Il senso della vita di Elisa Negro Leggere Arendt, Frankl, Girard «L’uomo esiste in modo diverso da una candela che brucia» Il percorso della vita dell’essere umano si sviluppa attraverso l’acquisizione delle responsabilità. Responsabilità e azione sono concetti base per il progresso e la realizzazione della vita dell’individuo. Il dovere dell’uomo si comprende in relazione ai compiti scelti e al significato della vita stessa. La questione del significato della vita si mostra soprattutto nel periodo dell’adolescenza in cui gli interrogativi si presentano frequenti. Interrogarsi sulla vita e sul suo significato è tipicamente umano, più importante della parola e del pensare. L’essere umano necessita di un appagamento esistenziale che si ritrova nella riuscita e nella soddisfazione della vita esteriore, così come di quella più intima. È naturale il bisogno spirituale dell’uomo di dare contenuto e corposità al proprio vissuto e alla propria vita, così da trovare un senso alle proprie azioni e proiettarne l’utilità in un futuro. Un segreto prezioso da cui poter partire risiede nel saper attribuire dei valori alla vita ponendosi degli obiettivi e cercando modi e mezzi adeguati per realizzarli, raggiungendo così anche una soddisfazione personale. I valori hanno rilievo ai fini del significato esistenziale, tanto i valori estetici e morali, quanto i valori di produzione e di esperienza e, ancora, i valori di atteggiamento: non bisogna sottovalutare la pienezza e il senso che essi possono attribuire alla vita umana. Il non trovare un significato alla propria vita porta spesso a stati di depressione e idee suicidarie. Gettare via la propria vita sta a significare sottrarsi a quelle responsabilità che fanno da guida nel percorso di crescita dell’individuo cui il suicida sente di non poter far fronte. V. E. Frankl sottolinea come avere significato consiste nel lottare e nel vincere le avversità essendo responsabili dei propri valori. Il suicidio elimina la persona, non i fatti. La logoterapia si propone di far sentire agli uomini la loro responsabilità di fronte ai compiti e ai doveri cui sono chiamati: più gli esseri umani sentiranno la loro vita come compito, tanto più questa acquisterà significato. Un aiuto sembra essere quello proveniente da una forte fede religiosa in cui gli individui ritrovano speranza e fortezza e in cui nulla è privo di significato, ogni azione ha senso e viene registrata, ogni azione è per qualcosa, per qualcuno. L’uomo religioso assume i compiti e i doveri come missione; dunque li riempie di significato e la vita è vista da un punto di vista spirituale. Ogni individuo ha valori e compiti specifici: Scheler ha diviso i valori eterni, validi sempre comunque e per tutti, dai valori situazionali, in quanto il compito a cui ognuno deve dedicarsi è vario non solo da persona a persona, ma anche da ora in ora e da situazione a situazione. È importante che la vita dell’uomo sia attiva per trovare il proprio significato esistenziale nell’esperienza. Essere uomo vuol dire allo stesso tempo essere cosciente ed essere responsabile. La vita ha senso dalla nascita fino al momento dell’ultimo respiro, fino al momento in cui si è coscienti, fino a quando si sente la propria responsabilità verso i valori. Ciò che risplende deve sopportare il fatto di bruciare, deve essere capace di bruciare fino alla fine. (Wildgans) Origine della cultura e fine della storia Intervista a Renè Girard La vittima La Bibbia Il Mito L’antropologia mimetica ha le sue basi nella Bibbia, per quanto concerne il meccanismo del capro espiatorio, ma il mito è contro la vittima, mentre al contrario la Bibbia è a favore di questa. La vittima spesso non cerca di difendersi, nella rappresentazione biblica, in quanto spera, confida, nell’intervento divino. Un esempio lampante della vittima all’interno dei testi biblici è dato dalla figura di Giobbe, la cui fede viene messa duramente alla prova da Satana attraverso diversi flagelli e dolori. Moglie e amici cercano, anche attraverso lo scherno, di persuaderlo dalla sua fede in Dio: «Rimani ancora fermo nella tua integrità? Maledici Dio e muori!». Ma egli rispose: «Parli come un’insensata! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?». In tutto questo Giobbe non peccò con la sua bocca. (Giobbe 2:9-10)». Gli amici e la moglie rappresentano la voce di Satana, il quale è a favore della vecchia religione e vede la vittima sempre colpevole. La risposta di Giobbe per non cedere alle tentazioni lo fortifica e darà prova della sua fede: «Io so che il mio Redentore vive e alla fine si leverà dalla terra». Redentore: legato al concetto di paraclito, dal greco parakletos: avvocato difensore. Satana: l’accusatore. IL Cristianesimo rappresenta il momento in cui l’uomo si libera dalla necessità di ricorrere a capri espiatori e al loro sacrificio e a chiudere i conflitti e le crisi della società, rendendosi consapevole dell’innocenza delle vittime. Il Dio monoteistico è devittimizzato; il dio politeistico è invece un prodotto della vittimizzazione. Atro esempio di vittima riportato nei testi biblici è la figura di Giuseppe: venduto dai fratelli come schiavo, cacciato dall’Egitto e diventato poi primo ministro egiziano. Il sacrificio, ogni volta, viene evitato e sostituito con qualcos’altro. Esempio importante è il passo che racconta di Isacco. Dio aveva chiesto ad Abramo, come prova di fede, di sacrificare suo figlio Isacco: «E Dio disse: «Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto su uno dei monti che io ti dirò» (Genesi 21:2). Quando furono arrivati e Abramo ebbe preparato la legna fu Dio a procurare l’animale per il sacrificio. Nella storia del sacrificio, l’interruzione dell’immolazione di Isacco, segna un passo importante: la rinuncia al sacrificio umano. La Bibbia dunque mette fine all’ordine sacrificale, fornendo per questo un sostituto (l’animale per quanto riguarda il caso di Isacco e Cristo che dona se stesso, nel Vangelo, per l’umanità intera). Si tratta di un Dio con un programma pedagogico che dalla religione arcaica va snodandosi verso il Cristianesimo. Il punto centrale della religione diventa l’adorazione della vittima e Dio stesso diventerà la vittima che metterà fine all’uso delle vittime. Nella Bibbia c’è una coscienza della nostra conoscenza storica che nei miti non esiste, in quanto tutto si struttura sulla base di un Destino immutabile. I personaggi mitici sono sempre avvolti in un aurea divina, quelli biblici sono più realistici e il lettore, identificandosi facilmente con loro, avvicina meglio il significato del testo alla propria esperienza. La Bibbia rappresenta una testimonianza importante per quanto riguarda la progressiva rivelazione del comportamento violento e vittimista delle società umane. L’unica libertà dell’uomo, secondo Girard, rimane l’imitazione di Gesù o di qualcuno simile a lui. Vi sono due primi modelli: Gesù e Satana. La libertà consiste nell’atto di conversione, quindi nel rifiuto dell’unione al meccanismo mimetico sociale e nella scelta di un’imitazione positiva. Conversione vuole significare accettazione la natura mimetica del nostro desiderio e scegliere come modello del nostro desiderio Cristo. Satana e Gesù inducono entrambi all’imitazione. Imitare Dio sta a significare una predisposizione all’obbedienza e alla disponibilità, imitare Satana è come prendere a modello Dio ma con spirito di rivalità. L’incapacità di abbandonare la rivalità mimetica diventa Skandalon: pietra d’inciampo. Il significato del Cristianesimo sta nel rifiuto della mimesi satanica ma nella consapevolezza dell’essere mimetici. «Fate e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro» (Matteo 23:3) «non imitate il male ma il bene» ( III Giovanni 11). Educazione senza vittime Teoria mimetica Il sacro e Il religioso Due sono gli aspetti caratterizzanti la teoria di Renè Girard: Ø La teoria mimetica e l’elaborazione di una diversa concezione dell’uomo; Ø L’analisi degli aspetti della vita religiosa. Con la teoria mimetica Girard analizza il desiderio dell’uomo sia attraverso le scienze contemporanee, sia allargandosi alle mitologie e alle credenze religiose, associando la prospettiva scientifica a quella religiosa ebraico-cristiana. Insieme all’analisi del desiderio umano, Girard si sofferma anche sull’analisi esistenziale e sulla ricerca di senso, intesa come una necessità dell’uomo di dare significato alla propria vita e alle proprie azioni. Il pensiero girardiano si concentra inoltre sul tema della preoccupazione per le vittime, mettendo in evidenza come questo comportamento venga spesso strumentalizzato (combattimenti, guerre, violenze, proclamati in nome della giustizia). Girard sottolinea come la preoccupazione per le vittime fosse assente nelle epoche storiche pre-cristiane. «Quello in cui viviamo è il mondo che salva il maggior numero di vittime ma […] il nostro è anche il mondo che le moltiplica all’infinito». La guerra è un esempio calzante del generare vittime in difesa delle vittime; si cercano le giustificazioni dei conflitti in spiegazioni di giustizia e difesa delle vittime. Secondo Girard la religione può indurre l’uomo tanto ad atteggiamenti altruistici, tanto ad atti violenti. A questo aspetto si lega il tema dell’imitazione o mimesi: a carattere storico, sociale, culturale, religioso. L’imitazione è l’attività attraverso cui si strutturano la personalità e la vita di relazione, dunque fondamentale per la crescita dell’individuo. A generare l’imitazione è il desiderio, che spinge l’individuo ad emulare un modello per la realizzazione dei proprio desiderio: volontà di essere come gli altri. Il desiderio stesso è desiderio di ciò che gli altri desiderano. L’uomo si distingue per il desiderio, che non ha nulla a che vedere con il bisogno in quanto il desiderio mira al raggiungimento di un oggetto mancante che non provoca immediata sofferenza, come accade invece nel caso dei bisogni legati all’esistenza. Il desiderio si concentra su modelli che diventano punti di riferimento per il desiderio stesso e la realizzazione di un fine. Il desiderio può presentarsi sotto diverse forme e diventare fine a se stesso; scaturiscono da questo l’invidia o il risentimento, sentimenti propri dell’essere umano che però nel gruppo possono portare alla disintegrazione. La mimesi e l’imitazione dei comportamenti, nella vita individuale e sociale, sono conduttori di violenza, del voler sopraffare l’altro e quindi della nascita del conflitto. Per evitare il degenerare nella violenza, diversi gruppi hanno tentato di contenere i comportamenti attraverso sistemi simbolici e rituali basati su tabù e divieti, su doveri, anche a carattere religioso, ponendo l’accento sugli oggetti del desiderio che potevano trasformarsi in occasione di scontri. I comandi sono strutturati al fine di delimitare i margini del desiderio. Nasce da qui l’interesse di Girard per la teoria mimetica attraverso l’analisi del sacro e il religioso. La religione ha un ruolo portante nell’evoluzione dell’uomo: il sacro e la religione nascono alla fine di un processo di imitazione terminato nell’uccisione di un innocente che dà il via ad una ritualità e a delle norme morali in cui la comunità ritrova un’unità ed un punto di riferimento. La necessità del porre dei limiti al desiderio è riscontrabile nei dieci comandamenti dei testi sacri, soffermandosi sul settimo di questi, «non commettere adulterio», e collegandosi all’ultimo, che si riferisce ai limiti da porre al desiderio stesso in riferimento a oggetti che potrebbero generare ostilità, rivalità e conflitti all’interno della società. Il cercare di porre dei limiti al desiderio, la preoccupazione per le vittime, tutto quello che si cerca di raggiungere attraverso l’imposizione di norme, divieti o il semplice consiglio, sono tutti fattori che facilmente sono riconducibili alla religione il cui comandamento principale è «Ama e rispetta il tuo prossimo come te stesso». Menzogna romantica e verità romanzesca Mediazione, imitazione e desiderio secondo Girard «Così dunque penso Sancio, amico mio; che il cavaliere errante che lo avrà saputo meglio imitare si avvicinerà maggiormente alla perfezione della cavalleria» Il modello ha funzione di mediatore tra il soggetto e il desiderio di questo collegato all’oggetto del desiderio. Desiderio, soggetto, oggetto: un triangolo che fa da cornice a un cerchio psicologico. Ogni conoscenza dell’altro è una conoscenza circolare che torna a colpire il soggetto a sua insaputa. Girard mette in opposizione il desiderio secondo l’altro con il desiderio secondo sé: attingendo i desideri dall’altro, questi vengono a confondersi con la volontà di essere sé. Secondo Stendhal le forme di imitazione vengono denominate come vanità e anche qui appare evidente il triangolo relazionale: Ø Un piccolo desiderio basta perché il vanitoso desideri; Ø Perché il vanitoso desideri basta dirgli che quel qualcosa è desiderabile. Sono i desideri degli altri quelli ispirati dalla vanità: tutti abbiamo l’impressione di rendere più intensamente degli altri. L’oggetto è un mezzo per raggiungere il mediatore, il desiderio mira all’essere del mediatore e questa voglia di essere l’altro viene paragonata da Proust alla sete. Il soggetto che desidera vuole trasformarsi nel mediatore, che cela il desiderio di cominciare una nuova vita in un’altra forma. Il desiderio secondo l’altro è sempre desiderio, dunque, di essere un altro. La menzogna è colei che mantiene in vita il desiderio triangolare, infatti alimenta una fede e una speranza continue che fanno sussistere il triangolo del desiderio. La vita comporta delle scelte, questo equivale a optare per un modello piuttosto che un altro: un modello umano o la possibilità di aggrapparsi ad un modello divino. Il soggetto si rivolge a questo altro (modello) che sembra godere dello spirito e dell’influenza divini. Il soggetto religioso crede di essere sempre sul punto di comprendere e conoscere il segreto del mediatore attraverso la fede. Il soggetto religioso non si separa dalla divinità tranne nel momento in cui il desiderio del mediatore stesso è di ostacolo al suo desiderio. L’essere umano necessita di un modello, anzi, di modelli da seguire per costruire se stessi attraverso gli altri. Il fedele non sopprime la trascendenza, solo la fa derivare da un aldilà a un aldiquà: l’imitazione di Cristo diviene imitazione del prossimo. «La passione con cui gli uomini si accaniscono a strapparsi gli oggetti o a moltiplicarli, non è un trionfo della materia, bensì del mediatore, Dio dal volto umano». Vita Activa Pensare Parlare Agire Perdonare L’azione produce storie… Pensare, agire, voler giudicare, amare, creare…sono le sfaccettature, le pluralità, sono i pezzi del puzzle della condizione umana. Non vi è unicità nell’universo, ma pluralità, in quanto molti sono gli esseri e le sensazioni che vi abitano. L’interazione rende possibile l’agire umano, l’identità stessa dipende dal riconoscimento degli altri. Agire non solo verso ma tra i molti, in una rete di relazioni tra gli individui. La condizione umana è azione: H. Arendt fa riferimento a tre condizioni fondamentali: attività lavorativa, operare e agire. L’essere umano nel mondo: l’azione mette in rapporto diretto gli individui nelle loro pluralità nell’universo. Il mondo stesso necessita delle mani dell’uomo che lo produce, prendendosene cura, organizzando, coltivando, attraverso il lavoro di ogni individuo volto al mantenimento della salute dell’uomo e della terra che lo ospita. Con la parola, con l’agire ci inseriamo nel mondo umano, discorso e azione sono i pilastri attraverso cui gli uomini si distinguono, sono le modalità in cui gli esseri umani appaiono gli uni agli altri non come oggetti ma in quanto uomini, nella loro unicità e identità personale. Inter-est-infra è la relazione tra gli individui, è l’intreccio delle relazioni umane. Azione e discorso sono circoscritte nell’intreccio e nelle parole delle persone con cui si è in costante contatto. L’azione, indipendentemente dal suo specifico, stabilisce sempre delle relazioni. contesto L’azione he sempre una direzione e si risolve nel fine ultimo del fatto. L’azione, come il discorso, crea uno spazio che trova la sua collocazione in ogni tempo e luogo, spazio in cui appaio agli altri come gli altri appaiono a me. Agire porta inevitabilmente a delle conseguenze, attese o non attese; l’azione ha un’enorme capacità di durata e trae la sua forza dall’ irreversibilità e dall’imprevedibilità. L’individuo è consapevole che agendo diventa colpevole delle conseguenze anche se non le aveva previste o inteso provocare. Attraverso l’azione e il discorso, che producono storie significative, l’uomo può essere liberato dalla mancanza di significati: svalutazione di tutti i valori e impossibilità di trovare criteri validi in un mondo determinato dalle categorie di mezzi e fini. È necessario che vi sia un significato nella vita umana. Ma come far fronte all’errore e all’irreversibilità e l’imprevedibilità dell’azione? A fronteggiare l’irreversibilità dell’agire umano interviene la facoltà di perdonare. A far fronte all’imprevedibilità e la caotica incertezza del futuro interviene la facoltà di fare e mantenere promesse. Le due facoltà si intersecano: Perdonare: distrugge i gesti del passato; Fare promesse: fa nascere nell’incertezza elementi di sicurezza. Senza essere perdonati la nostra capacità di agire rimarrebbe confinata ad un singolo gesto da cui non ci potremmo mai riprendere: rimarremmo vittime delle sue conseguenze. Senza l’essere legati a delle promesse non riusciremmo a mantenere la nostra identità e vagheremmo senza direzione tastando il buio e inciampando nelle incertezze, nelle contraddizioni e nelle ambiguità. Perdonare e agire sono connessi tra loro, il perdono e la relazione che esso stabilisce sono questioni personali in cui ciò che fu fatto è perdonato a chi lo ha fatto. L’amore possiede un insuperato potere di autorivelazione che permette di distinguere il chi ha agito da ciò che è scaturito dall’azione. «I suoi peccati, che sono molti, saranno perdonati; perché essa ha molto amato: poco ama chi poco è stato perdonato».