Il poeta delle betulle. Il paesaggio nell`arte di Gigi Comolli

Il poeta delle betulle. Il paesaggio nell'arte di Gigi Comolli
di Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola
"Quando dipingo non sopporto altro tetto all’infuori del cielo"! Così raccontava il
pittore Gigi Comolli, illustrando la sua vocazione al lavoro en plein air. L'artista
nacque a Milano il 19 Giugno 1893, in via Lupetta, a due passi dal Duomo, da una
famiglia borghese. Il padre Ernesto era commerciante di spezie coloniali. La madre,
Giuseppina Perelli Paradisi, proprietaria di una drogheria in via Torino. Uno zio,
pittore, lo indirizzò all'arte. L'altro zio, il senatore e medico Luigi Mangiagalli,
fondatore dell'omonima "fabbrica dei bambini" di Milano, lo invitò spesso nella villa
di Premeno. Con lui iI giovane Comolli visitò Parigi dove osservò i quadri degli
impressionisti. Fin dall'infanzia aveva sopreso la famiglia per la sua attitudine al
disegno. Fu per merito di Vittore Grubicy de Dragon, cui il padre mostrò i primi
schizzi, che il giovane Comolli su mise sulla strada della pittura. Dall'Accademia di
Brera fuggì dopo due anni. Non gli interessava copiare un gesso o ritrarre modelle
dal vero. "Mi mettevano lì per ore e ore, un giorno dopo l'altro a copiare un busto,
cioè qualcosa che era già morto in partenza". Le uniche lezioni apprezzate erano
quelle dedicate alla natura morta.
"Un giorno mi stufai a piantai lì tutto. Dove andai? Andai fuori all'aria aperta, sotto il
cielo di Lombardia, in campagna e nei miei boschi a copiare dal vero, a ritrarre la
natura e proprio là dov'è più selvaggia e quindi più vera". Una dichiarazionemanifesto della sua decisione di dedicarsi all'osservazione del paesaggio. Durante la
prima guerra mondiale combattè valorosamente nel corpo degli Alpini, dal quale fu
congedato con il grado di Capitano. Nel 1920, scoprì il paesino di Oleggio Castello,
grazie al fratello medico, che si era sposato con una giovane del posto. Nel 1931 si
unì in matrimonio con Gina, sorella della cognata, da cui ebbe un figlio che chiamò
Gianantonio.
Ogni estate, per cinquant'anni, da Giugno a Ottobre, Oleggio Castello diventò il
rifugio della famiglia Comolli. Qui il pittore si trasformava in gentiluomo di
campagna. Andava a caccia e a pesca, navigava sul lago e frequentava il bar Centrale.
Diventò uno dei personaggi più conosciuti e stimati del paese, tanto che nel 1998 il
Comune gli dedicò la piazza principale. Ma, soprattutto, si dedicò con piacere alla
professione nel suo "atelier all'aperto": i boschi, le brughiere e i prediletti Lagoni di
Mercurago, che raggiungeva con la sua moto Guzzi 500. Il cavalletto, le tele e la
tavolozza erano stipate nel sidecar. Ricorda il figlio Gianantonio che "dei suoi Lagoni
sapeva tutto: i cambiamenti della luce, le sfumature dei colori, le variazioni del livello
dell'acqua. Nessun dettaglio, per quanto minimo, si sottraeva alla sua attenzione".
Tutte le primavere il Comolli si recava a Gignese, per la fioritura dei ciliegi, d'estate
sul Ticino, in autunno girava le brughiere di Oleggio. Durante l'inverno si trasferiva
di nuovo a Milano, dove lavorava nello studio di via Sant'Andrea 8, allietato dalle
note di Beethoven, il compositore che preferiva. Per nove anni fu presidente della
sezione artistica del Circolo Culturale della Patriottica. Il Comolli si cimentò anche
nel ritratto, soprattutto di figure femminili. Alla Patriottica organizzò mostre e corsi
e si occupò di questioni artistiche e di nuove tecniche. Commentando le
avanguardie, affermava: “Parlano di pittura come fosse una competizione.
Incomincino a dimostrare di saper dipingere. La mia ricerca ha un fondamento
nell’arte moderna; con una sola betulla esprimo tutta l’energia del mio pensiero,
della mia concezione dell’arte, dando un segnale di appartenenza per far pensare ad
un Corot, un Fontanesi o un Segantini, cui io faccio omaggio. Nessuno potrà mai
disconoscere questi grandi maestri”.
Pittore di cavalletto, il Comolli si inserì nella tradizione dei paesaggisti ottocenteschi.
Prediligeva l'ambiente lacustre, con le sue spiagge sottili, le forre umide, gli alberi
allungati alla ricerca della luce. La sua fu un'arte lirica, mai di maniera, in cui si
espresse con dolci variazioni cromatiche e chiaroscuri tonali, con pennellate
corpose, ma delicate. Artista tradizionale e conservatore, era amico di altri pittori:
Arioli Fioravante, Carlo Fornara, Alessio Isupoff e Oreste Albertini e Carlo Carrà.
Soprattutto era legato all'aronese Gianfilippo Usellini, con cui condivise la passione
per il paesaggio e per il Verbano. Erano molti i clienti illustri che acquistavano le sue
opere, come i Motta, gli Alemagna, i Dal Pozzo, i Sinigaglia. Un successo confermato
da numerosi premi e riconoscimenti. Comolli morì a Milano il 21 Maggio del 1976.
L'ultima esposizione personale, nel Settembre del 2011 ad Oleggio, è durata soltanto
tre giorni! Un vero peccato. Come racconta Giorgio Bacchetta, uno dei più
affezionati amici oleggesi del Comolli, nonché curatore della mostra, "pare
impossibile, ma ho scoperto la campagna del mio paese grazie ai quadri di Comolli".
Bibliografia: Raffaele De Grada e Grazia Francescato, Gigi Comolli. Vita e opere, Edito
dagli autori, 1992.