Epidemiologia e Statistica Silvia Barca Prof. Contu Lezione 8 Parte1

Epidemiologia e Statistica
Silvia Barca
Prof. Contu
Lezione 8
Parte1
STUDIO CASO CONTROLLO
Abbiamo visto lo Studio di Coorte ed oggi vedremo lo Studio Caso Controllo. Anche in questo caso
partiamo con la trattazione di un studio specifico, che è precedente all’invenzione degli studi di caso
controllo, ma che ci può aiutare a capirlo meglio. Quindi prima lo vedremo in pratica poi lo confermeremo
con la parte teorica. La scelta dell’articolo non è casuale, infatti questo è uno degli articoli fondamentali in
medicina e sanità pubblica. E’ un articolo del 1950 del British medical journal dal titolo “Smoking and
carcinoma of the lung, preliminary report”. È il primo articolo scientifico in cui viene dimostrata
l’associazione tra carcinoma al polmone e fumo. Come vedremo nelle prossime lezioni, questo è un articolo
che ha cambiato sostanzialmente la situazione perché fino a quell’epoca non esisteva nessuna politica
contro il fumo perché comunque non c’era la dimostrazione della sua nocività. In una pubblicità dell’epoca
si diceva “i medici fumano Camel” quindi, evidentemente, c’era un’assenza di politica della salute contro il
fumo. Doll e Hill sono i fondatori dell’epidemiologia moderna. Doll ha fatto molti altri studi importanti ed
inoltre ha ripreso degli studi di questo tipo sul fumo anche 20-30 anni dopo.
Come premessa, in ogni articolo scientifico, viene sempre esposta la motivazione che ha spinto la
realizzazione dello studio, in questo caso è trovare la risposta alla domanda “Esiste un’associazione reale
tra fumo e carcinoma del polmone?”. Per rispondere a questa domanda hanno usato uno studio scientifico
non legato alla casualità e agli errori sistematici. Lo studio è stato pianificato nel ’47 ed è stato pubblicato
nel ’50, quindi un tempo di realizzazione abbastanza lungo ma non troppo, perché è stato elaborato su una
scala di soggetti abbastanza ampia. Lo studio è stato fatto per determinare se i pazienti con carcinoma del
polmone differiscono materialmente, termine attualmente sostituito con “in modo rilevante”, da altre
persone rispetto alle loro abitudini di fumo o all’inquinamento atmosferico. Sono stati incorporati nello
studio soggetti con altri tipi di tumore, stomaco,colon e retto, come appartenenti ad uno dei possibili
gruppi di malattie, però questo studio si concentra sul tumore al polmone rimandando ad un altro studio
l’associazione tra fumo ed altri tumori.
Generalmente negli articoli è presente
una parte dedicata ai Materiali e
Metodi in cui si spiega come è stato
svolto lo studio. In questo caso è stato
chiesto a 20 ospedali di Londra di
cooperare notificando tutti i pazienti
ricoverati per carcinoma al polmone,
stomaco, colon e retto. Inizialmente
hanno scelto ospedali confinati alla
zona Nord-Est di Londra per motivi
economici, infatti avevano deciso di
abbattere i costi di eventuali viaggi in
altre città scegliendo solo ospedali di
Londra. È chiaro che questa
pianificazione dello studio si sarebbe
poi rivelata un problema. I metodi di
notificazione erano diversi: in alcuni
casi
poteva
essere
segnalato
dall’amministrazione,
l’admeeting
clerk, sulla base della diagnosi di
ammissione, in altri casi dal medico
generale che aveva già la diagnosi ed
infine dai registri dei tumori della
radioterapia del dipartimento. Però
nessuno di questi metodi conferiva
una notificazione completa dei pazienti
con carcinoma.
Ricordate
che
avevamo
parlato di metodi di rilevazione dei
dati (usare registri,segnalazioni ecc), in questo studio, per avere una maggiore probabilità di notificare tutti
i pazienti con il cancro avevano sovrapposto le liste dei pazienti con carcinoma dei medici di famiglia, degli
ospedali, delle anatomie patologiche e dei centri di radioterapia. Usando questo metodo di notificazione,
che comprendeva diverse liste, spesso i nomi dei pazienti si ripetevano ma si riduceva la possibilità che
qualcuno fosse omesso dallo studio.
Una volta ricevuta la notificazione del paziente con carcinoma un almoner o ricercatore con ruolo di
intervistatore si recava da quest’ultimo, in caso di decesso da qualcuno che gli stava vicino, per sottoporlo
ad un questionario. Gli almoner dovevano intervistare, oltre al paziente con carcinoma, un paziente di
controllo senza carcinoma ossia una persona con caratteristiche simili al paziente (sesso, età, periodo in cui
si trovava in ospedale). Quindi per ogni paziente con carcinoma si intervistava anche un controllo che si
trovava nello stesso ospedale nello stesso momento ma non aveva un carcinoma ed in questo modo si
otteneva un gruppo definito come “non-cancer control”. Il metodo usato per questo studio è particolare
poiché ricercava per ogni caso un controllo accoppiandoli per caratteristiche simili mentre in genere si
trovano, per esempio, 100 casi e poi 100 controlli senza accoppiarli ad uno ad uno. Questo metodo di
accoppiamento dei casi-controllo è molto valido perché impedisce diversi errori. il gruppo controllo non
presenta carcinoma ma non è sano, infatti si trova in ospedale, questo aspetto creò dei problemi in seguito.
Il primo problema dello studio è la sicurezza della diagnosi, infatti alcune sono state confermate in
autopsia, altre invece non confermate. Inoltre sono stati inclusi nello studio diversi tipi di tumore al
polmone. Dall’anatomia patologica avete studiato che esistono due grossi tipi istologici di tumore al
polmone ed altri 4 o 5 minori con minore frequenza, il più diffuso negli anni ’50 era il K. epidermoidale, e
questi pazienti lo presentavano quasi sicuramente, mentre attualmente i minori si stanno diffondendo
maggiormente il K. a piccole cellule è quello che colpisce di più.
Il periodo va dal 1948 al 1949 ed erano stati notificati 2370 casi di tumore. Era stato deciso che nello studio
fossero compresi solo i pazienti di età inferiore ai 75 anni poiché era improbabile ottenere delle interviste
valide e veritiere da pazienti molto anziani. Attualmente si escluderebbero i soggetti di età superiore ai 90
anni ma negli anni ’50 era più sicuro abbassare l’età anche perché si chiedeva ai soggetti di ricostruire
dettagliatamente tutta la loro storia da fumatori e questo, ovviamente, richiedeva una buona memoria. In
questo gruppo di esclusi c’erano 150 pazienti. In altri 80 casi la diagnosi non era corretta, probabilmente
persone che sono entrate con un’ipotesi di cancro al polmone che non è stata confermata. Dopo
l’eliminazione dallo studio di questi due gruppi rimangono nello studio 2140 casi di cui 408 non sono stati
intervistati perché: 189 erano già stati dimessi, 116 stavano troppo male, 67 erano già morti, altri 24 perché
avevano altri problemi, 11 non sapevano parlare l’inglese ed infine in 1 caso il paziente ha risposto in
maniera incomprensibile. Nessun paziente aveva rifiutato di essere intervistato.
Infine lo studio ci dice che non è presente il bias di selezione poiché la malattia era chiaramente la malattia
indagata, perché comprovata dalla diagnosi. Lo studio ha eliminato i bias di osservazione eliminando i
soggetti con età superiore ai 75 anni, che avrebbero potuto dare risposte non corrette, eliminando il
soggetto che non parlava inglese e quello che non dava evidentemente risposte serie. Gli altri casi non
compresi nello studio erano i soggetti già morti e i dimessi, probabilmente questi ultimi erano i soggetti con
la malattia più grave piuttosto che i soggetti guariti dal cancro. Questi casi sono stati persi per ragioni
omogenee e quindi c’era una situazione che si poteva giustificare e quindi si era ritenuto che non
portassero ai bias. Negli anni ’50 non si parlava ancora di bias ma c’era già la logica del giustificare. È
importante sottolineare che nessuno si era rifiutato volontariamente di rispondere all’intervista perché
questo poteva essere un bias più forte.
La proporzione non vista è alta, ma non c’è un’apparente ragione per cui questa dovrebbe creare, come
diremmo attualmente, un bias del risultato cioè distorcere il risultato (nell’articolo bias è utilizzato come
verbo, negli anni ’50 non era un termine ancora largamente utilizzato). Il motivo fondamentale è il tempo
trascorso da quando è stato notificato a quando è stato intervistato il caso. Quindi in questa pagina sta
giustificando le ragioni per cui lo studio è valido. La scelta degli ospedali tutti a Londra può essere un bias,
anche se ha scelto un po’ tutti gli ospedali di Londra. Infatti nell’articolo si riconosce che con questo studio
si potrebbe dimostrare che i tumori al polmone di Londra sono correlati agli ospedali ma non può
dimostrare che i tumori del polmone, per esempio, di Liverpool o Edimburgo siano correlati agli ospedali di
queste ultime. Questo è un problema che si ripete anche negli studi attuali, infatti non si può dimostrare
che il risultato ottenuto non sia legato ad un fattore specifico presente nell’ospedale in cui è stato svolto lo
studio.
A questo proposito vi chiedo la Sindrome da fatica cronica esiste?e la Fibromialgia?Quest’ultima e la
Sindrome da fatica cronica sono molto simili. La Fibromialgia è composta da una serie di patologie di cui si
fa la diagnosi se il paziente ha dolore in alcuni punti o dolorabilità, se sente dolore facendo determinati
movimenti, insonnia , stanchezza ecc. Se il paziente ha almeno 6 di questi sintomi allora si fa la diagnosi,
però, è ovvio, che con dei sintomi così vaghi si potrebbe fare la diagnosi anche in assenza di malattia. Una
delle particolarità della Sindrome da fatica cronica è che è stata inventata vicino a Pordenone in un centro
ad Aviano dove è presente una base Nato che per farsi accettare ha finanziato la ricerca dei centri
ospedalieri della zona. Un medico ha raccolto dei casi con questi sintomi ed ha proposto l’esistenza di
questa sindrome. Questo ovviamente condiziona le diagnosi di CFS perché lo stesso soggetto potrebbe
avere questa diagnosi ad Aviano e non averla, per esempio, a Padova, Roma e Milano. Ovviamente per un
tumore al polmone questa variabilità è meno forte. Questo esempio ci mostra come, a volte, l’ospedale in
cui è stato fatto lo studio è molto influente negli studi caso controllo.
In questa parte dell’articolo si arriva alla
domanda fondamentale dello studio, cioè
chi ha il tumore al polmone fuma di più di
chi non lo presenta? La relazione tra fumo e
cancro
al
polmone
è
complicata
ulteriormente dall’entità del consumo di
sigarette. Un debole fumatore per anni può
diventare un forte fumatore;un forte
fumatore può diventare un debole
fumatore o può interrompere per anni, e
poi può riprendere dopo anni; un fumatore
può interrompere per una malattia
respiratoria grave che lo spinge a smettere.
Nell’articolo si aggiunge che nel 1947 il
costo del tabacco è aumentato ed ha spinto
molti a smettere di fumare, però lo studio è
stato fatto successivamente ed è stato
considerato un problema minore. Per
aiutare i pazienti a ricordare esattamente la
loro storia di fumatori gli intervistatori
facevano domande mirate ripercorrendo le
tappe importanti della loro vita, per
esempio,
“fumava
quando
si
è
sposato?”,”fumava quando ha iniziato a
lavorare?”,”fumava quando ha smesso di
lavorare?”, ”fumava quando ha cambiato
lavoro?” ecc. Lo scopo di queste domande è capire quando hanno iniziato a fumare, quando hanno smesso,
se hanno interrotto e quanto fumavano prima dell’insorgenza della malattia. Spesso i pazienti con la
patologia tumorale smettono di fumare o riducono drasticamente la quantità di sigarette fumate. Infatti è
probabile che chi sta male a causa del fumo fumi meno di chi non sta male.
Prendiamo l’esempio della gastrite da alcolici e caffè è probabile che chi ha la gastrite in atto non beva caffè
né alcolici. Se si chiede nell’intervista solo il consumo di caffè durante la gastrite potrebbe risultare dallo
studio, paradossalmente, che la gastrite è provocata da un ridotto consumo di caffè e alcolici.
Lo stesso discorso può essere applicato al tabagismo e al K. al polmone quindi è importante non sbagliare la
domanda e chiedere il consumo di sigarette prima dell’insorgenza di malattia.
Quali sono gli altri problemi?Il primo è la
definizione di fumatore?nell’articolo ci si
chiedeva se il soggetto che fuma a Natale
possa essere considerato un fumatore.
Nello studio avevano considerato come
fumatore chi ha fumato almeno una
sigaretta al giorno per oltre un anno. Una
volta definito lo status di fumatore
iniziarono a stilare delle tabelle in cui si
inserivano i dati alla domanda “quante
sigarette ha fumato al giorno?”. Per
precisione, la stessa domanda era stata
ripetuta due volte per confermare la prima
risposta. A causa dei problemi di memoria
non è detto che due risposte alla stessa
domanda, date in momenti diversi,
coincidano. Per questo motivo avevano
fatto la stessa domanda due volte a 50 dei
soggetti dello studio ed avevano visto che i
due risultati di confronto coincidevano:
delle 9 persone che dicevano di fumare 0
sigarette alla prima risposta, alla seconda 8
su 9 hanno confermato il dato mentre
una persona ha risposto con 1 o 4 sigarette; dei 17 soggetti che avevano risposto la prima volta con 5
sigarette, 13 hanno confermato, 1 ha abbassato il numero ed 1 altro, invece, ha sollevato il numero.
Questo è un lavoro che si fa molto spesso per migliorare la qualità di un’intervista . Con questo metodo
hanno dimostrato che hanno tenuto in conto il problema dei bias ed hanno riverificato la correttezza
dell’osservazione.
Altri problemi: quando noi parliamo di fumo ci riferiamo normalmente alle sigarette ma, con questo
termine, ci si riferisce pure alle pipe e ai sigari. Se durante l’intervista si pone la domanda “quante sigarette
fuma?” è possibile che chi fuma la pipa o il sigaro risponda zero quindi, queste persone, verrebbero
erroneamente escluse dallo studio. Ovviamente non c’è ragione di escludere l’associazione tra pipe,sigari e
K. al polmone. In questo studio si fa riferimento ad un paziente che si era descritto come un fumatore di
pipa e che poteva aver fumato qualche sigaretta in alcuni momenti e inoltre aveva sostituito le sigarette
con la pipa in seguito ad un’estrazione dentaria. I soggetti che fumano la pipa nella popolazione sono molto
rari (in aula solo due persone conoscono un soggetto che fuma la pipa. Ponendo che ogni studente conosca
circa 20 persone si ottiene un campione di circa 500 persone, di queste solo 2 fumano la pipa) inoltre,
questi, solitamente fumano anche sigarette quindi la categoria fumatori di pipe si può accorpare alla
categoria fumatori di sigarette. I soggetti che nello studio fumavano solo la pipa, essendo un numero molto
limitato ed essendo il consumo di tabacco molto ridotto in questi pazienti, non sono stati considerati. In
alcuni casi, come in questo, si esclude dalla valutazione il fumatore di pipa ma comunque viene menzionato
nell’articolo come affetto da k. al polmone. È chiaro che per l’alcol il concetto è più forte perché, per
esempio, i superalcolici potrebbero causare dei problemi che invece vino e birra non provocano quindi si
potrebbe pensare ad uno studio separato per i primi e i secondi.
Qui si pone il problema già accennato
prima: i soggetti dello studio sono tutti
comparabili per il luogo di residenza, l’area
metropolitana
di
Londra.
Questo,
ovviamente, potrebbe essere un problema.
Un
altro
problema,
invece,
è
l’ospedalizzazione di tutti i soggetti dello
studio poiché queste persone potrebbero
fumare di più o di meno rispetto ai soggetti
non ospedalizzati. Questo è un problema
che sicuramente può costituire un bias.
Per spiegare uno studio caso controllo ci
serviremo dell’articolo appena descritto. Si
pongono a confronto un gruppo di casi,
affetti dalla malattia di interesse, con un
gruppo di controllo non affetto. Nel caso di
Londra i primi sono i pazienti degli ospedali
di Londra affetti da K. al polmone verificato
ed i secondi i pazienti ospedalizzati senza la
malattia di interesse, i non-cancer controls.
Quindi non si parla di soggetti sani ma di
soggetti che non presentano il K.al
polmone. In entrambi i gruppi si valuta la
proporzione di esposti all’ipotetico fattore
casuale o protettivo. Nello studio di Londra
si è valutata la proporzione di esposizione,
di entrambi i gruppi, al fattore fumo.
In altre parole un gruppo di soggetti affetti da tumore è posto a confronto con un gruppo di soggetti non
affetti, simili in tutto (residenza, età, sesso), ed in entrambi i gruppi valuto la proporzione dei fumatori.