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tema a - Capitolo 2. LE
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
Approfondimenti
3. La geologia nell’architettura
e nella storia dell’arte
Sì come per levar, donna, si pone
in pietra alpestra e dura
una viva figura,
che là più cresce u’ più la pietra scema;
tal alcun’opre buone,
per l’alma che pur trema,
cela il superchio della propria carne
co’ l’inculta sua cruda e dura scorza.
Tu pur dalle mie streme
parti puo’ sol levarne,
ch’in me non è di me voler né forza.
Michelangelo Buonarroti – Rime
Fin dalle più antiche civiltà, l’uomo
ha sempre cercato di costruire monumenti che si mantenessero intatti nel
tempo. Per questo, molte tra le opere
più grandiose sono state costruite utilizzando la pietra naturale. Spesso
sono state cavate le rocce presenti in
loco, ma a volte i blocchi tagliati sono
stati trasportati anche per lunghe
distanze.
Le pietre naturali non sono tutte
uguali: la loro diversa origine le
rende molto diverse per resistenza
agli agenti esterni, come il calore,
l’acqua e il ghiaccio, e all’usura meccanica. Anche la capacità di reggere il
peso dei materiali soprastanti (si parla
in questo caso di resistenza a compressione), pur essendo abbastanza
elevata per tutte le rocce, varia a
seconda della litologia.
Un carattere molto importante ai
fini della resistenza della roccia è la
porosità, cioè la quantità di pori presente in un volume unitario di roccia. Più porosa è la roccia, più facilmente assorbe l’acqua. L’acqua può
depositare nei pori dei sali (per
esempio, carbonato di calcio) che
possono modificare le caratteristiche della roccia, oppure può trasformarsi in ghiaccio, espandendo il suo
volume e provocando delle fratture
nella roccia. Tra le rocce più porose,
utilizzate nelle costruzioni e nelle
pavimentazioni, ricordiamo il travertino, una roccia calcarea che si
forma per precipitazione chimica di
carbonato di calcio.
Anche la presenza di fratture, aperte
o cementate, costituisce un fattore
di debolezza nella roccia.
Le rocce più adatte alle costruzioni
sono quindi quelle poco porose,
massive, poco fratturate e molto
resistenti.
Molte rocce metamorfiche (marmi
e gneiss) e molte rocce magmatiche, intrusive (graniti, granodioriti, dioriti) ed alcune effusive (rioliti
e basalti), presentano queste caratteristiche.
Le rocce sedimentarie, come le
arenarie e i calcari, solitamente
presentano una minore resistenza
alla compressione e agli agenti
meteorici.
La roccia di gran lunga più pregiata,
per il caratteristico colore bianco, è
il marmo. In Italia esistono due
località tipiche famose in tutto il
mondo per il marmo: Carrara, nelle
Alpi Apuane e Lasa, in Alto Adige.
Va detto che nel gergo dei cavatori e
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©Istituto Italiano Edizioni Atlas
commercianti molte pietre naturali,
massive e resistenti, vengono indicate come “marmi”, pur essendo in
realtà delle rocce magmatiche intrusive (per esempio, graniti o sieniti)
o metamorfiche.
Spesso, l’uomo si è trovato a dover
costruire con i materiali locali,
soprattutto nelle isole o nelle valli
più remote, e si è quindi adattato a
utilizzare rocce piroclastiche molto
tenere, come i tufi, o rocce sedimentarie solubili, come i gessi. Per
esempio, in molte valli alpine e
liguri nel corso dei secoli è stata utilizzata l’ardesia, una roccia metamorfica di basso grado, che presenta
fitti piani di scistosità; questa roccia
ha una bassa resistenza alla compressione, soprattutto in direzione
parallela ai piani di scistosità, e non
può quindi essere tagliata in blocchi
ed utilizzata come pietra da costruzione. Però, se tagliata in lastre sottili, può essere utilizzata sui tetti al
posto delle tegole, poiché è molto
poco porosa e quindi resiste molto
bene agli agenti meteorici.
Di seguito si propone una breve rassegna, sicuramente e volutamente
non esaustiva, delle pietre naturali
utilizzate nella costruzione di alcuni
monumenti significativi nella storia
delle civiltà nei diversi continenti.
Asia
Budda di Bamiyan,
afghanistan
Iniziamo la nostra rassegna con
un’opera d’arte che purtroppo che
non esiste più: i due grandi Budda in
pietra della località afghana di
Bamiyan, situata a nord-est di
Kabul, a una quota di 2500 m lungo
l’antica via della seta. I monasteri
buddisti si erano diffusi in tutta questa zona, tra il II e il IX secolo d.C.
e i monaci vivevano in grotte, scavate nella roccia, e abbellivano i
loro monasteri con statue. Nel IX
■
tema a - Capitolo 2. LE
1
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
b
a
c
Fig. 1.
a. Il Piccolo Budda e, c. (a sinistra), il grande
Budda di Bamiyan. Le immagini,
rispettivamente b. e c. (a destra),
ne documentano la totale distruzione
mediante cariche di esplosivo,
avvenuta nel 2001.
secolo, l’area cadde sotto la dominazione degli islamici.
Le due statue di Bamiyan rappresentavano Budda in piedi; erano alte
rispettivamente 55 e 37 metri ed
erano scavate direttamente nelle
pareti verticali di arenaria di colore
ocra chiaro. L’arenaria è una roccia
sedimentaria, abbastanza tenera da
poter essere facilmente scavata e
scolpita.
La più piccola delle due statue fu
realizzata tra il 544 e il 595 (fig. 1a),
la più grande tra il 591 e il 644 (fig.
1c a sinistra). I particolari delle statue, come il volto e le mani, erano
modellati in una miscela di fango e
paglia, ricoperta da stucco che veniva dipinto. La più grande delle due
statue era dipinta in rosso carminio,
mentre la seconda in vari colori.
Nel 2001 il movimento integralista
dei talebani dichiararò le statue idoli
e per questo ne decretò la distruzione; le statue furono dapprima colpite e danneggiate con l’artiglieria
antiaerea e successivamente vennero completamente distrutte con cariche di dinamite, opera che, vista la
grandezza delle statue, durò diverse
settimane (fig. 1b e 1c a destra).
petra, giordania
La città di Petra, dichiarata patrimonio dell’umanità nel 1985, si trova
in Giordania tra il Mar Morto e il
Golfo di Aqaba a circa 900 m di
quota.
Le prime testimonianze di abitazioni nella zona di Petra risalgono al X
secolo a.C., ma i primi insediamenti
stabili delle tribù edomite (tribù
semitiche che la tradizione vuole
discendenti da Esaù), sono collocabili tra la fine dell’VIII e l’inizio del
VII secolo a.C.
■
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Nel VI secolo a.C. i Nabatei, popolazione nomade araba, si installarono a Petra, scacciando gli Edomiti e
sotto il loro dominio la città divenne
un prospero centro commerciale. Il
regno nabateo rimase indipendente
fino alla conquista della città da
parte dei romani nel 106 d.C. Con la
conversione al cristianesimo degli
imperatori romani, sorsero a Petra
anche alcune chiese.
La città fu in seguito danneggiata da
alcuni terremoti e cadde nell’oblio
fino al 1812, quando fu “riscoperta”
e rivelata al mondo occidentale dal
viaggiatore ed esploratore svizzero
Johann Ludwig Burckhardt.
La principale via d’accesso a Petra è
costituita da uno stretto canyon,
lungo 1,5 km e profondo fino circa
200 m (fig. 2a, alla pagina seguente).
Alla fine di questo si staglia la sorprendente facciata del monumento
2
tema a - Capitolo 2. LE
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
Fig. 2.
a. La parte terminale,
molto stretta, del canyon di accesso
(detto Siq) al Tesoro di Petra.
b. Il Tesoro di Petra,
la cui facciata è larga 30 m
e alta 40.
Il nome gli fu attribuito
nel IX secolo dai beduini
che abitavano nella zona,
i quali credevano che l’urna
posta in cima alla facciata
contenesse il tesoro di un faraone.
c. Un esempio degli straordinari
effetti cromatici creati sulle pareti
di roccia dalla sovrapposizione
di strati di arenaria di differente
tonalità (Pietro Ballardini).
più famoso di tutto il complesso
archeologico, noto come Il Tesoro
(Al Khaznec, in arabo) (fig. 2b): si
tratta di un monumento funerario in
stile ellenistico, risalente I sec. a. C,
direttamente scolpito nella roccia
sul posto (come altri analoghi
monumenti presenti nel sito). La
roccia dominante a Petra è un’arenaria policroma, caratterizzata da
strati dai caratteristici colori che
variano dal giallo ocra la rosso
fuoco al bianco, in funzione della
concentrazione di ossidi. Le arenarie sono costituite da granelli di sabbia cementati tra loro: in particolare
l’arenaria di Petra è il deposito di un
a
b
antico delta fluviale, di età Cambriano-Ordoviciana (circa 500
milioni di anni). Si tratta quindi di
una roccia abbastanza tenera e facile da scavare. Gli strati di diversi
colori creano effetti spettacolari
(fig. 2c), visibili in particolare sui
soffitti degli ipogei.
Petra è famosa anche per il suo
sistema di raccolta e distribuzione
delle acque piovane, particolarmente efficiente. Nella città e nei dintorni sono state scavate numerose
cisterne, a cielo aperto e sotterranee;
l’acqua veniva distribuita attraverso
un sistema di canali, scavati nell’arenaria, che venivano impermea-
bilizzati utilizzando un cemento siliceo, estratto dalle rocce silicee
affioranti nelle vicinanze. Esisteva
anche una seconda rete idrica che
captava le sorgenti più lontane e
riforniva d’acqua i quartieri posti
topograficamente più in alto. Nel
suo complesso la rete idrica portava
a Petra 40 milioni di metri cubi
d’acqua al giorno.
taj mahal, agra, india
Tra le pietre da costruzione il
marmo occupa una posizione privilegiata, poiché è stato usato fin dai
tempi antichi per costruire templi,
palazzi e moschee.
■
3
© Istituto Italiano Edizioni Atlas
c
Uno dei monumenti più pregiati in
marmo è sicuramente il taj mahal,
nella città di Agra, in India. Proprio
l’utilizzo del marmo segna una netta
discontinuità con la tipica architettura Moghul dell’epoca, che si
avvaleva quasi esclusivamente
dell’arenaria rossa come pietra da
costruzione.
Il Taj Mahal è un monumento funebre eretto dall’imperatore Shah
Jahan in memoria della seconda
moglie, Arjumand Banu Begum,
morta prematuramente di parto. Si
narra che l’inconsolabile imperatore
abbia voluto far costruire qualcosa
di straordinario, mai visto prima,
tema a - Capitolo 2. LE
per ricordare l’inseparabile compagna. Sebbene alcuni attribuiscano
questa costruzione a Geronimo
Verroneo, un italiano al servizio dei
Moghul, le evidenze suggeriscono
che sia stato disegnato dal persiano
Ustad Isa Khan Effendi.
La costruzione dello straordinario
edificio iniziò nel 1630 e durò 22
anni, impegnando 22000 operai, tra
i quali scultori, calligrafi, tagliatori
di pietre, reclutati in tutta l’India. Il
monumento funebre è alto 76 m ed
è sormontato da una cupola a cipolla alta a sua volta 35 m; agli angoli
svettano quattro minareti alti 40 m
(fig. 3a).
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
Il mausoleo è interamente realizzato
in marmo bianco (in India il colore
del lutto) proveniente dalla cava di
Makrana, nello stato indiano del
Rajasthan. Il marmo di Makrana, di
età precambriana, fa parte della
catena a pieghe di Delhi, un importante livello ricco di metalli e altri
minerali. Questo marmo, estremamente puro, è costituito quasi esclusivamente da calcite; presenta delle
sottovarietà a bande grigie che sono
state anch’esse utilizzate nel monumento.
Il marmo di Makrana è traslucido e
questo lo rende spettacolare, poiché
assume tonalità differenti nel corso
del giorno e della notte: all’alba
sembra rosato, sotto il pieno sole del
giorno è bianco, mentre al tramonto
diventa rossastro o arancione e di
notte tende al blu.
Altre pietre dure vennero portate da
tutto il subcontinente indiano per
realizzare gli intarsi colorati, a disegni astratti, nel tipico stile islamico
(fig. 3b): il diaspro proveniva dal
Punjab, il calcedonio dallo Sri
Lanka, i lapislazzuli, dal tipico
colore blu, dall’Hindu Kush.
Le porte di ingresso al mausoleo e la
moschea vennero realizzate in arenaria rossa secondo lo stile
Moghul tradizionale.
3
a
b
Fig. 3.
a. Il mausoleo del Taj Mahal realizzato nella prima metà del XVII secolo e (b), particolare dei fini intarsi, realizzati
con pietre dure, che ne adornano le pareti.
Africa
4
le piramidi di giza, egitto
Il sito archeologico di Giza, situato alle porte del Cairo,
è costituito da due gruppi principali di monumenti,
separati da uno wadi (un fiume temporaneo, tipico delle
aree desertiche). Al primo gruppo appartengono le tre
grandi piramidi di Cheope, Chefren e Mykerinos e la
notissima Sfinge (fig. 4a); al secondo gruppo appartiene
una serie di tombe di nobili, scavate direttamente nella
pietra locale.
La piramide di Cheope, costruita attorno al 2500 a.C, è
la più grande, sebbene la piramide di Chefren sembri
più alta, poiché è posta su un basamento roccioso più
elevato. Si stima che per la piramide di Cheope siano
■
a
Fig. 4.
a. Panoramica della piana di Giza, alla periferia del Cairo.
b. Le tre piramidi che dominano la piana di Giza: da sinistra,
la piramide di Mykerinos, quella di Chefren e quella
di Cheope.
b
4
© Istituto Italiano Edizioni Atlas
tema a - Capitolo 2. LE
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
4
c
D
Fig. 4.
c. La Sfinge e, sullo sfondo, la piramide di Chefren. d. L’immagine dà un’idea dell’impressionante quantità di blocchi di calcare
perfettamente squadrati, messi in opera per edificare la piramide di Cheope.
stati utilizzati 2,3 milioni di blocchi di calcare.
Gli egizi tagliavano i blocchi con cunei di legno, che venivano martellati nella roccia, quindi imbevuti d’acqua, in
modo tale che il legno, espandendosi, rompesse la roccia
stessa. Questa tecnica consentiva di cavare solo rocce relativamente tenere, come i calcari. I blocchi venivano poi trasportati e posti in opera sulle piramidi con un complesso
sistema di slitte e binari in legno e corde.
Dal punto di vista geologico, nella zona di Giza affiora la
formazione di Mokattan, costituita da calcari, calcari a
nummuliti (organismi marini unicellulari a guscio calcareo, estinti, appartenenti al genere dei foraminiferi) e dolomie dell’Eocene Medio. Verso sud affiora la formazione di
Maadi, più recente (Eocene Superiore), costituita da marne
e sabbie marnose.
La grande Sfinge è stata scolpita direttamente nella roccia
calcarea della formazione di Mokattam.
Le piramidi, invece, hanno un nucleo costituito dai calcari a
nummuliti locali, di colore ocra, ma erano interamente rivestite da un calcare più pregiato, di colore bianco, il calcare
di Tura, che veniva cavato sull’altra sponda del Nilo. Il cal-
Americhe
america settentrionale
■ mesa Verde, Colorado
La località di mesa Verde (in spagnolo “tavola verde”), nello stato
del Colorado, U.S.A., offre uno
spaccato spettacolare nella vita
degli “Ancestral Pueblo”, la popolazione che vi abitò dal 600 al 1300
Fig. 5.
L’insediamento noto come Cliff Palace
è il più grande dei 600 villaggi nella
roccia presenti nell’area di Mesa Verde.
Si trova in una rientranza della parete
rocciosa profonda 27 m e alta 18 m
ed è costituito da 220 ambienti.
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care di Tura non affiora e veniva cavato in sotterraneo, scavando profondi cunicoli.
Un forte terremoto, verificatosi nel 1300, fece cadere molte
delle pietre del rivestimento delle piramidi, che vennero
successivamente utilizzate, proprio perché bianche e pregiate, per la costruzione di moschee e palazzi al Cairo. Alcune
pietre di rivestimento superstiti possono essere osservate
ancora oggi ai piedi della piramide di Cheope (fig. 4d).
Da queste pietre è possibile ricostruire la grande precisione
con cui venivano tagliate e poste in opera: non vi era alcuno
spazio tra le pietre del rivestimento e per questo l’effetto
visivo, delle tre piramidi bianchissime, doveva essere straordinario.
Nella camera dei Re, all’interno della piramide di Cheope,
e nella camera mortuaria all’interno della più piccola piramide di Mykerinos, sono stati utilizzati dei blocchi di granito, di colore rosa, di età Precambriana, provenienti da
Assuan, che, dopo essere stati cavati, venivano trasportati
lungo il Nilo. Il taglio del granito, che è una delle rocce più
dure, è possibile solo utilizzando strumenti di ferro; questo
presuppone un’evoluzione delle tecniche degli antichi egizi.
5
tema a - Capitolo 2. LE
d.C. Qui si trovano più di 4000 siti
archeologici, 600 dei quali sono villaggi costituiti da abitazioni rupestri
(cliff dwelling), raggiungibili solo
con scale.
Le formazioni geologiche dell’area
risalgono al tardo Cretaceo (90-78
milioni di anni) e consistono prevalentemente in arenarie e argilliti;
sono presenti anche alcuni dicchi e
rocce magmatiche intrusive.
I villaggi Pueblo sono costruiti nelle
arenarie geologicamente più recenti.
Da un punto di vista morfologico,
Mesa Verde è una cuesta, cioè
un’ampia zona pianeggiante, costituita da un cappello di rocce più
resistenti all’erosione, che proteggono le sottostanti rocce più tenere;
la cuesta di Mesa Verde presenta
una leggera inclinazione verso sud.
È proprio questa inclinazione, che
favorisce il drenaggio delle acque,
ad avere reso questi posti invitanti
per gli insediamenti.
I villaggi nella roccia sono stati
costruiti sfruttando le alcove, ampie
rientranze a forma di arco nelle formazioni di arenaria, che si sono formate per l’azione erosiva dell’acqua
(fig.5).
I blocchi di arenaria tenera, caduti
dal soffitto delle alcove, sono stati
lavorati e utilizzati come pietre da
costruzione per le abitazioni.
Inoltre, l’acqua si infiltra nell’arenaria, che è una roccia permeabile, fino
a che incontra uno strato impermeabile di argilliti; al contatto tra la due
diverse litologie l’acqua fuoriesce in
sorgente o stillicidio.
Proprio quest’ultimo fenomeno è
stato sfruttato dagli indiani Pueblo
per avere un rifornimento costante di
acqua nei loro villaggi nella roccia.
america centrale
el Castillo, mexiCo
Con il nome spagnolo di el Castillo
è conosciuta una delle più famose
piramidi Maya, dedicata al dio
Kukulkàn, il serpente piumato,
comune ad altre civiltà precolombiane, come gli Aztechi.
Questa piramide, che si trova nel sito
■
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
6
Fig. 6.
La piramide a gradoni nota come El Castillo o anche come Tempio di Kukulkàn
domina il sito archeologico maya di Chichen Itza.
archeologico di Chichen Itza, nella
penisola dello Yucatan (Messico), è
stata costruita tra il IX e il XII secolo
d.C. È alta 24 m e ha una pianta quadrata, con lato di 55 m (fig. 6).
La struttura è costituita da una serie
di terrazzi con una ripida scalinata,
composta da 91 gradini, su ogni lato
del quadrato. La scalinata posta sul
lato settentrionale è fiancheggiata da
sculture del dio Kukulkan.
L’inclinazione della scalinata è di
45°, mentre i fianchi della piramide
presentano un’inclinazione di 53°.
La sommità della piramide costituisce la base per un tempio a due
piani, anch’esso a pianta quadrata,
alto 6 m.
Un aspetto sorprendente della civiltà
maya era la totale mancanza di alcune tecnologie: i Maya infatti non
conoscevano la ruota, non avevano
animali da tiro adatti al trasporto di
materiali pesanti, non sapevano forgiare utensili di metallo. Senza queste conoscenze, la costruzione delle
piramidi maya ha richiesto un notevole impiego di manodopera.
Forse per le suaccennate linitazioni, i
materiali utilizzati dai Maya per la
costruzione delle piramidi erano
facilmente reperibili e venivano
estratti da cave locali.
La pietra naturale più utilizzata era il
calcare, che è sufficientemente tenero da essere cavato e lavorato con
utensili di pietra.
Frammenti di calcare macinati e cotti
6
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costituivano una miscela simile al
cemento, che veniva utilizzata sia
come malta sia come finitura simile
allo stucco.
Il calcare utilizzato nella costruzione
del Castillo appartiene alla formazione che affiora più estesamente nella
penisola dello Yucatan, cioè la formazione di Carrillo Puerto, di età
Mio-Pliocenica (23 – 1, 8 milioni di
anni fa). Già dal Cretaceo (circa 100
milioni di anni fa), la zona dell’attuale Yucatan era sommersa da acque
marine tropicali.
La formazione di Carrillo Puerto rappresenta un’antica barriera corallina, ricca di coralli e conchiglie fossili, che si è formata in queste acqua
calde.
america meridionale
i moai dell’isola di pasqua,
Cile
I grandi busti, detti moai; dell’isola
di Pasqua, sperduta in mezzo
all’oceano Pacifico, sono noti in tutto
il mondo.
Ne sono presenti circa 600, alti da
2,5 a 10 metri, con il volto rivolto
verso il mare, quasi fossero dei guardiani dell’isola. Il loro significato
non è chiaro; forse si trattava di statue augurali di benessere e prosperità. I moai più piccoli probabilmente
rappresentavano gli antenati defunti.
Si ritiene che i moai siano stati scolpiti dagli abitanti polinesiani a partire dal 1000 d.C. Si tratta di monoliti,
■
tema a - Capitolo 2. LE
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
Fig. 7.
a. Un gruppo di Moai tra i meglio conservati.
b. Statue incomplete di Moai abbandonate nei pressi
della cava situata nel cratere del vulcano
Ranu Raraku.
7
cioè sculture scolpite da un unico blocco di roccia.
L’isola di Pasqua è un’isola vulcanica, costituita dalla
coalescenza di tre vulcani, caratterizzati prevalentemente
da vulcanismo effusivo di tipo hawaiano. La maggior
parte dei moai sono stati scolpiti nel tufo nero, costituito da cenere e scorie vulcaniche solidificate da fontane
di lava, proveniente da una sola località all’interno del
vulcano Ranu Raraku.
Il tufo veniva scolpito utilizzando utensili di basalto
affilato. I moai venivano scolpiti direttamente nelle
cave, sdraiati e con la faccia rivolta verso l’alto; in
seguito venivano staccati a trasportati fino alla costa,
forse tramite slitte.
Qui venivano posti in posizione eretta e completati: per
gli occhi veniva usato corallo bianco e ossidiana per la
pupilla.
Solo un quarto dei moai sono stati messi nella loro posizione finale (fig. 7a); gli altri restano ancora oggi nella
cava di Ranu Raraku (fig. 7b).
a
b
Europa
stonehenge, regno unito
stonehenge, in Inghilterra, è uno
dei più importanti siti preistorici
europei. Attorno al 3100 a.C. fu
scavata una serie di pozzi nelle
rocce gessose, che vennero utilizzati come tombe. All’incirca nel
2300 a.C. furono portati in sito e
successivamente posizionati secondo un cerchio forse 80 blocchi di
“pietre blu”, di cui attualmente ne
rimangono solo 43 (fig. 8).
Il termine “pietre blu” in
Inghilterra indica semplicemente
pietre non originarie del luogo in
cui sono state trovate; si tratta
quindi di un’etichetta, non di un
termine geologico, che raggruppa
circa 20 tipi di rocce diverse. Un
dei tipi più comuni a Stonehenge è
la dolerite di Preseli, in Galles. Si
tratta di una roccia magmatica
ipoabissale o subvulcanica, pesante
e dura, di composizione analoga al
basalto e al gabbro, contenente plagioclasi e pirosseni.
Poiché ogni pietra pesa tra 2 e 4
tonnellate si pone il problema di
8
■
Fig. 8.
Il complesso di Stonehenge.
come siano state portate fino al sito
di Stonehenge dalle montagne di
Preseli che distano circa 400 km, in
un periodo in cui non si conosceva
la ruota. Due sono le teorie.
Secondo la prima si tratta di massi
erratici trasportati nella zona di
7
© Istituto Italiano Edizioni Atlas
Stonehenge dai ghiacciai durante le
avanzate glaciali oloceniche. La
seconda teoria assume invece che i
massi siano stati trasportati dagli
uomini, seguendo un tragitto che
permetteva un trasporto in parte
fluviale e in parte tramite slitte.
tema a - Capitolo 2. LE
fig 8: fig 8a e b allegate internet
Dida Il complesso di Stonehenge.
■ il partenone, greCia
Il partenone, da Atena Parthenos, è sicuramente il più
noto tempio della Grecia antica, progettato nel V secolo
dall’architetto Ictino su richiesta del generale ateniese
Pericle.
La costruzione, che iniziò nel 447 a.C. e terminò nel 438
a.C., fu effettuata sotto la supervisione dello scultore
Fidia, che si occupò anche delle sculture e dei fregi.
Il Partenone è un tempio dorico ottastilo, cioè caratterizzato da 8 colonne sul lato corto, e da 17 sul lato lungo; le
colonne sono alte 10,4 m (fig. 9a). Da un punto di vista
architettonico il Partenone è considerato uno dei migliori
templi greci per la curvatura dello stilobate e per l’entasi
delle colonne.
Lo stilobate è la piattaforma di base, che ha dimensioni
di 60,5 e 30,9 m, ed è costruito leggermente convesso
verso l’alto in modo che all’occhio sembri perfettamente
piano; l’entasi è un leggero rigonfiamento circa a metà
altezza delle colonne che compensa l’effetto ottico nel
guardare verso l’apice del tempio.
Il Partenone era decorato con fregi frontali con storie di
Atena e sui lati con le metope, altorilievi raffiguranti le
più famose battaglie ateniesi. All’interno, la cella era
decorata con bassorilievi in stile ionico, raffiguranti la
processione panatenaica. Il Partenone è stato costruito
sull’Acropoli, una delle colline di Atene, ritenuta sacra
nell’antichità (fig. 9b).
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
9
a
b
Da un punto di vista geologico l’Acropoli è costituita
dall’affioramento di calcari del Cretaceo superiore, che
si appoggiano su marne, argilliti e arenarie della cosiddetta serie degli Scisti di Atene (fig. 9c). I calcari, di colore grigio, sono interessati da numerose fratture e faglie
normali, lungo le quali l’acqua penetra in profondità.
Al contatto con gli Scisti di Atene, che sono più impermeabili, l’acqua affiora in numerose sorgenti che sono
state sfruttate fin dalla preistoria. Inoltre, l’acqua percolante provoca fenomeni carsici, soprattutto la formazione di
grotte, all’interno dei calcari. Il terreno della collina è stato
livellato artificialmente utilizzando materiale di riporto.
La rocca sacra dell’Acropoli non è mai stata profanata da
cave; il calcare utilizzato per le fondazioni di molti edifici dell’Acropoli proveniva da altre colline della zona,
in particolare dal Pireo. Il materiale utilizzato per la
costruzione dei templi, tra i quali il Partenone, è il
marmo del monte pentelikon, in Attica, pochi chilometri a nord est di Atene.
È uno dei marmi più pregiati dell’antichità ed è stato utilizzato da Fidia e Prassitele per le loro statue.
È un marmo bianco, a grana fine, con sfumature dorate,
dovute ad inclusioni di ossidi di ferro, grafite, mica o
pirite. Il marmo del Pentelikon appartiene alla serie degli
Scisti di Atene.
c
Fig. 9.
a. Il Partenone; b. veduta aerea dell’Acropoli di Atene;
c. schema della sezione geologica dell’altura su cui sorge
l’Acropoli.
Anche in Grecia l’orogenesi alpina ha provocato la
sovrapposizione di diverse falde tettoniche, che hanno
dato luogo a fenomeni di metamorfismo regionale; i calcari, largamente diffusi in queste zone dell’antico oceano
della Tetide, si sono così metamorfosati in marmi, che
oggi affiorano in diverse zone dell’Attica.
Attualmente le cave del Monte Pentelikon sono esaurite
e per le opere di restauro del Partenone viene utilizzato il
marmo del Monte Dioniso, anch’esso in Attica, dal
momento che i geologi hanno stabilito che le caratteristiche tecniche dei due marmi sono molto simili.
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tema a - Capitolo 2. LE
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
Fig. 10.
a. Il Patio dei
Leoni (al centro
la Fontana
dei Leoni).
b. Particolare
delle splendide
decorazioni che
si osservano
dall’interno
di ciascuno
dei due padiglioni.
■ il
patio dei leoni, spagna
Il patio dei leoni è una delle opere d’arte più straordinarie
dell’Alhambra, nella città di Granada (Spagna).
L’Alhambra è costituita da una fortezza e da palazzi edificati senza un piano preciso a partire da una cittadella fortificata del IX secolo. Il periodo di maggiore splendore è
quello dei Mori attorno al XIV secolo e per questo
l’Alhambra è il più famoso monumento di architettura
musulmana in Europa, caratterizzata dai tipici arabeschi e
disegni vegetali e animali.
Il Patio dei Leoni (fig. 10a e b) ha pianta rettangolare ed è
sormontato da una galleria, che ricorda lo stile dei chiostri
cristiani. La galleria è sorretta da 124 colonne di marmo
bianco, sormontate da capitelli cubici, decorati con motivi
vegetali. A metà di ogni lato corto è presente un padiglione,
nello stesso stile del patio, mentre a metà di ogni lato lungo
c’è un arco semicircolare più ampio, che conduce ai quartieri interni.
Al centro del patio si trova una delle opere più pregevoli
dell’arte musulmana, la Fontana dei Leoni, interamente in
marmo bianco. Essa ha la forma di un dodecagono regolare;
la vasca si appoggia sulla schiena di dodici leoni che lanciano getti d’acqua.
Il marmo utilizzato per il Patio e la Fontana dei Leoni è uno
dei più pregiati di Spagna, noto con il nome commerciale di
Macaél Bianco (Macaél è il nome della località presso la
quale viene cavato). Nella sua varietà più pregiata, è un
marmo bianco, ma può avere anche una varietà grigia
10
a
b
(Macaél Grigio) altrettanto utilizzata come materiale da
costruzione. Da un punto di vista geologico è un marmo
Triassico, derivante da metamorfismo regionale delle formazioni carbonatiche che si sono deposte sul margine dell’antico oceano della Tetide.
La sua genesi è quindi molto simile a quella del notissimo
marmo di Carrara italiano.
la Cattedrale di Chartres, franCia
Nell’Europa cristiana l’architettura conosce un periodo di
innovazioni costruttive nel medioevo, con l’architettura gotica.
Le cattedrali gotiche, in particolare, si distinguono per lo
slancio verso l’alto dei campanili, all’esterno, e delle navate, all’interno; gli ampi archi ad ogiva, le navate, le bifore
e le trifore sono delimitati da sottili colonne e nervature.
La struttura veniva alleggerita il più possibile e per fare questo si studiarono nuove soluzioni costruttive, come i contrafforti, che consentirono di edificare strutture molto alte e
leggere, contrastando gli effetti del vento.
Il Gotico ha il suo massimo splendore in Europa centrale, in
Francia, Inghilterra e Germania. Una delle cattedrali gotiche meglio conservate è l’antica cattedrale di notre dame
di Chartres (fig. 11a), cittadina a sud ovest di Parigi.
La cattedrale è stata costruita nel 1200, ha una lunghezza
totale di 130 m e un’altezza interna delle navate di 37 m;
l’esterno si caratterizza per le due torri diverse, quella sud,
più antica e tipicamente gotica e quella nord, più recente e
più complessa. Le facciate e l’interno sono riccamente scolpite con storie sacre e le statue sono particolarmente ben
conservate (fig. 11b). La cattedrale di Chartres, come altre
in Francia settentrionale, è stata costruita utilizzando il calcare luteziano (una delle suddivisioni temporali
dell’Eocene) del bacino di Parigi. A partire dal Cretaceo,
■
a
b
Fig. 11.
a. La cattedrale di Chartres e (b.) particolre delle sculture
che adornano la facciata.
infatti, la zona di Parigi era occupata da un mare caldo nel
quale si depositavano i gusci calcarei degli organismi marini. In particolare, nell’Eocene, il bacino di Parigi era caratterizzato da lagune poco profonde, caratterizzate dalla
deposizione di organismi calcarei. La roccia calcarea che ne
è derivata può essere anche piuttosto diversa da località a
località, per porosità e caratteristiche tecniche. È comunque
una roccia generalmente adatta alle costruzioni e per questo
è stata cavata fin dall’antichità.
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tema a - Capitolo 2. LE
le statue di miChelangelo,
italia
Non possiamo chiudere questa rassegna, senza parlare di colui che, con il
suo talento espressivo, ha dato vita e
sentimenti alla pietra, lo scultore, pittore
e poeta toscano Michelangelo Buonarroti (1475-1564).
Ricordiamo solo alcune delle stupende
statue di Michalangelo: l’armonia del
corpo di Gesù abbandonato tra le braccia della madre nella Pietà di San Pietro
a Roma, l’espressione malinconica
dell’Alba sulla tomba dei Medici, la
forza serena del David, a Firenze.
Alcune delle statue di Michelangelo
sono, forse volutamente, incompiute
come quella nota come Schiavo che si
ridesta (fig. 12) che sembra proprio un
uomo che lotta per uscire dalla pietra.
Secondo Michelangelo, infatti, le figure
umane sono semplicemente imprigionate nei blocchi di pietra e l’artista deve
solo togliere la pietra in eccesso per
farle uscire. Per questo motivo lo scultore sceglieva personalmente i blocchi
da scolpire nelle cave di marmo di
Carrara, nelle Alpi Apuane.
Il marmo di Carrara è famoso nel
mondo per la sua purezza e per il suo
colore bianco privo di venature. Esso
■
ROCCE MAGMATICHE, SEDIMENTARIE E METAMORFICHE
12
deriva dal metamorfismo regionale
delle successioni carbonatiche mesozoiche, che si sono deposte ai margini
dell’antico oceano della Tetide.
La catena appenninica è caratterizzata
da successioni sedimentarie, prevalentemente calcaree, di età mesozoica. Nel
Triassico si depositano formazioni calcaree in un mare caldo e poco profondo;
nel Giurassico, con l’apertura dell’oceano della Tetide, il mare diventa via via
più profondo. Nel Cretaceo ha inizio
l’orogenesi alpina, caratterizzata da
ampie falde, che sovrascorrono l’una
sull’altra.
In Italia solo nelle Alpi Apuane il peso
delle falde è stato tale da provocare
pressioni e temperature sufficientemente elevate, che hanno causto la ricristallizzazione delle rocce carbonatiche
mesozoiche. È per questo motivo che il
marmo è una roccia non molto comune
sul territorio italiano.
Fig. 12.
Lo Schiavo che si ridesta
(Galleria dell’Accademia, Firenze):
è una delle sei statue di Prigioni scolpite
da Michelangelo, forse negli anni
1525-1530, destinate a decorare
i pilastri della tomba di Giulio II
in San Pietro, che non fu mai realizzata.
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