ECONOMIA VERDE PIENA OCCUPAZIONE LAVORO DIGNITOSO Verso le Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e sullo sviluppo sostenibile Durban 2011 e Rio+20 2012 IL CONTRIBUTO DELLA CGIL Oriella Savoldi Sintesi Nel corso degli ultimi anni il trend planetario del riscaldamento è continuato senza mostrare segni di rallentamento, evidenziando una significativa accelerazione, confermata anche dalla piena convergenza dei diversi parametri fisici utilizzati per monitorarlo. Contrastare i cambiamenti climatici è una strada obbligata e investe scelte economiche verdi. L’attuale crisi è di struttura. Se nel ’29 la crisi poteva essere in parte risolta con l’aumento della domanda di beni e servizi non disponibili (automobili, elettrodomestici, ecc.), l’attuale sofferenza economica e sociale non può essere risolta attraverso l’aumento della domanda aggregata di consumo. Infatti, la domanda dei paesi più industrializzati, come già ricordato, è una domanda di sostituzione. Ancorché di giustizia redistributiva. La soluzione della crisi passa dalla capacità di innovare beni e servizi. Sostanzialmente l’economia verde (green economy), la sfida energetica, attraverso una maggiore conoscenza e le nuove tecnologie per l’energia pulita (clean energy technologies), possono diventare il motore per uscire dalla depressione, in ragione dell’insieme d’innovazioni che comincia a tradursi in nuove opportunità di crescita, investimento, attività e occupazione, alimentando virtuosamente il sapere tecnologico, e rinnovando la domanda di una sua declinazione per il benessere sociale e il rispetto ambientale. Non solo, ma la crescita della conoscenza legata alla green economy ha modificato in profondità l’intensità energetica per unità di prodotto. Dal 1995, cioè con la firma di Kyoto del 1992, l’intensità energetica è diminuita costantemente in misura proporzionale all’accumulo di conoscenza. I paesi che hanno una spesa in ricerca e sviluppo sotto la soglia dell’1,8% del pil hanno diminuito l’intensità energetica in misura molto più contenuta dei paesi che mediamente investono in ricerca e sviluppo una porzione del pil superiore all’1,8%. In particolare sono le tecnologie di II generazione (eolico, fotovoltaico, solare termico, ecc.) ad avere tassi di crescita impressionanti, indipendentemente dalla crisi economica internazionale. Ma sono gli investimenti legati alla green economy (tra il 2010 e il 2011) a contraddistinguere l’attuale fase economica. Gli investimenti nelle rinnovabili sono cresciuti del 32%, mentre tra l’inizio della crisi (2007) e il 2010, la crescita degli investimenti è stata pari al 63,6%. Inoltre, il ruolo pubblico nella ricerca e sviluppo nel campo delle rinnovabili è fondamentale. Le spesa in R&S pubblica è cresciuta tra il 2007 e il 2010 del 253%. La composizione percentuale sul totale degli investimenti vede come protagonisti la Cina (34,3%), l’Europa (24,7%), il Nord America che recupera posizioni significative con la presidenza Obama (21,1%). Sostanzialmente in tutti i paesi c’è una forte spinta a sostenere la corsa alle energie rinnovabili, anche per affrancarsi dalla spirale delle materie prime come il petrolio per la crescita economica. 1 In particolare, la Commissione Europea immagina di svincolare la crescita economica dalle emissioni di carbonio e dall’impiego delle risorse, privilegiando un approccio anticipativo. Tra i paesi europei, l’Italia è quello che più di altri fatica a misurarsi con i paesi emergenti, manifestando una debolezza nella struttura produttiva di componenti e servizi per la realizzazione e l'installazione d’impianti per la produzione di rinnovabili. Agganciare lo sviluppo della struttura produttiva e delle filiere industriali nel settore delle rinnovabili permetterebbe un impatto maggiormente positivo in termini di attività e occupazione, ben oltre i numeri attuali, la cui diversa e attuale entità, ad esempio, fra quelli registrati nel solare, anziché l'eolico, evidenzia il loro stretto legame principalmente con le esigenze tecniche della sola fase d’installazione. Per superare la “dipendenza” dalle fonti fossili e sviluppare al massimo la tecnologia legata alle fonti rinnovabili, la Cgil propone un nuovo piano energetico, al fine di programmare gli investimenti necessari per cercare soluzioni innovative nella generazione, produzione e distribuzione di energia rinnovabile, nelle opere pubbliche, nei nuovi materiali e per sostenere l'efficienza energetica. Se in generale l’aumento della domanda per beni maturi non modifica e non risolve l’attuale crisi, l’aumento degli investimenti in beni e servizi per produrre energia rinnovabile e per tutelare-ripristinare l’ambiente, sono mercati aperti e non ancora occupati. Sono molte le iniziative pubbliche e private che possono essere adottate, in tutti i settori, dall’industria, all’edilizia, all’agricoltura e alla chimica e nei servizi, compresa la pubblica amministrazione, ma l’importante è condividere la finalità: utilizzare i vincoli internazionali ed europei, al 2020 e per traguardare il 2050, in ordine al cambiamento climatico come movente per la politica economica, cioè modificare la struttura produttiva del paese accompagnando la transizione a uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. La stessa proposta di una patrimoniale e quella relativa all'istituzione di un Fondo per la crescita e l'innovazione, avanzate dalla Cgil per riequilibrare l’onere del risanamento finanziario del paese e uscire dalla crisi, include la necessità di affrontare i problemi di struttura del sistema produttivo unitamente a quelli dell’ambiente, dell'inquinamento e della produzione di energia rinnovabile. 2