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CAPITOLO PRIMO
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L’ATTIVITÀ BANCARIA
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Sommario: 1. Il mercato dei capitali. - 2. Il credito e le banche. - 3. Origini e sviluppo
dell’attività bancaria. - 4. Il TUB e la nozione di attività bancaria. - 5. Le funzioni
delle banche e la gestione bancaria. - 6. I rischi della gestione bancaria.
1. IL MERCATO DEI CAPITALI
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Il mercato dei capitali (capital market) è il mercato dove si realizza
l’incontro dei flussi di domanda e dei flussi di offerta di strumenti finanziari, mediante i quali i settori dell’economia in avanzo di risorse finanziarie
(ossia con risparmi superiori agli investimenti) trasferiscono fondi a quelli
in disavanzo (cioè quelli a cui non è sufficiente il proprio risparmio per
coprire i propri investimenti), direttamente o per il tramite di intermediari
finanziari.
Esso è articolato in diversi comparti; una prima distinzione è tra mercati
diretti e mercati aperti.
I mercati diretti sono quelli in cui debitore e creditore si scambiano
direttamente gli strumenti finanziari, concordando le condizioni di negoziazione. Tipico mercato diretto è quello delle operazioni bancarie, in cui si
hanno contrattazioni dirette fra banca e cliente. Generalmente i mercati diretti hanno carattere locale.
I mercati aperti sono quelli in cui gli scambi vengono effettuati secondo regole standardizzate in maniera impersonale, in base a prezzi noti a tutti
i potenziali partecipanti. Tipico mercato aperto è la Borsa valori. I mercati
aperti sono soprattutto a livello nazionale o internazionale.
Il mercato aperto è suddiviso, a sua volta, nei seguenti comparti: mercato monetario, mercato finanziario, mercato dei cambi.
Il mercato monetario identifica il mercato nel quale si negoziano gli
strumenti finanziari a breve termine (ad esempio, buoni ordinari del Tesoro,
accettazioni bancarie ecc.).
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Capitolo Primo
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Un comparto del mercato monetario è il cosiddetto mercato interbancario, costituito dai
depositi effettuati da una banca presso un’altra, per un definito periodo di tempo o a vista, ad
un prefissato tasso di interesse.
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Il mercato finanziario rappresenta il complesso delle negoziazioni relative a strumenti finanziari a medio-lungo termine, che includono sia le
azioni sia le obbligazioni emesse dalle imprese, dal settore pubblico e dagli
intermediari che operano nel campo degli strumenti finanziari a medio e
lungo termine (mercato azionario, mercato obbligazionario, mercato dei
buoni del Tesoro poliennali, mercato dei contratti futures, mercato delle
opzioni ecc.).
Il mercato dei cambi è il mercato delle banconote estere e delle divise
estere; le prime sono utilizzate per i pagamenti nei viaggi all’estero, le seconde per le operazioni commerciali.
Le operazioni che avvengono nel mercato dei cambi si distinguono in
operazioni a pronti e operazioni a termine, dando così vita ai rispettivi:
mercato dei cambi a pronti e mercato dei cambi a termine.
Nel mercato a pronti il regolamento delle contrattazioni è immediato e
avviene di norma il secondo giorno lavorativo successivo a quello di stipulazione in base al cambio spot, cioè al cambio del giorno in cui si è definita
la negoziazione.
Nel mercato a termine al momento della stipulazione del contratto vengono stabiliti il quantitativo di valuta estera e la data di regolamento del
prezzo che avverrà al cambio forward, cioè a quello della consegna effettiva.
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Come si suddividono i mercati finanziari?
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I mercati finanziari si distinguono in mercati primari e mercati secondari.
Il termine mercato primario identifica il complesso delle domande e delle offerte di titoli di
nuova emissione che successivamente verranno scambiati sul mercato secondario. L’attività
di emissione e di collocamento viene svolta direttamente dall’emittente o da altro soggetto
incaricato del collocamento dall’ente emittente; la sua funzione tipica è quella di procurare
risorse finanziarie agli operatori in disavanzo.
Il mercato secondario rappresenta, invece, il complesso delle negoziazioni di titoli già in
circolazione presso il pubblico dei risparmiatori, originate dalla volontà degli operatori di
effettuare nuovi investimenti ovvero dall’intento di procedere allo smobilizzo di investimenti
realizzati in epoche precedenti.
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2. IL CREDITO E LE BANCHE
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In senso economico, il credito consiste in uno scambio di ricchezza
attualmente disponibile contro la promessa di una prestazione futura (controprestazione), quasi sempre con il pagamento di un interesse.
In relazione alla natura delle prestazioni che sono oggetto di scambio, si distingue normalmente il credito monetario dal credito in natura.
Il credito monetario è quello in cui la prestazione attuale e la controprestazione futura sono costituite da una quantità di denaro o di altri mezzi
di pagamento.
Il credito in natura, invece, è quello in cui la prestazione attuale e la
controprestazione futura hanno per oggetto beni diversi dal denaro e dagli
altri mezzi di pagamento.
Una distinzione di particolare rilevanza è quella tra credito diretto e credito indiretto.
Sono operazioni di credito diretto quelle che si realizzano direttamente fra le parti interessate, ossia tra il creditore (operatore in surplus) ed il
debitore (operatore in deficit).
Sono operazioni di credito indiretto quelle che si realizzano per il tramite di operatori che vengono definiti intermediari finanziari.
Nei moderni sistemi economici la mobilitazione delle risorse dalle unità
in surplus alle unità in deficit avviene di regola tramite organizzazioni che
hanno lo scopo di raccogliere e trasferire il credito.
Queste organizzazioni sono le banche, la cui attività principale consiste
nel raccogliere fondi, prevalentemente in forma di depositi, e nell’erogarli
soprattutto mediante prestiti.
Le banche sono intermediari finanziari, ossia sono organismi che hanno
come obiettivo dichiarato quello di facilitare l’incontro fra la domanda e
l’offerta di capitali.
In generale, gli intermediari vengono distinti come segue:
— istituzioni creditizie (Banca d’Italia ed enti creditizi che svolgono attività bancaria, banche);
— società di leasing e di factoring;
— investitori istituzionali (fondi comuni di investimento, gestioni fiduciarie di patrimoni mobiliari, società di investimento a capitale variabile, compagnie di assicurazione ecc.);
— altri intermediari specializzati e di professione.
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Quali sono le funzioni degli intermediari finanziari?
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Capitolo Primo
Agli intermediari finanziari vengono tradizionalmente riconosciute le seguenti funzioni:
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— mobilizzazione del risparmio: gli intermediari finanziari attuano operazioni (passive) di
raccolta fondi presso gli operatori in surplus (ossia con risparmi superiori agli investimenti), trasferendo poi le risorse finanziarie così ottenute agli operatori in deficit (cioè a quelli
cui non è sufficiente il proprio risparmio per coprire i propri investimenti), mediante operazioni (attive) di impiego;
— riduzione del rischio attraverso la diversificazione degli investimenti effettuati;
— trasformazione delle scadenze delle attività finanziarie assunte ed emesse: gli intermediari finanziari hanno la capacità di effettuare, sia pure entro certi limiti, operazioni di impiego con scadenza diversa (più lunga) da quelle di raccolta.
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Le banche svolgono, accanto alle funzioni sopraindicate, un’ulteriore funzione: la funzione monetaria, che si concreta nella capacità di questi organismi di mettere a disposizione del pubblico proprie
passività (in particolare i depositi in conto corrente) aventi la funzione di mezzi di pagamento.
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3. ORIGINI E SVILUPPO DELL’ATTIVITÀ BANCARIA
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Il diritto bancario viene, generalmente, definito come il complesso di
norme che regolano la costituzione, l’organizzazione e l’esercizio dell’impresa di credito.
Le origini dell’attività bancaria sono molto antiche, in quanto si ricollegano allo sviluppo degli scambi commerciali ed all’introduzione della moneta come mezzo di pagamento. Nel quadro dell’attività commerciale, la
figura del banchiere si caratterizza, fin dall’inizio, per la sua funzione di
custodia del denaro e di concessione di prestiti.
Nello sviluppo storico della legislazione bancaria italiana si possono
distinguere, approssimativamente, quattro periodi:
— il periodo che va dal 1861 (unità d’Italia) al 1926 (emanazione della
prima legge bancaria);
— il periodo compreso tra la prima e la seconda legge bancaria (1936);
— il periodo che va dalla seconda legge bancaria ai primi anni ’80;
— il periodo che va dai primi anni ’80 ai nostri giorni (emanazione del
Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - T.U.B.).
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A) Dall’unità d’Italia alla prima legge bancaria
Il primo periodo è caratterizzato dall’assenza di una disciplina speciale
dell’attività bancaria: le imprese bancarie, infatti, erano assoggettate, come
le altre imprese commerciali, al diritto comune.
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L’unica nota caratteristica era costituita dall’obbligo, imposto dall’art.
177 del Codice di Commercio del 1882, di depositare presso il Tribunale di
Commercio una situazione mensile esposta secondo un modello predisposto con decreto governativo. L’attività bancaria in quanto tale non era sottoposta a particolari controlli da parte dell’autorità governativa.
Negli ultimi anni dell’ottocento si era venuta a creare una diversificazione tra le imprese bancarie, a seconda che finanziassero principalmente
attività industriali, commerciali o di altro tipo.
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B) Dalla prima legge bancaria (1926) alla seconda legge bancaria (1936)
Il moltiplicarsi dei dissesti bancari rese impellente e necessaria l’emanazione di una disciplina speciale che avesse come obiettivo la tutela del
risparmio ed il risanamento del settore.
Un primo risultato fu il R.D.L. 6-5-1926, n. 812 il quale attribuì il potere
di emettere biglietti di banca esclusivamente alla Banca d’Italia (istituita
nel 1893), che in tal modo divenne l’unico istituto di emissione.
La ristrutturazione del sistema bancario fu attuata con il R.D.L. 7-91926, n. 154 (c.d. prima legge bancaria) che introdusse un sistema di controlli sull’attività e sulle imprese bancarie.
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C) Dalla seconda legge bancaria (1936) agli anni ’80
La crisi economica internazionale degli anni ’30 si ripercosse anche
sul sistema economico italiano determinando l’esigenza di una riforma integrale dell’attività bancaria.
Fu questo il clima politico-economico che condusse all’emanazione del
R.D.L. 12-3-1936, n. 375 (conv. con L. 7-3-1938, n. 141), meglio noto come
seconda legge bancaria.
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Quali furono le novità della seconda legge bancaria?
Le principali novità furono:
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— distinzione tra «enti raccoglitori di risparmio a breve termine» (detti anche aziende di
credito) ed «enti raccoglitori di risparmio a medio e lungo termine» (o istituti di credito),
cui corrispondeva una diversa disciplina;
— attribuzione del controllo sull’attività bancaria ad un Comitato di ministri, alle cui dipendenze venne posto un organo burocratico denominato «Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito», a capo del quale era il Governatore della Banca
d’Italia, con poteri ampiamente discrezionali;
— riconoscimento alla Banca d’Italia della natura di ente pubblico.
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La caduta del regime fascista non condusse ad una radicale modificazione del sistema bancario italiano. Gli interventi legislativi si limitarono
ad una redistribuzione dei poteri di controllo sull’attività bancaria tra gli
organi di governo.
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L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che pure enunciava agli artt. 41 e 47
nuovi e fondamentali principi in materia economica e bancaria, non determinò un mutamento
d’indirizzo nella politica legislativa in materia bancaria.
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4. IL TUB E LA NOZIONE DI ATTIVITÀ BANCARIA
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Con il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB),
approvato con decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385, si è provveduto al riassetto, alla codificazione e alla delegificazione dell’enorme mole
di produzione normativa prodotta in materia dalla legge bancaria del 1936
in poi. I 162 articoli del TUB (di questi alcuni abrogati) ne sostituiscono
oltre 1.400 delle disposizioni precedenti.
Rispetto alla precedente legge bancaria — la quale constava di 105 articoli — il TUB allarga il proprio raggio di azione ricomprendendo gli intermediari finanziari non bancari (artt. 106-114), il funzionamento dei sistemi di
pagamento (art. 146), la trasparenza delle condizioni contrattuali (artt. 115120), il credito al consumo (artt. 121-126). L’ingresso di queste due ultime (e
connesse) materie autorizza ad inserire tra le finalità perseguite dal TUB anche quella di proteggere i soggetti contrattualmente deboli. Per espressa esclusione della delega del Parlamento non sono comprese nel D.Lgs. n. 385/1993
le norme in materia di intermediazione mobiliare (contenute oggi negli artt.
5-60 del Testo Unico della Finanza – D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e di
tutela della concorrenza (previste dalla legge antitrust).
Il legislatore ha conferito al TUB la natura di legge quadro, indicando,
quindi, i principi guida e rinviando alle autorità creditizie, nell’ambito della normativa secondaria, la regolamentazione degli aspetti più tecnici. Il
TUB non contiene, infatti, disposizioni analitiche, che per la loro intrinseca
complessità richiedono una regolamentazione minuziosa, data la mutevole
realtà dei mercati finanziari.
Il riordino della materia, necessario al fine di adeguarla alla nuova realtà
in cui operano le banche e alle direttive europee, è stato realizzato intorno a
tre principi fondamentali:
1) la libera concorrenza;
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2) il rispetto delle regole di mercato;
3) il collocamento dell’attività bancaria nell’ambito dell’attività d’impresa.
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Con l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del principio di despecializzazione
gli artt. 10, 11 e 12 del TUB rappresentano il nucleo fondamentale di norme per l’individuazione della concreta operatività delle banche.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 10 del TUB «la raccolta del risparmio tra il pubblico e
l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria. Essa ha carattere d’impresa».
L’art. 11, comma 1, del TUB precisa che «è raccolta del risparmio l’acquisizione di fondi
con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi, sia sotto altra forma». Pertanto, nella
raccolta del risparmio, tutte le operazioni mediante le quali la banca acquista la disponibilità di
risorse monetarie assumendo l’obbligo di restituire una quantità di moneta almeno pari a quella ricevuta sono, ad esempio, le tradizionali forme di deposito, l’emissione di obbligazioni, i
contratti con i quali la banca riceve denaro a fronte della vendita di titoli che si impegna a
riacquistare a scadenza fissa ad un prezzo superiore predeterminato.
L’art. 10, comma 2, del TUB stabilisce che l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle
banche. Con questa norma il legislatore pone un’esplicita riserva in favore delle banche, da
intendersi nel senso che l’esercizio congiunto della raccolta del risparmio fra il pubblico e
l’esercizio del credito spetta in via esclusiva alle imprese bancarie.
Per delineare con chiarezza i confini del regime di esclusiva dell’attività bancaria, il legislatore all’art. 11, comma 2, del TUB vieta espressamente la raccolta del risparmio tra il
pubblico ai soggetti diversi dalle banche, fatte salve le eccezioni previste dallo stesso TUB.
Il collegamento funzionale tra la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del
credito definisce l’attività tipicamente riservata alle banche, ma non esaurisce l’attività delle
banche. L’art. 10, comma 3, del TUB precisa, infatti, che «le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna,
nonché attività connesse o strumentali», fatte salve le riserve di attività previste dalla legge.
Ai sensi dell’art. 12, comma 1, del TUB «le banche, in qualunque forma costituite, possono emettere obbligazioni, anche convertibili, nominative o al portatore».
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5. LE FUNZIONI DELLE BANCHE E LA GESTIONE BANCARIA
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La banca è una azienda di produzione indiretta che svolge professionalmente un’attività di intermediazione nel campo del credito a breve, medio e
lungo termine, interviene nel regolamento monetario degli scambi, concorre a trasformare risorse finanziarie liquide in forme durevoli di impiego e
fornisce numerosi servizi collegati alle funzioni tipiche che esercita all’interno del sistema finanziario.
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Quali sono le funzioni esercitate dalle banche?
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Si possono distinguere, principalmente, quattro funzioni:
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— la funzione creditizia, che si concreta nell’esercizio congiunto della raccolta del risparmio tra il pubblico e nell’erogazione del credito;
— la funzione monetaria, che consiste nell’offerta al pubblico di titoli rappresentativi della
moneta, utilizzabili in sua sostituzione nel regolamento monetario degli scambi;
— la funzione di investimento, ossia l’effettuazione da parte della banca di cospicui investimenti in titoli di breve e di non breve durata, che contribuisce al finanziamento delle società e degli enti emittenti i titoli;
— la funzione di prestazione di servizi, che consiste nel fornire alla clientela i numerosi
servizi collegati alle funzioni tipiche, esercitate dalla banca all’interno del sistema finanziario. I servizi forniti sono di diversa natura: monetaria, di consulenza, di custodia, finanziari ecc.
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Oltre alle suddette funzioni, la banca svolge anche una funzione di trasmissione al mercato
delle decisioni in materia di politica economica, ossia si occupa del trasferimento sulla clientela
degli effetti che discendono dalle decisioni assunte dalla BCE per la regolazione della moneta
e del credito sia in termini di volumi che di prezzi (tassi di interesse e tassi di cambio).
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Nello svolgimento della sua attività, la banca deve tendere al conseguimento contemporaneo dei seguenti obiettivi:
— operare in condizioni di sufficiente liquidità (equilibrio finanziario);
— mantenersi in stato di solvibilità (equilibrio patrimoniale);
— realizzare una soddisfacente redditività (equilibrio economico).
La liquidità è la capacità della banca di far fronte tempestivamente ed
economicamente alle richieste di rimborso delle passività in essere, ossia
ai propri impegni di pagamento.
Il principio che guida le scelte di liquidità è la sincronizzazione delle
scadenze.
Gli impegni di pagamento che provocano un deflusso di liquidità sono costituiti essenzialmente da:
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— richieste di rimborso da parte dei depositanti;
— richieste di utilizzo dei margini di fido disponibili da parte delle imprese affidate;
— scadenza delle poste del passivo.
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La liquidità bancaria può essere garantita mediante:
— la creazione di adeguate riserve di liquidità primaria e secondaria;
— la limitazione del fido ad un singolo cliente;
— il frazionamento dei rischi (in senso quantitativo, qualitativo e settoriale.
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La solvibilità viene, generalmente, intesa come la capacità della banca
di assicurare il rimborso di tutte le passività attraverso la liquidazione delle attività patrimoniali.
La redditività è la condizione fondamentale per la sopravvivenza e lo
sviluppo di una banca e si manifesta in una combinazione di operazioni che,
nel rispetto delle condizioni di liquidità e di solvibilità, consentono il conseguimento di un flusso di ricavi che coprano tutti i costi consumati per la
loro realizzazione e che lascino un adeguato compenso al capitale proprio
investito.
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Tra liquidità e redditività può esistere una correlazione inversa. Un accumulo eccessivo di
riserve di liquidità, al fine di realizzare un superfluo margine di sicurezza può, infatti, limitare
la possibilità di conseguire redditi adeguati. Di contro, la ricerca di una elevata redditività,
attraverso, ad esempio, l’aumento dei prestiti più remunerativi, può comportare un maggior
rischio di liquidità.
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A) La gestione della liquidità
La gestione di ogni impresa è caratterizzata da un fitto intrecciarsi di
afflussi e deflussi monetari e dalla necessità di armonizzare l’avvicendarsi
di tali fenomeni, in guisa che il flusso delle entrate favorisca tempestivamente ed economicamente mezzi di pagamento in quantità sufficiente a fronteggiare i flussi monetari in uscita.
La capacità dell’impresa, ed in particolare della banca, di far fronte
tempestivamente ed economicamente alle richieste di rimborso delle passività in essere suole qualificarsi con il termine di liquidità.
Le riserve di liquidità vengono distinte in riserve di liquidità primaria
e riserve di liquidità secondaria.
Le riserve di liquidità primaria sono quelle la cui trasformazione in
base monetaria è praticamente immediata e senza ostacoli (la cassa contanti, i
saldi liquidi dei conti correnti di corrispondenza con banche, i depositi a vista
presso il Tesoro, i crediti a vista riferiti ad assegni circolari o a cedole già
pronte per la presentazione all’incasso presso la stanza di compensazione ecc.).
Le riserve di liquidità secondaria sono, invece, rappresentate dal complesso delle attività di bilancio che si trasformano naturalmente (liquidità
naturale) o possono essere trasformate in base monetaria in tempi brevi (liquidità artificiale). Rientrano in questa categoria di riserve i depositi interbancari in euro e in valuta ad esigibilità differita ma a breve termine, il
portafoglio titoli agevolmente negoziabile nei mercati secondari ecc.
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B) La classificazione delle operazioni bancarie
Le operazioni che vengono poste in essere da una banca devono consentire di realizzare il miglior trinomio «liquidità — solvibilità — redditività».
Tali operazioni vengono solitamente suddivise nelle seguenti macro-categorie:
— operazioni di intermediazione creditizia, ossia quelle attraverso le quali
la banca, in qualità di intermediaria del credito, svolge la funzione creditizia;
— operazioni dirette di investimento finanziario, che consistono in acquisti in proprio di valori mobiliari e di valute estere, oltre che nella
gestione di partecipazioni azionarie (in società: di leasing, di factoring,
di credito al consumo ecc.);
— operazioni di intermediazione mobiliare e valutaria, ossia quelle operazioni con cui la banca acquista e vende titoli di Stato o garantiti dallo
Stato e titoli non quotati nei mercati regolamentati, banconote e divise
estere ed esercita, inoltre, le attività che le sono consentite dal TUF;
— operazioni complementari, che comprendono numerosi servizi non
creditizi di tipo tradizionale (come i servizi: di custodia, di incasso, di
pagamento ecc.);
— operazioni collaterali, che consistono in attività con cui la banca presta
alla clientela, direttamente o tramite società controllate e collegate (es.:
leasing, factoring, carat di credito ecc.).
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6. I RISCHI DELLA GESTIONE BANCARIA
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I rischi che caratterizzano lo svolgimento della gestione bancaria si possono classificare nelle seguenti tipologie:
— rischio di credito: si manifesta attraverso due componenti: l’insolvenza, ovvero il rischio che il cliente non paghi il corrispettivo della prestazione ricevuta; il ritardato pagamento, che si verifica quando il cliente
provvede al pagamento in ritardo rispetto ai termini contrattualmente
definiti;
— rischio di liquidità: è collegato alle difficoltà del debitore di far fronte
alle proprie obbligazioni finanziarie per mancanza di fondi, ovvero al
fatto che il debitore non sia più in grado di disporre delle necessarie
linee di credito per cassa o di firma;
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— rischio di interesse: è collegato al fatto che il valore di mercato di determinate attività e passività finanziarie possa variare per effetto di variazioni dei tassi di interesse, riflettendosi indirettamente sulla complessiva situazione economico-patrimoniale della banca;
— rischio di cambio: è collegato alla possibilità di subire perdite per effetto di avverse variazioni nei cambi delle valute estere. Riguarda l’attività
bancaria di negoziazione in valuta, l’erogazione di prestiti denominati
in una valuta estera, l’acquisto di titoli denominati in valuta e la raccolta
in valuta;
— rischio paese: dipende dall’influenza di elementi di natura economica,
finanziaria e politica di un certo paese che possono incidere sulla capacità di rimborso delle imprese nazionali affidate, nonostante queste presentino individualmente condizioni di piena solvibilità;
— rischio operativo: è tipico di qualunque impresa e attività imprenditoriale; è riconducibile alla possibilità che inadeguatezze dei sistemi di
controllo interno, errori del personale, comportamenti umani illegali o
inappropriati, carenze tecnologiche e rischi esterni possano generare una
riduzione di ricavi o un incremento inatteso nei costi con una conseguente e altrettanto inattesa riduzione nel livello dei profitti.
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Glossario
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Borsa o Borsa valori: la Borsa è un mercato organizzato per la negoziazione degli strumenti finanziari, articolato nei seguenti comparti: mercato telematico azionario, mercato
telematico dei securitised derivatives, mercato after hours, mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato.
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Deposito a vista: è un tipo di deposito bancario liberamente disponibile e trasferibile a
mezzo giroconto, assegno od altro equivalente ordine di pagamento. Per il prelievo non è
necessario, dunque, alcun preavviso.
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Obbligazione convertibile: è un titolo a reddito fisso che offre al sottoscrittore la facoltà di
rimanere creditore della società emittente sino alla naturale scadenza del titolo, ovvero di
convertire, entro determinati periodi di tempo ed in base a rapporti di cambio prefissati,
l’obbligazione in azioni della società emittente (conversione diretta) o di altra società (conversione indiretta) che la società ha in portafoglio, assumendo così lo status di azionista.
Può considerarsi una figura intermedia fra l’obbligazione e l’azione. Svolge la funzione di
raccogliere danaro presso quanti non si sentirebbero allettati da un puro e semplice investimento obbligazionario, ma, tuttavia, temono i rischi di un investimento azionario.
La delibera di emissione di obbligazioni convertibili è rimessa alla competenza dell’assemblea straordinaria. L’atto costitutivo può, tuttavia, attribuire agli amministratori la facoltà di
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emettere obbligazioni, anche convertibili, fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data di iscrizione della società nel registro delle imprese.
Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione dell’atto costitutivo, per un
periodo massimo di cinque anni dalla data della deliberazione.
Nel caso di conversione diretta il codice dispone che l’assemblea straordinaria che decide
l’emissione deve deliberare contestualmente l’aumento del capitale necessario a garantire
la conversione. Questo aumento di capitale però, non può essere menzionato negli atti della
società fin quando non sia effettivamente sottoscritto. In caso di conversione, la differenza
tra il valore nominale delle obbligazioni convertite ed il valore nominale delle azioni emesse si porta a fondo sovrapprezzo azioni
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