Il lavoro sulla Iniziazione Cristiana
entra nel vivo
Dopo il bimestre di formazione che aveva lo scopo di formare tutti insieme gli operatori pastorali della diocesi introducendoli alla comprensione della iniziazione alla vita cristiana alla luce della parola di Dio e della “tradizione” della chiesa, ora il lavoro entra nel vivo concordato dai Vicari Zonali e con il contributo degli uffici pastorali diocesani.
Ecco in sintesi il cammino dei prossimi mesi.
L’OBIETTIVO
A fine giugno ci si propone che il lavoro sulla iniziazione produca il seguente frutto:
che le comunità e in particolare gli operatori pastorali abbiano acquisito chiarezza su quali sono gli elementi essenziali della iniziazione alla vita cristiana e le figure che vi sono coinvolte.
LE TAPPE
A LIVELLO DIOCESANO
nel mese di febbraio si terrà un incontro diocesano di approfondimento basato sulla testimonianza di come avviene l’iniziazione cristiana nelle chiese in cui è presente la nostra diocesi in Africa ed America Latina e che presentano situazioni che – per diversi
aspetti – ritroviamo ance nella nostra realtà. Il valore dell’incontro è anche nella testimonianza che quelle Chiese rendono alla nostra.
A LIVELLO ZONALE
da febbraio ad aprile si propone di lavorare a livello zonale nel seguente modo:
il primo momento è costituito da un’assemblea del clero al fine di rileggere le esperienze in atto ed individuare alcuni punti fermi.
il secondo momento coinvolge i catechisti dell’iniziazione cristiana (e non solo) per approfondire e raccogliere dati a partire dall’esperienza.
Sarà fondamentale un terzo momento di sintesi in cui gli operatori pastorali approfondiranno alcuni elementi emersi dai lavori precedenti e su cui sarà necessario lavorare
in seguito.
A LIVELLO DI PARROCCHIA
Saranno occasione di approfondimento gli incontri che comunemente sono organizzati
con i genitori dei ragazzi in fase che completano l’iniziazione cristiana.
RIPRESA A LIVELLO DIOCESANO
Convegno di giugno
La terza sera del convegno annuale diocesano di giugno potranno essere presentati alcuni dati raccolti che costituiranno la base per l’ulteriore approfondimento.
3
CURIA ARCIVESCOVILE DI LUCCA
Ufficio per il Culto Divino
Via Arcivescovato 45, 55100 Lucca
Ai Vicari Zonali
Ai Parroci
Lucca, 11. 11. 2009
Oggetto: Corso di formazione dei Ministri Ausiliari della Comunione.
L’Ufficio per il Culto Divino offre la sua collaborazione nella organizzazione dei corsi di formazione per laici
e religiose che sono chiamati per la prima volta a svolgere il Ministero Ausiliario della Comunione.
Le Zone o le Sottozone che, per la scarsa consistenza numerica dei partecipanti, non ritenessero conveniente
provvedere da sole alla formazione al Ministero Ausiliario, possono rivolgersi all’Ufficio, che provvederà a convocare i candidati nel luogo più opportuno.
Si chiede, pertanto, di fare pervenire le richieste all’Ufficio entro il 31 dicembre 2009.
Per evitare complicazioni organizzative, non saranno accolte persone che si presenteranno al primo incontro del corso senza essersi iscritte nei tempi previsti.
È opportuno che il servizio nasca nell’ambito di una programmazione parrocchiale di attività pastorale verso
gli infermi, vecchi o giovani che siano (si pensi a coloro che vivono periodi di grave malattia, ai malati in stadio
terminale ecc.), evitando che qualcuno si autoproponga, nella erronea convinzione che il conferimento del Ministero aggiunga qualche cosa alla sua identità umana e cristiana. Talvolta accade, purtroppo, che il parroco sia
messo di fronte al fatto compiuto: partecipazione al corso senza la sua richiesta, scelta del ministero per motivi
spirituali personali o maturata fuori dal contesto pastorale parrocchiale, al quale esclusivamente il ministero è legato.
Da non pochi colloqui avuti con i candidati emerge frequentemente che la richiesta del ministero nasce dal
desiderio di seguire pastoralmente gli infermi. Il ministro straordinario è soltanto colui che prolunga nella casa
dell’infermo il Rito di Comunione della S. Messa; il rapporto con l’infermo esige, poi, che egli conosca anche la
realtà dell’infermo e che sappia illuminare la sua sofferenza e la prospettiva della morte secondo la sapienza evangelica. Si deve dire con chiarezza, quindi, che chi vuole fare compagnia agli infermi, accompagnarli nella preghiera, offrire assistenza materiale e psicologica non ha bisogno del ministero straordinario della Comunione.
Si consideri che il servizio deve essere rivolto soltanto a coloro che sono veramente impossibilitati a recarsi in chiesa. Non di rado accade la S. Comunione sia portata ad anziani che si recano all’ufficio postale a riscuotere la pensione, fanno la passeggiatina pomeridiana al bar, accettano inviti a pranzi e cene. Oggigiorno le
chiese sono riscaldate, ed esistono le sedie a rotelle e le automobili! In mancanza di gravi impedimenti, ricevere
la S. Comunione a domicilio per comodità fa scadere il tutto a devozione individualistica e intimistica, e distorce il significato dell’Eucaristia.
Riguardo alle religiose, il servizio di distribuzione della S. Comunione che esse svolgono per gli infermi
della comunità parrocchiale deve essere concesso dall’Ordinario. La condizione di religiose non le rende automaticamente ministre ordinarie della S. Comunione.
Premesso che il corso debba tenere conto della formazione pregressa dei partecipanti, l’Ufficio per il Culto
Divino propone i seguenti temi che saranno trattati con le sottolineature ritenute più opportune: Eucaristia, parrocchia (comunione, servizio, testimonianza), ministri nella Chiesa, sofferenza e la morte (esperienze umane da
ri-evangelizzare), pastorale degli infermi, spiritualità eucaristica, Rito della Comunione in casa dell’infermo.
4
Infine, ricordo che in caso di particolare concorso di popolo (quindi, non sette o otto decine di fedeli) può
essere incaricato della distribuzione della S. Comunione un laico di volta in volta con la formula “Ti benedica +
il Signore, perché tu sia degno di dare l’Eucaristia ai tuoi fratelli”. Si leggano al riguardo le disposizioni della CEI
riportate sul Benedizionale alle pagine 821-825 e 828.
Prima del corso di formazione sarà fatta richiesta all’Ordinario Diocesano, adducendo le motivazioni e presentando i candidati, e sarà informato l’Ufficio per il Culto Divino. Si prega di usare i facsimile allegati.
Per chiarimenti e ulteriori informazioni resto a vostra disposizione.
diac. Raffaello Giusti
Facsimile della domanda, che deve essere scritta di proprio pugno e firmata in modo leggibile dal candidato e alla quale deve essere allegato il certificato di Battesimo o l’autocertificazione riportata sotto.
A Sua Ecc. Rev. ma
Mons. Arcivescovo
Lucca
Io sottoscritto/a (per le donne, il cognome da nubile) nato/a a (scrivere il comune) residente nella parrocchia di (nome della parrocchia), chiede liberamente e consapevolmente di servire la propria comunità parrocchiale (se la comunità parrocchiale fosse diversa da quella di residenza, indicare quale), mediante il Ministero Ausiliario della Comunione, per quanto riguarda la pastorale degli infermi, aiutando il Parroco in questo servizio.
Mi impegno a svolgere il detto Ministero in piena comunione con il Parroco e seguendo le
disposizioni date dall’Arcivescovo per quanto attiene le modalità e la durata del servizio.
Con l’aiuto del Signore mi impegno, altresì, a conformare la mia vita al Ministero che mi sarà affidato.
(data)
(Firma)
(controfirma del parroco)
Facsimile di autocertificazione.
A Sua Ecc. Rev. ma
Mons. Arcivescovo
Lucca
Il/La sottoscritto/a (nome e cognome; per le donne, il cognome da nubile) dichiara sotto la propria responsabilità di essere battezzato/a e cresimato/a nella Chiesa cattolica. Dichiara, inoltre,
die essere unito/a sacramentalmente in matrimonio e di non essere irretito/a da alcuna censura
ecclesiastica.
(data)
In fede
5
SCHEDA PERSONALE
(Riempire in stampatello e completamente)
Cognome
Nome
Parrocchia
Data di nascita
Stato Civile
Professione
Indirizzo (Via, CAP, località)
Telefono
Attività pastole/i svolta/e
Corsi di formazione
teologico-pastorali
Istituto religioso/secolare
6
Causa di Canonizzazione
“Mons. Enrico Bartoletti”
viCepostulazione
Curia arcivescovile
In occasione della prossima solennità del S. Natale, riportiamo una omelia del vescovo Enrico
Bartoletti, tenuta nella Messa della notte del Natale 1969 nella Cattedrale di S. Martino in
Lucca. Il testo, ripreso dalla registrazione, ci offre la profondità spirituale del vescovo Enrico,
oltre a ravvivare, specialmente in quanti lo hanno conosciuto, il ricordo e l’affetto per la sua
persona e per l’opera pastorale svolta nella nostra Chiesa di Lucca e nella Chiesa in Italia.
Dio è presente e ci ama
Riuniti nella letizia di questa santissima notte, pur portando ciascuno il peso della nostra miseria e della miseria degli altri, abbiamo avuto ancora la sorte di sentire proclamare
l’evangelo, la buona novella, l’evangelo di gioia e di letizia, di salvezza e di speranza, per tutti gli uomini.
La narrazione evangelica, infatti, ha fatto risuonare anche qui in mezzo a noi, in questa nostra assemblea di Chiesa, le parole dell’angelo: «Non temete, vi annuncio una grande
gioia, che sarà di tutto il popolo: ecco vi è nato un Salvatore, Cristo Gesù Signore, nella città di Davide» (cfr. Lc 2,10). E questo annunzio, che il Vangelo ci ha fatto e che racchiude in
sé tutto il mistero dell’amore di Dio per gli uomini, è veramente attuato e reso presente in
mezzo a noi, in questa nostra riunione, così come in tutta la Chiesa che stanotte vive il mistero della nascita del Signore Gesù.
Certo se noi ci guardiamo d’attorno, se noi cerchiamo di esaminare il modo con cui il
mondo intero vede e guarda il Natale e lo celebra, noi possiamo restare sconcertati. E ciò che
ancora più dovrebbe turbare la nostra coscienza è che noi cristiani, noi credenti, noi forse che
qui siamo radunati nella celebrazione liturgica del santo Natale partecipiamo noi pure di
questa mentalità.
Per molti il Natale non è che una alienazione, una regressione all’infanzia, per dimenticare la realtà del tempo maturo e sofferto nel quale viviamo. Per molti il Natale è soltanto
un momento di gioia, talvolta sfrenata, ancora alienante dai pensieri e dalle sollecitudini che
si aggravano e si accalcano sulla nostra vita. Per altri ancora il Natale è un giorno di fratellanza e di pace, un giorno nel quale si gusta l’intimità della gioia familiare, un giorno nel
quale si pensa, una volta tanto, anche ai poveri che ci stanno vicino. Ed anche quest’ultimo
atteggiamento nella celebrazione del Natale, se è come è, migliore degli altri, tuttavia non
assolve al compito di noi cristiani, non riassume in sé, non consuma il valore e il significato
del Natale, celebrazione cristiana del mistero della incarnazione del Verbo di Dio.
Che dobbiamo fare allora noi cristiani, noi che ci siamo radunati qui in Chiesa del Signore, per celebrare ancora una volta il mistero della santa notte, per unirci ancora una volta al canto degli angeli e per riudirne l’eco nel nostro cuore? Che dobbiamo fare, perché la
7
celebrazione del Natale sia veramente incisiva nella nostra vita di oggi e di sempre, perché
essa dia davvero una solida speranza alla nostra esistenza, perché essa crei in noi l’uomo
nuovo che nasce in Cristo Gesù?
Il primo fondamentale impegno a cui la parola di Dio, contestandoci ci chiama, è avvertire con l’occhio della fede il mistero che si è compiuto e si compie attuandosi in mezzo a noi.
Il mistero di Dio è che egli ci ha amati, ed ama l’uomo fino a raggiungerlo a livello della sua
povertà e della sua miseria. Il mistero del Natale significa soprattutto questo: che l’amore di
Dio è fedele e si volge non alle cose che pure ha creato, non agli avvenimenti che talvolta sono
nella storia il momento più importante che tocca l’attenzione degli uomini, ma l’amore di Dio
si spinge a me, a te, ad ogni uomo, a tutti gli uomini, a tutti gli uomini che sono da lui creati,
che sono da lui chiamati ad una comunione di vita, che è grazia e forza interiore, a tutti gli
uomini che pur sono stati feriti dal peccato e perciò lontani da lui. A questo uomo, infinitamente lontano dal Dio ineffabile e infinito, egli si piega e si fa bambino.
È questo il mistero dell’amore di Dio, storicamente concretizzato e visibile, è qui che
l’amore di Dio per noi si consuma in una pienezza assoluta, è qui che egli dà a noi tutti,
qualunque sia il momento che viviamo, qualunque sia l’avventura o la congiuntura della storia, dà a noi tutti, nella fede, la certezza che Dio ci ama, ci ama tutti, e ci ama fino a farsi
lui, trascendente e invisibile, immanente alla vita e alla nostra storia, visibile sotto la realtà
di un bimbo che ha assunto tutto il pianto, tutto il vagito dell’universo, per dare a noi l’esultanza infinita della sua gioia intramontabile.
Ma quando noi cristiani avessimo scoperto nel Natale la realtà compiuta di questo mistero non avremmo ancora fino in fondo percepito il significato
e l’attualità che esso ha nella nostra vita. Poiché Dio che ci
ama non si è fatto soltanto in un momento della storia bambino per noi, non è entrato una volta soltanto e
in modo fugace nella nostra vita. Egli è rimasto, poiché,
come affermava oggi S. Paolo, ecco si è manifestata la
grazia, l’amore di Dio per gli uomini, ed ecco che egli, il
Cristo, il Signore è presente e verrà. Il mistero della natività perciò non ci riporta soltanto ad un ricordo del passato,
non ci fa volgere lo sguardo soltanto a un momento del
tempo e della storia lontana, non ci fa guardare come
una bella favola, che può essere il mito di un tempo e di
una età ormai trascorsa e felice, ma il mistero del
Natale torna a ripeterci che Dio fattosi uomo per
noi, dopo la sua risurrezione, è presente tra
noi. Egli è presente nella sua comunità, nella sua Chiesa che siamo noi, egli è presente nella realtà dei suoi Sacramenti, soprattutto nell’Eucaristia, che
fa la Chiesa e che fa di noi,
comunità in cammino nel mondo per
8
testimoniarlo e continuarlo nella sua opera di salvezza. Egli è presente nel cuore stesso del
mondo, come un chicco di grano è gettato per terra ed è destinato a fecondarla e a farla esplodere in novità assoluta che avverrà soltanto per l’ultimo suo ritorno, quando finalmente
vi saranno cieli nuovi e terre nuove.
Perciò scoprire il significato del Natale non significa soltanto scoprire per noi stessi che
Dio ci ama, ma più ancora che egli è presente fra noi, e guardando il fratello che ho accanto
debbo scoprire in lui il volto del Signore e pensando agli uomini lontani o vicini, peccatori o
innocenti, debbo saper vedere in essi il volto di Cristo e manifestare ad essi l’amore di Dio,
che in Cristo Gesù, giunge fino a noi. E’ chiaro allora che il Natale riscoperto in questo suo
autentico e vero significato cristiano, c’interpella, ci contesta, ci chiama. C’interpella e ci contesta nel nostro modo di amare.
Noi diciamo di amare, ma amiamo non donando, ma piuttosto chiedendo agli altri; noi
amiamo, ma qualche volta nella nostra vita non è tutta la nostra esistenza impegnata nell’amore di Dio, che diventa immediatamente e necessariamente amore del prossimo. Noi
amiamo, ma in un modo particolaristico; noi amiamo, ma in un modo puramente individualistico, che diventa perciò egoistico, il contrario dell’amore. Ed è questo nostro amore che Dio
e Gesù contesta, e c’interpella a un amore che sia il suo amore, che si volga perciò ai nostri
fratelli, che cerchi i poveri, e li abbiamo vicini, che cerchi tutti coloro nei quali è necessario
scoprire il volto di Dio, che ci faccia veramente partecipi, vivi e continui, corresponsabili e autentici di una comunità che sempre più larga ed aperta deve tendere giorno per giorno nella
storia a far si che i figli di Dio che erano dispersi siano finalmente raccolti: non intorno alle
grandi potenze, non intorno ai grandi ideali degli uomini, ma attorno a una povera capanna,
attorno a un bimbo che giace sul fieno, attorno a un Dio che si è fatto uomo e si è messo in
cammino con noi.
Se dunque siamo venuti alla celebrazione del Natale, questa notte, portando nella nostra anima le nostre miserie, le nostre debolezze, i nostri peccati, siamo interpellati da Gesù
che troviamo qui nel mistero della sua natività. Se dunque siamo venuti a celebrare il Natale per cercare letizia e gioia alla nostra vita, l’abbiamo, ma non quella del mondo, abbiamo
la gioia e la letizia che nasce dalla certezza che Dio ci ama ed è con noi. Se dunque siamo
venuti a celebrare il Natale non per una consuetudine annuale, ma per un richiamo e un appello che viene dalla parola di Dio, siamo venuti per convertirci all’amore, alla dedizione, alla povertà del Figlio di Dio che, pur essendo ricco si fece povero per arricchire noi e portarci
alla comunione perfetta e autentica attraverso di lui nello Spirito Santo col Padre che ci ama
e ci attende per farci partecipi della gloria del Figlio.
È in questa linea, al tempo stesso di fede e di pratica cristiana, che noi ora, nella celebrazione eucaristica, siamo come a Betlemme interpellati e chiamati e ne riportiamo nel
cuore la gioia e l’esultanza che non passa, ma più ancora l’impegno di una autentica vita cristiana che si manifesti nell’amore di Dio, vissuta nel concreto, vivo, umile, sofferto, quotidiano amore del prossimo vicino e lontano, là dove Dio si è nascosto, là dove Dio ha trovato e
ha posto la sua dimora.
La gioia di questa notte natalizia ripeta nel nostro animo l’eco della voce degli angeli:
«gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà».
9
43ª GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2010)
“Se vuoi coltivare la pace,
custodisci il creato”
PRESENTAZIONE DEL TEMA
Il prossimo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio
2010, sarà dedicato al seguente tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. Il tema intende sollecitare una presa di coscienza dello stretto legame che esiste nel nostro mondo globalizzato e interconnesso tra salvaguardia del creato e coltivazione del bene della pace. Tale stretto e intimo legame è, infatti, sempre più messo in discussione dai numerosi problemi che riguardano l’ambiente naturale dell’uomo, come l’uso delle risorse, i cambiamenti climatici, l’applicazione e l’uso della biotecnologie, la crescita demografica. Se la famiglia umana non saprà
far fronte a queste nuove sfide con un rinnovato senso della giustizia ed equità sociali e della solidarietà internazionale, si corre il rischio di seminare violenza tra i popoli e tra le generazioni presenti e quelle future.
Seguendo le preziose indicazioni contenute ai numeri
48-51 della Lettera Enciclica Caritas in veritate, messaggio
papale sottolineerà l’urgenza che la tutela dell’ambiente deve
costituire una sfida per l’umanità intera: si tratta del dovere,
comune e universale, di rispettare un bene collettivo, destinato a tutti, impedendo che si possa fare impunemente uso delle diverse categorie di esseri come si vuole. È una responsabilità che deve maturare in base alla globalità della presente
crisi ecologica e alla conseguente necessità di affrontarla globalmente, in quanto tutti gli esseri dipendono gli uni dagli altri nell’ordine universale stabilito dal Creatore.
Se si intende coltivare il bene della pace, si deve favorire, infatti, una rinnovata consapevolezza dell’interdipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti della terra. Tale consapevolezza concorrerà ad eliminare diverse cause di disastri
ecologici e garantirà una tempestiva capacità di risposta
quando tali disastri colpiscono popoli e territori. a questione ecologica non deve essere affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila: essa deve tradursi, soprattutto, in una forte motivazione per coltivare la pace.
La nota sottolinea che nel nostro tempo questo legame viene messo in discussione sia con
l’incuria verso “l’ambiente naturale dell’uomo”, “l’uso delle risorse”, “i cambiamenti climatici”,
sia con politiche di manipolazione genetica (“biotecnologie”) e con programmi antinatalità che
cercano di decurtare la “crescita demografica”.
Il comunicato avverte che “se la famiglia umana non saprà far fronte a queste nuove sfide
con un rinnovato senso della giustizia ed equità sociali e della solidarietà internazionale, si corre il rischio di seminare violenza tra i popoli e tra le generazioni presenti e quelle future”.
N.B. Si invitano le Comunità Parrocchiali a valorizzare la Messa pomeridiana
del 1° Gennaio 2010 con intenzioni per la Pace e a invitare i cristiani a partecipare alla Marcia per dare testimonianza pubblica come costruttori di Pace.
10