2016-03-17 Sbarco in Normandia alla rovescia Care amiche, cari amici in una fase in cui l'Unione Europea sembra in balia delle onde, dilaniata sull'immigrazione, e sotto la spada di Damocle di un referendum con cui i sudditi di Sua Maestà Britannica potrebbero decidere il “No” definitivo all'Europa comunitaria, c'è chi va in controtendenza. Che il mondo degli affari abbia sempre manifestato la sua netta contrarietà alla cosiddetta Brexit non è un mistero per nessuno, ma il messaggio risulta amplificato se parte dal “Tempio del capitalismo”, vale a dire la Borsa. Per la verità il D-day, questa volta, non ha preso nessuno di sorpresa. Il giorno dello sbarco della Deutsche Boerse nella City di Londra era preannunciato dalle indiscrezioni, ed era nell’aria da quando, un mese fa, erano cominciate le trattative ufficiali. Con la fusione fra la Borsa di Londra, proprietaria anche della Borsa di Milano, e quella di Francoforte nasce una formidabile alleanza fra le più importanti piazze finanziarie europee. E perché il messaggio cui accennavo prima fosse inequivocabile, le due parti hanno fatto sapere che il matrimonio si farà anche in caso di Brexit, ossia di uscita di Londra dalla Ue. L’intesa formalizzata mercoledì mattina produce un colosso europeo da 21 miliardi di euro, sfuggendo al tentativo di Wall Street di inserirsi all’ultimo momento nella partita per portarsi via il London Stock Exchange in un’alleanza atlantica della finanza, sebbene Intercontinental Exchange, che controlla la Borsa di New York, possa ancora provare a rilanciare. Dunque la Londra finanziaria rimane in Europa. Diventa tedesca, commenta qualche analista, perché è di fatto la Deutsche Boerse che la acquisisce, come aveva già provato a fare due volte negli ultimi quindici anni: la società che controlla la Borsa di Francoforte avrà il 54,4 per cento della nuova società, al London Stock Exchange resterà il restante 45,6 per cento. Ma si tratta, insistono l’una e l’altra, di una «fusione tra eguali». La nuova società, una holding con sede in Gran Bretagna, avrà due quartier generali, uno a Londra, l’altro a Francoforte. Il presidente sarà un inglese, Donald Brydon, finora presidente del London Stock Exchange. L’amministratore delegato sarà tedesco, Carsten Kengeter, finora ad di Deutsche Boerse. Le sinergie permetteranno di risparmiare 450 milioni di euro a partire dal terzo anno di integrazione. Ma se a sposarsi sono in tre, Francoforte, Londra e Milano, c'è anche un quarto soggetto ad entrare in gioco, il Qatar, diventato il principale azionista della Borsa londinese, ultimo capitolo dello shopping che ha portato il ricco emirato a comprarsi tanti beni nella capitale britannica, dai grandi magazzini Harrods allo Shard, il grattacielo disegnato da Renzo Piano. Messe insieme, le due società ospiteranno azioni per più di 5 mila miliardi di euro, in rappresentanza di 3200 aziende, formando uno dei mercati più grandi del mondo. In particolare nel campo dei derivati, strumento finanziario in cui eccellono sia Londra che Francoforte, potranno rivaleggiare con New York e Hong Kong come non potevano fare da separate. Pur lasciando il gruppo, Xavier Rolet, l’ad del London Stock Exchange, elogia la fusione come uno sviluppo positivo non solo per i “blue chips” ma perché offre «un’alternativa ai prestiti bancari per milioni di piccole e medie aziende in tutta Europa»: era questo, sostiene, un obiettivo di fondo dell’accordo. Il completamento della fusione è previsto per fine 2016 o inizio 2017. I due consigli d’amministrazione devono approvarla il 29 marzo, poi toccherà alle autorità antitrust esaminarla. Il comunicato congiunto afferma «la convinzione che l’intesa rappresenti una grande opportunità per entrambe le società di rafforzarsi in una integrazione di natura industriale, creando un’infrastruttura leader dei mercati globali in Europa». E' chiaro che questa fusione si inserisce nel fenomeno di concentrazione in atto da circa un decennio, e che ha interessato il Nasdaq con l’Omx scandinava, il Nyse con Euronext, Lse con Milano. L’ultima parola spetta però all’Antitrust europeo, che già nel 2012 ha bloccato il deal tra Francoforte e Londra. Va considerato, a mio avviso, che se anche stavolta Bruxelles mettesse i bastioni tra le ruote, rischierebbe di assumersi anche una pesante responsabilità politica, rischiando di accrescere la percezione di una Ue ostile agli occhi dei britannici. E l'esecutivo comunitario a guida Juncker ha certamente una spiccata sensibilità politica. Dato il nazionalismo inglese era impossibile non ci fosse qualche mugugno. Nella City, qualcuno lamenta la fine dell’indipendenza della Borsa londinese dopo 250 anni: per mano dei “crucchi”, per di più. Sicuramente avrete già sentito questo famoso titolo “Fog in the Channel, Continent cut off» “C’è nebbia sulla Manica: il continente è isolato dall’Inghilterra”: fu il Times poco prima della seconda Guerra Mondiale a inventare questo titolo, che è diventato un simbolo dell'isolazionismo inglese. Adesso gli abitanti di Albione i tedeschi se li ritrovano nella City! Un sorta di sbarco in Normandia alla rovescia. Ma si sa, business is business, con la nebbia e col sereno! Un abbraccio a tutti, e buon fine settimana. Umberto Baldo