NOTA A SENTENZA
1754* 27 marzo 2013 - Sez. V - Pres. VOLPE, Est. AMICUZZI - Provincia di Avellino
(avv.ti Galietta G e Mercolino O.) c. Comune di Santo Stefano del Sole ed altro
(n.c.) - (Conferma T.A.R. Salerno, Sez. II, 20 marzo 2012 n. 520).
1. - Giurisdizione e competenza - Silenzio della P.A. - Silenzio rifiuto - Controversie - Posizioni di diritto soggettivo - Giurisdizione A.G.O.
1. - L’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del silenzio-rifiuto dell’Amministrazione è inammissibile allorché la posizione giuridica azionata consiste in un diritto
soggettivo, atteso che il silenzio-rifiuto può formarsi esclusivamente in ordine all’inerzia
su una domanda intesa ad ottenere l'adozione di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale, e quindi necessariamente incidente su posizioni di
interesse legittimo, e non già nell'ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti direttamente accertabili dall’Autorità giurisdizionale ordinaria.
1. - Cfr., fra le tante, Sez. V 17 gennaio 2011 n. 210, in questa Rassegna 2011, I, 69.
FATTO E DIRITTO. - 1.- Con ricorso giurisdizionale al T.A.R. Campania, Salerno, la
Provincia di Avellino ha impugnato il silenzio tenuto dal Comune di Santo Stefano del
Sole sulla istanza-diffida, datata 23 settembre 2011, con la quale essa Provincia aveva
chiesto il versamento delle somme dovute a titolo di Tributo per l'Esercizio delle Funzioni di Tutela, Protezione ed Igiene dell'Ambiente (T.E.F.A.) per le annualità dal 2004
al 2011 (spettante all'amministrazione provinciale, previa detrazione della commissione
dello 0.30 per cento a carico della Provincia ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 504/1992,
come modificato dal d.lgs. n. 4/2008), mai versate e assuntamente illegittimamente
trattenute. Detta Provincia ha anche chiesto, sussistendone i presupposti ex art. 31 del
c.p.a., la pronuncia circa la fondatezza di detta istanza e l'emanazione del conseguente
ordine all'amministrazione comunale intimata di provvedere all'emissione dei relativi ordinativi di pagamento a detto titolo.
2.- Con la sentenza in epigrafe indicata detto T.A.R. ha dichiarato inammissibile il
ricorso per difetto di giurisdizione.
Ciò nell'assunto che la Provincia non aveva agito nell'esercizio del potere impositivo
e che la controversia non atteneva all'an o al quantum del tributo da versarsi, riguardando la pretesa fatta valere l'assunto obbligo, derivante dall'art. 19 del citato d.lgs., di
versamento del tributo alla tesoreria della Provincia, nei termini e secondo le modalità
previste dal d.P.R. n. 43/1988.
Il T.A.R., esclusa la giurisdizione in materia del Giudice tributario ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546/1992, ha ritenuto che essa, vertendosi in materia di diritti soggettivi, appartenga al Giudice ordinario, non sussistendo alcun potere discrezionale dell'Ente locale, in relazione alla pretesa azionata, ed essendo
stato chiesto l'accertamento dell'obbligo del Comune, incaricato della riscossione, di
versare alla Provincia quanto percepito a titolo di tributo di sua spettanza.
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Ha inoltre ritenuto che lo speciale procedimento giurisdizionale, ora disciplinato
dall'art. 31 del c.p.a., non sia compatibile con le pretese che solo apparentemente abbiano ad oggetto una situazione di inerzia, in quanto concernono diritti soggettivi, ed ha
escluso l'ammissibilità del ricorso a detto procedimento quando la controversia attenga
a posizioni sulle quali il Giudice non ha giurisdizione, e la cui cognizione spetta ad altro
giudice, il quale può decidere direttamente la questione, avvalendosi dei poteri istruttori
di competenza, a prescindere dagli atti adottati dall'amministrazione e quindi anche nel
caso in cui non sia stato emanato alcun atto, nonostante il decorso dei termini prescritti
per la conclusione del relativo procedimento.
3.- Con il ricorso in appello in esame la Provincia di Avellino ha chiesto l'annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
"Errores in iudicando".
Sarebbe connotato da illegittimità il silenzio serbato dal Comune (che, nonostante
le richieste, non aveva mai provveduto al versamento delle somme dovute, né alla certificazione tecnico contabile attestante la esatta somma dovuta a titolo di T.E.F.A.) sulla
richiesta della Provincia volta alla quantificazione, previa determinazione amministrativa, delle somme riscosse e da riversare a favore di essa da parte dei Comuni (che a
tanto sono obbligati in base al disposto dell'art. 19 del d. lgs. n. 504/1992 e dell'art. 44
del d. lgs. n. 4/2008).
Posto che il rito del silenzio, che ha natura residuale, non è esperibile a tutela di posizioni soggettive la cui cognizione esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo
(G.A.), il giudizio sulla fondatezza della istanza, ex art. 2 della l. n. 241/1990, come modificato dalla l. n. 80/2005, sarebbe tuttavia ammissibile in relazione ad istanze volte a
sollecitare l'esercizio di poteri pubblici connotati da vincolatività.
Nel caso di specie, anche se il Comune è rimasto inerte a fronte di un diritto soggettivo riconosciuto dalla normativa in materia, la procedura attivata dalla Provincia consisteva in una richiesta di emissione di provvedimento amministrativo discrezionale finale
da emettersi obbligatoriamente da parte del Comune per definire ed appostare in bilancio somme da corrispondersi in uscita, con formale imputazione al bilancio di esercizio,
scorporate da quelle da appostarsi in entrata, cioè da trattenersi a titolo di commissione.
L'esatto importo di quanto dovuto a titolo di T.E.F.A. è quindi determinabile con
procedimento tecnico contabile afferente al potere discrezionale amministrativo da concludersi con atto gestionale o determinazione dirigenziale.
La istanza della Provincia mirava ad ottenere l'esercizio di un potere amministrativo
di determinazione contabile di quanto riscosso a titolo di T.A.R.S.U. e di quanto dovuto
alla Provincia a titolo di T.E.F.A., solo dopo il quale essa può avere l'esatta contezza del
proprio diritto e dell'esatto ammontare del credito vantato (che non sarebbe quantificabile mediante azione di accertamento innanzi al giudice ordinario, essendo precluso ai
poteri istruttori di esso ogni ingerenza nei pubblici poteri autoritativi, sebbene lesivi di
diritti soggettivi, "degradanti in questo caso ad interessi legittimi").
Se si negasse il ricorso allo strumento processuale del silenzio rifiuto nessuna tutela verrebbe assicurata a chi, pur essendo titolare di un diritto soggettivo, non può
azionare a causa del rifiuto dell'Ente ad adempiere ai suoi obblighi.
Erroneamente il Giudice di prime cure si sarebbe limitato a rimarcare la sussistenza
di un rapporto di tipo creditizio relativo ad un diritto soggettivo vantato dalla Provincia
nei confronti del Comune, mentre, trattandosi di attività vincolata, il potere cognitivo
del Giudice sulla fondatezza dell'istanza serve a consentire la piena delibazione circa
l'obbligo di provvedere del Comune, che è tenuto a determinare ed a riconoscere formalmente le somme di cui trattasi a favore della Provincia.
Poiché, quindi, la Provincia non ha agito per ottenere una certa somma fissata dalla
normativa ma per attivare un procedimento amministrativo da concludere con un provvedimento espresso e vincolato al riconoscimento e all'accertamento dell'esatto diritto
di credito vantato, il silenzio del Comune di Santo Stefano del Sole avrebbe dovuto es-
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sere sanzionato perché privo di giustificazione ed illegittimo, con accertamento della
fondatezza della istanza e statuizione dell'obbligo di detto Ente di iscrivere in bilancio le
somme a debito dovute.
4.- Con ordinanza 26 settembre 2012, n. 3856 la Sezione ha respinto la istanza di
sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata formulata con l'atto di
appello.
5.- Alla udienza in camera di consiglio del 14.12.2012 la causa è stata trattenuta in
decisione.
6.- Osserva la Sezione che, perché sia consentito il ricorso avverso il silenzio dell'Amministrazione, è essenziale che esso riguardi l'esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come interesse legittimo, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile allorché la posizione giuridica azionata dal ricorrente consista in un diritto soggettivo; il silenzio - rifiuto può infatti formarsi esclusivamente in ordine all'inerzia dell'Amministrazione su una domanda intesa ad ottenere l'adozione di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale e,
quindi, necessariamente incidente su posizioni di interesse legittimo, e non già nell'ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti.
La formazione del silenzio - rifiuto, o lo speciale procedimento giurisdizionale oggi
disciplinato dall'art. 117 del c.p.a., non risulta, infatti, compatibile con le pretese che
solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia, in quanto concernono diritti soggettivi la cui eventuale lesione è direttamente accertabile dall'autorità
giurisdizionale competente.
Ai sensi dell'art. 31 del c.p.a. è inammissibile il ricorso diretto all'accertamento dell'illegittimità del silenzio su un'istanza dell'interessato allorché il Giudice amministrativo
sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto giuridico sottostante ovvero si verta, comunque, nell'ambito di posizioni di diritto soggettivo, anche laddove sia riscontrabile
un'ipotesi di giurisdizione esclusiva.
Il ricorso avverso il silenzio - rifiuto costituisce, infatti, un'azione che richiede al
Giudice di esercitare una cognizione sul merito della causa, che, in taluni casi, può spingersi sino alla condanna dell'Amministrazione all'adozione di un provvedimento di contenuto predeterminato; si deve, pertanto, concludere nel senso che la giurisdizione del
G.A. in materia di silenzio - rifiuto si arresta laddove l'istanza inevasa abbia ad oggetto
una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva di altra autorità giudiziaria.
Invero, secondo nota e consolidata giurisprudenza (Consiglio Stato, Sez. V, 17
gennaio 2011, n. 210), l'art. 2 della l. n. 205/2000, che ha introdotto l'art. 21 bis della
l. n. 1034/1971 in tema di ricorso avverso il silenzio serbato dall'amministrazione, poi
confluito nell'art. 31 del c.p.a., non ha inteso creare un rimedio di carattere generale,
esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della pubblica amministrazione, e
pertanto sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del G.A. (il quale si
configurerebbe quindi come giudice del silenzio dell'Amministrazione), ma soltanto un
istituto giuridico relativo alla esplicazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole
ipotesi di mancato esercizio dell'attività amministrativa discrezionale.
Ne consegue che, nell'ipotesi che il procedimento attivato afferisca alla tutela di un
diritto soggettivo, l'azione di annullamento del silenzio-rifiuto della pubblica Amministrazione non è esperibile, poiché il giudizio sul silenzio presuppone l'esercizio di una potestà amministrativa, rispetto alla quale la posizione del privato si configura come interesse legittimo.
E che nel caso in esame si verta in materia di diritto soggettivo è indubbio, atteso
che non può riconoscersi altra natura all'obbligo, scaturente dall'art. 19 del d.lgs. n.
504/1992, di versamento del tributo di cui trattasi alla tesoreria della Provincia, nei termini e secondo le modalità previste dal d.P.R. n. 43/1988, senza che sia previsto l'esercizio di alcun potere discrezionale idoneo a degradare il diritto soggettivo a mero interesse legittimo, suscettibile di tutela solo dinanzi al G.A.
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Stabilisce infatti il comma 7 di detto art. 19 che "L'ammontare del tributo, riscosso
in uno alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previa deduzione della corrispondente quota del compenso della riscossione, è versato dal concessionario direttamente alla tesoreria della provincia" nei previsti termini e modalità.
La tariffa è unica e non costituisce, invero, frutto di una scelta discrezionale del Comune; peraltro, l'addizionale provinciale, essendo costituita da una percentuale fissa,
pari al 15%, da computarsi sull'importo della tassa principale, è determinabile sulla
base di un semplice calcolo aritmetico, e non possono insorgere difficoltà nella determinazione del suo ammontare.
È, quindi, inammissibile la impugnazione del silenzio-rifiuto, qualora, come nel caso
che occupa, la controversia attenga a posizioni di diritto soggettivo, a prescindere dagli
atti adottati dalla pubblica amministrazione e, quindi, anche nel caso in cui non sia stato
emanato alcun atto, nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del
relativo procedimento (Consiglio Stato, Sez. V, 17 settembre 2010, n. 6947), dovendo
in questo caso la tutela dell'interessato essere fatta valere mediante l'apposita azione di
accertamento (Consiglio Stato, sez. V, 6 luglio 2010, n. 4320).
7.- Per le considerazioni che precedono il ricorso in appello è da valutare insuscettibile di positiva valutazione e va respinto.
8.- Nessuna determinazione può essere assunta dal Collegio in ordine alle spese di
giudizio, stante la mancata costituzione delle parti intimate.
IL SILENZIO SERBATO DAL COMUNE SULLA DIFFIDA DI VERSAMENTO DEL
T.E.F.A. ALLA TESORERIA PROVINCIALE
SOMMARIO: 1. - Premessa. 2. - L’evoluzione storica del rito avverso il silenzio
in sintesi. 3. - La verifica preliminare come criterio di individuazione della giurisdizione. 4. - La giurisdizione in caso di omessa adozione di atti generali. 5. - La giurisdizione in materia di silenzio sulla stipula di contratti. 6. - La giurisdizione sull’istanza della Provincia per l’erogazione della TEFA. 7. - La giurisdizione sul silenzio
rifiuto in una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
1. - Premessa. - La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013 n.
1754, offre numerosi spunti di ricerca al fine di puntualizzare i casi in cui sussiste la
giurisdizione del giudice amministrativo per la controversia nascente dall’inerzia
della Pubblica amministrazione sull’istanza volta ad ottenere un bene giuridicamente tutelato.
La sussistenza della giurisdizione amministrativa, infatti, è essenziale, in
quanto da essa discende la possibilità di proporre un’azione avverso il silenzio(1) ex
art. 117 Cod. proc. amm., altrimenti inammissibile.
(1) In dottrina sul tema si segnala L. PRESUTTI, Il Silenzio Serbato dalla Stazione Appaltante
sull’Istanza di Revisione dei Prezzi, in Urbanistica e Appalti, 2013, n. 2, pag. 212; A. CORRADO, Silenzio amministrativo e nuovi poteri sostitutivi dopo il decreto legge n. 5/2012 (conv. dalla legge
35/2012), in Il nuovo diritto amministrativo, 2013, n. 1, pag. 25; A. AULETTA, Comunicazione del
preavviso di rigetto, interruzione dell’inerzia dell’amministrazione: le diverse soluzioni fornite riguardo alla questione se sussiste o meno il potere del giudice di accertare, prima dell’emanazione
del provvedimento finale ovvero prima che sia spirato il temine per adottarlo, la sussistenza dell’obbligo di provvedere, in La rivista nel diritto, 2012, n. 8, pag. 1398; L. PRESUTTI, L’Insussistenza
dell’Obbligo di Provvedere sulle Istanze di Riesame, in Rivista Amministrativa della Repubblica
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La vicenda portata innanzi al Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa
trae origine da un’istanza della Provincia di versamento del Tributo per l’Esercizio
delle Funzioni di Tutela, Protezione ed Igiene dell’Ambiente riscosso dal Comune, in
qualità di concessionario della riscossione.
In particolare, con ricorso giurisdizionale al T.A.R., la Provincia ha impugnato il
silenzio tenuto dal Comune sulla istanza-diffida con la quale essa aveva chiesto il
versamento delle somme dovute a titolo di Tributo per l’Esercizio delle Funzioni di
Tutela, Protezione ed Igiene dell’Ambiente (T.E.F.A.), mai versate e illegittimamente trattenute.
Il T.A.R. ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione.
La Provincia, pertanto, ha proposto ricorso in appello al Consiglio di Stato, chiedendo l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha respinto il ricorso confermando la sentenza del
Collegio regionale, in quanto tra la Provincia e il Comune sussiste un rapporto paritetico e non autoritativo, tale da configurare in capo alla Provincia una situazione
Italiana, 2012, n. 7-8, pag. 539; A. BLASINI, La rilevanza del tempo del procedimento amministrativo: la parabola del danno da ritardo nei più recenti orientamenti giurisprudenziali, in La rivista
nel diritto, n. 8, 2012, pag. 1366; C. GUACCI, La Tutela avverso l’Inerzia della Pubblica Amministrazione, Torino, 2012; V. LOPILATO, Commento all’art. 117 Cod. proc. amm. in Codice del nuovo processo amministrativo, a cura di F. CARIGELLA-M. PROTTO, Roma, 2010, pag. 1053; V. LOPILATO,
Commento all’art. 31 Cod. proc. amm. in Codice del nuovo processo amministrativo, a cura di F. CARIGELLA-M. PROTTO, Roma, 2010, pag. 384; F. MANZONI, La tutela giurisdizionale del silenzio rifiuto
tra attività vincolata e discrezionale: spunti di riflessione, in Foro amministrativo TAR, 2010, pag.
775; G. BACOSI, Silenzio… parla Palazzo Spada, in www.giust.it; M. DONNICI, Giudizio sul silenzio
inadempimento e accertamento della fondatezza dell’istanza - excursus normativo e breve analisi
delle nuove norme in materia (nuovo codice del processo amministrativo - l. 104/2010) in www.dirittoeprocesso.com; O. TORIELLO, Le nuove regole del tempo amministrativo, in Il nuovo procedimento amministrativo, a cura di F. CARINGELLA-M. PROTTO, Roma, 2009, pag. 80; S. TENCA, Il termine del procedimento amministrativo, in Comuni d’Italia, 2006, n. 7-8, pag. 26; R. DE PIERO, La
fonte dell’obbligo di dare risposta alle istanze dei privati, in Urbanistica e appalti, 2005, 6, pag. 693;
E. STICCHI DAMIANI, L’accertamento della fondatezza dell’istanza nel giudizio sul silenzio, in Foro
amministrativo TAR, 2005, pag. 3365; C.E. GALLO, Il giudizio avverso il silenzio della P.A.: la cumulabilità delle azione e la convertibilità dei riti, in Urbanistica e Appalti, 2004, 8, pag. 926; M. CORRADINO, Termini, efficacia dei provvedimenti e silenzio dell’Amministrazione nelle “riforme” della legge
n. 241/1990, in www.giustizia-amministrativa.it; F. GIGLIONI, Il ricorso avverso il silenzio tra tutela
oggettiva e tutela soggettiva, in Dir. proc. amm., 2002, pag. 939; F. SATTA, Impugnativa del silenzio e motivi di merito, in Foro amm. CDS, 2002, pag. 49; G. GUCCIONE, Il ricorso avverso il silenzioinadempimento dell’amministrazione: breve ricostruzione storica dell’istituto ed applicazioni giurisprudenziali del rito ex art. 2 della legge n. 21luglio 2000, n. 205, in Dir. proc. amm., 2002, pag. 1096
e segg.; L. TARANTINO, Il giudizio sul silenzio amministrativo: soluzioni giurisprudenziali e dottrinali
e confronto, in Il nuovo processo amministrativo, a cura di F. CARINGELLA-M. PROTTO, Milano, 2002,
pag. 131; D.F.G. TREBASTONI, Silenzio della pubblica amministrazione e oggetto del giudizio: un problema di tutela effettiva, in Foro amm. CDS, 2002, II, pag. 242; C. CRISCENTI, Il rito del silenzio nel
nuovo processo amministrativo, in Urbanistica e appalti, 2001, pag. 652; S. GIACCHETTI, Il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione e “le macchine di Munari”, in Cons. Stato, 2001, II, pag. 640; M.
OCCHIENA, Riforma della l. 241/1990 e “nuovo” silenzio-rifiuto: del diritto v’è certezza, in www.giustamm.it; S. PELILLO, Le nuove decisioni in materia di giustizia amministrativa (legge 21luglio 2000,
n. 205): il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, in www.giust.it; N. SAITTA, Ricorsi contro il
silenzio della PA: quale silenzio?, in Giust. It., 2001, n. 7/8, pag. 4; S. Fantini, Il rito speciale in materia di silenzio della pubblica amministrazione, in Trib. amm. reg., 2000, II, pagg. 609 e ss.; D. IARIA,
Il ricorso e la tutela contro il silenzio, in Giorn. dir. amm., 2000, pag. 1077; D. MARRAMA, Nuovo rito
e oggetto antico nel giudizio sul silenzio non significativo della pubblica amministrazione, in Cons. Sato,
2001, II, pag. 1996; M. CLARICH, Termine del Procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995;
F.G. SCOCA - M. D’ORSOGNA, Silenzio, clamori di novità, in Dir. Proc. Amm., 1995, pag. 397; G.
GRECO, Silenzio della pubblica amministrazione ed oggetto del giudizio amministrativo, in Giur. It.,
1983, III, pag. 138; A.M. SANDULLI, Sul regime attuale del silenzio inadempimento della Pubblica Amministrazione, in Riv. Dir. Pubbl., 1977, pagg. 169 e ss; F.G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, 1971; S. CASSESE, Inerzia e silenzio della pubblica amministrazione, in Foro amministrativo, 1963, n. 1, pagg. 29 e ss; U. FORTI, Il silenzio della pubblica amministrazione ed i suoi effetti processuali, in Studi in Onore di Federico Cammeo, Padova, I, 1933, pagg. 533 e segg.; U. BORSI,
Il silenzio della Pubblica Amministrazione, in Giur. It., 1903, IV, pag. 258.
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giuridica di diritto soggettivo al versamento del tributo e in capo al Comune un obbligo di versarlo.
2. - L’evoluzione storica del rito avverso il silenzio in sintesi. - Il primo presupposto imprescindibile per l’operatività della disciplina processuale avverso il silenzio
di cui all’art. 117 Cod. proc. amm. concerne la sussistenza della giurisdizione del
giudice amministrativo.
Per l’applicazione del rito avverso il silenzio è in primo luogo necessario che il
privato sia portatore di una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo pretensivo al bene della vita che si intende perseguire tramite l’esercizio negato dell’azione amministrativa.
In verità, tale posizione non è stata sempre pacifica, poiché in passato si è sostenuto che l’inerzia dell’Amministrazione non fosse idonea a porre in luce una posizione soggettiva di interesse legittimo per il cittadino(2), il quale non poteva avvertire gli effetti di un potere pubblicistico mai esercitato. In questa prospettiva,
inoltre, sussisterebbe un vero e proprio diritto soggettivo alla conclusione del procedimento amministrativo.
Tale posizione è stata poi smentita dallo stesso Legislatore, che, con la L. 21 luglio 2000n. 205, introdusse l’art. 21 bis alla L. 6 dicembre 1971 n. 1034, disciplinando un rito speciale per la tutela giurisdizionale dell’inerzia dell’Amministrazione.
Un’altra voce della dottrina ha poi sostenuto che il rito speciale fosse applicabile soltanto per quelle situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, ma non per quelle materie rientranti nell’ambito della giurisdizione esclusiva(3). Il rito speciale, infatti, in tal caso,
non potrebbe trovare applicazione, poiché il privato si troverebbe comunque in una
posizione di diritto soggettivo al bene della vita negato.
Una prima smentita ad una tale ricostruzione ermeneutica è giunta dal Legislatore, che, con L. 18 giugno 2009 n. 69, introducendo l’art. 2 bis alla L. 7 agosto
1990 n. 241, ha previsto espressamente che le controversie in materia di danno da
ritardo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. La disposizione è stata poi abrogata e confluita nell’art. 133 Cod. proc. amm.
Tale codificazione, tuttavia, ha generato notevoli ambiguità, poiché indurrebbe
l’interprete a considerare il risarcimento del danno come una materia autonoma,
devolvibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, impattando inevitabilmente con i principi dettati dalla Consulta con le note sentenze n. 204 del
2004 e n. 191 del 2006(4).
(2) Sulla problematica vedi N. PAOLANTONIO, Commento all’art. 7 Cod. proc. amm., in Codice
del processo amministrativo, a cura di R. GAROFOLI-Gi. FERRARI, Roma, 2012, pag. 89.
(3) La posizione è riferita da C. GUACCI, La Tutela avverso l’Inerzia della Pubblica Amministrazione, Torino, 2012, pag. 107. In giurisprudenza vedi T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 19 dicembre
2012, n. 756, in Foro amm. TAR, 2012, 12, pag. 4027; T.A.R. Catania, Sez. III, 11 dicembre 2012,
n. 2957, in Foro amm. TAR, 2012, 12, pag. 4049; T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 ottobre 2012 n. 8767, in
Foro amm. TAR, 2012, 10, pag. 3191; T.A.R. Lecce, 25 ottobre 2012 n. 1746 in Urbanistica e Appalti, 2013, n. 2, pag. 212, con nota di L. PRESUTTI, Il Silenzio Serbato dalla Stazione Appaltante
sull’Istanza di Revisione dei Prezzi.
(4) Corte costituzionale 11 maggio 2006 n. 191, in questa Rassegna 2006, III, 292 e in Giurisprudenza costituzionale, 2006, con nota di S. LARICCIA, Alla ricerca di provvedimenti amministrativi mediatamente riconducibili all’esercizio di un potere pubblico: un nuovo avverbio per il dibattito
tra i giudici, gli avvocati e gli studiosi della giustizia amministrativa italiana, pagg. 1935 segg.; e di
G. GRECO, Giurisdizione esclusiva e dintorni: la Corte apre alla tutela meramente risarcitoria davanti
al giudice amministrativo?, pagg. 1945 segg. Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, in Giustizia
costituzionale, Milano, 2004, con nota di F.G. SCOCA, Sopravvivrà la giurisdizione esclusiva?, pag.
2209, e di S. LARICCIA, Limiti costituzionali alla “discrezionalità” del legislatore ordinario nella disciplina della giustizia amministrativa, pag. 2220. Ma anche in Giornale di diritto amministrativo, n.
9, 2004, pagg. 969 ss con note di M. CLARISCH, La “tribunalizzazione” del giudice amministrativo
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Secondo la Consulta, il risarcimento del danno non configura una materia utile
all’individuazione della posizione soggettiva ai fini della giurisdizione, ma è soltanto
una tutela ulteriore posta a disposizione del giudice, sia esso amministrativo ovvero
ordinario, per la tutela del cittadino.
Sennonché, la disciplina normativa del risarcimento del danno da ritardo è soltanto indicativa ma non esaustiva ai fini della corretta individuazione dell’ambito di
applicazione giurisdizionale del rito speciale avverso il silenzio.
Invero, nel rispetto dei principi dettati dalle sentenze della Corte costituzionale
sopra citate, l’individuazione dell’ambito di applicazione del rito avverso il silenzio
non può prescindere dall’esercizio, ancorché mediato, del potere amministrativo,
tanto che nell’individuazione dei casi di inerzia dell’Amministrazione da decidere
con rito speciale innanzi agli organi di giustizia amministrativa devono applicarsi gli
stessi criteri che si applicano nell’ambito dei giudizi di tipo impugnatorio.
In tale prospettiva, restano esclusi dalla giurisdizione del giudice amministrativo i casi di silenzio consistenti in un mero comportamento materiale, dove non è
possibile riscontrare alcun interesse di natura pubblicistica(5) nella risposta dell’Amministrazione al cittadino(6).
3. - La verifica preliminare come criterio di individuazione della giurisdizione. Il primo presupposto per l’esperibilità del rito speciale è che l’istanza si riferisca a
materia spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo configurato l’istituto come rimedio a carattere generale.
L’art. 117 Cod. proc. amm. costituisce esclusivamente una norma sul processo,
che presuppone, senza fondarla(7), la giurisdizione del giudice amministrativo e, soprattutto, senza fare del silenzio una materia autonoma e distinta da quella che si
riconnette alla domanda del privato(8).
In questa prospettiva, l’applicabilità del rito speciale richiede una verifica preliminare tendente ad accertare l’esistenza della giurisdizione del giudice amminievitata, A. POLICE, La giurisdizione del giudice amministrativo è piena ma non è esclusiva, B.G.
MATTARELLA, Il lessico amministrativo della consulta e il rilievo costituzionale dell’attività amministrativa, A. PAJANO, Giurisdizione esclusiva ed arbitrato costituzionale. Ancora in Giustizia civile, Milano, 2004, pagg. 2207 ss con nota di P. SANDULLI, L’analisi “critica” della Corte Costituzionale sulla
giurisdizione per materia.
(5) R. GIOVAGNOLI, Il silenzio e la nuova scia. Obbligo di provvedere, danno da ritardo e nuove
forme di liberalizzazione e semplificazione, Milano, 2011, pag. 98.
(6) Ex multis Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 2010 n. 1146, in questa Rassegna 2010, I, 196
e in www.giustizia-amministrativa.it, “Deve essere esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo sul silenzio rifiuto dell’amministrazione, allorché la controversia attenga a posizioni di diritto
soggettivo sulle quali il giudice amministrativo non ha giurisdizione esclusiva, e la cui cognizione
spetta al giudice ordinario, il quale può decidere direttamente la questione avvalendosi dei poteri
istruttori che gli competono, a prescindere dagli atti adottati dall’amministrazione e quindi anche nel
caso in cui non sia stato emanato alcun atto, nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del relativo procedimento. La formazione del silenzio rifiuto, e lo speciale procedimento giurisdizionale fissato dall’art. 21 bis della legge n. 1034/1971, con la finalità di dare all’amministrato
un potere procedimentale (strumentalmente rivolto a rendere effettivo l’obbligo giuridico della pubblica amministrazione di provvedere esplicitamente sulle istanze degli interessati) risultano incompatibili con le pretese che solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia, in
quanto concernono diritti soggettivi la cui eventuale lesione sia direttamente accertabile dall’autorità giurisdizionale”.
(7) Ex multis Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2009 n. 1116, in Giornale Dir. Amm., 2009, 5,
pag. 533; Ragiusan, 2009, pagg. 305-306, 268. “Il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione
non costituisce una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva, bensì una specifica forma di tutela dell’interessato nei confronti del comportamento inerte della pubblica amministrazione. Tale strumento
processuale non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale (come nel caso di controversie concernenti rapporti di lavoro privatizzato)”.
(8) R. GAROFOLI-Gi. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2010, pag. 601.
IV - 3
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strativo sulla materia nella quale l’Amministrazione è rimasta inerte a fronte dell’istanza del privato.
Del resto, il silenzio dell’Amministrazione può configurarsi solo rispetto al mancato esercizio del potere, mentre, allorché si deduca una lesione del diritto soggettivo, occorre proporre un’azione di accertamento, volta ad ottenere il riconoscimento di quel diritto(9).
Di conseguenza, l’esperibilità del rito speciale avverso il silenzio è esclusa nell’ipotesi in cui l’inerzia dell’Amministrazione si riferisce ad un atto non avente natura e caratteri di provvedimento amministrativo, come il caso degli atti negoziali
unilaterali che la Pubblica amministrazione adotta in veste di datore di lavoro nei
confronti dei propri dipendenti(10).
4. - La giurisdizione in caso di omessa adozione di atti generali. - Il ricorso speciale avverso il silenzio è precluso anche laddove manchi uno specifico destinatario
dell’azione amministrativa, ancorché questa sia diretta all’adozione di atti indirizzati
a determinate categorie di soggetti, poiché in ragione della loro astrattezza vedono
come destinatari la collettività(11). Pertanto, il rito speciale non è applicabile in caso
di omessa adozione di atti regolamentari.
Tra l’altro, è giusto il caso di osservare che, per l’omessa o ritardata adozione
di atti generali, nei tempi più recenti, è stato introdotto uno strumento processuale
ad hoc.
Con D.L.vo 20 dicembre 2009n. 198 di attuazione dell’art. 4 L. 4 marzo 2009
n. 15, è stato istituito il “ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici” (c.d. Class Action pubblicistica)(12).
Ai sensi dell’art. 1 D.L.vo n. 198 del 2009, i titolari di interessi giuridicamente
rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi
pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla
violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e
non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento.
L’ordinamento giuridico, pertanto, non è più sfornito di uno strumento di tutela
volto a far valere lesioni a posizioni giuridiche rilevanti per l’omessa adozione di atti
generali(13) radicando la giurisdizione del giudice amministrativo per controversie
che precedentemente erano attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario.
(9) F. CARINGELLA-M. PROTTO, Manuale di Diritto Processuale Amministrativo, Roma, 2012,
pag. 1177.
(10) PIGNATARO, Gli atti di organizzazione e di gestione del personale alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni, in Cons. Stato, 2002, II, pag. 1435.
(11) Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2009 n. 4351, in www.giustizia-amministrativa.it, “Il rito
speciale ex art. 21 bis L. n. 1034/1971 va considerato impraticabile ove manchi uno specifico e individuato destinatario dell’azione amministrativa, ancorché questa sia indirizzata all’adozione di atti
rivolti a categorie di soggetti determinate; in tale ipotesi vanno ascritti gli atti normativi (quali i regolamenti), che per la loro generalità e astrattezza vedono quali loro destinatari la collettività, ovvero categorie di soggetti genericamente e astrattamente considerate”.
(12) G. FIDONE, L’azione per l’efficienza nel processo amministrativo: dal giudizio sull’atto a
quello sull’attività, Torino, 2012; U.G. ZINGALES, Una singolare forma di tutela del cittadino nei confronti della P.A.: la Calss Action, in Giornale di diritto amministrativo, 2010, n. 3, pag. 246; F. CARINGELLA-M. PROTTO, Manuale di Diritto Processuale Amministrativo, Roma, 2012, pag. 1529.
(13) F. Caringella, Al debutto la Class Action nei confronti della P.A., in Il diritto per i concorsi,
2010, n. 1, pag. 155. L’Autore osserva che “con riferimento ai ritardi amministrativi il rimedio in parola si affianca al rimedio individuale praticabile dal singolo soggetto leso dalla violazione dei termini
procedimentali di cui all’art. 2 della legge 241/1990, arricchito dalla tutela risarcitoria per effetto
dell’innovativa disciplina dettata dall’art. 2 bis della legge n. 241/1990, aggiunto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69”.
DOTTRINA
131
5. - La giurisdizione in materia di silenzio sulla stipula di contratti. - È opportuno osservare che la casistica giurisprudenziale non è del tutto pacifica nell’escludere il ricorso avverso il silenzio per la stipulazione di contratti.
Attesa la natura privatistica di un contratto di compravendita, l’esperibilità del
rimedio di cui all’art. 117 Cod. proc. amm., al fine di spingere l’Amministrazione alla
sottoscrizione del negozio traslativo, non dovrebbe essere consentita.
In tal caso, tuttavia, le Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione(14)
hanno ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo con la relativa
esperibilità del rito avverso il silenzio, in ragione della considerazione che a monte
della stipula del contratto si collochi la delibera consiliare di autorizzazione al Sindaco a concludere il contratto di compravendita immobiliare.
In tale prospettiva, la delibera consiliare si configurerebbe come un atto autoritativo che impone al Sindaco la stipula dell’atto traslativo. Nella stessa direzione
ermeneutica, pertanto, la stipulazione consisterebbe in un atto meramente consequenziale ad una sequenza procedimentale e alla sua conseguente attrazione alla
sfera pubblica(15).
In senso opposto, in un caso analogo, il Consiglio di Stato(16) ha escluso la possibilità di esperire il rito avverso il silenzio per ottenere la stipula del contratto di
compravendita immobiliare, sulla base della considerazione che, sebbene la delibera di autorizzazione alla stipula abbia connotati pubblicistici, il procedimento
complessivamente considerato è volto alla stipula di un atto di matrice meramente
privatistica, dove rilevano posizioni paritetiche tra i contraenti.
Sarebbe, tuttavia, opportuno accogliere, per i casi del genere, un orientamento
intermedio, basato sulla argomentazione che il rito avverso il silenzio sia esperibile
solo a condizione che il contratto da stipulare abbia un’evidenza pubblica, come il
caso degli accordi di cui agli artt. 11 e 15 legge n. 241 del 1990.
Del resto, l’art. 133 Cod. proc. amm. devolve alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo le controversie in materia di “formazione, conclusione ed
esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e
degli accordi fra pubbliche amministrazioni”.
È tuttavia opportuno puntualizzare che contrasti si registrano sia in ordine agli
accordi sostitutivi del provvedimento(17) di cui agli art. 11 legge n. 241 del 1990,
(14) Cass. civ. (ord.), SS.UU., 4 giugno 2007 n. 13052, in questa Rassegna 2007, III, 569;
Giornale Dir. Amm., 2007, 9, pag. 994. “La delibera comunale che autorizza la vendita di un bene
immobile ad un privato è priva di rilevanza esterna ed ha solo funzione preparatoria rispetto alla stipulazione del successivo contratto di compravendita. Di conseguenza, la posizione del privato che
aspira alla conclusione del contratto è di interesse legittimo e trova tutela dinanzi alla giurisdizione
del giudice amministrativo”.
(15) In questi termini, R. DE NICTOLIS, Rassegna della giurisprudenza amministrativa e delle
sezioni consultive del Consiglio di Stato-anno 2007, in www.giustizia-amministrativa.it.
(16) Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2003 n. 2196, in Comuni d’Italia, 2003, 7-8, pag. 90; Foro
Amm. CDS, 2003, pag. 1330; Urbanistica e appalti, 2003, 10, pag. 1196 con nota di Tarantino. “È
inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso avverso il silenzio rifiuto osservato dall’amministrazione comunale sulla diffida a stipulare un atto pubblico di trasferimento, in favore del ricorrente, di un terreno di proprietà comunale. Infatti, la richiesta di condanna
del comune alla stipula di un contratto di compravendita di terreno assegnato al ricorrente - atto di
natura privatistica - afferisce alla tutela di un preteso diritto soggettivo, materia rientrante, salve le
ipotesi di giurisdizione esclusiva, nella giurisdizione del giudice ordinario”.
(17) T.A.R. Bari, Sez. I, 2 aprile 2008 n. 754, in www.giustizia-amministrativa.it, “Gli accordi
ex art. 11 L. n. 241/1990 devono essere necessariamente preceduti da un atto amministrativo adottato dall’autorità competente all’esito di un procedimento amministrativo cui si applica l’art. 2 L. n.
241/1990 con conseguente obbligo per la P.A. di concluderlo con adozione di un provvedimento
espresso. Trattandosi di accordo necessariamente preceduto da atto amministrativo, è pertanto ammissibile il rimedio giurisdizionale di cui all’art. 21 bis L. n. 1034/1971 avverso il silenzio serbato dall’organo competente ad adottare la determinazione preliminare all’accordo ex art. 11”. Vedi anche
Cass. civ., SS.UU., 12 marzo 2001 n. 105, in Mass. Giur. It., 2001; Giust. Civ., 2001, I; Giur. It.,
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sia in ordine agli accordi di programma(18) di cui all’art. 15 della stessa legge.
6. - La giurisdizione sull’istanza della Provincia per l’erogazione del TEFA. - Il
Tributo per l’Esercizio delle Funzioni di Tutela, Protezione ed Igiene dell’Ambiente,
in acronimo T.E.F.A., è una obbligazione tributaria provinciale(19), istituita dall’art.
19 D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504.
L’art. 19 comma 2 del decreto appena citato dispone che il tributo è commisurato alla superficie degli immobili assoggettata dai comuni alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed è dovuto dagli stessi soggetti che, sulla base delle
disposizioni vigenti, sono tenuti al pagamento della suddetta tassa. Ai sensi del
comma 7 dello stesso articolo, inoltre, l’ammontare del tributo, riscosso in uno alla
tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previa deduzione della corrispondente quota del compenso della riscossione, è versato dal concessionario direttamente alla tesoreria della provincia. I termini e le modalità del versamento che il
comune è tenuto ad effettuare direttamente alla tesoreria della provincia sono disciplinati dal D.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43.
Il T.E.F.A., pertanto, si atteggia come un’addizionale(20) sulla T.A.R.S.U. o sulla
2001; Urbanistica e appalti, 2001, 8, pag. 856, con nota di Conti. “La controversia tra privato e p.a.
per la definizione della fase procedimentale prodromica all’eventuale accordo determinativo del contenuto discrezionale di un provvedimento - ovvero, nei casi previsti dalla legge, sostitutivo del medesimo - previsto dall’art. 11 L. 7 agosto 1990 n. 241 nell’esercizio della funzione amministrativa,
per comporre gli interessi pubblici e privati, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo
perché anche tale fase rientra in quella per la formazione del predetto accordo, la cui controversia è
devoluta, ai sensi del comma 5 del succitato art. 11, in via esclusiva al predetto giudice - eliminando
pertanto in radice ogni questione sul riparto di giurisdizione - secondo il criterio della tipologia dell’atto, e quindi indipendentemente dalla materia oggetto di esso. (Nella specie un appartenente alla
famiglia Torlonia aveva impugnato dinanzi al giudice amministrativo il silenzio rifiuto del Ministero
dei beni culturali, della Soprintendenza archeologica e della Soprintendenza BB.AA.AA. al Ministero
dei beni culturali, alla Soprintendenza archeologica e alla Soprintendenza BB.AA.AA., diffidati a concludere, nel termine di cui all’art. 1 legge n. 241 del 1990, il procedimento amministrativo preordinato alla conclusione di un accordo di programma sul contenuto del provvedimento amministrativo
da emanare per l’utilizzazione museale edilizia dell’area di proprietà dell’interessato)”.
(18) Per gli accordi di cui all’art. 15 legge n. 241 del 1990, si segnala il seguente contrasto giurisprudenziale: nel senso dell’esperibilità del rito avverso il silenzio vedi Cons. Stato, Sez. IV, 12 novembre 2009 n. 7057, in questa Rassegna 2009, I, 1470; in www.giustizia-amministrativa.it, “Poiché la finalità dell’art. 11 comma 5 L. n. 241/1990 è quella di riservare al Giudice amministrativo la
cognizione piena (estesa, cioè, anche ai diritti) dell’esercizio della funzione amministrativa, anche
quando esercitata con il modulo convenzionale, anziché unilaterale ed autoritativo, la circostanza
che una controversia tragga origine dall’esecuzione di un accordo assoggettato, in forza degli artt.
11 e 15 della detta legge del 1990, ai principi del c.c., non è ragione sufficiente per escludere la natura autoritativa del potere esercitato e la conseguente giurisdizione amministrativa. Spetta, dunque, al Giudice amministrativo conoscere della controversia avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato da un Consorzio (a cui è stato affidato lo svolgimento delle funzioni
connesse alla sfruttamento di aree industriali) sull’istanza presentata dalla Comunità montana, volta
ad ottenere il provvedimento di revoca e/o decadenza dall’assegnazione dell’area ceduta, sita in
zona PIP, e la risoluzione del contratto stipulato. (Riforma della sentenza del T.A.R. Molise n. 75 del
2009, in questa Rassegna 2009, II, 442). Contra Cons. Stato, Sez. IV, 12 novembre 2009 n. 7057,
in questa Rassegna 2009, I, 1470; Urbanistica e appalti, 2010, 4, pag. 445, con nota di MANGANARO e VIZZARI. “L’atto con cui una Comunità montana ed un Comune affidano ad un Consorzio
per lo sviluppo industriale l’attuazione di un piano degli insediamenti produttivi è un accordo tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241/1990, attribuito alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. In questo caso, l’inerzia mantenuta da un’amministrazione a
fronte di una diffida di altra amministrazione, avendo ad oggetto un diritto soggettivo, non può essere presupposto del rito abbreviato previsto dall’art. 2 della legge n. 205/2000, che riguarda solo
l’inerzia in ordine ad interessi legittimi”.
(19) Per un’efficacie disamina dei tributi provinciali vedi T. VENTRE, La disciplina dei tributi provinciali, in Il Nuovo Sistema Fiscale degli Enti Locali a cura di F. AMATUCCI, Torino, 2010.
(20) In argomento vedi Cass. civ., Sez. V, 2 aprile 2010 n. 8087, in CED Cassazione, 2010, “In
tema di riscossione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la mancata formazione di
DOTTRINA
133
T.I.A., riscosse direttamente dai comuni, che sono tenuti a versare una percentuale
fissa sull’entrata tributaria alla provincia.
L’art. 19 D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, in un primo momento abrogato dall’art. 264 comma 1 lett. n) D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, cd. Codice dell’Ambiente, è
stato successivamente reintrodotto dall’art. 2 comma 44 D.L.vo 16 gennaio 2008 n.
4.
La lett. n) del comma 1 dell’art. 264 del Codice dell’Ambiente, infatti, è stata
soppressa dal comma 44 dell’art. 2 D.L.vo n. 4 del 2008, che, a decorrere dalla data
della sua entrata in vigore, ha fatto salva l’applicazione del T.E.F.A.
Di conseguenza, il tributo in argomento è inapplicabile(21) per inesistenza giuridica(22) nel periodo compreso tra il 29 aprile 2006, data entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, e il 13 febbraio 2008, data di entrata in vigore del D.L.vo n. 4
del 2008.
Vista la natura tributaria della pretesa della provincia nei confronti del comune
è preliminarmente opportuno fugare ogni dubbio sulla sussistenza della giurisdizione tributaria.
L’istanza della provincia rivolta al comune diretta ad ottenere il versamento
ruoli separati per ciascuna voce - tributo principale e addizionale provinciale - o, comunque, l’omessa specificazione di tali voci nell’unico atto all’uopo predisposto, si esauriscono in una mera irregolarità del ruolo, atteso che nessuna norma sanziona con la nullità dette carenze. Analogamente,
non determina alcun vizio dell’atto la mancata indicazione, nella cartella di pagamento, delle due
voci suindicate, almeno quando la tariffa è unica e non costituisce frutto di una scelta discrezionale
del Comune. Peraltro, l’addizionale provinciale, essendo costituita da una percentuale fissa, pari al
15%, da computarsi sull’importo della tassa principale è determinabile sulla base di un semplice calcolo aritmetico, onde non possono insorgere difficoltà nella determinazione del suo ammontare”.
Nello stesso senso vedi Cass. civ., Sez. V, 29 gennaio 2008 n. 1907, in Mass. Giur. It., 2008, CED
Cassazione, 2008; ma anche Cass. civ. Sez. V, 2 settembre 2004 n. 17708, in Mass. Giur. It., 2004,
CED Cassazione, 2004.
(21) Con l’entrata in vigore del D.L.vo n. 152 del 2006, Codice Ambientale, dal 29 aprile 2006,
era stato abolito il tributo provinciale “TEFA” di cui all’art. 19 D.L.vo n. 504 del 1992. Questo tributo
(riscosso come percentuale di TARSU o TIA), è stato ripristinato soltanto con il D.L.vo n. 4 del 2008
entrato in vigore il 13/02/2008. Sul problema sono seguiti contenziosi e discussioni giurisprudenziali
con opposti pareri del Ministero delle Finanze e degli Enti locali. Oggi un valido ausilio viene fornito
da un Parere della Corte dei Conti (Sez. Regionale per il Piemonte, Parere 17/2009), e dalle sentenze
della Commissione Tributaria Provinciale di Latina (n. 324/1/10, n. 267/1/10, n. 260/1/10) che confermano come il ripristino della norma comporta la sua inapplicabilità per “inesistenza giuridica” nel
periodo immediatamente precedente ovvero a partire dal momento della precedente abolizione.
(22) Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, Parere 13 maggio 2009 n.
SRCPIE/17/2009/PAR, “l’art. 19 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, che ha appunto istituito il tributo a favore delle province a fronte delle competenze di queste ultime in materia di rifiuti era stato
abrogato dalla lettera n) del comma 1 dall’art. 264 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152. La suddetta lettera
n) è stata tuttavia soppressa dal comma 44 dell’art. 2 D.L.vo 16 gennaio 2008, n. 4 che, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, ha fatto salva l’applicazione del tributo in discorso. Tale
ultima norma è successiva al citato art. 33 bis, che, pertanto, non può avere implicitamente abolito
il tributo in favore delle province. Detto tributo è stato fatto salvo all’atto della soppressione della
tassa per lo smaltimento dei rifiuti (sostituita con una tariffa a corrispettivo del servizio) dall’art. 49
del D.L.vo 5 febbraio 1997 n. 22 (recante “Istituzione della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani”).
Questa Sezione è dell’avviso che il ridetto tributo provinciale, pur se dovuto dagli stessi soggetti tenuti al pagamento della tariffa comunale, abbia natura diversa da questa e segua modalità di riscossione diverse (a differenza che nel regime anteriore al citato D.L.vo n. 22 del 1997, dove era liquidato e iscritto a ruolo dai comuni contestualmente alla tassa comunale sui rifiuti) e non possa ritenersi automaticamente coperto dal contributo statale di cui al più volte citato art. 33 bis D.L. n.
248 del 2007. Specifica infatti il medesimo art. 33 bis che “A decorrere dal medesimo anno 2008, le
istituzioni scolastiche statali non sono più tenute a corrispondere ai comuni il corrispettivo del servizio di cui al citato articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, mentre non v’è nessun
analogo riferimento al diverso tributo provinciale, neppure in sede di conversione del decreto (con
L. 28 febbraio 2008 n. 31, successiva al citato D.L.vo 16 gennaio 2008, n. 4 che ha ripristinato il tributo de quo). Nemmeno nella composizione della tariffa (art. 238, comma 4 D.L.vo 152/2006 citato), d’altro canto, ve n’è menzione”.
134
DOTTRINA
dell’addizionale, nel periodo di vigenza, riscosso sulla tassa per lo smaltimento dei
rifiuti non configura una posizione di soggezione dell’ente locale ed una relativa posizione autoritativa dell’ente impositore.
L’istanza della provincia, infatti, esula dal raggio di azione del combinato disposto degli art. 2 e 19 D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, recante disposizioni sul
processo tributario. Inoltre, il comune non è soggetto passivo del tributo, ma è
l’ente addetto alla riscossione.
Tali ragioni sono sufficienti a giustificare la non ricorrenza della giurisdizione
tributaria.
Il silenzio serbato dal comune sull’istanza della provincia volta ad ottenere il
versamento dell’addizionale riscosso non può essere neppure inteso come mancato
esercizio del potere, tale da consentire la sussistenza della giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 7 Cod. proc. amm.
La provincia non è in una posizione di interesse legittimo pretensivo, con il
quale potrebbe mirare a sollecitare l’esercizio di un potere autoritativo da parte del
comune, il quale, a sua volta, non è dotato di alcuna discrezionalità sull’an e sul
quantum intorno al versamento da effettuare alla tesoreria della provincia tanto da
poter configurare una potestas imperii.
Sulla base di tale ragionamento, il Consiglio di Stato ha concluso che la provincia si trova in una situazione giuridica di diritto soggettivo ad ottenere l’erogazione
del tributo e il comune nella corrispondente situazione giuridica di obbligo del versamento della T.E.F.A.
Pertanto, la controversia istaurata dalla provincia per ottenere il versamento
dell’addizionale riscosso dal comune sulla tassa per i rifiuti solidi urbani esula dalla
giurisdizione del giudice amministrativo e rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
7. - La giurisdizione sul silenzio rifiuto in una materia devoluta alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. - La sentenza in commento spinge a riflettere
su una problematica assai complessa inerente la esperibilità del rimedio processuale avverso il silenzio rifiuto ex art. 117 Cod. proc. amm. nelle materie devolute
ex lege alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Anche se in obiter dictum, in quanto non pertinente al caso in esame, il Consiglio di Stato enuncia il principio, sostenuto da una buona parte della giurisprudenza(23), secondo il quale è inammissibile il ricorso diretto all’accertamento dell’illegittimità del silenzio su un’istanza dell’interessato allorché il Giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto giuridico sottostante ovvero si
verta, comunque, nell’ambito di posizioni di diritto soggettivo, “anche laddove sia
riscontrabile un’ipotesi di giurisdizione esclusiva”.
In estrema sintesi, secondo tale principio il rimedio avverso il silenzio rifiuto di
cui al combinato disposto ex artt. 31 e 117 Cod. proc. amm. sarebbe esperibile soltanto nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, ove la sussistenza della
situazione giuridica di interesse legittimo è pacificamente rinvenibile in capo al soggetto istante.
(23) T.A.R. Lazio, Sez. I, 14 dicembre 2012 n. 10403, in Foro amm. TAR, 2012, 12, pag. 3868;
T.A.R. Molise, Sez. I, 20 aprile 2012 n. 174, in Foro amm. TAR, 2012, 4, pag. 1289; T.A.R. Lazio,
Sez. II, 9 giugno 2011 n. 5146, in Foro amm. TAR, 2011, 6, pag. 1985; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2006, n. 3009, in Foro amm. C.d.S., 2006, 5, pag. 1416, “È inammissibile il ricorso proposto al
fine di accertare il silenzio formatosi sull’istanza presentata all’Amministrazione e in ordine alla quale
essa non ha provveduto espressamente, per come richiesto dall’art. 2, comma 1, l. 7 agosto 1990
n. 241, allorché il giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto giuridico sottostante ovvero si tratti comunque di posizioni di diritto soggettivo, anche laddove sia riscontrabile
un’ipotesi di giurisdizione esclusiva”.
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In tale direzione, il ricorso avverso il silenzio ex art. 117 Cod. proc. amm. non
sarebbe proponibile in ragione della specialità del rito qualora l’amministrato, sebbene in una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si trovi in una posizione di diritto soggettivo(24).
È evidente come intimamente contraddittorio sia tale principio, in quanto qualora fosse possibile emarginare un diritto soggettivo in una materia devoluta alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la norma attributiva della giurisdizione speciale sarebbe irrimediabilmente illegittima per violazione degli artt. 24,
103 e 113 Cost.
Secondo il noto insegnamento della Consulta con le note sentenze n. 204 del
2004 e n. 191 del 2006, infatti, la giurisdizione esclusiva può sussistere solo ove
non sia possibile individuare specificatamente la natura della situazione giuridica
soggettiva per l’esistenza di un inestricabile nodo gordiano tra diritto soggettivo ed
interesse legittimo, poiché qualora sia individuabile la posizione di diritto soggettivo
la norma attributiva della competenza giurisdizionale sarebbe costituzionalmente illegittima.
Così argomentando, inoltre, si creerebbe un vuoto di tutela, in quanto se nell’ambito della giurisdizione esclusiva il rimedio avverso il silenzio ex art. 117 Cod.
proc. amm. non può essere utilmente esercitato, la medesima questione portata al
vaglio del giudice ordinario non potrebbe essere comunque affrontata per difetto di
giurisdizione.
In altre parole, il rito avverso il silenzio, nell’ambito di una materia devoluta ex
lege alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sarebbe inammissibile
per difetto di giurisdizione tanto innanzi al giudice ordinario quanto innanzi al giudice amministrativo.
In verità, il principio che esclude l’esperibilità del rimedio avverso il silenzio nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è condivisibile,
poiché profondamente illogico e sistematicamente impraticabile.
Esso, infatti, è smentito dall’altra giurisprudenza(25) che invece ha più volte ac-
(24) Emblematica quanto preoccupante è la recente sentenza del T.A.R. Brescia, Sez. I, 15 febbraio 2013 n. 166, in Red. amm. TAR, 2013, 02, “Laddove la posizione attiva del privato abbia la
consistenza di diritto soggettivo (con devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) il rimedio del silenzio risulta inutile e comporterebbe una indebita sovrapposizione di strumenti processuali, finendo con l’affidare ad un rito elementare nella sua strutturazione (concepito in
origine per pronunciarsi unicamente sull’obbligo - o meno - di provvedere, senza soffermarsi sulla
fondatezza della pretesa sostanziale) definibile con sentenza succintamente motivata e da emettere
entro termini particolarmente ristretti, l’esame di controversie di complessa struttura”.
(25) A titolo esemplificativo, sia consentito rinviare a L. PRESUTTI, Il Silenzio Serbato dalla Stazione Appaltante sull’Istanza di Revisione dei Prezzi, in Urbanistica e Appalti, 2013, n. 2, pag. 212,
ove si tratta appunto di un’ipotesi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,
pacificamente accolta e decisa dal G.A. Nota a sentenza T.A.R. Lecce 25 ottobre 2012 n. 1746, secondo cui “La controversia relativa alla clausola di revisione del prezzo dell’appalto e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica rientra integralmente nell’ambito della giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), del codice
del processo amministrativo. Nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del G.A., il rito speciale avverso il silenzio disciplinato dagli artt. 31 e 117 Cod. proc. amm. è utilizzabile in relazione all’omesso esercizio di poteri pubblicistici di natura autoritativa rispetto ai quali vengono in rilievo interessi legittimi. Restano, invece, escluse dal suddetto rito le ipotesi d’inadempimento di obblighi di
natura civilistica, a fronte dei quali sono configurabili posizioni giuridiche soggettive aventi natura e
consistenza di diritti soggettivi. La qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della
sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della spettanza della revisione dei prezzi comporta
che il contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo
e, sotto il profilo sostanziale, secondo i principi e le dinamiche proprie della logica procedimentale.
È, quindi, evidente che - in caso di inerzia o di ritardo - il rimedio processuale tipico al fine di rimuovere tale arresto procedimentale, sarà il ricorso al rito sul silenzio”.
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DOTTRINA
colto il ricorso avverso il silenzio proposto in una materia devoluta a giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo.
Tra l’altro, tale osservazione rileva l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale
che necessiterebbe una composizione da parte dell’Adunanza plenaria ex art. 99
Cod. proc. amm.
In conclusione, al fine di riportare coerenza nel sistema, sarebbe certamente
opportuno accogliere il principio secondo il quale il rito avverso il silenzio di cui all’art. 117 Cod. proc. amm. è esperibile per tutti i casi in cui ricorre la giurisdizione
del giudice amministrativo, sia essa generale di legittimità ovvero esclusiva(26), restando esclusi i soli casi in cui l’inerzia dell’Amministrazione si configuri come un
comportamento mero nei confronti del quale il cittadino vanti una posizione giuridica di diritto soggettivo(27).
Luca PRESUTTI
(26) C. GUACCI, La Tutela avverso l’Inerzia della Pubblica Amministrazione, Torino, 2012,
pagg. 108-109, dove si legge che “naturalmente la possibilità di utilizzare il rito speciale avverso il
silenzio anche nella fattispecie in cui il ricorrente sia titolare di un diritto soggettivo deve sempre avvenire nei limiti della giurisdizione attribuita al giudice amministrativo. Non è possibile attivare una
situazione di diritto soggettivo devoluta al giudice ordinario perché ricorrerebbe un caso evidente di
difetto di giurisdizione. Pertanto, il rito speciale per il silenzio può essere utilizzato solo per far valere diritti soggettivi attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.
(27) E. QUADRI, Commento all’art. 117 Cod. proc. amm., in Codice del processo amministrativo, a cura di R. GAROFOLI-Gi. FERRARI, Roma, 2012, Tomo III, pag. 1783, dove l’Autore cita la
giurisprudenza che esclude l’applicabilità del rito speciale alle attività di diritto privato della P.A.