Capitolo 19 I prezzi e l?inflazione

annuncio pubblicitario
Capitolo 19
I prezzi e l’in‡azione
Abbiamo visto che la macroeconomia riduce drasticamente il numero dei mercati. Di fatto, nei modelli delle pagine precedenti, ne sono stati considerati
tre: quello dei beni, in cui viene prodotto e scambiato il prodotto nazionale
Y , quello del lavoro (N ) e quello dei titoli (B). I corrispondenti prezzi sono:
(i) il prezzo dei beni, o meglio quella media dei prezzi dei vari beni che
compongono il prodotto nazionale che abbiamo chiamato livello generale dei
prezzi e abbiamo indicato col simbolo P ; (ii) il prezzo del lavoro, ossia il
salario, che abbiamo indicato col simbolo W ; (iii) il prezzo dei titoli, che
abbiamo indicato col simbolo Pb e che abbiamo visto essere legato al tasso di
interesse r da una relazione inversa.
Nei modelli considerati …nora, l’unico prezzo che conta per l’equilibrio
macroeconomico è il prezzo dei titoli, o meglio il tasso di interesse r: esso
determina il livello di equilibrio del prodotto nazionale per il tramite della
scheda IS ; a sua volta r è determinato dalla Banca centrale attraverso il
controllo dell’o¤erta di moneta M . Gli altri due prezzi non svolgono alcun
ruolo: il salario è stato assunto come un dato esogeno (W = W ) perché
…ssato in contratti che nel breve periodo non possono cambiare; anche il
livello dei prezzi è stato assunto come un dato esogeno e posto uguale a uno
per sempli…care le formule (P = P = 1); il motivo di quest’ultima ipotesi è
basato sull’idea che nel mercato dei beni, contrariamente a quel che avviene
nel mercato dei titoli, non vale la legge della domanda e dell’o¤erta ma il
principio della domanda e¤ettiva.
Tuttavia, il fatto che i prezzi non svolgano un ruolo nel portare il mercato
dei beni all’equilibrio non signi…ca che essi non contino nulla. Essi contribuiscono certamente a determinare le decisioni di spesa delle famiglie, delle
imprese e dello Stato (ossia il livello della spesa aggregata E) e a determinare
le decisioni di produzione delle imprese. Perciò è importante costruire un
modello in cui la variabile P , invece di essere assunta come un dato esogeno,
175
176
divenga una variabile endogena. Ciò è tanto più rilevante se si considera che
nelle economie reali i prezzi variano, e soprattutto che esiste un fenomeno
macroeconomico molto importante che li riguarda: la tendenza del livello
generale dei prezzi ad aumentare continuamente nel tempo, ossia l’in‡azione.
Tre identità macroeconomiche. Per costruire un modello macroeconomico in cui il livello dei prezzi è una variabile endogena che in‡uenza il
livello del prodotto nazionale, la strada più semplice parte dall’identi…cazione
di tre identità, che mettono appunto in relazione il prodotto nazionale Y , il
livello dei prezzi P e altre importanti variabili macroeconomiche tra le quali
l’o¤erta di moneta M , l’occupazione N e il salario nominale W . Di fatto
queste tre identità possono essere ricavate da tre de…nizioni:
La velocità di circolazione. Con l’espressione “velocità di circolazione della
moneta” intendiamo il numero medio di volte che, nel corso di un anno,
una unità di moneta cambia di mano (passa da un portafoglio all’altro) per
acquistare un “pezzo”di prodotto nazionale. Per la velocità di circolazione si
usa il simbolo V . Possiamo esprimere la nostra de…nizione con una formula:
V =
PY
M
(19.1)
Al numeratore abbiamo il prodotto nazionale nominale. Al denominatore la
quantità di moneta in circolazione (l’o¤erta di moneta). In e¤etti, dividendo
il valore del prodotto nominale per la quantità di moneta si ottiene appunto
il numero di volte che, in media, una unità di moneta è servita a fare un
acquisto, cioè appunto la velocità di circolazione.1
La produttività del lavoro. Con l’espressione “produttività media del lavoro”
intendiamo il numero di unità di prodotto nazionale reale che vengono in
media prodotte da una unità di lavoro. Per la produttività del lavoro useremo
1
Supponiamo, per esempio, che si abbia P Y = 1000 e M = 250. Ogni moneta, in
media, serve per fare 4 acquisti. Appunto, si ha V = 4. Spesso la formula (19.1) viene
presentata in un’altra forma assolutamentre equivalente:
PY = V M
Scritta in questo modo la formula a¤erma che il prodotto nazionale nominale (ossia il
valore di tutti i beni e servizi prodotti e scambiati nel corso di un anno) è appunto uguale
alla quantità di moneta moltiplicata per il numero medio di volte in cui essa è cambiata
di mano per fare quegli scambi. Per dirla diversamente, il valore dei beni prodotti (primo
membro) è uguale al valore degli acquisti di beni (secondo membro). Questa versione della
de…nizione di velocità di circolazione viene chiamata spesso, per questo motivo, equazione
degli scambi.
177
il simbolo X. Possiamo esprimere anche questa de…nizione con una formula:
X=
Y
N
(19.2)
Insomma, la produttività del lavoro è il rapporto tra il prodotto reale e
l’occupazione.
La quota dei salari. Con l’espressione “quota dei redditi da lavoro sul reddito nazionale” (spesso abbreviata in quota dei salari) intendiamo la parte
del reddito nazionale che viene incassata dai lavoratori (al lordo del prelievo
…scale e al netto dei trasferimenti)2 . Indicheremo la quota dei salari col simbolo Sw . Per calcolarla dobbiamo dividere il totale dei redditi dei lavoratori
per il prodotto nazionale. In simboli avremo:
Sw =
WN
PY
(19.3)
Al numeratore abbiamo appunto il totale dei redditi dei lavoratori, che nella nostra economia sempli…cata è dato dal prodotto del salario unitario per
l’occupazione. Ovviamente si ha Sw < 1, perché i lavoratori non si appropriano di tutto il prodotto nazionale. La fetta restante della torta, costituita
– come sappiamo – dagli interessi e dai pro…tti (si ricordi la formula ?? di
p. ??) viene indicata col simbolo S . Abbiamo naturalmente Sw + S = 1 (le
due quote esauriscono l’intero prodotto nazionale).
Le tre formule (19.1), (19.2) e (19.3) costituiscono gli ingredienti con cui è
possibile costruire un modello in cui il livello dei prezzi P diventa una variabile endogena e svolge un ruolo nella determinazione dell’equilibrio macroeconomico. Per rendere più facile il lavoro col modello è preferibile “tradurre”
le formule in versione logaritmica. Sfruttando alcune proprietà dei logaritmi,
diventa infatti possibile scriverle in modo molto più semplice.
I vantaggi dei logaritmi. Ricordiamo qui le proprietà dei logaritmi di cui
faremo uso.3 Non le dimostreremo (questo non è un testo di matematica)
2
Ossia prima che i lavoratori abbiano pagato le imposte che gravano sui loro redditi e
che abbiano incassato i trasferimenti.
3
La de…nizione di logaritmo suona indigesta a molti studenti: « il logaritmo di un
numero è l’esponente a cui deve essere elevato un numero, …sso, detto base, per ottenere
il numero stesso» . I numeri scelti di solito come base sono due. Uno è il numero 10 (e
i logartimi che assumono questo numero come base vengono indicati col simbolo log x).
Con questa base, per esempio, log 1000 = 3, perché appunto per ottenere 1000 si deve
elevare 10 alla terza potenza (103 = 1000); sempre con questa base log 10 = 1 e log 1 = 0
(100 = 1). L’altro numero scelto come base è il numero e 2; 718. I logaritmi che usano
178
ma il lettore potrà controllarle, se vuole, facendo qualche prova con una
calcolatrice tascabile:
(i) il logaritmo di uno è zero (ln 1 = 0); il logaritmo di un numero compreso
tra zero e uno è negativo (se 0 < X < 1 allora ln X < 0); il logaritmo
di un numero negativo non è un numero reale;
(ii) il logaritmo di un prodotto è uguale alla somma dei logaritmi. La
formula è: ln (XY ) = ln X + ln Y (questa proprietà consente di trasformare, appunto, i prodotti in somme);
(iii) il logaritmo di un quoziente è uguale alla di¤erenza dei logaritmi. La
= ln X ln Y ;
formula è: ln X
Y
(iv) il logaritmo di una potenza è uguale al prodotto dell’esponente per il
logaritmo del numero. La formula è: ln (X ) = ln X;4
(v) il logaritmo di uno più un numero “piccolo” è approssimativamente
uguale al numero. La formula è: ln (1 + X) X; l’approssimazione è
tanto migliore quanto più piccolo è il numero X.5 Può essere utilizzata
con le frazioni o con le percentuali (il tasso di interesse, il tasso di
disoccupazione, il tasso di in‡azione, ecc.).
Nelle pagine che seguono faremo uso della seguente terminologia: quando
una variabile è indicata con una lettera maiuscola, il logaritmo di quella
variabile verrà indicato con la corrispondente lettera minuscola. Un esempio:
il prodotto nazionale è indicato con Y ; il suo logaritmo verrà indicato con y
; il suo
(ossia ln Y = y). Un altro esempio: il salario reale è indicato con W
P
questa base si chiamano logaritmi naturali, e vengono indicati col simbolo ln x. Notare
che anche nel caso dei logaritmi naturali si ha ln 1 = 0 (qualunque numero elevato a zero
dà 1). Per la fortuna degli studenti, ormai i logaritmi vengono ottenuti premendo un
tasto delle calcolatrici tascabili, sia per i logaritmi in base 10 (il tasto è appunto log x)
sia per i logaritmi naturali (il tasto è ln x). Le calcolatrici tascabili hanno anche due
tasti che permettono di tornare indietro, ossia di passare dal logaritmo al numero: sono
rispettivamente 10x e ex .
4
La potenza può essere un numero qualsiasi, anche un numero negativo o una frazione.
1
Un esempio: se dobbiamo calcolare il logaritmo di X
, possiamo riscrivere la frazione come
1
1
X
e poi applicare la proprietà ottenendo ln X = ln X (si noti che questo risultato
poteva essere ottenuto anche
se dobbiamo
p sfruttando la proprietà (iii ). Un altro esempio:
1
calcolare il logaritmo di X, possiamo riscrivere la radice come X 2 e poi applicare la
p
proprietà ottenendo ln
X = 12 ln X.
5
Questa è l’unica proprietà che non viene insegnata quando si studiano i logaritmi nella
scuola secondaria. Facciamo un esempio numerico. Calcoliamo il logaritmo di 1 + 0:03.
Usando una qualsiasi calcolatrice otteniamo, come previsto, ln 1:03 = 0:029559 0:03.
179
logaritmo verrà indicato con w p (naturalmente abbiamo usato la proprietà
= ln W ln P ).
(iii) per cui ln W
P
Ora possiamo mettere in luce i vantaggi dei logaritmi riscrivendo in forma
logaritmica le tre formule (19.1), (19.2) e (19.3). La prima diventa
v =p+y
(19.4)
m
La seconda formula diventa
x=y
(19.5)
n
La terza formula diventa
ln Sw = w + n
p
(19.6)
y
Adesso siamo pronti a costruire il modello macroeconomico con prezzi variabili.
Il modello AD-AS
La domanda aggregata. Riprendiamo la (19.4), ossia la de…nizione della
velocità di circolazione in forma logaritmica, e riscriviamola risolta per la
variabile y:
y =m+v
(19.7)
p
Questa formula ci dice che il prodotto nazionale dipende da tre grandezze:
positivamente dalla quantità di moneta m (la formula mostra che m >
0 ) y > 0 e viceversa) e dalla velocità di circolazione v (la formula mostra
anche che v > 0 ) y > 0 e viceversa); negativamente, invece, dal livello
dei prezzi p (la formula mostra che p > 0 ) y < 0 e viceversa). Sono
coerenti questi risultati con quel che abbiamo studiato …nora sul livello di
equilibrio del prodotto nazionale? Lo sono.
Cominciamo dall’in‡uenza positiva dell’o¤erta di moneta. Abbiamo visto che il livello di equilibrio del prodotto dipende negativamente dal tasso
di interesse r (una diminuzione di quest’ultimo stimola l’investimento che
a sua volta, per il tramite del moltiplicatore, accresce la spesa aggregata
da cui dipende appunto Y ). Abbiamo visto anche che il tasso di interesse
dipende negativamente dall’o¤erta di moneta. Perciò quest’ultima in‡uenza
positivamente il prodotto. Sintetizzando possiamo scrivere
M >0)
r<0)
I>0)
E>0>
Y >0
180
Ecco confermata, perciò, l’in‡uenza positiva di m su y messa in luce dalla
formula (19.7).
Vediamo adesso l’in‡uenza positiva della velocità di circolazione. Abbiamo visto nelle pagine precedenti che il livello del prodotto dipende positivamente dal livello della spesa autonoma ( Y = m A dove in questa formula
m è il moltiplicatore). Mostriamo ora che un aumento della spesa autonoma accresce la velocità di circolazione della moneta ( A > 0 ) V > 0).
L’aumento di una qualsiasi componente della spesa autonoma (può essere
C oppure I oppure G, ecc.) signi…ca che qualche soggetto (famiglie,
imprese, Stato) decide di aumentare i suoi acquisti di beni e servizi.6 Ma, per
ipotesi l’o¤erta di moneta non è cambiata ( M = 0). Per e¤ettuare i loro
acquisti quei soggetti dovranno servirsi della moneta esistente, che dunque
circolerà più rapidamente. Conclusione: una variazione della spesa autonoma
si traduce in una variazione dello stesso segno della velocità di circolazione
della moneta esistente ( A ) V ). Questo chiarisce perché se la velocità di circolazione aumenta anche il prodotto nazionale aumenta: l’e¤etto
sul prodotto nazionale di una variazione di V può essere infatti interpretato
come l’e¤etto di una variazione di A.
Per quanto riguarda, in…ne, l’in‡uenza (stavolta negativa) del livello dei
prezzi sulla spesa aggregata e perciò sul prodotto nazionale, possiamo cavarcela rapidamente. Abbiamo detto che P è una media dei prezzi dei beni e
p
m+v
N
pn
V
pv
AD
0
yn
yv
y
figura 19.1: La curva della domanda aggregata
servizi che compongono il prodotto nazionale. Sappiamo dalla microecono6
Come sappiamo, dato l’operare del meccanismo del moltiplicatore, l’aumento di spesa
aggregata E generato da un dato aumento di spesa autonoma A è un multiplo di A.
Ma questo non cambia, anzi ra¤orza, il ragionamento condotto nel testo.
181
mia che se aumenta il prezzo di un bene la sua domanda diminuisce. Perciò, a
livello macro quell’aumento ha due e¤etti: aumenta la media dei prezzi, ossia
P (perché quel prezzo contribuisce alla media) e riduce la quantità complessivamente domandata di beni, ossia E (perché quel bene fa parte, come tutti i
beni e servizi, del prodotto nazionale). Ma sappiamo che il prodotto nazionale
dipende da E. Dunque a livello aggregato si ha che P > 0 ) Y < 0 e
viceversa.
Nella figura 19.1 abbiamo riportato in un gra…co con y in ascissa e p
in ordinata la relazione (19.7). Un banale controllo ci dice che si tratta di
una retta decrescente con un coe¢ ciente angolare pari a 1. L’intercetta con
l’asse delle ordinate è pari a m + v. Il gra…co ha tutta l’apparenza di una
curva di domanda ed è, in e¤etti, la curva di domanda aggregata (AD).
Ricordiamo che essa descrive tutte le combinazioni di p e y per cui il prodotto nazionale è uguale alla spesa aggregata (Y = E). Rispetto ai modelli
precedenti, in cui il livello dei prezzi era …sso, ora la spesa aggregata dipende
anche da p. Per questo l’abbiamo chiamata domanda aggregata. Per ogni
livello di p essa dà la quantità di prodotto nazionale y che le imprese possono
vendere. Un aumento di prezzo, per esempio da pv a pn , riduce la domanda
aggregata (da yv a yn ). Un aumento dell’o¤erta di moneta ( m > 0) o della
spesa autonoma ( v > 0) sposta a destra la curva della domanda aggregata, il che signi…ca che a parità di prezzo le imprese possono vendere di più.
Accade il contrario se l’o¤erta di moneta o la spesa autonoma diminuiscono.
Questo signi…ca che la politica economica, attraverso il controllo di m e di
v è in grado di controllare la posizione della curva di domanda aggregata.
Ma il livello di equilibrio del prodotto nazionale y dipende dal livello di p.
Dobbiamo domandarci, allora, da che dipende il livello generale dei prezzi.
L’o¤erta aggregata. C’è bisogno di un’altra relazione che leghi p e y.
Per fortuna ce l’abbiamo: è la (19.6). Riscriviamola esplicitando p al primo
membro:
p=w+n
y
ln Sw
Vedremo tra poco che questa seconda relazione tra p e y può essere interpretata come una curva di o¤ erta aggregata (AS). Per ogni livello di
p essa identi…ca la quantità di prodotto nazionale y che le imprese vogliono
vendere, perché è la quantità che rende massimo il loro pro…tto. Illustrare
questo punto richiede qualche passaggio.
Innanzitutto cambiamo un po’la terminologia. Utilizzando la (19.5) possiamo scrivere n y = x. Ricordiamo inoltre che Sw < 1 (è una quota sul
totale del prodotto nazionale). Perciò ln Sw < 0 (per la proprietà (i) il loga-
182
ritmo di un numero minore di uno è un numero negativo). Di conseguenza
possiamo riscrivere la formula precedente ponendo anche ln Sw = z > 0:
p=w
x+z
(19.8)
Qual è il signi…cato di questa formula? Forse è più facile interpretare la
formula corrispondente scritta in livelli, ossia7
P =
W
(1 + z)
X
(19.9)
Poniamo provvisoriamente z = 0. Se fossimo in microeconomia, potremmo
, come l’uguaglianza tra prezzo
interpretare la formula risultante, ossia P = W
X
W
P e costo marginale Cm = P m , ossia come la condizione di massimo pro…tto
può essere interpretato
per un’impresa in concorrenza perfetta. Il rapporto W
X
infatti come il rapporto tra salario e produttività marginale del lavoro,8 ossia
appunto come il costo marginale.
Adesso torniamo al caso generale in cui z > 0. Se dividiamo per 1 + z
primo e secondo membro della (19.9) otteniamo
W
P
=
1+z
X
Al secondo membro abbiamo ancora il costo marginale. Il primo membro può
essere interpretato come il ricavo marginale,9 sicché otteniamo ancora la condizione di massimo pro…tto, ma stavolta in concorrenza imperfetta. Dunque
la (19.9) è la formula del prezzo …ssato da un’impresa in concorrenza imperfetta e ci dice che, come previsto, il prezzo è maggiore del costo marginale.
Il coe¢ ciente z prende il nome di mark-up (o “ricarico”) e misura la percentuale di aumento sul costo marginale caricata dall’impresa per ottenere il
prezzo di vendita.
Quando si passa dal livello microeconomico della singola impresa al li7
Si è usata, a rovescio, la proprietà (v) dei logartimi, secondo cui ln (1 + z)
z con
un’approssimazione che è tanto più buona quanto più il numero z è piccolo.
Y
8
Dalla de…nizione X = N
si ricava Y = XN che può essere interpretata come una
funzione di produzione Y = F (N ) = XN . Assumiamo che X sia una costante. In questo
caso la funzione di produzione prende la forma di una retta il cui coe¢ ciente angolare è
Y
= X (è il coe¢ ciente
appunto X. La produttività marginale corrispondente è P m = N
angolare, per ipotesi costante, della funzione di produzione).
9
Si può dimostrare, ma con conoscenze di economia e di matematica un po’più avanzate
P
di quelle a disposizione di uno studente del primo anno, che il rapporto 1+z
è e¤ ettivamente
il ricavo marginale Rm. Comunque si può notare che, se e¤ettivamente quel rappporto
è il ricavo marginale, allora si ha Rm < P come deve essere, appunto, in concorrenza
imperfetta.
183
vello macroeconomico del complesso di tutte le imprese, il signi…cato della
formula rimane sostanzialmente lo stesso: la (19.9) e perciò la (19.8), che
è la stessa formula scritta in logaritmi, rappresenta la regola seguita dalle
imprese per …ssare il prezzo (dato l’obiettivo del massimo pro…tto): appunto
costo marginale (w x) maggiorato del mark-up (z).
Al secondo membro della (19.8) ci sono tre grandezze che determinano il
livello di p. La prima è il salario nominale w, che per noi è un dato esogeno,
dato sappiamo che esso, nel breve periodo, è …ssato nei contratti di lavoro. La
seconda è la produttività (media e marginale) x che, per semplicità, abbiamo
assunto essere anch’essa una costante esogena. La terza è il mark-up z.
Supporremo, sempre per semplicità, che anch’esso sia costante ed esogeno.
Perciò, se riportiamo in un gra…co con y in ascissa e p in ordinata la curva
dell’o¤erta aggregata (19.8) otteniamo una retta orizzontale la cui intercetta
con l’asse del prezzo è il termine noto w x + z.
L’equilibrio macroeconomico. Il punto di incontro tra la curva della
domanda aggregata (19.7), etichettata come AD, e la curva di o¤erta aggregata (19.8), etichettata come AS, ci dà il livello di equilibrio del prodotto
nazionale di breve periodo (y ). È il punto B della figura 19.2. L’equilibrio
p
m+v
w− x + z
p*
B
0
y*
AS
AD
y
figura 19.2: L’equilibrio macroeconomico di breve periodo
macroeconomico dipende dai valori di cinque grandezze, due che riguardano
la domanda aggregata (m e v) e tre che riguardano l’o¤erta aggregata (w, x e
z). Il cambiamento di una qualunque di queste grandezza cambia l’equilibrio
macroeconomico. Per esempio, un aumento di m (o di v) sposta a destra la
scheda AD; di conseguenza il punto B che identi…ca l’equilibrio si sposta anch’esso a destra lungo la scheda AS ; il prodotto di equilibrio aumenta mentre
184
il livello dei prezzi rimane lo stesso. Un altro esempio: un aumento di w (o
di z, o una diminuzione di x) sposta in alto la scheda AS ; di conseguenza
il punto B si sposta in alto e a sinistra lungo la scheda AD; il prodotto di
equilibrio diminuisce e il livello dei prezzi aumenta. Ovviamente si possono
fare molti altri esempi.
Il modello AD-AS e la disoccupazione. Servendoci dell’apparato del
modello AD-AS siamo in grado di ottenere altre informazioni sull’andamento
del sistema macroeconomico. Possiamo innanzitutto calcolare il livello dell’occupazione. A questo scopo possiamo servirci dell’equazione (19.5). Dato
il livello del prodotto di equilibrio y e il livello (esogeno) della produttività
del lavoro x, quell’equazione ci dà il livello dell’occupazione corrispondente
all’equilibrio di breve periodo. Abbiamo cioè
n =y
x
La cosa può essere illustrata gra…camente con l’aiuto della figura 19.3.
p
m+v
w−p
w−x+z
x−z
NS
ND
AS
AD
y
y*
y
45°
n*
y
ns
nF
x+n
n
x
y
n
figura 19.3: Il modello AD-AS
Essa si articola in quattro gra…ci con gli assi (parzialmente) allineati. Quello
in alto a sinistra riprende la figura 19.2 (l’incontro tra la scheda AD e
la scheda AS determina il prodotto di equilibrio di breve periodo y ). In
basso a sinistra c’è un gra…co con y sia in ascissa che in ordinata, dove è
stata tracciata la bisettrice del quadrante. Questo gra…co serve soltanto a
trasferire dall’ascissa all’ordinata il valore y . Nel gra…co in basso a destra
abbiamo riportato la funzione aggregata di produzione y = x + n, ossia
185
l’equazione (19.5). Dato il valore y , questo gra…co permette di identi…care
il livello dell’occupazione n . Nel modello AD-AS è il livello del prodotto
che determina il livello dell’occupazione: le imprese acquistano il lavoro che
serve loro per produrre la quantità y .
Rimane il gra…co in alto a destra. In esso viene riportata la situazione del
mercato del lavoro. In ascissa viene misurata la variabile n mentre in ordinata viene misurato il salario reale w p.10 La funzione di domanda di lavoro
ci dice la quantità di lavoro che le imprese acquistano in corrispondenza di
un dato livello del salario reale (o, alternativamente, ci dice il salario reale
che le imprese sono disposte a pagare per acquistare una data quantità di
lavoro). Di fatto questa funzione viene ricavata dalla condizione di massimo
pro…tto: le imprese scelgono simultaneamente quanto produrre e quanto lavoro acquistare. Noi abbiamo già scritto la condizione di massimo pro…tto: è
la (19.8), ossia la scheda AS, che abbiamo visto rappresentare l’uguaglianza
tra ricavo marginale (p z) e costo marginale (w x). Possiamo riscriverla
esplicitando appunto il livello del salario reale:
w
p=x
z
(19.10)
Scritta così questa formula rappresenta appunto la curva di domanda di
lavoro. Dato che abbiamo assunto come esogeni e costanti sia la produttività
(x) che il mark-up (z) anche il salario reale è costante. In altre parole, le
imprese sono disposte a pagare il salario reale x z (costante) per ogni unità
di lavoro acquistata (sappiamo che ne acquistano n ). Nel gra…co la curva
di domanda di lavoro è perciò una retta orizzontale (con intercetta x z).11
L’abbiamo etichettata con la sigla ND. Nel gra…co abbiamo riportato anche
la curva di o¤ erta di lavoro, etichettata con la sigla NS. Essa è descritta
dalla funzione
ns =
(w
p)
(19.11)
formula che dice che la quantità di lavoro o¤erta dai lavoratori è una funzione
crescente (una retta che parte dall’origine) del salario reale. Il coe¢ ciente
angolare di questa retta è 1 (dato che, come accade spesso, gli assi sono
invertiti). Questa retta, in corrispondenza del salario reale x z, identi…ca
10
Si noti che nell’ordinata del corrispondente gra…co di sinistra viene misurato il livello
dei prezzi p, ossia una variabile diversa. Questo signi…ca che non c’è comunicazione tra
i due gra…ci in alto. Si deve appunto passare, come abbiamo fatto noi, attraverso i due
gra…ci in basso.
11
La retta è orizzontale perché abbiamo assunto che la produttività (marginale) x fosse
costante. Se l’avessimo assunta decrescente, la curva di domanda di lavoro sarebbe stata
anch’essa decrescente.
186
la quantità di lavoro o¤erta (è il punto ns del gra…co). In…ne è stato riportato anche l’ammontare (sempre espresso in logaritmi) delle forze di lavoro,
indicato con nF .
La di¤erenza tra il logaritmo delle forze di lavoro nF e il logaritmo dell’occupazione n è il tasso di disoccupazione di equilibrio di breve periodo:
u = nF
n
Esso12 può esssere scomposto in due parti: il tasso di disoccupazione involontaria (ns n ) e il tasso di disoccupazione volontaria (la parte restante
nF ns ).
L’equilibrio di lungo periodo. Abbiamo visto che l’equilibrio macroeconomico descritto nella figura 19.3 presenta disoccupazione involontaria. La
piena occupazione è identi…cata dal punto di incontro tra domanda e o¤erta
di lavoro (si veda la figura 19.4, gra…co in alto a destra). Essa è stata
w−p
p
∆m > 0
B
w−x+z
∆w < 0
y*
y
NS
x−z
P
AS
L AD'
AD
yL
y
ND
y
nL
x+n
n
x
45°
y
n
figura 19.4: L’equilibrio macroeconomico di lungo periodo
12
Sappiamo che il tasso di disoccupazione è dato dalla formula
u=
NF N
NF
Possiamo manipolare la formula scrivendo u = 1 NNF . Riordinando i termini otteniamo
N
u. Passando quest’ultima formula ai logaritmi si ricava n nF = u (abbiamo
NF = 1
usato le proprietà (iii ) e (v ) dei logaritmi). Cambiando i segni al primo e al secondo
membro si ottiene la formula del testo.
187
contrassegnata col simbolo nL . Percorrendo a ritroso i quattro gra…ci …no
a quello in alto a sinistra, troviamo il livello del prodotto che corrisponde
alla piena occupazione, contrassegnato come yL . Questo livello del prodotto
viene chiamato prodotto potenziale, perché rappresenta una situazione in
cui il sistema economico impiega a pieno le risorse disponibili (l’unico lavoro
disoccupato è quello volontario).
Quando il prodotto e¤ettivo y è inferiore al prodotto potenziale yL , nel
mercato del lavoro c’è disoccupazione involontaria. In questo caso, i rinnovi
contrattuali cominciano, gradualmente a far diminuire il salario nominale.
Man mano che il salario nominale diminuisce, la scheda AS si sposta in
basso e il prodotto e¤ettivo comincia ad aumentare avvicinandosi al prodotto
potenziale. Il processo di diminuzione graduale del salario nominale continua …no a che il prodotto e¤ettivo raggiunge il livello potenziale (y = yL ).
Quando si arriva a questo punto, nel mercato del lavoro si raggiunge la piena
occupazione (n = nL ) e il processo di diminuzione del salario nominale si
arresta. Il sistema mcroeconomico ha raggiunto il suo equilibrio di lungo
periodo (il punto L nel gra…co in alto a sinistra della figura 19.4).
L’equilibrio di breve periodo da cui il sistema era partito era identi…cato,
sempre nel gra…co in alto a sinistra, dal punto B, in cui si incontravano la
AD e la AS di partenza. Nel modello AD-AS la distinzione tra breve periodo
e lungo periodo è la seguente: nel breve periodo il salario nominale è dato,
perché …ssato nei contratti (w = w); nel lungo periodo il salario può variare,
man mano che i contratti vengono rinnovati; e il salario nominale diminuisce
spinto verso il basso dalla presenza di disoccupazione involontaria; l’equilibrio
di lungo periodo, in…ne, viene identi…cato dall’uguaglianza tra domanda e
o¤erta di lavoro (n = ns = nL ).13
Il ruolo della politica economica. Abbiamo appena visto che nel lungo periodo il sistema macreoconomico raggiunge il prodotto potenziale yL
e la piena occupazione nL . Il meccanismo che conduce a questo risultato è
la graduale diminuzione del salario nominale che spinge in basso la scheda
AS. Si tratta di un meccanismo di mercato (il gioco della contrattazione tra
imprese e lavoratori). Tuttavia è possibile raggiungere il prodotto potenziale
e la piena occupazione anche in un altro modo, per iniziativa della politica
economica. È su¢ ciente infatti che il policy maker decida di aumentare in
misura adeguata l’o¤erta di moneta m e/o la spesa autonoma v. Queste de13
Si può dire che, mentre nel breve periodo nel mercato del lavoro non vale la legge della
domanda e dell’o¤erta, quest’ultima vale nel lungo periodo: se n < ns , si ha w < 0. La
legge funziona lentamente, essendo a¢ data al graduale rinnovo dei contratti di lavoro. È
appunto una legge che vale solo nel lungo periodo.
188
cisioni hanno l’e¤etto di spostare a destra la scheda AD (si faccia riferimento
sempre al gra…co in alto a sinistra della figura 19.4). Per raggiungere il
prodotto potenziale (e di conseguenza la piena occupazione) è su¢ ciente che
la manovra di politica economica sposti la scheda AD …no a farle incontrare
la scheda AS nel punto P , in corrispondenza del quale si ha appunto y = yL .
Il confronto tra l’equilibrio del punto L, quello raggiunto dal mercato, e
l’equilibrio del punto P , quello raggiunto dalla politica economica, mostra i
seguenti risultati. Il prodotto nazionale, il livello dell’occupazione e il salario
reale sono gli stessi in entrambi gli equilibri: si ha, in entrambi i casi, y = yL ,
n = nL e w p = x z. Le sole di¤erenze riguardano due variabili nominali,
il livello dei prezzi p e il salario nominale w i quali sono più bassi nel punto
L che nel punto P . Il principale vantaggio di a¢ darsi alla politica economica
invece che al mercato è che il primo processo raggiunge l’equilibrio in modo
molto più rapido.
L’in‡azione
De…nizioni. Con la parola in‡azione, si descrive una situazione in cui il
livello generale dei prezzi P presenta una tendenza all’aumento nel corso del
tempo (mese dopo mese; anno dopo anno). Questa tendenza può essere più
o meno pronunciata, nel senso che l’aumento può essere più o meno rapido.
Abbiamo perciò bisogno di una misura dell’in‡azione. Questa misura è
il tasso di in‡azione, de…nito come la variazione percentuale del livello
generale dei prezzi. Indicando il tasso di in‡azione col simbolo P~ , abbiamo
P
P~ =
P
P
1
(19.12)
1
Sfruttando i logaritmi e le loro proprietà è possibile scrivere il tasso di
in‡azione in un altro modo (più semplice). Innanzitutto, “spezzando” la
frazione al secondo membro possiamo scrivere
P
P~ =
P 1
1
1 + P~ =
P
P 1
Segue, riordinando i termini,
189
da cui, prendendo i logartimi al primo e al secondo membro (e sfruttando le
proprietà (v) al primo membro e (iii) al secondo membro), si ottiene
P~
p
p
1
=
(19.13)
p
Il tasso di in‡azione, cioè, può essere calcolato (approssimativamente) come
la variazione del logaritmo del livello dei prezzi.
Due espressioni per il tasso di in‡azione. Per cercare di capire da che
dipende il tasso di in‡azione, il fatto che esso possa essere espresso come p
ci permette di sfruttare molte delle cose che abbiamo appreso lavorando sul
modello AD-AS. Possiamo infatti ricavare p sia dalla scheda della domanda
aggregata (19.7) sia dalla scheda dell’o¤erta aggregata (19.8) scrivendo le due
formule sotto forma di variazioni e risolvendole appunto per p. Dalla scheda
(19.7) scritta in variazioni si ricava
p=
m
y+
v
(19.14)
mentre dalla scheda (19.8) scritta in variazioni si ricava
p=
w
x+
z
(19.15)
Ciascuna delle due formule è una miniera di informazioni.
Per esempio, la (19.14) ci dà una conferma dell’a¤ermazione del senso
comune che «i prezzi aumentano quando c’è troppa moneta in giro» (in effetti, a parità di condizioni, m > 0 =) p > 0); ma ci permette anche di
precisare i limiti dell’a¤ermazione del senso comune, la quale vale, appunto,
solo a parità di condizioni. Per esempio, se il prodotto cresce come la moneta
( y = m > 0) allora l’aumento di quest’ultima non è in‡azionistico. E ancora, la (19.14) ci mostra che ci può essere in‡azione anche quando la moneta
non aumenta ( m = 0); è su¢ ciente che aumenti la velocità di circolazione
( v > 0) senza che questo si traduca in un aumento del prodotto ( y = 0)
e avremo appunto in‡azione ( p > 0). Un caso interessante di aumento
della velocità di circolazione che alimenta l’in‡azione si manifesta proprio
nelle situazioni di in‡azione molto elevata (la cosiddetta iperin‡azione), in
cui il pubblico tende a disfarsi il prima possibile delle proprie scorte liquide,
proprio perché queste ultime perdono di valore troppo rapidamente. In altri
termini, la velocità di circolazione aumenta proprio come risposta del pubblico all’in‡azione elevata. Ma a sua volta, questa risposta del pubblico ha
l’e¤etto di aumentare ulteriormente l’in‡azione:
p =)
v =)
p =)
v =)
190
Si mette così in moto un processo di fuga dalla moneta che si avvita su se
stesso.
Passiamo adesso a esaminare la (19.15), ossia la scheda AS scritta in
variazioni. Anch’essa è ricca di informazioni per quanto riguarda le fonti
dell’in‡azione. Anche in questo caso abbiamo la conferma di un’a¤ermazione
del senso comune («i prezzi aumentano perché aumentano i salari» ). Ma
sempre la (19.15) permette di precisare i limiti del senso comune: non tutti
gli aumenti di salari sono in‡azionistici; in particolare, se i salari crescono
come la produttività del lavoro ( w = x) allora l’e¤etto in‡azionistico è
nullo ( p = 0).14
Ma la (19.15) ci dice che un’altra possibile fonte di in‡azione è costituita
dalla variazione del mark-up ( z > 0 =) p > 0). Una variazione del
mark-up può dipendere da varie cose. Sappiamo infatti che il parametro z
sintetizza almeno tre signi…cati: (i) è un indicatore della distribuzione del
reddito (è tanto più grande quanto più piccola è la quota dei salari);15 (ii)
è un indicatore del “grado di monopolio”, ossia della distanza dei mercati
dei beni dalla concorrenza perfetta (è tanto più grande quanto maggiore è il
de…cit di concorrenza);16 (iii) rappresenta i costi diversi dal lavoro, come i
costi delle materie prime (come il petrolio) e i costi …ssi (è tanto più grande
quanto maggiori sono questi costi). Tenendo conto di ciò, la crescita dei
prezzi può essere messa in moto da un aumento del prezzo del petrolio, oppure da un cambiamento istituzionale che riduce la concorrenza nei mercati
(per esempio, una legislazione protezionistica), oppure ancora da un cambiamento della distribuzione del reddito, tutti fenomeni che nel nostro modello
14
Quando i salari crescono come la produttività i prezzi non aumentano perché il costo
del lavoro per unità di prodotto (clup) rimane immutato. Il clup (che in sostanza misura
quale è la parte del costo unitario Cu attribuibile al lavoro) è dato dal rapporto tra
costo del lavoro, ossia W N e la quantità prodotta, ossia Y . Più formalmente abbiamo
Y
clup = WYN e perciò, ricordando che N
= X, appunto clup = W
X . In…ne, passando ai
logaritmi, abbiamo ln (clup) = w x. Chiaramente, se w = x segue che clup = 0.
15
Il parametro z è stato ricavato proprio partendo dalla de…nizione di quota dei salari:
N
Y
W 1
Sw = W
P Y . Risolvendo per P e ricordando che N = X, si ottiene P = X Sw . Dato che
1
Sw > 1 (Sw < 1 perché è una quota, ossia una “fetta della torta” costituita dal reddito
nazionale P Y ) possiamo scrivere S1w = 1 + z, da cui si ricava z = S1w 1. Ricordiamo
ancora una volta, in…ne, che la formula (19.8) si ottiene proprio passando ai logaritmi la
z. Notare, perciò,
(19.9) ossia P = W
X (1 + z) e sfruttando l’approssimazione ln (1 + z)
che z non è un logaritmo.
16
Sappiamo che in concorrenza perfetta il prezzo è uguale al costo marginale (P = Cm).
Nel nostro caso il costo marginale è Cm = W
X . Perciò in concorrenza perfetta si avrebbe
z = 0. Quanto più grande è z tanto maggiore è lo scarto tra prezzo e costo marginale, che
è appunto la misura del grado di monopolio (tanto più lontani siamo dalla concorrenza
perfetta).
191
si manifestano attraverso una variazione del parametro z. Ovviamente, quelli
appena fatti sono solo tre fra tanti possibili esempi.
Finora abbiamo considerato separatamente le due formule (19.14) e (19.15),
il che ci ha permesso di identi…care una serie di possibili fattori capaci di mettere in moto la crescita dei prezzi. Tuttavia una spiegazione dell’in‡azione
richiede qualcosa di più. In primo luogo, richiede di considerare insieme le
due formule, perché, essendo interpretabili anche come due identità, se si
manifesta un p in una delle due qualcosa deve succedere anche nell’altra.
In secondo luogo, si deve tener conto del fatto che l’in‡azione non è un aumento una tantum dei prezzi, ma è un processo che si prolunga nel tempo
e che perciò sopravvive all’impulso che ha provocato l’iniziale variazione dei
prezzi. Qui di seguito proporremo alcune spiegazioni dell’in‡azione che si
basano sui meccanismi del modello AD-AS. Queste spiegazioni di¤eriscono
innanzitutto per l’impulso che scatena il processo. Se l’impulso è costituito
dalla variazione di una grandezza esogena al secondo membro della (19.15)
ossia della scheda AS, parleremo di “in‡azione da costi”. Se invece l’impulso
è costituito dalla variazione di una grandezza esogena al secondo membro
della (19.14) ossia della scheda AD, parleremo di “in‡azione da domanda”.
In‡azione da costi. Consideriamo un sistema macroeconomico descritto
dal modello AD-AS e supposto, per semplicità, in equilibrio di lungo periodo (y = yL ) e con prezzi stabili ( p = 0). Vediamo ora cosa succede
nel modello quando si veri…ca un z > 0 (per esempio, un aumento del
prezzo del petrolio). Si faccia riferimento alla figura 19.5. L’equilibrio
p
AD2
AD1
∆m
∆m
p2
p1
p0
∆w
B2
A2
∆z
B1
A1
A0
AS2
AS1
AS0
AD0
0
yB
yL
figura 19.5: In‡azione da costi
y
192
di partenza è indicato dal punto A0 , dove si incontrano la scheda AS0 e la
scheda AD0 . L’aumento di z sposta in alto la scheda AS nella posizione
AS1 . Se la politica economica non interviene, l’equilibrio passa nel punto
B1 . Il prodotto diminuisce (da yL a yB ); i prezzi aumentano (da p0 a p1 );
l’occupazione diminuisce (nB = yB x < nL ); il salario reale diminuisce
((w p)B = x (z + z) < (w p)L ). Sotto ogni punto di vista questo
nuovo equilibrio è decisamente peggiore del precedente:
8
y<0
>
>
<
p>0
z > 0 =)
n<0
>
>
:
(w p) < 0
E questo suggerisce che possa rivelarsi utile un intervento correttivo della
politica economica per evitare almeno una parte di questi risultati. In e¤etti la politica economica può aumentare m (come nel gra…co) oppure v per
spostare a destra la scheda AD. Spostandola nella posizione AD1 porta l’equilibrio nel punto A1 , correggendo due dei quattro risultati negativi: sia il
prodotto che l’occupazione tornano infatti ai livelli precedenti lo shock (ossia
yL e nL ).
Se il policy maker non interviene l’economia …nisce nell’equilibrio di breve
periodo B1 e, per quanto riguarda l’in‡azione, la storia …nisce lì.17 Se invece il
policy maker interviene portando l’equilibrio nel punto A1 , la storia continua.
È facile veri…care infatti che in A1 la domanda di lavoro (che è nuovamente
nL ) è superiore all’o¤erta di lavoro (che è diminuita perché è diminuito il
salario reale). Questa situazione del mercato del lavoro genera una spinta all’aumento dei salari nominali: sono le stesse imprese che tendono a concedere
aumenti salariali per trovare il lavoro di cui hanno bisogno per produrre yL .
L’aumento di salario nominale necessario a riportare temporaneamente all’equilibrio il mercato del lavoro è, come è facile veri…care, w = z. Ma
questa variazione del salario nominale ha l’e¤etto di spostare nuovamente in
alto la scheda AS, che raggiunge la posizione AS2 . Si ripete così la situazione
di prima: l’equilibrio macroeconomico di breve periodo si sposta in B2 con
quel che segue. Se la politica economica continua a intervenire per sostenere
la domanda aggregata (e se lo aveva fatto la prima volta, non si vede perché
non dovrebbe non farlo adesso) il sistema macroeconomico si muove lungo
17
Naturalmente B1 sarà il punto di partenza di un processo che condurrà verso l’equilibrio di lungo periodo. Questo equilibrio sarà lo stesso di prima se lo shock z è temporaneo,
e nel lungo periodo anche z torna al livello precedente z0 . L’equilibrio di lungo periodo
sarà invece diverso se lo shock z è permanente, nel senso appunto che il nuovo valore
z1 = z0 + z non cambia più.
193
una serie di equilibri caratterizzati da un prodotto stabile al livello yL ma
con prezzi e salari che si rincorrono continuamente. In sintesi, abbiamo il
seguente processo:
z =)
p =)
w =)
p =)
w =)
Questo processo viene chiamato spirale prezzi-salari. Esso è stato messo in
moto dal z > 0 iniziale e viene continuamente alimentato dal sostegno della
domanda aggregata e¤ettuato dalla politica economica ( m > 0 o v > 0).
Quando si arresta la spirale prezzi-salari? Vi sono due possibilità principali. La prima è costituita dalla recessione, ossia dal fatto che il policy
maker rinuncia a sostenere la domanda aggregata lasciando che l’equilibrio
macroeconomico …nisca in un punto di tipo B. La seconda è che ci sia una
variazione di segno opposto di z (ossia un z < 0). Possibili esempi di variazioni negative del parametro z sono: (i) un calo del prezzo delle materie
prime (come un controshock del prezzo del petrolio); (ii) un cambiamento compensativo negli altri elementi che abbiamo incorporato all’interno di
z (come un cambiamento della distribuzione del reddito, un aumento della
concorrenza nel mercato dei beni, ecc.).
In‡azione da domanda. Anche in questo caso assumiamo, come prima,
di partire da un sistema macroeconomico descritto da un modello AD-AS in
equilibrio di lungo periodo con prezzi stabili. Stavolta, però, lo shock che
turba l’equilibrio riguarda la domanda aggregata: supponiamo, cioè, che si
veri…chi v > 0 (provocato, per esempio, dalla variazione di una componente
della spesa autonoma) oppure m > 0. Si faccia riferimento alla figura
19.6. L’equilibrio di partenza è in A0 , punto di incontro della domanda aggregata AD0 e dell’o¤erta aggregata AS0 . La variazione iniziale m > 0
sposta la scheda AD nella posizione AD1 e perciò l’equilibrio nel punto B0
dove si ha y = yB > yL . L’economia conosce una fase di surriscaldamento,
in cui il prodotto e¤ettivo è maggiore di quello potenziale. In questa situazione il mercato del lavoro non è in equilibrio, perché la domanda di lavoro
(nB = yB x) è maggiore dell’o¤erta, che è rimasta ferma al livello ns = nL .
Si manifesta perciò una spinta all’aumento dei salari nominali ( w > 0) che
resta attiva …no a che c’è un eccesso di domanda nel mercato del lavoro. L’incremento dei salari nominali sposta in alto la scheda AS verso la posizione
AS1 . Man mano che l’o¤erta aggregata si sposta verso l’alto, il surriscaldamento si esaurisce e il sistema si dirige verso l’equilibrio del punto A1 , in cui
tutti i valori delle variabili reali (prodotto, occupazione, salario reale) sono
gli stessi del punto A0 , mentre i valori delle variabili nominali (prezzi, salario
nominale) sono più alti. La storia …nisce qui, a meno che nel frattempo non
194
p
AD1
AD0
p2
p1
p0
0
AD3
AD2
∆m ∆m ∆m
∆w
A2
∆w
A1
B2
B1
B0
A0
yL
yB
AS2
AS1
AS0
y
figura 19.6: In‡azione da domanda
si sia manifestato un nuovo aumento dell’o¤erta di moneta e/o della spesa
autonoma, che abbia spostato nuovamente a destra la curva della domanda
aggregata (nella posizione AD2 ). Se questo è il caso, la storia si ripete: surriscaldamento, crescita dei salari nominali, ecc. Questo è, molto in breve, il
meccanismo dell’in‡azione da domanda. Esso è appunto messo in moto, e
poi alimentato, da continue variazioni della spesa autonoma o dell’o¤erta di
moneta, che tengono l’economia in condizioni di perenne surriscaldamento,
cui è associata una crescita continua dei salari e dei prezzi.
Notiamo che la Banca centrale, se vuole, può evitare del tutto il surriscaldamento. Per esempio, se osserva nell’economia uno shock di domanda
che provoca v > 0, nulla le impedisce di attuare una riduzione dell’offerta di moneta m =
v < 0 che ha l’e¤etto di lasciare la scheda AD
nella posizione iniziale AD0 stroncando sul nascere il surriscaldamento. L’in‡azione da domanda può manifestarsi, dunque, solo con l’acquiescenza della
Banca centrale. In quali circostanze, allora, può manifestarsi l’in‡azione da
domanda? Devono veri…carsi due condizioni: (i) la Banca centrale non è
indipendente e deve attenersi alle direttive del governo;18 (ii) il governo ha
interesse a fare in‡azione. Questo ci conduce al tema dei vantaggi e dei costi
dell’in‡azione.
18
L’indipendenza delle Banche centrali dai rispettivi governi è un fenomeno relativamente poco di¤uso e, dove c’è, è una realizzazione relativamente recente. Per esempio, in
Europa si è veri…cata pienamente solo con l’istituzione della bce.
195
Costi e vantaggi dell’in‡azione. L’in‡azione esiste. Praticamente in
ogni economia i prezzi aumentano anno dopo anno, sia pure con velocità
diverse. Eppure, come abbiamo appena visto, la Banca centrale può impedire l’in‡azione. Questo suggerisce che i vantaggi dell’in‡azione (almeno
di un’in‡azione moderata) compensano i suoi costi.
A prima vista, il principale costo dell’in‡azione è evidente: essa riduce
il valore reale della moneta (il suo potere d’acquisto). Quest’a¤ermazione è
ovviamente corretta, ma va quali…cata. Innanzitutto, proprio perché riduce
il valore della moneta, l’in‡azione svantaggia i creditori (cui viene restituita
una somma che vale meno di quella che avevano prestato) ma avvantaggia i
debitori.19 Inoltre, dall’erosione del valore della moneta ci si può difendere,
per esempio indicizzando i salari e i mutui, o comunque rivedendo periodicamente i contratti per tener conto dell’aumento dei prezzi. Queste difese sono
più di¢ cili da realizzare quando l’in‡azione è imprevista e, perciò, quando è
variabile. In…ne l’in‡azione è sicuramente costosa quando è elevata, perché
può innescare il processo di fuga dalla moneta (vedi p. 190).
Passiamo allora ai vantaggi dell’in‡azione. Abbiamo visto che a essa
sono favorevoli soprattutto i debitori: a livello macroeconomico, le imprese
e lo Stato. Il fatto che i governi vedano di buon occhio l’in‡azione è particolarmente importante, perché, come sappiamo, i governi sono in grado
di in‡uenzare la domanda aggregata, e perciò possono innescare il processo
dell’in‡azione da domanda. Oltre ai motivi “egoistici” (l’in‡azione riduce
il valore reale del disavanzo e del debito pubblico) vi sono anche, però, dei
motivi “altruistici”. Il principale di questi motivi è che un po’di in‡azione
(non tanta) aiuta l’economia a funzionare meglio:20 sostiene il livello della
domanda aggregata e facilita la composizione dei con‡itti (le imprese concedono più facilmente aumenti retributivi ai lavoratori se sanno che possono
rifarsi aumentando i prezzi).
In alcune circostanze, però, il comportamento del governo (e di una Banca centrale non indipendente) può provocare molta in‡azione. Ciò avviene
quando, in presenza di elevati disavanzi e di elevati livelli del debito pubblico, i governi ricorrono massicciamente al signoraggio, sia pure per interposta
persona (ossia facendosi …nanziare dalla Banca centrale). Quando il disavanzo (elevato) viene …nanziato prevalentemente con creazione di moneta,
19
Nei nostri modelli macroeconomici consideriamo soggetti aggregati: le famiglie, le
imprese, lo Stato, ecc. Abbiamo visto che le famiglie sono soggetti creditori (risparmiano)
mentre le imprese e lo Stato sono soggetti debitori. Ne consegue che l’in‡azione non piace
alle famiglie mentre non dispiace alle imprese e allo Stato.
20
Le stesse Banche centrali concordano sul fatto che una moderata dose di in‡azione
(attorno al 2% annuo) aiuta il sistema economico a funzionare meglio (è come un po’d’olio
negli ingranaggi dei mercati).
196
cresce rapidamente la probabilità che il sistema economico entri in una fase
di in‡azione elevata, se non addirittura di iperin‡azione.
Scarica