www.thespacemovies.it In collaborazione con PRESENTA IL PRIMO FILM GIRATO INTERAMENTE IN 3D ALL’INTERNO DELLA FORESTA AMAZZONICA per condurci fin nel cuore della più grande foresta della Terra alla scoperta del Pianeta Verde esplorato attraverso gli occhi di una delle sue creature. NEI CINEMA dal 23 MARZO per celebrare la Giornata Mondiale della Foresta indetta dall’ONU Con la voce narrante di ALESSANDRO PREZIOSI Premio Ambiente WWF alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia Titolo originale: Amazonia Nazione: Francia/Brasile Anno: 2013 Genere: Docu-fiction Durata: 84 min. Regia: Thierry Ragobert Produzione: Biloba Films / Gullane Distribuzione: The Space Movies In collaborazione con: DNC Entertainment DICONO DEL FILM Ragazzi e adulti rimarranno incantati - Variety Un 3D più che spettacolare con accenti da epopea ecologica - Le Figaro Thierry Ragobert, Regista: Il nostro è un film “militante": abbiamoscelto un racconto deliberatamente emotivo, che fosse un potente vettore del nostro obiettivo: stimolare la consapevolezza della minaccia che incombe sull’Amazzonia e dell’ombra del disordine che ciò proietta sul nostro mondo. Isabella Pratesi, Direttore Conservazione Internazionale WWF Italia: Amazzonia aiuta ad avvicinare empaticamente i nostri cuori alle meraviglie dell'Amazzonia. Un patrimonio inestimabile di natura che rischiamo di perdere per sempre e che insieme, governi, cittadini del mondo e comunità locali, dobbiamo proteggere. Alberto Barbera, Direttore della Mostra del Cinema di Venezia: Un viaggio spettacolare nell'Amazzonia incontaminata, esaltato da un uso sorprendente del 3D e dalla magia senza parole di un racconto sospeso fra epopea animalista e documentario fiabesco. Per questo lo abbiamo scelto per chiudere in bellezza la 70^ Mostra del Cinema di Venezia. AMAZZONIA è un'ode alla bellezza e alla biodiversità ispirata alla Foresta Amazzonica e ai suoi paesaggi indomiti e misteriosi che per la prima volta hanno costituito il solo set di un intero film in 3D. AMAZZONIA è un docufilm fuori dal comune, divertente ed educativo, la cui storia ha per protagonisti non un cast di attori ma un ensemble di animali esotici non addestrati, né si basa su un copione supportato da computer grafica ed effetti speciali ma sulla reale imprevedibilità del comportamento animale, determinato da autentiche esigenze fisiologiche e dal proprio habitat naturale. Grazie all’implemento delle più moderne tecnologie 3D, il lavoro di anni del regista Thierry Ragobert –e di una vasta troupe franco-brasiliana di veterani della documentaristica wildlife- regala allo spettatore uno straordinario racconto tridimensionale capace di immergerlo nei colori, suoni e odori che animano il Pianeta Verde, offrendo un viaggio di scoperta sensoriale attraverso i paesaggi mozzafiato di questo enorme isotopo, con le sue variopinte creature, le albe e i tramonti, le cascate vertiginose e le nebbie che avvolgono la foresta pluviale. La voce narrante di Alessandro Preziosi punteggia questo eccezionale viaggio al fianco della baby scimmia Saï nel suo percorso attraverso l’ignoto, con la quale si potranno condividere empaticamente la sorpresa e i timori, i pericoli e i successi che le apriranno il varco verso la sopravvivenza e la vera emancipazione. La storia di AMAZZONIA è tratta dal libro educativo Amazonia, la vie au coeur de la forêt di Johanne Bernard (co-sceneggiatrice), con le immagini del noto fotografo e fine conoscitore dell’area amazzonica Araquém Alcântara (consulente artistico). Le musiche sono firmate dal compositore Bruno Coulais, già candidato all’Oscar e vincitore di importanti riconoscimenti internazionali. SINOSSI In seguito a un disastro aereo, la scimmia cappuccino Saï, allevata in cattività, precipita accidentalmente nella natura selvaggia della Foresta Amazzonica. Del tutto impreparata ad affrontare un mondo sconosciuto e pieno di pericoli, la piccola scimmia si ritrova sola e smarrita con la sua improvvisa libertà, priva di qualsiasi aiuto e degli strumenti utili a sopravvivere in un habitat inospitale, dominato da belve selvagge e da una vegetazione lussureggiante e fittissima. Saï dovrà trovare il modo per aprirsi un varco nel territorio apparentemente inaccessibile che ora la circonda e per imparare a proteggersi dalle numerose trappole tese dalla Natura che sembra assediarla. Esplorando timidamente i dintorni alla ricerca di cibo e di un riparo, la scimmietta dovrà confrontarsi con specie animali sconosciute e del tutto imprevedibili…. Presto Saï scoprirà che la sola speranza di sopravvivere è rappresentata dalla capacità di ristabilire il naturale vincolo con Madre Natura, le sue creature e le proprie leggi, nel cui solo rispetto si può ambire a vivere in piena armonia col Creato. “La ferita alla Natura ostacola la Pace” Papa Bergoglio, Persona dell’Anno 2013 AMAZZONIA 3D IN NUMERI • Un set che misura oltre 6.000.000 di kilometri quadrati. • Un cast senza precedenti che include 40 scimmie cappuccine, giaguari, delfini rosa, coccodrilli, ragni trapdoor e una famiglia di bradipi; inoltre: un anaconda, un orso, una lontra, un’aquila, un armadillo, un coati, un boa constrictor. • Comparse su scala hollywoodiana: 5.000 specie animali e 40.000 specie di piante. • 2 anni di sviluppo, ricerca scientifica e stesura. • 9 mesi di ambientamento per i principali animali utilizzati. • 18 mesi di riprese nel cuore della Foresta Amazzonica. • Una crew di 80 elementi di straordinaria esperienza professionale con progetti su oceani, uccelli migratori, foreste pluviali, in opere come La Volpe e la Bambina, Oceani, Il Popolo Migratore, ecc. • 6 mesi di sperimentazione e sviluppo tecnico su macchine da presa, lenti, equipaggiamenti 3D necessari per filmare l’Amazzonia direttamente in 3D. LOCATION • • • • • • • • • • San Gabriel De Cachoeira Pico De Neblina Iracema Belem Maraba Manaus Archipelago di Rio Negro) Carajas Alta Fioresta Rio Cristalino ALCUNI PROTAGONSITI (ANIMALI NON ADDESTRATI) Anaconda Armadillo gigante Avvoltoio Reale Boa Costrittore Coati Colibrì Cormorano gigante Farfalla blu morpho Formichiere gigante Giaguaro Grillo Gufo dagli occhiali Insetto foglia Lemure Pappagallo scarlatto Ragno botola Rana dorata dal dardo velenoso Scarabeo rinoceronte Scimmia cappuccino Scimmia dal pelo lungo Scimmia urlatrice Tapiro Tucano Tucano a gola bianca …e milioni di moscerini. NOTE DI PRODUZIONE Stéphane Millière - Autore, Produttore, Francia “Il progetto alla base di AMAZZONIA è venuto alla luce nel 2006 con l’uscita del film The White Planet, la grande saga che documenta un anno di vita nell’Artico. L’incontro con Jean Labadie, co-produttore e distributore del film, fece emergere allora l’opportunità di far seguito a quel primo film con un progetto dello stesso genere ma che si riferisse a un’altra importantissima area terrestre essenziale per l’equilibrio del nostro ecosistema: l’Amazzonia, l’enorme biotopo identificato come Pianeta Verde. Come l’Artico, l’Amazzonia ricopre un’immensa porzione della superficie mondiale, un’area potenzialmente ostile a chi vi mette piede, ma primaria nella difesa della salute del nostro pianeta. E come l’Artico, il bacino amazzonico è regolato dalle grandi manifestazioni della Natura nella sua ciclicità annuale. In questo caso, non si tratta però dell’habitat climatico della regione artica e dei suoi ghiacci, ma del ciclo idrologico della foresta pluviale e di tutto ciò che da esso scaturisce. L’Amazzonia respira, e la fauna e la flora che vivono in essa si armonizzano perfettamente con il suo respiro. Questa volta, non volevamo realizzare semplicemente un documentario che mostrasse le più belle sequenze del comportamento animale osservato, come fatto da altre produzioni simili. Per mostrare i meccanismi di questo incredibile ecosistema, che ospita oltre il 10% delle specie animali al mondo, era necessario trovare una modalità narrativa che immergesse lo spettatore in un’esperienza pressoché fisica, tuffandolo nei suoni, colori e odori della foresta, nella sua umidità, regalandogli quella sensazione di essere sovrastato dalla sua possenza -inevitabile al primo impatto-, quel particolare timore che incute una fauna che più che vedere si percepisce, tutt’intorno, continuamente. A tale scopo, era fondamentale ricorrere all’ausilio di un personaggio capace di suscitare l’empatia necessaria per condividere al massimo un’esperienza da vivere attraverso di esso. C’era bisogno di un animale naïf, impreparato e spontaneo, che affrontasse per noi la grande avventura di uno straordinario “apprendistato” nella foresta inesplorata. All’inizio abbiamo pensato a un cucciolo di marsupiale strappato alla madre dalla violenza delle acque e alla mercé dei pericoli della foresta, ma il mio socio Luc Marescot ebbe l’idea della scimmia cappuccino, una specie nota per la sua particolare velocità di apprendimento dalle sollecitazioni del proprio habitat di origine. Tale ipotesi è stata immediatamente adottata da tutti noi e, visto che la narrazione richiedeva l’assenza di familiarità con l’ambiente ostile con cui confrontarsi, Luc suggerì che la scimmietta della storia dovesse essere allevata in cattività per poi essere gettata, a causa di un rovinoso incidente aereo, nel bel mezzo della foresta, questo universo sconosciuto da scandagliare alla ricerca forzata di un modo per sopravvivere. A mio avviso, il film si propone di raccontare come il naturale vincolo con Madre Natura fosse ormai totalmente smarrito e dovesse essere ristabilito con urgenza, e come quest’ultima -apparentemente ostile e inaffidabile per chi non sia in grado di decodificarladiventi bella ed ospitale verso chi si sforzi di interpretarla, nel pieno rispetto delle sue leggi, All’interno della foresta, per coloro che la abitano, la piccola scimmia cappuccino non è che un essere estraneo. Ma il cammino che Saï sarà costretta a intraprendere attraverso la sua natura impervia la porterà ad individuarne i codici e a padroneggiarli, fino a sapere come muoversi nella complessità del nuovo habitat in cui è stata scaraventata. In Amazzonia, abbiamo scelto di girare esclusivamente con gli animali del posto, ovvero a circa 120km da Manaus, senza CGI ovvero senza effetti speciali digitali ottenuti da computer grafica 3D, né sequenze filmate in studio. Volevamo che il film fosse vero ed autentico. Per ottenere il risultato ambito abbiamo utilizzato gli animali protetti dall’IBAMA, l’agenzia di protezione ambientale del Brasile, che restituisce la libertà agli animali custoditi dagli abitanti dell’Amazzonia. L’IMABA ci ha affidato per circa due anni gli animali utilizzati per il film all’interno della foresta, della cui esistenza erano totalmente ignari – proprio come la protagonista della nostra storia. La realizzazione del film ci ha impegnati per oltre due anni e mezzo, dopo circa sei mesi trascorsi ad attendere che i vari animali si abituassero alla presenza degli umani edelle attrezzature tecniche sul loro territorio. Ogni aspetto di questa particolare produzione è stato costruitio giorno per giorno, con l’infinita pazienza che lavorare con scimmie e altri animali e cuccioli, tutti rigorosamente non addestrati, richiede. E’ stato necessario reinventare continuamente la sceneggiatura in base all’imprevedibilità del comportamento animale. E poi c’erano le giornate piovose, i danneggiamenti dei delicatissimi strumenti di lavoro, i giorni in cui gli animali non cooperavano, e così via… A lavori ultimati, dopo oltre quattro mesi di shooting, il regista ha cominciato a concentrarsi sul montaggio, solo per costatare che una serie di scene risultavano mancanti e andavano realizzati. Le due crew si sono quindi rimesse al lavoro. Erano attive due crew: una dedicata alle scimmiette, tenute in salvo dai pericoli della foresta in una speciale area, l’altra continuamente in movimento, alla ricerca di materiale da filmare per le scene più complesse e con specie animali più rare. Questa seconda fase di regia è durata circa due mesi ed è stata poi seguita da diverse settimane di montaggio a Parigi per comporre il film. Ma a questo punto è venuto fuori che mancavano ancora scene fondamentali per la storia, dunque le due crew sono dovute tornare ancora una volta nella foresta e filmare nuovamente. Dopo quell’ultima spedizione, il montaggio ha richiesto ancora circa un anno di lavoro. E’ stata una fase di grande importanza poiché, non avendo il film alcun dialogo né forma di narrazione, tutte le emozioni e la progressione narrativa doveva essere resa dalla selezione e dalla sequenza delle immagini filmate. Ogni cosa, ogni minimo dettaglio, è stato costruito di volta in volta, per giorni, scegliendo meticolosamente le immagini tra centinaia di ore di girato, per assemblare, scena dopo scena, quanto dava corpo al racconto: lo scambio di sguardi, gli incontri, le lotte, le fughe, ossia tutto quanto è necessario a tenere lo spettatore n uno stato di suspense per 85 minuti. AMAZZONIA fluttua abilmente tra il documentario e la finzione narrativa, ricorrendo esclusivamente ad animali non ammaestrati né spinti alla recitazione ma colti in reazioni spontanee e veridiche, filmati non su un set ma nel cuore della reale foresta amazzonica, raccogliendo le immagini sorprendenti che hanno dato vita ad una storia esemplare con l’artificio della narrazione. Il 3D conferisce il valore aggiunto della possibilità di sentirsi immersi in prima persona e a livello sensoriale nell’essenza della foresta amazzonica. Ciò consente allo spettatore di percepire in maniera immediata il mondo vegetale che circonda la piccola scimmia cappuccino e tutto quello che le trasmette: la paura, la sorpresa, l’ignoto - ma anche il successo, i momenti di gioia e di grande tenerezza. AMAZZONIA è un viaggio di scoperta sensoriale, un film intenso, divertente e a tratti commovente, capace di cambiare il nostro modo di guardare all’ultimo grande polmone del mondo, la Foresta Amazzonica, per sempre.” Fabiano Gullane, Caio Gullane - Co-produttori, Brasile Girare un film direttamente in 3D è un’esperienza estremamente interessante: ti costringe a immaginare la totalità dell’opera che si sta realizzando in un’ottica che risponda alle esigenze del 3D. si tratta di un approccio del tutto diverso, ancora nuovo, al quale le audiences mondiali si stanno acclimatando. Per le due crew francese e brasiliana che hanno lavorato applicando la tecnologia 3D, si è trattato di una vera e propria sfida, poiché si tratta di un sistema molto complesso che richiede grande competenza tecnica ma anche una vision artistica, ad esempio nell’individuare il posto in cui girare o la migliore angolazione delle riprese o la loro ampiezza, dato che il minimo cambio di posizionamento richiede oltre un’ora per riallineare le macchine da presa 3D che filmano all’unisono. Va sottolineato che la grande sfida di questo film stia nel realizzare un film di finzione utilizzando esclusivamente gli elementi della vita reale tipici del documentario: la natura, gli animali, il clima, la pioggia, i corsi d’acqua. Con premesse del genere, lna sceneggiatura era cruciale. Il connubio tra gli sceneggiatori francesi e il drammaturgo e sceneggiatore brasiliano Luiz Bolognesi (molto esperto e già premiato in prestigiosi festival internazionali) ha permesso di ottenere la giusta dimensione narrativa capace di trasformare ogni elemento della natura in un personaggio con una propria vita e personalità, parlante un proprio linguaggio e influente sull’evoluzione della storia. Altrettanto influenti sono state le condizioni climatiche estreme dell’Amazzonia: l’umidità può facilmente raggiungere il 90%, piove circa 5 volte al giorno, le temperature superano i 40˚C, e la logistica è pressoché impossibile….Spesso abbiamo girato in location raggiungibili solo in elicottero, o in barca, o attraversando la giungla a piedi per giorni, trasportando il nostro delicatissimo equipaggiamento 3D mentre eravamo tormentati dai moscerini e a rischio di attacchi animali… Come Jobim una volta ha detto, il Brasile non è un posto per debuttanti! Crediamo di poter dire che il lavoro per Amazzonia equivalga a oltre 3 anni di normali riprese. Fortunatamente, il film portato a compimento è esattamente ciò che sognavamo di realizzare: una storia vera che siamo riusciti a raccontare con l’ausilio della fauna e della flora ospitate dalla foresta pluviale. Una storia con un inizio, un centro e una fine, durante i quali seguiamo il percorso del personaggio principale nel suo evolvere. Una storia che ci fa identificare col suo singolare eroe, una piccola scimmia cappuccino: ci preoccupiamo per lei, con lei condividiamo le sue piccole grandi gioie. Questo film ha la rara qualità di raccontare una storia del tutto originale ricorrendo unicamente agli elementi naturali e agli animali che popolano la foresta amazzonica. In questo senso, il pubblico vivrà un’esperienza completamente nuova, ritrovandosi ad affrontare l’universo dell’Amazzonia conosciuto attraverso gli occhi di una creatura ad esso estranea, che lotta per confrontarsi con le fasi alterne delle sue stagioni, con i suoi imprevisti, con le specie più o meno pericolose che la affollano -tra cui i suoi simili- per individuare il modo di adeguarvisi e riuscire a trovare le fonti di sostentamento indispensabili per non soccombere a un ambiente di cui ignorava l’esistenza ma che pure rappresenta il suo luogo di appartenenza originario. AMAZZONIA narra dunque la storia di una scimmietta allevata dall’uomo in ambiente domestico che dovrà trasformarsi in una creatura a suo agio con la dimensione selvaggia della Foresta Amazzonica.” Laurent Baujard - Co-produttore, Francia Quando sono venuto a conoscenza del progetto nel 2008, l’idea era quella di fare un documentario importante sull’Amazzonia, e allo stesso tempo partire da una “base emozionale” che raccontasse la storia della nostra piccola scimmietta cappuccina. Questa combinazione tra finzione e documentario sembrava sulla carta molto semplice, e si è rivelato essere il vero filo conduttore del film. In pratica, il nostro obiettivo era riprendere degli “attori” inesperti che avrebbero recitato la parte di se stessi nel proprio ambiente. Dovevamo capire come riprendere questo racconto inverso di bambino selvaggio con l’aggravante di avere animali al posto degli attori. Naturalmente, il copione è stato elaborato con l’aiuto di scienziati ed esperti di primati e le riprese concepite tenendo presente l’approccio naturalistico ovvero girare senza limitare il comportamento degli animali. Ma non eravamo sicuri su come farlo, non avevamo idea di quali animali avremmo incontrato né di cosa avremmo dovuto affrontare a livello sia comportamentale che ambientale. Per rispondere a queste domande abbiamo interpellato il nostro addestratore Pascal Trèguy che, insieme alla sua squadra, ha aderito al progetto Amazzonia per tenere sotto controllo gli animali protagonisti del film e i loro più imprevedibili comportamenti. Man mano che ci acclimatavamo con ciò che ci aspettava una volta giunti sul posto, diventavamo anche più capaci di rivedere il copione in base alle necessità di volta in volta identificate, adattando di conseguenza il piano di lavorazione e il montaggio necessario a posteriori. Abbiamo poi intrapreso un dettagliato processo d’apprendimento sui comportamenti dei vari membri del cast, dalle scimmie cappuccino ai giaguari, dall’aquila arpia ai delfini rosa di fiume, ai formichieri e così via. Ogni specie presentava certamente una sequela di limitazioni al lavoro da noi progettato, ma offriva al contempo delle nuove opportunità. Solo per dare un’idea degli imprevisti affrontati dalla troupe, bisogna considerare che: • le scimmie si spostano da albero ad albero, coprendo una media di circa 2 km al giorno in un’area di 30 km2 in gruppi da 5 ai 40 membri. I soggetti dai 18-24 mesi sono più facili da accostare prima che la maturità sessuale li renda troppo aggressivi. • L’anaconda vive principalmente in acqua, la testa emerge in superficie solo se è in cerca di una preda. Può vivere senza nutrirsi per settimane intere, e quando è sazio, resta immobile e diviene più vulnerabile. • Il giaguaro è un animale solitario capace di cogliere l’odore di un essere umano a diversi chilometri di distanza. Solitamente il territorio di dominio un singolo giaguaro è di circa 150 km². • Il coati è una creatura molto curiosa che si lascia volentieri filmare mentre cerca cibo o si dispone a nuovi incontri. • L’aquila arpia è un animale non nomade e monogamo, dalla natura piuttosto solitaria. La sola femmina può sollevare una preda del peso di 9 kg. E’ stato attraverso la raccolta di questo genere di informazioni su oltre 70 differenti specie animali che si è definito il piano di lavorazione per AMAZZONIA. Il lavoro svolto dalla crew capitanata da Vincent Steiger e Martin Blum è stato sovrumano! Per quello che doveva fungere da set del film, una sorta di bioparco che ospitasse le riprese, abbiamo dovuto ricavare un’area immensa al centro della foresta. In tale set, abbiamo poi dovuto raggruppare tutti gli animali – selvaggi e non - che avrebbero preso parte alla narrazione della pellicola. Pascal Trèguy ed un’altra decina di esperti hanno cominciato con l’abituare l’animale alla presenza umana usando finite cineprese di legno piazzate a caso nella radura. Questa fase è meglio conosciuta come il periodo di “inseminazione”. Gli esperti, insieme al regista Thierry Ragobert, avevano anche la responsabilità di organizzare le riprese di ogni sequenza. Abbiamo anche organizzato alcune spedizioni nella foresta pluviale Amazzonica per il capo cameraman Jérôme Bouvier e la sua squadra. Lo scopo di queste spedizioni era di registrare quelle scene di animali e di ambientazioni che non eravamo in alcun modo riusciti a filmare, per quanto previsti dal piano di lavorazione. Era durante queste ricognizioni che abbiamo registrato le vedute aeree, i campi lunghi e tutte le riprese utilizzate per esporre le tante diverse prospettive del panorama amazzonico mostrate dal film. Le esigenze finanziarie della produzione e della sua singolare location (visto che il film doveva essere girato interamente nella foresta pluviale amazzonica) imponevamo di trovare un co-produttore brasiliano, e presto. La Gullane, società di produzione indipendente come la nostra, ha accettato di aderire al progetto. La loro esperienza nell’ambito cinematografico, unita alla grande conoscenza del territorio, era un complemento perfetto alle competenze già fornite da Biloba Films in termini di riprese di animali selvatici e in 3D. La grande avventura poteva avere inizio. Il passo successivo stava nel riunire il tutto in un unico progetto, che metteva insieme gli aspetti più eterogenei e inusitati in campo cinematografico: le troupe della fiction insieme a quelle dei documentari, la complessa e fragile tecnologia 3D utilizzata nel luogo più remoto della terra, la precisione e le difficoltà tecnologiche di una ripresa in 3D e la totale imprevedibilità del luogo e delle sue creature ed infine, le differenze culturali tra brasiliani e francesi. Direi che la natura ha poi pensato a tutto il resto. Il tempo, la fauna e la flora traevano un piacere subdolo nello sconvolgere continuamente i piani sia davanti che dietro le macchine da presa. Dovendo affrontare quotidianamente questa lezione di umiltà, le certezze professionali e le abitudini lavorative di tutti i coinvolti si sono presto sgretolate. Tutto questo è stato alla base del grosso successo del film. Nonostante le difficoltà materiali, le differenze culturali, gli approcci contrastanti, tutti i coinvolti nella produzionedalla troupe di produzione ai responsabili della logistica fino agli addetti al montaggio- si sono rimessi in gioco quotidianamente e sacrificati per apportare il proprio contributo allo sviluppo del progetto, affrontando fatiche immani: la troupe cinema, rimasta impantanata nel fango con la propria sofisticatissima attrezzatura il primo giorno delle riprese; il team dei montatori, spossato da centinaia di ore di corse nella foresta a causa della irregolare fornitura elettrica; gli esperti di animali, continuamente all’inseguimento rincorsa delle scimmie che, dispettose, rifiutavano di farsi filmare ; l’intera troupe sfinita dopo diversi mesi nella foresta…. E infine noi, i produttori, determinati ad affrontare la molteplicità di operazioni complicatissime da assemblare e gestire sia da un punto di vista finanziario e legale che da quello artistico, continuamente passibili di revisione e a cui occorreva adattarsi. Resto stupito da queste immagini, poiché ognuno di loro mi ricorda l’impegno di tutti oltre ogni misura per giungere al risultato sorprendente che Thierry Ragobert è riuscito a catturare per dar vita ad AMAZZONIA. Per arrivare al film che vedete, è stato necessario percorrere una lunga strada pericolosa fatta di dubbi e coraggio. Un sentiero di tolleranza e apertura verso gli altri. Vorrei ringraziare, uno per uno, tutti quelli che hanno reso possibile tutto questo. Thierry Ragobert - Regista “AMAZZONIA è il risultato di circa 6 anni di lavoro che ha visto la collaborazione di un vero e proprio pool franco-brasiliano, ossia l’unione della profonda identificazione dei brasiliani con la propria terra e della storica competenza dei francesi nella documentaristica wildlife che annovera grandi veterani come Cousteau, Rossif, Perrin e Cluzaud. . Da tale sinergia si è puntato a ottenere una produzione eterogenea incentrata sulla Foresta Amazzonica, con una particolare formula che nascesse dal giusto equilibrio tra la finzione e il documentario, per offrire allo spettatore l’esperienza di una full immersion nei meandri del Pianeta Verde. Su entrambi i paesi co-produttori, ci siamo avvalsi dei migliori biologi e naturalisti per un approfondito expertise sul territorio che ci accingevamo a raccontare, ricorrendo alle più competenti professionalità della documentaristica e a fini conoscitori delle foreste pluviali, capaci di raffinare i contenuti scientifici da rappresentare nella loro forma più pura. Tra tutti gli altri, il fotografo brasiliano Araquém Alcântara, che per oltre 25 anni ha esplorato in lungo e in largo l’Amazzonia e ne ha immortalato le immagini essenziali, pubblicate in diversi libri fotografici. Alcântara è senza dubbio il maggior conoscitore del territorio scandagliato dal film. Grazie alle sue indicazioni siamo riusciti a strutturare le nostre idee di base con un approccio molto pragmatico, tipico del documentario e della scuola a cui io aderisco. L’aspetto più peculiare di AMAZZONIA è che schiva ogni tentazione di antropomorfismo: ci siamo guardati dal cadere nella trappola dell’umanizzazione della scimmietta protagonista del racconto… tuttavia alla fine ci siamo resi conto che il personaggio centrale, un primate, in realtà riflette il genere umano più di quanto potessimo immaginare. Dopotutto, noi stessi siamo dei primati! Soprattutto, il film illustra un percorso di iniziazione e di evoluzione che in sé costituisce un forte richiamo all’antropomorfismo. Ciò detto, non abbiamo voluto adottare un approccio meramente descrittivo né uno esclusivamente scientifico. Abbiamo scelto un racconto deliberatamente emotivo, emozionale, che fosse un potente vettore del nostro obiettivo: destare curiosità, stimolare una connessione con quel mondo esotico e distante e sviluppare la consapevolezza della minaccia che incombe sull’Amazzonia e dell’ombra del disordine che ciò proietta sul nostro mondo. Credo che solo attraverso la conoscenza possiamo sentirci motivati al punto da voler portare avanti la lotta per la sua salvaguardia.” Come siete giunti alla stesura narrativa? Basandoci su tutta la documentazione a nostra disposizione, gli sceneggiatori hanno sviluppato la storia e successivamente sono intervenuti i co-sceneggiatori brasiliani con la versione definitiva che, a quel punto, includevano le specifiche per le riprese in 3D. Come per THEWHITE PLANET, l’intenzione era escludere qualsiasi dialogo o presenza umana in modo da fornire un ritratto quanto più autentico e pertinente al mondo della foresta amazzonica. Quali sono stati i preparativi per le riprese panoramiche? Ci sono stati tanti viaggi preliminari per analizzare la fattibilità del progetto, poi perlustrazioni per redigere una schedule di lavoro. La priorità urgente era capire, fin dall’inizio, come avvicinare gli animali che intendevamo riprendere, la fattibilità di tale azione e la modalità migliore, in particolare per la nostra scimmia cappuccino. La squadra wildlife ha stilato una specie di inventario delle eventuali location dove individuare ed accostare gli animali. Le prime ricognizioni sono state effettuate dai due aiuto regista, Vincent Steiger e Martin Blum per scegliere le postazioni. E’ stato la combinazioni tra wildlife e produzione che ci ha permesso di giungere alla migliore soluzione. Ho partecipato a molte delle spedizioni, che mi hanno permesso di familiarizzare con le postazioni e prendere delle decisioni che avevamo ipotizzato in partenza nella stesura dei piani sequenza. Una volta giunti sul posto siete stati colti da situazioni impreviste? Circa il 98% delle volte! Ciò che avevamo ipotizzato non si è mai realizzati come previsto. I filmati corrispondono a momenti di vita vera registrati mentre gli animali avevano comportamenti atipici o inusuali che corrispondevano esattamente a quello che cercavamo per i nostri “personaggi”. Quando si giunge in Amazzonia devi assumere un comportamento di estrema umiltà: anche quando si è pronti a tutto si è spesso costretti ad affrontare situazioni in cui è necessario a rivedere i tuoi piani. Ci si deve approcciare in modo estremamente flessibile e pronto ad affrontare quello che la natura offre. Presto risulta evidente come occorra tenere in considerazione il clima, le intemperie, la disponibilità degli animali, gli incontri fortuiti, cose che costituiscono il motto dei documentaristi. Inoltre, è stato necessario organizzare le riprese dei paesaggi sconfinati, con campi lunghi e panoramici, ossia quelle riprese che hanno permesso di costruire lo scenario entro cui la storia si sarebbe svolta. Ecco spiegata l’immane energia impiegata e il lunghissimo tempo impiegato per raggiungere lo scopo di questo progetto assolutamente folle. Sorprendentemente, dopo mesi di revisioni del materiale girato, ci siamo resi conto che eravamo riusciti a realizzare il progetto iniziale in per vie del tutto estranee al copione originale, frutto solo della nostra immaginazione. Senza rendercene conto, avevamo immaginato una location, che avevamo poi filmato catturando l’imprevedibile, per finire col realizzare, nostro malgrado, il progetto inizialmente sognato. Il 3D era già parte integrante del progetto sin dall’inizio? In effetti il 3D è stato il risultato di una mera coincidenza tra la possibilità di impiego di una tecnologia più lieve e flessibile e lo stesso soggetto del film: fare riprese in una foresta era perfettamente idoneo al 3D. Nel valutare i panorami a disposizione, o il sottobosco e i suoi alberi giganti dalle infinite prospettive, o gli animali che popolano la giungla, ci siamo resi conto della ricchezza di contenuti adatti al 3D quello proposto dal migliore cinema e tv. Era un canale che valeva la pena sfruttare. Come è stato gestito il “casting” delle scimmie cappuccino? Le scimmie cappuccino protagoniste non sono state catturate ma prese dai rifugi per animali selvatici salvati dai traffici illegali ed in seguito riuniti in un gruppo e fatti abituare alla presenza umana in una spazio aperto per oltre nove mesi, il che ha dato la possibilità di filmare un certo numero di sequenze. Sono state poi filmate alcune immagini complementari usando lo zoom nelle riserve naturali per le riprese più larghe. Poiché gli “attori” erano solo abituati alla presenza umana ma non addestrati, sono state necessarie innumerevoli ore di riprese per avere i numero di elementi sufficiente a raccontare la storia. In definitiva, sono state filmate una quantità incredibile di scene improvvisate! In rare occasioni sono intervenuti gli addestratori con piccole strategie di controllo, come cibare gli animali o giocarci, per ottenere le scene indispensabili allo svolgimento della storia. Raccontaci della musica… Il compositore delle musiche non poteva che essere Bruno Coulais, per il modo intelligente in cui associa la musica alle immagini. Aveva già lavorato su THE WHITE PLANET ed era la persona perfetta per quello che si è cercato di raggiungere ossia un intreccio di emozioni ed immagini in 3D. Bruno è riuscito ad ottenere tutto questo dando al film una colonna sonora che passa dalla narrazione più realistica a toni più sentimentali, ma che scorre quasi sempre senza essere notata troppo pur essendo molto presente. Solo i grandi maestri sanno raggiungere tale perfezione. Inoltre, la musica si mescola perfettamente con i suoni della foresta… Si è cercato un musicista di grande competenza ma allo stesso tempo abbastanza disponibile a lavorare con i tecnici del suono. Il successo del film dipendeva dall’armonizzazione gli effetti sonori con quelli della musica aggiunta, senza che l’una coprisse gli altri. Durante il missaggio, ci sono state delle discussioni su come raggiungere tale armonia nel migliore dei modi ma soprattutto nell’interesse del film. Era il caso, per esempio, della scena del temporale che riuscisse a includere la potenza dell’orchestra e l’intensità del nubifragio senza che i due si parafrasassero: ci si ritrova sommersi dall’emozione più pura. Il desiderio reso possibile dall’introduzione del 3D era proprio immergere il pubblico in questa dimensione ambientale unica. Filmografia Tara : Voyage au coeur de la machine climatique 90’ / nbc,arte The White Planet : Feature, theatrical release / Bac Films / gedeon Programmes l’invasion des crickets : Canal+ / Anima Planet The Bible Unearthed : the making of a religion : Adaptation of the book by I. Finkelstein and N. Silverman / arte / france 5 La Memoire Perdue de l’île de Pâques : France Télévision / Discovery Channel / gedeon Programmes Alexandrie, la septième merveille du monde : bbc / France 2 / nova / gedeon Programmes / Discovery channel / nhk Les Derniers Jours de Zeugma : bbc / Arte / France2 / rtbf / tsr / France3 / Discovery Channel / nova wgbh / nhk / gedeon Programmes Cousteau à la redécouverte du monde : A 6 x 52’ documentary series / Winner of Emmy Awards in 1992 and 1991. Voyage de la calypso sur la mer des caraïbes et l’océan pacifique : Winner of an Emmy Award in 1990 cousteau le fleuve amazone : A 7 x 52’ documentary series / Winner of an Emmy Award in 1984. Gustavo Hadba – Direttore della fotografia L’Amazzonia è un posto davvero difficile dove fare delle riprese. Non si vede nulla perché la luce ha difficoltà nel penetrare nella foresta, e quando lo fa, è accecante. Ci sono o questi contrasti luminosi nelle immagini, oppure una cattiva luce verde che rende tutto così orribile! Non potendo combattere contro la luce si deve utilizzare a proprio favore. Per non menzionare le zanzare che adorano il sangue della troupe, il caldo, la pioggia, l’umidità e il sudore che brucia gli occhi. Se sorge il minimo problema tecnico, si deve aspettare per giorni per il pezzo di ricambio. Per quanto riguarda gli animali, si possono sentire ma non si riescono mai a vedere. E quando finalmente si è dietro una cinepresa tutto diventa imprevedibile. Non si ha il controllo su nulla. L’unica cosa che resta da fare per non morire di frustrazione è essere pazienti e affidarsi nelle mani degli addestratori di belve particolari senza dei quali non si potrebbe fare nulla. Si deve restare calmi, perché se la troupe si stressa, gli animali lo percepiscono immediatamente. A volte succede un miracolo, si riesce a girare una scena esattamente come si era programmato. Oppure succede qualcosa di inaspettato come un movimento, uno sguardo un raggio di luce. Poi la bellezza inonda il mirino ed è magico, un momento di grazia e tutta la troupe esalta di gioia. Jérome Bouvier – Capo cine-operatore Come è rimasto coinvolto nel progetto Amazzonia? Conoscevo il progetto molto prima che Thierry Ragobert me ne parlasse perché ero in contatto con il produttore Jean-Pierre Saire e con Luc Marescot uno degli scrittori fin dall’inizio. Thierry conosceva il mio lavoro e aveva utilizzato alcuni miei filmati sugli orsi polari per THE WHITE PLANET. Sapeva che avrei accettato di lavorare su questo film che mescolava la finzione con l’aspetto documentaristico. Questo genere di progetto incrociato non è nuovo per te? Credo fortemente nel progetto anche se è un equilibrio difficile da raggiungere. Alcune riprese e alcuni comportamenti non si possono ottenere in “condizioni controllati” con animali addomesticati o ammaestrati. Devono essere inseriti anche animali selvaggi e questo è proprio il mio campo. Questo genere di combinazione rende la finzione credibile e porta un certo senso di “selvaggio” al film che, secondo me, è un elemento molto positivo che non si riesce ad ottenere dalla pure e semplice finzione. Avevi lavorato prima di allora nella foresta pluviale amazzonica? Sono stato nelle foreste secche tropicali del Nicaragua e nelle foreste nuvolose della Costa Rica ma questo progetto ha segnato la mia prima volta nella foresta pluviale amazzonica. Inizialmente era una semplice piuttosto veloce ricognizione di un paio di giorni con la troupe. In seguito, per caso, prima che iniziassero le riprese di Amazzonia, ho iniziato un'altra grossa produzione in Peru e nel bacino amazzonico. Così facendo ho trascorso diverse settimane nella giungla prima di iniziare a lavorare su AMAZZONIA. Quale era il tuo compito nel film? Riempire i vuoti. Thierry aveva già tracciato una prima bozza per rendere l’idea di cosa mancasse. Poi abbiamo eseguito le prime riprese che sono durate circa tre settimane. Qualche mese dopo, abbiamo fatto altre riprese dalla durate di circa quattro settimane seguendo una lista precise di inquadrature che dovevano essere inseriti nella stesura finale. Tutto doveva essere fatto con l’attrezzatura più leggera possibile ed una piccola troupe esperta capace di catturare il comportamento naturale ed ogni altro evento che sarebbe stato impossibile ottenere per una troupe in senso tradizionale. Quali sono stati tra le diverse specie animali e i luoghi naturali che hai più preferito? Le riprese a Rio Cristalino nell’Amazzonia meridionale era straordinaria per l’immensa varietà dell’ecosistema dovute, non solo alla bellezza dei luoghi ma soprattutto alle abilità e disponibilità delle guide locali. Per quanto riguarda gli animali invece siamo stati davvero viziati dalla microfauna, insetti, farfalle, anfibi ecc. Sono le diverse forme, colori e apparenze che rendono tutto straordinario. Personalmente ho un debole per le scimmie ragno e le aree paludose che rendono la foresta pluviale amazzonica cosi speciale. Hai mai avuto momenti di vero panico? Mai. Mi sento a casa in queste foreste. E le zanzare e altre storie sulle creature mostruose come i serpenti, i giaguari e gli insetti velenosi non cambia nulla. Uno deve imparare a conoscere la foresta per imparare a riconoscere i pericoli. Appena si superano le proprie paure inizi vedere il circondario con occhi diversi ed ad apprezzarlo. Qual è stato la cosa più difficile da riprendere? Alcune comportamenti specifici che riguardavano le aquile arpie. Abbiamo trascorso sei giorni nascosti tra gli alberi solo per ritornare a mani vuote e senza alcun filmato utile di un esemplare adulto che ritorna dal giaciglio della scimmia. Ma ne è valsa la pena solo per l’esperienza in se stessa. Non tutti riescono a trascorrere sei giorni in Brasile arrampicati su di un albero tra la canopi. Che differenze c’era nella vostra attrezzatura rispetto a quella della troupe principale? Era completamente diversa. Avevamo una cinepresa e attrezzature molto più leggere in modo da trascorrere più tempo tra gli alberi con una troupe ridotta a sei persone molto reattivi con tanta esperienza di foreste pluviali. Jeanne Guillot - Stereografo Come sei stato coinvolto nel progetto AMAZZONIA? In breve, prima di lavorare sul progetto Amazzonia, ho lavorato su Pierre Stine, MAKAY, prodotto da Gédéon in 3D in mezzo al nulla nel stati costretti a girare in 3D in condizioni estremi ma ci siamo richiedeva delle riprese più in profondità ma erano disponibili più squadra di produzione ha fatto il mio nome. un documentario di Madagascar. Siamo riusciti. Amazzonia attrezzature cosi la Qual è stato il tuo approccio al 3D rispetto a questo film? Il mio stile è di non rendere troppo spettacolari le riprese usando gli effetti speciali di cose che si proiettano verso lo spettatore perché credo che così il prodottosia troppo manipolato scivolando verso la banalità. Per un film come AMAZZONIA si tratta di usare le capacità immersive del 3D nel raccontare la storia che si svolge in un meraviglioso ambiente esotico e molto distante, rendendo il pubblico capace di identificarsi con i suoi “personaggi”. Ci sono stati dei limiti tecnici? Un essere umano è in grado di vedere in 3D perché ha due occhi che permettono di avere il senso di profondità. Per riprodurre tale effetto attraverso le riprese in 3D si utilizzano due macchine da presa che vanno posizionate in modo predeterminato per ottenere l’effetto desiderato e rendere lo spazio coerente rispetto all’oggetto che si intende riprendere. Tuttavia girare una sequenza su due postazioni non è affatto facile nella foresta amazzonica, dunque per semplificare abbiamo posizionato le due macchine su un attrezzo con degli specchi in modo da lavorare a distanza piuttosto ravvicinata. Qual è stato il tuo compito durante le riprese? Il lavoro di uno stereografo è essenzialmente quello di gestire il montaggio tecnico, controllare la distanza tra le cineprese, e assicurarsi che tutta la strumentazione funzioni correttamente. La cosa più importante, che garantisce l’eccellente qualità delle immagini in 3D, è che ci si renda subito conto che narrare in 3D è completamente diverso dal farlo in 2D. Filmare i suoni richiede un approccio diverso. Si deve tener conto della sequenza di ogni ripresa. Per esempio, quando si riprende da una certa distanza con una lente telefoto, le riprese in 3D potrebbero schiacciare l’immagine: a questo punto intervengo proponendo al regista la distanza focale in modo da avvicinarsi quanto più possibile anche se si sta riprendendo un animale feroce. Ecco perché, nella scena con il giaguaro, che doveva essere messo nelle condizioni di correre liberamente nella foresta, la troupe ha girato mentre era rinchiusa in una gabbia per tenerla al sicuro. Questo espediente ha permesso alla cinepresa di avvicinarsi il più possibile al gattone. Era piuttosto ironico per un film sulla natura – l’animale era libero e la troupe rinchiusa nella gabbia! In che modo la troupe ha preso dimestichezza con il 3D? E’ fondamentale che i diversi capo squadre delle riprese familiarizzassero con il nuovo mezzo ed è stato sorprendente che nonostante ci fossero diverse inquadrature con operatori diversi ognuno ha capito perfettamente le specifiche per girare in 3D. Anche se c’erano diversi limiti, ogni membro della troupe, una volta capito il meccanismo, ha messo a disposizione della produzione la propria esperienza. Il mio lavoro consisteva proprio nel fare meglio conoscere il mezzo tecnico proprio perché, essendo un film sulla natura, era di prammatica tenersi ad una certa distanza dagli animali in modo da non spaventarli ma qui si trattava di fare il contrario e quindi di avvicinarsi quanto più possibile per meglio utilizzare lo spazio in profondità. Pascal Tréguy – Capo addestratore Il capo addestratore Pascal Tréguy è stato un punto di riferimento fondamentale per le riprese. Senza il suo apporto non ci sarebbero stati gli animali e senza animali non ci sarebbero state le immagini. Ha viaggiato per tutto il Brasile per selezionare, in base alle caratteristiche fisiche e caratteriali, le 150 scimmie cappuccine da usare nel film. “Furono selezionate una decina di scimmiette che facevano gli attori “professionali” che hanno lavorato con le altre scimmie cappuccine non addomesticate. Erano giovani scimmie sottratte dai propri genitori da piccoli, spesso dai bracconieri, e portati nei rifugi. Innanzitutto dovevamo abituarli alla nostra presenza, gli animali erano tenuti in una gabbia immensa che misurava circa 50 metri quadrati e coperta da una rete a circa 15 metri da terra. Una dozzina di istruttori hanno fatto turni lunghissimi per prendersi cura degli animali. C’è stato un periodo di ambientazione di diversi mesi per creare un legame di fiducia, il che non significava addestrarli ma piuttosto abituarli alla presenza umana. Avevo già lavorato con le scimmie cappuccine e adoro la loro intelligenza, la loro vivacità e la profondità del loro sguardo ma non avevo mai avuto modo di lavorare con loro in gruppo, che è molto più difficile da gestire. Tale compito richiedeva pazienza, diplomazia e qualche trucchetto per sorvegliare queste creature che erano fondamentalente selvagge e che richiedevano un notevole impegno a livello emotivo. Essendo degli animali molto furbi, per poter mantenere il controllo su di loro dovevamo essere i più astuti, ma non abbiamo mai utilizzato nessuna forma di coercizione poiché, oltre a non essere efficaci, sono molto riconoscibili una volta che il film va sullo schermo. Per farli felici, gli elargivamo qualche premio, per esempio un giocattolo. Le scimmie cappuccino hanno un’indole davvero straordinaria e hanno continuamente sorpreso la troupe. Un giorno, si era sicuramente preteso troppo dalle scimmie tanto da scatenare una vera e propria ribellione da parte degli animali che hanno aggredito diversi membri della troupe. Hanno mostrato a tutti la solidarietà tra loro obbligandoci a rispettarla. “ Pascal Tréguy ha una così profonda conoscenza sul mondo animale ed un approccio talmente unico che sceglierlo come capo addestratore per il film AMAZZONIA era quasi naturale. Pascal Tréguy si adegua alle esigenze di ogni animale piuttosto che costringerli ad adattarsi alle sue. La scimmia cappuccina e gli altri animali che compongono il cast di questo film hanno richiesto un approccio specifico molto individuale in modo da essere ripresi dalle richieste dettate dal film. Ha riunito una troupe di animalisti esperti in modo da preparare le disposizioni tecnici in grado di far procedere le riprese. L’ultimo film per cui ha lavorato, LA VOLPE E LA BAMBINA, evidenzia il suo approccio preciso ed efficiente. Altri film in cui è stato coinvolto sono DAYS OF GLORY di Rachid Bouchareb, JOYEUX NOEL di Christian Carion, PALAIS ROYAL di Valérie Lemercier, MON PETIT DOIGT M’A DIT di Pascal Thomas, BROTHERHOOD OF THE WOLF di Christophe Gans, LE LIBERTIN di Gabriel Aghion e LUCIE AUBRAC di Claude Berri. Araquém Alcantara –Consulente Tecnico e fotografo di scena Qual è stata la tua reazione quando ti è stato chiesto di partecipare al progetto? Fabiano Gullane mi ha contattato due anni dopo che il progetto era stato avviato perché aveva visto il mio lavoro. Ero molto felice che si fosse ricordato il mio nome e ho considerato l’offerta come un riconoscimento del mio lavoro. Per oltre 30 anni ho cercato di aiutare le persone a scoprire la natura e le popolazioni della foresta pluviale. In che modo sei stato coinvolto per la preparazione del film? Oltre ad essere stato intervistato da diversi scrittori e avere alcune delle mie idee incluse nel film, sono stato coinvolto soprattutto nelle perlustrazioni. Inizialmente ho mostrato una cartina dell’Amazzonia al regista e ai produttori indicando loro diverse potenziali location dove poter effettuare delle riprese. Nel corso dei numerosi meeting avuti, abbiamo discusso molto delle diverse location considerabili da un punto di vista ambientale, oltre che finanziario e logistico. Eri anche il fotografo di scena…. L’esperienza di fare da fotografo di scena per questo film è stata molto gratificante, soprattutto perché sono stato in grado di trasferire al regista e a tutta la troupe il particolare punto di vista di chi ha vissuto nella foresta pluviale amazzonica. Araquém Alcântara è considerato il pioniere della fotografia naturalista del Brasile. Dal 1970 ha dedicato la sua intera carriera al suo soggetto preferito: la natura e le popolazioni del Brasile. Nel tempo è diventato un esperto della foresta pluviale amazzonica, un posto che ama e che ha visitato centinaia di volte. Le sue opere includono 42 libri sull’ambiente. Ha vinto 40 premi nazionali e internazionali, è stato coinvolto in 75 programmi e conferenze, e ha prodotto numerose articoli e foto-reportage per giornali e riviste in Brasile e nel mondo. Le sue fotografie sono incluse in prestigiose collezioni internazionali come il Coffee Museum UCC in Kobe, il centro Pompidou di Parigi e il British Museum di Londra. La sua priorità è fare fotografia come mezzo espressivo artistico e come strumento per la trasformazione sociale. Araquém Alcântara è attualmente uno degli artisti più coinvolti nella difesa del patrimonio naturale del Brasile. Eric Boisteau – Ingegnere del suono «Nella foresta pluviale amazzonica, non mancano mai i rumori di sottofondo! La difficoltà è riuscire ad isolare il canto di un singolo uccello o il verso di una bestia particolare. Insieme alla mia assistente, Florent Villereau, abbiamo posizionato cinque microfoni che puntavano in direzioni diverse, anche a 50 metri di distanza da noi, per catturare i rumori di sottofondo senza alcuna interferenza. Ben prima dell’alba, la scimmia urlatrice comincia a svegliare la foresta, seguita poi dalla grande varietà di uccelli che la popolano. Ma durante il giorno la foresta è silenziosa, come se fosse schiacciata dal caldo, per poi essere di nuovo piena di cinguettii nel tardo pomeriggio. Quando cala la notte, gli insetti e le rane riempiono invece l’aria con i loro versi. Il rumore più forte è stato lo strillo dell’aquila arpia. Il più divertente erano i piccoli versi di piacere delle scimmie cappuccini. Quello più spaventoso era certamente il ringhio assordante del giaguaro. La foresta pluviale amazzonica è come il Mediterraneo moltiplicato per 100. Ma il suono che più disturba è quella degli autocarri che corrono sull’autostrada Transamazzonica a circa 50km di distanza captato dalla nostra attrezzatura ultra-sensibile.» Martin Blum – Primo aiuto regista Qual è stata la tua reazione quando Thierry Ragobert ti ha parlato del progetto Amazzonia? Sono stato estremamente entusiasta. Il Brasile e la foresta pluviale amazzonica in particolare sono posti mistici e non capita a molti di essere invitati a visitarla. In seguito, ho letto il copione e ho capito che non sarebbe stato facile. Era un progetto davvero folle! Cosa pensi del copione? Quando lo leggi, si capisce subito che questo film è qualcosa di fuori dal comune: quando leggi un copione “tradizionale” è piuttosto facile farsi un’opinione sulla qualità del film. Ma con questo film, o meglio docu-film, non si riesce ad immaginare quale sarà il risultato finale. L’ho trovato piuttosto eccitante iniziare a lavorare su un progetto così senza sapere quale sarebbe stato il risultato finale. Hai partecipato ai sopralluoghi? Per la prima parte del film, ho eseguito due mesi di sopralluoghi mentre solo qualche settimana per la seconda parte. Sono stati le più belle esplorazioni della mia carriera. Per oltre una settimana ho dovuto cercare la location migliore per girare la scena di finzione delle scimmie che incontrano i delfini rosa amazzonici. Attraversare la foresta paludosa con una canoa scavata è, senza alcun dubbio, una delle cose più straordinarie che io abbia mai fatto. Era incredibile. I sopralluoghi eseguiti con l’aereo mentre ci sollevavamo sopra l’Amazzonia mi resteranno impressi per sempre. Cosa ha comportato essere l’aiuto regista per la seconda troupe di questo film? Per definizione, il ruolo richiede tanta organizzazione ed energia per preparare le riprese, cosa che richiede anche una grande dose di diplomazia e psicologia. Inoltre, questo progetto ha richiesto estrema pazienza nel lavorare con gli animali e un certo grado di sacrificio quando le cose non sono andate come avevamo programmato. Coma ha significato girare nel mezzo della foresta pluviale amazzonica? Innazitutto era sempre meglio controllare il letto prima di entrarci perché non sapevi mai cosa ci avresti trovato. Una sera, mi sono ritrovato accanto ad un enorme ragno marrone. Dopo averci lottato per circa 30 minuti sono riuscito finalmente a schiacciarlo. Il giorno seguente ho scoperto che il ragno era letale per l’essere umano. Avete avuto particolari delusioni? Complessivamente no. La cosa più difficile da accettare erano i giorni in cui, nonostante tutta la fatica, a causa del tempo o di qualche problema tecnico non si riusciva a riprendere neanche un’inquadratura. Era piuttosto demoralizzante, ma poi impari a recuperare entusiasmo per il giorno seguente. Hai mai avuto paura di qualche animale in particolare? Una volta cercavamo di filmare un pico de jaca, una specie di crotolo che un addestratore aveva catturato. Eravamo dietro l’attrezzatura di fronte al serpente che si trovava in una gabbia appositamente costruita per proteggerci durante le riprese. Quando è stato liberato, mi sono reso conto che era un animale non addomesticato. E’ improvvisamente impazzito e in meno di 10 secondi ha sfondato il primo livello di sicurezza ed era sul punto di passare attraverso il secondo livello semplicemente strisciando. Si è sparso il panico tra la troupe, perché un singolo morso può essere fatale dato il quantitativo di veleno che inietta. E’ stato diverso per te girare in 3D? Girare in 3D richiede un approccio notoriamente molto diverso rispetto al 2D. Ogni ripresa deve essere studiata attentamente in termini di requisiti del 3D. E’ stato molto interessante vedere le cose da un nuovo punto di vista. Fattore meno rilevante, girare in 3D implica molto più tempo e dovevamo tenerne conto nella pianificazione delle riprese. Vincent Steiger – Aiuto regista Da quanto tempo conosci Thierry Ragobert ? Abbiamo lavorato insieme per THE WHITE PLANET e mi occupavo di logistica per le riprese. Qual è stata la tua prima reazione quando ti ha parlato del progetto Amazzonia? Ero già stato contattato da Stéphane Millière tre anni prima. A quei tempi Stéphane mi chiese di preparare una bozza delle riprese dalla prima versione del copione per una stima preliminare del budget. Che idea ti eri fatto del copione? L’accostamento di documentario e finzioni ti allettava? Sono specializzato in questo genere di film da circa 28 anni (LA VOLPE E LA BAMBINA, OCEANI, MIGRAZIONI, LA FORESTA PLUVIALE, ecc.). Quando ho letto il copione, la complessità di come giungere ad un giusto equilibrio tra i due generi è stata subito chiara: il campo documentaristico con tutte le sue piccole squadre sempre sulle spine in attesa dell’inquadratura perfetta e quella della narrativa tradizionale con le sue regole ed esigenze in termini di luci e attrezzature. Hai partecipato a qualche sopralluogo? Si, a tutti, per poter suggerire a Thierry le opzioni migliori. In cosa consisteva il tuo lavoro di aiuto regista? Raccontaci la tua esperienza dei 18 mesi trascorsi nella foresta pluviale amazzonica….. Come ho già detto le difficoltà del regista e dell’aiuto regista sui film del genere riguarda innanzitutto quello di trovare il giusto equilibrio tra documentario e narrativa. Si devono trovare soluzioni a problemi che sembrano insormontabili. Gli attori sono delle scimmiette cappuccino che vivono allo stato brado in natura e soprattutto nelle canopie a 50 metri da terra. Se viene usato l’approccio tipicamente documentaristico, si utilizzano le funi e si portano uomini e cineprese su dove vivono le scimmie. Ma con la troupe della parte narrative invece dove a volte ci sono circa 120 persone, era quasi una missione impossibile. Così abbiamo dovuto cercare delle parte accessibili nelle chiome degli alberi dove la troupe poteva lavorare, in modo da poter utilizzare anche le attrezzature delle luci per ottenere delle immagini migliori per un film sulla natura destinato al grande schermo. Anche gli attori erano piuttosto impegnativi. Le scimmie sono animali molto piacevoli e intelligenti, e proprio come gli essere umani, hanno un carattere molto particolare. Non restano fermi in un posto per più di qualche secondo così è molto difficile trovare la giusta luce per un attore che non resta mai fermo. Ogni scimmia proveniva da un luogo diverso, spesso erano stati salvati dal traffico dei bracconieri e così ognuno si presentava con un proprio carattere e quindi dovevamo imparare a conoscerli velocemente in modo da decidere quale ruolo assegnarli in base al comportamento. Ciò non ha favorito il piano di lavorazione. Soprattutto perché i nostri attori scimmie erano insieme alle scimmie non addomesticate. Responsabile delle scimmie era il nostro addestratore Pascal Tréguy, e la sua squadra. I risultati sono stati piuttosto sorprendenti tutti dovuti alla pazienza e gentilezza di Pascal. Il suo approccio naturale assomigliava spesso a delle sedute dal psicologo. Queste sono solo alcune delle situazioni difficile che abbiamo dovuto affrontare. Sei mai stato spaventato da qualche animale? Solo uno: il pico de jaca, il serpente più pericoloso dell’area amazzonica. E’ una vipera che può arrivare ai 4 metri di lunghezza e possiede abbastanza veleno da uccidere 5 elefanti con un solo morso. Pascal ne aveva catturato uno e avevamo cercato di filmare prendendo tutte le dovute precauzioni. Ma non avevamo tenuto in conto l’intelligenza e la velocità del serpente ed entro pochi secondi aveva capito il punto debole delle nostro barriere di separazione, superandole fin quasi a raggiungere i membri della troupe. Girare in 3D ha avuto qualche impatto collaterale sul tuo lavoro? No. Avevamo una troupe 3D talmente professionale che ci fatto dimenticare che stavamo girando in 3D. OLTRE AL FILM: Tre libri pubblicati da Éditions La Martinière, pubblicati in Francia a fine 2013 Il bellissimo libro fotografico “Amazonia” scritto da Thierry Piantanida con il fotografo brasiliano Araquém Alcântara, che ha viaggiato per quarant’anni in tutta l’area amazzonica, è l’ essenziale complemento al film. Offre ai lettori una scoperta emozionante della foresta paragonabile a quella della scimmietta che scopre gli abitanti del luogo durante il suo cammino. La prima parte del libro è una presentazione della flora e della fauna della foresta dalla cima degli alberi fino al fiume Amazzone. Come fanno gli alberi a restare dritti? Perché sono presenti tante specie in questa foresta? Come caccia il giaguaro? Come si svolge la vita quotidiana delle scimmie che vivono a 40 metri da terra? Com’è la vita dei delfini rosa del amazzonia? La seconda parte del libro riguarda le popolazioni autoctone: gli indigeni che vivono nella foresta amazzonica da migliaia di anni, e le popolazioni che pescano l’arapaima, una delle più grandi specie di pesci d'acqua dolce al mondo. Il libro descrive la distruzione della foresta ma racconta anche che il 50% della foresta pluviale è ora protetta e che il disboscamento è in rapida diminuzione. Il libro, supervisionato dagli esperti, contiene anche fotografie in 3D così come filmati interattivi. Un inserto speciale descrive attraverso le immagini l’avventura sorprendente del primo film in 3D girato nella foresta amazzonica. Due libri per ragazzi “Amazzonia, la vie au coeur de la forêt” è un libro istruttivo per ragazzi per mostrare la foresta da ogni angolo; dal sottobosco dove il sole riesce appena a penetrare, fino alle chiome degli alberi un giardino sospeso nel cielo. E’ un attivo contributo ad un ecosistema sotto minaccia. Dopo una carriera trascorsa nell’amministrazione della Produzione per cinema e TV, Johanne Bernard ha iniziato a scrivere le sceneggiature dopo essersi preparato presso l’istituto di cinema FEMIS. Scritto da Johanne Bernard (co-sceneggiatore del film AMAZZONIA), fotografie di by Araquém Alcântara. “Amazonia, le livre du film”, è un lavoro docu-narrativo che racconta a storia del protagonista del film, una scimmietta cappuccino, illustrato con le immagini tratte dal film e i disegni dello storyboard. Scritto da Johanne Bernard (co-sceneggiatore del film AMAZZONIA) CREW Diretto da Thierry RAGOBERT Da un’idea originale di Stéphane MILLIÈRE Luc MARESCOT Sceneggiatura Johanne BERNARD Luiz BOLOGNESI Louis-Paul DESANGES Luc MARESCOT Thierry RAGOBERT Fotografia Manuel TERAN Gustavo HADBA Jérôme BOUVIER Stereografia Jeanne GUILLOT Consulente artistico Araquém ALCÂNTARA Addestratore Pascal TRÉGUY Aiuto regista Martin BLUM Vincent STEIGER Tecnici del suono Eric BOISTEAU Miqueias MOTTA Montaggio Nadine VERDIER Thierry RAGOBERT Tecnico del suono Francis WARGNIER Missaggio audio Olivier GOINARD Musica originale Bruno COULAIS – Editions Naïve Prodotto da BILOBA FILMS (FRANCE) Stéphane MILLIÈRE, Laurent BAUJARD GULLANE (BRASILE) Fabiano GULLANE, Caio GULLANE Debora IVANOV, Gabriel LACERDA In associazione con Lucia SEABRA, Suzana VILLAS BOAS Thierry PERONNE, Pablo TORECILLAS Jean LABADIE, Anne Laure LABADIE Fotografie: © Araquém Alcântara - 2013 Le Pacte Biloba Films Gullane. Credits not contractual. Una produzione BILOBA FILMS and GULLANE Una co-produzione FRANCE 2 CINEMA, LE PACTE, GEDEON Programmes, IMOVISION, GLOBO Filmes Con la partecipazione di CANAL +, RIOFILME, TELECINE Con il supporto di NATURA, TETRA PAK, CNC – Nouvelles Technologies en Productions, il Media Programme of the European Union PROCIREP-ANGOA ANCINE/Ministério da Cultura, Fundo Setorial do Audiovisual, FINEP/Ministério da Ciência, Tecnologia e Inovação, GDF SUEz, Banco da Amazônia and Governo do Estado do Amazonas UFFICIO STAMPA: MARIAROSARIA CERINO [email protected]