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In collaborazione con
PRESENTA
IL PRIMO FILM GIRATO INTERAMENTE IN 3D ALL’INTERNO DELLA FORESTA
AMAZZONICA
per condurci fin nel cuore della più grande foresta della Terra alla scoperta del Pianeta
Verde esplorato attraverso gli occhi di una delle sue creature.
NEI CINEMA dal 23 MARZO
per celebrare la Giornata Mondiale della Foresta indetta dall’ONU
Con la voce narrante di
ALESSANDRO PREZIOSI
Premio Ambiente WWF alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia
Titolo originale: Amazonia
Nazione: Francia/Brasile
Anno: 2013
Genere: Docu-fiction
Durata: 84 min.
Regia: Thierry Ragobert
Produzione: Biloba Films / Gullane
Distribuzione: The Space Movies
In collaborazione con: DNC
Entertainment
DICONO DEL FILM
Ragazzi e adulti rimarranno incantati - Variety
Un 3D più che spettacolare con accenti da epopea ecologica - Le Figaro
Thierry Ragobert, Regista: Il nostro è un film “militante": abbiamoscelto un racconto
deliberatamente emotivo, che fosse un potente vettore del nostro obiettivo: stimolare la
consapevolezza della minaccia che incombe sull’Amazzonia e dell’ombra del disordine
che ciò proietta sul nostro mondo.
Isabella Pratesi, Direttore Conservazione Internazionale WWF Italia: Amazzonia aiuta ad
avvicinare empaticamente i nostri cuori alle meraviglie dell'Amazzonia. Un patrimonio
inestimabile di natura che rischiamo di perdere per sempre e che insieme, governi, cittadini del
mondo e comunità locali, dobbiamo proteggere.
Alberto Barbera, Direttore della Mostra del Cinema di Venezia: Un viaggio spettacolare
nell'Amazzonia incontaminata, esaltato da un uso sorprendente del 3D e dalla magia
senza parole di un racconto sospeso fra epopea animalista e documentario fiabesco. Per
questo lo abbiamo scelto per chiudere in bellezza la 70^ Mostra del Cinema di Venezia.
AMAZZONIA è un'ode alla bellezza e alla biodiversità ispirata alla Foresta Amazzonica e
ai suoi paesaggi indomiti e misteriosi che per la prima volta hanno costituito il solo set di
un intero film in 3D.
AMAZZONIA è un docufilm fuori dal comune, divertente ed educativo, la cui storia ha per
protagonisti non un cast di attori ma un ensemble di animali esotici non addestrati, né si
basa su un copione supportato da computer grafica ed effetti speciali ma sulla reale
imprevedibilità del comportamento animale, determinato da autentiche esigenze
fisiologiche e dal proprio habitat naturale.
Grazie all’implemento delle più moderne tecnologie 3D, il lavoro di anni del regista Thierry
Ragobert –e di una vasta troupe franco-brasiliana di veterani della documentaristica
wildlife- regala allo spettatore uno straordinario racconto tridimensionale capace di
immergerlo nei colori, suoni e odori che animano il Pianeta Verde, offrendo un viaggio di
scoperta sensoriale attraverso i paesaggi mozzafiato di questo enorme isotopo, con le sue
variopinte creature, le albe e i tramonti, le cascate vertiginose e le nebbie che avvolgono la
foresta pluviale. La voce narrante di Alessandro Preziosi punteggia questo eccezionale
viaggio al fianco della baby scimmia Saï nel suo percorso attraverso l’ignoto, con la quale
si potranno condividere empaticamente la sorpresa e i timori, i pericoli e i successi che le
apriranno il varco verso la sopravvivenza e la vera emancipazione.
La storia di AMAZZONIA è tratta dal libro educativo Amazonia, la vie au coeur de la forêt
di Johanne Bernard (co-sceneggiatrice), con le immagini del noto fotografo e fine
conoscitore dell’area amazzonica Araquém Alcântara (consulente artistico). Le musiche
sono firmate dal compositore Bruno Coulais, già candidato all’Oscar e vincitore di
importanti riconoscimenti internazionali.
SINOSSI
In seguito a un disastro aereo, la scimmia cappuccino Saï, allevata in cattività, precipita
accidentalmente nella natura selvaggia della Foresta Amazzonica. Del tutto impreparata
ad affrontare un mondo sconosciuto e pieno di pericoli, la piccola scimmia si ritrova sola e
smarrita con la sua improvvisa libertà, priva di qualsiasi aiuto e degli strumenti utili a
sopravvivere in un habitat inospitale, dominato da belve selvagge e da una vegetazione
lussureggiante e fittissima.
Saï dovrà trovare il modo per aprirsi un varco nel territorio apparentemente inaccessibile
che ora la circonda e per imparare a proteggersi dalle numerose trappole tese dalla
Natura che sembra assediarla. Esplorando timidamente i dintorni alla ricerca di cibo e di
un riparo, la scimmietta dovrà confrontarsi con specie animali sconosciute e del tutto
imprevedibili….
Presto Saï scoprirà che la sola speranza di sopravvivere è rappresentata dalla capacità di
ristabilire il naturale vincolo con Madre Natura, le sue creature e le proprie leggi, nel cui
solo rispetto si può ambire a vivere in piena armonia col Creato.
“La ferita alla Natura ostacola la Pace”
Papa Bergoglio, Persona dell’Anno 2013
AMAZZONIA 3D IN NUMERI
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Un set che misura oltre 6.000.000 di kilometri quadrati.
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Un cast senza precedenti che include 40 scimmie cappuccine, giaguari,
delfini rosa, coccodrilli, ragni trapdoor e una famiglia di bradipi; inoltre: un
anaconda, un orso, una lontra, un’aquila, un armadillo, un coati, un boa
constrictor.
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Comparse su scala hollywoodiana: 5.000 specie animali e 40.000 specie di
piante.
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2 anni di sviluppo, ricerca scientifica e stesura.
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9 mesi di ambientamento per i principali animali utilizzati.
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18 mesi di riprese nel cuore della Foresta Amazzonica.
•
Una crew di 80 elementi di straordinaria esperienza professionale con
progetti su oceani, uccelli migratori, foreste pluviali, in opere come La
Volpe e la Bambina, Oceani, Il Popolo Migratore, ecc.
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6 mesi di sperimentazione e sviluppo tecnico su macchine da presa, lenti,
equipaggiamenti 3D necessari per filmare l’Amazzonia direttamente in 3D.
LOCATION
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San Gabriel De Cachoeira
Pico De Neblina
Iracema
Belem
Maraba
Manaus
Archipelago di Rio Negro)
Carajas
Alta Fioresta
Rio Cristalino
ALCUNI PROTAGONSITI
(ANIMALI NON ADDESTRATI)
Anaconda
Armadillo gigante
Avvoltoio Reale
Boa Costrittore
Coati
Colibrì
Cormorano gigante
Farfalla blu morpho
Formichiere gigante
Giaguaro
Grillo
Gufo dagli occhiali
Insetto foglia
Lemure
Pappagallo scarlatto
Ragno botola
Rana dorata dal dardo velenoso
Scarabeo rinoceronte
Scimmia cappuccino
Scimmia dal pelo lungo
Scimmia urlatrice
Tapiro
Tucano
Tucano a gola bianca
…e milioni di moscerini.
NOTE DI PRODUZIONE
Stéphane Millière - Autore, Produttore, Francia
“Il progetto alla base di AMAZZONIA è venuto alla luce nel 2006 con l’uscita del film The
White Planet, la grande saga che documenta un anno di vita nell’Artico. L’incontro con
Jean Labadie, co-produttore e distributore del film, fece emergere allora l’opportunità di far
seguito a quel primo film con un progetto dello stesso genere ma che si riferisse a un’altra
importantissima area terrestre essenziale per l’equilibrio del nostro ecosistema:
l’Amazzonia, l’enorme biotopo identificato come Pianeta Verde.
Come l’Artico, l’Amazzonia ricopre un’immensa porzione della superficie mondiale,
un’area potenzialmente ostile a chi vi mette piede, ma primaria nella difesa della salute del
nostro pianeta. E come l’Artico, il bacino amazzonico è regolato dalle grandi
manifestazioni della Natura nella sua ciclicità annuale. In questo caso, non si tratta però
dell’habitat climatico della regione artica e dei suoi ghiacci, ma del ciclo idrologico della
foresta pluviale e di tutto ciò che da esso scaturisce.
L’Amazzonia respira, e la fauna e la flora che vivono in essa si armonizzano perfettamente
con il suo respiro.
Questa volta, non volevamo realizzare semplicemente un documentario che mostrasse le
più belle sequenze del comportamento animale osservato, come fatto da altre produzioni
simili. Per mostrare i meccanismi di questo incredibile ecosistema, che ospita oltre il 10%
delle specie animali al mondo, era necessario trovare una modalità narrativa che
immergesse lo spettatore in un’esperienza pressoché fisica, tuffandolo nei suoni, colori e
odori della foresta, nella sua umidità, regalandogli quella sensazione di essere sovrastato
dalla sua possenza -inevitabile al primo impatto-, quel particolare timore che incute una
fauna che più che vedere si percepisce, tutt’intorno, continuamente.
A tale scopo, era fondamentale ricorrere all’ausilio di un personaggio capace di suscitare
l’empatia necessaria per condividere al massimo un’esperienza da vivere attraverso di
esso. C’era bisogno di un animale naïf, impreparato e spontaneo, che affrontasse per noi
la grande avventura di uno straordinario “apprendistato” nella foresta inesplorata.
All’inizio abbiamo pensato a un cucciolo di marsupiale strappato alla madre dalla violenza
delle acque e alla mercé dei pericoli della foresta, ma il mio socio Luc Marescot ebbe
l’idea della scimmia cappuccino, una specie nota per la sua particolare velocità di
apprendimento dalle sollecitazioni del proprio habitat di origine. Tale ipotesi è stata
immediatamente adottata da tutti noi e, visto che la narrazione richiedeva l’assenza di
familiarità con l’ambiente ostile con cui confrontarsi, Luc suggerì che la scimmietta della
storia dovesse essere allevata in cattività per poi essere gettata, a causa di un rovinoso
incidente aereo, nel bel mezzo della foresta, questo universo sconosciuto da scandagliare
alla ricerca forzata di un modo per sopravvivere.
A mio avviso, il film si propone di raccontare come il naturale vincolo con Madre Natura
fosse ormai totalmente smarrito e dovesse essere ristabilito con urgenza, e come
quest’ultima -apparentemente ostile e inaffidabile per chi non sia in grado di decodificarladiventi bella ed ospitale verso chi si sforzi di interpretarla, nel pieno rispetto delle sue leggi,
All’interno della foresta, per coloro che la abitano, la piccola scimmia cappuccino non è
che un essere estraneo. Ma il cammino che Saï sarà costretta a intraprendere attraverso
la sua natura impervia la porterà ad individuarne i codici e a padroneggiarli, fino a sapere
come muoversi nella complessità del nuovo habitat in cui è stata scaraventata.
In Amazzonia, abbiamo scelto di girare esclusivamente con gli animali del posto, ovvero a
circa 120km da Manaus, senza CGI ovvero senza effetti speciali digitali ottenuti da
computer grafica 3D, né sequenze filmate in studio. Volevamo che il film fosse vero ed
autentico. Per ottenere il risultato ambito abbiamo utilizzato gli animali protetti dall’IBAMA,
l’agenzia di protezione ambientale del Brasile, che restituisce la libertà agli animali
custoditi dagli abitanti dell’Amazzonia. L’IMABA ci ha affidato per circa due anni gli animali
utilizzati per il film all’interno della foresta, della cui esistenza erano totalmente ignari –
proprio come la protagonista della nostra storia.
La realizzazione del film ci ha impegnati per oltre due anni e mezzo, dopo circa sei mesi
trascorsi ad attendere che i vari animali si abituassero alla presenza degli umani edelle
attrezzature tecniche sul loro territorio. Ogni aspetto di questa particolare produzione è
stato costruitio giorno per giorno, con l’infinita pazienza che lavorare con scimmie e altri
animali e cuccioli, tutti rigorosamente non addestrati, richiede. E’ stato necessario
reinventare continuamente la sceneggiatura in base all’imprevedibilità del comportamento
animale. E poi c’erano le giornate piovose, i danneggiamenti dei delicatissimi strumenti di
lavoro, i giorni in cui gli animali non cooperavano, e così via…
A lavori ultimati, dopo oltre quattro mesi di shooting, il regista ha cominciato a concentrarsi
sul montaggio, solo per costatare che una serie di scene risultavano mancanti e andavano
realizzati. Le due crew si sono quindi rimesse al lavoro.
Erano attive due crew: una dedicata alle scimmiette, tenute in salvo dai pericoli della
foresta in una speciale area, l’altra continuamente in movimento, alla ricerca di materiale
da filmare per le scene più complesse e con specie animali più rare.
Questa seconda fase di regia è durata circa due mesi ed è stata poi seguita da diverse
settimane di montaggio a Parigi per comporre il film. Ma a questo punto è venuto fuori che
mancavano ancora scene fondamentali per la storia, dunque le due crew sono dovute
tornare ancora una volta nella foresta e filmare nuovamente.
Dopo quell’ultima spedizione, il montaggio ha richiesto ancora circa un anno di lavoro. E’
stata una fase di grande importanza poiché, non avendo il film alcun dialogo né forma di
narrazione, tutte le emozioni e la progressione narrativa doveva essere resa dalla
selezione e dalla sequenza delle immagini filmate.
Ogni cosa, ogni minimo dettaglio, è stato costruito di volta in volta, per giorni, scegliendo
meticolosamente le immagini tra centinaia di ore di girato, per assemblare, scena dopo
scena, quanto dava corpo al racconto: lo scambio di sguardi, gli incontri, le lotte, le fughe,
ossia tutto quanto è necessario a tenere lo spettatore n uno stato di suspense per 85
minuti.
AMAZZONIA fluttua abilmente tra il documentario e la finzione narrativa, ricorrendo
esclusivamente ad animali non ammaestrati né spinti alla recitazione ma colti in reazioni
spontanee e veridiche, filmati non su un set ma nel cuore della reale foresta amazzonica,
raccogliendo le immagini sorprendenti che hanno dato vita ad una storia esemplare con
l’artificio della narrazione.
Il 3D conferisce il valore aggiunto della possibilità di sentirsi immersi in prima persona e a
livello sensoriale nell’essenza della foresta amazzonica. Ciò consente allo spettatore di
percepire in maniera immediata il mondo vegetale che circonda la piccola scimmia
cappuccino e tutto quello che le trasmette: la paura, la sorpresa, l’ignoto - ma anche il
successo, i momenti di gioia e di grande tenerezza.
AMAZZONIA è un viaggio di scoperta sensoriale, un film intenso, divertente e a tratti
commovente, capace di cambiare il nostro modo di guardare all’ultimo grande polmone del
mondo, la Foresta Amazzonica, per sempre.”
Fabiano Gullane, Caio Gullane - Co-produttori, Brasile
Girare un film direttamente in 3D è un’esperienza estremamente interessante: ti costringe
a immaginare la totalità dell’opera che si sta realizzando in un’ottica che risponda alle
esigenze del 3D. si tratta di un approccio del tutto diverso, ancora nuovo, al quale le
audiences mondiali si stanno acclimatando. Per le due crew francese e brasiliana che
hanno lavorato applicando la tecnologia 3D, si è trattato di una vera e propria sfida, poiché
si tratta di un sistema molto complesso che richiede grande competenza tecnica ma anche
una vision artistica, ad esempio nell’individuare il posto in cui girare o la migliore
angolazione delle riprese o la loro ampiezza, dato che il minimo cambio di posizionamento
richiede oltre un’ora per riallineare le macchine da presa 3D che filmano all’unisono.
Va sottolineato che la grande sfida di questo film stia nel realizzare un film di finzione
utilizzando esclusivamente gli elementi della vita reale tipici del documentario: la natura,
gli animali, il clima, la pioggia, i corsi d’acqua. Con premesse del genere, lna
sceneggiatura era cruciale. Il connubio tra gli sceneggiatori francesi e il drammaturgo e
sceneggiatore brasiliano Luiz Bolognesi (molto esperto e già premiato in prestigiosi festival
internazionali) ha permesso di ottenere la giusta dimensione narrativa capace di
trasformare ogni elemento della natura in un personaggio con una propria vita e
personalità, parlante un proprio linguaggio e influente sull’evoluzione della storia.
Altrettanto influenti sono state le condizioni climatiche estreme dell’Amazzonia: l’umidità
può facilmente raggiungere il 90%, piove circa 5 volte al giorno, le temperature superano i
40˚C, e la logistica è pressoché impossibile….Spesso abbiamo girato in location
raggiungibili solo in elicottero, o in barca, o attraversando la giungla a piedi per giorni,
trasportando il nostro delicatissimo equipaggiamento 3D mentre eravamo tormentati dai
moscerini e a rischio di attacchi animali… Come Jobim una volta ha detto, il Brasile non è
un posto per debuttanti!
Crediamo di poter dire che il lavoro per Amazzonia equivalga a oltre 3 anni di normali
riprese. Fortunatamente, il film portato a compimento è esattamente ciò che sognavamo di
realizzare: una storia vera che siamo riusciti a raccontare con l’ausilio della fauna e della
flora ospitate dalla foresta pluviale. Una storia con un inizio, un centro e una fine, durante i
quali seguiamo il percorso del personaggio principale nel suo evolvere. Una storia che ci
fa identificare col suo singolare eroe, una piccola scimmia cappuccino: ci preoccupiamo
per lei, con lei condividiamo le sue piccole grandi gioie.
Questo film ha la rara qualità di raccontare una storia del tutto originale ricorrendo
unicamente agli elementi naturali e agli animali che popolano la foresta amazzonica. In
questo senso, il pubblico vivrà un’esperienza completamente nuova, ritrovandosi ad
affrontare l’universo dell’Amazzonia conosciuto attraverso gli occhi di una creatura ad
esso estranea, che lotta per confrontarsi con le fasi alterne delle sue stagioni, con i suoi
imprevisti, con le specie più o meno pericolose che la affollano -tra cui i suoi simili- per
individuare il modo di adeguarvisi e riuscire a trovare le fonti di sostentamento
indispensabili per non soccombere a un ambiente di cui ignorava l’esistenza ma che pure
rappresenta il suo luogo di appartenenza originario.
AMAZZONIA narra dunque la storia di una scimmietta allevata dall’uomo in ambiente
domestico che dovrà trasformarsi in una creatura a suo agio con la dimensione selvaggia
della Foresta Amazzonica.”
Laurent Baujard - Co-produttore, Francia
Quando sono venuto a conoscenza del progetto nel 2008, l’idea era quella di fare un
documentario importante sull’Amazzonia, e allo stesso tempo partire da una “base
emozionale” che raccontasse la storia della nostra piccola scimmietta cappuccina.
Questa combinazione tra finzione e documentario sembrava sulla carta molto semplice, e
si è rivelato essere il vero filo conduttore del film.
In pratica, il nostro obiettivo era riprendere degli “attori” inesperti che avrebbero recitato la
parte di se stessi nel proprio ambiente.
Dovevamo capire come riprendere questo racconto inverso di bambino selvaggio con
l’aggravante di avere animali al posto degli attori. Naturalmente, il copione è stato
elaborato con l’aiuto di scienziati ed esperti di primati e le riprese concepite tenendo
presente l’approccio naturalistico ovvero girare senza limitare il comportamento degli
animali. Ma non eravamo sicuri su come farlo, non avevamo idea di quali animali
avremmo incontrato né di cosa avremmo dovuto affrontare a livello sia comportamentale
che ambientale.
Per rispondere a queste domande abbiamo interpellato il nostro addestratore Pascal
Trèguy che, insieme alla sua squadra, ha aderito al progetto Amazzonia per tenere sotto
controllo gli animali protagonisti del film e i loro più imprevedibili comportamenti. Man
mano che ci acclimatavamo con ciò che ci aspettava una volta giunti sul posto,
diventavamo anche più capaci di rivedere il copione in base alle necessità di volta in volta
identificate, adattando di conseguenza il piano di lavorazione e il montaggio necessario a
posteriori.
Abbiamo poi intrapreso un dettagliato processo d’apprendimento sui comportamenti dei
vari membri del cast, dalle scimmie cappuccino ai giaguari, dall’aquila arpia ai delfini rosa
di fiume, ai formichieri e così via. Ogni specie presentava certamente una sequela di
limitazioni al lavoro da noi progettato, ma offriva al contempo delle nuove opportunità. Solo
per dare un’idea degli imprevisti affrontati dalla troupe, bisogna considerare che:
• le scimmie si spostano da albero ad albero, coprendo una media di circa 2 km al giorno
in un’area di 30 km2 in gruppi da 5 ai 40 membri. I soggetti dai 18-24 mesi sono più facili
da accostare prima che la maturità sessuale li renda troppo aggressivi.
• L’anaconda vive principalmente in acqua, la testa emerge in superficie solo se è in cerca
di una preda. Può vivere senza nutrirsi per settimane intere, e quando è sazio, resta
immobile e diviene più vulnerabile.
• Il giaguaro è un animale solitario capace di cogliere l’odore di un essere umano a diversi
chilometri di distanza. Solitamente il territorio di dominio un singolo giaguaro è di circa 150
km².
• Il coati è una creatura molto curiosa che si lascia volentieri filmare mentre cerca cibo o si
dispone a nuovi incontri.
• L’aquila arpia è un animale non nomade e monogamo, dalla natura piuttosto solitaria. La
sola femmina può sollevare una preda del peso di 9 kg.
E’ stato attraverso la raccolta di questo genere di informazioni su oltre 70 differenti specie
animali che si è definito il piano di lavorazione per AMAZZONIA. Il lavoro svolto dalla crew
capitanata da Vincent Steiger e Martin Blum è stato sovrumano!
Per quello che doveva fungere da set del film, una sorta di bioparco che ospitasse le
riprese, abbiamo dovuto ricavare un’area immensa al centro della foresta. In tale set,
abbiamo poi dovuto raggruppare tutti gli animali – selvaggi e non - che avrebbero preso
parte alla narrazione della pellicola.
Pascal Trèguy ed un’altra decina di esperti hanno cominciato con l’abituare l’animale alla
presenza umana usando finite cineprese di legno piazzate a caso nella radura. Questa
fase è meglio conosciuta come il periodo di “inseminazione”.
Gli esperti, insieme al regista Thierry Ragobert, avevano anche la responsabilità di
organizzare le riprese di ogni sequenza. Abbiamo anche organizzato alcune spedizioni
nella foresta pluviale Amazzonica per il capo cameraman Jérôme Bouvier e la sua
squadra.
Lo scopo di queste spedizioni era di registrare quelle scene di animali e di ambientazioni
che non eravamo in alcun modo riusciti a filmare, per quanto previsti dal piano di
lavorazione.
Era durante queste ricognizioni che abbiamo registrato le vedute aeree, i campi lunghi e
tutte le riprese utilizzate per esporre le tante diverse prospettive del panorama amazzonico
mostrate dal film.
Le esigenze finanziarie della produzione e della sua singolare location (visto che il film
doveva essere girato interamente nella foresta pluviale amazzonica) imponevamo di
trovare un co-produttore brasiliano, e presto. La Gullane, società di produzione
indipendente come la nostra, ha accettato di aderire al progetto.
La loro esperienza nell’ambito cinematografico, unita alla grande conoscenza del territorio,
era un complemento perfetto alle competenze già fornite da Biloba Films in termini di
riprese di animali selvatici e in 3D.
La grande avventura poteva avere inizio.
Il passo successivo stava nel riunire il tutto in un unico progetto, che metteva insieme gli
aspetti più eterogenei e inusitati in campo cinematografico: le troupe della fiction insieme a
quelle dei documentari, la complessa e fragile tecnologia 3D utilizzata nel luogo più
remoto della terra, la precisione e le difficoltà tecnologiche di una ripresa in 3D e la totale
imprevedibilità del luogo e delle sue creature ed infine, le differenze culturali tra brasiliani e
francesi.
Direi che la natura ha poi pensato a tutto il resto. Il tempo, la fauna e la flora traevano un
piacere subdolo nello sconvolgere continuamente i piani sia davanti che dietro le
macchine da presa.
Dovendo affrontare quotidianamente questa lezione di umiltà, le certezze professionali e le
abitudini lavorative di tutti i coinvolti si sono presto sgretolate.
Tutto questo è stato alla base del grosso successo del film. Nonostante le difficoltà
materiali, le differenze culturali, gli approcci contrastanti, tutti i coinvolti nella produzionedalla troupe di produzione ai responsabili della logistica fino agli addetti al montaggio- si
sono rimessi in gioco quotidianamente e sacrificati per apportare il proprio contributo allo
sviluppo del progetto, affrontando fatiche immani: la troupe cinema, rimasta impantanata
nel fango con la propria sofisticatissima attrezzatura il primo giorno delle riprese; il team
dei montatori, spossato da centinaia di ore di corse nella foresta a causa della irregolare
fornitura elettrica; gli esperti di animali, continuamente all’inseguimento rincorsa delle
scimmie che, dispettose, rifiutavano di farsi filmare ; l’intera troupe sfinita dopo diversi
mesi nella foresta…. E infine noi, i produttori, determinati ad affrontare la molteplicità di
operazioni complicatissime da assemblare e gestire sia da un punto di vista finanziario e
legale che da quello artistico, continuamente passibili di revisione e a cui occorreva
adattarsi.
Resto stupito da queste immagini, poiché ognuno di loro mi ricorda l’impegno di tutti oltre
ogni misura per giungere al risultato sorprendente che Thierry Ragobert è riuscito a
catturare per dar vita ad AMAZZONIA.
Per arrivare al film che vedete, è stato necessario percorrere una lunga strada pericolosa
fatta di dubbi e coraggio. Un sentiero di tolleranza e apertura verso gli altri. Vorrei
ringraziare, uno per uno, tutti quelli che hanno reso possibile tutto questo.
Thierry Ragobert - Regista
“AMAZZONIA è il risultato di circa 6 anni di lavoro che ha visto la collaborazione di un vero
e proprio pool franco-brasiliano, ossia l’unione della profonda identificazione dei brasiliani
con la propria terra e della storica competenza dei francesi nella documentaristica wildlife
che annovera grandi veterani come Cousteau, Rossif, Perrin e Cluzaud.
.
Da tale sinergia si è puntato a ottenere una produzione eterogenea incentrata sulla
Foresta Amazzonica, con una particolare formula che nascesse dal giusto equilibrio tra la
finzione e il documentario, per offrire allo spettatore l’esperienza di una full immersion nei
meandri del Pianeta Verde.
Su entrambi i paesi co-produttori, ci siamo avvalsi dei migliori biologi e naturalisti per un
approfondito expertise sul territorio che ci accingevamo a raccontare, ricorrendo alle più
competenti professionalità della documentaristica e a fini conoscitori delle foreste pluviali,
capaci di raffinare i contenuti scientifici da rappresentare nella loro forma più pura.
Tra tutti gli altri, il fotografo brasiliano Araquém Alcântara, che per oltre 25 anni ha
esplorato in lungo e in largo l’Amazzonia e ne ha immortalato le immagini essenziali,
pubblicate in diversi libri fotografici. Alcântara è senza dubbio il maggior conoscitore del
territorio scandagliato dal film. Grazie alle sue indicazioni siamo riusciti a strutturare le
nostre idee di base con un approccio molto pragmatico, tipico del documentario e della
scuola a cui io aderisco.
L’aspetto più peculiare di AMAZZONIA è che schiva ogni tentazione di antropomorfismo: ci
siamo guardati dal cadere nella trappola dell’umanizzazione della scimmietta protagonista
del racconto… tuttavia alla fine ci siamo resi conto che il personaggio centrale, un primate,
in realtà riflette il genere umano più di quanto potessimo immaginare. Dopotutto, noi stessi
siamo dei primati!
Soprattutto, il film illustra un percorso di iniziazione e di evoluzione che in sé costituisce un
forte richiamo all’antropomorfismo.
Ciò detto, non abbiamo voluto adottare un approccio meramente descrittivo né uno
esclusivamente scientifico. Abbiamo scelto un racconto deliberatamente emotivo,
emozionale, che fosse un potente vettore del nostro obiettivo: destare curiosità, stimolare
una connessione con quel mondo esotico e distante e sviluppare la consapevolezza della
minaccia che incombe sull’Amazzonia e dell’ombra del disordine che ciò proietta sul
nostro mondo.
Credo che solo attraverso la conoscenza possiamo sentirci motivati al punto da voler
portare avanti la lotta per la sua salvaguardia.”
Come siete giunti alla stesura narrativa?
Basandoci su tutta la documentazione a nostra disposizione, gli sceneggiatori hanno
sviluppato la storia e successivamente sono intervenuti i co-sceneggiatori brasiliani con la
versione definitiva che, a quel punto, includevano le specifiche per le riprese in 3D.
Come per THEWHITE PLANET, l’intenzione era escludere qualsiasi dialogo o presenza
umana in modo da fornire un ritratto quanto più autentico e pertinente al mondo della
foresta amazzonica.
Quali sono stati i preparativi per le riprese panoramiche?
Ci sono stati tanti viaggi preliminari per analizzare la fattibilità del progetto, poi
perlustrazioni per redigere una schedule di lavoro. La priorità urgente era capire, fin
dall’inizio, come avvicinare gli animali che intendevamo riprendere, la fattibilità di tale
azione e la modalità migliore, in particolare per la nostra scimmia cappuccino. La squadra
wildlife ha stilato una specie di inventario delle eventuali location dove individuare ed
accostare gli animali. Le prime ricognizioni sono state effettuate dai due aiuto regista,
Vincent Steiger e Martin Blum per scegliere le postazioni. E’ stato la combinazioni tra
wildlife e produzione che ci ha permesso di giungere alla migliore soluzione. Ho
partecipato a molte delle spedizioni, che mi hanno permesso di familiarizzare con le
postazioni e prendere delle decisioni che avevamo ipotizzato in partenza nella stesura dei
piani sequenza.
Una volta giunti sul posto siete stati colti da situazioni impreviste?
Circa il 98% delle volte! Ciò che avevamo ipotizzato non si è mai realizzati come previsto. I
filmati corrispondono a momenti di vita vera registrati mentre gli animali avevano
comportamenti atipici o inusuali che corrispondevano esattamente a quello che cercavamo
per i nostri “personaggi”. Quando si giunge in Amazzonia devi assumere un
comportamento di estrema umiltà: anche quando si è pronti a tutto si è spesso costretti ad
affrontare situazioni in cui è necessario a rivedere i tuoi piani.
Ci si deve approcciare in modo estremamente flessibile e pronto ad affrontare quello che
la natura offre. Presto risulta evidente come occorra tenere in considerazione il clima, le
intemperie, la disponibilità degli animali, gli incontri fortuiti, cose che costituiscono il motto
dei documentaristi. Inoltre, è stato necessario organizzare le riprese dei paesaggi
sconfinati, con campi lunghi e panoramici, ossia quelle riprese che hanno permesso di
costruire lo scenario entro cui la storia si sarebbe svolta. Ecco spiegata l’immane energia
impiegata e il lunghissimo tempo impiegato per raggiungere lo scopo di questo progetto
assolutamente folle. Sorprendentemente, dopo mesi di revisioni del materiale girato, ci
siamo resi conto che eravamo riusciti a realizzare il progetto iniziale in per vie del tutto
estranee al copione originale, frutto solo della nostra immaginazione. Senza rendercene
conto, avevamo immaginato una location, che avevamo poi filmato catturando
l’imprevedibile, per finire col realizzare, nostro malgrado, il progetto inizialmente sognato.
Il 3D era già parte integrante del progetto sin dall’inizio?
In effetti il 3D è stato il risultato di una mera coincidenza tra la possibilità di impiego di una
tecnologia più lieve e flessibile e lo stesso soggetto del film: fare riprese in una foresta era
perfettamente idoneo al 3D. Nel valutare i panorami a disposizione, o il sottobosco e i suoi
alberi giganti dalle infinite prospettive, o gli animali che popolano la giungla, ci siamo resi
conto della ricchezza di contenuti adatti al 3D quello proposto dal migliore cinema e tv. Era
un canale che valeva la pena sfruttare.
Come è stato gestito il “casting” delle scimmie cappuccino?
Le scimmie cappuccino protagoniste non sono state catturate ma prese dai rifugi per
animali selvatici salvati dai traffici illegali ed in seguito riuniti in un gruppo e fatti abituare
alla presenza umana in una spazio aperto per oltre nove mesi, il che ha dato la possibilità
di filmare un certo numero di sequenze.
Sono state poi filmate alcune immagini complementari usando lo zoom nelle riserve
naturali per le riprese più larghe. Poiché gli “attori” erano solo abituati alla presenza umana
ma non addestrati, sono state necessarie innumerevoli ore di riprese per avere i numero di
elementi sufficiente a raccontare la storia. In definitiva, sono state filmate una quantità
incredibile di scene improvvisate! In rare occasioni sono intervenuti gli addestratori con
piccole strategie di controllo, come cibare gli animali o giocarci, per ottenere le scene
indispensabili allo svolgimento della storia.
Raccontaci della musica…
Il compositore delle musiche non poteva che essere Bruno Coulais, per il modo intelligente
in cui associa la musica alle immagini. Aveva già lavorato su THE WHITE PLANET ed era
la persona perfetta per quello che si è cercato di raggiungere ossia un intreccio di
emozioni ed immagini in 3D. Bruno è riuscito ad ottenere tutto questo dando al film una
colonna sonora che passa dalla narrazione più realistica a toni più sentimentali, ma che
scorre quasi sempre senza essere notata troppo pur essendo molto presente. Solo i
grandi maestri sanno raggiungere tale perfezione.
Inoltre, la musica si mescola perfettamente con i suoni della foresta…
Si è cercato un musicista di grande competenza ma allo stesso tempo abbastanza
disponibile a lavorare con i tecnici del suono. Il successo del film dipendeva
dall’armonizzazione gli effetti sonori con quelli della musica aggiunta, senza che l’una
coprisse gli altri. Durante il missaggio, ci sono state delle discussioni su come raggiungere
tale armonia nel migliore dei modi ma soprattutto nell’interesse del film. Era il caso, per
esempio, della scena del temporale che riuscisse a includere la potenza dell’orchestra e
l’intensità del nubifragio senza che i due si parafrasassero: ci si ritrova sommersi
dall’emozione più pura.
Il desiderio reso possibile dall’introduzione del 3D era proprio immergere il pubblico in
questa dimensione ambientale unica.
Filmografia
Tara : Voyage au coeur de la machine climatique 90’ / nbc,arte
The White Planet : Feature, theatrical release / Bac Films / gedeon Programmes
l’invasion des crickets : Canal+ / Anima Planet
The Bible Unearthed : the making of a religion : Adaptation of the book by I. Finkelstein
and N. Silverman / arte
/ france 5
La Memoire Perdue de l’île de Pâques : France Télévision / Discovery Channel / gedeon
Programmes
Alexandrie, la septième merveille du monde : bbc / France 2 / nova / gedeon
Programmes / Discovery channel / nhk
Les Derniers Jours de Zeugma : bbc / Arte / France2 / rtbf / tsr / France3 / Discovery
Channel / nova wgbh / nhk
/ gedeon Programmes
Cousteau à la redécouverte du monde : A 6 x 52’ documentary series / Winner of Emmy
Awards in 1992 and 1991.
Voyage de la calypso sur la mer des caraïbes et l’océan pacifique : Winner of an Emmy
Award in 1990
cousteau le fleuve amazone : A 7 x 52’ documentary series / Winner of an Emmy Award in
1984.
Gustavo Hadba – Direttore della fotografia
L’Amazzonia è un posto davvero difficile dove fare delle riprese. Non si vede nulla perché
la luce ha difficoltà nel penetrare nella foresta, e quando lo fa, è accecante. Ci sono o
questi contrasti luminosi nelle immagini, oppure una cattiva luce verde che rende tutto così
orribile! Non potendo combattere contro la luce si deve utilizzare a proprio favore. Per non
menzionare le zanzare che adorano il sangue della troupe, il caldo, la pioggia, l’umidità e il
sudore che brucia gli occhi. Se sorge il minimo problema tecnico, si deve aspettare per
giorni per il pezzo di ricambio.
Per quanto riguarda gli animali, si possono sentire ma non si riescono mai a vedere. E
quando finalmente si è dietro una cinepresa tutto diventa imprevedibile. Non si ha il
controllo su nulla. L’unica cosa che resta da fare per non morire di frustrazione è essere
pazienti e affidarsi nelle mani degli addestratori di belve particolari senza dei quali non si
potrebbe fare nulla. Si deve restare calmi, perché se la troupe si stressa, gli animali lo
percepiscono immediatamente. A volte succede un miracolo, si riesce a girare una scena
esattamente come si era programmato. Oppure succede qualcosa di inaspettato come un
movimento, uno sguardo un raggio di luce. Poi la bellezza inonda il mirino ed è magico, un
momento di grazia e tutta la troupe esalta di gioia.
Jérome Bouvier – Capo cine-operatore
Come è rimasto coinvolto nel progetto Amazzonia?
Conoscevo il progetto molto prima che Thierry Ragobert me ne parlasse perché ero in
contatto con il produttore Jean-Pierre Saire e con Luc Marescot uno degli scrittori fin
dall’inizio. Thierry conosceva il mio lavoro e aveva utilizzato alcuni miei filmati sugli orsi
polari per THE WHITE PLANET. Sapeva che avrei accettato di lavorare su questo film che
mescolava la finzione con l’aspetto documentaristico.
Questo genere di progetto incrociato non è nuovo per te?
Credo fortemente nel progetto anche se è un equilibrio difficile da raggiungere. Alcune
riprese e alcuni comportamenti non si possono ottenere in “condizioni controllati” con
animali addomesticati o ammaestrati. Devono essere inseriti anche animali selvaggi e
questo è proprio il mio campo. Questo genere di combinazione rende la finzione credibile
e porta un certo senso di “selvaggio” al film che, secondo me, è un elemento molto
positivo che non si riesce ad ottenere dalla pure e semplice finzione.
Avevi lavorato prima di allora nella foresta pluviale amazzonica?
Sono stato nelle foreste secche tropicali del Nicaragua e nelle foreste nuvolose della
Costa Rica ma questo progetto ha segnato la mia prima volta nella foresta pluviale
amazzonica.
Inizialmente era una semplice piuttosto veloce ricognizione di un paio di giorni con la
troupe. In seguito, per caso, prima che iniziassero le riprese di Amazzonia, ho iniziato
un'altra grossa produzione in Peru e nel bacino amazzonico. Così facendo ho trascorso
diverse settimane nella giungla prima di iniziare a lavorare su AMAZZONIA.
Quale era il tuo compito nel film?
Riempire i vuoti. Thierry aveva già tracciato una prima bozza per rendere l’idea di cosa
mancasse. Poi abbiamo eseguito le prime riprese che sono durate circa tre settimane.
Qualche mese dopo, abbiamo fatto altre riprese dalla durate di circa quattro settimane
seguendo una lista precise di inquadrature che dovevano essere inseriti nella stesura
finale.
Tutto doveva essere fatto con l’attrezzatura più leggera possibile ed una piccola troupe
esperta capace di catturare il comportamento naturale ed ogni altro evento che sarebbe
stato impossibile ottenere per una troupe in senso tradizionale.
Quali sono stati tra le diverse specie animali e i luoghi naturali che hai più preferito?
Le riprese a Rio Cristalino nell’Amazzonia meridionale era straordinaria per l’immensa
varietà dell’ecosistema dovute, non solo alla bellezza dei luoghi ma soprattutto alle abilità
e disponibilità delle guide locali.
Per quanto riguarda gli animali invece siamo stati davvero viziati dalla microfauna, insetti,
farfalle, anfibi ecc.
Sono le diverse forme, colori e apparenze che rendono tutto straordinario. Personalmente
ho un debole per le scimmie ragno e le aree paludose che rendono la foresta pluviale
amazzonica cosi speciale.
Hai mai avuto momenti di vero panico?
Mai. Mi sento a casa in queste foreste. E le zanzare e altre storie sulle creature mostruose
come i serpenti, i giaguari e gli insetti velenosi non cambia nulla. Uno deve imparare a
conoscere la foresta per imparare a riconoscere i pericoli. Appena si superano le proprie
paure inizi vedere il circondario con occhi diversi ed ad apprezzarlo.
Qual è stato la cosa più difficile da riprendere?
Alcune comportamenti specifici che riguardavano le aquile arpie. Abbiamo trascorso sei
giorni nascosti tra gli alberi solo per ritornare a mani vuote e senza alcun filmato utile di un
esemplare adulto che ritorna dal giaciglio della scimmia. Ma ne è valsa la pena solo per
l’esperienza in se stessa. Non tutti riescono a trascorrere sei giorni in Brasile arrampicati
su di un albero tra la canopi.
Che differenze c’era nella vostra attrezzatura rispetto a quella della troupe principale?
Era completamente diversa. Avevamo una cinepresa e attrezzature molto più leggere in
modo da trascorrere più tempo tra gli alberi con una troupe ridotta a sei persone molto
reattivi con tanta esperienza di foreste pluviali.
Jeanne Guillot - Stereografo
Come sei stato coinvolto nel progetto AMAZZONIA?
In breve, prima di lavorare sul progetto Amazzonia, ho lavorato su
Pierre Stine, MAKAY, prodotto da Gédéon in 3D in mezzo al nulla nel
stati costretti a girare in 3D in condizioni estremi ma ci siamo
richiedeva delle riprese più in profondità ma erano disponibili più
squadra di produzione ha fatto il mio nome.
un documentario di
Madagascar. Siamo
riusciti. Amazzonia
attrezzature cosi la
Qual è stato il tuo approccio al 3D rispetto a questo film?
Il mio stile è di non rendere troppo spettacolari le riprese usando gli effetti speciali di cose
che si proiettano verso lo spettatore perché credo che così il prodottosia troppo
manipolato scivolando verso la banalità. Per un film come AMAZZONIA si tratta di usare le
capacità immersive del 3D nel raccontare la storia che si svolge in un meraviglioso
ambiente esotico e molto distante, rendendo il pubblico capace di identificarsi con i suoi
“personaggi”.
Ci sono stati dei limiti tecnici?
Un essere umano è in grado di vedere in 3D perché ha due occhi che permettono di avere
il senso di profondità.
Per riprodurre tale effetto attraverso le riprese in 3D si utilizzano due macchine da presa
che vanno posizionate in modo predeterminato per ottenere l’effetto desiderato e rendere
lo spazio coerente rispetto all’oggetto che si intende riprendere. Tuttavia girare una
sequenza su due postazioni non è affatto facile nella foresta amazzonica, dunque per
semplificare abbiamo posizionato le due macchine su un attrezzo con degli specchi in
modo da lavorare a distanza piuttosto ravvicinata.
Qual è stato il tuo compito durante le riprese?
Il lavoro di uno stereografo è essenzialmente quello di gestire il montaggio tecnico,
controllare la distanza tra le cineprese, e assicurarsi che tutta la strumentazione funzioni
correttamente. La cosa più importante, che garantisce l’eccellente qualità delle immagini in
3D, è che ci si renda subito conto che narrare in 3D è completamente diverso dal farlo in
2D. Filmare i suoni richiede un approccio diverso. Si deve tener conto della sequenza di
ogni ripresa. Per esempio, quando si riprende da una certa distanza con una lente
telefoto, le riprese in 3D potrebbero schiacciare l’immagine: a questo punto intervengo
proponendo al regista la distanza focale in modo da avvicinarsi quanto più possibile anche
se si sta riprendendo un animale feroce. Ecco perché, nella scena con il giaguaro, che
doveva essere messo nelle condizioni di correre liberamente nella foresta, la troupe ha
girato mentre era rinchiusa in una gabbia per tenerla al sicuro. Questo espediente ha
permesso alla cinepresa di avvicinarsi il più possibile al gattone.
Era piuttosto ironico per un film sulla natura – l’animale era libero e la troupe rinchiusa
nella gabbia!
In che modo la troupe ha preso dimestichezza con il 3D?
E’ fondamentale che i diversi capo squadre delle riprese familiarizzassero con il nuovo
mezzo ed è stato sorprendente che nonostante ci fossero diverse inquadrature con
operatori diversi ognuno ha capito perfettamente le specifiche per girare in 3D. Anche se
c’erano diversi limiti, ogni membro della troupe, una volta capito il meccanismo, ha messo
a disposizione della produzione la propria esperienza. Il mio lavoro consisteva proprio nel
fare meglio conoscere il mezzo tecnico proprio perché, essendo un film sulla natura, era di
prammatica tenersi ad una certa distanza dagli animali in modo da non spaventarli ma qui
si trattava di fare il contrario e quindi di avvicinarsi quanto più possibile per meglio
utilizzare lo spazio in profondità.
Pascal Tréguy – Capo addestratore
Il capo addestratore Pascal Tréguy è stato un punto di riferimento fondamentale per le
riprese. Senza il suo apporto non ci sarebbero stati gli animali e senza animali non ci
sarebbero state le immagini. Ha viaggiato per tutto il Brasile per selezionare, in base alle
caratteristiche fisiche e caratteriali, le 150 scimmie cappuccine da usare nel film. “Furono
selezionate una decina di scimmiette che facevano gli attori “professionali” che hanno
lavorato con le altre scimmie cappuccine non addomesticate. Erano giovani scimmie
sottratte dai propri genitori da piccoli, spesso dai bracconieri, e portati nei rifugi.
Innanzitutto dovevamo abituarli alla nostra presenza, gli animali erano tenuti in una gabbia
immensa che misurava circa 50 metri quadrati e coperta da una rete a circa 15 metri da
terra. Una dozzina di istruttori hanno fatto turni lunghissimi per prendersi cura degli
animali. C’è stato un periodo di ambientazione di diversi mesi per creare un legame di
fiducia, il che non significava addestrarli ma piuttosto abituarli alla presenza umana. Avevo
già lavorato con le scimmie cappuccine e adoro la loro intelligenza, la loro vivacità e la
profondità del loro sguardo ma non avevo mai avuto modo di lavorare con loro in gruppo,
che è molto più difficile da gestire. Tale compito richiedeva pazienza, diplomazia e qualche
trucchetto per sorvegliare queste creature che erano fondamentalente selvagge e che
richiedevano un notevole impegno a livello emotivo. Essendo degli animali molto furbi, per
poter mantenere il controllo su di loro dovevamo essere i più astuti, ma non abbiamo mai
utilizzato nessuna forma di coercizione poiché, oltre a non essere efficaci, sono molto
riconoscibili una volta che il film va sullo schermo. Per farli felici, gli elargivamo qualche
premio, per esempio un giocattolo. Le scimmie cappuccino hanno un’indole davvero
straordinaria e hanno continuamente sorpreso la troupe. Un giorno, si era sicuramente
preteso troppo dalle scimmie tanto da scatenare una vera e propria ribellione da parte
degli animali che hanno aggredito diversi membri della troupe. Hanno mostrato a tutti la
solidarietà tra loro obbligandoci a rispettarla. “
Pascal Tréguy ha una così profonda conoscenza sul mondo animale ed un approccio
talmente unico che sceglierlo come capo addestratore per il film AMAZZONIA era quasi
naturale. Pascal Tréguy si adegua alle esigenze di ogni animale piuttosto che costringerli
ad adattarsi alle sue. La scimmia cappuccina e gli altri animali che compongono il cast di
questo film hanno richiesto un approccio specifico molto individuale in modo da essere
ripresi dalle richieste dettate dal film.
Ha riunito una troupe di animalisti esperti in modo da preparare le disposizioni tecnici in
grado di far procedere le riprese. L’ultimo film per cui ha lavorato, LA VOLPE E LA
BAMBINA, evidenzia il suo approccio preciso ed efficiente. Altri film in cui è stato coinvolto
sono DAYS OF GLORY di Rachid Bouchareb, JOYEUX NOEL di Christian Carion, PALAIS
ROYAL di Valérie Lemercier, MON PETIT DOIGT M’A DIT di Pascal Thomas,
BROTHERHOOD OF THE WOLF di Christophe Gans, LE LIBERTIN di Gabriel Aghion e
LUCIE AUBRAC di Claude Berri.
Araquém Alcantara –Consulente Tecnico e fotografo di scena
Qual è stata la tua reazione quando ti è stato chiesto di partecipare al progetto?
Fabiano Gullane mi ha contattato due anni dopo che il progetto era stato avviato perché
aveva visto il mio lavoro. Ero molto felice che si fosse ricordato il mio nome e ho
considerato l’offerta come un riconoscimento del mio lavoro. Per oltre 30 anni ho cercato
di aiutare le persone a scoprire la natura e le popolazioni della foresta pluviale.
In che modo sei stato coinvolto per la preparazione del film?
Oltre ad essere stato intervistato da diversi scrittori e avere alcune delle mie idee incluse
nel film, sono stato coinvolto soprattutto nelle perlustrazioni. Inizialmente ho mostrato una
cartina dell’Amazzonia al regista e ai produttori indicando loro diverse potenziali location
dove poter effettuare delle riprese. Nel corso dei numerosi meeting avuti, abbiamo
discusso molto delle diverse location considerabili da un punto di vista ambientale, oltre
che finanziario e logistico.
Eri anche il fotografo di scena….
L’esperienza di fare da fotografo di scena per questo film è stata molto gratificante,
soprattutto perché sono stato in grado di trasferire al regista e a tutta la troupe il
particolare punto di vista di chi ha vissuto nella foresta pluviale amazzonica.
Araquém Alcântara è considerato il pioniere della fotografia naturalista del Brasile. Dal
1970 ha dedicato la sua intera carriera al suo soggetto preferito: la natura e le popolazioni
del Brasile.
Nel tempo è diventato un esperto della foresta pluviale amazzonica, un posto che ama e
che ha visitato centinaia di volte. Le sue opere includono 42 libri sull’ambiente. Ha vinto
40 premi nazionali e internazionali, è stato coinvolto in 75 programmi e conferenze, e ha
prodotto numerose articoli e foto-reportage per giornali e riviste in Brasile e nel mondo.
Le sue fotografie sono incluse in prestigiose collezioni internazionali come il Coffee
Museum UCC in Kobe, il centro Pompidou di Parigi e il British Museum di Londra. La sua
priorità è fare fotografia come mezzo espressivo artistico e come strumento per la
trasformazione sociale.
Araquém Alcântara è attualmente uno degli artisti più coinvolti nella difesa del patrimonio
naturale del Brasile.
Eric Boisteau – Ingegnere del suono
«Nella foresta pluviale amazzonica, non mancano mai i rumori di sottofondo! La difficoltà è
riuscire ad isolare il canto di un singolo uccello o il verso di una bestia particolare. Insieme
alla mia assistente, Florent Villereau, abbiamo posizionato cinque microfoni che
puntavano in direzioni diverse, anche a 50 metri di distanza da noi, per catturare i rumori
di sottofondo senza alcuna interferenza.
Ben prima dell’alba, la scimmia urlatrice comincia a svegliare la foresta, seguita poi dalla
grande varietà di uccelli che la popolano. Ma durante il giorno la foresta è silenziosa, come
se fosse schiacciata dal caldo, per poi essere di nuovo piena di cinguettii nel tardo
pomeriggio. Quando cala la notte, gli insetti e le rane riempiono invece l’aria con i loro
versi.
Il rumore più forte è stato lo strillo dell’aquila arpia. Il più divertente erano i piccoli versi di
piacere delle scimmie cappuccini. Quello più spaventoso era certamente il ringhio
assordante del giaguaro.
La foresta pluviale amazzonica è come il Mediterraneo moltiplicato per 100.
Ma il suono che più disturba è quella degli autocarri che corrono sull’autostrada Transamazzonica a circa 50km di distanza captato dalla nostra attrezzatura ultra-sensibile.»
Martin Blum – Primo aiuto regista
Qual è stata la tua reazione quando Thierry Ragobert ti ha parlato del progetto
Amazzonia?
Sono stato estremamente entusiasta. Il Brasile e la foresta pluviale amazzonica in
particolare sono posti mistici e non capita a molti di essere invitati a visitarla. In seguito, ho
letto il copione e ho capito che non sarebbe stato facile. Era un progetto davvero folle!
Cosa pensi del copione?
Quando lo leggi, si capisce subito che questo film è qualcosa di fuori dal comune: quando
leggi un copione “tradizionale” è piuttosto facile farsi un’opinione sulla qualità del film. Ma
con questo film, o meglio docu-film, non si riesce ad immaginare quale sarà il risultato
finale. L’ho trovato piuttosto eccitante iniziare a lavorare su un progetto così senza sapere
quale sarebbe stato il risultato finale.
Hai partecipato ai sopralluoghi?
Per la prima parte del film, ho eseguito due mesi di sopralluoghi mentre solo qualche
settimana per la seconda parte. Sono stati le più belle esplorazioni della mia carriera.
Per oltre una settimana ho dovuto cercare la location migliore per girare la scena di
finzione delle scimmie che incontrano i delfini rosa amazzonici. Attraversare la foresta
paludosa con una canoa scavata è, senza alcun dubbio, una delle cose più straordinarie
che io abbia mai fatto. Era incredibile. I sopralluoghi eseguiti con l’aereo mentre ci
sollevavamo sopra l’Amazzonia mi resteranno impressi per sempre.
Cosa ha comportato essere l’aiuto regista per la seconda troupe di questo film?
Per definizione, il ruolo richiede tanta organizzazione ed energia per preparare le riprese,
cosa che richiede anche una grande dose di diplomazia e psicologia. Inoltre, questo
progetto ha richiesto estrema pazienza nel lavorare con gli animali e un certo grado di
sacrificio quando le cose non sono andate come avevamo programmato.
Coma ha significato girare nel mezzo della foresta pluviale amazzonica?
Innazitutto era sempre meglio controllare il letto prima di entrarci perché non sapevi mai
cosa ci avresti trovato.
Una sera, mi sono ritrovato accanto ad un enorme ragno marrone. Dopo averci lottato per
circa 30 minuti sono riuscito finalmente a schiacciarlo. Il giorno seguente ho scoperto che
il ragno era letale per l’essere umano.
Avete avuto particolari delusioni?
Complessivamente no. La cosa più difficile da accettare erano i giorni in cui, nonostante
tutta la fatica, a causa del tempo o di qualche problema tecnico non si riusciva a
riprendere neanche un’inquadratura. Era piuttosto demoralizzante, ma poi impari a
recuperare entusiasmo per il giorno seguente.
Hai mai avuto paura di qualche animale in particolare?
Una volta cercavamo di filmare un pico de jaca, una specie di crotolo che un addestratore
aveva catturato. Eravamo dietro l’attrezzatura di fronte al serpente che si trovava in una
gabbia appositamente costruita per proteggerci durante le riprese. Quando è stato
liberato, mi sono reso conto che era un animale non addomesticato. E’ improvvisamente
impazzito e in meno di 10 secondi ha sfondato il primo livello di sicurezza ed era sul punto
di passare attraverso il secondo livello semplicemente strisciando. Si è sparso il panico tra
la troupe, perché un singolo morso può essere fatale dato il quantitativo di veleno che
inietta.
E’ stato diverso per te girare in 3D?
Girare in 3D richiede un approccio notoriamente molto diverso rispetto al 2D. Ogni ripresa
deve essere studiata attentamente in termini di requisiti del 3D. E’ stato molto interessante
vedere le cose da un nuovo punto di vista. Fattore meno rilevante, girare in 3D implica
molto più tempo e dovevamo tenerne conto nella pianificazione delle riprese.
Vincent Steiger – Aiuto regista
Da quanto tempo conosci Thierry Ragobert ?
Abbiamo lavorato insieme per THE WHITE PLANET e mi occupavo di logistica per le
riprese.
Qual è stata la tua prima reazione quando ti ha parlato del progetto Amazzonia?
Ero già stato contattato da Stéphane Millière tre anni prima. A quei tempi Stéphane mi
chiese di preparare una bozza delle riprese dalla prima versione del copione per una stima
preliminare del budget.
Che idea ti eri fatto del copione? L’accostamento di documentario e finzioni ti allettava?
Sono specializzato in questo genere di film da circa 28 anni (LA VOLPE E LA BAMBINA,
OCEANI, MIGRAZIONI, LA FORESTA PLUVIALE, ecc.). Quando ho letto il copione, la
complessità di come giungere ad un giusto equilibrio tra i due generi è stata subito chiara:
il campo documentaristico con tutte le sue piccole squadre sempre sulle spine in attesa
dell’inquadratura perfetta e quella della narrativa tradizionale con le sue regole ed
esigenze in termini di luci e attrezzature.
Hai partecipato a qualche sopralluogo?
Si, a tutti, per poter suggerire a Thierry le opzioni migliori.
In cosa consisteva il tuo lavoro di aiuto regista? Raccontaci la tua esperienza dei 18 mesi
trascorsi nella foresta pluviale amazzonica…..
Come ho già detto le difficoltà del regista e dell’aiuto regista sui film del genere riguarda
innanzitutto quello di trovare il giusto equilibrio tra documentario e narrativa. Si devono
trovare soluzioni a problemi che sembrano insormontabili. Gli attori sono delle scimmiette
cappuccino che vivono allo stato brado in natura e soprattutto nelle canopie a 50 metri da
terra. Se viene usato l’approccio tipicamente documentaristico, si utilizzano le funi e si
portano uomini e cineprese su dove vivono le scimmie. Ma con la troupe della parte
narrative invece dove a volte ci sono circa 120 persone, era quasi una missione
impossibile. Così abbiamo dovuto cercare delle parte accessibili nelle chiome degli alberi
dove la troupe poteva lavorare, in modo da poter utilizzare anche le attrezzature delle luci
per ottenere delle immagini migliori per un film sulla natura destinato al grande schermo.
Anche gli attori erano piuttosto impegnativi. Le scimmie sono animali molto piacevoli e
intelligenti, e proprio come gli essere umani, hanno un carattere molto particolare. Non
restano fermi in un posto per più di qualche secondo così è molto difficile trovare la giusta
luce per un attore che non resta mai fermo. Ogni scimmia proveniva da un luogo diverso,
spesso erano stati salvati dal traffico dei bracconieri e così ognuno si presentava con un
proprio carattere e quindi dovevamo imparare a conoscerli velocemente in modo da
decidere quale ruolo assegnarli in base al comportamento. Ciò non ha favorito il piano di
lavorazione. Soprattutto perché i nostri attori scimmie erano insieme alle scimmie non
addomesticate. Responsabile delle scimmie era il nostro addestratore Pascal Tréguy, e la
sua squadra. I risultati sono stati piuttosto sorprendenti tutti dovuti alla pazienza e
gentilezza di Pascal. Il suo approccio naturale assomigliava spesso a delle sedute dal
psicologo. Queste sono solo alcune delle situazioni difficile che abbiamo dovuto affrontare.
Sei mai stato spaventato da qualche animale?
Solo uno: il pico de jaca, il serpente più pericoloso dell’area amazzonica. E’ una vipera che
può arrivare ai 4 metri di lunghezza e possiede abbastanza veleno da uccidere 5 elefanti
con un solo morso. Pascal ne aveva catturato uno e avevamo cercato di filmare
prendendo tutte le dovute precauzioni. Ma non avevamo tenuto in conto l’intelligenza e la
velocità del serpente ed entro pochi secondi aveva capito il punto debole delle nostro
barriere di separazione, superandole fin quasi a raggiungere i membri della troupe.
Girare in 3D ha avuto qualche impatto collaterale sul tuo lavoro?
No. Avevamo una troupe 3D talmente professionale che ci fatto dimenticare che stavamo
girando in 3D.
OLTRE AL FILM:
Tre libri pubblicati da Éditions La Martinière, pubblicati in Francia a fine 2013
Il bellissimo libro fotografico “Amazonia” scritto da Thierry Piantanida con il fotografo
brasiliano Araquém Alcântara, che ha viaggiato per quarant’anni in tutta l’area
amazzonica, è l’ essenziale complemento al film. Offre ai lettori una scoperta emozionante
della foresta paragonabile a quella della scimmietta che scopre gli abitanti del luogo
durante il suo cammino.
La prima parte del libro è una presentazione della flora e della fauna della foresta dalla
cima degli alberi fino al fiume Amazzone. Come fanno gli alberi a restare dritti? Perché
sono presenti tante specie in questa foresta? Come caccia il giaguaro? Come si svolge la
vita quotidiana delle scimmie che vivono a 40 metri da terra? Com’è la vita dei delfini rosa
del amazzonia?
La seconda parte del libro riguarda le popolazioni autoctone: gli indigeni che vivono nella
foresta amazzonica da migliaia di anni, e le popolazioni che pescano l’arapaima, una delle
più grandi specie di pesci d'acqua dolce al mondo. Il libro descrive la distruzione della
foresta ma racconta anche che il 50% della foresta pluviale è ora protetta e che il
disboscamento è in rapida diminuzione.
Il libro, supervisionato dagli esperti, contiene anche fotografie in 3D così come filmati
interattivi. Un inserto speciale descrive attraverso le immagini l’avventura sorprendente del
primo film in 3D girato nella foresta amazzonica.
Due libri per ragazzi
“Amazzonia, la vie au coeur de la forêt” è un libro istruttivo per ragazzi per mostrare la
foresta da ogni angolo; dal sottobosco dove il sole riesce appena a penetrare, fino alle
chiome degli alberi un giardino sospeso nel cielo. E’ un attivo contributo ad un ecosistema
sotto minaccia.
Dopo una carriera trascorsa nell’amministrazione della Produzione per cinema e TV,
Johanne
Bernard ha iniziato a scrivere le sceneggiature dopo essersi preparato presso l’istituto di
cinema FEMIS.
Scritto da Johanne Bernard (co-sceneggiatore del film AMAZZONIA), fotografie di by
Araquém Alcântara.
“Amazonia, le livre du film”, è un lavoro docu-narrativo che racconta a storia del
protagonista del film, una scimmietta cappuccino, illustrato con le immagini tratte dal film e
i disegni dello storyboard.
Scritto da Johanne Bernard (co-sceneggiatore del film AMAZZONIA)
CREW
Diretto da Thierry RAGOBERT
Da un’idea originale di
Stéphane MILLIÈRE
Luc MARESCOT
Sceneggiatura
Johanne BERNARD
Luiz BOLOGNESI
Louis-Paul DESANGES
Luc MARESCOT
Thierry RAGOBERT
Fotografia
Manuel TERAN
Gustavo HADBA
Jérôme BOUVIER
Stereografia
Jeanne GUILLOT
Consulente artistico
Araquém ALCÂNTARA
Addestratore
Pascal TRÉGUY
Aiuto regista
Martin BLUM
Vincent STEIGER
Tecnici del suono
Eric BOISTEAU
Miqueias MOTTA
Montaggio
Nadine VERDIER
Thierry RAGOBERT
Tecnico del suono
Francis WARGNIER
Missaggio audio
Olivier GOINARD
Musica originale
Bruno COULAIS – Editions Naïve
Prodotto da
BILOBA FILMS (FRANCE)
Stéphane MILLIÈRE, Laurent BAUJARD
GULLANE (BRASILE)
Fabiano GULLANE, Caio GULLANE
Debora IVANOV, Gabriel LACERDA
In associazione con
Lucia SEABRA, Suzana VILLAS BOAS
Thierry PERONNE, Pablo TORECILLAS
Jean LABADIE, Anne Laure LABADIE
Fotografie: © Araquém Alcântara - 2013 Le Pacte Biloba Films Gullane. Credits not
contractual.
Una produzione BILOBA FILMS and GULLANE
Una co-produzione FRANCE 2 CINEMA, LE PACTE, GEDEON Programmes,
IMOVISION, GLOBO Filmes
Con la partecipazione di CANAL +, RIOFILME, TELECINE
Con il supporto di NATURA, TETRA PAK, CNC – Nouvelles Technologies en Productions,
il Media Programme of the European Union
PROCIREP-ANGOA
ANCINE/Ministério da Cultura, Fundo Setorial do Audiovisual, FINEP/Ministério da
Ciência, Tecnologia e Inovação,
GDF SUEz, Banco da Amazônia and Governo do Estado do Amazonas
UFFICIO STAMPA: MARIAROSARIA CERINO [email protected]
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