate da un sistema meccanico di tangenti; Il salterio, costruito in varie forme, si usa pizzicando le corde con un
plettro; il flauto dritto, cilindrico con
imboccatura a becco di uccello, costruito in legno; il corno di animale,
veniva usato in periodi bellici, e la rappresentazione più famosa ci è data nelle Chanson de Roland; Infine L’arpa,
di origine remotissime il cui numero
di corde si stabilizza nel basso medioevo al numero di 20, romanticamente suonata già al tempo degli antichi
egizi. Approssimativa è ancora la stima dei costi degli strumenti che sono
continuamente visualizzati da critici
ed estimatori proprio per stabilire il
loro valore effettivo e permettere alla
Biblioteca di Catania di acquistarli,
così che diventino patrimonio e curiosità di tutti, e delizino con il loro
suono anche le orecchie di chi, come
noi, a quei tempi non ha potuto
assaporarne la magia.
Agnese Strano
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Rimarrebbe decisamente stupefatto
l’odierno musicologo non troppo vicino alla storia del Medioevo, posto
per la prima volta di fronte al magnifico spettacolo offerto dagli strumenti musicali di quel tempo remoto. Abituato com’è alla quantità, alla varietà,
alla ricchezza e ai colori degli “arnesi
della musica” che offre l’orchestra sinfonica moderna, non potrebbe mai
immaginare che, diversi secoli addietro, potesse fiorire un’industria di
“strumenti” per certi versi altrettanto
significativa per ricchezza, colori, varietà e quantità. Purtroppo ben poco
ci è rimasto di quei magnifici e magici strumenti musicali, il tempo li ha
portati via con se, per sempre. Testimonianze tratte da brani musicali, raffigurazioni, hanno permesso ai moderni artigiani di riprodurli. Liuto,
Viella, Citola, Arpa, Salterio,
Symphonia, Flauto e Corno, sono i
protagonisti di questo stupefacente
viaggio nel tempo, che ci è permesso
grazie alla passione, alla devozione del
musicologo medioevale, il maestro
Marcello Schembri, responsabile della sezione di musicologia della Biblioteca Universitaria di Catania. Passione condivisa con la direttrice, la dottoressa Maria Grazia Patanè. “L’isti-
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