Gallino L., Dizionario di sociologia, IJtet, Torino, in particolare le voci (salvo la sezione B di ciascuna): azbne sociale, relazione sociale, interazbne sociab, sistema sociah, potere, autorità" inftrenza sociab, ruolo, comportamento collettivo, gruppo, gruppo di riferimento, riproduzione sociale, organizazione sociab, integrazione sociale, cuftur4 valore sociale, norma sociale, istihtzione, anomi4 socializza.jone, personalihà, comunicazione di mass4 culhra di mass4 devianza sociale, controllo sociale, religione, disuguaglianza sociale, statificazione sociab, classe sociale, prestigio, mobiih sociale, dorma socblogia dell4 generazione, raza, farrigla educazione, economi4 lavoro, divisione del lavoro, organizzaz.iols, rcladoni indushiali, società industriale, società post-industriale, stato, democraz@ partito politbo, movimento sociale, mutamento sociale AzIoNE SoCIALE AzteNDA, socroLoGrA DELLA { forme di concentrazione, e quindi di do- mtnio (v.) sulle società, sconosciute nei paesi socialisti (v. Cnnrel_suo, C). E. Tra gli effetti prcdotti dallo wilup po e dal comportamento delle A., in ispecie di quelle grandi, occone distin- guere gli effetti specifici da quelli generici. I primi si riferiscono sia al territorio e alla comunità in cui un'A. opera, sia agli ambienti particolari delle sue diverse funzioni, in riferimento alle risorse che impiega. Questi effetti paiono essere molto simili sia nelle s+. cietà capitalistiche che in quelle socialiste. Nelle prime come nelle secon- de lo sviluppo di grandi A., industriali, agricole o di servizio, agisce solitamente come fattore di modernizzazione (v.) delle comunità storiche, di trasformazione della struttura sociale locale (in quanto sono alterati i rap- porti fra le classi e la composizione di queste), di mutamento sociale (v.). Gli effetti generici sono invece assai diversi nei due tipi di società. Non ponendo virtualmente alcun limite né alla concentrazione dei mezzi di pro- duzione, né ai tipi di investimento, né alla localizzazione delle nuove unità produttive, né ai processi di accumulazione (v.) del capitale, le società capitalistiche assegnano di fatto alle A. private un ruolo preminente co- me fattore di trasformazione automatico e tecnicamente irresponsabile della socieùà. lesodo massiccio di forze di lavoro dall'agricoltura, l'ipersvi- luppo di determinate regioni e il sottosviluppo di altre, la prosperità o il declino di intere regioni, l'evoluzione delle strutture di classe sono fenomeni di cui l'A. moderna è un fattore primario. Nei paesi socialisti, per contro, essendo ogni aspetto dell'attività aziendale asservito alle direttive del govemo e del partito unico, la costituzione, lo sviluppo, il comportamento delle A. costituiscono fattori secondari, che intervengono soltanto dopo che, deciso per es. lo sviluppo di unà regione scarsamente abitata o con tratti ancora tradizionali, si stabilisce di impiantare colà determinate aziende. Ma non sembra che la volontà consapevole del governo e del partito, mediata da un complesso apparato di pianificazione, abbia dato finora risultati migliori del meccanismo acefalo, o blandamente controllato da forme di programmazione, dell'interazione con- correnziale tra A. private, e tra queste e il loro ambiente. BIBLIoGRAFIA. A. Stiltttl, Ricerche sopra la natura e /e cause della ricchezza delle Nazioni (1776), Torino 1950. G. Scnuot-un, Ùber die Entwicktung des Grossbefriebes und die soziale Klassenbildung, in "Preussische Ja- hrbùcher", LXIX, 1898. T. 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AzIoNE socI,ALE (tr. action socialei ingl. social acfion; sp. accién social; ted. soziales Hq-deln). /e-ì*r"nr" intenzionale di atti forn\#i ,un.o che un soggetto individuale o collettivo (spesso designato oattore" o «agente»), compie scegliendo tra varie alternative possibili, sulla base di un progetto concepito in precedenza ma che può evolversi nel corso dell'azione stessa, al fine di conseguire uno scopo, owero di trasformare uno stato di cose esistente in altro a esso più gradito, in presenza di una determinata situazione (v.) - composta da altri soggetti capaci di azioni e reazioni, da norme e valori, da mezzi e tecniche operative eventualmente utilizzabili allo scopo, da oggetti fisici - della quale il soggetto tiene coscientemente conto nel- la misura in cui dispone a suo riguardo di informazioni e conoscenze. AzrolvE socrALE AzIoNE SoCIALE { ll concetto di A. sociale è storicamen_ te e analiticamente awerso a quello di comportamento sociale (v.); l,uno e l'altro si incontrano nel concetto di intenzione (v.). B. Le ragioni, le cause, i motivi, il senso dell'azione umana, i suoi rap_ porti con la volontà e la responsabili_ tà; con i bisogni e i desiàeri sono stati studiati in dettaglio dalla filosofia sin dai tempi di Aristotele (cfr. Care e Landesman, 1968). Occone però anivare alla filosofia politica del XVll secolo pertrovare le prime analisi sistema- tiche del rapporto tra l,azione uma_ na, con le sue varie determinanti e ca- ratteristiche, e la struttura della so_ cietà, del govèmo, dello Stato, dell,ece nomia, così ponendosi le premesse di una teoria dell'A. socla/e. per Hob_ bes, l'azione umana è guidata unicamente dalle passioni, ha comefine im_ mediato la conquista del massimo po_ tere, e si serve a tale scopo dei mezzi più efficienti che trova, cioè la foza e la frode. l-incipiente stato di guerra di tutti contro tutti che da ciò deriva trova rimedio soltanto in un patto so_ ciale e nella costituzione di un gover_ no forte e sovrano che monopolizzi stato un altro affluente importante nello sviluppo della teoria dell,azione, che esso per primo ha affrontato in chia_ scopi più generali. [utilitarismo è non solamente i suoi diversi elementi - l'atto, i mezzi, la situazione presente, lo scopo - ma anche il contesto in cui il soggetto e i suoi motivi si sono formati. Ne Le regole del metodo sociologico (1895) Durkheim aPProfondisce soleforze in grado di motivare I'azione umana sono la ricerca del piacere e la fuga dalla sofferenza; I'anticipazione delle conseguenze piacevoli o dolorose è il meccanismo che porta a scegliere un'azione piuttosto che un,altra. Nell'economia classica un consimile, assunto utilitaristico veniva intanto ela- borato come cardine di una teoria intesa a spiegare congiuntamente sia il comportamento dell homo oeconom i cus, produttore e consumatore, sia i meccanismitramite i quali il suo comportamento "egoistiCo" Si trasformava in un beneficio collettivo. ll razionalismo politico del Seicento, l'utilitarismo, l'economia classica avevano in comune una com- ponente positivistica e individualistica, cioè la,propensione a imputare all'individffo un insieme di qualità a lui connaturali e immutabili, indi- pendenti dalle strutture sociali. Data questa impostazione, il perfezionamento della teoria dell,azione potetà di una funzioné repressiva da parva veniie solamente o dall,introduziote di un governo, Locke mise l,accenne in essa di qualità prima non conto sull'incentivo dei, vantaggi.6hg.[65- , ,'siderate -,corne:aveva-http{brìtha m scopi, ma anche quella di sacrificare gli interessi immediati a favore di ne, occorre perciò prendere in esame ve specifica. Per Bentham (A Tabte of the Springsof Action,lSlT; Drrlntology or the Scrence of Moratity, 2 voll., 1834, pubblicato postumo), le l'uso della forza e punisca $i eventua_ li trasgressori. Anziché sulla necessi- sociazione, il contratto sociale, recano a ciascuno, imputando così all,uomo non solo - come Hobbes - la capacità di perseguire razionalmente i suoi determinata. Per spiegare un'azio- con la "fuga dalla sofferenza» - o da uno studio più approfondito dei ri- sultati derivanti dalla combinazione inconsapevole di innumeri azioni individuali, come avevano tentato di fare Smith e Ricardo. ln ambedue i casi, l'azione umana appariva iposta- ' il lato istituzionale dell'A. sociale, osservando che ogni soggetto si troI si defrnisce "azione sociale" la sequenza di atti che un so$tto compie per trasformare uno stato di cose in un altro più gradito. (Emilio Busi e Luigi Asioli, "La cacciata dei tedeschi da Genova per il moto del Balilla", Museo Civico, Pistoia, 1842) tizzala, incapace di trasformarsi, di mutare con i tempi; si escludeva anzi formalmente che ciò potesse avvenire. Saranno Saint-Simon. e nello stesso spiritio Marx, che pure prefe- rivano al termine "azione" quello più generico e comprensivo di pratica o prassl, a storicizzare in via definitiva la teoria dell'azione - che in questi autori diventa veramente sociale, cioè mossa da un progetto in vista di altri soggetti - collocando l'azio- ne stessa nel contesto dello sviluppo storico delle società. ll significato che I'agente attribuisce all'azione, le sue preferenze per I'impiego di determinati mezzi, la scelta dello scopo, sono tutti elementi storicarnente condizionati, che mutano quindi da un'epoca all'altra, in essi riflettendosi la struttura dei principali rapporti economici e politici esistenti a un dato stadio di sviluppo di una società va vincolato nel suo agire da atti, norrne (v.), rappresentazioni collettive che preesistono a lui e lo confrontano con la loro.oggettività di fatto, "co- me fossero cose" (v. FATro soclALE). ll potere normativo e costrittivo dell'am- biente sociale si manifesta sia nella inefficacia delle azioni che non sono a esso adeguate, sia nelle sanzioni che colpiscono le azioni che violano le nor- me in vigore. ll Pareto, che esordì come economista, ha dedicato larga parte del suo fraffato di sociologia ge' nerale 0916) all'analisi delle azioni «non logiche»' si dà «il nc "logiche, e me di "azioni logiche" alle azioni che uniscono logicamente le azioni al fine, non solo rispetto al soggetto che compie le azioni, ma anche rispetto a coloro che hanno cognizioni più estese t...1. Le altre azioni saranno dette "non-logiche", il che non vuol punto significare illogiche" ffrattato, § 150). Sinteticamente, sono logiche quelle azioni in cui il fine oggettivo è identico a quello soggettivo; nonlogiche, quelle in cui il primo differisce dal secondo. Tra le azioni logiche, sono owiamente da includere in grandissima parte le azioni studiate dalla ec+ nomia politica, ma anche molte "ope- 276 . RELATIVISMo CULTURALE RELAzIoNE SoCIALE !zI poranea, sin dall'inizio del XX secolo. lnfatti la sociologia comprendente (v.) come la sociologia fenomenologica (v.), il funzional ismo (v.) parsonsiano come l' i nterazion i smo si m bolico (v.), e più di recente la etnometod ol ogi a (v. ), ra ppresenta no tutte direttrici di ricerca attivate dall'intenzione di comprendere per così dire dall'interno quali sono i mo- tivi, i riferimenti di scopo e di valore, le categorie cognitive, affettive e morali, socialmente strutturati, che orientano e codetermina no I' azione sociale (v.) di ogni tipo di soggetto. c) Come raccomandazione morale, il R. culturale equivale alltinvito di guardarsi dall' etnoce ntri srno, cioè dall'inclinazione a considerare intrinsecamente superiore la propria società e cultura. Nel periodo tra le due guerre mondiali, tale invito aveva un destinatario preciso e giustificato in quegli antropologi, di norma anglosassoni ma anche francesi e tedeschi, che erano scesi o tuttora scendevano nelle colonie dell'Africa e dell'Asia sudorientale per studiarvi i primitivi. Oggi lo stesso invito - salvo intenderlo come un comandamento biblico: "ama il prossimo tuo come te stesso» - è presSoché privo di senso ove non sia specificato e tradotto in una serle di distinzioni. È intatti probabile, per es., che la maggior parte dei nigeriani trovino essi stessi superiori ai loro la rete stradale coincide con il modo di essere e di agire di un soggetto in rapporto grandi eventi dell'esistenza, la struttura della famiglia e le feste, Ie maniere di stare a tavola e le tecniche per preparare i cibi comuni, siano a un altro soggetfo. (Alfred Edward Emslie, "Cena a Haddo House", National Portnit Gailery, Londra, 1884) in qualche modo «5rrpspieri" ai tratti corrispondenti nelle tribù nigeriane - e nemmeno forse si sentirebbero di affermare il contrario. ln ciò è nuovamente implicita la distinzione tra Ia civiltà, che ammette una graduazione di staditra società diverse, e Ie altre vastissime ed essenziali parti della cultura, che una simile graduazione non ammettono. BrsLloeRnrrn. R. Berurolcr, Modelli di cuttura (Bo- ston 1934), Mitano 1960. L. WHtrE, La scienza della cultura (New York 1949), Fienze 1970. H. ScHoEK e J. V/|GG|NS (a cura di), Relativism and the Study of Man, Princeton 1961. N. ABBAGNANo, ll relativismo cutturale, in "Quaderni di Sociologia", Xl K. DtKSoN, ls Cultural Retativism Self-Refuting?, in "3;1115 Journal of Sociolqgy,, XXVlll (1), 1977. E. GELLNER, Relativism and the Soclal Sciences, Cambridge 1986. 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(A.)Modo di essere e di agire di un soggetto in riferimento generico o specifico a un determinato altro; contatto, legame, connessione tra due o più soggetti, individuali o collettivi, tale che essendo noto uno stato o un comportamento di uno dei soggetti è possibile inferirne approssimativamente lo stato o il com- portamento corrispondenti del I'al- tro. La R. sociale si distingue dal rapporto sociale (v.), a onta dello scambio che nella nostra lingua e nella francese viene spesso compiu- to fra i due termini, per diversi aspetti: perché implica sempre nei plica o lapresenza o la vicinanza sensibile o l'immagine propria del soggetto con cui si è in R. B. ll processo di precisazione e approfondimento del concetto di R. sociale si è intrecciato fin dalle origini con il tentativo di delimitare, rispetto alle altre scienze che studiano I'uomo e la società, un oggetto specifico della scienza sociologica. Una delle prime formulazioni che individuano tale oggetto nelle R. sociali si trova nella «psicologia intermentale" di Gabriel Tarde (1895). Secondo Tarde, mentre la psicologia studia le R. esistenti entro la men- te tra credenze, desideri, bisogni, princìpi morali, la sociologia studia le R. tra le menti che consentono soggetti, a ditterenza di quello, la coscienza del nesso èhe esiste tra di trasmettere gli stessi fenomeni da loro; perché si riferisce prevalentemente a persone o a piccoli gruppi, owero a stati mentali, atteggia- tro. Riprendendo varie idee già ela- menti, comportamenti interpersonali, anche nei casi in cui una persona si trova in una data R. sociale non come singolo bensì come mem- la sua triade di tesi, antitesi e sintesi, Tarde riduce a tre i tipi principali di R.: imitazione (o ripetizione), una persona o da un gruppo all'alborate dall'idealismo inglese e tedesco, in particolare dall'hegelismo con opposizione e adattamento (v.\.