ULTIMO COMMA LA SOLUZIONE ENTO IN CORSO ìto un he incrementa tto nel 2014. o è stato stato avviato il el 2016 un socio la propria . Nel costo onosciuto or reddito Non ci sono interpretazioni ufficiali, ma la risposta deve ritenersi negativa a causa del fatto che il maggior reddito è stato sì accertato ma l'accertamento non è definitivo al momento della cessione di quote. Solo dalla definitività dell'accertamento deriverebbe il riconoscimento del maggior costo sulla partecipazione A DA SALDO ATTIVO netto di una un saldo attivo e degli ncato con mposta 10%. L'importo ò incrementare rtecipazione rva non è stata ita ai soci? Sì. Il saldo attivo da rivalutazione, in sé, non incrementa il costo della partecipazione, ma se viene versata imposta sostitutiva per affrancarlo è come se esso venisse distribuito, quindi con incremento del costo della partecipazione per la quota proporzionale di ciascun socio TAZIONE DELLE QUOTE alutato le quote ne in una Snc e ecesso dalla de se il valore essere utile nel beni che gli nati a titolo di l conferimento ncrementi ssivamente No. La rivalutazione delle quote spiega efficacia solo nell'ambito del capital gain, quindi nell'ambito della cessione di quote non per diversi obiettivi fiscali. Quindi nel momento del recesso il valore normale dei beni assegnati viene assunto e confrontato con il costo, non considerando la rivalutazione MENTI INFRUTTIFERI ianchi sta ta societaria a Snc, e si valutazione sano essere anziamenti ha eseguito nel amenti in conto società gli ha re nel passato Il valore della partecipazione in una società di persone tiene conto del capitale sociale sottoscritto in partenza, oltre che dei versamenti eseguiti in conto capitale (senza diritto alla restituzione). Non vengono considerati i versamenti a titolo di prestito infruttifero perché sono un debito della società Ma il professionista può affittare lo studio da una «sua» società di Dario Deotto on costituisce abuso del diritto la deduzione dei canoni di locazione relativi allo studio professionale, nel caso in cui il contratto di locazione dell’immobile sia stato stipulato con una società – proprietaria dei locali – di cui il professionista risulta essere socio di maggioranza (assieme al coniuge). In questo senso si è pronunciata la Ctp di Ancona con sentenza 1736/1/2016 (presidente Galluzzo, relatore Di Nunzio). Le contestazioni mosse dall’ufficio ritenevano invece “abusiva” la deduzione dei canoni di locazione per il fatto che si trattava di importi pagati, di fatto, dal professionista a sé stesso. Tali affermazioni – così come, per la verità, alcuni passaggi della sentenza in cui si mescola abuso del diritto, inerenza e antieconomicità – fanno comprendere quanta strada ancora ci sia da fare nell’individuare la differenza tra elusione (abuso del diritto), evasione e legittimo risparmio d’imposta. Quest’ultimo si realizza quando il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni, cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggiore favore rispetto ad altri equivalenti per effetti economici e/o giuridici conseguibili. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre l’alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata. L’evasione, invece, si realizza quando si agisce contro la legge. L’evasione si può generare attraverso l’occultamento di ricavi, compensi, corrispettivi e così via. Così come attraverso l’indicazione di spese non inerenti, non di competenza, eccetera. In sostanza, l’evasione si realizza attraverso tutte quelle situazioni che conducono alla rappresentazione di risultati diversi da quelli stabiliti dalla legge. In questo modo si può facilmente rappresentare che l’evasione si realizza anche attraverso vicende di alterazione dei fatti economici, come ad esempio l’interposizione fittizia, la dissimulazione, la simulazione vera e propria. La simulazione in genere (intendendosi anche la dissimulazione e l’interposizione) è caratterizzata dalla divergenza tra la fattispecie realizzata e quella dichiarata e, pertanto, non può che collocarsi nell’ambito dell’evasione. La N simulazione può essere provata dall’ufficio anche in base a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Quindi, nel caso delle spese relative al contratto di locazione tra la società e il professionista socio della stessa, l’ufficio avrebbe dovuto provare la simulazione o l’interposizione della società. In questo caso, però, l’abuso del diritto non c’entra. Nell’elusione (abuso), infatti, non vi è alcuna finzione o “travestimento”: i soggetti vogliono gli effetti di quel particolare negozio, inclusi i vantaggi fiscali, che tuttavia risultano indebiti. In sostanza, l’elusione non implica affatto una simulazione del contratto, un’alterazione dei fatti economici. Nell’elusione non viene usata un’operazione, un certo percorso negoziale, in luogo di altri (come si sente dire a volte). Fintanto che il sistema consente più percorsi giuridici, più tipologie di operazioni, il contribuente può scegliere la strada meno onerosa anche quando la scelta è fatta esclusivamente per motivi fiscali, purché questi siano legittimi. Così, nel caso di specie, la Ctp di Ancona, oltre alla deduzione dei canoni ha ammesso la deducibilità delle spese condominiali e la relativa Iva. Non è affatto compito di una norma elusiva quello di andare a superare le forme giuridiche utilizzate poiché nell’elusione sono tutte legittime (ecco perché l’inopponibilità è un grande fraintendimento), ma solo andare a colpire quei vantaggi fiscali che contrastano con lo spirito delle leggi tributarie. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL PRECEDENTE Cyberbulli, pagano scuole e famiglie per il fondo di integrazione salariale Marraffino u pagina 22 Lacqua e Rota Porta u pagina 21 MARTEDÌ: Condominio MERCOLEDÌ: Diritto dell'economia GIOVEDÌ: Giurisprudenza / Il merito VENERDÌ: Incentivi e agevolazioni Accertamento. I rilievi avanzati dal fisco si basano su abuso del diritto e antieconomicità, ma il risparmio fiscale è legittimo Studi, società di servizi nel mirino Le Entrate contestano l’addebito di locazioni e altre spese al professionista socio PAGINA A CURA DI Dario Deotto pIn questo periodo sono stati notificati a diversi professionisti atti di accertamento in cui vengono contestati i rapporti tra gli stessi e la società di servizi di cui risultano soci. In alcuni casi le contestazioni sono fondate sull’abuso del diritto, mentre in altri la rettifica risulta imperniata sull’antieconomicità; in altre situazioni, ancora, viene fatto un “mix” tra i due concetti. In un caso portato a conoscenza del Sole 24 Ore, l’atto impositivo fa riferimento – relativamente ai rapporti tra un notaio e la società di servizi partecipata dallo stesso – a un «indebito vantaggio fiscale», all’«interposizione artificiosa di un soggetto» (la società di servizi) creato «allo scopo di realizzare un risparmio fiscale non giustificato da un concreto fondamento economico». Viene fatta dunque – nonostante la norma sull’abuso del diritto – una pericolosa commistione tra i concetti di elusione ed evasione. I casi segnalati si riferiscono alle circostanze in cui la società di servizi, a seconda dei casi: 1 “ribalta” sul professionista socio le spese relative agli immobili in cui viene esercitata l’attività (la deduzione dei componenti negativi degli immobili per i professionisti ha sofferto nel tempo e soffre tuttora di va- è nel campo dell’evasione, oppure il professionista si è messo nelle condizioni di fruire di un vantaggio fiscale previsto per legge. Lo hanno affermato anche le Entrate, con la circolare 26/ E/2016 sull’assegnazione agevolata dei beni, in cui è stato specificato che il cambiamento di destinazione d’uso dell’immobile «è scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore dalla quale origina un legittimo risparmio d’imposta non sindacabile». Non vi può essere abuso del diritto laddove il contribuente, per realizzare un determinato risultato economico, sceglie tra le diverse opzioni offerte dall’ordinamento quella fiscalmente più conveniente. Va disattesa l’idea che l’elusione si realizzi attraverso un abuso delle forme giuridiche finalizzato a sottrarre una certa operazione al suo regime naturale. Nell’elusione non vengono aggirate le forme giuridiche (non si manda affatto a tassazione un’operazione in luogo di un’altra in quanto i soggetti vogliono proprio gli effetti di quel particolare negozio): le forme giuridiche sono tutte legittime; è il vantaggio fiscale conseguito che risulta illegittimo. L’errore di fondo è quindi quello di pensare che esista un unico percorso giuridico, un solo schema negoziale oppure, ammettendo l’esistenza di più MARKA L’altro rilievo. Si discute del collegamento con l’attività Inerenza mancante: le parti non hanno un onere di prova Le definizioni pLa presunta antieconomi- ELUSIONE O ABUSO DEL DIRITTO Nel diritto tributario l’abuso riguarda tutti i comportamenti perfettamente leciti che hanno come finalità principale quella di conseguire un vantaggio fiscale non previsto dalla legge, o che comunque il sistema disapprova. Solo quando il vantaggio fiscale viene conseguito in dispregio ad una specifica norma, si è invece nel campo dell’evasione. Mentre l’abuso del diritto e l’elusione contemplano tutti quei comportamenti, perfettamente leciti, che eccedono il lecito risparmio d’imposta. L’abuso del diritto può essere identificato quindi solo per esclusione SIMULAZIONE O ELUSIONE L’evasione si realizza anche attraverso tutte le vicende di alterazione dei fatti economici, come, ad esempio, l’interposizione fittizia, che non è altro che una species del più ampio genere della simulazione. non può che collocarsi nell’ambito dell'evasione. Nell'elusione non vi è, invece, alcuna finzione o “travestimento”: i soggetti vogliono proprio gli effetti di quel particolare negozio, inclusi cità delle spese nei rapporti tra società di servizi e professionisti (ma il problema vale anche per talune spese, come quella dei compensi degli amministratori delle imprese) si lega al tema dell’inerenza. In questi casi si usa parlare di inerenza quantitativa. Spese non pertinenti Quando l’Agenzia non ammette completamente in deduzione la spesa perché ritenuta antieconomica, viene negato, di fatto, anche se in ragione della sua entità, ogni collegamento della spesa con l’attività svolta dal professionista (o dall’imprenditore). Sicché, in questo caso, la spesa viene implicitamente ritenuta non inerente, quindi mancante di un collegamento con l’attività svolta dal professionista (o dall’imprenditore). In questi casi (come in uno di esempio, è stata effettivamente sostenuta (non si sta parlando di utilizzo di fatture false). Per l’inerenza quello che rileva è se la spesa ha un collegamento o meno con l’attività esercitata. Tutto ciò però non è riconducibile a un fatto, che può essere oggetto di prova, ma a una valutazione del fatto o dei fatti. Quindi, per l’inerenza risulta improprio attribuire alle parti oneri di prova. Le parti hanno, più propriamente, un onere di allegazione dei fatti posti a fondamento delle proprie tesi: e l’ufficio deve quindi allegare all’atto di accertamento i fatti e le ragioni per le quali ritiene che determinati componenti economici non hanno alcun collegamento con l’attività; r il contribuente dovrà allegare i fatti e le ragioni per cui ritiene che gli stessi componenti hanno un legame con l’attività. Spese eccessive Gli avvisi del fisco Sul Sole 24 Ore di lunedì 10 ottobre, una pagina sugli accertamenti che contestano le società di servizi usate dai professionisti