Il sistema analogico del primo tempo luziano 1

Luigi Paglia
Il sistema analogico del primo tempo luziano 1
di Luigi Paglia
II procedimento analogico che intuisce in vertiginosa folgorazione la sotterranea somiglianza degli oggetti, egualmente vibranti della stessa vita cosmica (“il
lampo che candisce / alberi e muri e li sorprende in quella / eternità d’istante [...]”
scolpisce Montale in La bufera), dichiara in modo evidente l’atmosfera mistica che
circola nelle pagine delle prime opere luziane.
L’attuazione stilistica di quell’ideologia simbolista che è l’analogia, viene declinata da Luzi secondo i dettami tipici della letteratura ermetica che prevedono le
raffinate strutture metaforiche dell’analogia portata dal verbo e delle ‘immagini di
serra calda’ accanto alla metafora appositiva, a quella copulativa ed alla comparazione, nella gradualità di manifestazione della vita noumenica, della realtà assoluta.
Gli elementi apportatori di oscurità, presenti nell’analogia introdotta dal verbo, riportano tutto l’enigma delle apparenze visibili che si pongono come sacramento metafisico, in quanto manifestano e, nello stesso tempo dissimulano, l’essenza profonda del reale.
Nel caos degli oggetti e delle esistenze umane, il poeta scopre la ragione di
questa “simbolistica universale”, affiorante dall’oscurità mimetica del mondo.
La sostanziale equivalenza, statisticamente accertabile, di questo tipo d’immagine e delle analogie più scoperte, è uno degli elementi che concorre a svelare
l’orizzonte umano e fenomenico della poesia di La barca, l’immersione nel caos
esistenziale precedente l’individuazione dell’orizzonte metafisico, nella rivelazione
del fermento dialettico sempre presente nella poesia di Luzi (anche nella prima fase,
più aperta alle suggestioni metafisiche).
Abbastanza lunga è la serie delle analogie portate dal verbo nelle pagine della
Barca:
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Il presente saggio, che riguarda un aspetto particolare della poesia di Mario Luzi, è da inserirsi in un
quadro più ampio di cui fanno parte i miei lavori già pubblicati in volume e riviste: I segni inquieti della vita
e del tempo nelle prime stagioni luziane, in Poesia italiana del Novecento, Roma, Editori Riuniti, 1993, pp.
95-110 (FM 1993, Annali del Dipartimento di Italianistica, Università di Roma “La Sapienza”); Le strutture
del dialogo nella poesia di Luzi, in «Rapporti», 1974, 2-3, (sett.), pp. 216-228; La parabola del dolore nella
poesia di Mario Luzi, in «Vita e pensiero», 1974, 4-5-6 (lug.-dic.), pp. 298-302; Appunti per un’analisi semiotica
del sistema ‘analogico’ luziano, in «Paragone-Letteratura», 1975, 300, (febbr.), pp. 80-92 (che rappresenta
l’antecedente diretto di questo saggio); La fuga e l’ascesa nel primo tempo luziano, in «Lingua e stile», Bologna, il Mulino, 1993, 3 (sett.), pp. 401-430.
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II fantasioso viale
voga nella sua nuvola verde
(Serenata di piazza D’Azeglio);
[...] i visi perdono il loro tremulo fuoco
per sempre nelle lacrime del perdono
(Lo sguardo)
in cui si nota, accanto alla sotterraneità, anche la continuità analogica;
Le creature s’immergono nei campi
ebbre di quella forza che li infiora
(Fragilità)
da cui è facile la deduzione della forza cosmica che regge il mondo ed accomuna i vari regni della natura, la cui figurazione ritorna anche nelle altre analogie
della stessa poesia:
e la verginità profuma ancora
quest’anno con quei fiori che ritornano
e il vento preme il cuore
col suo passo uguale ora e sempre
con l’identificazione della vita umana e di quella naturale;
S’inondano di dolce sofferenza
il cuore [...]
(Ragazze)
i corpi si spengano un giorno
della stessa poesia che richiama “dagli occhi che si spengono” di I fiumi, in
cui è anche presente l’immagine “il sangue ha una sponda”; ancora, in L’immensità
dell’attimo si nota:
[...] l’estate
rapisce il canto agli armenti
e in La sera:
[...] le strade
emerse dal vento [...]
mentre in Terrazza avviene la triplice confluenza delle analogie verbali:
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Un giorno troppo povero d’amore
s’è spento e tace
nello spazio ed intorno il cielo giace
in un passo emblematico dell’estrema rarefazione di vita derivante da carenza d’amore, scandito dai verbi: s’è spento, tace, giace.
Il procedimento dell’analogia portata dal verbo raggiunge in Avvento notturno la massima espansione giustificata dal colore “notturno” della raccolta, dalla
imperscrutabilità dei segni della vita metafisica che fermentano oscuramente il mondo
fenomenico e da cui deriva il carattere prevalentemente sacramentale e, nello stesso
tempo, mimetico della poesia di Avvento notturno.
La contiguità e lo scambio vitale delle diverse presenze del cosmo sono fissati
già nelle quattro analogie introdotte dal verbo della prima poesia della raccolta:
Cuma.
Il sintagma
[...] Caravelle
vagabonde di sé scaldano i mari
fa vibrare gli elementi appartenenti al mondo marino (ed, inoltre, il termine
caravelle allude al travaglio del lavoro umano, e porta la suggestione della dimensione storica), oltre che della carica affettiva dell’aggettivo e del verbo, della vita del
fuoco e della luce.
Gli altri due sintagmi inseriti nel testo con un parallelismo di strutture
sintattiche ed anche di disposizione tipografica:
E umanamente il sole
tocca il fianco ai villaggi [...]
Lacrimevole il vento
palpa ancora le case [...]
propongono, incentrandosi sul verbo, la sintesi folgorante degli aspetti del
mondo atmosferico e di quello umano e delle opere dell’uomo (case e villaggi) in
cui è anche presente il mondo minerale.
Il quarto sintagma:
[...] S’annuvolano i corvi
chiude, con l’identificazione tra il mondo animale e quello atmosferico, le
possibili combinazioni dei vari aspetti della vita cosmica.
Nella seconda strofa di Bacca:
Dal cielo penderà invano alle branche
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la frasca lacrimosa di settembre
presso le porte chiuse le tue tempie
imporporando di meteore stanche
dall’incontro delle due immagini introdotte dal verbo viene disegnato un
paesaggio allucinante e metafisico mediante la riduzione folgorante dell’elemento
vegetale in quello astrale-atmosferico (con l’arditissima impennata verticale) e con
l’accostamento, egualmente straordinario, tra l’evento umano e quello astronomico-vegetale (con i versi della quartina seguente: “[...] nero / alle pergole assurge / il
tempo dell’uve [...]”, quasi a suggerire l’abbagliante visione delle meteore che cingono la fronte come pampini) così che è introdotta nel quadro un’aria di fissità e di
straniamento che il desolato sintagma “presso le porte chiuse” e il verbo pieno di
vita (imporporare), che decade nella stanchezza, sottolineano intensamente.
Il paesaggio di miraggi astrali, di freddi deliri, si riperpetua nella quinta
quartina della stessa poesia:
Se un giorno tacerà la bionda voce
ch’inesistenti soli educa e lune
frante [...]
con la straordinaria immagine della voce che ammaestra un panorama sconfinato di soli e lune allontanati o perduti nel cosmo.
Ma il catalogo delle immagini metamorfiche suggerite dal verbo è, in Avvento notturno, quasi inesauribile. Un breve campionario di tali immagini, trascurando
tantissimi altri esempi, viene presentato da Saxa:
quando rossa più esubera la caccia?
[...]un bramito gelava
[...]esulava
sulle sabbie il cavallo fortunoso
e la sua mano già trasecolava
dalle briglie celesti all’orizzonte.
Un corno trafelato sull’altura
fuochi dei pastori aduna, aduna
e da Vino e ocra:
la città dell’amata s’arrovella
[...] s’imperna la luna [...]
[...] esita il vento
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discorrono cavalli forsennati
e presso l’onda annusano le nuvole
nelle cui immagini quattro poli della vita del cosmo si stringono con misteriosi legami.
Ma la più misteriosa e balenante delle figure di Avvento è costituita dall’innesto sulla metafora verbale di quella fondata sulla preposizione:
e le tue mani cercano la notte
lungo lenti cristalli [...]
(esitavano a Eleusi i bei cipressi)
in cui l’analogia, in contiguità con la figurazione tattile verbale, viene suscitata dal contrasto della preposizione che implica l’idea del movimento a contatto del
sostantivo di gelida immobilità, con l’ulteriore mediazione dell’aggettivo che, pur
continuando nell’azione del fluire, preannuncia la fine del movimento. L’immagine
del lento scorrere fluviale è costruita con sapientissime e progressive variazioni d’intensità, emergendo misteriosamente nel silenzio della parola dichiarata (con un pallido riferimento al verso 5: “Lungo i fiumi silenti [...]” di cui ripete il disegno
compositivo).
Le metafore portate dal verbo di Un brindisi possono essere riguardate come
elemento discriminante delle due diverse stagioni poetiche e psicologiche che coesistono nella raccolta o, meglio, del diverso grado di presa di coscienza ideologica,
e ne rappresentano (come le metafore di tipo diverso) il terreno di passaggio. Dalla
vibrazione dialettica dei due poli ideologico-espressivi discende la contemporanea
presenza di immagini come quella della poesia Un brindisi:
Un nitrito s’impiglia tra le nuvole
di quella di Passaggio
l’ala del cielo torrido ed arborato
di fulmini cristallini
(nella concentrazione metaforica - mediante la figura prepositiva: l’ala del
cielo e l’arcaismo verbale: arborare - delle vite più lontane degli uccelli, delle stagioni, degli alberi, dell’atmosfera, nel cerchio sconfinato della cupola celeste) e
delle altre nella stessa poesia:
sente una rossa luna perniciosa
liquefarsi nelle acque della Fiora.
il mio sguardo addolcito dai tiepidi equilibri
delle nuvole appese sul deserto
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che ci riportano alla musica più folgorante di Avvento notturno; mentre, in
contrasto, si accampano le immagini in cui si avverte il tremore sotterraneo che
mina il mondo (“Un raggio s’affatica [...]” in Fenice; “[...] le catene / si smagliano
[…]” nella stessa poesia; “E di suoni una siepe costernata” in Passaggio) o l’arresto
desolato della vita (“il tuo viso svapora [...]” e “Le cascate languiscono […]” in
Fenice; “Sui muri impallidiscono le tracce / ed i lampi graffiti [...]” e “Gli sguardi si
disciolgono [...]” in Impresa; “con le nubi ancorate agli acroteri, / le orifiamme
sopite dentro il cielo” in Labilità); e tali duplici e contrastanti espressioni rappresentano le due reazioni fondamentali allo stesso evento del dolore dell’esistenza.
Nelle “immagini di serra calda” così dette perché realizzanti, come in rarefatte atmosfere di serre, sottili e vertiginosi trapianti linguistici, si attua l’accostamento
e la confusione della vita degli oggetti dell’universo in modo fulmineo ed intenso.
Gli elementi metaforici sono raccordati di solito mediante la preposizione “di”, ma
anche con le altre preposizioni. Nella Barca spiccano le arditissime figure di Serenata di piazza D’Azeglio:
la levigata prora del giorno
s’incaglia nelle foreste
in cui l’immagine della nave (in rappresentazione di sineddoche), identificata
col giorno, subisce una nuova torsione metaforica, arenandosi nelle foreste (confusione della sfera temporale / botanica / marina), rivelando nuovamente quella dissonanza, questa volta sul piano del movimento, che si manifesta nell’arresto della
linea di tensione.
Inoltre, in Natura si legge
[…] la veloce fiamma dei passeri
con la sintesi delle tre coordinate spaziali; ed in Le fanciulle di S. Niccolò:
[…] l’onda evanescente
della notte […]
in cui il trittico sintagmatico si svolge in una zona sempre più diradata ed
allusiva; mentre avviene la collisione tra elementi di concretezza e di astrazione in
Terrazza:
sull’orlo dell’estate
e in Giovinetta, giovinetta:
sulle livide pietre dei crepuscoli.
A tali esempi bisognerà aggiungere le locuzioni prepositive “al silenzio dei
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porti” (La sera) e quella gemella “nel silenzio delle strade” (Giovinetta, giovinetta),
“dei cieli d’acqua di polvere” e “nei fiumi tenui di cenere” di Toccata, in cui il
ritorno insistente su sintagmi che accostano termini contrastanti di aridità e di
umidità (acqua-fiumi / cenere-polvere), col risalto dato ai colori neutri, dichiara
quella carenza esistenziale, quella stasi vitale che, tuttavia, allude ad una presenza
più piena.
In Avvento notturno le “‘immagini di serra calda”, come le analogie portate
dal verbo, assumono la massima importanza, sia come dato numerico, sia come
definizione ideologica della prevalenza della misteriosità e notturnità dei processi
di confusione mistica (sulla più spiegata chiarezza di tale identificazione espressa
dalle comparazioni).
Il testo di (esitavano a Eleusi i bei cipressi) presenta due immagini di notevole
condensazione metaforica:
[…] Ma già assente
sul vetro della sera un viso spazia
di donna […]
in cui la fissità ghiacciata del mondo minerale è attribuita all’evento atmosferico-luminoso e, di riflesso, anche al mondo umano; ed anche
[…] un gregge sfuma
d’incenso in nostalgia d’alpi e di grotte
in cui la metafora arditissima, dei vapori di incenso condensati nell’immagine del gregge, continua nella suggestione delle grotte e dei monti a
cui tendono egualmente, con nostalgia umana, entrambi i soggetti della metafora.
In Bacca oltre ad “[…] anca delle strade” v’è l’immagine straordinaria di
[…] alto in un velo
australe l’Arno turge
le efemeridi sperse degli scalmi
in cui si realizza l’identificazione tra il paesaggio terrestre e quello celeste
(Arno, fiume stellare) derivante dall’uso sottilmente ambiguo di termini come alto,
velo australe, efemeridi. In Cimitero delle fanciulle il sintagma
[…] tace
il mare delle vostre ombre al mio piede
propone l’immagine, continuata nel verbo e nella dislocazione (al mio piede),
dell’opaca vita marina (abissale) delle fanciulle morte, mentre nell’altro sintagma
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de’ miei sguardi infecondi
l’intenta umanità delle sue stelle:
si realizza un doppio scambio tra l’umano (infecondo) e lo stellare (fecondo)
nel rispecchiamento dello scambio presentato in absentia tra l’umano (fecondo) e
l’inumano (infecondo) e nella sottolineatura del processo dialettico configurato in
simmetria strutturale.
Ma tutto il libro di Avvento notturno è così gremito di “immagini di serra
calda” e di locuzioni prepositive da rendere problematica la loro semplice citazione.
Anche Un brindisi contempla una serie abbastanza ampia di “immagini di
serra calda”, ma tutte attraversate da un brivido, già avvertibile in Avvento notturno anche se sottomesso alle finalità della vita metafisica. È da notare in Un brindisi
la portata limitativa e vibrante che l’elemento dell’aggettivazione, spesso impiegato, inserisce, implicando una più larga dissonanza, nell’incontro-scontro con il veicolo metaforico.
Ecco la serie di: “[…] brio pallido d’ulivi” (II cuore di vetro); “[…] occhio
inerme/ della luna […]” (Un brindisi); “i cavalli di febbre […]”(Un brindisi); “E
di visi una nuvola errabonda” (Giardini); “fuoco scuro della mia stella” (A un
fanciullo); “[…] fuoco fievole dell’aria” (Prima estate); “[…] pallide transenne/ di
cipressi […]” (Fenice); “[…] precipita/ il vento della mia vita in un turbine” (Non
so come); “E di suoni una siepe costernata” (Passaggio); “[…] dolore delle stanze”
(Quinta); “[…] le brume/ degli sguardi […]” (Fenice), in cui o il valore del sostantivo (febbre / brume / precipita il vento / dolore) o l’aggettivo applicato (pallido,
per due volte, / inerme / errabonda / scura / fievole / costernata) immettono nel
sintagma metaforico il senso del tremore, o l’oscurità e il dolore, o la caduta della
vitalità.
Nella serie delle analogie una più svelata chiarezza della vita cosmica, con
una progressiva tendenza alla dialettica fenomenologica, viene toccata con la metafora appositiva, con la metafora copulativa e, soprattutto, con la comparazione.
Della metafora appositiva si può citare nella Barca:
misteriosa stella che invia
la morte, il viso
d’una donna in un esule sorriso
(Scendono primavere eteree)
Molto più ricco nella prima raccolta luziana è il novero delle comparazioni,
in cui si attua l’estrema chiarezza analogica (e “l’immersione creaturale”), come si
può osservare nel Canto notturno per le ragazze fiorentine:
Come acque di un fiume sepolto rampollano dalla notte
le immagini addormentate
(Canto notturno per le ragazze fiorentine)
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in cui sembra ovvio il riferimento psicoanalitico che è evidente anche nei
versi della stessa poesia:
[…] del vostro corpo che dorme
e dormendo naviga senza dondolare al suo porto;
un’altra comparazione si nota in Le meste comari di Samprugnano, nei versi:
esse salendo a Dio
saranno nelle sue mani come un fiore
in cui il riferimento metafisico esplicito si somma a quello umano, come avviene anche nella composizione Alla vita:
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Inoltre, la globalità della vita è espressa nei Fiumi:
[…] il vuoto
di sé l’opprime come un’infeconda
primavera i ruscelli
in cui la comparazione si estende e poggia tutta sull’epiteto “infeconda”; in
La sera:
e la sera come vergini paschi
lambisce fuggitiva gli occhi [...]
con il dissonante motivo della sera fuggitiva e della fissità degli occhi che,
nella comparazione con i pascoli, perdono, o limitano, la caratteristica del movimento (dello sguardo), mentre l’immobilità della sera, al contrario, si muta in capacità motoria; in Natura:
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
in cui l’identificazione voci-uccelli si riverbera sul piano fonico-ritmico nel
profilo discendente del novenario su cui si staccano l’andamento ascendente del
ritmo giambico del successivo endecasillabo (con l’ulteriore impennata dell’accento proparossitono di balzano) e la scansione affrettata e segmentata del verso che
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segue: “sopra noi come uccelli folli di tornare”; ed, infine, la totalità vitale è rimarcata
in Scendono primavere eteree:
[…] il tempo vola
dai corpi al cielo
come un liquido autunno oltre il suo velo.
con la corrispondenza analogica moltiplicata (e complicata) nel parallelismo
spaziale.
È interessante notare che, nelle strutture analogiche luziane di cui si sono dati
gli esempi precedenti, il secondo termine della comparazione è sempre tratto dal ciclo
della vita naturale (acque / fiore / rose / paschi / uccelli / primavera / autunno) a voler
sottolineare la dialettica della vita cosmica e mistica e degli elementi naturali.
Metafore appositive, copulative e comparazioni risultano mezzi espressivi di
evidente chiarezza nell’affermazione della somiglianza (o legame) della vita degli
oggetti, come già si è detto, ma Luzi ricorre in Avvento notturno anche per queste
tipologie analogiche alle metafore di luce più sfumata, o addirittura notturna (in cui
l’ambiguità è un dato fondamentale poiché dichiara e nasconde nello stesso tempo
la misteriosità dei rapporti delle cose), nella subordinazione della figurazione di
dissonanza dialettica rispetto a quella dell’armonia sintetica.
Anche le rarissime comparazioni di Avvento notturno:
[…] passano su voi
epoche e donne poi come su un’onda
i successivi venti senza sponda
(Cimitero delle fanciulle)
[…] sapevi tu che vivere
dimenticanza è solo come il labbro
delle rose ai cancelli della Brenta
(Allure)
mostrano nella struttura avvolgente, nella complessità del paragone, elementi di oscurità che ne riducono notevolmente la portata esplicativa.
Ed anche le metafore appositive sono generalmente portate in modo insidioso, come in Miraglio:
Voi librate sugli indachi perversi
dei muschiosi angiporti, oasi d’amore,
voi città, draghi insorti dal profondo
della mia vita ancipite e indolore!
con la giustapposizione a contatto di due strutture appositive, o come in (se
musica è la donna amata):
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dal mare (una viola trafelata
nella memoria bianca di vestigia)
con l’espediente della parentesi, o come in Già colgono i neri fiorì dell’Ade:
Nel vento il tuo corpo raggia infingardo
tra vetri squillanti stella solitaria
in cui i due termini appositivi sono allontanati dal sintagma “tra vetri squillanti”.
La chiarezza delle metafore copulative: “[...] un’ombra temporale / fu la tua
mano [...]”(Periodo); “la sua voce nell’aria era una roccia” (Avorio), contrasta, in
Avvento notturno, con altre immagini di più insidiosa portata, rilevabili solo in
relazione al contesto e che possono essere definite ‘immagini sotterranee’ e di cui
possono essere portati come esempi: “la falange odorosa a primavera” (Saxa); “[...]
ma già eterna / la vedova di sé avvolge le tombe” (Vino e ocra); “[...] Nel tepore / dei
lattici notturni[...]” (Vino e ocra) con cui viene iniziato un quadro di estrema suggestione metafisica che si prolunga nei versi seguenti: “[...] esita il vento / cercandosi
nel solco delle aduste /Orse d’un tempo[...]”.
La portata già limitata in Avvento notturno delle comparazioni, metafore
appositive e copulative si riduce in Un brindisi, le cui scarse immagini esemplificano ancora una volta il tema di differenziazione o, meglio, di accentuazione, rispetto
ad Avvento notturno, del dolore vibrante e del silenzio, nelle metafore appositive:
Fra i visi inorriditi che si volgono
per non vedere, il tuo sporge più intenso,
più alta rocca di lagrime confitta nel silenzio,
un debole sorriso quasi un’acqua latente
(Viso, orrore)
[...] i palazzi,
gelidi testimoni [...]
(Continuità)
nella metafora copulativa:
La mano nei rovi vizzi è una fiamma
crepitante di febbre vitrea semiviva
(Già goccia la grigia rosa il suo fuoco)
e nella comparazione:
[…] il piede freddo come il prisma
(Passaggio).
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L’analisi semiotica del sistema metaforico (sul terreno “analogico”, del “primo tempo” della poesia di Luzi conduce alla rilevazione di due linee di tendenza, in
posizione di interferenza e di scambio reciproco: una linea, esplicitamente dichiarata, che si rifà all’ideologia simbolista, nella raffinatissima formulazione del momento mistico, di comunione universale di tutte le presenze del cosmo; e un’altra
linea, più sotterranea ma non per questo meno incisiva (e corrosiva), che revoca,
oscuramente e violentemente, in dubbio le strutture precostituite del sistema letterario vigente, insinuando lo scambio, la violenza dialettica tra le “persone separate”
(e il sentimento della crisi e del dolore universale), e segnando un ulteriore procedimento dialettico fra le due linee di condensazione poetica, così che “il fermento
dialettico” può essere riguardato come struttura portante, elemento di aggregazione della costellazione tematico-espressiva della poesia di Luzi.
Lo scandaglio metaforico-tematico porta, inoltre, all’ulteriore rilevazione (in
sede di motivazione della solidarietà strutturale dei testi) della corrispondenza
stratigrafica del piano figurativo (opposizione o scambio della raffigurazione antropologico-oggettuale e del rarefatto disegno metafisico) con la disposizione delle strutture metaforiche (dialettica delle immagini sotterranee e di quelle più scoperte).
Le strutture poetiche luziane appaiono, quindi, come “il luogo” di manifestazione di una lotta interna tra l’ideologia apparente e la visione del mondo di
profondità (in un processo di affioramento dell’inconscio che lievita e sostanzia la
“Persona” o “maschera”, secondo le ipotesi della psicologia analitica di C. G. Jung),
motivando, sul piano poetico ed ideologico, l’importanza del poeta fiorentino che
riesce a presentare nella sua opera il “correlativo oggettivo”, in forma estremamente drammatica (perché sotterranea ed implicita), delle forze spirituali e del pensiero
del mondo contemporaneo.
È quasi superfluo aggiungere che la linea dialettica luziana, sotterraneamente
viva nelle prime opere del poeta, ha lievitato in decisa coscienza di sé la sostanza del
“secondo tempo” luziano (fino a giungere alla violenta affermazione di Nel magma
e di Ipazia, il primo “poemetto drammatico” del poeta), mentre la seconda traiettoria (metafisica) ne ha fermentato il fondo poetico (in una specie di bilanciamento
simmetrico) convertendosi (o stabilizzandosi) dall’astrazione folgorante alla cocente concretezza dell’amore per gli uomini.
La mappa della figurazione poetica luziana rappresenta, pertanto, una serie
di rapporti (di contraddizione e scambio) che possono essere definiti nella loro
omologia (piano verticale) ed opposizione (piano orizzontale), e con la confluenza
del tema 2a in 3b, nello schema seguente:
1 a Ideologia ermetico-simbolista
<———> 1 b Visione del mondo
di profondità (dialettica)
2 a Armonia / sintesi / comunione <———> 2 b Dissonanza / analisi
/ scontro
3 a Astrazione / metafisica
<———> 3 b Concretezza / umanità
/ amore
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Essi disegnano sul piano poetico quella figurazione di incontro di assi
cartesiani cosmici, del Dio verticale del cristianesimo e del Dio orizzontale del
marxismo, vaticinato da Teilhard de Chardin.
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