Untitled - Come alla Corte di Federico II

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
OVVERO
PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA
UN OMAGGIO ALLE POPOLAZIONI AMERINDIANE CHE,
LORO MALGRADO, HANNO CAMBIATO IL CORSO DELLA STORIA DELL'EUROPA
di Flavia Cuturi
RIFLESSIONI DI UN LINGUISTA SU QUEL CHE
L’OCCIDENTE DEVE ALLE POPOLAZIONI AMERINDIANE
di Maurizio Gnerre
9
11
QUANDO IL BRASILE VENNE A NAPOLI…
di Maria Luisa Cusati
13
GLI AMERINDI NELLA CONQUISTA DI NUOVI TERRITORI IN AMERICA
di René Georges Maury
15
L’INCONTRO CON I “FRATELLI MAGGIORI” DELLA SIERRA NEVADA DE SANTA MARTA
di Antonino Colajanni
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Un omaggio alle popolazioni che hanno cambiato la storia dell'Europa
Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo
www.comeallacorte.unina.it
Flavia Cuturi è una cittadina romana con la caratteristica,
quasi rara nell’Urbe, di essere nata proprio a Roma. Fin da
giovanissima ha sentito una certa insofferenza per l'eurocentrismo e italo-centrismo che in ogni dove incombe e si
respira. Si chiese quindi come poter studiare archeologia ed
etnologia dei popoli amerindiani, i più negletti dal nostro
discorso comune e corrente e, che specie più di trent’anni fa,
erano davvero ignorati e presenti, se mai, solo in
tragicomiche immagini di film western! Studiò dunque
etnologia all’Università di Roma “La Sapienza”. Fin dal
secondo anno di università venne inclusa nella “Missione
Etnologica Italiana in Messico” fra gli huave/ikoots dello stato
di Oaxaca. E da allora ha continuato a frequentare quel
paese e quella popolazione fino ad oggi.
Nella stessa Università si laureò e poi ottenne anche il titolo
di “Dottore” in antropologia. Vinse un concorso di ricercatore nella lontana Torino dove, durante anni in
un ambiente internazionale e stimolante, ebbe modo di ampliare le proprie conoscenze nei confronti delle
popolazioni dell'Africa e dell'Oceania. Passó periodi di ricerca e di studio negli Stati Uniti viaggiando
soprattutto nei territori delle riserve indiane dell'Arizona, Nuovo Messico, Colorado e Utah. Divenuta
professoressa associata, raggiunse nel 2001 l’Università degli Studi di Napoli “l’Orientale”.
Ha viaggiato attraverso l’America Latina, in special modo percorrendo le regioni andine e quelle
amazzoniche delle ex-missioni gesuitiche della Bolivia orientale. Ha lavorato come consulente
dell’International Fund for Agricultural Developement (IFAD-ONU) presso le popolazioni indigene del
Darién (Panama) e afrodiscendenti della Colombia e del Brasile.
Amante della fotografia e curiosa esploratrice dei sapori delle cucine degli "Altri", ha unito queste due
passioni realizzando un libro bilingue sui cibi preparati dalle donne huave (Nüeteran ikoots naw San
Mateo del Mar. Ngineay majaraw arangüch nüeteran / Comida ikoots de San Mateo del Mar.
Conocimientos y preparación, 2009), e fondando insieme ad Arturo Martone il Centro studi cibo e
alimentazione, presso il proprio Ateneo. Fra i suoi numerosi scritti ricordiamo: I fratelli inseparabili
(1988), Le parole e i fatti, per un’antropologia semantica della parentela huave (1990), Juan Olivares, un
pescatore scrittore del Messico indigeno (2003) e, a sua cura, In nome di Dio. L’impresa missionaria di
fronte all'alterità (2004).
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
UN OMAGGIO ALLE POPOLAZIONI
AMERINDIANE CHE, LORO
MALGRADO, HANNO CAMBIATO
IL CORSO DELLA STORIA DELL'EUROPA
contagiosa all'accaparramento di terre altrui da
sfruttare.
Le
hanno
rappresentato
un’"opportunità" di crescita e diversificazione
demografica
Flavia Cuturi
colonie
forse
impossibili
nell’Europa
di
allora. Il tracollo demografico degli amerindi, e
Professore di Antropologia culturale
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
in molti casi l’estinzione (fino a un migliaio di
popolazioni),
da
un
lato,
e
il
crescente
sfruttamento delle risorse minerarie e agricole
delle loro terre, dall’altro, sono stati all’origine
della tratta degli schiavi africani. Il meticciato
La scoperta e la conquista dell'America
sono eventi che hanno condizionato i destini del
continente europeo esponendo le popolazioni
amerindiane a drammatiche conseguenze. La
storia delle Americhe è stata sottoposta a un
tragico processo di discontinuità marcato da
atrocità inflitte a uomini e donne, da stermini
volontari,
perpetrati
dalle
armi
europee,
e
inconsapevoli, effetto delle malattie portate dai
nuovi
arrivati,
dai
sistematici
tentativi
di
distruzione dei molteplici universi sociali, politici
nelle Americhe, frutto di unioni, consenzienti o
violente, con le donne amerindiane e africane,
ha
innescato
perniciose
ideologie
sull’ordine
gerarchico dell’umanità. Per giustificare l’azione
coloniale,
l'evangelizzazione
cristiana
con
la
forza dello zelo universalista, ha attraversato
l’Atlantico, facendo della Chiesa cattolica una
potenza ecumenica, garante e complice (talvolta
pentita), della politica d’espansione delle corone
iberiche. In tempi più recenti tale zelo è stato
incarnato dalle chiese protestanti.
e simbolico-religiosi che reggevano le vite e le
Ma l'esistenza, viva e attuale, di tante
coesioni dei popoli “conquistati”. L'introduzione
società indigene che, dopo secoli, resistono
nelle Americhe
all’annientamento, anche quando confinate in
di
animali
sconosciuti
come
bovini, ovini, caprini, suini, ecc. ha innescato
riserve,
cambiamenti irreversibili nella flora e nella fauna
propria coscienza identitaria, contraddice chi
di sconfinate regioni. Immense ricchezze sono
sostiene che gli amerindiani di oggi siano stati
confluite in Europa e in parte dissipate in guerre
plasmati e piegati dalla colonizzazione europea.
tra gli stati emergenti. Nuovi cibi hanno salvato
Il nostro debito “positivo” nei confronti degli
dalla fame i poveri, e hanno deliziato i palati dei
amerindiani è variegato e misconosciuto. Tutti
nobili europei. La colonizzazione ha dato il via
sanno che molti dei cibi consumati giornalmente
alla
(pomodori,
sperimentazione
di
nuove
forme
negoziando
peperoni
soluzioni
e
dettate
peperoncini,
dalla
fagioli,
urbanistiche e assetti politici e sociali, tanto nelle
zucche,
colonie, quanto nella madre-patria, in particolare
avogado, vaniglia e cioccolata ecc.) provengono
in Spagna. Le espansioni coloniali hanno riscritto
dal continente americano. Non tutti, invece,
fin
internazionali,
sono consapevoli che le peculiarità culturali e
coinvolgendo molti stati europei in una corsa
linguistiche delle popolazioni amerindiane hanno
dal
‘500
gli
equilibri
patate,
mais,
girasole,
arachidi,
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
operato, sia pur indirettamente, sulle nostre
dei principi dell'uguaglianza umana e al rispetto
coscienze e conoscenze: si è "messa in moto",
nei confronti delle minoranze, spingendo la
infatti,
sulla
riflessione giuridica a produrre trattati di diritto
diversità umana, non più vista come segno della
internazionale. Nel recente passato sono state
degradazione
stessa,
elaborate convenzioni internazionali, come la
rendendo sempre più marginale e improprio
169 della OIL, ratificate oramai da innumerevoli
l'uso della Bibbia come riferimento enciclopedico.
stati. Con tutto ciò le popolazioni native e
Storici come Pagden, Gliozzi, Dubois hanno
minoritarie,
sottolineato come la nascente comparazione
Americhe, continuano a essere esposte a ogni
empirica sia diventata strumento di indagine per
genere di soprusi, anche se oggi, esse, possono
lo studio delle lingue e delle culture umane
sempre avvalersi, per difendersi, proprio delle
proprio nel ‘500, aprendo in tal modo i primi
convenzioni internazionali firmate dai loro stati
timidi spazi al relativismo culturale. Missionari,
di appartenenza, che dovrebbero garantire loro
filosofi, e viaggiatori hanno elaborato teorie
l’autodeterminazione.
negative
l’osservazione
e
babelica,
positive
e
la
ma
sulla
riflessione
in
se
"natura"
degli
dovunque,
e
non
solo
delle
Ma è per difetto che dobbiamo guardare
amerindiani, usate per discettare sulla “natura”
a
umana. Era stato dunque avviato, sia pur con
riparatori
passi incerti, un lungo cammino che, a partire
scomparire, si sta invece rigenerando in nuove
dal riconoscimento della diversità umana ha
subdole forme di colonialismo, legate alla gola
portato alla nascita di studi sistematici su di
profonda dei "bisogni" del mondo industriale e
essa, come fanno da circa un secolo e mezzo.
finanziario, dei suoi dogmi consumistici, ormai
Tale riconoscimento ha portato all’affermazione
ecumenici.
questi
"progressi"
di
un
torto
di
ritorno,
che
tenui
spesso,
atti
anziché
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messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
RIFLESSIONI DI UN LINGUISTA
SU QUEL CHE L’OCCIDENTE DEVE
ALLE POPOLAZIONI AMERINDIANE
favella la più dolce del mondo, e mansueta, e
[parlata] sempre con sorriso”.
Solo
Maurizio Gnerre
Vespucci,
Professore di Antropologia delle lingue
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
alcuni
da
vero
anni
più
tardi
cosmografo,
Amerigo
giunse
alla
conclusione che le lingue parlate dagli indigeni di
quel continente, che non portava ancora il suo
nome, non rientravano affatto nel gruppo di
quelle che i dotti del suo tempo sapevano
elencare. Ma allora, che lingue erano? Da dove
provenivano i loro parlanti? Sarebbe dovuto
Cristoforo Colombo giunse all’isola di
Guanahani
poter
Acosta potesse formulare un’ipotesi sostenibile
avvalersi di due interpreti: Rodrigo de Jerez, che
sull’origine asiatica di quei popoli, ed ancora altri
aveva visitato l’Africa occidentale ed era pratico
due fino a quando un altro gesuita, Filippo
della lingua franca in uso lungo quelle coste, e
Salvatore Gilij arrivasse a capire che fra le
Luis
che
Antille ed la parte centro-settentrionale del
affermava di conoscere l’ebraico e qualcosa di
continente sudamericano era diffusa una grande
arabo. L’Ammiraglio dovette subito ammainare
famiglia di lingue a cui era appartenuta anche
ogni speranza di un’eventuale utilità dei suoi
quella “più dolce del mondo, e mansueta" che
interpreti: il muro comunicativo con quelle genti
aveva stupito l’Ammiraglio del Mar Oceano. Ma i
“novamente retrovate” poteva esser superato
parlanti di quella lingua, così come quelli di
non tramite parole ma, come scriveva anni dopo
centinaia di altre, non esistevano più: l’impatto
l’illustre domenicano Bartolomé de Las Casas
degli
tramite “las manos, que les servian de lengua”.
indigeni, si era rivelato per loro un abbraccio
Così, l’Ammiraglio del Mar Oceano sospettò
letale.
de
con
Torres,
l’incerta
un
speranza
ebreo
di
passare quasi un secolo perché il gesuita José de
convertito
subito che quella gente tanto mansueta e gentile
non parlasse affatto una delle settantasette
lingue che i “gufi dottissimi” di Salamanca gli
avevano
assicurato
esser
scaturite
dalla
“confusio linguarum” Babelica.
Lo stupore di Colombo di fronte ad una
europei,
accolti
gioiosamente
dagli
Nel frattempo, però, nell’arco di più di
due
secoli,
interessati,
molti
avevano
missionari,
operosi
“ridotto”
grammatica
a
e
molte di quelle lingue, per farne strumenti di
conversione.
Fu
così
amerindiane
furono
che
per
elaborate
molte
lingue
grammatiche
lingua la cui sola esistenza contraddiceva tutto
prima di tante altre lingue nazionali o regionali
quello
della
che
i
dotti
di
Spagna
affermavano,
vecchia
Europa.
All’inizio
dell’800
un
trapelava, guarnito anche da un apprezzamento
grande tedesco, Wilhelm von Humboldt, allora
estetico, dalle pagine del suo Diario di bordo.
giovane incaricato d’affari di Prussia a Roma,
Infatti, nel giorno di Natale dell’anno della
raccolse l’eredità intellettuale di Gilij e di un altro
scoperta, l'Ammiraglio scriveva: “hanno una
gesuita, Lorenzo Hervas y Panduro, e poté
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messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
mettere a frutto l’enorme raccolta di materiali
zione. Intanto, oltreoceano, un altro tedesco,
linguistici
Franz
realizzata
da
quest’ultimo
e
da
Boas,
portava
avanti
un
grande
missionari di altri ordini. Si rinvigorì allora la
programma
riflessione intellettuale che sfidava frontalmente
dal suo allievo Edward Sapir. Ma da qualche
tante categorie linguistiche elaborate nel corso
tempo
di
risorgendo, e oggi un piccolo nucleo di studiosi
due
millenni,
e
sedimentate
nella
“ars
grammatica”.
esplorativo-conoscitivo,
anche
in
Italia
affiancato
quell'interesse
sta
italiani, per lo più giovani, si riunisce ogni anno
Nel corso di quasi due secoli la quantità
e la qualità degli studi dedicati alle lingue
perché ciascuno possa presentare agli altri le
proprie ricerche.
(“sopravvissute”) di quei popoli “novamente
Oggi poco meno di un sesto delle oltre
retrovati” crebbe in misura irrefrenabile, visto
6000 lingue di cui abbiamo notizia sono lingue di
l’interesse teorico, ma anche pratico, che la loro
popoli amerindiani. Molte di queste, sempre di
analisi e conoscenza offriva agli studiosi delle
più sulla via dell’abbandono e dell’estinzione,
lingue umane e del linguaggio. Dopo Gilij, in
devono ancora essere conosciute e “esplorate”,
Italia l’interesse per quelle lingue, quasi in
già
parallelelo al loro destino di estinzione, andò
conoscitivi
scomparendo, a favore dello studio delle lingue
permettono di esplorare i “confini mentali di
della nostra tradizione indoeuropea. Solo pochi
Babele”, se assumiamo che ogni lingua umana,
furono i linguisti, come il Cardinal Gasparo
senza distinzioni di sorta, riveli parti di quel
Mezzofanti, FABIO Biondelli, Alfredo Trombetti o
patrimonio fondamentale della nostra specie che
Carlo Tagliavini che continuarono quella tradi-
è la “facoltà del linguaggio”.
che
ciascuna
spesso
di
esse
racchiude
insospettati,
tesori
che
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ci
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
QUANDO IL BRASILE
VENNE A NAPOLI…
non le donava molto. Il 6 giugno la famiglia
Maria Luisa Cusati
Constituição, la fregata che l’avrebbe ospitata
reale accompagnava l’Imperatrice in visita alla
nel
Professoressa di Letteratura di lingua portoghese
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
lungo
viaggio
Dall’arsenale
verso
cinque
la
lance
nuova
battenti
patria.
bandiera
napoletana e brasiliana si diressero verso la
grande nave dove attendevano tutte le autorità
militari e diplomatiche brasiliane.
I preparativi per la partenza fervevano e
Il 20 maggio 1843 erano in rada, nello
specchio d’acqua antistante il Castel dell’Ovo, tre
grandi imbarcazioni che issavano la bandiera
finalmente
il
cerimonia
di
primo
luglio
passaggio
ebbe
e
luogo
l’imbarco
la
della
Imperatrice.
brasiliana, erano la fregata Constituição, e le
La cerimonia di passaggio fu veramente
due corvette Dois deJulho ed Euterpe. A quel
suggestiva e commovente. Per realizzarla fu
tempo erano ben poche le opportunità di vedere
scelta la Casina delle Delizie al Chiatamone. Una
navi straniere, e poi, provenienti da terre così
scelta indovinata, dato il periodo. La Casina era
lontane!
in riva al mare, dotata di un porticciolo che
Immaginiamo la curiosità. Dignitari di
corte, ufficiali in uniformi poco note sbarcarono
ricevuti con grandi onori. Napoli li aspettava.
Dieci giorni dopo, il trenta di maggio, data
dell'onomastico di Sua Maestà il Re Ferdinando
II di Borbone, si sarebbe celebrato il matrimonio
della
sorella
del
Re,
Teresa
Cristina,
con
l’imperatore del Brasile. L’Imperatore non era
venuto, non gli era consentito lasciare la sua
terra ma aveva mandato i suoi rappresentanti a
rilevare la sposa.
Il 30 maggio fu festa grande a Napoli. I
cannoni,
sia
dai
castelli
che
dalle
navi
svegliarono tutti. Le strade illuminate a festa
erano
gremite,
da
molte
parti
si
udivano
musiche militari. A Palazzo la cappella era
avrebbe favorito l’imbarco, godeva anche del
fresco che offriva un ameno boschetto voluto da
Ferdinando I perché vi si riunisse piacevolmente
la famiglia. La sala fu addobbata riccamente e
divisa in due parti da una linea che segnava
idealmente il confine tra le due Patrie di Teresa
Cristina. Vi si sistemarono da una parte la
famiglia reale con tutti i dignitari e dall’altra i
diplomatici
brasiliani.
Teresa,
accompagnata
dalle parole di saluto napoletane, fu accolta dalle
parole di benvenuto brasiliane.
Il Chiatamone brulicava di popolo, lo
specchio
d’acqua
brulicava
di
barche
e
barchette: in tanti erano scesi in mare per
assistere
a
una
partenza
che
non
aveva
precedenti .
splendidamente addobbata e Teresa Cristina vi
Il convoglio giunse in vista di Rio de
apparve bellissima, subito dopo la cerimonia
Janeiro il 3 settembre, il giorno successivo una
civile, anche se quella sua andatura ondeggiante
città pavesata a festa accoglieva in un tripudio di
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messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
popolo e di musiche la giovane Imperatrice che il
grazie a lei, il Brasile oggi vanta una ricca
23 settembre ritornò a bordo per salutare i legni
collezione di reperti archeologici pompeiani ed
napoletani che rientravano riportando a Napoli
etruschi, anche i nostri musei conservano reperti
insieme a Luigi Conte d’Aquila, fratello di Teresa
d’interesse
Cristina, il ricordo di un’entusiastica accoglienza.
Antropologia di Napoli conserva almeno tre
Teresa Cristina ritornerà a Napoli solo dopo
reperti
ventotto anni ma il rapporto affettuoso con la
Botocudos.
antropologico
provenienti
Il
dalle regioni
Museo
di
abitate
sua Napoli e con la sua famiglia continuerà e se,
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dai
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MARGINALI O CENTRALI?
GLI AMERINDI NELLA CONQUISTA
DI NUOVI SPAZI E RISORSE
dimenticare i popoli spariti, come nelle isole
René Georges Maury
tribù ridotte a pochi individui, per caso ritrovate
Professore di Geografia umana
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
nella foresta pluviale, gli “imprendibili” fuggitivi
caraibiche, o che ricordano epoche storiche
(Aztecas, Incas, Mayas ecc.), non tralasciando le
della
civiltà
moderna.
Nell’America
Latina
troviamo una situazione forse migliore: tante
etnie che hanno conservato più o meno lingue,
riti e vita comunitaria, spesso vivendo ai margini
urbani o nelle montagne - ben 56 gruppi Indios
Chi viaggia nel continente americano, il
e 62 lingue indigene in Messico.
più esteso dal nord artico alla Terra di Fuoco
australe,
incontra
certamente
“Indiani
d’America”,
lungo
le
i
cosiddetti
strade,
nelle
metropoli, in fila nei centri d’assistenza, nei
coloriti mercati, o semplicemente in visita a
riserve indiane, spesso confusi tra razze e
meticci
americani.
Insomma,
la
delicata
questione degli Amerindi nella loro vita parallela
con
i
dominanti
coloni
europei,
la
quasi
contemporanea importazione di schiavi africani e
l’arrivo poi di asiatici e immigranti da tutto il
mondo; ossia le sorti delle “Prime Nazioni”,
raramente presenti in centri di potere e cultura
ma sempre di più nelle discussioni politiche, più
accese oggi con le grandi manovre per il
controllo di nuovi territori e risorse.
La
storia
del
continente
Considerati tra i “popoli minacciati” nel
mondo, gli autoctoni americani sono al centro
della discussione di attivisti e organismi sulle
prospettive di sviluppo, nell’agguerrita conquista
di nuovi spazi, a seguito di due fenomeni in
corso,
con
conseguente
sconvolgimento
di
territori, di comunità locali, indigene o meno, ed
equilibri ambientali. Gli effetti del riscaldamento
“globale”, evidente nel Grande Nord americano
(e
in
Siberia),
sfruttamento
di
ritenuti
favorevoli
ulteriori
risorse
per
forestali
lo
e
minerarie, nonché per le nuove e discusse rotte
marittime
circumpolari
nordovest
e
al
nord
estive
della
(passaggi
Russia).
a
Verso
l’equatore e più a sud, l’altro fenomeno è la
deforestazione amazzonica per l’accaparramento
è
certo
di
di nuove terre agricole per pascoli e soprattutto
conquiste, tranquille o crudeli, fin dai primi
per
popoli asiatici giunti attraverso lo Stretto di
transgeniche,
Bering (oggi largo 92 km), forse 40.000 anni fa,
Patagonia. Vi sono altri progetti contestati dagli
fino ai Caraibi e, secondo un’ipotesi leggendaria,
autoctoni come dighe nel bacino del Rio delle
riproposta
Amazzoni, su fiumi del Centro America, e nel
dall’ardita
navigazione
di
Thor
coltivazioni
la
viva
di
tra
soia
e
Amazzonia,
opposizione
anche
Pampa
Mapuche
e
Heyerdahl sulla zattera Kon-Tiki nel 1947 dal
Cile,
Perù fino alla Polinesia. Una moltitudine di
idrocentrali (anche con partecipazione Enel).
popoli, lingue e costumi, spesso oggi confinati in
Inoltre,
riserve o, al meglio, in aree autonome, senza
complessi industriali e l’incremento del turismo,
l’urbanizzazione
dei
mais,
galoppante,
i
a
nuovi
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messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
come nei Caraibi, creano situazioni lontane dai
l’aspetto religioso (ruolo delle chiese evangeliche
riti ancestrali e modi di vita indigeni.
e perfino l’Islam per i Totzil del Messico). Solo
Tuttavia,
non
tutto
sembra
perduto.
Paradossalmente, con i grandi progetti in corso e
l’impatto ambientale (dighe, sfruttamento di
giacimenti) si è dovuto tenere conto degli
indigeni,
su
o
Comunque,
l’attenzione
mediatica
a
opportunità, con accordi per realizzazioni sociali,
gruppi etnici per rivendicare nella nuova società
sanitarie
civile, attiva in America Latina e anche al Nord,
e
attivisti
(a 41 tribù negli USA).
proteste, pacifiche o vivacemente espresse da
educative
di
ancestrali calpestati da stati o imprese coloniali
per
e
pressione
pochi giorni fa, sono stati riconosciuti dei diritti
d’infrastrutture
(ad
esempio, il Plan Nord del Québec con le Nazioni
permette
Cree e Inuit; il Mackensie Gas Project con
dell’identità
quattro etnie, addirittura associate al grande
Amerindi, che, come altri Survival’s Peoples,
progetto). Va rilevato il nuovo ruolo politico dei
possano lottare per affermare le loro peculiarità
Nativi (il presidente Evo Morales in Bolivia) e dei
linguistiche e culturali, anche per una reale
riconoscimenti mondiali (Premio Nobel per la
partecipazione alla vita economica e sociale,
Pace alla guatemalteca Rigoberta Menchú sui
oltre le danze folcloriche o attività di casinò.
di
sperare
in
culturale
e
un
consolidamento
comunitaria
degli
diritti delle popolazioni indigene), non meno
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messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
L’INCONTRO CON I “FRATELLI
MAGGIORI” DELLA
SIERRA NEVADA DE SANTA MARTA
destinati
Antonino Colajanni
disprezzo del sé.
a
determinati
ingraziarsi
dalla
modernizzazione
Professore di Antropologia sociale
Università degli Studi di Roma La Sapienza
Sono
l’interlocutore),
nefasta
disordinata
rimasto,
per
sono
influenza
che
della
induce
questo,
al
molto
piacevolmente meravigliato quando, una ventina
d’anni or sono, incontrai per la prima volta un
Nei miei numerosi viaggi di visita, di
esplorazione
popolazioni
e
di
ricerca
indigene
presso
dell’America
diverse
Latina,
mi
sono spesso trovato contrariato e pieno di
disappunto di fronte ad alcune dichiarazioni di
esaltazione dei “poteri” e delle ricchezze della
civiltà dell’Occidente, alle quali corrispondevano
altrettante
denigrazioni,
sottostime,
e
sottovalutazioni della propria tradizione, della
propria
cultura,
fastidioso
appena
delle
sentirsi
dire
scolarizzati:
sapevano
fare
stregoneria!
proprie
“I
nulla;
Voi
da
sì
capacità.
giovani
nostri
solo
che
Era
indigeni
antenati
la
guerra
avete
non
e
tante
la
cose
importanti!”. E così via. Una volta a Puerto
Ayacucho, una cittadina al confine dell’Amazzonia Venezolana, un indigeno Piaroa (che avevo
riconosciuto per i tatuaggi sulle guance e per la
faccia
inconfondibile,
ma
era
vestito
inappuntabilmente da contadino della regione),
mi rispose con disappunto, quando io dichiarai di
averlo riconosciuto come indigeno Piaroa: “Ma io
non sono affatto indio! Sono racional come lei!
Ho fatto le scuole e abito in una casa di
cemento!”. Negava astiosamente la sua vera
identità.
È
questi
Marta, il quale mi disse che proveniva dalla
società
dei
“Fratelli
Maggiori”
(Hermanitos
Mayores) che vivevano nella grande montagna
(la “Grande Madre”) del Nord della Colombia.
Finalmente una società indigena diversa, che
proclamava senza timori e con grande orgoglio
la sua “superiorità” rispetto ai Bianchi della
costa! Già nel mio primo viaggio sulla Sierra (la
prima di una quindicina di ascensioni che si sono
estese per lunghi anni), cominciai a passare ore
conversando con uno dei Mama (“sacerdoti”,
esperti del rituale) che avevano una formazione
che durava più di 15 anni, attraverso lo studio di
canti
e
danze,
l’apprendimento
di
“come
funzionava la Grande Madre” (la Sierra), e la
concentrazione per giornate intere, in solitudine,
sulla cima di un monte. I miei interlocutori mi
dicevano: “Come fai a stare tanto tempo con i
“Fratelli
Minori”
(Hermanitos
Menores),
che
sanno poco e nulla, non capiscono l’aspetto
spirituale delle cose, e passano come bambini
insicuri da una cosa all’altra, senza sapersi
soffermare bene su una di esse? Loro non sanno
niente degli astri, non sanno leggere la vita degli
alberi e le orme degli animali, non sanno capire
cosa dice il vento e perché il tuono si sente da
evidente
che
nascondimenti
potranno
indigeno Kogi, della Sierra Nevada de Santa
essere
queste
identitari
strumentali,
di
dichiarazioni,
una parte e da un’altra no! Fai bene a venire da
(che
noi, che siamo i ‘Responsabili del Mantenimento
magari
facciata,
e
del Mondo’! Forse tu potrai imparare qualcosa”.
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Università degli Studi di Napoli Federico II
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II
messaggerie orientali “un viaggio” tra gli amerindi
Il senso di “superiorità” dei Kogi era sorpren-
buchi nel terreno (“nel Corpo della Madre”) e
dente. Una volta mi dissero: “Qui si è sentito
piazzare le piantine a circa un metro l’una
dire che il Fratello Minore dice che noi siamo
dall’altra, fitte fitte, ordinate come un esercito
‘sottosviluppati’. Cosa vorrà dire, che siamo
sull’attenti. E dicevano: “Quando mai s’è vista
‘sotto’ qualcosa? Ma noi stiamo ‘sopra’, in alto,
una foresta così ordinata, con gli alberi così
più in alto di tutti nella Montagna! Ed è ridicolo
vicini? Le foreste sono fatte di alberi che
pensare che un gruppo di uomini sia ‘privo’ di
discutono tra loro, e spesso litigano, e stanno
qualcosa. Tutti hanno le case, le piantagioni, i
alcuni vicini altri lontani. Noi, quando un bosco si
loro attrezzi, fanno i loro rituali nei modi giusti,
sta deteriorando, recingiamo con uno steccato la
seppelliscono i morti e sanno divinare il futuro.
zona, per non far entrare gli animali, facciamo
Proprio tutti: Noi, i Chimila, i Wayú, perfino i
drenare bene il terreno, togliamo certe piante
Bari. Come si può pensare che un popolo non sia
cattive….e lasciamo che il tempo curi la foresta
‘completo’? Solo al Fratello Minore poteva venire
come sa fare, piano piano. Questa è la nostra
in mente un’idea così balorda!”. E aggiunge-
rigenerazione del bosco. Pensiamo che prima di
vano: “Se il Fratello Minore ci ascoltasse, forse
venire
le acque dei fiumi non si sarebbero abbassate
riforestazione (molti alberi piccoli muoiono pochi
come
mesi
hanno
fatto,
la
foresta
non
sarebbe
diminuita come ha fatto, e giù nella costa, il
Grande Madre. Ma il Bianco non sa imparare,
non sa ascoltare!”.
a
dopo),
insegnarci
i
vostri
la
loro
tecnici
inefficace
dovrebbero
riforestarsi dentro!”.
mare non avrebbe assalito le spiagge creando
distruzione. Bisogna imparare a salvaguardare la
qui
Questo popolo indigeno americano, i
Kogi della Sierra Nevada de Santa Marta, dotato
di grande saggezza e di rara presunzione, è un
caso
in
parte
isolato
e
raro.
Ma
riscatta
I Mama osservavano con curiosità e
pienamente quella artificiale e triste forma di
attenzione l’opera di alcuni agronomi e forestali
soggezione che cinque secoli di costrizioni da
del Ministero dell’Ambiente, che predisponevano
parte degli Europei hanno imposto a buona parte
un intervento di riforestazione nelle zone mal
dei popoli dell’America.
utilizzate dai coloni. Vedevano i tecnici fare dei
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