conferenza dei presidenti aperta a tutti i deputati bruxelles, martedi

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CONFERENZA DEI PRESIDENTI APERTA A TUTTI I DEPUTATI
BRUXELLES, MARTEDI’ 18 FEBBRAIO 2003
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PRESIDENZA DELL’ON. COX
Presidente
(La seduta inizia alle 9.40)
Presidente. – Desidero porgere un caloroso e personale benvenuto al Presidente in carica, il ministro Simitis, con il quale
mi congratulo per le conclusioni del vertice di ieri e per il coraggioso tentativo compiuto dalla Presidenza greca in tale
occasione di conferire una maggiore coerenza alla presa di posizione dell’Unione europea sull’argomento.
(Applausi)
So che lei, signor Presidente in carica, si è assunto un certo rischio politico. Molti sostenevano che non era il momento per
svolgere tale riunione. Lei ha dimostrato che quanti le hanno mosso questa critica avevano torto.
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Simitis, Presidente in carica del Consiglio. – (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, la questione riguardante la
decisione di svolgere o meno un vertice dell’Unione europea nel tentativo di superare le divisioni ed elaborare una presa di
posizione coerente sugli sviluppi della crisi irachena è emersa circa tre settimane fa. La Presidenza greca sentiva che un
vertice era necessario, perché, come si è reso evidente da precedenti riunioni del Consiglio, è impossibile discutere le
nostre relazioni esterne internazionali con gli altri continenti senza fare riferimento all’attuale, importante e cruciale
questione dell’Iraq e ai mezzi per garantire la pace.
Quando la Presidenza greca ha preso l’iniziativa di convocare il Vertice, alcuni paesi hanno reagito dicendo che era
prematuro, che i tempi non erano ancora maturi, che avrebbe messo in evidenza i contrasti all’interno dell’Unione europea
e che avremmo dovuto rinviarlo a una data successiva. Tuttavia, è stato deciso di svolgere la riunione e siamo andati
avanti, perché siamo convinti che l’Europa debba avere una presenza sulla scena internazionale e che, nonostante i
disaccordi e gli approcci diversi, l’Unione europea debba dimostrare l’efficacia delle procedure concepite per superare tali
divergenze. Inoltre, era nelle aspettative dei cittadini europei che adottassimo qualche iniziativa per giungere ad una
posizione coerente.
Le manifestazioni svoltesi in tutto il mondo sabato scorso, alle quali hanno partecipato milioni di cittadini, hanno
dimostrato l’enorme disagio della popolazione e sarebbe stato strano se, come Unione europea, come leader dell’Unione
europea, non avessimo risposto o dato ascolto a tale disagio. L’impressione che emerge dalle scorse settimane, soprattutto
dopo che otto Stati membri e paesi candidati hanno scritto una lettera per esprimere i loro pareri, è che l’Unione europea
non ha una politica estera. Questo però non è esatto. Per quanto riguarda l’Iraq, il 27 gennaio il Consiglio dei ministri ha
presentato le sue conclusioni e il 4 febbraio ha messo in atto un intervento diplomatico pubblico sull’Iraq. Tuttavia, come
sapete, questa era solo una cornice e sono emerse notevoli differenze quando si è trattato di valutare i risultati delle
elezioni in Iraq, di interpretare la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU e di decidere come procedere.
Dovevamo, quindi, sforzarci di trovare un punto d’incontro su tali questioni irrisolte, che potesse farci giungere ad una
posizione comune. Come ho fatto notare ieri ai colleghi, non siamo qui per ribadire i nostri disaccordi e confermare le
nostre divergenze; siamo qui per cambiare la situazione e cercare di introdurre nuove idee e un nuovo approccio. Come
sapete, compito della Presidenza è unire i vari punti di vista. La Presidenza ha i suoi pareri, ma il suo dovere non è quello
di imporli. E’ piuttosto quello di trovare una linea comune e ritengo che ieri abbiamo conseguito un grandissimo risultato
dimostrando innanzi tutto questo: che le procedure mirate a raggiungere un compromesso e un accordo comune
funzionano bene, che l’Unione europea non è un’entità in cui ciascuno procede per la sua strada senza considerare nessun
altro; è un’entità che sente la necessità di dialogare, di affrontare i pareri divergenti al suo interno e di trovare un modo
unitario di procedere. Abbiamo anche dimostrato che, adottando questa direzione comune, nonostante le diversità, siamo
tutti disposti a tenere conto di certi punti centrali.
Quali sono questi punti centrali? Il primo è la consapevolezza che, per quanto giustificabile, la guerra è distruttiva e
dovremmo farvi ricorso solo dopo avere esaurito tutti i mezzi pacifici, ogni altra forma di gestione delle crisi e solo se è
evidente che qualsiasi alternativa al conflitto sarebbe ancora più disastrosa. Nelle conclusioni affermiamo che “la guerra
non è inevitabile. L’uso della forza dovrebbe essere solo l’ultima risorsa. E’ il regime iracheno che deve porre fine a questa
crisi ottemperando alle richieste del Consiglio di sicurezza”.
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Il secondo punto, anch’esso sottolineato nelle conclusioni, è il seguente: la carta delle Nazioni Unite, che stabilisce le
procedure per affrontare le minacce alla pace mondiale, afferma chiaramente che il compito di garantire la pace nel mondo
non spetta ad un solo paese, ma alla comunità internazionale e l’autorità per qualsiasi azione deve venire dal Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è la regola che disciplina le nostre relazioni internazionali e il Kosovo è stato un
recente esempio della sua applicazione. Tale esempio dimostra che qualsiasi intervento militare deve essere seguito da
un’azione pacifica che, come in Kosovo, è compito unicamente delle Nazioni Unite. Per questa ragione le Nazioni Unite e
il Consiglio di sicurezza sono al centro di queste procedure. Il Consiglio di sicurezza ha il diritto d’iniziativa, adotta le
risoluzioni, decide come procedere, e questa è la ragione per cui le conclusioni affermano: “Ribadiamo la centralità delle
Nazioni Unite nell’ordine internazionale. Riconosciamo che spetta anzitutto al Consiglio di sicurezza la responsabilità del
disarmo dell’Iraq. Ci impegniamo a fornire pieno appoggio al Consiglio nell’esercitare le sue responsabilità”.
Il terzo punto riguarda la nostra reazione agli sviluppi della situazione irachena. Purtroppo, sinora l’Iraq non ha
ottemperato pienamente alla risoluzione delle Nazioni Unite. Non ha collaborato né ha abbandonato l’atteggiamento
ostruzionista né ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare che non dispone più di armi di distruzione di
massa. Dobbiamo altresì renderci conto del fatto che ormai da lungo tempo si sta aspettando che l’Iraq decida di
collaborare, come indica la relazione del capo degli ispettori Blix; come tutti sappiamo, i reiterati inviti a conformarsi sono
inutili se ripetuti all’infinito. La continua mancanza di collaborazione dell’Iraq dimostra che non prende sul serio la
procedura di controllo e di consultazione. Se qualcuno è inadempiente e cita ripetutamente la procedura, si tratta di
ostruzionismo; abbiamo pertanto concluso che dobbiamo inviare un serio messaggio all’Iraq, poiché sentiamo che il tempo
sta per esaurirsi.
Infine voglio menzionare il paragrafo in cui si afferma: “ribadiamo il pieno sostegno all’attuale missione degli ispettori
ONU”. Essi devono disporre del tempo e delle risorse ritenuti necessari dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Quest’ultimo adotta le risoluzioni e decide i mezzi che useranno gli ispettori per svolgere il loro compito. Tuttavia, le
ispezioni non possono durare indefinitamente in mancanza di una completa collaborazione da parte dell’Iraq, che deve
fornire anche tutte le informazioni specifiche e supplementari sulle questioni sollevate nelle relazioni degli ispettori.
Baghdad non si deve illudere: deve disarmare e cooperare immediatamente e pienamente. L’Iraq ha un’ultima opportunità
per risolvere la crisi in modo pacifico. Ci rendiamo conto, naturalmente, che dobbiamo confermare le conclusioni del
precedente Consiglio “Affari generali”, riconoscere i progressi compiuti sulla base di tali conclusioni ed esprimere la
volontà comune dell’Unione europea di continuare a cooperare.
Vorrei inoltre sottolineare che le conclusioni contengono un riferimento al Medio Oriente. Continuiamo a sostenere una
rapida attuazione della tabella di marcia avallata dal “Quartetto”. Il terrore e la violenza devono cessare. Sulla questione
delle relazioni con gli Stati Uniti, le conclusioni rimarcano che “nell’affrontare questi problemi è di vitale importanza
l’unità della comunità internazionale. Ribadiamo il nostro impegno a operare con tutti i nostri partner, specialmente con gli
Stati Uniti, per il disarmo dell’Iraq, per la pace e la stabilità nella regione e per un futuro dignitoso per tutta la sua
popolazione”.
Infine, onorevoli deputati, vorrei mettere in evidenza l’impegno del Presidente del Parlamento europeo Pat Cox, che ha
presentato i pareri del Parlamento all’inizio della riunione. E’ stato un contributo molto prezioso, al pari della presenza del
Segretario Generale delle Nazioni Unite Κofi Annan, che ha espresso i punti inseriti nelle conclusioni riguardo agli sforzi
per evitare la guerra, alla necessità di continuare con i processi di pace, al sostegno agli ispettori e alla necessità che l’Iraq
ottemperi immediatamente alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
Forse chi voleva un calendario specifico con un programma preciso di azioni per i prossimi giorni è rimasto deluso dal
Vertice di ieri. Tuttavia, riteniamo che, considerata la situazione attuale, sia impossibile stabilire scadenze. Occorre fare il
punto della situazione ad intervalli regolari e per questo l’iniziativa spetta al Consiglio di sicurezza; ma ciò che possiamo
fare e che l’Unione europea ha fatto è dimostrare che ci interessa una discussione comune, sulla base di principi comuni, e
confermare che stiamo procedendo con decisione nella formulazione di una politica comune. Vi è una generale
determinazione, che dobbiamo applicare e mettere in pratica. Il Vertice di ieri ha dimostrato che siamo in grado di farlo.
(Applausi)
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Poettering (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio europeo, onorevoli colleghi, vorrei
innanzi tutto ringraziare il ministro Simitis per essere qui presente oggi e congratularmi con lui per il successo di ieri sera.
Signor ministro Simitis, quando ci siamo incontrati prima di Natale durante la Conferenza dei Presidenti ad Atene, lei ha
espresso la speranza di un comportamento corretto da parte di tutti. A nome del gruppo del Partito popolare europeo
(democratico-cristiano) e dei Democratici europei, voglio dirle che abbiamo sempre sostenuto la Presidenza greca nella
sua ricerca di soluzioni comuni. La scorsa settimana, durante la discussione con il ministro Giannitsis a Strasburgo,
abbiamo espresso il nostro appoggio al desiderio della Presidenza greca di convocare i capi di Stato e di governo in questo
Vertice.
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Oltre ad esprimere tre brevi osservazioni, vorrei evidenziare le lezioni che a nostro parere dobbiamo imparare da ciò che è
successo. Nessuno le invidia la situazione in cui si è trovata la Presidenza, in cui abbiamo visto in pezzi l’unità europea.
Piuttosto che ripercorrere la cronologia degli eventi, che non farebbe che riaprire le ferite, voglio porre l’accento sulla
necessità di prendere atto per il futuro che noi europei dobbiamo lavorare per raggiungere posizioni comuni. Non si
dovranno più rilasciare dichiarazioni unilaterali, bilaterali o multilaterali, senza riferimento alla procedura comunitaria
dell’Unione europea, bensì dobbiamo agire congiuntamente e tale solidarietà è un obbligo per tutti i paesi. Il mancato
rispetto di quest’obbligo da parte di uno ha come risultato reazioni immediate e opposte degli altri e per questa ragione
dobbiamo chiedere a tutti i governi interessati di mettere in atto il meccanismo comunitario.
A mio parere, vi è una seconda lezione che dobbiamo imparare, che ha attinenza con l’Iraq, ma ne è indipendente.
Riguarda il fatto che non dovremmo definire le nostre relazioni con l’America, o meglio l’integrazione europea, in termini
di opposizione agli Stati Uniti, ma costruire una collaborazione tra pari. Se dovessimo definire le nostre relazioni in questo
modo, cosicché l’integrazione europea divenisse opposizione agli Stati Uniti, spingeremmo i futuri Stati membri
dell’Unione europea, i paesi dell’Europa centrale, a schierarsi con gli USA, poiché l’esperienza storica di questi paesi –
che ora non intendo approfondire – li porta invariabilmente a cercare di ottenere dall’America una maggiore protezione.
Per questa ragione, l’obiettivo dell’integrazione europea richiede uno sforzo mirato a creare una collaborazione paritaria
con gli Stati Uniti.
In terzo luogo, lei ha ragione a menzionare le manifestazioni su larga scala e le persone che vi hanno partecipato. Le
manifestazioni sono parte integrante di una società democratica fondata sulla libertà e di questo possiamo essere
orgogliosi, qui in Europa e in tutto il mondo, ma dobbiamo anche fare attenzione a non confondere causa ed effetto. Il
problema non sono gli Stati Uniti, bensì il regime criminale di Saddam Hussein.
(Applausi)
Questo, a mio parere, è l’aspetto cruciale e non dobbiamo dimenticarlo, neppure in questo giorno propizio. La risoluzione,
per la quale non posso che congratularmi sinceramente con lei, esprime tutto questo in modo molto equilibrato. Tuttavia,
ora che mille tonnellate di armi chimiche, comprendenti l’antrace e il gas nervino VX, risultano introvabili e il regime
criminale in Iraq non fornisce informazioni sulla loro collocazione, dovremo essere molto vigili nei prossimi giorni e nelle
prossime settimane. Non posso quindi che essere d’accordo con lei quando afferma che questa è l’ultima occasione per
Saddam Hussein. O si decide a collaborare o sarà disarmato. Posso solo sperare che questo sia fatto in modo pacifico e
sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Un’osservazione conclusiva, signor Presidente del Consiglio: trovo positivo che la dichiarazione faccia anche esplicito
riferimento alla pace in Medio Oriente e al conflitto israelo-palestinese. Dobbiamo far giungere al mondo arabo il
messaggio che l’Europa farà la sua parte affinché Israele e la Palestina possano vivere entro confini sicuri e che non siamo
contro gli arabi, ma stiamo cercando di costruire una pace reale e giusta. Il gruppo del Partito popolare europeo
(democratico-cristiano) e dei Democratici europei desidera ancora una volta congratularsi vivamente con lei a questo
riguardo, sperando che continui ad ottenere risultati positivi, da un lato, nel conseguimento della pace e, dall’altro, nel
tenere sotto controllo il pericolo e, soprattutto, nel mantenere l’unità europea. Le porgiamo per questo i nostri migliori
auguri.
(Applausi)
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Barón Crespo (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, a nome del
gruppo del Partito del socialismo europeo, vorrei innanzi tutto esprimere il mio apprezzamento per il coraggio e la
decisione politica del Presidente in carica, il ministro Simitis, il quale ha convocato un vertice straordinario, più che
informale, che ha reso possibile l’adozione di una risoluzione. Riguardo a quest’ultima, siamo totalmente d’accordo,
perché accoglie essenzialmente il contenuto della risoluzione del Parlamento europeo, approvata a gennaio, e dimostra che
possiamo lavorare insieme e compiere progressi.
Va inoltre messa in evidenza la presenza del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, prima in Parlamento –
di cui lo ringraziamo – e quindi al Consiglio. Ritengo che l’Unione europea e le Nazioni Unite possano lavorare
congiuntamente e questa ne è una dimostrazione.
Emerge un elemento importante in questo contesto generale, oltre alla riunione pubblica di venerdì del Consiglio di
sicurezza – che rappresenta un evento storico – vale a dire il delinearsi di un’opinione pubblica europea – anzi, direi
globale. Questa è la nuova superpotenza che sta cominciando ad emergere nella storia e che dobbiamo difendere e
sostenere.
(Applausi)
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Signor Presidente in carica del Consiglio, nel testo compare l’espressione “popoli d’Europa”. Perché non presentare un
emendamento al testo proposto della Convenzione per affermare che in Europa siamo un popolo? Anche questo sarebbe
significativo.
Riguardo alla risoluzione, siamo decisamente d’accordo sulla necessità di lottare per il disarmo completo ed effettivo, sul
fatto che la guerra non è inevitabile – questa è la grande affermazione che il Parlamento ha inserito nella sua risoluzione e
che avete accolto –, che gli ispettori devono proseguire il loro lavoro e che, ai sensi della risoluzione 1441 − menzionata
ieri dal Segretario Generale delle Nazioni Unite – non è prevista una scadenza per il loro lavoro. E’ vero che non possono
continuare indefinitamente, ma dobbiamo sostenere il lavoro che stanno svolgendo gli ispettori, guidati da un cittadino
europeo, Hans Blix, del quale sono molto orgoglioso.
Un altro importante elemento è il messaggio rivolto a Saddam Hussein per chiarire che continueremo ad esercitare
pressione e che deve collaborare onestamente, soprattutto perché − questo è importante – la principale vittima di ciò che
sta accadendo è il popolo iracheno.
Signor Presidente, credo che sia altresì corretto riconoscere che, in un contesto così difficile come quello del Medio
Oriente, occorre inviare un messaggio ai paesi arabi; dobbiamo insistere su una soluzione del conflitto israelo-palestinese e
dobbiamo attuare una politica attiva dal punto di vista europeo.
A mio parere, il risultato più importante conseguito ieri, dopo le difficoltà e la crisi che abbiamo affrontato, è che la
Presidenza è riuscita a raggiungere l’unità e a fare in modo che l’Europa sia presente e attiva. Inoltre – e credo che
dobbiamo far rilevare questo aspetto agli Stati Uniti – vi sono state importanti manifestazioni da parte del popolo
statunitense. Siamo leali alleati degli Stati Uniti, ma su un piano di parità, con gli stessi diritti, nel contesto del lavoro delle
Nazioni Unite.
Un altro elemento che a mio parere va sottolineato è il terzo paragrafo della risoluzione, ove si afferma che questa
situazione costituisce un caso molto importante per il futuro dell’umanità. Il modo in cui sarà gestita la crisi irachena
creerà un precedente, sarà un esempio che avrà importanti ripercussioni nel mondo per i prossimi decenni.
Per concludere, signor Presidente, a mezzogiorno lei si incontrerà con i leader dei paesi candidati. Credo che debba
trasmettere loro un messaggio positivo, sottolineando che non siamo solo un’unione di politiche agricole e Fondi
strutturali, ma un’unione che deve basarsi su principi e valori comuni.
(Applausi)
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Watson (ELDR). – (EN) Signor Presidente, a nome del gruppo ELDR vorrei congratularmi con la Presidenza greca per la
straordinaria capacità con cui è riuscita a far adottare una posizione comune dell’Unione europea sull’Iraq equilibrata e
coerente, che giustifica la sua decisione di convocare il Vertice e offre all’Unione europea l’opportunità di ritrovarsi unita
dopo le aspre polemiche degli ultimi giorni.
La posizione comune rappresenta un considerevole passo avanti in quanto pone le Nazioni Unite al centro del processo in
corso e sostiene il lavoro svolto dagli ispettori dell’ONU al fine di ottenere un disarmo pacifico, attribuendo tuttavia
all’Iraq la responsabilità di una piena cooperazione e riconoscendo che, in caso contrario, potrà essere necessario un
intervento militare per far rispettare la volontà delle Nazioni Unite.
Il gruppo di cui faccio parte accoglie con soddisfazione il fatto che sono state superate le rigide posizioni finora espresse: il
Regno Unito ha riconosciuto la necessità di concentrare l’attenzione su una soluzione pacifica della crisi, considerando la
guerra solo l’ultima risorsa cui far ricorso con l’avallo delle Nazioni Unite; la Germania ha ritenuto che, per essere
credibili, le Nazioni Unite devono essere disposte a consentire l’uso della forza solo come ultima risorsa.
Signor Presidente in carica del Consiglio, non so cosa abbia messo nei dolmades che ha servito come prima portata, ma è
indubbio che ha funzionato.
(Ilarità)
Ritengo pertanto deplorevole che l’atmosfera positiva che si è creata sia stata offuscata dalle dichiarazioni gratuite e
compiacenti rese dal Presidente Chirac riguardo ai nuovi Stati membri dopo il Vertice.
(Applausi)
Suppongo che sarebbe stato opportuno invitare a un vertice straordinario i paesi candidati. Su questioni di questo genere è
indispensabile ottenere il più ampio consenso possibile.
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In una riunione con i leader di partito svoltasi ieri in Aula, Kofi Annan ha detto che nessuna delle tre risoluzioni del
Consiglio di sicurezza fissa una scadenza per la fine delle ispezioni. I liberali democratici esortano il Consiglio di
sicurezza a proporre un’ulteriore risoluzione che preveda un termine per conformarsi alle disposizioni, qualora nelle
prossime settimane dalle ispezioni non emergessero evidenti segni di progressi in materia.
Occorre dire a Saddam Hussein "attento alle idi di marzo". I quattordici giorni che sono motivo di divisione tra Blair e
Chirac sono importanti, in quanto potrebbero essere sfruttati per predisporre un piano di aiuti a favore di un milione di
bambini malnutriti e di cinque milioni di iracheni che non dispongono di acqua potabile o di adeguate strutture igienicosanitarie anziché per preparare la guerra.
Signor Presidente in carica del Consiglio, i liberali democratici accolgono con favore la posizione dell’Unione europea che
è stata definita. Il poeta americano Robert Frost scrisse che due strade divergevano in un giallo bosco. L’Europa deve
esortare gli Stati Uniti a imboccare la strada delle Nazioni Unite, che è quella meno battuta, imprimendo in questo modo
una svolta decisiva alla situazione.
(Applausi)
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Kaufmann (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, è stato giusto intraprendere
l’iniziativa di convocare un Vertice straordinario, in quanto la dichiarazione di cui ci occupiamo questa sera stabilisce una
verità. Il modo in cui sarà gestita l’evoluzione della situazione in Iraq avrà importanti ripercussioni nel mondo per i
prossimi decenni. Signor Presidente in carica del Consiglio, la dichiarazione dei capi di Stato e di governo dell’Unione
europea sull’Iraq esprime soprattutto l’auspicio di una soluzione pacifica della crisi, concedendo agli ispettori incaricati di
verificare gli armamenti iracheni più tempo per svolgere il loro lavoro e mettendo a loro disposizione gli strumenti ritenuti
necessari dal Consiglio di sicurezza. La dichiarazione chiarisce altresì che spetta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite la responsabilità della guerra e della pace, e questo è un fatto positivo.
Al contempo, la dichiarazione afferma inoltre che la guerra non è inevitabile e che la forza può essere usata come ultima
risorsa. Vorrei che fosse assolutamente chiaro che tale affermazione è in palese contraddizione con la volontà della
maggioranza dell’opinione pubblica nell’Unione europea e nel mondo e che pertanto considero nel complesso la
dichiarazione in questione un compromesso discutibile. Si tratta di un’operazione salvafaccia, in cui le facce da salvare
sono quelle dei Presidenti e dei Primi ministri, da un lato, di Germania e Francia e, dall’altro lato, di Gran Bretagna,
Spagna e Italia. In precedenza, e senza il coinvolgimento della Francia, la NATO aveva già utilizzato un espediente
analogo per rendere possibile la definizione di piani di sostegno per la Turchia in caso di guerra contro l’Iraq. Il
Cancelliere federale tedesco Schröder ha riconosciuto che la Germania avrebbe dovuto intervenire. A mio avviso, lo ha
fatto nella direzione sbagliata.
Signor Presidente in carica del Consiglio, non ritengo che tale dichiarazione possa colmare le divisioni esistenti in Europa
sulla questione esistenziale della contrapposizione tra guerra e pace, divisioni che sono più profonde che in qualsiasi altro
momento nella storia dell’Unione europea. Non si tratta di una spaccatura all’interno dell’Unione europea, ma di un
profondo dissidio tra governi e popolazioni, com’è risultato evidente durante il fine settimana, quando svariati milioni di
cittadini hanno manifestato per far sapere ciò che vogliono, esprimendosi all’unisono nelle strade e nelle piazze d’Europa a
favore di una politica estera europea comune, di una politica estera che per di più contribuisca a mantenere la pace. Il
messaggio inviato questo fine settimana è inequivocabile. I popoli d’Europa non vogliono la guerra e, in qualità di
delegato eletto direttamente dal popolo, in qualità di deputato del Parlamento europeo, anch’io voglio dire che abbiamo
l’obbligo di affermare la volontà popolare anziché indulgere in dubbi compromessi.
Signor Presidente in carica del Consiglio, vorrei concludere dicendo che in seno alla Convenzione europea siamo
attualmente impegnati a elaborare una costituzione per l’Europa. Essendo la situazione quella descritta all’inizio del mio
intervento, il modo in cui ora procederemo avrà notevoli ripercussioni nel mondo e sulla politica estera europea. Per questo
motivo, a mio avviso, è necessario inserire nella costituzione europea una dichiarazione da cui risulti con chiarezza che la
politica che l’Europa persegue in modo indipendente è che la guerra viene bandita quale mezzo utilizzato a fini politici.
(Applausi)
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Frassoni (Verts/ALE). – Anch’io vorrei iniziare congratulandomi con la Presidenza greca perché, in una situazione nella
quale sfortunatamente – come lei stesso ha detto, Presidente – non c’è nessun obbligo di trovare una convergenza fra gli
europei, questa convergenza e la ricerca di essa è comunque fondamentale, non soltanto per l’impatto che questa può avere
sul corso degli eventi ma anche rispetto ad un’opinione pubblica la cui mobilitazione non può essere ignorata e che vuole
che l’Europa giochi un ruolo unitario sulla scena internazionale. La ringraziamo quindi per il suo lavoro paziente; la
ringraziamo per aver ottenuto la presenza del Segretario generale Kofi Annan al Consiglio, elemento anche questo
importante; la ringraziamo per la presenza del suo Ministro degli esteri alla riunione informale della Lega araba. Sono
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tanto contenta di questo suo lavoro da chiedermi che cosa sarebbe successo se l’Unione europea avesse un unico seggio
alle Nazioni Unite, e quanto più importante e cruciale questo suo lavoro sarebbe in quel caso.
Il tempo ci dirà se questo accordo, che è provvisorio, sarà utile a mantenere la pace e a disarmare l’Iraq. Esso però, oggi,
ha il merito di mettere insieme posizioni che sono meno lontane di quelle che le bellicose dichiarazioni dell’uno e
dell’altro potevano far pensare. L’elemento però che ci fa capire che ognuno ci vede un po’ quello che vuole sta nel fatto
che le reazioni americane alle conclusioni del Consiglio sono, tutto sommato, positive. Questa ambiguità, Presidente, non
potrà essere tenuta a lungo. La distanza fra i tempi chiesti dagli ispettori e quelli previsti dagli Stati Uniti imporrà, fra
poco, una scelta di campo che non permetterà più di restare nel vago. E qui il gioco evidentemente torna nelle mani dei
membri del Consiglio di sicurezza. Il mondo scarseggia di attori che sanno agire per la costruzione di un mondo
multipolare, nel quale esistono poche regole chiare e nel quale tutte vogliono la pace. Questo emerge molto chiaramente
dagli eventi di questi giorni. In pochi mesi gli americani sono riusciti a mettersi il mondo contro, e i paesi arabi hanno per
ora fallito nel loro tentativo di costruire una posizione unitaria. L’Europa può rappresentare questo attore positivo, ma ci
sono delle sbavature preoccupanti nel comportamento di queste ultime ore da parte di alcuni dei suoi importanti membri:
dalla continuazione dei bombardamenti sull’Iraq, da parte non soltanto degli americani ma anche degli aerei britannici, alle
– su un piano completamente diverso evidentemente – parole inopportune del Presidente Chirac, che non può certo dare
lezioni in termini di informazione e di consultazione ai paesi dell’ampliamento, al di là, evidentemente, della condivisione
generale sul merito delle sue parole.
Nei prossimi giorni, Presidente, ricucitori come lei, ma anche come Kofi Annan, come i membri del Consiglio di
sicurezza, avranno un compito prioritario da compiere: evitare che la credibilità delle Nazioni Unite entri in diretto
conflitto con la credibilità e il prestigio degli Stati Uniti, soprattutto rispetto a se stessi. A me sembra che questo sarà un
compito molto importante per sapere se si farà la pace o si farà la guerra.
Un’ultima parola, Presidente: spero che tutto questo talento, in questi prossimi mesi, sarà da lei dispiegato per trovare una
soluzione anche al conflitto cipriota.
(Applausi)
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Collins (UEN). – (EN) Signor Presidente, nessuno può dubitare dell’importanza del testo della dichiarazione comune
formulata ieri sera dai leader dell’Unione europea.
I governi dell’Unione europea hanno avvertito in modo forte e risoluto Saddam Hussein che deve disarmare e che questa è
per l’Iraq l’ultima opportunità per risolvere la crisi in modo pacifico.
Il regime iracheno ha ora la piena consapevolezza che i governi dell’Unione europea riterranno Saddam Hussein
responsabile delle conseguenze se continua a beffarsi della volontà della comunità internazionale. In altre parole, la guerra
per fortuna non è inevitabile e la forza verrà usata solo quale ultima risorsa. E’ chiaro che i leader dell’Unione europea
hanno ritrovato la base comune necessaria per assicurare la piena attuazione delle disposizioni della risoluzione 1441 delle
Nazioni Unite.
L’accordo raggiunto ieri è indicativo degli sforzi compiuti negli ultimi giorni per superare le divergenze esistenti tra i
governi dell’Unione europea riguardo al modo migliore per disarmare il regime iracheno. Il Vertice di ieri ha fatto sì che il
consenso politico abbia supplito alla mancanza di unità tra i governi dell’Unione europea che negli ultimi tempi è risultata
così evidente.
L’Unione europea deve continuare a ricercare una soluzione pacifica della crisi. E’ chiaro che è proprio questo il parere dei
cittadini dell’Unione europea.
Vogliamo il disarmo dell’Iraq e l’eliminazione delle sue armi di distruzione di massa. Vogliamo evitare un conflitto
armato e salvaguardare la responsabilità primaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Sostengo e accolgo con favore le osservazioni formulate dal Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che
dev’essere encomiato anche per il ruolo di primo piano che sta svolgendo in questo momento. Egli ha ragione quando dice
che qualsiasi azione contro l’Iraq senza il sostegno delle Nazioni Unite sarebbe priva di legittimità. Le Nazioni Unite
hanno svolto un ruolo centrale nel processo volto a ottenere il disarmo da parte del governo iracheno. Abbiamo sempre
manifestato il nostro forte sostegno a favore di questo sistema di sicurezza collettiva internazionale, al centro del quale vi
sono le Nazioni Unite, cui dev’essere affidata la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionali.
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Infine, continueremo e dobbiamo continuare a sostenere il sistema di governi internazionali nell’approccio adottato per
affrontare la crisi irachena. Non è una questione di schieramento, ma la strada prudente e sensata da imboccare per
risolvere la crisi.
(Applausi)
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Bonde (EDD). – (DA) Signor Presidente, la riunione svoltasi ieri con il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi
Annan è stata un’esperienza edificante. A prescindere dalle rispettive posizioni assunte nella presente crisi, Kofi Annan è
l’uomo giusto in un momento difficile. Egli ha ribadito la necessità di disarmare Saddam Hussein, come deciso dalle
Nazioni Unite, ma ha anche manifestato la ferma volontà di utilizzare la guerra solo come ultima risorsa. Le questioni di
guerra e pace devono essere risolte attraverso le Nazioni Unite. Il Consiglio di sicurezza deve accertare se l’Iraq ha violato
o rispettato le condizioni imposte. La guerra, qualora si decida di farvi ricorso, dev’essere dichiarata da tutto il mondo e
non solo dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall’Unione europea o da qualsiasi altra singola nazione o blocco. Nel
quadro del diritto internazionale, ogni Stato ha il diritto di difendersi, ma nessuno ha quello di andare a stabilire la giustizia
in altri paesi.
Le Nazioni Unite hanno il monopolio sull’uso della forza ed è importante che la situazione rimanga tale. Nessuno deve
sospettare che le Nazioni Unite si occupino di qualcosa di diverso dalla pace. Tutti gli iracheni devono sapere che una
volta che la risoluzione delle Nazioni Unite sul disarmo verrà attuata la questione si potrà dire chiusa. Tutti in Medio
Oriente devono sapere che le Nazioni Unite non sono alla ricerca dell’ultima goccia di petrolio. Una decisione comune del
Consiglio di sicurezza è l’unica soluzione per il disarmo e per la pace e deve continuare a essere la risposta dei paesi
dell’Unione europea agli Stati Uniti. Occorre seguire la strada indicata dalle Nazioni Unite e sostenere Kofi Annan. Non vi
sono scorciatoie.
Un eventuale attacco militare dev’essere accompagnato da sforzi ancor maggiori da parte della popolazione civile. Il 60
per cento dei cittadini iracheni dipende dal programma “cibo in cambio di petrolio”. In realtà, la prima vittima della guerra
non sarà Saddam, ma dieci milioni di civili che saranno ridotti alla fame e forse due milioni che si ritroveranno nella
condizione di profughi. La sollecitudine a portare aiuto deve prevalere su quella a combattere. Non si tratta solo del
rispetto delle regole del vivere civile, ma anche della questione egoistica di inviare il giusto segnale al mondo e a coloro
che cercano di trovare argomenti a favore degli attentatori suicidi e del terrorismo. Dobbiamo comportarci in modo
pacifico e con generosità e abbiamo anche alcune lezioni da imparare. Le Nazioni Unite devono disporre di una propria
forza di reazione rapida che possa essere dispiegata in seguito alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, secondo
l’auspicio espresso ieri da Kofi Annan. Offriamogli tutto il sostegno possibile, prima che gli aerei da bombardamento
provochino un bagno di sangue a Baghdad.
2-011
Dell’Alba (NI). – Signor Presidente del Consiglio, anch’io, a nome dei Radicali italiani, desidero congratularmi con lei e
con la Presidenza greca per l’iniziativa di convocare un Vertice straordinario, per avervi invitato Kofi Annan, per essere
riusciti a far adottare una posizione comune – fatto tutt’altro che scontato – che ha il merito innanzitutto di denunciare che
il problema della crisi irachena si chiama comunque Saddam Hussein – sono in molti, magari animati dalle migliori
intenzioni, a dimenticarsene spesso – che il problema è il rispetto, da parte del regime, degli impegni in materia di disarmo,
per aver definito l’uso della forza come ultima risorsa, senza però che nessuno dei Quindici l’abbia esclusa a priori, per
aver infine indicato chiaramente le responsabilità e il ruolo centrale dell’ONU e in particolare del Consiglio di sicurezza.
Alla fine della dichiarazione di ieri, il Consiglio europeo ricorda l’impegno dell’Unione per ottenere il disarmo dell’Iraq, la
pace e la stabilità della regione e un avvenire decente per i popoli che vi vivono. Noi avremmo preferito un riferimento
esplicito e un impegno per la libertà, la democrazia, i diritti fondamentali per le irachene e gli iracheni che sono sottoposti
da più di vent’anni a una delle dittature più feroci della storia. Da questo punto di vista, signor Presidente, noi crediamo
che il ruolo dell’ONU sia vitale e cruciale, nell’eventualità che il regime di Saddam non ottemperi ai suo impegni,
soprattutto per il dopo, e auspichiamo quindi che anche l’Unione rifletta, come hanno chiesto migliaia e migliaia di
cittadini, ad un’amministrazione interinale dell’ONU per gestire, in comune con le Nazioni Unite, il dopo-Saddam
Hussein, se questo dopo ci dovrà essere nei prossimi mesi.
2-012
Presidente. – Con questo si conclude la serie di interventi a nome dei gruppi politici. Vorrei informarvi che il Presidente
in carica del Consiglio dovrebbe lasciare l’Aula relativamente presto, in quanto deve partecipare ad alcune riunioni
bilaterali prima della riunione con i paesi candidati all’adesione che presiederà nella mattina inoltrata.
Propongo ora di iniziare le interrogazioni su una base catch-the-eye. Ho già un elenco che è più lungo del tempo a nostra
disposizione. Per questo motivo, mi scuso in anticipo.
2-013
12
18-02-2003
Deva (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con il Presidente in carica del Consiglio per
l’autorevolezza di cui ha dato prova e per la sua dichiarazione, che è molto più vigorosa di quanto ci si potesse aspettare la
scorsa settimana.
Più volte gli Stati Uniti d’America hanno sacrificato propri uomini e mezzi per la libertà dei popoli di altri paesi. Se gli
americani non lo avessero fatto circa sessant’anni fa, nessuno di noi sederebbe oggi in quest’Aula. Questa volta potrebbe
trattarsi della libertà del popolo iracheno. La guerra potrebbe essere l’ultima risorsa. Nessuno vuole la guerra, ma in tal
caso dobbiamo riconoscere i sacrifici che il popolo degli Stati Uniti ha più volte compiuto per la libertà di popoli stranieri.
L’Unione europea crede tuttavia nel buon governo, nella democrazia e nello Stato di diritto ed è forse a questo proposito
che l’Unione europea e gli Stati membri possono svolgere pienamente il loro ruolo contribuendo all’instaurazione di
istituzioni democratiche in Iraq.
2-014
Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, desidero congratularmi con il Presidente in carica del Consiglio. Lei ha ascoltato il
signor Blix, ha ascoltato ciò che l’opinione pubblica europea, questa nuova superpotenza, come l’ha definita il presidente
del gruppo di cui faccio parte, ci ha detto. Nei quindici Stati membri attuali e nei futuri paesi membri dell’Unione europea,
l’opinione pubblica ci dice innanzi tutto che la guerra non porrà fine al terrorismo, contrariamente a ciò che
l’amministrazione Bush cerca di darci a intendere. L’opinione pubblica ci dice che crede nella sicurezza comune e ci sfida
a creare le condizioni per una politica di sicurezza europea, che deve fornire ai paesi candidati all’adesione la certezza che
questa forza di sicurezza comune dev’essere creata all’interno dell’Unione europea, compresa la vecchia Europa.
Signor Presidente in carica del Consiglio, possiamo contare sulla sua determinazione a garantire che domani l’Unione
europea si opponga con tutta la sua autorità all’uso della forza e che coloro che dispongono del diritto di veto in seno al
Consiglio di sicurezza abbiano il coraggio di portare a termine ciò che tutti insieme abbiamo iniziato?
2-015
Malmström (ELDR). – (SV) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, grazie per l’iniziativa intrapresa
e per il risultato estremamente positivo conseguito. L’unico rammarico è che la riunione non si sia svolta un paio di
settimane fa.
Ho due domande da porle. La prima è: quali reazioni ha ottenuto da Washington? Suppongo che lei ieri sera abbia
telefonato per comunicare le conclusioni della riunione di ieri. La seconda è: ritiene che questo possa essere un importante
passo avanti per la futura politica estera e di sicurezza europea nel senso che ora è stato attraversato una sorta di Rubicone
e, di conseguenza, in futuro verranno compiuti tentativi per ottenere un migliore coordinamento, o l’accordo è stato
raggiunto sotto la spinta di forti pressioni? Qual è la sua valutazione per il futuro?
2-016
Alavanos (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, anch’io accolgo con soddisfazione le buone intenzioni alla base degli
sforzi e delle iniziative della Presidenza greca e dei suoi partner. La mia preoccupazione è che i risultati sono forse un po’
ambigui, nel senso che possono soddisfare entrambe le parti. Vorrei pertanto porre le seguenti domande al Presidente in
carica del Consiglio, per capire se la mia preoccupazione è inutile.
Per quale motivo per la prima volta in un documento comunitario ufficiale la presenza militare unilaterale degli Stati Uniti
e della Gran Bretagna è stata definita essenziale? E’ la prima volta che la frase “il concentramento delle forze militari è
stato essenziale” compare in un testo comunitario ufficiale.
La mia seconda domanda riguarda le ispezioni. L’accusa mossa contro l’Iraq è che “il regime iracheno continua a beffarsi
della volontà della comunità internazionale”. Eppure gli ispettori hanno registrato alcuni progressi. Perché questa
circostanza non viene citata?
2-017
Segni (UEN). – Signor Presidente del Consiglio, il successo che lei ha avuto ieri – di cui tutto il Parlamento europeo le è
grato – dà anche a lei, al vostro governo, alla vostra Presidenza dell’Unione un prestigio notevole e quindi, forse, la carta
per tentare nuovi progressi. Vorrei farle allora due domande. Innanzitutto, su un punto questa risoluzione mi sembra chiara
e mi sembra soprattutto segni un cambiamento di linee precedenti, sul punto cioè in cui dà esclusivamente al Consiglio di
sicurezza dell’ONU il potere di decidere se è necessario o no l’intervento militare: questo almeno mi pare un punto chiaro
della risoluzione. La domanda è la seguente: alcuni governi europei – l’inglese prima di tutto, ma anche l’italiano e lo
spagnolo – erano contrari o dubbiosi su questo punto; la disposizione di ieri significa che, adesso, il principio che sia il
Consiglio di sicurezza dell’ONU è accettato da tutti i Quindici? Seconda domanda: prima della nuova decisione del
Bureau del Consiglio di sicurezza, pensate di riunire un altro Vertice per tentare di portare una posizione comune entro il
Consiglio di sicurezza?
2-018
18-02-2003
13
Maij-Weggen (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, desidero congratularmi con il Presidente in carica del Consiglio
Simitis per il risultato ottenuto. Sono anche orgogliosa che, nel caso specifico, un piccolo paese sia riuscito a superare la
situazione di stallo provocata per lo più dai paesi di grandi dimensioni. I miei più sinceri complimenti.
Ho tre domande da porre. La prima è: ritiene che sia ancora necessaria una seconda risoluzione del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite? Tale questione è stata discussa a livello di Consiglio?
Seconda domanda: tenuto conto che le divisioni che si sono create sono controproducenti, è stato anche deciso che
Germania, Francia, Spagna e Regno Unito ora devono cercare di perseguire una politica unica nell’ambito del Consiglio di
sicurezza?
Passando ora alla mia terza osservazione, a quanto mi risulta lei dovrebbe partecipare nell’immediato a una riunione con i
paesi candidati. Sono rimasta sconcertata dall’affermazione formulata dal Presidente Chirac che ho sentito questa mattina
in televisione invitare i paesi candidati a non esprimere in futuro pareri su questo tipo di argomenti. Pensavo che il
Presidente Chirac fosse forse l’ultima persona che potesse esprimersi in tali termini. Tenuto conto che lei incontrerà i paesi
candidati al termine di questa seduta, quale approccio intende adottare nei loro confronti?
2-019
Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, Signor Presidente in carica del Consiglio, ritengo che sarebbe utile per il dibattito
in corso se ponessimo a confronto due messaggi espressi la scorsa domenica e due messaggi contenuti nella risoluzione. I
due messaggi della scorsa domenica provengono dalla signora Rice e dal Segretario di Stato Powell: in uno si diceva che il
tempo stringe, nell’altro che si parla in termini di settimane anziché di mesi. I due messaggi che, a titolo di confronto,
vorrei trarre dalla risoluzione sono che la guerra non è inevitabile e che gli ispettori devono disporre del tempo e degli
strumenti ritenuti opportuni dal Consiglio di sicurezza. A mio avviso, non sarebbe possibile fornire una dimostrazione più
chiara dell’enorme successo ottenuto definendo un approccio europeo alla soluzione del conflitto. Per questo motivo,
signor Presidente in carica del Consiglio, lei e la sua iniziativa meritate la massima approvazione.
(Applausi)
2-020
Simitis, Presidente in carica del Consiglio. – (EL) Onorevoli deputati, vi ringrazio per le vostre osservazioni che
dimostrano che siamo uniti nel desiderio di consolidare una politica europea comune basata su principi, fondata sul
principio secondo cui le divergenze devono essere risolte con mezzi pacifici e che tale soluzione pacifica dev’essere
attuata nel rispetto delle norme del diritto internazionale.
In risposta alla domanda specifica riguardante il motivo per cui i paesi candidati non erano presenti e l’eventuale esistenza
di una procedura separata per tali paesi, vorrei dire che in tutti i precedenti allargamenti dell’Unione europea la prassi
seguita di norma è stata quella di consentire ai paesi candidati di partecipare all’attività delle Istituzioni dell’Unione
europea solo dopo che avevano firmato l’atto di adesione. Dopo la firma di tale atto e fino alla sua ratifica, i paesi
candidati possono partecipare in qualità di osservatori.
In altre parole, il principio che si applica ai dieci paesi candidati è che non possono partecipare fino al 16 aprile. A partire
da tale data potranno partecipare in qualità di osservatori e dal 1o maggio 2004 diventeranno membri a pieno titolo.
Ritengo che sia una norma sensata perché, solo dopo essersi assunti determinati impegni firmando un atto di adesione, è
possibile esercitare diritti e ottenere un quadro generale delle rispettive posizioni e aspirazioni, nonché degli effetti
dell’atto in questione. Più tardi in giornata parteciperò a una riunione in cui si discuterà con i paesi candidati e vi posso
assicurare che, a mio avviso, l’Unione europea ha un enorme obiettivo dinanzi a sé, un obiettivo tanto importante quanto il
mantenimento della pace internazionale, vale a dire ridurre il divario tra Europa occidentale ed Europa orientale e centrale,
unificare tutta l’Europa e formulare politiche comuni, posizioni comuni che tengano conto degli interessi di tutti. Il fatto
che oggi la situazione sia diversa è dovuto al corso della storia, alle divisioni che esistevano nell’Unione europea, e questo
non deve ripetersi.
Infine, onorevoli deputati, vorrei concludere riformulando ciò che ho detto in precedenza riguardo alle implicazioni
generali delle conclusioni di ieri. Il Presidente del Parlamento Cox ha espresso un concetto molto bello ieri e ho il suo
permesso di leggerlo in Aula.
2-021
Il merito del dibattito in corso è quello di aver posto in evidenza il divario tra le nostre aspirazioni e la nostra capacità di
agire. Mentre discutiamo del futuro dell’Europa, dobbiamo renderci conto che le costituzioni e le istituzioni sono soltanto
dei gusci vuoti in assenza di un’energica volontà e visione politica.
2-022
Siamo d’accordo e negli ultimi tempi ci siamo resi conto che non abbiamo la volontà comune o la visione comune che
vorremmo.
14
18-02-2003
Le conclusioni di ieri dimostrano che possiamo trovare un accordo e avere aspirazioni comuni e principi comuni. E’ ovvio
che ciò non risolve i problemi, che non sappiamo cosa il futuro ha in serbo, che possono emergere nuove divergenze, ma
se non ribadiamo, non dimostriamo in modo inequivocabile e non diciamo chiaro e forte che vogliamo un’Europa comune,
siamo destinati al fallimento. E’ ciò che abbiamo detto ieri e a giusto titolo.
(Applausi)
2-023
Presidente. – Onorevoli colleghi, vi ringrazio per la vostra partecipazione. Ringrazio il Presidente in carica del Consiglio
per la sua disponibilità a essere presente questa mattina nonostante il fitto programma di impegni che lo attende qui a
Bruxelles, per essersi associato al Parlamento europeo, per il lavoro svolto ieri con il Consiglio e per la sua partecipazione
alla riunione di questa mattina con i paesi candidati. Soprattutto, signor Presidente in carica del Consiglio, ci
congratuliamo con lei per i passi avanti compiuti.
(La seduta termina alle 10.40)
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