UNIVERSO CICLICO O MULTIVERSO? (Osservazioni matematiche: perché la natura evita i quadrati? ) Francesco Di Noto, Michele Nardelli Abstract In this paper we show some connections between some mathematical constants and prime numbers about cyclic universe and multiverso Riassunto In questo lavoro confrontiamo brevemente le due attuali teorie cosmologiche dell’universo ciclico (Rif. 1) e del multiverso (Rif. 2), osservando come quest’ultimo, per via dei numeri primi presenti direttamente o indirettamente nelle costanti matematiche universali, non possa produrre universi fisici molto diversi dal nostro. Inoltre, sembra che la natura eviti accuratamente i quadrati nella scelta dei numeri per regolare i suoi fenomeni: il perché sarebbe un argomento da approfondire meglio, in quanto molto importante, 1 come vedremo in questo lavoro. Infatti la nostra osservazione non sembra essere del tutto casuale. Cominciamo con una breve descrizione dell’universo ciclico. Dal sito www.eventitrentino.it/context.jsp?ID_LINK=288&page=51&area=0 UNIVERSO CICLICO Roger Penrose, dell'Università di Oxford e Vahe Gurzadyan dell'Università statale di Yerevan, in Armenia, hanno identificato nel fondo cosmico a microonde (CMB) un effetto che sembrerebbe permettere di osservare che cosa c'era prima del Big Bang. La radiazione cosmica di fondo che pervade l'universo si ritiene che sia un residuo di quando l'universo era neonato. Negli anni novanta si scoprì che questa radiazione è anisotropa, ossia che la sua temperatura subisce fluttuazioni di circa una parte su 100.000, che rappresentano uno dei principali dati osservativi a favore della teoria del Big Bang. Queste fluttuazioni dovrebbero essere casuali, e risalenti al periodo di inflazione dell'universo che si ritiene ci sia stato qualche frazione dei secondo dopo il Big Bang. Penrose e Gurzadyan hanno però ora scoperto la presenza di una serie di cerchi concentrici all'interno della CMB, all'interno dei quali la variazione di temperatura è molto inferiore all'atteso, un fatto che mostra come l'anisotropia non sia del tutto casuale. I due scienziati ritengono che questi cerchi derivino da collisioni fra buchi neri supermassicci che avrebbero rilasciato enormi lampi di energia. L'aspetto più singolare di questi cerchi è che, secondo i calcoli dei ricercatori, alcuni dei cerchi più grandi dovrebbero essersi formati prima del Big Bang. La scoperta non implica che non ci sia stato un Big Bang, piuttosto fornisce un indizio della possibilità di trovarci in una sorta di universo ciclico, nel quale alla fine di un universo, si innescherebbe un nuovo Big Bang che segna l'inizio di un nuovo 2 universo, in un processo si ripeterebbe indefinitamente. Lo scontro dei due buchi neri sarebbe avvenuto proprio al termine dell’universo precedente al nostro. Penrose aveva già in precedenza studiato possibili modelli cosmologici ciclici in relazione a un altro problema della teoria inflazionaria dell'universo, ossia che essa non è in grado di spiegare perché ci fosse una così bassa entropia all'inizio dell'universo. Lo stato di bassa entropia, ossia di ordine elevato, era essenziale per la formazione della materia complessa. L'idea sottostante alla cosmologia ciclica è che quando un universo si è espanso quanto più possibile, i buchi neri evaporano perdendo tutta l'informazione che contengono, rimuovendo così l'entropia. A questo punto potrebbe iniziare un nuovo universo con uno stato di bassa entropia. Data l'importanza che possono assumere questi cerchi, sottolineano i ricercatori, è necessario comunque un ulteriore cospicuo lavoro, sia per confermarne l'esistenza, sia per sondare la possibilità che esistano altri modelli in grado di spiegarli meglio. Per rilevare i cerchi ed eliminare il rischio di una loro eventuale causa strumentale, Penrose e Gurzadyan hanno finora utilizzato i dati rilevati da due esperimenti, WMAP e BOOMERanG98. Fonte: http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1011/1011.3706.pdf Mario Sandri (per maggiori dettagli vedi Rif.1) E anche con il Multiverso , parzialmente dall’omonima voce di Wikipedia (per maggiori dettagli vedi Rif. 2): “Per multiverso si intende un insieme di universi coesistenti e alternativi al di fuori del nostro spaziotempo, spesso denominati dimensioni parallele, che nascono come possibile conseguenza di alcune teorie scientifiche. Il concetto di multiverso viene ripreso anche come ambientazione da molti romanzi di narrativa fantasy o fantascientifica. Il concetto di multiverso fantasy e fantascientifico prende spunto da quello cosmologico. … Il multiverso è, scientificamente parlando, un insieme di universi coesistenti previsto da varie teorie, come quella dell'inflazione eterna di Andrej Dmitrievič Linde o come quella secondo cui da ogni buco nero esistente nascerebbe un nuovo universo, ideata dal fisico Lee Smolin. Le dimensioni parallele sono contemplate anche in tutti i modelli correlati al concetto di D-brane, classe di P-brane inerenti alla teoria delle stringhe. …Teoria delle "bolle" [modifica] 3 "Universi a bolla", ogni disco è un universo a bolla con costanti fisiche diverse da quelle degli altri. Quest'immagine illustra il concetto di come il nostro universo possa essere solo uno tra molte (forse infinite) bolle. La formazione del nostro universo da una "bolla" del multiverso venne proposta da Andrej Linde.[senza fonte] Questa teoria, nota come teoria dell'universo a bolle. Il concetto dell'universo a bolle comporta la creazione di universi derivanti dalla schiuma quantistica di un "universo genitore". Alle scale più piccole (quantistiche), la schiuma ribolle a causa di fluttuazioni di energia. Queste fluttuazioni possono creare piccole bolle e wormhole. Se la fluttuazione di energia non è molto grande, un piccolo universo a bolla può formarsi, sperimentare una qualche espansione (come un palloncino che si gonfia), ed in seguito potrebbe contrarsi. Comunque, se la fluttuazione energetica è maggiore rispetto ad un certo valore critico, si forma un piccolo universo a bolla dall'universo parentale, va incontro ad un'espansione a lungo termine, e permette la formazione sia di materia che di strutture galattiche a grandissima scala. Una teoria formulata dal fisico Alexander Vilenkin[senza fonte] afferma che il multiverso è formato da tanti universi, ognuno dei quali si trova eternamente confinato in una bolla in inflazione eterna (cioè in espansione), incluso il nostro. In alcune zone di una bolla, la deformazione dello spazio-tempo è tale da portare alla formazione di una nuova bolla, aprire un varco verso un nuovo universo; dopo un certo periodo, sempre per effetto della deformazione, la nuova bolla si stacca e si forma un universo del tutto indipendente, senza alcun punto di collegamento con quello di partenza. Teoria delle stringhe e delle superstringhe [modifica] Per approfondire, vedi la voce Teoria delle stringhe. Nell'ambito della teoria delle superstringhe, troviamo un quarto tipo di multiverso, le membrane. Secondo la teoria delle stringhe, la materia è composta da minuscole corde vibranti in uno spazio di 11 dimensioni (10+1), dunque 7 in più dallo spazio 3 D a noi noto (più la dimensione temporale). Le stringhe potrebbero essere aggregate a membrane 3 D (o più) immerse in uno spazio molto più ampio (iperspazio), ogni membrana è un universo distinto. Alcuni scienziati ritengono che il Big Bang che ha dato origine al nostro universo sia stato originato da uno scontro tra due o più membrane. 4 Seconda la teoria delle stringhe e delle superstringhe, le ipotesi di natura corpuscolare e ondulatoria della materia non sono alternative. A un livello più microscopico, la materia appare composta da particelle, che in realtà sono aggregati di cariche energetiche. Ad una dimensione di analisi crescente, queste particelle si presentano composte da energia. Il costituente primo della materia sono stringhe di energia che vibrano ad una determinata frequenza o lunghezza d'onda caratteristica, e che si aggregano a formare particelle. Gli infiniti universi paralleli potrebbero coesistere nello stesso continuum di dimensioni, vibrando a frequenze differenti. Il numero di dimensioni necessarie è indipendente dal numero di universi, ed è quello richiesto per definire una stringa (al momento 11 dimensioni). Questi universi potrebbero estendersi da un minimo di 4 a tutte le dimensioni in cui è definibile una stringa. Se occupano 4 dimensioni, queste sono il continuo spazio-temporale: nel nostro spazio-tempo, coesisterebbero un numero infinito o meno di universi paralleli di stringhe, che vibrano entro un range di lunghezze d'onda/frequenze caratteristico per ogni universo. Coesistendo nelle stesse nostre 4 dimensioni, tali universi sarebbero soggetti a leggi aventi significato fisico analogo a quelle del nostro universo. La novità di questa teoria è che gli infiniti universi non vivono in dimensioni parallele, né necessitano di postulare l'esistenza di più di 4 dimensioni di spazio-tempo. Ciò che consente di definire una pluralità di universi indipendenti non è un gruppo di 4 o più dimensioni per ogni universo, ma l'intervallo di lunghezze d'onda caratteristico. L'intervallo teorico di frequenze/lunghezze d'onda per le vibrazioni di una stringa determina anche il numero finito/infinito di universi paralleli definibili. Nel paragrafo “Teoria delle bolle”” si parla delle costanti fisiche, e di queste vogliamo ora parlare, anche se in modo particolare in merito alle teorie di stringa, le nostre preferite (insieme all’universo ciclico) su questo argomento. Nelle costanti matematiche sono presenti numeri talvolta connessi ai numeri primi i quali, ovviamente, sono tali anche in tutti i possibili universi del multiverso , ammesso che esista veramente. Quindi le loro costanti non dovrebbero, ne potrebbero, essere molto diverse da quelle del nostro universo , l’unico a noi noto. E quindi tali altri eventuali universi non dovrebbero essere molto diversi dal nostro, e limitati dai 5 paletti imposti dalle costanti basate sugli onnipresenti numeri primi. Prendiamo, per esempio, la costante di struttura fine Da Wikipedia: Costante di struttura fine Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La costante di struttura fine, indicata con la lettera greca α, è un parametro che mette in relazione le principali costanti fisiche dell'elettromagnetismo. Essa esprime la costante di accoppiamento che caratterizza l'intensità dell'interazione elettromagnetica. La costante di struttura fine è stata introdotta da Arnold Sommerfeld nel 1916 come misura della deviazione relativistica nelle linee spettrali rispetto al modello di Bohr. Per questo è anche chiamata costante di Sommerfeld. Indice 1 Definizione 2 Valore 3 Importanza della costante di struttura fine 4 Costanza del valore nel tempo 5 Note 6 Voci correlate 7 Collegamenti esterni Definizione [modifica] La costante di struttura fine è definita come: dove: • • • è la carica elettrica dell'elettrone = -1,6 × 10-19 [C] è la permittività elettrica del vuoto = 8,852 × 10-12 [C]2[m]-2[N]-1 h è la costante di Planck = 6,626075 × 10-34 [J][s] • 6 • • c è la velocità della luce nel vuoto = 299 792 458 [m][s]-1 k è la costante di Coulomb [N] [m]2 [C]-2. Nel sistema di unità di misura elettrostatico CGS, data la diversa definizione delle costanti fisiche per cui l'espressione (4·π·ε0)−1 vale 1, assume la forma: . La costante di struttura fine può essere anche vista come il quadrato del rapporto tra la carica elementare e la carica di Planck. . La costante di struttura fine è una quantità adimensionale, e il suo valore numerico è indipendente dal sistema di unità usato. Valore [modifica] La formulazione e il valore raccomandati per α da CODATA 2010 sono:[1] Poco dopo che i calcoli del valore erano terminati, si scoprì un piccolo errore nell'impostazione dei dati,[2] ma si decise ugualmente di pubblicare questo risultato nel 2008 [3] in attesa di più precise misure attese per l'inizio del 2011. Anche se il valore di α può essere dedotto dal valore delle costanti che compaiono nella sua formulazione matematica, l'elettrodinamica quantistica (QED) permette di misurare direttamente il suo valore attraverso l'effetto Hall quantistico o il momento magnetico dell'elettrone. La QED prevede una relazione tra il rapporto giromagnetico dell'elettrone, o il fattore g di Landé (g), e la costante di struttura fine α. Il valore più preciso di α finora ottenuto sperimentalmente è basato su una nuova misura di g attraverso un'apparecchiatura quanto-ciclotronica a un elettrone accoppiata a calcoli di QED che hanno coinvolto 891 diagrammi di Feynman a quattro loop.[4] Il risultato ottenuto é: ed ha una precisione di 0,37 parti per miliardo. Questa incertezza è solo un ventesimo di quella ottenuta con i più accurati tra gli altri metodi sperimentali. … La costante di struttura fine sta sempre più acquistando visibilità in cosmologia, in quanto ha un ruolo importante nella teoria delle stringhe e del multiverso. 7 Nostre osservazioni sulle costanti matematiche come la costante di struttura fine: in questa costante è presente il numero e, connesso ai numeri primi dalle formule: • Il prodotto di Eulero Dove il prodotto percorre tutti i numeri primi • Prodotto infinito di Eulero con i numeri primi dispari: dove al numeratore vi sono tutti i numeri primi dispari e al denominatore il multiplo di quattro più vicino al numeratore. Una formula notevole che dimostra, come il prodotto di Eulero, la sorprendente relazione tra pi greco e i numeri primi. È però di convergenza molto lenta e quindi inadatta al calcolo dei decimali di pi greco. [1] L’evidenza in rosso è nostra per sottolineare la relazione tra π e i numeri primi, e quindi la loro importanza nella formula della costante di struttura fine tramite π, quale che sia l’universo (anche in tutti gli universi che contengono cerchi e sfere , π è presente) e il numero e, parzialmente da Wikipedia e (costante matematica) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. e (Numero di Nepero) Simbolo E Valore 2,71828 18284 59045 23536 ... (sequenza A001113dell'OEIS) Origine del Nepero 8 In matematica, eè una costanteche, insieme a pi greco, è tra le più importanti per via delle sue numerose applicazioni, in modo particolare nell'ambito dell'analisi matematica. Poiché è un irrazionale(e, in particolare, trascendente), non è esprimibile come frazione o come numero decimale periodico: la sua approssimazione con 55 cifre decimali è nome Frazione continua [2; 1, 2, 1, 1, 4, 1, 1, 6, 1, 1, 8, ...] (sequenza A003417dell'OEIS) Insieme numeri trascendenti Costanti correlate Costante di Gelfond, Costante Omega 2,71828 18284 59045 23536 02874 71352 66249 77572 47093 69995 95749... Essa talvolta viene chiamata numero di Euleroin onore del matematico svizzero Eulero, o più spesso costante di Nepero, in onore del matematico scozzese Nepero, colui che ha introdotto i logaritmi. La costante ecompare nella formula di Eulero, una dell'identità matematiche più importanti. E i logaritmi naturali sono connessi ai numeri primi, circa la loro distribuzione logaritmica, ecc. Dal nostro lavoro seguente: “SERIE E COSTANTI MATEMATICHE (Parte I) “ (sul sito www,gruppoeratostene.com ,riportiamo qualche brano: “ Nuova connessione tra e = 2,728, Ф = 1,618 , e π = 3,14. Premettiamo che, come già noto: a) la costante Ф = 1,618… è già presente, attraverso i numeri di Fibonacci, in molti fenomeni naturali basati sulle forme a spirale (es. foglie, fiori, pigne, conchiglie, galassie) ma anche orbite dei pianeti, ecc., 9 b) la costante e = 2,718…, soprattutto come base logaritmica, che insieme a 10 (un’altra base logaritmica): “…è ampiamente presente nel mondo della natura , spesso all’interno dei processi di crescita e decadimento” (M. Watkins, in “Matematica e fisica”, Macroedizioni); c) la costante π = 3,14… è presente, oltre che nelle formule di calcolo di numerosi solidi geometrici come sfere, coni, cilindri, ecc., anche in molte formule di fisica, come per esempio la legge di Coulomb: F= Q1Q2 4πε 0 r 2 nel moto armonico semplice: T= 2π ω0 = 2π m k Una famosa connessione tra le due costanti e e π (oltre che con i e 1 è la seguente: e iπ + 1 = 0 Nella distribuzione dei numeri primi abbiamo ricavato la seguente relazione, interessante ai nostri fini π(n) fino a N = 103k , in modo particolare per 103Fi , quando il suo logaritmo è ≈ Fi + 4 Per esempio π(10^9)= 10^9 / ln (10^9) = 10^9/ 19,66 con 19,66 10 = 21 ≈ e^3= 20,07, con 3 =9/3 e con 3 = F(3) e 21 numero di Fibonacci = F(3+4) = F(7) = settimo numero di Fibonacci , con connessione e = 2,718 e Ф= 1,618 nella distribuzione logaritmica dei numeri primi dei numeri primi Per completezza, π(10^9) ≈ 10^9/ 19,66 = 50 864 699 non molto lontano da 10^9/21 = 47 619 047; il numero reale di π(10^9) è però 50847534, più vicino alla prima stima. Ovviamente qui π non è 3,14, ma solo un simbolo per indicare il numero di numeri primi fino ad un dato N, in questo caso 10^9. Un altro esempio è per 10^63 =10^(3*21), con 21 = settimo numero di Fibonacci, e ln (10^63) = 145,06 circa 144 = F(11) con = 7 + 4 = 11 = 11- esimo numero di Fibonacci, cosa che conferma la nostra relazione per N= 10^3*F7=10^3*21=10^63, il cui logaritmo naturale è circa Fi+4= F7+4= F 11 ≈ e^5 = 148,336 ≈144 ≈ 145,06 = ln 10^63 Per maggiori dettagli rimandiamo al suddetto lavoro Poiché abbiamo visto, che la natura per i suoi numeri evita 11 accuratamente i quadrati perfetti (forse per qualche principio naturale di minimo sforzo, come l’acqua che scende dalle montagne insinuandosi tra montagne minori e colline anzichè salirci sopra e scendere dall’altra parte, e attratta dalla gravità verso il mare; come pure i viandanti che però lo fanno per evitare fatiche, tranne gli alpinisti che lo fanno per hobby, e pericoli di cadute: in questo caso gli ostacoli sono le montagne, per la natura invece sono i quadrati perfetti), sarebbe interessante scoprire il perché in rigorosi termini fisico-matematici. Le alternative della natura per stabilizzare e regolare i suoi fenomeni tramite i numeri e le loro somme ricorsive (Rif. 3), sono tre, ma sceglie la prima, la a) : a) somma di 1 più i numeri pari successivi ( dando i valori dei numeri di Lie): 1+2 = 3 1+2+4=7 1+2+4+6 =13 1+2+4+6+8= 21, tutti numeri sempre a metà strada tra un quadrato e il successivo, per es. 21 è a metà strada tra 16 e 25, essendo dato anche dalla formula 12 L(n) = n2+n +1, ed essendo anche l’intervallo 2n+1: togliendo una n a 2n, rimane n +1, circa mezzo intervallo tra due quadrati successivi. (difatti n+1 per n=3 è uguale a 4 e 42=16; n+1 per n=4 è uguale a 5 e 52=25). Osserviamo che n, in questa formula (che è quella delle geometrie proiettive, tipo il piano di Fano) deve essere primo o potenza di primo. Ed ecco l’importanza dei numeri primi in tutto questo discorso, e connessa alle costanti matematiche e anche fisiche ( la costante di struttura fine, per esempio, altrettanto importante). Tra i numeri di Lie, molti sono numeri primi: 3, 7 , 31, 73, , ecc. tutti di forma 6k +1 e così anche i fattori primi (tranne il 3) dei numeri di Lie composti per esempio 21= =3*7; 57 =3*19, 91= 7*13, ecc, dove 7, 13 e 19 sono anch’essi numeri di Lie. La stessa formula si può scrivere anche come L(n) = 1+ n*(n+1). Infatti, per n=4 avremo: 1+4*(4+1)=1+4*5=1+20=21. Vediamo ora cosa avrebbe trovato la Natura con le altre alternative: b) somma di 1 più i numeri dispari successivi: avrebbe trovato infiniti quadrati, che non fanno al caso suo, e quindi ha scartato questa soluzione. Infatti: 13 1+3 = 4 =2^2 1+3+5 = 9 = 3^2 1+3+5+7 = 16 =4^2 … … … Inoltre se sommiamo i primi 3 cubi, abbiamo 1 ^3 + 2^3+3^3 = 1 + 8 + 27 = 36 = (1+2+3)^2 = 6^2, e si incappa in un’altra serie infinita di quadrati. Non va proprio bene. c) somma di 1 + tutti i numeri consecutivi n , pari e dispari insieme: si ottengono i numeri triangolari T, alcuni dei quali sono anche quadrati 1+ 0 = 1 1+2=3 1+2+3=6 1 + 2 + 3 + 4 = 10 1 + 2 + 3 + 4 + 5 = 15 I numeri quadrati triangolari , cioè quadrati e triangolari insieme, sono, nell’ordine (Sequenza OESIS A001110: 0, 1, 36, 1225, 41616, 1413721, 48024900, 1631432881, 55420693056, 1882672131025, 63955431761796, 2172602007770041, 73804512832419600, 2507180834294496361, 85170343853180456676, 2893284510173841030625 14 Quindi rari, ma ci sono. Ovviamente, essendo tutti quadrati, non ci sono numeri primi in questa serie. Per la natura non va bene nemmeno questa alternativa, e quindi l’unica è l’alternativa a) somma di 1 più tutti i numeri pari successivi La prima alternativa è quindi quella utile, che però si ricollega alla b) Essendo la a) scrivibile anche come 2T+1 oltre che come n2+n+1. I numeri di Fibonacci (alcuni anche primi, come 3, 5, 89, 233, 1597, 514229, ecc. ma sempre più rari ) e le partizioni di numeri sono molto vicini ai numeri di Lie 2T+1, e anche tra i numeri di Fibonacci mancano quasi del tutto i quadrati (uniche eccezioni sono 1 e 144), e anche tra le partizioni di numeri sono assenti o al massimo rarissimi (non se ne conoscono, che si sappia) . Sequenza OESIS A000041: 1, 1, 2, 3, 5, 7, 11, 15, 22, 30, 42, 56, 77, 101, 135, 176, 231, 297, 385, 490, 627, 792, 1002, 1255, 1575, 1958, 2436, 3010, 3718, 4565, 5604, 6842, 8349, 10143, 12310, 14883, 17977, 21637, 26015, 31185, 37338, 44583, 53174, 63261, 75175, 89134 Ma anche tra le partizioni, come nei numeri di Lie e di Fibonacci, ci sono numeri primi, sottolineati in rosso quelli fino a 101, poi sono sempre più rari. I numeri di Fibonacci si possono scrivere anche con la formula F(n) ≈ n2 + n + a, con a numero piccolo, in genere minore di n 15 I numeri di partizione si possono scrivere allo stesso modo come p(n) ≈ n2 + n + a’, con a’ numero piccolo, in genere minore di n, quindi con due formule imparentate con la L(n)= n2+n+1 che denominiamo “l’equazione preferita dalla natura” poiché, insieme alle formule di cui sopra, fornisce tutti i numeri con cui la natura regola e stabilizza i suoi vari fenomeni (Nota 2 sui fenomeni artificiali dove compare anche la serie di Fibonacci: informatica, crittografia mercato azionario, dove porta regolarità e stabilità anche lì) , dal microcosmo al macrocosmo, evitando i quadrati perfetti. Il motivo di questa assenza o eventuale rarità in tali numeri si nota anche nel fatto che la parte decimale dei numeri di Fibonacci si attesta sul valore 0,40, e quella della partizioni sul valore 0,60, simmetrici a 0,50 di quella dei numeri di Lie, e quindi ben lontano da 0,00.. dei quadrati perfetti. Per esempio, da Wikipedia: “ I primi 42 numeri di Fibonacci (includendo lo 0) sono: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 (=F10) 89, 144, 233, 377, 610, 987, 1597, 2584, 4181, 6765 (=F20) 10946, 17711, 28657, 46368, 75025, 121393, 196418, 317811, 514229, 832040 (=F30), 1346269, 2178309, 3524578, 5702887, 9227465, 14930352, 24157817, 39088169, 63245986, 102334155, 165580141 (=F41)” Con quadrati soltanto l’1 iniziale e il 144. Se prendiamo tre grandi numeri di Lie, di Fibonacci e di partizioni 16 tra loro paragonabili, per es. T = 1225, abbiamo 2T+1 = 1225*2+1 = 2451, la cui radice quadrata è 49,50 (nei numeri di Lie tale parte percentuale appare molto prima che 0,40 e 0,60 per gli altri due tipi di numeri, rispettivamente Fibonacci e partizioni). Un numero di Fibonacci molto vicino è 46 368, la cui radice quadrata è 215,33… con 0,33 ≈ 0,40 Un numero di partizione comparabile ai due precedente è 53 174, la cui radice quadrata è 230,59, con 0,59 ≈ 0,60 Ecco perché in tutte e tre le serie numeriche non vi sono quadrati, e allo stesso tempo sono le più presenti in natura: Fibonacci nei frattali, i numeri di Lie nelle simmetrie e nei gruppi di Lie, le partizioni in altri fenomeni, quasi certamente frattali anch’essi. Questa coincidenza non ci sembra proprio del tutto casuale, e quindi ci deve essere un motivo serio (che cercheremo di scoprire in seguito) per cui la natura evita accuratamente i quadrati ( tranne, forse, il solo 144 tra i numeri di Fibonacci) Conclusioni 17 Concludendo, qualsiasi altro universo, sia il nostro stesso universo dopo il prossimo “rimbalzo” in un futuro ciclo, sia uno degli altri tantissimi universi del multiverso (forse infiniti), non può avere costanti fisiche molto diverse da quelle fisiche note, e quindi non può essere molto diverso dal nostro. Tali costanti, legate in vari modi ai numeri primi (che sono ovviamente al di sopra di qualsiasi teoria multi - universale) , lasciano sempre un guinzaglio (grado di libertà) molto corto a qualsiasi tipo di universo diverso dal nostro. Ulteriori speculazioni, al riguardo, specialmente matematiche, o ancora più difficili, eventuali osservazioni sperimentali dirette o indirette (naturalmente più probabili di quelle dirette, quasi impossibili con gli strumenti astronomici attuali) ci diranno se abbiamo ragione oppure no con queste nostre osservazioni matematiche elementari. In Rif. 2, si legge a pag. 40, che: …Molti fisici che si occupano del multiverso, soprattutto i sostenitori delle teorie elle stringhe,, non sono interessati agli universi di per se. Per loro le obiezioni al multiverso come concetto non sono importanti. Le loro teorie sopravvivono o sono abbandonate in base alla coerenza interna e, si spera, prima o poi in base agli esperimenti. Al contrario dei cosmologi, si basano sull’ipotesi di un multiverso senza preoccuparti di come si sia formato Insomma noi, come stringhisti, possiamo dire che il multiverso può 18 essere coerente con le teorie di stringa, ma come cosmologi possiamo dire che gli universi paralleli singoli (e quindi il multiverso in generale) si siano formati all’incirca allo stesso modo del nostro universo, e cioè basandosi su formule matematiche (parabola delle geometrie proiettive: n2 + n + 1, con n numero primo o una sua potenza) che danno luogo ai numeri di Lie e alle simmetrie (e relativi gruppi algebrici di Lie, ecc.), e come numeri vicini i numeri di Fibonacci e le partizioni di numeri, tutti e tre alla base delle regolarità e della stabilità dei fenomeni naturali, cose che in qualche modo e/o per qualche motivo escludono la presenza di quadrati tra di loro. Se ne deduce che tale presenza comprometterebbe tali caratteristiche, e quindi la durata nel tempo (connessa alla stabilità). In altre parole, leggi fisico - matematiche con presenza di quadrati darebbero probabilmente luogo ad universi instabili e di poca durata, o addirittura impossibili; e quindi “indegni” di far parte della più o meno grande moltitudine di universi paralleli chiamata “multiverso”, che quindi non potrebbero essere molto diversi dal nostro, almeno come consistenza fisica. In caso di un possibile scontro tra due di loro, uno dei quali il nostro, rimarrebbero dei segni di danni, vedi Nota 1. 19 Se la “consistenza” fosse molto diversa, non si avrebbero danni, come accade, ad esempio in uno scontro tra un aereo e una nuvola di vapore acqueo, o, a livello microcosmico, tra un neutrino e un protone. Se invece lo scontro avviene tra due aerei simili , o tra due protoni (di consistenza simile), i danni ci sarebbero, eccome! Le tracce della collisione in nota 1, quindi , se effettivamente conseguenze di vere collisioni tra universi , ci darebbe un po’ di ragione, poichè i due universi , il nostro e l’altro, avrebbero la stessa consistenza fisica (e quindi materia ed energia simili, ecc.) , in accordo con la nostra congettura di possibili universi fisici molto simili tra loro (e quindi anche al nostro) che popolerebbero il possibile ma ancora ipotetico multiverso. Caltanissetta 1.11.2011 NOTE FINALI Nota 1 INDIZI SUL MULTIVERSO E SULL’UNIVERSO CICLICO Per obiettività e completezza riportiamo qualche indizio o brano teorico sulle due teorie alternative; 20 1) sul multiverso: “Identificate quattro aree nella radiazione cosmica di fondo compatibili con il modello proposto. Prima era solo un'elegante teoria che molti scienziati consideravano pura ipotesi senza nessuna possibilità di essere dimostrata, ora c'è qualche traccia. La «teoria del multiverso», cioè di un numero infinito di universi (il nostro sarebbe uno dei tanti) contenuti in mega-bolle che si originano una dall'altra, ha trovato un sostegno in due articoli pubblicati in Physical Review Letters e Physical Review D da un gruppo di cosmologi dell'University College London (Ucl), Imperial College London e del Perimeter Institute for Theoretical Physics. BOLLE - Il gruppo ha studiato e identificato quali forme assumerebbero nel nostro universo le eventuali tracce delle bolle di altri universi nel tessuto della radiazione cosmica di fondo (Cmb), che è ciò che resta del Big Bang che diede origine al nostro universo poco meno di 14 miliardi di anni fa. Gli scienziati hanno messo a punto un programma per osservare come apparirebbe il nostro universo con le collisioni cosmiche con altre bolle-universo oppure uno che non le contiene, e quale di questi due è il più simile con i dati ottenuti in sette anni di osservazioni del satellite Nasa Wmap, che studia in dettaglio la radiazione cosmica di fondo. Inoltre hanno evidenziato un limite massimo delle possibili tracce di bolle-universo che sono venute in contatto con il nostro che saremmo in grado di osservare nel tessuto della Cmb. Secondo Hiranya Peiris, del dipartimento di fisica e astronomia di Ucl e co-autrice degli articoli, dai dati osservati da Wmap sono state identificate quattro zone di forma circolare che hanno caratteristiche compatibili con il modello proposto dal gruppo di studio. CONOSCENZA - La stessa Peiris però ammette che «quattro regioni non sono un numero statisticamente significativo» per poter dire che il multiverso esista veramente, però si dice convinta che i dati che saranno ottenuti dal telescopio spaziale Planck dell'Esa - che studia la Cmb con maggiore dettaglio - potranno fornire maggiori informazioni. George Efstathiou, direttore dell'istituto di cosmologia dell'Università di Cambridge, interpellato in merito dalla Bbc, ha commentato che lo studio del gruppo di Peiris è «il primo serio tentativo» per dimostare l'esistenza del multiverso e soprattutto «è molto interessante dal punto di vista metodologico». Secondo Peiris, però, anche se fossimo in grado di provare l'esistenza di queste bolle-universo potremmo non essere mai in grado di conoscere nulla del loro interno. di Paolo Virtuani Fonte: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/ Sull’universo ciclico: dal sito : astronomicamentis.blogosfere.it/2011/06/il-tempo-una-frecciaverso-il-futuro.html riportiamo un brano interessante “sul rimbalzo” dell’universo al momento del big bang: 21 Il tempo, una 'freccia' verso il futuro Questi sono anni d'oro per la cosmologia moderna perché stiamo acquisendo tutta una serie di informazioni grazie soprattutto all'enorme flusso di dati astronomici che ci arrivano continuamente dagli osservatori terrestri ma soprattutto dai telescopi spaziali. Tuttavia, parafrasando un noto proverbio, potremmo dire che non è tutta la materia che brilla a rappresentare l'Universo osservabile dato che essa costituisce appena il 4% del contenuto materia-energia. Oggi sappiamo, infatti, che circa il 96% dell'Universo è caratterizzato da due componenti dominanti, a cui gli scienziati hanno dato i termini materia scura ed energia scura, di cui ancora ignoriamo la loro vera origine e natura. L'una, la materia scura, funge da scheletro su cui si aggregano le galassie e gli ammassi di galassie mentre l'altra, l'energia scura, permea tutto lo spazio ed esercita una forza di tipo antigravitazionale creando sempre più spazi vuoti. Ma a questi due misteri cosmologici ne dobbiamo aggiungere un altro che è relativo all'asimmetria del tempo, oggi il tema principale di questo articolo. Perché ci ricordiamo il passato e non il futuro? Che relazione ha il tempo con l'entropia del "sistema Universo" e con la gravità? Direi che è arrivato il tempo di fare il punto su questi temi ma per tentare di rispondere a queste domande dobbiamo necessariamente andare alle origini, al momento della singolarità iniziale, il Big Bang, da dove tutto è cominciato, e da dove sono emersi lo spazio, la materia, l'energia e il tempo. Il modello cosmologico standard rappresenta il quadro migliore che ci permette di descrivere l'evoluzione dell'Universo subito dopo il Big Bang. Secondo questo modello, circa 13,7 miliardi di anni fa una grande esplosione diede origine allo spazio nel quale la materia, inizialmente presente sottoforma di un "plasma primordiale" di particelle e radiazione, si aggregò successivamente, man mano che lo spazio si espandeva e si raffreddava, per formare le prime stelle e le prime galassie dando luogo a tutte quelle strutture che possiamo ammirare oggi. Queste strutture sono "appoggiate", per così dire, su una sorta di "impalcatura cosmica" costituita dalla cosiddetta materia scura, mentre lo spazio si espande, in maniera accelerata, creando sempre più vuoti grazie all'azione esercitata da una forma di energia misteriosa, chiamata energia scura, che permea tutto lo spazio e la cui densità non sembra diminuire. In tutto ciò c'è qualcosa che non riusciamo a comprendere, un problema cosmologico noto come asimmetria del tempo. E' noto dalle leggi della fisica che ai livelli più fondamentali i fenomeni fisici non distinguono tra passato e futuro eppure l'Universo "neonato", caldo, denso ed omogeneo, è completamente diverso da quello di oggi, freddo, diradato ed eterogeneo. Se utilizziamo il linguaggio della termodinamica, possiamo dire che agli inizi l'Universo era ordinato ed è diventato sempre più disordinato nel corso della sua evoluzione. In tal senso, l'asimmetria del tempo, nota anche come "freccia del tempo" che punta dal passato al futuro, rappresenta la caratteristica più bizzarra che i cosmologi non riescono ancora a spiegare del tutto. Ma allora da dove cominciamo? Proviamo a partire dalle leggi fisiche a noi note e consideriamo una grandezza fisica che abbiamo imparato a studiare sin dal liceo: l'entropia. Di solito per esprimere il concetto della freccia del tempo, i fisici prendono in considerazione il secondo principio della termodinamica che afferma che in un sistema chiuso l'entropia non diminuisce mai. Di fatto, a scuola ci insegnano che l'entropia è la misura del disordine di un sistema fisico ma, per essere più precisi, dobbiamo ricordare che nel 19° secolo Ludwig Boltzmann spiegò l'entropia in termini di distinzione tra il microstato ed il macrostato di un oggetto. In altre parole, ad un particolare macrostato corrispondono tanti microstati diversi, dunque possiamo dire che l'entropia equivale al numero di microstati diversi che corrispondo allo stesso macrostato. Se, ad esempio, immaginiamo di versare latte nel caffè, avremo tantissimi modi di distribuire le molecole in modo tale che latte e caffè siano completamente mescolati e ce ne saranno relativamente pochi tali che il latte sia separato dal caffè. Questo vuol dire allora che la miscela, latte e caffè, avrà una entropia maggiore. Infatti, gli stati ad entropia maggiore risultano molti di più di quelli che hanno una entropia minore semplicemente perché sono più probabili ed è per questo motivo che il latte si mescola al caffè e non succede mai che se ne separi. Qualcuno di voi ha avuto questa seconda esperienza? Credo proprio di no! Ma se aspettassimo un tempo molto lungo tale per cui le molecole si separino 22 spontaneamente dalla miscela forse dovremmo attendere un tempo maggiore rispetto all'età stessa dell'Universo proprio per il fatto che questo processo è statisticamente improbabile. Chi vuole provare? Questi ragionamenti ci portano a concludere che la freccia del tempo descrive la tendenza dei sistemi fisici ad evolvere verso uno dei numerosi stati naturali caratterizzati da una elevata entropia. Un altro problema che non comprendiamo è il comportamento dell'entropia quando è presente la gravità. Secondo la teoria generale della relatività, la gravità viene spiegata come la distorsione dello spaziotempo che crea attorno a sé un corpo dotato di grande massa. Purtroppo non abbiamo ancora una teoria della gravità su scale atomiche che spieghi in maniera soddisfacente lo spaziotempo. Tuttavia, sappiamo, approssimativamente, come evolve l'entropia in presenza della gravità. Nell'esempio precedente della tazzina di caffè, dove la gravità si può considerare trascurabile, la distribuzione uniforme delle particelle ha una entropia elevata ed il sistema si trova in equilibrio. Anche se le particelle vengono rimescolate, esse sono già mescolate a sufficienza ed in maniera omogenea che da un punto di vista macroscopico non sembra accadere nulla. Se, invece, la gravità diventa importante allora una distribuzione omogenea avrà una entropia più bassa per un determinato volume fissato. In questo caso, il sistema non è in equilibrio. Dunque sappiamo che la gravità fa si che le particelle si aggreghino per formare strutture complesse come pianeti, stelle, galassie e l'entropia aumenta di conseguenza in accordo con il secondo principio della termodinamica. Oggi sappiamo che lo spazio si espande accelerando grazie all'azione esercitata dall'energia scura che se non diventerà meno densa porterà le galassie sempre più lontane le une dalle altre al punto che esse non saranno più visibili. Insomma, pare che l'Universo diventerà un posto desolato, sempre più vuoto e solo allora si potrà raggiungere lo stato di massima entropia. Solo allora l'Universo raggiungerà l'equilibrio e non succederà più nulla. Ma questo significa che lo spazio vuoto ha sorprendentemente il valore massimo di entropia, è un po' come dire che la libreria più disordinata è quella più vuota. Ma torniamo alla parte più strana e cioè alla netta differenza che esiste tra passato e futuro. Crediamo che l'entropia dell'Universo alle origini sia stata estremamente bassa, le particelle erano distribuite in maniera omogenea, poi essa ha acquisito un valore medio, man mano che lo spazio ha cominciato ad espandersi, mentre si formavano le strutture irregolari che osserviamo oggi come stelle, galassie e ammassi, per raggiungere alla fine uno stato di massima entropia, quando cioè lo spazio diventerà sempre più vuoto. Ma la domanda rimane: perché il passato deve essere così diverso dal futuro? In realtà non lo sappiamo. Ciò che possiamo dire è che o consideriamo l'asimmetria temporale come una proprietà intrinseca dell'Universo che è impossibile da spiegare oppure dobbiamo ancora capire più in profondità le proprietà dello spazio e del tempo. Alcuni cosmologi hanno tentato di spiegare l'asimmetria del tempo dovuta all'inflazione, il modello introdotto da Alan Guth in base al quale l'Universo appena nato subì improvvisamente una rapida espansione esponenziale che diede "forma", per così dire, al volume dello spazio spiegando così alcune proprietà osservative come, ad esempio, l'eccezionale uniformità della densità di materia in regioni dello spazio lontane tra loro. Ma questo processo viene invocato come una sorta di trucco per spiegare l'asimmetria temporale. Un'altra spiegazione dell'asimmetria del tempo è quella di considerare il passato non necessariamente diverso dal futuro. Forse, il passato più distante, come il futuro, è di fatto uno stato caratterizzato da un valore elevato di entropia. Ma se è così, lo stato caldo e denso, cioè l'Universo delle origini, non sarebbe il vero inizio bensì uno stato di transizione tra due fasi della sua storia. Alcuni modelli ipotizzano che l'Universo abbia subito una sorta di "rimbalzo". Prima di questo evento, lo spazio si stava contraendo e anziché collassare in una singolarità sono intervenuti di proposito alcuni processi fisici, che coinvolgono la gravità quantistica, o la teoria delle stringhe, o le dimensioni extra, o ancora qualche fenomeno di natura esotica, che hanno "salvato" la situazione e l'Universo è riemerso attraverso il Big Bang in tutto ciò che vediamo oggi. Tuttavia, questi modelli cosmologici del rimbalzo non spiegano la freccia del tempo. Un riferimento indiretto al multiverso è nel seguente brano (N.d.A.A) 23 Un'altra soluzione all'enigma dell'asimmetria del tempo si basa sull'ipotesi secondo la quale oggi noi vediamo solo una piccola zona della situazione complessiva il cui paesaggio più vasto è completamente simmetrico rispetto al tempo. In questo modello, nello spazio vuoto le fluttuazioni quantistiche in entrambe le direzioni del tempo, passato e futuro, danno luogo a tanti universi neonati, ognuno dei quali è caratterizzato da una freccia del tempo, che a loro volta si svuotano e generano altri universi. Su scale cosmologiche estremamente grandi, un tale tipo di universo apparirebbe statisticamente simmetrico rispetto al tempo. Il concetto di un universo con una freccia del tempo invertita potrebbe sembrare bizzarro e preoccupante. Cosa accadrebbe se incontrassimo un viaggiatore del tempo che proviene da questo tipo di universo: ricorderebbe il futuro? In realtà questo tipo di incontri sono altamente improbabili, dato che stiamo parlando di universi infinitamente lontani, addirittura prima del Big Bang. Tra noi e questi universi, sembra esistere una sorta di "terra di nessuno" dove il tempo non scorre per niente, cioè non esiste la materia e l'entropia non si evolve. Un essere che vivrebbe in questo universo dove la freccia del tempo è diretta verso il passato, non nascerebbe vecchio né morirebbe giovane. Dal suo punto di vista il tempo scorrerebbe in modo convenzionale, il nostro passato sarebbe il suo futuro e viceversa. Comunque sia, possiamo stare tranquilli dato che un incontro di questo tipo è del tutto ipotetico, noi non possiamo certamente raggiungerli nè loro possono raggiungere noi. Per concludere, forse l'idea della freccia del tempo come caratteristica osservabile del nostro Universo può fornirci degli indizi sulla natura dell'Universo non osservabile. Infatti, se l'Universo osservabile fosse tutto ciò che esiste allora sarebbe impossibile spiegare in maniera naturale la freccia del tempo. Se, però, l'Universo attorno a noi è solo una piccola porzione di un paesaggio più vasto, possiamo avere nuove possibilità di esplorare quello che non riusciamo a vedere oggi. In altre parole, possiamo considerare il nostro orizzonte come un pezzo di un puzzle di un sistema più grande la cui entropia aumenta senza limiti sia verso il passato che verso il futuro. Sì certo, tutto molto bello, ma come facciamo ad osservare la freccia del tempo? Beh, basta versare del latte in una tazzina di caffè e mescolare, questa azione ci porterà direttamente alle origini dell'Universo e, forse, oltre i suoi confini. “ Circa la freccia del tempo, essa è orientata verso il futuro, ma a livello microcosmico potrebbe anche essere reversibile, vedi nostro lavoro “Il teletrasporto quantistico temporale” sul nostro sito. Altri riferimenti al rimbalzo si trovano anche nel nostro lavoro: “Dalle stringhe alla TOE attraverso la Teoria dei Numeri”- Francesco Di Noto – Michele Nardelli, sul sito eprints.bice.rm.cnr.it/740/1/NarDiNot4.pdf 24 dal quale riportiamo il seguente brano (citazione di Jan Stewart, sull’universo ciclico: “ Nel 2006 Paul Steinhardt e Neil Turok hanno proposto una variazione dell’idea del tunnel: un universo ciclico che si espande dopo un Big Bang e si contrae in un Big Crunch, con un periodo di mille miliardi di anni o giù di lì. In questo modello, l’energia del vuoto diminuisce ad ogni ciclo, in modo che alla fine abbia un valore abbastanza piccolo ma non nullo. In entrambe le versioni della storia, un universo con energia del vuoto << giusta >> deve esistere per un periodo molto lungo. Le condizioni favorevoli alla vita, dunque, durano abbastanza da permettere l’evoluzione di una creatura intelligente in grado di domandarsi che cosa ci stia facendo lì”. NOTA 2 La serie di Fibonacci nei sistemi artificiali, dal nostro lavoro: “Fibonacci nei sistemi artificiali ( Informatica – Crittografia – Borsa valori”) Una possibile serie numerica artificiale, sna Giovanni Di Maria, Francesco Di Noto, Michele Nardelli, Annarita Tulumello Sul sito www.gruppoeratostene.com, sezione “Articoli su Fibonacci”dal quale riportiamo solo il sommario: “Nei due lavori precedenti (Rif.1 e Rif. 2) abbiamo visto la serie di Fibonacci in vari fenomeni naturali, tramite le relative snn, serie numeriche naturali, i cui termini sono di forma n’ = n2 + n + a, con a molto piccolo (in genere minore di n), e la loro posizione in genere a circa metà strada tra un quadrato e l’altro (il cosiddetto “valico”). In questo più breve lavoro, invece, ci occuperemo della serie di Fibonacci in alcuni sistemi di natura artificiale, e in modo particolare l’informatica, la crittografia e la Borsa valori, con particolare attenzione per quest’ultima.” Per evidenziare come oltre che in natura, la serie di Fibonacci porta regolarità e stabilità anche in sistemi artificiali, che non hanno corrispondenti in natura. Nota 3 La perfezione dell'universo (Michele Nardelli) 25.04.2005 Tratto da http://michelenardelli.blogspot.com/ 25 (La parte in grassetto riguarda soltanto la teoria sugli universi paralleli, cioè la molteplicità di un multiverso composto da universi paralleli del tutto simili al nostro) Da sempre l'uomo ha cercato di comprendere da cosa ha avuto origine l'universo e la vita che in esso si manifesta. Le ultime teorie cosmologiche confermano in maniera assoluta la tesi del big bang, l'esplosione iniziale da cui l'universo ha incominciato ad espandersi. All'inizio l'universo era simile ad un "punto" di temperatura, densità e spazio-tempo infiniti, quello che in fisica si definisce "singolarità iniziale". Un'espansione iniziale appena più lenta avrebbe portato ad un universo molto diverso dal nostro. Lo stesso effetto avrebbe avuto un'espansione troppo veloce: l'energia dell'espansione avrebbe sopraffatto la gravità e le galassie non sarebbero mai state in grado di condensarsi. Le energie cinetica e potenziale iniziali devono essere state accoppiate con molta precisione. (Per avere un'idea, è come se stessimo nel fondo di un pozzo e lanciassimo una pietra in alto facendola arrivare a fermarsi esattamente all'imboccatura). L'universo deve aver ricevuto una "spinta" iniziale assai ben regolata, esattamente quella sufficiente per equilibrare la tendenza deceleratrice della gravità, per trovarsi oggi in uno stato di espansione uniforme e simmetrico. Secondo la teoria "inflazionaria" proposta dal fisico americano Alan Guth, il motivo per cui l'universo è così grande e per cui la gravità e l'espansione sono così bene equilibrate, deve ricercarsi in qualcosa che accadde durante i primi 10^-36 secondi, quando le dimensioni dell'universo erano paragonabili a quelle di una pallina da golf. Da quel momento in poi l'espansione del cosmo è andata decelerando a causa dell'attrazione gravitazionale che ogni parte dell'universo esercita su tutte le altre. Ma durante i primi 10^-36 secondi (leggi 10 elevato alla meno 36), è entrata in gioco un nuovo tipo di "repulsione cosmica" che ha sopraffatto la gravità ordinaria. In quei tempi precocissimi l'espansione sarebbe andata accelerando in maniera esponenziale, di modo che si sarebbe potuto gonfiare un universo-embrione omogeneo e dotato di quell'equilibrio finemente sintonizzato tra energia cinetica e gravitazionale. La repulsione si verificò perchè lo spazio stesso in quell'era iniziale era molto diverso da oggi. Lo spazio privo di oggetti, quello che in fisica si definisce "vuoto", avrebbe avuto latente in sè un'enorme riserva di energia. Questa forma di energia aveva la proprietà di creare una pressione negativa, quindi gravità negativa, cioè "antigravità". Questa antigravità causerebbe una "repulsione cosmica" e come conseguenza l'espansione universale subirebbe un'accelerazione. Secondo quindi lo scenario inflazionario, l'universo ultraprimordiale attraversò una fase in cui l'energia del vuoto era enorme (e negativa) e l'espansione cosmica fu, di conseguenza, rapidissima. Il cosmologo russo Andrej Linde sostiene la tesi di un'inflazione "caotica": uno scenario più complesso in cui l'intero universo può essere infinito ed eterno, ma genera di continuo regioni gonfiate dall'inflazione che si evolvono in universi separati. Ciò che chiamiamo il nostro universo non rappresenterebbe altro che un "dominio" di un eterno ciclo riproduttivo degli universi. Questi altri universi sono oggi sconnessi dal 26 nostro, ma possono essere fatti risalire ad un antenato comune. Secondo i calcoli di Linde, basterebbe un milligrammo di materia per dare origine ad un universo che per i suoi ipotetici abitanti sarebbe grande come il nostro, mentre a noi apparirebbe come un microscopico buco nero. Il fisico Harrison afferma infatti, che l'inflazione e la nascita del nuovo universo si verificherebbero in una "bolla" di spazio-tempo, che inizialmente resterebbe collegata al nostro universo grazie al "cordone ombelicale" di un buco nero. Ma in seguito all'evaporazione del buco nero, come è stato teorizzato da S.Hawking, questo "ponte" tra universi verrebbe meno. E' possibile quindi immaginare, partendo dall'universo che ci ospita, una catena infinita di universigenitori, da cui deriverebbero infiniti universi-figli anch'essi adatti ad ospitare la vita, in quanto aventi le stesse leggi fisiche degli universi da cui sono stati generati. Sono due le discipline che studiano l'universo dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo: la teoria della relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica. La relatività generale poggia su solide basi matematiche: sulla geometria non euclidea, elaborata nel secolo scorso da B.Riemann e sull'utilizzo del calcolo differenziale assoluto sviluppato da due grandi matematici italiani: Ricci Curbastro e Tullio Levi-Civita. La teoria della relatività si distingue in relatività ristretta (o particolare) e relatività generale. Il principio di relatività ristretta si può così enunciare: "se un sistema di coordinate (sistema di riferimento) K è scelto in modo tale che le leggi fisiche siano soddisfatte nella loro forma più semplice, le stesse leggi debbono essere soddisfatte se riferite ad ogni altro sistema di coordinate K', che si muova di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al sistema K". La teoria della relatività generale, invece, è valida anche per sistemi di riferimento in moto accelerato l'uno rispetto all'altro. Quindi, per il principio di relatività generale: "le leggi della fisica debbono essere di natura tale che esse si possano applicare a sistemi di riferimento comunque in moto". Einstein sviluppò un approccio completamente nuovo al concetto di gravità. Nella formulazione einsteiniana, le forze associate alla gravità sono del tutto equivalenti a quelle apparentemente prodotte da un'accelerazione. Come esempio di tale affermazione, si consideri un'astronauta in piedi in una navetta ferma sulla Terra. A causa della forza di gravità i suoi piedi "aderiscono" al pavimento della navicella con una forza pari al peso della persona, W. Se si considera la stessa navicella nello spazio, lontana da qualunque oggetto e non soggetta in alcun modo alla gravità, l'astronauta aderisce ancora al pavimento se la navicella accelera. Se supponiamo che l'accelerazione sia pari a 9,8 m/sec^2, che è il valore di accelerazione di gravità sulla superficie terrestre, la forza con cui l'astronauta è ancorato al pavimento della navicella, è ancora uguale a W. Senza guardare fuori dal finestrino, l'astronauta non sarebbe in grado di capire se la navicella si trovi ferma a terra o in accelerazione nello spazio. Einstein, quindi, considerò tutte le forze, sia quelle gravitazionali, sia quelle convenzionalmente associate all'accelerazione, come effetti di un'accelerazione. In questo modo la forza gravitazionale, che fa in modo che la navicella ferma a terra rimanga salda sul suolo, è un fenomeno di attrazione attribuibile ad un'accelerazione della navicella. Infatti, nello spazio tridimensionale la navicella è ferma, perciò non accelera. Nello spaziotempo quadridimensionale, invece, la navicella è in moto lungo la sua "linea 27 universale". Ciò spiega l'ipotesi relativistica che lo spazio-tempo sia "incurvato" nelle vicinanze dei corpi massivi e che la "linea universale" di un corpo è una "geodetica" nello spazio-tempo. (Ricordiamo che la geodetica è la linea più breve che congiunge due punti dati; in uno spazio curvo le geodetiche generalmente non sono linee rette ma curve). La meccanica quantistica è la disciplina di base che studia l'universo dell'infinitamente piccolo (le particelle atomiche e subatomiche): essa è una teoria casuale. Secondo questa teoria, per esempio, un elettrone percorre un numero infinito di traiettorie simultaneamente, cioè non è localizzato. La posizione dell'elettrone può essere definita solo in termini di "probabilità": si può soltanto affermare che l'elettrone ha una certa probabilità di trovarsi in un certo punto in un dato istante. Facciamo un esempio. Servendomi di uno strumento di una certa precisione determino la posizione di una particella in un dato istante, ho quindi una certa misura. Se ipotizziamo di tornare indietro per ripetere l'esperimento, esisterebbe una possibilità limitata di trovare la particella in un altro luogo, forse molto lontano dal primo. Supponiamo adesso di avere una particella che può stare soltanto in due luoghi: A e B, diciamo, ed a ciascun luogo è associato un certo numero di probabilità. Osserviamo con lo strumento di precisione e scopriamo che la particella si trova nel punto A. Secondo un altro concetto della meccanica quantistica che è quello della "molteplicità dei mondi" ( o dei "molti mondi"), l'universo si divide in due allorchè si compie un simile esperimento. Nell'altro universo, esiste un altro osservatore che ha appena scoperto la particella nel punto B, anzichè in A. Quest'altro universo è tanto reale e coerente quanto il nostro: esiste quindi un altro osservatore, anzi, un numero infinito di osservatori. Non è possibile accorgersi di essere scissi in questo modo, perchè qualunque misurazione, nell'uno o nell'altro universo, avviene dopo la scissione: è quindi impossibile misurare le conseguenze della scissione medesima. Il concetto della molteplicità dei mondi è il fondamento della spiegazione quantistica delle possibili "ramificazioni" della storia. In ogni momento, ad ogni evento, la storia si "biforca": ad ogni possibile conseguenza di ogni evento, corrisponde una versione diversa della storia, e tutte queste storie (o universi) sono reali, sono adiacenti l'una all'altra nella quarta dimensione (lo spazio-tempo), come le pagine di un libro. Immaginiamo adesso me stesso in due "storie" adiacenti, separate: queste due versioni di me stesso non possono comunicare tra loro, seppure se mi venisse fornito ogni concepibile apparecchio di comunicazione. Esisterebbero infatti, due copie di ogni apparecchio, ciascuno non collegato al suo gemello. Tale posizione è fondata sull'assunto implicito che le copie gemelle, dopo la biforcazione, non si influenzano a vicenda in alcun modo. Riassumendo quindi abbiamo esposto due concetti in uso nella meccanica quantistica: 1) Il "principio di indeterminazione di Heisenberg" secondo il quale non è possibile conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella. Quanto più precisamente conosciamo l'una, tanto meno precisamente conosceremo l'altra. 2) La teoria degli "universi paralleli" (o dei molti mondi), avanzata per la prima volta nel 1957 da H.Everett. Essa afferma che tutti i mondi quantici alternativi 28 e possibili sono reali e coesistono in parallelo l'uno con l'altro. Ogni volta che si compie una misurazione per determinare, ad esempio, la posizione di una particella, l'universo si scinde in due universi: in uno la particella è nel punto A, nell'altro è nel punto B. Entrambi gli universi sono reali ed in entrambi vi sono osservatori che percepiscono soltanto l'universo in cui si trovano. Ritornando ad Einstein, si è a conoscenza che riteneva la teoria quantistica fondata su principi di carattere provvisorio ed approssimativo. (Celebre a tale proposito la sua frase "Dio non gioca ai dadi con il mondo"). Egli ambiva a formulare una teoria generale ed unitaria che avrebbe descritto matematicamente le proprietà della luce, della materia e della gravitazione. Dichiarava che una tale teoria dovesse essere costruitasul modello delle due teorie della relatività da lui elaborate, cioè ponendo alla base principi di validità generale. Questo è stato il punto di partenza delle successive generazioni di matematici e fisici, per lo sviluppo di una "teoria dei campi unificati", una teoria fisica e matematica in grado di spiegare con poche equazioni, l'origine delle forze (campi) esistenti in natura: la forza di gravità, la forza elettromagnetica, la forza nucleare debole e la forza nucleare forte. Le teorie di Grande Unificazione (GUT) delle forze naturali si sono cimentate nell'interpretazione del modello cosmico per tempi inferiori ai 10^-35 secondi (leggi 10 elevato alla meno 35). Nella singolarità cosmica coesistevano in forma unificata tre forze fondamentali: la forza elettromagnetica che presiede ai fenomeni elettrici e magnetici; (la carica elettrica svolge lo stesso ruolo che ha la massa per la gravità, determinando l'intensità della forza elettromagnetica che un corpo può sentire o esercitare); la forza debole, responsabile del decadimento radioattivo di alcuni elementi come ad esempio l'uranio; la forza forte, che tiene i quark incollati tra di loro dentro a protoni e neutroni, e tiene questi ultimi dentro ai nuclei atomici. Il passo definitivo, quello che tiene impegnate le più illustri menti del nostro tempo (S.Hawking, R.Penrose, Edward Witten solo per citare i più noti), è l'unificazione di queste tre forze con la forza di gravità che, relativisticamente è stata spiegata nei termini di una forza che "deforma" lo spazio-tempo e "incurva" la traiettoria dei raggi luminosi, ma quantisticamente è di natura molto più complessa da spiegare. Personalmente, un'osservazione può esserci di aiuto in questa impresa. E' noto che un campo puramente gravitazionale può esistere anche senza la presenza di un campo elettromagnetico, mentre un campo puramente elettromagnetico non può esistere se non accompagnato da un campo gravitazionale. Da questo sembra potersi dedurre che un campo magnetico può derivare da un campo gravitazionale e che quindi quest'ultimo è forse il pilastro fondamentale di un campo totale. Matematicamente si è inoltre constatato che un campo elettromagnetico tende all'infinito se la forza gravitazionale tende anch'essa all'infinito. Essendo la gravitazione "curvatura" dello spazio-tempo, ciò significa che per una curvatura infinita dello spazio-tempo, il campo elettromagnetico tende all'infinito. Essendo la singolarità un punto in cui la curvatura dello spazio-tempo diviene infinita, è possibile dedurre che è da una singolarità spazio-temporale (big bang) che derivano tutte le forze fisiche da noi conosciute (teorie di supergravità e superstringa). 29 Lo studio approfondito di tali singolarità, quindi, ci potrà condurre alla tanto agognata meta dell'unificazione. Non però con due teorie separate, quali la meccanica quantistica e la relatività generale, ma soltanto con una teoria che le combini entrambe: una teoria che è stata definita "gravità quantistica". Sebbene tale teoria non sia ancora stata formulata nella sua completezza, i due fisici Hawking e Hartle hanno azzardato una proposta di grande interesse. Essa si basa sulla formulazione della meccanica quantistica proposta da R.Feynman in termini di "somma delle storie" applicata all'intero universo. Semplificando, la tesi di Feynman afferma che una particella, per andare da un punto A ad un punto B, possa in linea di principio percorrere tutti i cammini possibili o "storie" nello spazio-tempo che uniscono i due punti. Ciascuna storia ha associata una probabilità ben definita. "Sommando" in un certo modo opportuno tutte le storie, si ottiene la "vera" traiettoria percorsa dalla particella. La proposta di Hawking è di applicare la somma delle storie alla concezione della gravità einsteiniana: al posto della storia di una particella, abbiamo uno spazio-tempo curvo che rappresenta la storia dell'intero universo. Per fare questo è però necessario fare la somma per storie che non si trovano nel tempo reale, ma in un tempo "immaginario": è cioè necessario misurare il tempo usando numeri immaginari piuttosto che numeri reali. Esistono in matematica numeri speciali, chiamati immaginari, che moltiplicati per sè stessi danno numeri negativi. Quello chiamato "i", moltiplicato per sè stesso dà -1; 2i moltiplicato per sè stesso dà -4, e via dicendo. Possiamo rappresentarci il tempo ordinario reale come una linea orizzontale che va da sinistra a destra: i tempi più antichi sono a sinistra e quelli più recenti a destra. Ma possiamo considerare anche un'altra direzione del tempo, la cosiddetta direzione immaginaria, ad angoli retti rispetto al tempo reale. Ciò significa che la direzione temporale immaginaria si comporta in maniera simile rispetto alle tre direzioni corrispondenti al movimento nello spazio. La curvatura dello spazio-tempo causata dalla materia presente nell'universo può quindi condurre ad un incontro delle tre direzioni spaziali con la direzione immaginaria del tempo. Le tre direzioni spaziali ed il tempo immaginario, formerebbero uno spazio-tempo richiuso su sè stesso, senza confini o bordi. L'evoluzione dell'universo può quindi essere rappresentata da "coni" di spazio-tempo. Nelle teorie classiche, come la relatività generale, ogni modello ragionevole di universo, quando viene fatto evolvere all'indietro nel tempo, finisce per incontrare una singolarità puntiforme (un cono capovolto con al vertice la singolarità). Nella cosmologia quantistica lo stato iniziale dell'universo non è necessariamente un punto. Secondo alcune ipotesi specifiche, l'universo avrebbe avuto inizio da una "calotta" perfettamente regolare anzichè da un punto (una forma a campana capovolta, cioè un cono capovolto con al vertice una calotta sferica). Questo effetto di "regolarizzazione" avviene nel tempo immaginario. Immediatamente dopo l'inizio quantistico, l'universo cominciò ad evolversi in modo classico nel tempo reale. L'ipotesi di Hartle ed Hawking è chiamata "proposta di universo senza bordi" per il motivo che si considerano configurazioni geometriche (campane capovolte) che non hanno bordi, tranne che per la parte superiore che è aperta e corrisponde all'universo attuale in espansione. 30 Immaginiamoci ora di viaggiare a ritroso nel tempo, fino al nucleo più profondo e nascosto del tempo medesimo, fino quindi ai suoi confini. Vediamo tutta la materia dell'universo che si contrae in un unico "punto", un centro arbitrario del tutto ed è un pò come assistere alla nascita di un grandissimo Sole nel mezzo dello spazio infinito e vuoto. Vediamo lo spazio-tempo piegarsi e comprimersi come un pallone sgonfio o come un foglio di carta stretto in un pugno. Tale universo non è che uno degli infiniti universi che emergono dal "confine" e che noi, che viaggiamo a ritroso nel tempo, vediamo convergere tutti verso il confine medesimo. Una volta giunti alla formazione del nucleo, lo spazio e il tempo sono incurvati a tal punto da essere indistinguibili. Non esiste struttura, non è possibile indicare un punto, nè una distanza o una posizione, non esistono misure nè osservazioni: tutto è uno. E come l'universo si contrae in un unico "punto" ardente (più piccolo del nucleo di un atomo), così si effettua una convergenza della molteplicità (degli universi). Il confine stesso, smarrito nelle "possibilità infinite" della molteplicità annullata, si dilegua. Rimane così un unico "punto" luminoso e pulsante (una singolarità "nuda", cioè non circondata da un buco nero). Immaginiamoci ora la totalità della molteplicità come una superficie liscia e sferica, in cui le storie (gli universi) sono come le linee della longitudine che su una superficie sferica vanno da un polo all'altro. Un polo è il punto in cui, in un determinato istante, convergono tutte le linee della longitudine (infinite). In quel preciso momento la "mente" ha cercato, fra tutte le possibilità infinite che costituiscono la molteplicità, un universo che fosse ottimale per lo sviluppo della vita e dell'intelligenza, un universo infinito ed eterno. Nella molteplicità esistono tutti i possibili universi, l'uno adiacente all'altro, in un catalogo infinito di possibilità. Ma la molteplicità non può esistere senza l'esistenza della molteplicità stessa. La soluzione di questo paradosso richiede l'esistenza di altre molteplicità: proprio come la molteplicità deve esistere per risolvere i paradossi di una storia singola, così deve esistere una Molteplicità delle molteplicità. Tale è il presupposto di quello che potrebbe essere definito un "insieme infinito di universi paralleli". Abbiamo usato parole come infinito ed eternità, concetti questi che ci portano a considerare una dimensione a noi esseri limitati al momento inaccessibile: la dimensione dell'infinito. Inaccessibile, ma che, nel momento in cui lasceremo la dimensione in cui è racchiusa la nostra esistenza, si manifesterà in tutta la sua potenza e meraviglia: l'infinita potenza e meraviglia della "mente di Dio". 31 Nota 4 Formazione stellare nel nostro Universo e nel Multiverso La struttura stellare ed il Teorema del Viriale in Astrofisica Una stella è una sfera di gas tenuta insieme dall’auto gravità ed il cui collasso è impedito dalla presenza di gradienti di pressione. Con ottima approssimazione una stella è un sistema a simmetria sferica, ovvero le grandezze fisiche sono funzione soltanto della distanza r dal centro della stella. Il campo gravitazionale in P generato da una massa puntiforme in P' è dato dalla seguente espressione: φ (x ) = − r r GM r , x − x' (4.1) pertanto il campo generato da una distribuzione di massa è r r ρ ( x ')dV φ ( x ) = −G ∫ r r , V x − x' r dV = d 3 x ' , r dM = ρ ( x ')dV . (4.2) L’energia potenziale di una distribuzione di massa è espressa tramite la seguente espressione: W= r r 1 ρ ( x )φ ( x )dV ∫ 2 V (4.3) Sostituiamo l’espressione del potenziale in W , cioè: r r r r r2 r 1 Gρ ( x ')d 3 x ' 1 3r 3r 3 r ρ ( x )ρ ( x ') r W = ∫ d xρ ( x )− ∫ r r = − G ∫V d x ∫V d x ' r r 3 x − x ' . V V 2 x − x' 2 x − x' Ora abbiamo che è possibile scrivere r r r 1 r r2 x − x ' = ∑ xi ( xi − x'i ) = x ⋅ ( x − x ') , 2 i (4.5) quindi l’integrale in (4.4) diviene r r r r ρ ( x )ρ (x ') r r r W = −G ∫ d 3 x ∫ d 3 x ' r r 3 x ⋅ ( x − x ' ) , V V x − x' 32 (4.6) (4.4) ovvero r r r r r Gρ ( x ') r r W = ∫ d 3 xρ ( x )x ⋅ − ∫ d 3 x ' r r 3 ( x − x ') . V x − x' V (4.7) Notiamo che l’espressione tra le parentesi quadre è quella del campo gravitazionale generato dalla stessa distribuzione di massa r r r r Gρ ( x ')d 3 x ' r r g ( x ) = − ∫ r r 3 ( x − x ') , V x − x' (4.8) per cui si ottiene un’altra espressione per l’energia potenziale gravitazionale r r r W = ∫ ρ ( x )x ⋅ gdV . V (4.9) Per calcolare W è possibile utilizzare una proprietà notevole della forza gravitazionale ovvero il Teorema di Gauss secondo cui, data una superficie chiusa S , si ha r r ∫ g ⋅ ndS = −4πGM S (4.10) r dove n è la normale all’elemento di superficie dS , ed M è la massa contenuta all’interno di S . Con una distribuzione sferica di massa M (r ) , se S è la superficie r r r r sferica di raggio r si ha g = g (r )ur n = ur r r − 4πGM (r ) = ∫ g ⋅ ndS = ∫ g (r )dS = g (r )∫ dS = g (r )4πr 2 S S S quindi − 4πGM (r ) = g (r )4πr 2 ; g (r ) = − GM (r ) , r2 (4.11) (4.12) pertanto g a distanza r dal centro dipende soltanto dalla massa contenuta all’interno della sfera di raggio r ed è la stessa che si avrebbe se questa massa fosse concentrata nel centro della sfera stessa. Allora l’energia potenziale di una distribuzione sferica di massa è r r r r GM (r ) r W = ∫ ρ ( x )x ⋅ gdV = ∫ ρ (r )rur ⋅ − ur dV ; V V r2 GM (r ) W = −∫ ρ (r )dV . (4.13) V r Nel caso di equilibrio idrostatico abbiamo r r ∇ P = ρg (4.14) 33 r dove P è la pressione del gas, ρ la densità e g l’accelerazione di gravità (il campo gravitazionale). Nel caso semplificato di simmetria sferica che si applica alle stelle, solo la componente radiale di quella equazione vettoriale non è identicamente nulla per cui si ha dP (r ) GM (r ) =− ρ (r ) . dr r2 (4.15) Questa è l’equazione dell’equilibrio idrostatico ed è la prima equazione utilizzata per determinare la struttura delle stelle. Notiamo come il gradiente di pressione è negativo, poiché la pressione deve aumentare verso l’interno per bilanciare la forza di gravità che tenderebbe a far collassare gli strati esterni. A questo punto descriviamo l’importantissimo “Teorema del Viriale” applicato in questo caso in Astrofisica. Dall’equazione dell’equilibrio idrostatico, moltiplicando membro a membro per 4πr 3dr ed integrando tra r = 0 ed r = r∗ , otteniamo ∫ r∗ 0 4πr 3 r∗ GM (r )ρ (r ) dP dr = − ∫ 4πr 2 dr . 0 dr r (4.16) Ricordando che l’elemento di volume è dV = 4πr 2 dr e l’espressione per l’energia potenziale gravitazionale W , si nota come il secondo membro è proprio pari a W . Integrando il primo membro per parti, si ottiene ∫ r∗ 0 4πr 3 r∗ dP 4 dr = 3 πr∗3 P(r∗ ) − ∫ P 4πr 2 dr , 0 dr 3 (4.17) ma P(r∗ ) = 0 poiché è la pressione alla superficie delle stelle, inoltre definendo la pressione media r∗ P= ∫ ∫ 0 PdV r∗ 0 dV = ∫ r∗ 0 PdV V , (4.18) si ottiene ∫ r∗ 0 4πr 3 dP dr = −3P V . dr (4.19) Quindi integrando l’equazione dell’equilibrio idrostatico si giunge alla relazione − 3P V = W , (4.20) che rappresenta una delle molte forme del Teorema del Viriale che, in generale, si applica ai sistemi legati gravitazionalmente. Difatti abbiamo che: 34 ∫ r∗ 0 r∗ GM (r )ρ (r ) dP dr = − ∫ 4πr 2 dr ; 0 dr r r∗ GM (r )ρ (r ) − 3P V = − ∫ 4πr 2 dr ; 0 r − 3P V = W . (4.21) 4πr 3 L’energia cinetica per particella dovuta all’agitazione termica è 3 / 2kT (gas perfetto monoatomico) per cui l’energia totale in ∆V è ∆Eth = 3 / 2∆NkT ovvero (4.22) 2 ∆Eth 2 = ξth . 3 ∆V 3 P= (4.23) Questa relazione vale in ogni punto della stella, dove è possibile definire pressione e temperatura (equilibrio termodinamico locale). Moltiplicando membro a membro per dV = 4πr 2 dr ed integrando sul volume della stella otteniamo ∫ r∗ 0 4πr 2 P(r )dr = 2 r∗ ξth dV , 3 ∫0 (4.24) ovvero nella notazione di prima PV = 2 TOT Eth 3 (4.25) dove EthTOT è l’energia termica totale immagazzinata nella stella. Sostituendo nel Teorema del Viriale si ottiene infine 1 EthTOT = − E grav 2 (4.26) forma alternativa del Teorema del Viriale. Infatti abbiamo: TOT P =− 1 E grav ; 3 V TOT − 1 E grav 2 V = EthTOT ; 3 V 3 2 TOT 1 TOT Eth = − E grav ; 3 3 1 TOT 3 TOT EthTOT = − E grav ⋅ Eth , da cui 3 2 l’equazione (4.26). TOT Consideriamo nuovamente 1 E grav P =− 3 V e supponiamo, in prima approssimazione, che ρ sia costante, allora si ha 35 Egrav = − ∫ r∗ 0 GM (r ) ρ 4πr 2 dr = − ∫ 0 r r∗ 4 G πr 3 ρ r∗ 4 3 ρ 4πr 2 dr = −G πρ 2 4π ∫ r 4 dr , 0 r 3 (4.27) ovvero Egrav 4 4 G πr∗3 ρ πr∗3 ρ 3 3 3 GM ∗2 3 =− =− , 5 5 r∗ r∗ (4.28) dove M ∗ è la massa della stella e ρ è costante. Se ρ decrescesse con r , Egrav sarebbe più negativo (sistema più legato) con un coefficiente > 3/5. In conclusione, a meno di una costante, il valore caratteristico dell’energia gravitazionale di una stella è E grav GM ∗2 =− r∗ ovvero 1 E grav GM ∗2 P =− = . 3 V 4πr∗4 (4.29) Formazione di stelle e produzione di entropia nel multiverso Per calcolare il periodo di formazione stellare per unità di tempo ed unità di volume comovente in un universo con parametri (Λ, Q, ∆N ) , utilizziamo la seguente espressione ρ&∗ (t ; Λ, Q, ∆N ) ≡ d 2 m∗ . dVc dt La funzione Press-Schechter, F , fornisce la frazione totale di massa collassata nella struttura di massa < M : 1.68 . F (< M , t ) = Erf 2 σ ( M , t ) (4.30) Notiamo che 1,68 è vicinissimo al valore 1,6996 connesso con la frequenza π inerente il sistema musicale aureo. Usiamo il formalismo esteso Press-Schechter per sommare sopra i tempi di formazione di tutti gli “aloni” di massa M esistenti al tempo t : t dm∗avg (M , t ) = 1 32 ∫t max M ∂P (tvir , M , t )dtvir . dt 6 3π min t grav (tvir ) ∂tvir (4.30b) La funzione P è la probabilità che si formi un alone di massa M al tempo t virializzato in precedenza tvir (virializzazione = fusione e rilassamento, vedi Teorema del Viriale analizzato prima), ed è data dalla seguente formula: 36 M dβ (M 1, tvir , M , t )dM1 , M / 2 M dM 1 1 P (< tvir , M , t ) = ∫ M (4.31) dove β (M 1 , t1 , M 2 , t2 ) = Erfc ( 1.68 Q 2 s (M 1 )2 − s (M 2 )2 ) 1 1 . − G (t1 ) G (t 2 ) (4.32) Notiamo che tmin and tmax sono specifiche funzioni di M e t designate a restringere il campo di integrazione soltanto su quegli aloni che sono in grado di raffreddare e non hanno ancora esaurito tutte le loro riserve di gas freddo. Il tasso di formazione stellare in sé è dato dalla somma su tutti i valori della massa dell’alone, ponderata attraverso la funzione di distribuzione di Press-Schechter: ρ&∗ (t ; Λ, Q, ∆N ) = t max 8 ∂F (M , t ) 1 ∂P (t vir , M , t ) . dM dtvir ∫ ∫ t min 27π ∂M t grav (tvir ) ∂tvir (4.33) Abbiamo anche la seguente connessione matematica tra l’eq. (4.30) e l’eq. (4.33): t dm∗avg (M , t ) = 1 32 ∫t max M ∂P (tvir , M , t )dtvir dt 6 3π min t grav (tvir ) ∂tvir ⇒ Difatti, t max 8 ∂F 1 ∂P ( (t vir , M , t ) . dM ∫ dtvir M ,t) ∫ tmin 27π ∂M t grav (tvir ) ∂tvir (4.33b) 1 32 8 = = 0,30710591 . Notiamo, inoltre, come tale valore sia vicinissimo 6 3π 27π a 0,306517 connesso con la frequenza π inerente il sistema musicale aureo. Riguardo alla distribuzione di probabilità considerando soltanto la costante cosmologica, i suoi effetti sulla formazione delle stelle e sulla geometria della “macchia” causale o “diamante causale”1 dipendono fortemente dal segno della costante cosmologica. Con Λ > 0 , formazione di struttura, e quindi formazione 3 . Coerentemente con sé stesso, Λ tratteremo la frequenza dell’osservazione, il tasso di osservazione, n&obs (t ) , come stellare, ferma dopo un tempo dell’ordine tΛ ≡ fissato. Per il caso di Λ > 0 , riguardo al “diamante” causale, quindi, vediamo che 1 La massa di tale oggetto è pari circa a quella di Giove ed il suo raggio è circa la metà di quello del pianeta gigante. Una simile densità è spiegabile solo ipotizzando che esso sia costituito in gran parte di carbonio e di ossigeno allo stato cristallino. Con queste caratteristiche, il “pianeta di diamante” potrebbe essere il residuo di un peculiare processo di formazione in cui la materia gassosa di un’antica stella massiccia è stata assorbita da una pulsar, che con il processo ha guadagnato velocità di spin fino ad arrivare anche a 173 giri al secondo. 37 tΛ ∞ dp 4π ∝ Λ 36π ∫ dtn&obs (t )t + tΛ ∫ dtn&obs (t )exp(− 3t / tΛ + 3) . t 0 Λ d log10 Λ 3 (4.34) Se n&obs era costante nel tempo, i termini tra parentesi quadre saranno proporzionali a 1 ed otterremo una distribuzione “piatta” in log10 Λ . Λ 113,0973355 4π = 27 . Infatti: Notiamo che 36π = 113,0973355 , che = 4,188790205 , e che 4,188790205 3 tΛ2 ∝ Λ−1 = 36π 3 = 36π ⋅ = 9 ⋅ 3 = 27 . 4π 4π 3 Notiamo come i due valori 4,1667 e 113,0926 connessi rispettivamente a 1/π e ad 1,375 che sono frequenze inerenti il sistema musicale aureo, siano vicinissimi a 4,1887 e 113,0973. Evidenziamo che 27 è un valore che è possibile ottenere nei modi seguenti: 27 = 15 + 12; 27 = 21 + 6; 27 = 14 + 13; 27 = 20 + 7; 27 = 21 + 13 – 7; dove 7, 13, 15 e 21 sono numeri “fortunati”; 7 e 13 sono anche numeri di Chen; 13 e 21 sono anche numeri di Fibonacci. Riguardo a 6, 12, 14 e 20 sono numeri della forma 6k e 6k+2. Difatti: 6 = 6k per k = 1; 12 = 6k per k = 2; 14 = 6k + 2 per k = 2; 20 = 6k + 2 per k = 3. Inoltre, notiamo che 27 = 21 + 13 – 7; dove 7, 13 e 21 sono tutti numeri “fortunati” e dispari ed anche 27 è dispari. È possibile che esista qualche legame tra l’equazione (4.34) e l’equazione che descrive la Zeta dispari (connessa con la Zeta fortunata)? Allora potrebbe essere possibile anche la seguente connessione: tΛ ∞ dp 4π ∝ Λ 36π ∫ dtn&obs (t )t + tΛ ∫ dtn&obs (t )exp(− 3t / t Λ + 3) ⇒ 0 t Λ d log10 Λ 3 ∞ 1 ∞ x s −1e − x 1 ⇒ Z d (s ) = dx + 2 . (4.34b) ∑ s −2x ∫ 0 Γ (s ) 1 + e k =1 (4k − 1) Il fattore di scala o Λ < 0 (e curvatura trascurabile) è: 2 2 3t . a (t ) = 3 t Λ sin 2tΛ 3 38 (4.35) Il volume comovente può essere espresso in termini di funzioni ipergeometriche. Anche qui il comportamento del “diamante causale” è più facile da stimare. Un’approssimazione ragionevole è: 2π Vcdia (t ) ∝ 36πt se t < πtΛ / 3 ; Vcdia (t ) ∝ 36π t Λ − t se t ≥ πtΛ / 3 . 3 (4.36) Per Λ < 0 , il “margine” di tempo per il “diamante” causale è tedge = πtΛ / 3 . Essendo π / 3 = 1,047197552 > 0,23 , la distribuzione di probabilità per Λ < 0 tocca il massimo per un valore di Λ che è superiore di un fattore (π / (3 × 0,23))2 = 20,73010796 ≅ 21 rispetto a quello per Λ > 0 con lo stesso modello di osservatore. Anche qui notiamo un numero ricorrente nella fisica teorica e nella cosmologia: il 21 che è numero di Fibonacci. Inoltre, π/3 = 1,04719 è vicinissimo al valore 1,05044 connesso con la frequenza π inerente il sistema musicale aureo. Riguardo ai numeri 21 e 27 possiamo fare anche le seguenti considerazioni. Il numero 27 è un numero di Harshad, è la somma delle cifre del suo cubo: 273 = 19683; 1 + 9 + 6 + 8 + 3 = 27, è il cubo perfetto ossia 33 , 27, inoltre, è il più piccolo numero intero che è uguale alla somma di tre quadrati in due modi diversi: 27 = 32 + 32 + 32 = 52 + 12 + 12 . Circa i numeri di Harshad, possiamo dire che sia 21 sia 27 sono compresi nella serie di tali numeri. Riguardo ai numeri di Harshad, vediamoli da un punto di vista più matematico. Dato un intero positivo X che, espresso in base n, sia di m cifre ai (con i = 0, 1, ..., m − 1) (Si noti che ai deve essere zero o un intero positivo inferiore a n), allora X può essere scritto come: Se esiste un intero A tale che valga la seguente uguaglianza, allora X è un numero di Harshad in base n: Numeri di Harshad in base 10 I primi numeri di Harshad nella base 10 con più di una cifra sono (sequenza A005349 dell'OEIS): 10, 12, 18, 20, 21, 24, 27, 30, 36, 40, 42, 45, 48, 50, 54, 60, 63, 70, 72, 80, 81, 84, 90, 100, 102, 108, 110, 111, 112, 114, 117, 120, 126, 132, 133, 135, 140, 144, 150, 152, 153, 156, 162, 171, 180, 190, 192, 195, 198, 200, 201, 204. “ 39 Vi sono compresi anche i seguenti multipli di 21 (in blu) e di 27 (in rosso), 21 e 27 compresi Si nota che sia 21 che 27 , e quindi anche i loro multipli, sono entrambi multipli di 3 21 = 21*1 42 = 21*2 63 = 21*3 84 = 21*4 126 =21* 6 Manca il multiplo 105 = 21*5, ma 105 è la media aritmetica di 102 e 108, poiché (102+108)=210/2 =105 27= 27*1 54 =27*2 81 =27*3 108=27*4 135 =27*5 162 =27*6 Circa i numeri di Smith, 27 è anche un numero di Smith, mentre 21 è un numero di Smith -1, infatti 22-1 = 21; così anche per il numero di partizione 22, 21=22-1; mentre per 27 abbiamo (22+30)/2 = 26 = 27 -1 Circa i numeri triangolari, è 27= 28-1, numero perfetto. con 28 triangolare ma anche Concludendo, sul numero 27 come possibilmente interessante per la fisica Riepilogando , possiamo dire principalmente che oltre ad essere circa la media 27, 5 tra i due numeri di Fibonacci 21 e 34, e circa la media 26 dei numeri di partizioni 22 e 30 (poiché anche i numeri di partizione sono presenti in natura come i numeri di Fibonacci; e la media tra le due medie è (27.5 + 26) = 53.5/2 = 26,75 ≈ 27 Infine, 21 e 27 si ritrovano insieme come numeri di Harshad , insieme ad molti loro multipli, e anche come numeri contigui a due numeri di partizioni: 22 - 1 = 21 e 28 - 1= 27. Notiamo anche come la loro somma (21 + 27) = 48 sia uguale al doppio delle vibrazioni fisiche delle stringhe bosoniche. Adesso consideriamo alcune implicazioni variando la curvatura spaziale, mentre manteniamo Λ (e Q ) al suo valore osservato. 40 Per il “diamante causale”, troviamo la seguente espressione: dp 1 ∝ d∆N (60 + ∆N )4 ∫ tΛ tc 2 t dtn~&obs (t ) . tc (4.37) Il fattore geometrico di tc−1 ∝ exp(− 3∆N ) , insieme con la distribuzione precedente, favorisce la curvatura. Per curvature sufficientemente grandi, gli effetti dinamici divengono importanti e “tagliata” la probabilità di distribuzione. Ora tvir indichi il tempo quando queste strutture si sarebbero formate in un universo senza curvatura. Dall’equazione (4.30), per tc << tvir queste strutture saranno soppresse come 1.68 2 = exp − B 3 exp − 2σ (M , t ) tvir tc 4 . (4.38) Questo corrisponde ad una soppressione doppiamente esponenziale della distribuzione di probabilità su ∆N , eq. (4.37). Nel nostro universo, il valore di tc corrispondente a ∆N = 0 è un po’ più grande di tvir , ed il regime soppresso viene raggiunto nei pressi del limite inferiore del nostro parametro spaziale, ∆N = −3.5 . La probabilità di rilevare l’apertura dell’universo se Ω k ≥ ∆Ω k , cioè che questo accada, è: p(Ω k ≥ ∆Ω k ) = ∫ ∞ ∆Ω k ∞ dpex (Ω k ) dp (Ω k )dΩ k ∝ ∫∆Ω k dΩ k dΩ k (Ω k + 0.0050 )2 exp − 2 2(0.0061) dΩ k . 4 Ωk 1 0.0011 60 + ln 2 Ω k (4.39) che è normalizzato in modo che p(Ω k ≥ 0) = 1 . Allora noi troviamo p(Ω k ≥ 10−3 ) ≈ 0.033 , che potrebbe essere realizzato nel futuro prossimo, e p(Ω k ≥ 10−4 ) ≈ 0.088 , che è grosso modo il limite di sensibilità ottenibile. Notiamo con interesse, che i valori 0,033 0,088 e 3,5 sono connessi quasi perfettamente con 0,03387 0,08869 e 3,53011, tutti connessi con la frequenza 1/π inerente il sistema musicale aureo. Dall’equazione (4.33b): t dm∗avg (M , t ) = 1 32 ∫t max M ∂P (tvir , M , t )dtvir dt 6 3π min t grav (tvir ) ∂tvir ⇒ t max 8 ∂F (M , t ) 1 ∂P (t vir , M , t ) , dM dtvir ∫ ∫ t min 27π ∂M t grav (tvir ) ∂tvir 41 è possibile ottenere una connessione matematica con le identità di Ramanujan connesse a π. Dalle identità di Ramanujan connesse a π : ∫ ∞ 0 cos πx 2 1 1 3 x dx = − 2 , sinh πx 16 4 π 3 ∫ ∞ 0 sin πx 2 1 dx = , x sinh πx 16π 3 (4.40) è possibile ottenere facilmente la seguente espressione: 2 ∞ ∞ 3 cos πx 2 1 π3 3 sin πx ⇒ π ∫ x dx + ∫ x dx = − 3π + π 2 , 0 0 sinh πx sinh πx 16 4 3 che è possibile scrivere anche nella seguente forma: 2 ∞ π 3 3π π 2 ∞ 3 cos πx 2 3 sin πx , (4.41) dx + ∫ x dx = − + π ∫ x 0 sinh πx 64 16 16 0 sinh πx 3 che è possibile connettere con la (4.33b), ottenendo la seguente espressione: t dm∗avg (M , t ) = 1 32 ∫t max M ∂P (tvir , M , t )dtvir dt 6 3π min t grav (tvir ) ∂tvir ⇒ tmax 8 ∂F (M , t ) 1 ∂P (t vir , M , t ) ⇒ dM dtvir ∫ ∫ t min 27π ∂M t grav (tvir ) ∂tvir ∞ ∞ cos πx 2 sin πx 2 π 3 3π π 2 , (4.42) ⇒ π 3 ∫ x 3 dx + ∫ x 3 dx = − + 0 sinh πx 64 16 16 0 sinh πx Connessa con π e con le vibrazioni fisiche delle superstringhe, cioè con il numero 8 (vi sono infatti i numeri 16 e 64 che sono rispettivamente 16 = 8 * 2 e 64 = 82). Conclusioni In questa nota abbiamo descritto la parte fisica e matematica del cosiddetto “teorema del viriale”, ovvero una relazione che lega il valor medio dell’energia cinetica e dell’energia potenziale per sistemi che si muovono in una porzione limitata dello spazio. Praticamente, il teorema del viriale è una proposizione che lega la media temporale dell'energia cinetica e dell'energia potenziale di un sistema stabile di N particelle, ed esso ha importanti risvolti in diverse branche della fisica. Nel caso qui trattato, abbiamo descritto la sua applicazione in astrofisica e precisamente alla formazione stellare nel nostro Universo e nell’ipotetico Multiverso. Da quanto evidenziato, è possibile concludere che, almeno dal punto di 42 vista matematico, l’ipotesi del Multiverso è quella più improbabile, mentre è da ritenere più valida quella di un Universo ciclico multidimensionale. Difatti, se le leggi fisiche che si applicano nella nostra “bolla” di Universo sono le medesime che si applicano alle innumerevoli (forse infinite) “bolle” del Multiverso (universi paralleli), come da quanto appena descritto, sembra molto irrealistico credere in una “infinità” di possibili “storie” o “universi” alternativi. Anche se per una particella questo sembra effettivamente accadere (principio di indeterminazione ed ipotesi delle “infinite” possibili traiettorie di una particella che possono essere spiegate da un elevato numero di gradi di libertà, quindi di dimensioni), per un “corpo” sembrano valere soltanto le leggi della fisica classica, quindi per l’Universo inteso come “dominio”, varranno soltanto le leggi della fisica classica, relatività generale e teoria delle stringhe incluse. Da qui è possibile dedurre che è molto più probabile e realistica l’ipotesi di un universo ciclico multidimensionale, o Multiverso di tipo I, che alterna fasi di “Big Bang” (espansioni) e “Big Crunch” (collassi). Nota finale sulle possibili variazioni della costante di struttura fine Dopo le definizione di Wikipedia, citeremo le possibili variazioni della costante di struttura fine in base alla possibile diminuzione della velocità della luce dal big bang ad oggi (più elevata nell’Universo primordiale, e che rapidamente si è ridotta a circa il suo valore odierno), e quindi della possibile variazione della costante di struttura fine nel tempo del nostro universo ( e possibilmente anche dei possibili universi paralleli del multiverso, sempre ammesso che questo esista) Questo perché la velocità della luce, c, è presente nella formula della costante di struttura fine, insieme ad altri valori, dove solo 4 e π sono invariabili. Per il momento occupiamoci solo di c, che nel recente esperimento con i neutrini risulterebbe (in attesa di conferma) leggermente superiore al valore noto c = circa 300 000 km/sec) Da Wikipedia: “La costante di struttura fine è definita come: dove: • è la carica elettrica dell'elettrone = -1,6 × 10-19 [C] è la permittività elettrica del vuoto = 8,852 × 10-12 [C]2[m]-2[N]-1 h è la costante di Planck = 6,626075 × 10-34 [J][s] • • c è la velocità della luce nel vuoto = 299 792 458 [m][s]-1 • • 43 • k è la costante di Coulomb [N] [m]2 [C]-2. … Valore [modifica] La formulazione e il valore raccomandati per α da CODATA 2010 sono:[1] Poco dopo che i calcoli del valore erano terminati, si scoprì un piccolo errore nell'impostazione dei dati,[2]ma si decise ugualmente di pubblicare questo risultato nel 2008 [3]in attesa di più precise misure attese per l'inizio del 2011. … Si è discusso per molto sul fatto che il valore della costante di struttura fine sia sempre rimasto costante nel corso della storia dell'universo. Una variazione di α è stata proposta per spiegare alcuni problemi in cosmologia e in astrofisica,[6][7][8][9]ma più in generale c'è un interesse nella possibile variazione del valore delle costanti nel tempo (non solo di α) derivante dalla teoria delle stringhe e da altre proposte che intendono andare oltre il Modello Standard della fisica delle particelle. I primi test hanno esaminato le righe spettrali di oggetti astronomici lontani e il processo di decadimento radioattivo nel reattore di fissione nucleare naturale di Oklo, nel Gabon, senza però trovare evidenza di variazioni.[10] [11] [12][13][14][15] Misure sul valore di αa distanze maggiori, hanno portato il gruppo diretto da Webb, dell'Università del Nuovo Galles del Sud, a indicare una rilevazione di variazione del valore di α.[16][17][18][19] Utilizzando le osservazioni fatte con i telescopi Keck su 128 quasara redshift di 0,5 < z < 3, Webb e il suo gruppo hanno trovato che gli spettri erano in accordo con un leggero aumento della costante negli ultimi 10-12 miliardi di anni, che può essere espresso da: Nel 2004sono stati proposti vari metodi per misurare se, nel passato della storia cosmica, α abbia assunto differenti valori: data la dipendenza di questo valore dalle principali costanti fisiche, sarebbe un indizio che le leggi fisiche variano nel tempo. Fino al 2005, non sono stati trovati spostamenti significativi non imputabili ad errori di misurazione. 44 Nel 2010, da uno studio su 153 misurazioni effettuate presso il Very Large TelescopeProject dell'ESO, la costante sembra mostrare un valore diverso che nel passato, aprendo quindi ipotesi sulla non validità universale delle leggi della fisica. [20]…” Riportiamo ora dalla rivista “Science”, di ottobre 2011, articolo “Esistono luoghi nell’Universo dove le leggi della fisica non valgono?” pag. 50. Ma sarebbe meglio, come vedremo, parlare di tempi e non di luoghi, cioè di tempo e non di spazio: “ … Dopo aver studiato il modo in cui la luce ultravioletta proveniente da galassie lontane chiamate quasar è assorbita da nubi di gas, alcuni astronomi ritengono che la modalità do orbita degli elettroni intorno al nucleo sia cambiata leggermente nel tempo. Questo modello è determinato dalla costante di struttura fine, che risulta dalla combinazione di altre costanti, tra le quali la velocità della luce. E’ dunque possibile che la velocità della luce fosse più elevata nell’Universo primordiale, e che rapidamente si sia ridotta a circa il suo valore odierno. Ciò che gli astronomi sono in grado di osservare nel loro studio delle lontane nubi di gas sono gli ultimi momenti cosmici di quel declino. Questa conclusione, tuttavia, resta controversa. Altri scienziati cercano, invece, variazioni della costante di gravitazione universale, che potrebbero essere usate per sviluppare una nuova comprensione della gravità. Tuttavia, nessuna prova certa è stata finora trovata.” Conclusione 45 Poiché il valore c nella formula della costante di struttura fine è a denominatore, se esso decresce nel tempo la costante invece cresce, e quindi all’origine dell’universo essa era più grande del valore noto oggi. Qui vorremmo osservare che il valore della costante di struttura fine è l’inverso di 137, 035999074 , e 137 è circa il valore dell’angolo aureo, 137° 30' 27,95 (137,51), connesso alla sezione aurea, presente in innumerevoli fenomeni naturali: non ci meraviglieremmo affatto se fosse indirettamente presente anche nella costante di struttura fine. Da “Angolo aureo” di Wikipedia, riportiamo brevemente “…Ciò significa che in un cerchio si possono inserire angoli aurei, ossia che un di circonferenza. A partire da questo, si angolo aureo occupa può determinare il valore numerico dell'angolo aureo, in gradi e radianti: …” Un piccolo esempio di applicazione naturale dell’angolo aureo nei fiori: dal sito www.uebarena.com/scienze/136556-l-angolo-aureo.html, riportiamo parzialmente: 46 Come potete notare, il girasole forma spirali diverse, ma con angolo aureo, ovvero di una pendenza di circa 137,5°. in questo modo c'è la possibilità di accumulare piu semi in meno spazio. I due valori (137,053 e 137, 50) sono molto vicini tra loro, è il sospetto che ci sia una relazione tra loro, è molto forte. In caso positivo , anche la costante di struttura fine dipenderebbe in tutto o in parte dalla serie di Fibonacci tramite la sezione aurea e l’angolo aureo, e di conseguenza non solo nel nostro universo ma anche negli universi paralleli del multiverso, semprechè esistano (si attendono conferme teoriche e/o tramite osservazioni astronomiche). 47 Riferimenti 1) Articolo di Carlo Rovelli “Così è rinato l’Universo” su Il Sole - 24 Ore” del 9.10.2011, dal quale riportiamo il seguente brano, per i critici della teoria dell’universo ciclico: “Ancora non abbiamo una conferma sperimentale della spettacolare del “grande rimbalzo” iniziale, ma la storia della cosmologia moderna è piena di conclusioni teoriche sorprendenti, poi verificate sperimentalmente, ed è lecito sperare che la storia possa ripetersi” 2) Articolo “Tutti i dubbi sul multiverso” di Gorge F.R. Ellis, su “LE SCIENZE” di ottobre 2001, dal quale riportiamo il riquadro “IN BREVE” : “ Negli anni novanta l’idea degli universi paralleli è passata dalle pagine dei libri di fantascienza a quelle delle riviste scientifiche. Molti scienziati affermano che esistono milioni di milioni di altri universi, ognuno con le sue leggi fisiche, oltre il nostro orizzonte visivo. Nel complesso, questi universi compongono il cosiddetto multiverso. Il problema è che non è possibile effettuare un’osservazione astronomica in grado di rilevare questi altri universi: Le argomentazioni, nella migliore delle ipotesi,, sono indirette. Addirittura, se il multiverso esiste, lascia senza spiegazione i misteri più profondi della natura.” 3) “Ricorsività (o ricorrenza) nelle somme di numeri particolari successivi (caso generale a, b)” Altri riferimenti per approfondire (soprattutto con le loro tabelle finali comparative tra numeri di Lie, Numeri di Fibonacci, partizioni di numeri e numeri usati dalla natura), su questo stesso sito: 4)” I tre principi matematici alla base delle teorie di stringa (geometrico, aritmetico, algebrico)” Francesco Di Noto, Michele Nardelli 5)”Nota sul recente esperimento con i neutrini tra il CERN di Ginevra e i Laboratori del Gran Sasso ( La supersimmetria, il supermondo a 42 dimensioni: perché proprio il numero 42 e non altri?)” Francesco Di Noto, Michele Nardelli 48 6) “On some equations concerning Fivebranes and Knots, Wilson Loops in Chern-Simons Theory, cusp anomaly and integrability from String theory. Mathematical connections with some sectors of Number Theory”- Michele Nardelli 7) “DALLA TEORIA DEI NUMERI ALLE TEORIE DI STRINGA CONNESSE AD EFFETTI QUANTISTICI (ES:ENTANGLEMENT), SULLE FORME DI TELETRASPORTO E ALCUNI ALTRI FENOMENI NATURALI” - Francesco Di Noto, Michele Nardelli 8) “La funzione di Landau come ipotesi RH equivalente II (La nostra proposta di dimostrazione empirica con tabelle e grafico comet; ulteriori connessioni con le partizioni di numeri)” - Francesco Di Noto e Michele Nardelli 9) “Nuove connessioni aritmetiche tra i “numeri magici” degli elementi chimici più stabili, i livelli energetici nei gas nobili ed i numeri di Fibonacci”, Francesco Di Noto, Michele Nardelli 10) Connessioni tra partizioni di numeri p(n) e funzione di Landau come ipotesi RH equivalente - Michele Nardelli, Francesco Di Noto 11) “SCOPERTA UNA NUOVA FORMULA PER LE PARTIZIONI DI NUMERI (Notizia e connessioni con i nostri risultati precedenti)”- Francesco Di Noto e Michele Nardelli 12) “On some applications of the Eisenstein series in String Theory. Mathematical connections with some sectors of Number Theory and with Φ and π.” - Michele Nardelli , Christian Lange 13) “Una teoria aritmetica, o aritmetica-geometrica, per la TOE (Il principio aritmetico per le teorie di stringa, PATS, complementare al PGTS)” Francesco Di Noto – Michele Nardelli 14) “ Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) A. Marconi 15) “Predictions from Star Formation in the Multiverse http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/0907/0907.4917v1.pdf 16) Rosario Turco: www.scribd.com/doc/72528163/Zeta-s-fortunata Novembre 2011 49 Rosario Turco: www.scribd.com/doc/73013918/ZetaDispari Novembre 2011 50