2005-2010 press review

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02.10.2005
HATERNAL
PRESENZE
By Chetto
Voto: 8,5/10
Per fanatici di: Dirty Three, Sigur Ros e per chiunque abbia ancora dei
sentimenti
Ammetto che questa recensione mi è risultata difficile e che ho dovuto
pensarci molto prima di riuscire a buttare giù in parole quello che
questo album dei Passo Uno è riuscito a trasmettermi. È stato difficile
per un motivo principalmente: spesso quello che vivi ascoltando della
musica è difficile da racchiudere nelle gabbie del linguaggio per
trasmetterlo a qualcun altro, soprattutto se il compito di un misero
recensore come il sottoscritto (massì facciamo i finti modesti che non fa
mai male) è cercare di rendere l’idea a chi questa musica ancora non
l’ha ascoltata. Tutto nasce dal cortometraggio “Presenze”, inserito nel
cd, a cui la musica di questo lavoro dovrebbe fare semplicemente da
colonna sonora, ma a volte accadono dei sortilegi e le note, che fanno
da accompagnamento in realtà prendono il sopravvento su tutto il resto
e diventano qualcosa a sé, qualcosa che si distacca da quello che è il
suo contesto per diventare accompagnamento ai pensieri e alle
emozioni dell’ascoltatore. È come se la colonna sonora prendesse in
realtà anima e pretendesse di fare da cornice ai pensieri più notturni e
quieti di chiunque presti attenzione alle sue note. Come definire la
musica contenuta in questo lavoro? Difficile da spiegare in poche
parole: è come se il Brian Eno dei lavori più ambient provasse a
suonare assieme a dei malinconici Dirty Three e tutti assieme
incontrassero in questo magico cammino musicale i Sigur Ros, per
mescolarsi in una magica unione, che ha come unico obiettivo quello di
insinuarsi tra i nostri pensieri per fare riaffiorare, neanche fosse la
maddeleine di Proust, sentimenti e sensazioni che in noi si erano sopite.
Una combine di rumori di fondo, registrati con un realismo
impressionante, e di momenti acustici di violoncello, chitarra, clarinetto
e sussurrante batteria che viaggia sempre in bilico in un equilibrio
mantenuto in maniera superba per tutta la durata del lavoro. Momenti
più d’atmosfera, dove i rumori delicati la fanno da padrone, come
nell’opener, si mescolano a momenti di musica suonata lasciandosi
andare alla malinconia più notturna, come in part V, dove la parte
cameristica del gruppo si sposa in un magistrale sodalizio con il post
rock malinconico dei Good Speed You The Black Emperor! o dei Port
Royale. Un lavoro superbo, non solo per la musica ma anche per la
grafica curatissima (la Trazeroeuno cura sempre in maniera maniacale i
suoi lavori) e per i sentimenti che riesce e far uscire nell’ascoltatore fin
dal primo ascolto. Che dire spero che presto i Passo Uno ci regalino
altri momenti di tale intensità musicale e emozionale. Una gran bella
scoperta!
04.12.2005
HEAVY MUSIC PORTAL
PRESENZE
By Fabrizio Garau
Voto: Buono. Potrebbe colpire anche chi non se lo aspetta.
Passo Uno è il nome della tecnica con la quale si realizzano film come
"Corpse Bride" o "Nightmare Before Christmas". Fin dal nome del
progetto si deduce dunque una vocazione cinematografica, infatti siamo
di fronte non solo a un EP, ma anche a un video, realizzato su
commissione del Comune di Vimercate allo scopo di promuovere
l'acquisizione di una villa settecentesca e la sua trasformazione in
centro culturale; a pensarci bene la desolazione del video stride con
l'intenzione del Comune di trasformare quello stesso posto in un vitale
luogo di aggregazione, ma si potrebbe interpretare il lavoro dei Passo
Uno come un documentario (drammatizzato) su un edificio bellissimo
ma abbandonato, il che farà sembrare ancora più significativa la futura
riqualificazione. Regista del video è Stefano De Ponti (anche dietro
all'etichetta Trazeroeuno), che si occupa oltretutto delle parti di chitarra
e di quelle elettroniche. Il matrimonio tra musica e immagine è perfetto
e la prima può stare tranquillamente in piedi da sola. Si possono
sicuramente trovare dei collegamenti tra Presenze e diversi progetti
industrial/ambient, come certi effetti o i field recordings, ma non
bisogna farsi ingannare dal tema della villa abbandonata e credere di
aver a che fare con Nordvargr. Qui i confini musicali sono indefinibili,
del resto non si tratta di un progetto solista elettronico, ma di una
formazione vera e propria con chitarra (scarna come in certo post-rock),
violoncello, clarino e batteria; questi ultimi due strumenti sono
efficacissimi nella narrazione e danno un tocco jazz minimale alla
colonna sonora. Il momento migliore è la seconda traccia, col suono di
chiave e serratura al quale si aggiungono malinconici la chitarra e il
violoncello: senza vedere il video, potrebbe trattarsi indifferentemente
della perfetta descrizione di un abbandono o quella di un triste ritorno
al passato. Niente male anche il crescendo soffocante della quinta
traccia, dove intervengono progressivamente effetti elettronici saturi e
abrasivi.
Immagini udibili, suoni visibili
11.11.2005
SENSORIUM
PRESENZE
By Stefano Serati
È con l'EP "Presenze O.S.T." che conosciamo i Passo Uno,
interessante progetto pubblicato da Trazeroeuno, vitale etichetta dietro
la quale va segnalata la presenza di Stefano De Ponti, chitarra ed effetti
su questo lavoro. L'EP nasce dal cortometraggio "Presenze", contenuto
nel cd, realizzato su commissione del Comune di Vimercate (MI) per
attivare la nascita di un centro ricreativo, mediante l'utilizzo dei
proventi realizzati dall'acquisizione di una villa settecentesca.
Sintesi tra l'ambient e i field recordings, la musica contenuta dovrebbe
fungere da solo accompagnamento sonoro a questo cortometraggio,
suggerendone l'udibilità; in realtà, data la qualità della stessa, può
tranquillamente reggersi in piedi da sola. Istanti di vivida atmosfera,
con degli effetti che legano il pensiero alla quotidianità. Realistici
rumori di fondo, ottimamente accompagnati da un post-rock essenziale,
richiamato perlopiù da una (per scelta) sparuta chitarra e da una
frusciante batteria; sonorità malinconiche rese maggiormente grevi dalla
presenza di violoncello e clarino. La seconda traccia sintetizza al
meglio quanto esposto: al rumore dell'azionamento di una chiave
all'interno di una serratura, seguono una languida chitarra ed un
sofferente violoncello. Un discreto connubio di immagini e musica, con
il trionfo di quest'ultima per l'intrinseca capacità di far emergere
sensazioni spesso involontariamente sopite.
28.11.2006
ROCK LINE
IL PASSATO RIEMERSO
By Iacopo Fonte
Voto: 80/100
Una delle forme più elevate e concretamente applicate di musica
ambient è quella di colonna sonora. E questo è proprio quello che
elaborano i Passo Uno, trio italiano che, attivo da appena un anno e
mezzo, ha elaborato con questo già tre lavori di pregiata qualità
artistica. Infatti alla base delle loro produzioni sta un’attenta ricerca che
non esiterei a definire filosofica. Si prefissano l’obbiettivo di
raggiungere, a partire da un’immagine, il corrispondente effetto sonoro
che sia qualitativamente adatto, se non addirittura il prescelto. Da qui si
capisce come ogni effetto sonoro, anche il più banale, diventi il mezzo
privilegiato, contenente in sé un significato particolare e atto a scaturire
una precisa reazione nell’ascoltatore. Quando tale ricerca viene portata
avanti in modo professionale, come dai Passo Uno, il risultato è poi
davvero gratificante ed eccezionalmente piacevole all’ascolto. Si sa fin
troppo bene come nell’immenso panorama atmosferico le produzioni di
non eccellente valore siano all’ordine del giorno; ma il pretesto di
giustificare con la semplicità una buona opera ambient qui non trova
possibilità d’azione e il dubbio viene quindi stroncato sul nascere. Le
singole tracce – nove in tutto – sprizzano un’energia antica.
Attraverso ogni arpeggio di chitarra, ogni suono, da quello più
stravagante ed etereo a quello più minimalista, il fruitore di “Il Passato
Riemerso” può approfittarne per essere trasportato via dal proprio
luogo e spostarsi attraverso le molteplici situazioni paesaggistiche che
compongono il film-documentario “Memorie di Crespi d’Adda – Il
Passato Riemerso”, opera per la quale è stata appunto composto il fulllenght. Il platter, in qualità di colonna sonora, sembra seguire un
proprio filo conduttore, un principio guida che costituisce la ragione
trainante dell’opera. A partire da Il Paese Immobile si procede dunque
in modo alternato tra interludi (di bellezza perlacea e irraggiungibile è il
quarto) e brani denominati specificatamente. E’ un alternarsi molto
rilassante e intrigante quello che caratterizza questi brani. Trasponendo
poi le parole di Leopardi si riesce forse anche meglio ad esplicitare la
fisionomia di questo disco: “E il naufragar m’è dolce in questo mare”. I
fantastici versi de “L’Infinito” leopardiano rappresentano
simbolicamente esattamente quello che è l’ambient nella sua ragione
d’essere. Si tratta infatti proprio di un magico vagare quello in cui ci
troviamo involontariamente quando si ascolta un disco atmosferico.
L’insieme sonoro diventa di conseguenza un oceano di particolarità e
di sfumature screziate che costituiscono un mondo ricchissimo di spunti
e di riflessioni. Tutto questo sono i Passo Uno: davvero bravi.
27.11.2006
SENTIRE ASCOLTARE
IL PASSATO RIEMERSO
By Antonello Comunale
Voto: 7.0/10
“Passo Uno si propone di realizzare atmosfere sonore strettamente
legate al rapporto con l'immagine, che sia essa statica o in movimento”.
Questa breve frase presa dal sito della formazione milanese Passo Uno
ha già lo status del manifesto d’autore, della missione da assolvere
come artisti. Sono in tre (Alessandro Bider, Stefano de Ponti, Andrea
Avolio) e sono già alla seconda colonna sonora dopo quella per il
documentario Villa Sottocasa – Luoghi Volti e Suggestioni.
Il Passato Riemerso è un lavoro che si appoggia invece al
documentario Memorie di Crespi D’Adda – Il Passato Remoto di
Stefano De Ponti e Michela Mozzanica. Coadiuvati per l’occasione
dalle registrazioni sul campo di Hue che si occupa anche del missaggio
finale, il disco in questione può tranquillamente essere catalogato alla
voce ambient. Musiche d’ambienti, sapientemente miscelate con i
campionamenti di Hue, stabiliscono lo scheletro di un lavoro in cui
ogni elemento è cesellato con parsimonia e controllo. Che una colonna
sonora viva vita propria anche senza il supporto delle immagini è il
maggior complimento che si possa fare a lavori di questo tipo, e il caso
in questione rientra certamente nella categoria. Gli eleganti interludi,
che in numero di quattro si alternano per tutto il disco stabiliscono una
forma di musica strumentale raffinata, che si concretizza soprattutto con
emozionanti arpeggi di chitarra acustica persi nell’ambiente a mo’ di
presa diretta.
Il resto del programma si muove sempre lungo una linea di malinconica
accortezza melodica. Gli archi di Il paese immobile, il riverbero di
chitarra alla Waters di Colpi a vuoto, il basso effettato in Declino e
caduta che volteggia sul lavorio elettronico di Hue. Forse il tutto è un
po’ troppo rigido, ma probabilmente è un effetto collaterale per ottenere
una forma così pulita.
Ps. La grafica delle produzioni Trazeroeuno è una gioia per gli occhi.
05.12.2006
SODA POP
IL PASSATO RIEMERSO
By Andrea Ferraris
Essendo uno che non ha nulla di meglio da fare, qualche tempo fa
mentre curiosavo fra le pagine del sito di Sparkle In Grey sono finito
sulla pagina della Trazeroeuno (www.trazeroeuno.org) che è la stessa
etichetta che si occupa di stampare questa colonna sonora. Per quanto
l’aura elettronica di Hue/Sparkle In Grey (www.greysparkle.com) sia
molto evidente, il mood filmico detta legge per tutta la stesura dei brani,
quindi se è vero che molto post rock-elettronico (e non) ha forti tonalità
cinematografiche, in questo caso si tratta più che mai di pezzi
estrapolati da una colonna sonora vera e propria (che a questo punto
verrebbe quasi voglia di vedere). Ottima la grafica e la qualità del
prodotto, ma se volete sincerarvi del fatto che non si tratti di gente alle
prime armi fatevi una navigata sul sito Afe o su quello di Sparkle in
Grey stesso. Quindi post rock, con tanto di batteria, clarino, cello,
contrabbasso e soprattutto chitarra acustica/elettrica che lascia
l’impronta più marcata a questi pezzi. Melodia colata a cascata come il
latte nella vasca di quell’egiziana col naso aquilino (“che se fosse stato
diverso sarebbe stato diverso il mondo”) mentre field recording ed
elettronica sono più che mai discrete, anzi: “mascherate”. Forse troppo
inserito in un contesto di musica arpeggiata e spolverata di elettronica,
ma tenendo conto del fatto che è una colonna sonora il tutto ha ancora
più senso, soprattutto la totale assenza di voce in pezzi altrimenti
cantabilissimi.
Se siete orfani dei migliori Gatto Ciliegia e i Giardini Di Mirò “sono
troppo dilatati” e inglesi, l’ultima puntata potrebbe anche andare su
questo disco.
17.02.2006
DOOM METAL
PRESENZE
By Arnstein H. Pettersen
Most movies have their own soundtracks. In this case it's quite the
opposite. The movie doesn't have it's own soundtrack, the soundtrack
has it's own movie. The movie is also on the CD and runs for slightly
over 17 minutes.
What really puzzles me is that the CD has two tracklists. On the back
of the cover it says that there are 6 tracks and none of them have a title.
The inlay says that there are seven tracks with one part of the music
each. The latter seems to be the track list of the actual movie. Not all
the music tracks appear in the movie and those that do, don't appear in
the same order as the tracks on the CD do.
The music is very calm and very nice on the ears, though it has a few
dramatic moments. It can best be described as neoclassical done by
classic instruments such as cello, clarinet and violin. There are also
some synths and guitars from time to time. The music certainly is
depressive, yet I find it excellent to close your eyes to and relax.
The video is recorded at a place called Villa Sottocasa. Apparently the
villa is owned by a museum and Trazeroeuno, the label, are producing
more material based on the building. The movie is very still. It is made
entirely out of motionless objects in the house. The camera slowly
swings from one side to the other during some of the captures and on
some of them you can see a slight breeze through the trees. It seems to
be an artistic movie which serves the purpose of preserving images of
the villa. The film is beautifully shot, but it's not the kind of movie you
would rent unless you're particularly interested in art movies.
All in all a very nice CD with a good atmosphere to it, though I'm not
that sure I'd recommend it to most doom fans. It's for the specially
interested only.
22.04.2006
ONDALTERNATIVA
PRESENZE
By Rocco D'Ammaro
Voto: 4/5
Difficile recensire un disco che si pone come sound track di un film (in
questo caso un cortometraggio -presente sul disco-) che si pone come
una materia sia viva sia statica e che (giustamente,ndR) trova valvola di
sfogo in un disco assestante.
L’impronta Sigur Ros è notevole e ben presente, ma il quintetto riesce a
liberarsi dalla profonda influenza riuscendo ad unire a paesaggi
scandinavi anche elementi melodici (strumentali) tipici dell’italica
terra.Sandro ai rumori di fondo dona un realismo conturbante, Stefano
alla chitarra apporta arpeggi distorti pieni di riverberi, Alberto al basso
solca le linee melodiche, Andrea alla batteria sferza attacchi ritmici ed
Alessandro al violoncello e clarinetto scruta ed appone soavità soffice
ed ovattata.
Il tutto si sposa bene con il video che ha il compito di valorizzare una
biblioteca e che si sposa perfettamente con tutto ciò che viene fuori; la
regia curata dallo stesso Stefano De Ponti affascina con inquadrature ed
ambientazioni che si crogiolano sulla malinconia e che svolge il suo
compito appieno. Magnifico!
23.01.2007
AUDIODROME
PASSO UNO
By Fabrizio Garau
I Passo Uno sono una formazione tanto particolare quanto interessante, come la
maggior parte dei progetti parte di Trazeroeuno Productions. Dopo aver avuto
l'occasione di recensire due dischi di ottimo livello, si è reso necessario approfondire
alcuni argomenti e verificare le nostre ipotesi su di loro.
Passo Uno. Il nome tradisce subito la vocazione cinematografica. Come nasce il
progetto, il logo e che ci potete raccontare della sua formazione insolita e
“aperta”?
La nascita dei Passo Uno coincide con la registrazione della nostra prima colonna
sonora Presenze. Quell'esperienza ci ha rapiti al punto che ci siamo posti l'obiettivo di
fondare un progetto “aperto” in tutti i sensi, un campo di sperimentazione e ricerca
legata strettamente all'immagine. Un qualcosa che si proponesse di crescere nel tempo
passo dopo passo e che si adattasse ogni volta alle esigenze della situazione sia da un
punto di vista di componenti del gruppo, sia di strumentazione, genere e ricerca
sonora. Insomma è un progetto costituito da diverse fotografie che messe in sequenza
creano un film in divenire, con un inizio, ma – si spera – senza una fine...
Alessandro ha disegnato il logo ispirandosi a un film cui siamo tutti molto affezionati:
“Il Cielo Sopra Berlino” di Wim Wenders. È una rivisitazione grafica delle scene in
cui l'angelo guarda la città dall'alto. Ci siamo rifatti proprio a questa pellicola, perché è
estremamente evocativa, malinconica e profonda, è una ricerca nell'interiorità
dell'uomo. La stessa linea - seppur in chiave documentaristica – che seguono le opere
di Stefano. I simboli di pianissimo e fortissimo posti accanto all'angelo vogliono
rappresentare visivamente il punto d'icontro tra l'immagine e la musica.
I vostri dischi sono “colonne sonore originali” di materiale girato dal chitarrista
Stefano. Subito un tema difficile: musica e immagine.
Urca che domandona! Potremmo aprire un dibattito infinito, quindi mi limito a darti
un riposta molto sintetica: anche le immagini hanno i loro suoni e il nostro intento è
l'interpretazione di queste cercando la traduzione sonora migliore.
Una volta ho visto una rassegna di film muti commentati dal vivo da un trio jazz
che improvvisava mentre le immagini scorrevano. Il vostro metodo compositivo
qual è?
Vario. In Presenze ci siamo lasciati totalmente andare all'improvvisazione dopo aver
guardato il documentario premontato, invece in Il Passato Riemerso c'è stata una
ricerca ben diversa: siamo partiti infatti da pezzi improvvisati, ma poi ci abbiamo
lavorato molto sopra, soprattutto grazie al contributo di Hue (Sparkle in Grey) il disco
è diventato quello che volevamo. In questo caso non abbiamo visto il girato in
anticipo, ma abbiamo lavorato esclusivamente su delle fotografie e chiaramente
avvalendoci delle indicazioni di Stefano, che il documentario l'aveva girato.
Per quanto riguarda i film muti musicati dal vivo, stiamo lavorando a un progetto
analogo, anche se in questo caso il metodo dev'essere necessariamente diverso.
Innanzi tutto si deve analizzare a fondo il film, fare un'operazione di suddivisione in
sequenze e scene, valutare l'atmosfera dei singoli frammenti e poi scrivere uno o più
temi che si adattino al flusso emozionale della storia. In questo caso, essendo il film
muto, la musica ha un potere pari a quello delle immagini, attraverso essa si può
stravolgere il senso che il regista voleva dare alla pellicola. In ogni caso noi vogliamo
scrivere qualcosa che si adatti alle immagini, ma non necessariamente al gusto
estetico-musicale del periodo storico in è stato girato il film, per cui utilizzeremo una
strumentazione che spazierà dal violoncello alla pura elettronica.
Il cd di Presenze aveva anche una sezione nella quale si vedeva il documentario
stesso, girato da Stefano. Ove possibile, siete intenzionati a optare sempre per
queste pubblicazioni multimediali?
Certo, soprattutto perché nonostante cerchiamo di fare colonne sonore che rimangano
ascoltabili anche separatamente dalle immagini cui sono ispirate, è bene non perdere
mai il collegamento profondo che c'è tra l'immagine e la musica. Le nuove tecnologie
ci permettono e ci permetteranno sempre di più in futuro di creare delle vere e proprie
esperienze audiovisive in un piccolo contenitore come il CD o il DVD, pertanto
cercheremo di sfruttarle in modo sempre più creativo.
È solo un caso che i dischi commentino entrambi un documentario (la
riqualificazione di una villa abbandonata e i ricordi dei dipendenti di un
cotonificio)?
Sì e no. In realtà stiamo lavorando ad altri progetti e abbiamo fatto o stiamo pensando
ad alcune date dal vivo, ma fino ad ora il documentario - in particolare quello che
rievoca un passato che si sta perdendo - ci stimola di più a una ricerca poetica della
musica. Senza fronzoli o virtuosismi fraseggiamo su immagini che hanno una storia
dietro. Chiariamoci, quando ce ne sarà occasione saremo felici di lavorare a una
colonna sonora di un film, ma non è una tanto cosa che vediamo come un punto
d'arrivo, quanto come un esperimento, una tappa.
Forse tutti noi Passo Uno siamo accomunati dalla sensazione di essere nati nell’epoca
sbagliata e i temi “storici” ci risultano facili.
Vi trovate a vostro agio nel descrivere queste storie in certo modo malinconiche
e autunnali? La mia risposta è sì.
Sì, perché dietro questa malinconia c'è un mondo. C'è la vita di persone, famiglie,
amici, innamorati. Parlare di una cosa passata che è stata intensa, porta inevitabilmente
ad essere malinconici. Non è necessariamente una sensazione negativa, anzi, la
malinconia è il segno della vita che scorre e lascia delle fotografie affascinanti che
talvolta dispiace dover lasciare appese a un muro senza che nessuno le possa vedere.
Stefano nei suoi documentari cerca di dar voce a questo sentimento, porta quelle foto
all'aperto, le rende pubbliche per dire che sì, c'è un presente e ci sarà un futuro, ma
senza condividere ognuno il proprio passato difficilmente si andrà da qualche parte.
Anche il nostro progetto ha lo stesso significato dei documentari che musichiamo: non
ci lasciamo prendere dalla smania della sperimentazione priva di criterio, ma
cerchiamo di equilibrare quello che non c'è con quello che c'è stato. Per questo ci
sentiamo a nostro agio, perché il nostro modo di concepire la musica è malinconico,
per tutto quello di bello che c'è stato in quest'arte e per la spinta che esso ci dà nel
tentativo di creare nuovamente qualcosa di bello.
Musica concreta: in Presenze rimane impresso il rumore di una serratura, in Il
Passato Riemerso quello dell’orologio. Uno spunto per parlare dell’importanza
dei field recordings nella “narrazione musicale”, e in generale di come siete
entrati in contatto con questa forma espressiva.
Sicuramente il field recording è molto importante per noi. È un derivato dei suoni
registrati in diretta durante le riprese dei filmati poi elaborati e contestualizzati rispetto
alle immagini e alla musica evocata dalle stesse. Ci interessa lavorare sulla convivenza
equilibrata tra rumori, suoni d'ambiente e il loro rapporto con le melodie.
È scorretto parlare di somiglianze post-rock, vista la vostra tendenza a essere
“ambient” non solo attraverso l’elettronica?
Post, before, during rock. Scusa l'ironia. No, non è scorretto, ma noi facciamo sempre
molta fatica a definirci. Quando ci chiedono “che genere fate?” spesso rispondiamo
tre cose diverse. In realtà alla fine ci nascondiamo sempre dietro l'etichetta di
“ambient” o rispondiamo “facciamo colonne sonore!”, anche se finché una persona
non sente la nostra musica, non riesce a farsi un'idea concreta di quello che facciamo.
Se scrivessi che invece “Colpi A Vuoto” – forse per il basso – all’inizio sembra
quasi post-punk?
Beh, davvero interessante! Non abbiamo molti riferimenti di quel tipo nei nostri
ascolti abituali degli ultimi anni, ma un tempo chi non è passato da quelle parti
musicali!? Magari è una reminiscenza inconscia!
Come procedono le cose con Trazeroeuno, di cui Stefano De Ponti è parte
integrante, con la sua presenza dietro sia all’etichetta sia a più progetti?
Beh le cose procedono bene anche se è molto difficile riuscire a organizzarsi e portare
avanti progetti di questo tipo considerando che tutti noi ovviamente abbiamo un
lavoro o cerchiamo di averlo! Comunque rappresenta un approdo sicuro a cui fare
riferimento in un momento così caotico.
Cercate di suonare dal vivo? Nuovamente, considerata la doppia natura del
progetto, che tipo di esibizione proponete (proiezioni, etc…)?
Attualmente, come abbiamo accennato prima, stiamo lavorando alla musicazione del
film muto "Tartufo" di Murnau, del 1921, che verrà presentato all'interno di una
rassegna organizzata dall'associazione culturale Scalodieci nei prossimi mesi e che
vedrà coinvolti altri musicisti della scena indie alle prese con altri film "d'epoca". E
un'esperienza nuova ma ci sembrava il passo evolutivo che ci mancava. Su questo
progetto vi terremo aggiornati sul nostro sito.
A presto e grazie mille per questa intervista!
23.01.2007
AUDIODROME
IL PASSATO RIEMERSO
By Fabrizio Garau
Voto: 4/5
Così dice un anziano abitante di Crespi d’Adda. Crespi era un villaggio
operaio nato a fine Ottocento, l’utopia di un imprenditore tessile che
voleva migliorare le condizioni di vita delle maestranze, fornendo loro
alloggi, scuole e servizi di base, quando nel resto del mondo le
condizioni dei lavoratori erano pessime. Creare una comunità quando
la storia conduceva alla società: quel signore pronuncia quella frase con
nostalgia, perché quell'idea pazzesca e forse troppo paternalista
funzionò per un periodo. Oggi Crespi è in decadenza, nonostante sia
patrimonio dell’Unesco, e il documentario girato da Michela
Mozzanica e Stefano De Ponti, chitarrista dei Passo Uno, ne ripercorre
la storia attraverso le memorie di chi l'ha vissuta. Per la colonna sonora,
I Passo Uno dunque non potevano che muoversi in un paesaggio
autunnale come lo splendido artwork del cd e di(s)messo come in
Presenze, soundtrack di un altro documentario di Stefano su una villa
settecentesca da restaurare.
Presenze era introdotto dal suono di una serratura, Il Passato Riemerso
si apre col ticchettio di un orologio: i field recordings di Hue (progetto
di Matteo Uggeri) sono fondamentali e parte integrante di una
narrazione che si fa rappresentazione, si ascolti ad esempio la traccia
"Acqua Come Memoria". Altrettanto fondamentale è la chitarra
(acustica e non), che, nel creare trame e atmosfere, oltre che nella sua
strutturale funzione di commento, finisce per far pensare al post-rock,
ma strumenti come clarino e violoncello – sconcertanti per come
moltiplicano la malinconia - conferiscono al gruppo una personalità
unica, difficile da inquadrare. Infine, la batteria di Andrea Avolio
compare per aumentare il pathos di alcuni momenti.
È quasi immorale scriverlo, perché si tratta della vita di persone reali,
ma la forza de Il Passato Riemerso sta nel restituirci alla perfezione il
senso della fine di un mondo.
15.01.2007
KRONIC
IL PASSATO RIEMERSO
By Eugenio Crippa
The Soundtrack of our lives.
Ricordo ancora il primo contatto, face to face, tra me ed i ragazzi di
questa etichetta indipendente, trazeroeuno: negli scantinati del
Leoncavallo di Milano arriva un gruppo di ragazzi e prepara il proprio
banchetto. Le autoproduzioni supportate da questa piccola realtà
underground si distinsero subito a partire dal packaging, un cartoncino
di dimensioni inusuali rispetto a quelle tipiche di un CD, con una
grafica dai toni cupi ed impressionistici.
La musica, anche in quel caso si tratta di materiale difficile da
assimilare e classificare. Le tre menti dei Passo Uno hanno realizzato
con "Il Passato Riemerso" una piccola colonna sonora, per il
documentario "Memorie di Crespi d’Adda". Nei quaranta minuti
l’incedere è lento, fatto di piccoli episodi accennati da chitarre, archi,
clarinetti, che emergono e sprofondano in un background sonoro
tagliato ed incollato minuziosamente: rumori di catene, persone che
parlano, bussano alle porte, attraversano i boschi, automobili che
passano, questi e tantissimi altri i suoni che costellano i 9 brani de "Il
Passato Riemerso".
L’opera riesce dunque nel suo intento: evocare nella mente
dell’ascoltatore un mondo rurale che ancora resiste all’invasione
tecnologica, attraverso una sapiente combinazione di note ed immagini.
E se molti dei suoni presenti sul disco non siamo in grado di
riconoscerli, è perché non li abbiamo mai sentiti oppure li abbiamo
rimossi. Eppure appartengono ad un mondo che, se vogliamo, è più
vicino di quanto si possa credere, laddove guardiamo sempre con triste
indifferenza.
05.11.2007
ROCKLAB
IL PASSATO RIEMERSO
By Daniele Guasco
Una delle cose che preferisco dell'Italia sono i piccoli paesi, quelli che
lontani dagli eccessi artistici delle metropoli o comunque delle grandi
città si rivelano tesori nascosti, accoglienti e ipnotici, piccoli aggregati
di case antiche arroccati su una collina o nascosti in fondo a una
vallata, minuscole perle sul mare. La stessa cosa succede per la musica,
capita facilmente di allontanarsi per un attimo dai dischi seguiti da
clamore, persone e parole per ritrovarsi ad ascoltare qualcosa di tanto
sublime quanto ignoto e piccolo.
“Il passato riemerso” dei Passo uno, disco uscito nel 2006 ma che solo
da poco tempo staziona nel mio stereo, ne è perfetto esempio.
Uscito nel 2006 questo disco dalla splendida copertina racchiude
quaranta minuti di post-rock tanto languido quanto ben elaborato, nove
tracce in cui vanno a incastonarsi chitarre, archi, ritmiche
particolarissime e accurati field recordings raggiungendo un risultato
personale e splendente.
La musica dei Passo uno è come un divano rilassato e rilassante, un
ascolto incredibilmente piacevole e interessante in tutti i suoi momenti,
le canzoni vanno a costruirsi e a completarsi con una naturalezza che
lascia senza parole.
In poche parole “Il passato riemerso” è uno di quegli album da lasciarsi
scorrere addosso con tranquillità chiudendo gli occhi, gli effetti sono
rigeneranti sull'ascoltatore. Tralasciando il fatto che queste canzoni
sono destinate a fare da colonna sonora a un documentario (che non ho
visto), la musica dei Passo uno si rivela quindi un piccolo borgo antico
ben nascosto agli occhi del turista qualsiasi, che però non rinuncia alla
modernità grazie al contributo che gli danno i suoi abitanti, strade e
case che riempiono di quiete e di interesse chi ha la fortuna di visitarle,
una scoperta semplicemente
27.08.2006
BENZOWORLD
PRESENZE
Musiche create come evocativo e complementare accompagnamento
sonoro al documentario ‘Presenze’ (contenuto nel cd), che mostra le
immagini di una villa coinvolta in un progetto del Settore Cultura del
Comune di Vimercate. Soundtrack che tuttavia riesce ad andare anche
un po’ oltre, nel senso che è musica che rimane valida anche al di fuori
del contesto per il quale è stata creata.
Echi pinkfloydiani (come suggeriscono anche alcune immagini),
rumore, post rock prima leggerissimo e poi distorto, silenzi. Si osserva
la villa. Dall’esterno. Dall’interno. L’esterno osservato dall’interno.
Lentamente. Tende quasi spettrali. Il giardino dai colori autunnali e gli
ambienti interni dai colori caldi immersi nella penombra. Presenze che
si fanno sentire ma non vogliono mostrarsi. Più che un aiuto nel
“sentire” la villa, la musica diventa una esperienza psichedelica, fatta di
suoni delicati e sbalzi improvvisi. Miscela non invadente di violoncello,
contrabbasso, clarinetto, tastiere e chitarra, su percussioni leggere.
Era esattamente questa la volontà del gruppo: riuscire ad accompagnare
immagini con musiche adatte, lasciando però la libertà di considerare
singolarmente i due elementi. Lavoro artistico.
Passo Uno – presenze o.s.t.
Blow Up
Recensione sul numero 105 (febbraio 2007)
08.04.2008
METAL ZONE
IL PASSATO RIEMERSO
By VikingBlood
Voto: 95/100
Quello che mi accingo a recensire è il cd della colonna sonora
realizzata per il film documentario “Memorie di Crespi d’Adda – Il
Passato Riemerso” di Stefano de Ponti e Michela Mozzani.
È certo strano che un lavoro del genere trovi spazio tra le pagine di una
metal webzine ma, quando mi è stato chiesto dalla Trazeroeuno
Productions, non ho esitato ad accoglierlo confidando nella raffinatezza
e nel buongusto, in fatto di musica, di colui che sta dietro questa
piccola label nostrana.
Musica d’autore, indubbiamente, è quella che mi ha colto all’ascolto di
questo piccolo sublime gioiello di casa nostra: “Il passato riemerso” dei
Passo Uno è un concentrato di suoni animati di natura (è come se
l’acqua potesse parlare) e vita quotidiana che si intersecano con arpeggi
di chitarre e archi ben sorretti da percussioni quanto mai delicate nel
loro incedere.
Le autoproduzioni supportate dalla Trazeroeuno spiccano per il
packaging inusuale e artigianale e la musica in essi contenuta è quanto
mai complessa e difficile da classificare: che la si definisca ambient o
post-rock poco importa, ciò che è certo è che si tratti di musica
personale e rilassante in grado di trasportare l’ascoltatore verso
dimensioni quasi oniriche grazie al suo incedere elegante e ricercato.
Normalmente le colonne sonore vivono di riflesso al film che
accompagnano, nel caso specifico, pur non avendo visto il
documentario omonimo, posso affermare invece con fermezza che
questa colonna sonora brilla di luce propria in grado com’è di evocare
nella mente dell’ascoltatore immagini di un mondo rurale e
incontaminato.
25.11.2009
STEREO INVADERS
PASSO UNO
By Thiess
Passo Uno è un progetto raffinato e sensibile di musica totalmente
strumentale. Le loro sono sonorità ricercate e che esprimono
sentimenti allo stato puro. Ascoltiamoli direttamente, per capire il
segreto della loro ispirazione.
Ciao ragazzi, raccontateci un po’ di voi e di come è nato il progetto
Passo Uno.
Stefano: E' nato spontaneamente durante la lavorazione del
documentario realizzato da me e Andrea (alla batteria nel primo lavoro)
tra il 2004 e il 2005 dal titolo "Ultime Presenze A Villa Sottocasa Luoghi Volti Suggestioni" per il quale abbiamo realizzato le musiche
insieme ad Alessandro (fiati e violoncello). E' un progetto musico/
visivo aperto, del quale in un certo senso ho sempre curato la "regia".
Questa caratteristica ha portato negli anni a diversi cambiamenti nella
line-up e a collaborazioni con altri musicisti.
Come mai avete scelto questo moniker?
Stefano: Nei giorni delle registrazioni del primo disco intuimmo che era
nato qualcosa di meno estemporaneo del previsto e venne spontaneo
cercare un nome appropriato per questo trio improvvisato. Il punto di
partenza doveva essere una particolare connessione con il mondo delle
immagini perché era in quell'ambito che volevamo continuare a
indagare. Come siamo arrivati al nome prescelto francamente non
ricordo! Ricordo di averlo pronunciato per poi essermi fatto convincere
dagli altri a tenerlo... all'inizio non mi suonava molto bene! A distanza
di tempo invece mi convince sempre di più! Anche il logo (disegnato
da Alessandro) ha un ruolo fondamentale e rappresenta al meglio lo
spirito del progetto. E' parte del nome.
Alessandro: il nome ci ha poi convinti tutti anche perché contiene un
che di musicale, legato al tempo e al movimento, ma anche
all'immagine e alla fotografia. Per quanto riguarda il logo, mi sono
ispirato a una scena di un film al quale io e Stefano siamo sempre stati
legati...
Di chi è stata l’idea di musicare il film muto Tartüff e cosa per voi
ha rappresentato questa esperienza?
Stefano: Il film Tartüff ci è stato proposto da Mara Martinoli curatrice
del progetto "Una Cura Di Sane Anticaglie". La richiesta giunse in un
momento un po' di stallo e ha rappresentato una sfida molto stimolante
che ci ha permesso di realizzare la nostra esperienza musicale più
matura. La lavorazione è stata molto lunga e con modalità compositive
diverse dalle precedenti, più ragionate in alcuni casi e meno emotive
potrei dire. E' stata un'opportunità fondamentale per il proseguimento
del progetto, mi ha dato nuovi stimoli e la voglia di continuare a
sperimentare.
Alessandro: Si Tartüff ci ha dato l'occasione di lavorare in modo
approfondito a un'opera nella quale la musica non aveva più un ruolo
di accompagnamento, ma contribuiva attivamente alla narrazione. In
questo senso – senza voler snaturare la pellicola di un maestro del
cinema come Murnau – abbiamo voluto vedere fino a che punto la
nostra musica avrebbe potuto influire sull'atmosfera del film cercando
di sottolinearne gli aspetti più oscuri e inquietanti, trascinandola quasi
dal rango di commedia a quello di commedia nera o grottesca.
Come nasce in voi l’ispirazione musicale? Partite dalle immagini
per creare le vostre colonne sonore?
Stefano: Sì, fino ad ora le immagini e la loro estetica hanno
rappresentato il punto di partenza. Nel caso, ad esempio, della
sonorizzazione di un film muto trovo che sia un passaggio obbligato,
almeno all'inizio. Poi c'è ovviamente la storia, avendola in mente puoi
permetterti di suonare a occhi chiusi cercando l'atmosfera che secondo
te meglio gli si addice. Ma l'ispirazione nasce sempre e comunque da
noi, da quello che conosciamo, da quello che siamo, dal nostro stato
d'animo e dal clima creato insieme dai musicisti.
Alessandro: Direi che quello che ha detto Stefano riassume
perfettamente il nostro modo di agire. A volte però può anche capitare
di utilizzare atmosfere create in precedenza. Alla fine è una questione
di stati d'animo: un'immagine può portarti a provarne uno che hai già
vissuto e che già avevi espresso in musica. In quel caso viene naturale
inserirlo in un nuovo contesto.
Avete del materiale nuovo in cantiere? Pensate di continuare su
questa via dei film muti?
Stefano: Un CD-r di imminente pubblicazione sempre con
Trazeroeuno, è in fase di missaggio. Sarà una piccola raccolta in
edizione limitata di brani che ho registrato "qua e la" nell'arco degli
ultimi 3 anni, e avrà diverse collaborazioni... è un lavoro piuttosto
personale e in effetti rappresenta una svolta. Comunque l'intenzione è
sia quella di continuare sulla scia dei film muti ma di aprirsi anche ad
altre possibilità. Il connubio musica/immagine sarà in ogni caso
mantenuto poiché è l'essenza stessa del progetto, e io comunque non
riuscirei a scindere le due cose.
Alessandro: Per quanto mi riguarda sto lavorando a progetti paralleli, in
parte slegati dall'idea di sonorizzazione. Trovo che sia importante che
ogni componente del gruppo mantenga una propria identità e si crei un
piccolo spazio personale di sperimentazione che serva poi a portare
sempre nuove idee a quello che è poi il percorso comune. Inoltre la
varietà, il fatto di cercare di non ripetersi mai, di essere aperti a nuove
sonorità sono cose che rendono più interessante un tipo di progetto
come il nostro, aprendolo alla possibilità di sonorizzare materiale di
differente natura con differenti atmosfere.
L’idea che avete reso dei sentimenti e delle emozioni in Tartüff è
perfetta, vi faccio i miei più sinceri complimenti. Riascoltando e
rivedendo la pellicola, in quali tratti vi sentite più coinvolti?
Stefano: Di certo primi 10 minuti. Li abbiamo registrati in presa diretta,
di getto, in modo spontaneo e senza interruzioni. Il risultato mi soddisfa
molto. Trovo alcuni passaggi tra i più intensi mai creati dal gruppo.
Alessandro: Concordo in parte con Stefano, anche se per quanto
riguarda il legame che si è creato tra musica e immagine sono più
propenso a citare la seconda metà del film, ad esempio la scena cui è
legato il brano "Heaven Sent Me to You", "Under The Spell Of Your
Personality" e "Alone" (che forse è il pezzo più riuscito del film).
Ci sono esibizioni dal vivo che vi coinvolgeranno a breve? E se sì
dove?
Stefano: Nei primi giorni di dicembre saremo come duo (io al laptop e
chitarra e Mara Martinoli alla voce) a Berlino per presentare un
progetto di reading musicale dal titolo "Nostos" (in cui l'elemento
visivo, anche se più discreto, non mancherà) che riprende e
approfondisce un esperimento fatto durante un live di qualche tempo fa
Milano. Il 4 dicembre saremo ospiti al White Rabbit mentre il 6
condivideremo insieme a Claudio Rocchetti il palco del Neurotitan. A
gennaio è prevista una performance a Milano presso Sound Metak in
cui presenteremo la sonorizzazione di due cortometraggi di animazione
dei primi del '900 ai quali metteremo mano nelle prossime settimane.
Sul nostro MySpace e su Trazeroeuno sarà possibile a breve trovare
tutte le informazioni al riguardo.
Grazie per la disponibilità e gentilezza, speriamo di potervi
riascoltare in futuro. A presto!
Stefano e Alessandro: Grazie a te, davvero!
01.10.2009
HEATHEN HARVEST
IL PASSATO RIEMERSO
By Sage
It really doesn't get much more beautiful than dark, moody, homemade,
Italian visual classically-oriented music does it? While that might sound
like a headache to some, my attempts to even remotely describe this
release could be written well further into a short novel rather than a few
paragraphs in a review that grossly underclassify this project. However,
what I can tell you from the start is that there is more passion, love, tears,
and blood put into this release than 99% of even underground music
today. As a journalist, we traditionally are overloaded with a great deal of
underground music that is typically mediocre to thought-provoking. As
far as I can speak for myself, I rarely get anything completely terrible or
even remotely bad, however likewise I so rarely get something that
blows me completely out of the water. The purity in relation to wyrdness,
curious musical textures, comparable instrumentation and melodic lines,
and arguably everything else included in this release make it, without a
doubt, one of the past 5 years' most underrated, and grossly unknown
releases. Il Passato Riemerso includes moments that could be compared
to Six Organs of Admittance, Fennesz, Apse, Tor Lundvall, Larsen, and
back to numerous truly musically experimental projects like Samarkanda
and even back to instrumental trip hop influences. Its the best of the
urban, the thoughtful, the melancholic, the folk, the strange, and the
poetic and visually beautiful that music can at this point offer. Curiously
this album was released in 2006, but regardless of time frame, this release
deserves continuing exposure.
Il Passato Riemerso starts out modestly, with the traditional clicks and
noises that one would come to hear from the opening of a purely
experimental or musique concrete record. After a minute of this though,
some ambience begins to build from the background and accompanies
the awkward creeking until finally acoustic guitar enters and brings some
gentle melody to the piece and sets the stage for the rest of the album.
Alessandro Bider enters as well with cello on top of the repetitive
acoustic guitar lines performed by Stefano de Ponti. Andrea Avolio's
percussion brings a unique perspective to the music as, in addition to its
trip hop flavor bringing a strange urban appeal to the music, Hue's
mixing of the percussion brings more atmosphere to the table. Its
apparent from this point on that the entirety of Il Passato Riemerso is of a
melancholic and thoughtful nature rather than a violent dark one, but at
the same time many passages where ambience takes over offer a more
murky picture, a look into a fuzzy and grim painting. As such, the first
track fades out as strangely as it started out, and includes the ominous
ticking of a clock and the rolling of what sounds similar to a train or
mining cart.
Track 3, Acqua come Memoria is perhaps the most striking on the entire
record. The cello gently sets the stage, albeit falsely, for something
destructive and immensely dark. Suddenly pouring water sounds and the
deep rich tone of acoustic bariton guitar enters with a gentle melody. Its
here where we're taken on this strange and depressive ride through our
own memories, not so much a joyous occasion but more one of
remembrance of all emotional characters. Only one other artist, Tor
Lundvall, possesses this kind of powerful reflective nature in his music,
so its exciting to see another artist with this kind of honest and felt music.
Its the reality in itself that makes these releases so special. People wait for
release after release from so many bands just to be fed the same
programmed music over and over, even in the most underground genres.
However, you come upon this Italian project filled with four people
you've never heard of and you're completely blown off your chair –
THAT is reality, THAT is beauty, THAT is passion.
You must keep in mind however, that this release is mostly of an acoustic
neoclassic character. The experimentation lies in the background of the
album, the pops, the production, the strange and quirky ambience that
accompanies many of the tracks. There is no “true face” to the sound of
this project. Much like Apse, they create haunting, surreal, and heartfelt
music that crosses several boundaries and they do not limit themselves to
genre definitions. Going from Interludio II to Colpi a Vuoto could make
anyone question exactly what the direction of the album is, but its the
bigger picture that is obviously more important with this release, so try
not to look at it from a track-by-track perspective. You can, and will, go
from complex acoustic melodies to primal tribal rhythms, at times in the
same track. Just let go and enjoy the ride...
Equally unique and haunting is the artwork, a large, folded insert which
has been printed on both sides and is housed in a plastic sleeve. The
artwork itself is full of black and gold / yellow hues, murky, atmospheric
and misty textures. The outside is from the perspective of the outer Italian
wilderness looking into the city from across a pond or stream, while the
inside is from the same perspective looking into a more rural setting, and
as such having a much more haunting and older style while the outside
somehow has a foreboding tendency. The band's logo resembles that of
Hive Records sublabel Suspicious Records curiously enough A fittingly
beautiful visual perspective from a striking, surprising, and generuinely
exciting release. Though 3 years old, this release is limited to 600 copies
and is STILL AVAILABLE! So please, if you love good atmospheric
music, get your hands on this before its gone.
08.03.2009
THE SILENT BALLET
IL PASSATO RIEMERSO
By John Kontos
Voto: 6.5/10
Passo Uno is a four-piece, post-rock/experimental band from Milan,
Italy that uses a variety of instruments, including guitar, cello, piano
and drums to make atmospheric, instrumental music that sounds just
right for a film. It's no wonder that they have entered the business of
writing music for films, one of which is Il Passato Riemerso, a
documentary about the town of Crespi d'Adda in Italy, built in 1878 as
a workers' village. With the aid of Matteo Uggeri (aka Hue), who
mixed the album and provided field recordings, Passo Uno's music
produces emotions not unlike those one would encounter while
strolling the streets of a nineteenth-century village in the Italian
countryside.
The innovative usage of instruments such as acoustic guitar make the
music a great companion to images like the one on the album cover,
even to someone such as myself who was not fortunate enough to
watch the film. In the forty minutes of Il Passato Riemerso, the band
creates a world of melancholic evenings and nostalgia for a time that
may not have been better, but certainly felt more quiet and peaceful.
The instrumentation is more adventurous than the above description
would lead one to believe it is. The almost-from-a-horror-filmsoundtrack introduction to the otherwise heart-melting "Il Paese
Immobile" is followed by more minimal pieces such as the four
"Interludios" and others where the field-recordings take center stage
and the music is built around them. The closing track, "Declino e
Caduta", begins with the sound of a person walking (leaving the
village?) and closes with an acoustic guitar that seems to come out of
nowhere to give us a lovely melody that makes us wish we could be
there too.
Making music for a film is, in my opinion at least, more difficult than
making music not intended to accompany images, and requires a
certain sense of humility and artistic integrity as well as an
understanding of how our experiences shape our perception of what art
is, or what sort of art is appropriate for any given moment.Il Passato
Riemerso reveals a band that has the ability to be creative without
trying too hard, which is indicative of their talent and devotion to their
art form. While it would be inaccurate to describe them as a strictly
post-rock or ambient outfit, Passo Uno, at least in this album, often
reminded me of Hood, especially their more mellow recordings from
the late '90s, where the sparse instrumentations painted the saddest
picture of rural England since Joy Division (even if the music was
much more quiet).
All in all, the album more than serves its purpose, which is to be great
background music. Like most background music, it may not always be
noticed or draw everyone's attention the moment it is heard, but its
quiet beauty makes the time of those who either watch the film, or
listen to the album in the comfort of their home, more than enjoyable.
06.10.2009
COMUNICAZIONE INTERNA
TARTÜFF
By Guido Gambacorta
La band milanese dona la propria "voce" ad un capolavoro del
cinema muto
Tenaci esploratori delle possibili forme di dialogo tra note ed immagini,
i milanesi Passo Uno apportano l’ennesimo aggiustamento alla propria
formazione (adesso un quartetto comprendente Stefano De Ponti,
Alessandro Bider, Marco Capra e Lucio Mondini, più alcuni contributi
vocali di Pietro De Ponti e Mara Martinoli) e si lanciano in quello che
al momento può essere considerato il loro lavoro più ambizioso, vale a
dire la sonorizzazione di “Tartüff”, film muto diretto nel 1925 da
Friedrich Wilhelm Murnau ed ispirato dall’omonimo testo teatrale di
Molière.
La pellicola è un vero capolavoro - un avanguardistico esempio di
cinema nel cinema, un ambiguo gioco di specchi tra finzione e verità,
tra ragione e suggestione, tra ipocrisia e rivelazione – ed i Passo Uno
riescono nell’impresa di penetrare con la propria musica in ogni singolo
fotogramma, catturando sguardi, illuminando gesti, cadenzando passi,
amplificando borbottii…
Note errandone di clarinetto, polvere di jazz su lievi increspature
elettroniche, densi passaggi post-rock, scintille melodiche e sfrigolanti
corpuscoli ambientali creano un affresco sonoro di grande fascino, che
dona nuova vita all’opera di Murnau senza violentarla, anzi
offrendocene una versione ancor più palpitante.
Stampato in edizione limitata di sole 100 copie e venduto sul sito della
Trazeroeuno (www.trazeroeuno.org) al prezzo ultraconcorrenziale di
10,00 euro, il cofanetto di “Tartüff” include sia il cd con l’intera
colonna sonora che il dvd con il film di Murnau musicato dai Passo
Uno e sottotitolato in italiano: se avete due soldi in tasca e un po’ di
sale nella zucca, sapete già cosa dovete fare.
23.07.2009
AUDIODROME
TARTÜFF
By Fabrizio Garau
Voto: 4/5
Non è la prima volta che una band si cimenta col sonorizzare il cinema
muto, ma per i Passo Uno è una scelta coerente e di fatto inevitabile:
nascono con una precisa vocazione e con un monicker e un logo
eloquenti.
Come ricorderà chi segue queste pagine virtuali, infatti, li avevamo già
incontrati due volte con altrettanti commenti musicali a dei
documentari. Ora il confronto è con l’opera di un grande (due,
contando Molière) e per l’occasione Trazeroeuno pubblica persino un
dvd-r, grazie al quale si può vedere il film con la sua nuova soundtrack,
che - va detto – funziona anche senza controparte visiva. Sorprende
ancora una volta la personalità del sound del gruppo: siamo di fronte a
qualcosa tra post-rock e ambient, anche se così è come non dire nulla.
Di certo si vede sempre un’impronta malinconica e per certi versi
crepuscolare, dimessa. Paradossalmente, a volte sembra che il gruppo
la calchi un pochino troppo, scordandosi che “ Tartufo” era pur sempre
una commedia. Si tratta di un peccato veniale, però, perché in generale
i Passo Uno sanno anche far entrare il sole (come nelle scene iniziali
della pellicola) e possiedono un tocco delicato, con cui sistemano
sobriamente ogni strumento a loro disposizione (a seconda dei
momenti: chitarra, basso, batteria, violoncello, clarinetto, sax, tastiere
ed elettronica), senza perdersi in magniloquenze o tecnicismi, quindi
senza essere mai davvero invadenti.
28.09.2009
MESCALINA
TARTÜFF
By Francesco Bove
I Passo Uno, sin dall'inizio, sono stati coerenti con loro stessi. Nascono
nel 2005 con l'intento di unire musica e immagine e iniziano un
percorso fatto di atmosfere suggestive, notturne, rilassate.
Cominciano con ben due lavori, 'Presenze' e 'Il passato riemerso', due
colonne sonore come 'Tartuff'.
In breve, giusto per offrire una panoramica esauriente al lettore,
'Presenze' accompagna le immagini di un documentario prodotto dal
comune di Vimercate mentre 'Il passato riemerso' è la soundtrack del
film realizzato da Stefano De Ponti e Michela Mozzanica.
Stefano De Ponti è, però, anche l'eclettico chitarrista dei Passo Uno,
mente e cuore di un progetto milanese destinato a crescere sempre di
più.
Infatti, giungiamo a 'Tartuff' ossia la sonorizzazione del celebre film di
Murnau, il regista di 'Nosferatu', che si presenta già in una confezione
CD+DVD che mostra perfettamente la caratura del lavoro del gruppo
milanese.
Da appassionato di cinema, mi piacerebbe chiedere ai Passo Uno
perché la scelta sia caduta proprio su 'Tartuffe', un film del 1925, e
perché abbiano adottato uno stile post-rock contemporaneo senza
tentare un approccio magari in linea col periodo storico considerato,
una sorta di operazione filologica.
Anche con 'Tartuffe', i Passo Uno presentano un post-rock gentile,
soffice, con echi jazz e riverberi ambient.
Consiglio di ascoltare 'Tartuff' prima usufruendo del supporto audio,
magari spingendosi un po' più in là, immaginando qualche fotogramma
del film e perdendosi nella melassa post-melodica proposta dai Passo
Uno.
Poi vi consiglio di inserire, subito dopo, il DVD e iniziare la visione del
film.
Ritroverete tutte le atmosfere sognate, fantasticate ; ritroverete il
cinema, quello vero, e una colonna sonora che, ormai, seppur nelle sue
molteplici sfaccettature, è entrata nella vostra testa.
Resterete a bocca aperta di fronte a un lavoro di siffatta fattura, capirete
pienamente la straordinaria intuizione di un gruppo poco conosciuto ma
che deve assolutamente proseguire il suo percorso artistico con tenacia
e volontà. Capirete che, in Italia, per fortuna, ci sono ancora talenti.
Passo Uno, Tartuff, un acquisto obbligato.
08.03.2009
METALLIZED
TARTÜFF
By Renato Zampieri "Renaz"
Voto: 90/100
Un film del 1925, Tartuffe di F.W. Murnau. Una musica
contemporanea, del 2009, che più contemporanea non si può, a cura
dei Passo Uno di Milano. Chi mai avrebbe detto che un matrimonio
tanto eccentrico si sarebbe rivelato un successo di tali proporzioni?
E no, non stiamo parlando di Metal. Forse è quello che resta del Metal,
le ultime rugginose carcasse di una macchina musicale utilizzata fino
allo sfinimento, lasciata esausta in qualche discarica. Forse è la stessa
evoluzione che hanno avuto gli Ulver all'atto di partorire quel
capolavoro chiamato Perdition City, un disco immenso, intimo, e
soprattutto distante anni luce dalle origini della band. Ma il paragone
con la Norvegia si ferma qui: i Passo Uno hanno radici completamente
diverse, che affondano nel Post Rock e nel Jazz, ed è probabilmente
solo un caso che si avvertano nell'aria certe assonanze e certe simpatie.
Un particolare di non scarso rilievo è che, pur essendo di fronte ad una
colonna sonora, non stiamo neanche parlando di musica orchestrale,
cioè la formula musicale più nota al cinema. Quello che i Passo Uno di
fatto propongono è un rock psichedelico -più che altro per l'uso
dell'elettronica- leggero come l'aria, ingentilito da sussurri di
violoncello e sognanti volteggi di clarinetto e sassofono. Su tutto
domina immensa ed incorruttibile l'ombra multisfaccettata dell'ambient.
Ne consegue che Tartuffe si candida ad essere la nuova manna per gli
estimatori di band quali 65 Days Of Static e 35007 da una parte, e
dall'altra per gli amanti del buon Jazz moderno (minimale).
Le peculiarità di questa colonna sonora non finiscono qui. La musica in
realtà fu proposta inizialmente ad un festival del cinema muto, Una
Cura Di Sane Anticaglie, ed eseguita alla cerimonia d'apertura del
festival nel 2007 sempre per lo stesso lungometraggio. E' davvero
sorprendente come la musica sia duttile: senza alcuna modifica
strutturale, la band è stata in grado di riadattarla ad un film diverso,
senza farne perdere l'intensità.
Devo essere onesto: la presenza del film Tartuffe rappresenta un
immenso valore aggiunto, ed è probabile che se avessi dovuto ascoltare
la sola musica, privata delle immagini, non sarei rimasto così sorpreso
ed entusiasta dalla proposta dei Passo Uno. Del resto, è anche vero che
la band sta proponendo il disco al pubblico come soundtrack, e quindi
è del tutto lecito non separare i due aspetti del progetto. Il film e la
colonna sonora si danno forza vicendevolmente, creando un tutt'uno
improbabile quanto vincente. Geniali anche gli sporadici inserti vocali
atti a sottolineare determinate scene (ad esempio le preghiere di
Tartufo).
Inutile cercare di descrivere nel dettaglio la proposta che questo DVD è
in grado di offrire, l'unica cosa che posso fare è consigliarne
spassionatamente l'acquisto. E badate bene che ho parlato di acquisto,
non di ignobili prestiti dalla rete: la qualità va premiata, e nel caso
specifico va detto che l'audio risulta eccellente, al pari del video,
impreziosito da ottimi sottotitoli e da un inlay case di tutto rispetto.
Finalmente una ventata di freschezza in questo afoso Maggio.
30.07.2009
SHAPLESS ZINE
TARTÜFF
By Danny Boodman
Voto: 8/10
Che la musica e gli artisti si stiano impegnando sempre di più alla
realizzazione di opere su molti fronti, questo è un dato di fatto. La
multimedialità viene sempre più spesso ricercata e gli incroci tra le arti
sono all'ordine del giorno: tra questi è sicuramente uno dei più antichi e
fortunati l'unione tra la musica e il cinema, tant'è che adesso nessuno di
noi concepirebbe un film senza la sua adeguata colonna sonora.
Fin dalla nascita della settima arte, comunque, la musica è sempre stata
presente, tant'è che nelle sale di proiezione dei film muti, non
mancavano spesso musicisti che accompagnavano dal vivo la
proiezione del film. Da qualche anno a questa parte, poi, si sta
sviluppando una interessante sperimentazione, che vede prendere
vecchi classici del cinema muto, musicati per l'occasione da artisti
moderni (famosa è, per esempio, la colonna sonora dei Queen sulle
immagini di "Metropolis" di Fritz Lang).
Eccoci, quindi, a questa opera dei Passo Uno, che hanno musicato
"Tartüff", un film di F.W. Murnau del 1925. La pellicola non è certo
tra le più famose del regista, ma è molto interessante perché è la
trasposizione cinematografica dall'omonima opera di Moliére, con in
più un interessante variazione sul tema. La trama, infatti, racconta di un
vecchio e ricco signore affiancato da una serva meschina che lo
convince a lasciarle tutta la sua eredità a discapito del nipote, attore di
professione. Quest'ultimo, venendo a sapere della vicenda, si camuffa e
si presenta a casa del vecchio con un cinema ambulante, convincendolo
a guardare, appunto, la storia di Tartufo, un uomo bigotto e meschino
che si insedia a casa di un ricco signore vivendo come un parassita alle
sue spalle. L'opera, che pure non raggiunge la qualità di pellicole molto
più celebri (come il notissimo "Nosferatu") non può non affascinare,
con quei colori seppia, i movimenti meccanici e l'estetica tipica del
vecchio cinema muto.
Arriviamo, quindi, alla musica dei Passo Uno, che hanno creato
quest'opera per un festival milanese di film muti intitolato "Una Cura
Di Sane Anticaglie": i quattro musicisti danno vita ad un sottofondo
curatissimo, che sfiora il jazz, vira nel post rock, nella psichedelia fino
all'ambient e rilegge tutto appunto con l'ottica della colonna sonora.
Niente metal, ma va benissimo così: la sezione ritmica è ipnotica ma
dinamica; le chitarre lasciano cadere gocce di note nei punti giusti,
l'elettronica e le tastiere fanno da tappeto avvolgendo le immagini e
facendo da unione tra i vari temi presentati, mentre i protagonisti
assoluti, a mio parere, sono il clarinetto e il sax di Alessandro Bider,
musicista dotato di grande gusto che fa davvero la differenza.
Ammetto che mi è molto difficile darvi un'idea precisa di quello che
abbiamo in questa opera: non ci sono canzoni vere e proprie e la
musica è, giustamente, un fluire strettamente legato alle immagini, però
vi posso dire che l'operazione è riuscitissima e degna di lode. Vi dico
solo che un'opera nata inizialmente come una commedia, finisce per
avere un alone sinistro, complici le immagini di "Tartüff", ma
soprattutto della musica del quartetto, che riesce a dare davvero un
taglio inedito a tutto il film.
Ai Passo Uno, quindi, vanno i miei complimenti e li invito a continuare
nel loro lavoro; bravissimi come sempre i ragazzi della Trazeroeuno e a
voi non resta che prenotare una copia di questo DVD (che è
accompagnato dalla versione CD con solo la colonna sonora). Ne vale
la pena!
03.09.2009
SODAPOP
TARTÜFF
By Emiliano Grigis
Per coincidenza astrale o per semplice combinazione pare che in Italia
questo sia l'anno del postrock come colonna sonora: tra i nomi noti i
Massimo Volume hanno portato in giro lo spettacolo con la
sonorizzazione di La Caduta Della Casa Degli Usher e i Giardini Di
Mirò hanno pubblicato il nuovo disco Il Fuoco, che è una colonna
sonora; più di tutti mi hanno convinto i Passo Uno, anche perché la
loro scelta del formato CD + DVD è imprescindibile in questo caso:
senza le immagini avrei confuso questo disco tra gli altri del suo genere
senza quasi accorgermene. Questo non sarebbe successo perché il
disco in sé stesso non abbia valore, ma più che altro perché ormai
siamo letteralmente circondati di gruppi postrock melodici: come
sempre in Italia il trend satura quando all'estero è già medioevale, con il
risultato di annoiare sia gli estimatori della prima ora che i fan più
accesi.
Il mio primo ascolto di Tartuff è stato fatto in CD, dopodiché non
convinto fino in fondo ho guardato il DVD e... tutto è cambiato: merito
va soprattutto al film eccezionale, che traina una colonna sonora varia,
perfettamente calibrata e studiata in ogni secondo della pellicola,
daltronde già il nome del gruppo lasciava intendere familiarità con la
materia.
A quel punto ho riascoltato la sola colonna sonora e ogni volta il film
mi scorre davanti agli occhi, con cambi di ritmo, emozioni e quant'altro
è rimasto nel ricordo del film: la proustiana madeleine, questa volta
"sonora", fa rivivere il film di Murnau in modo limpido ed
emozionante.
30.09.2009
STEREO INVADERS
TARTÜFF
By Thiess
"Grande è il numero di ipocriti al mondo e molte sono le forme in cui si
manifestano. Dunque osservate!" Così inizia il DVD di Tartüff, film
muto del registra ed espressionista Friedrich Wilhelm Murnau, di cui
purtroppo solo poche proiezioni sono oggi reperibili. In breve l’opera
parla di un anziano e ricco signore, la cui governante cerca di avere la
piena fiducia per avere l’eredità.
Tutto ciò viene portato a termine mettendo in cattiva luce l’erede di
diritto, il nipote. Grazie alle sue qualità di attore il giovane si traveste ed
ammonisce il nonno tramite la proiezione in casa sua della commedia
su Herr Tartüff. Quest’ultimo, personaggio, infimo ed approfittatore,
finge di essere amico di Orgion per sottrargli il patrimonio. Grazie alla
moglie Elmira apre però gli occhi e stessa cosa accade per il buon
anziano, che caccia la governante riavvicinandosi al nipote.
Al di là di questo aspetto, meramente descrittivo, facciamo i
complimenti per l’eleganza e il fascino della pellicola, ed anche ai
Passo Uno. La band ha interamente musicato le immagini con maestria
e classe cristallina. I suoni, così coinvolgenti ed allo stesso tempo
angoscianti, si coniugano perfettamente con i personaggi e la storia,
comunicando tristezza, inquietudine, speranza e gioia. Connubio
perfetto, in cui la magia dei colori e del messaggio di Murnau si sposa
esattamente con le note del project.
Ci si domanda come un gruppo attuale riesca musicalmente a rendere
così bene un espressionismo che risale al 1925. La risposta è che l’arte
non ha età, come anche il messaggio dato dal regista che ci pare attuale
oggi più che mai.
L’ipocrisia è un male ignobile, a cui tante volte non sappiamo aver
riparo per bontà nostra di cuore o per spregevole capacità altrui di
ingannare. Ecco che allora, compare una terza persona, che ci ama
veramente e che ci aiuta ad aprire gli occhi. Sorprende la abilità
espressiva degli interpreti, tra cui Emil Jannings premio Oscar nel
1929, come anche sbalorditivi sono i Passo Uno, nel sapere
intimamente cogliere le emotività della proiezione. Ogni singolo istante
viene enfatizzato, gesti che molto significavano anche se minimali ed
oggi privi di valore. Una spalla scoperta, un cenno di stizza, resi alla
perfezione da mimica e suoni che tormentano ed allo stesso tempo
affascinano. Complimenti allora al buon gusto e alla capacità della
band che ha saputo sapientemente musicare una proiezione già di per
sé unica. La confezione contiene un CD e un DVD assolutamente da
avere.
E ricordate ... "Siete sicuri di conoscere chi avete seduto accanto?"
13.11.2009
STONES FROM THE SKY
TARTÜFF
By Neuros
Più di una voltà si è sentito l’adagio per cui bastino poche mani per
dare vita a opere complesse e funzionanti, purchè lavorino in sintonia e
passione verso il risultato finale. I Passo Uno non fanno eccezione,
quattro paia di mani e un flusso continuo di note intese in maniera
inscindibile dalle immagini, da quel lato visivo che nel panorama
musicale non ha mai vissuto momenti di vera crisi, ma in questi ultimi
anni pare stia vivendo un periodo di riscoperta e applicazione maggiore
rispetto al passato più prossimo. All’interno della discografia del
gruppo, Tartüff rappresenta la terza colonna sonora, preceduta da Il
Passato Riemerso e Presenze, entrambi documentari; con questa nuova
release il gruppo si è spinto oltre, scegliendo per l’occasione la
musicazione del film muto di Friedrich Wilhelm Murnau del 1925.
Ancora una volta dietro tanto impegno è presenta la trazeroeuno, label
che ha sempre dimostrato di tenere ai sensi che non siano solo quello
dell’udito, proponendo un cofanetto contenente l’audio cd e il dvd del
film adattato con la colonna sonora. L’artwork, a opera del team
Diramazioni composto da Tryfar (già dietro la trazeroeuno) e
Vocisconnesse, è cornice ideale per il clima decadente e uggioso creato
dalla musica e dal film, valorizzando al massimo l’opera di Molière a
cui esso si ispira.
L’ambito nel quale si muovono i Passo Uno pone le radici nel postrock e nell’elettronica, capace però di arricchire la tavolozza sonora di
numerose altre sfumature. In “Get Out, I Say” e “I - a Saint?” appare lo
spettro solenne e ipnotico degli Earth di HEX, senza che ciò risulti
fuori luogo rispetto al clima di inganno che pervade il film;in Go - All
of You fanno capolino gli ultimi Ulver, quelli più distesi di Shadows of
the Sun, disegnando crepuscoli freddi e plumbei, circondati tutt’intorno
da minimali rintocchi elettronici e aperture jazz che si collocano tra gli
Jaga Jazzist e i Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, con chitarre il più delle
volte soffuse, che procedono incessantemente sulle punte dei piedi, a
non disturbare.
Per chi abbia apprezzato di recente l’operato simile dei Giardini di Mirò
con Il Fuoco, questa realizzazione dei Passo Uno merita certamente
non solo l’ascolto, ma anche un’attenta visione che permetta di cogliere
al massimo le potenzialità di questo talentuoso lavoro.
21.10.2010
COMUNICAZIONE INTERNA
TAKE YOUR TIME AND SHARE THE HARVEST
By Guido Gambacorta
Con “Take your time and share the harvest” Stefano De Ponti – mente
e cuore del progetto Passo Uno - mette un po’ di ordine nei cassetti del
proprio archivio, raccogliendo brani inediti nati in occasioni diverse
lungo un arco temporale che va dal 2002 al 2008. Si tratta per lo più di
registrazioni live, delle quali viene volutamente conservata la natura
grezza e non totalmente finita, che testimoniano come i Passo Uno
abbiano fin da subito assunto la natura di collettivo aperto a molteplici
collaborazioni e sodalizi, con un’attenzione particolare rivolta a forme
di sperimentazione inglobanti i diversi linguaggi della musica, della
letteratura, del cinema e della videoarte.
Tre ottimi esempi subito in apertura di scaletta: il folk estatico di
“Pigeon song”, sporcato dalle macchine digitali di Matteo Uggeri/
Sparkle in Grey/Hue e violentato da scampoli vocali estrapolati dalla
pellicola “Toro scatenato” di Martin Scorsese; la minimal techno di
scuola Staubgold cristallizzata nel sublime canto di Mara Martinoli, per
una “Reading Dostoevskij” ispirata a pagine de “L’idiota”; una
vaporosa “Soirée d'une feé a-sexuée”, affidata alla voce recitante del
poeta Pierre-Yves Vanderveck. E non mancano altri momenti validi, se
solo vorrete soffermare la vostra attenzione sui filamenti melodici di
“Contagio”, sulle fermentazioni impro di “Solar field” o sulle
iridescenze elettro-acustiche di “Time forever ending”.
Un disco inevitabilmente frammentario dal punto di vista
dell’ispirazione - pur sempre di una compilation si tratta - ma
contenente materiale di tale qualità da rappresentare senza dubbio
un’utile porta di accesso al mondo lirico dei Passo Uno.
09.04.2010
METALLIZED
TAKE YOUR TIME AND SHARE THE HARVEST
By Renato Zampieri "Renaz"
Voto: 92/100
Passo uno: ascoltare i Passo Uno. Non pago di averci proposto -a
distanza di pochi mesi- l'ottimo Tartuffe, il trio nostrano si ripropone sul
mercato con un nuovo, interessantissimo lavoro. In verità c'è un motivo
molto semplice per cui la band è riuscita a portare alle stampe in così
breve tempo questa nuova fatica discografica: Take Your Time And
Share The Harvest è, a detta dello stesso chitarrista Stefano De Ponti:
«una compilation di soundscapes improvvisati e canzoni scritte tra il
2002 e il 2008 in collaborazione con alcune persone a me vicine.
Dal momento in cui questo progetto si sta sviluppando e evolvendo, ho
sentito la necessità di fermare questi momenti musicali, nati
spontaneamente grazie a differenti relazioni umane che si possono
definire ben più che "funzionanti".
È per questa ragione che ho intenzionalmente scelto delle registrazioni
“grezze” con piccole imperfezioni nell'esecuzione.»
Credo che questa presentazione valga più di mille parole: Take Your
Time And Share The Harvest si pone come un distillato di passione, un
album di ricordi toccanti sviluppato nell'arco di sei anni ed impressi su
nastro con la forza dell'istintività, senza filtri di nessun tipo; di
conseguenza, il sound di questo album, oltre ad essere minimalista
come si conviene alla tradizione Passo Uno, risulta anche estremamente
diretto e sincero, ai limiti del brutale. Inoltre, il fatto di essere in
presenza di una sorta di compilation ribalta completamente il senso del
concept a cui il trio ci aveva abituati: non più un'idea di fondo (o
un'immagine in movimento, come nel caso di Tartuffe) ma un
sentimento di fondo, vale a dire l'affinità e l'empatia che scorrevano tra
gli strumentisti durante le session. Io credo che sia questo il modo
giusto (l'unico modo!) di interpretare il disco.
Considerarlo come un mero collage di brani ripescati dal passato ne
svilirebbe non solo il contenuto, ma anche il "metacontenuto", vale a
dire l'esperienza soggettiva del contenuto: insomma, comprendere che
questo disco è un distillato di musica è importante (ma non essenziale)
per valutarlo fino in fondo.
Quello che dovrete fare, ascoltando brani eccellenti come Contagio o
Cold, è prendere coscienza di avere nello stereo una serie di note
passate più volte al setaccio fino ad ottenerne l'essenza, oro e brillanti
per i vostri dotti uditivi, fulgida luce di un mattino d'inverno, fredda e
pura. L'uso delle chitarre è semplice eppure efficace, con un ritorno
ricorsivo alla tonica senza nessuna risoluzione traumatica, sempre in
maniera serena e compassata: sembra quasi di vederle, le note,
ascendere verso l'empireo dopo una vita di fatiche e scale modali
abbandonate chissà dove, in qualche progetto jazz o post rock
parallelo.
Spesso parlando di ambient et similia utilizzo un paragone preso in
prestito dall'arte visuale, quello della pittura materica; ebbene, in questo
caso dovrei invece ripiegare su di un concetto caro a Mirò, quello
dell'organicità dell'arte, contrapposto all'inorganicità. I nugoli di note
brillanti e melliflue sprigionate dagli strumenti dei Passo Uno e dalle
voci di Pierre Yves Vanderveck e Mara Martinoli appaiono piatti e
nudi da lontano, ma visti al microscopio svelano un cosmo tutto in
movimento, a prima vista così insignificante, ma in ultima analisi
capace di smuovere l'animo di chiunque, se preso nel modo giusto,
vibrante di vita e passione cocente.
Passo uno: ascoltare i Passo Uno. Passo due: acquistare il disco.
25.03.2010
STEREO INVADERS
TAKE YOUR TIME AND SHARE THE HARVEST
By Thiess
Voto: 8.5/10
Dopo aver piacevolmente recensito "Tartuff", film muto musicato dai
Passo Uno, ecco una nuova uscita discografica da parte di questi
particolarissimi musicisti. E' sempre emozionate, ed allo stesso tempo
spettacolare, trovarsi di fronte a note inclassificabili, non paragonabili
ad un colore o ad una immagine precise.
Take Your Time And Share The Harvest è una raccolta di pezzi “fatti di
improvvisazione”, nel periodo tra il 2002 e il 2008, e qui appunto
proposti.
Tutto suona decisamente sognante ed onirico, diremmo non per forza
collegato a delle scene in particolare, tanto da diventare specchio di
sfumature e sensazioni che diventano estremamente soggettive.
Crediamo infatti che, partendo da un’espressività spontanea ed intimista
da parte degli interpreti, il tutto serva poi da trampolino di lancio per
emotività ed esperienze soggettive. I pezzi viaggiano su lidi forse
Ambient e forse Psychedelic, ma pensiamo conti poco o nulla
catalogare. Quello che conta, invece, è che il trascendere da
classificazioni e singole percezioni sia il denominatore comune di un
tipo di proposta di questo tipo. L’immobilismo diventa solo coscienza
superficiale di una mente che in realtà è in movimento. Anima che si
espande, ricoprendo la luce e buio che ci stanno attorno, e che è figlia
di una curiosità e voglia di apprendere e capire.
C’è un velo di malinconia tra i linguaggio musicale dei Passo Uno,
sillabare ci aiuta però a comprendere l’estrema sensibilità e le ampie
sfaccettature di un full-lenght da ascoltare e plasmare su noi stessi. La
materia, duttile e pregiata, saprà aderire a chi ne vorrà cogliere la
profonda essenza, lavoro da intuire con perspicacia e piena coscienza.
12.01.2010
HEADBANG
TARTÜFF
By AngelusNovus
Voto: 8/10
Se la storia dei Passo Uno, band nata nel 2005 per volere di tre giovani
musicisti milanesi, non è molto lunga da redigere, per la bellezza della loro
proposta musicale è sarebbe necessario spendere veramente moltissime
parole con il rischio di apparire eccessivamente prolisso. Proverò quindi ad
essere esauriente e competente senza tediare voi lettori.
Con all’attivo quattro lavori i nostri ci propongono un collage musicale
perfettamente riuscito, utilizzando frammenti dai più disparati generi
musicali. Dall’ambient alla musica elettroacustica, dal post-rock dalle tinte
fosche al jazz minimale la qualità del materiale scritto è sempre di altissimo
valore artistico. I Passo Uno si avvalgono della loro grande conoscenza
dell’armonia e della melodia, per non dire dell’acustica in generale, per
mantenere sempre l’attenzione rivolta alla loro musica. Il tutto però dando
l’impressione che questa loro verve compositiva ed esecutiva non sia
solamente frutto di una intensa progettazione dei brani, sicuramente molto
ben studiati in fase compositiva, ma che questa caratteristica provenga anche
da una totale naturalezza nei confronti del proprio modo di vivere la musica
che si suona. Non troviamo quindi macchinazioni eccessive, per non dire
oppressive, di un genere musicale rispetto ad un altro ma, al contrario, uno
sposalizio felice di tutte le diverse anime dei Passo Uno che come ho già
avuto modo di dire, sono molte e disparate.
«Tartüff» è la prima colonna sonora che i Passo Uno realizzano per un film
vero e proprio. I primi due lavori del terzetto, «Presenze» e «Il passato
riemerso», sono sempre colonne sonore infatti, ma entrambe realizzate non
per dei film ma per altrettanti documentari. Ogni lavoro è stato prodotto
sempre dalla stessa etichetta che cura questo ultimo prodotto. Registrato nel
2008 e pubblicato nel 2009, «Tartüff» è la colonna sonora che i Passo Uno
hanno pensato per musicare «Herr Tartüff», film appartenente alla categoria
del cinema espressionista tedesco muto, per la regia di F. W. Murnau.
Conosciuto dalla maggior parte del pubblico italiano per lavori come
«Nosferatu il vampiro» e quel « Das Cabinet des Dr. Caligari» che permise
a Fantozzi di essere assunto dalla Megaditta (cfr. «Il secondo tragico
Fantozzi»), Murnau fu effettivamente uno dei registi e sceneggiatori più
all’avanguardia nella storia del cinema. Sebbene lo sfortunato ragioniere ne
sia giustamente intimorito, Paolo Villaggio ben conosce il valore dei suoi
film che non sono certo pellicole di semplice digestione e comprensione.
Temi come il doppio, la distinzione tra realtà ed allucinazione, il male e il
suo rapporto con l’essere umano vengono da Murnau affrontati per la prima
volta mediante tecniche sconosciute al cinema dell’epoca.
Da queste brevi note introduttive capite anche voi, come ho realizzato anche
io durante l’ascolto del disco, che musicare dei documentari odierni è una
impresa che non presenta gli stessi problemi che si pongono all’artista che
vuole musicare un film del 1925. Non puoi discutere con il regista del film,
il clima culturale è enormemente cambiato, la stessa funzione della musica è
mutata più volte per quanto riguarda l’uso del sonoro come supporto al
materiale filmico. Ecco perché merita una nota di merito supplementare
questo lavoro, in quanto l’atmosfera tutta particolare della pellicola
espressionista è qui mantenuta e rivivificata senza imprevisti di sorta. E
perché dovrebbe esserlo? La strumentazione impiegata è veramente
variegata ed eterogenea ma non opprime i suoni più abituali di chitarre
acustiche ed elettriche, basso e batteria. Le costruzioni sonore sono
architettate ora su maestosi suoni ambientali ora su fiochi rintocchi di corde
metalliche. Gli strumenti a fiato sono un altro importante tassello del collage,
che ben si coniugano con le registrazioni vocali di quelli che sembrano
essere gli echi degli spettri del passato. Malinconici sassofoni dirigono la
musica in territori cittadini nostalgici per poi virare in sonorità più potenti e
violente.
Cesellati raffinatamente, tutti i paesaggi sonori scolpiti nel disco affascinano
continuamente l’uditore e la cosa migliore è che il disco si arricchisce e
diviene sempre più sorprendente con il passaggio dei minuti.
Bisognerebbe aprire un capitolo a parte per il package e la grafica dell’intero
prodotto. L’edizione sontuosa di «Tartüff» si compone di cd con colonna
sonora e di DVD che contiene il capolavoro di Murnau. Il tutto corredato di
illustrazioni di copertina di tutto rispetto, magicamente unite allo spirito
generale di tutta la musica che queste immagini rappresentano.
Sicuramente un disco che mi sento di consigliare a tutti coloro che
apprezzano la musica ben concepita e suonata. Musica fresca e intelligente
che non vuole a tutti i costi risultare innovativa, ma che invece utilizza
ottimamente gli stili più disparati per creare un lavoro affascinante e
completo.
Aspettando il prossimo disco di questa interessantissima band nostrana.
22.04.2010
KATHODIK
TARTÜFF
By Marco Carcasi
Voto: 4/5
Con colpevole ritardo, e scusandoci di questo con gli autori, arriviamo
a parlare di "Tartüff", dei milanesi Passo Uno.
Splendido lavoro ed edizione, che contiene, dvd e cd audio, con la
colonna sonora composta per "Tartüff", film di Murnau del 1925.
Diciamo sin da subito che siamo dalle parti dell'eccellenza.
Sul film di Murnau, nulla da riferire (basta da solo a giustificar
l'acquisto).
Per quanto riguarda la parte audio, stringatamente: filamenti post rock,
calde suggestioni ambient, inflessioni jazz ed un pizzico di kraut.
Magistralmente autunnale (o prepotentemente primaverile. Da giornata
tersa, con il vento che spazza le nubi, ed infila dita ancora fredde sotto
la giacca).
Tutt'altro che decadente.
Intimo, raccolto, ma con reattività da coltello a serramanico.
Sottilmente inebriante; splendidamente trasposto.
Fra Bark Psychosis, un tenue refolo God Machine, gli Swans acustici, i
Popol Vuh, le intuizioni generate dall'incontro, fra Michael Gira e Dan
Matz nello splendido "What We Did".
Ammaliante.
Ed un lavoro del genere, lo spedirei veramente alla Young God
Records; hai visto mai...
Di operazioni a questo livello qualitativo, in Italia, se ne fanno ben
poche.
Voi, non avete altro da fare che acquistare questo prezioso lavoro.
Soddisfazione garantita.
Applausi.
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