2. La pianificazione dello sterminio

2. La pianificazione dello sterminio
“Intellettuali, scienziati, medici, giudici come
operai qualificati, bottegai, domestici, soldati, la
paura contagia tutti, colpisce ovunque ”.
Bertolt Brecht, Terrore e miseria del Terzo Reich
1
Evidente anche il riferimento alla
“Notte dei lunghi coltelli” (tra la fine
di giugno e l’inizio di luglio del 1934),
quando le SS liquidarono le Squadre
d’assalto naziste (SA), non più sufficientemente affidabili per il regime,
assassinandone decine di capi nel
corso di una notte.
Un piccolo volume di testimonianze (una decina di intervistati in poche decine di
pagine), attingendo in parte anche alla più vasta opera di Primo Levi – dal quale
prende a prestito pure il titolo, Meditate che questo è stato – riesce a condensare
ed offrirci nelle restanti poche pagine l’essenziale sull’intero sistema concentrazionario e sulla pianificazione dello sterminio degli ebrei e di ogni altra specie di “corpo
estraneo” al regime nazista.
Cominciamo dalla sintetica descrizione cronologica della politica razzista hitleriana, i cui presupposti ideologici, oltre che sulla esaltazione degli ariani e sulla
denigrazione dell’«uomo inferiore», sono fondati sulla necessità di trovare un capro
espiatorio (l’ebreo, incarnazione del male ed il complotto giudaico-marxista) per la
sconfitta tedesca del 1918. Alle violenze disordinate commesse «prima e dopo la
conquista del potere»1 si accompagno e seguono quindi:
Giornata del boicottaggio (1 aprile 1933): diretta contro titolari di aziende e di
negozi, professori, maestri, studenti, avvocati e medici ebrei.
Prime leggi discriminatorie (7 dicembre 1933): escludono gli ebrei dai
pubblici uffici e dalle professioni medica e legale.
Leggi di Norimberga (15 settembre 1935): 1. Legge sulla cittadinanza del
Reich: i diritti politici spettano solo ai cittadini di sangue tedesco o affine, gli ebrei
sono privati di ogni diritto costituzionale; 2. Legge per la difesa del sangue
tedesco e dell’onore tedesco: divieto di matrimonio e di rapporti extramatrimoniali fra ebrei e cittadini tedeschi o di stirpe affine; è proibito agli ebrei di esporre la
bandiera del Reich o di impiegare personale femminile non ebreo di età inferiore ai
45 anni. I trasgressori di tali norme sono puniti con il carcere.
Istituzione del “servizio per le questioni ebraiche” (1936-1937): Viene
istituito presso il comando delle SS e affidato ad un giovane sottufficiale nazista,
Adolf Eichmann. In questi anni una buona parte degli ebrei, esclusa dalla
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professione e dai mestieri, lascia la Germania e si rifugia nei paesi vicini per
sfuggire alle persecuzioni.
13 disposizioni integrative della prima Legge di Norimberga (19361938): escludono completamente gli ebrei dalla comunità statale.1bis
Culmine della politica antisemita nazista prima della guerra (1938), 28
marzo: le associazioni di culto ebraiche vengono inserite in registri speciali da parte
delle autorità; 26 aprile, i patrimoni superiori ai cinquemila marchi devono essere
denunciati; 14 giugno, censimento delle attività professionali ebraiche; 17 agosto, modificazione del nome e del cognome (aggiunta obbligatoria dei prenomi
“Sara” o “Israel”); 7 ottobre, ritiro dei passaporti, nuovi passaporti contrassegnati
da una “J”, iniziale di Jude, ebreo; 28 ottobre, espatrio forzato di circa 17.000 mila
ebrei polacchi dimoranti in Germania.
Pogrom organizzati dalle SS in tutta la Germania, “Notte dei Cristalli”
(9-10 novembre 1938): sono incendiate o distrutte oltre 200 Sinagoghe, profanati
cimiteri, distrutti 7.500 negozi di ebrei, arrestati circa 26.000 ebrei e circa 40 uccisi.
Imposizione di un “tributo espiatorio” di un miliardo di marchi (14
novembre 1938): come ritorsione per l’uccisione di Von Rath da parte di un ebreo
polacco, 30.000 ebrei circa vengono presi e portati nei campi.
Arianizzazione coatta (1938-1941): espulsione degli ebrei dalla vita economica tedesca; divieto di frequentare luoghi pubblici (teatri, stazioni turistiche, giardini,
mezzi di trasporto). L’accesso alle scuole superiori è interdetto agli ebrei. Si
formulano i primi progetti per deportare gli ebrei europei in un territorio lontano e
isolato (idea già formulata in Polonia nel ’37).
Settembre 1941: obbligo per gli ebrei di portare una Stella di David gialla
cucita sugli abiti.2
«[Il giudice] Io sono pronto a esaminare accuratissimamente, scrupolosissimamente tutto quanto, ma devono pur avere la bontà di dirmi qual’è la decisione che
corrisponde agli interessi superiori!
[...] quali dei due devo condannare? Chi scegliere tra il disoccupato e l’ebreo,
oppure tra il socio [ariano dell’ebreo] e il padrone di casa?».3
Nel lavoro di ricerca curato dalla Federazione Giovanile Ebraica d’Italia, c’è pure
la descrizione essenziale relativa ad una decina di campi di concentramento e di
sterminio condensata sotto il titolo: “I luoghi delle sterminio” (in “documenti e
testimonianze”). Mancano molte altre – presumibilmente perché di minor interesse
sul tema trattato nel libro –. Fra questi altri luoghi di concentramento ci sembra
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1bis
«Il settimo giorno di Pasqua il
sipario si alzò: i tedeschi arrestarono i
capi della comunità ebraica. A partire
da quel momento tutto si svolse con
estrema rapidità: la corsa verso la
morte era cominciata», Elie Wiesel,
La notte, pag. 18.
2
Cfr. Federazione giovanile ebraica
d’Italia (a cura di), Meditate che questo è stato..., Giuntina, pagg. 34-36.
3
Bertolt Brecht, Terrore e miseria
del Terzo Reich, pag. 51.
importante dedicare uno spazio adeguato al lager di Bolzano, grazie anche al prezioso
supporto dell’ultimo libro di Lilli Gruber:
«Vicini contro vicini, padri contro figli: la frattura aperta nel 1939 diventa una
voragine. E si alzano barriere contro la realtà: là fuori, la guerra va male per
Hitler.Ma tra queste montagne non vogliono ammetterlo. Le truppe tedesche
che presidiano Bolzano e l’atteggiamento degli optanti prolungano l’illusione
che una vittoria del Reich sia ancora possibile. E che un’ideologia ossessionata
dalla purezza della razza possa ancora sconfiggere un’alleanza mondiale forte
proprio della sua diversità».4
4
Lilli Gruber Tempesta, Rizzoli,
pagg. 290-91.
5
Ibidem, pag. 291
Ed eccoci sulle rovine del lager: «Oggi, seminascosto tra un bar e una
macelleria, un passaggio coperto apre il “percorso della memoria”. Un vialetto di
un centinaio di metri, sulla destra un muro grigio e a sinistra una mezza dozzina di
pannelli esplicativi in varie lingue. Assieme a qualche opera d’arte in altri punti
della città, questo è tutto ciò che resta del lager di via Resia, il complesso
tetramente famoso che sorgeva qui. Il campo di transito aperto dai nazisti nel luglio
1944 non ha certo raggiunto le dimensioni di Sachsenhausen o Dachau o Mauthausen. Ma il male è arrivato nel cuore di Bolzano e vi ha eretto una delle sue fortezze.
Dalla quale sono passati quasi 9.500 prigionieri, di cui circa 300 ebrei».5
Da molti anni ormai il lager non esiste più, «abbattuto per costruire case
popolari». E resta quindi ben poco del suo passato: «La voce della Storia tace». Ma
la giornalista-scrittrice non è intenzionata a mollare e, «in un grigio pomeriggio di
fine estate sfioro l’anonimo muro grigio di questa via seminascosta, mentre mi
corrono accanto alcuni bambini diretti all’asilo poco lontano». Ma non sarà lì che
troverà la «memoria del male». La troverà, «forte e chiara, nella voce di uno dei
suoi guardiani più agguerriti. Lionello Bertoldi, ottantasei anni, ha cominciato
presto la sua battaglia contro l’oblio e la porta avanti con inesausta passione. È
nato a Levico, in Trentino, e lì ha vissuto gli anni della guerra. Iscritto fin da
ragazzo al Partito comunista, è stato eletto senatore nel 1987 per una legislatura.
Oggi è presidente dell’ANPI di Bolzano ed è in questa sede che mi riceve. È
circondato da ritratti e bandiere che testimoniano l’orgoglio per il suo passato e per
quello della Resistenza. Snocciola con sicurezza i dati della vergogna di Bolzano...». Ed ecco il nocciolo essenziale del racconto di Lionello Bertoldi: «Dal lager
sono passate 9.500 persone. Ne poteva ospitare fino a 1.300 e quando era pieno i
treni portavano via i detenuti. Per i campi di concentramento sono partiti in totale
3.500 prigionieri; 2.050 sono morti, non sono mai più tornati. Il primo convoglio era
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diretto a Mauthausen, era l’agosto del 1944. L’ultimo, con la stessa destinazione, è
stato il 1° febbraio del 1945»...
Il provocante commento della Gruber («Con gli ebrei il Sudtirolo non fu più
generoso rispetto al resto d’Europa») non coglie certo alla sprovvista il “vecchio”
custode della memoria: «Perché stupirsene? Il mondo era fatto così, era mors tua
vita mea. Gli ebrei di Merano sono stati derubati dai vicini di casa», che «fecero la
spia anche a Bolzano. I primi deportati dall’Italia sono partiti proprio da qui: erano
già stati identificati dai fascisti, isolati.6 Quando sono arrivati i nazisti hanno avuto
gli elenchi a disposizione. Tre giorni dopo li avevano già messi sui treni, da Merano
ne hanno presi una settantina: per fortuna molti erano fuggiti prima».7
«Prendi delle brigate bene addestrate e indottrinate, e ogni persona col naso
adunco e i capelli ricci che incontri, al muro. Ci andrebbe di mezzo anche
qualche cristiano ma, come diceva quel vescovo a chi doveva attaccare Béziers
occupata dagli albigesi, per prudenza uccidiamoli tutti. Poi Dio riconoscerà i
suoi. È scritto nei loro Protocolli, il fine giustifica i mezzi».8
Apre una parentesi di stupore, infine, l’ultimo appunto della Gruber, laddove
afferma che «dal lager [di Bolzano] sono passati più sudtirolesi che italiani. Un
appunto, non universalmente noto, confermato anche dall’intervistato: «Tutti i
renitenti alla leva, ed erano parecchi, venivano catturati, non solo loro ma tutta la
famiglia...». E ancora: «Era un campo di transito, ma all’interno sono state
uccise un centinaio di persone. Ventitré in un solo colpo il 12 settembre 1944:
volontari italiani che appartenevano a missioni alleate. Avevano il compito di
raggiungere la Resistenza nel territorio occupato dai nazisti. Sono stati tutti
catturati e portati prima a Verona, e poi al Blocco E nel lager di Bolzano. E
all’alba del 12 settembre trasferiti nella caserma Mignone di Oltrisarco e
ammazzati uno per uno con un colpo di pistola alla nuca».9
Dalla lunga conversazione tra Lilli Gruber e Lionello Bertoldi emergono anche
particolari raccapriccianti sull’assassinio del giovane Bortolo Pezzutti da parte del
feroce torturatore Misha Seifert, ma di questo ne parleremo in altra parte del libro.
«... Pino ci strappa ai fantasmi: canta l’Improvviso dell’Andrea Chenier, col
risultato di rompere il cuore anche a chi crede di averlo di pietra».10
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6
«Al Brennero un nodo ci stringe la
gola. Addio casa! Addio a tutti, a
tutto!”. Il Tirolo si fa incontro per
sfruttarci. Per avare fette di pane
nero, i nazisti austriaci ci depredano
di scarpe, di coperte, di indumenti.
Più in là, i più zelanti alto atesini, o
sud tirolesi come si fanno chiamare
danno una mano a rastrellare i fuggitivi e a catturare gli sbandati...», Lino
Monchieri, Diario di Prigionia, Edizioni ANEI Brescia, pag. 21
7
Cfr. Lilli Gruber Tempesta, Rizzoli, pagg. 291 e seguenti.
8
Umberto Eco, Il cimitero di Praga,
Bompiani, pag. 500.
9
Cfr. Lilli Gruber Tempesta, Rizzoli, pagg. 291 e seguenti.
Lino Monchieri, Diario di Prigionia,
Edizioni ANEI Brescia, pag. 21