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Corriere della Sera > Salute > Sportello Cancro > Al via la sperimentazione di un vaccino anti-linfoma
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Al via la sperimentazione
di un vaccino anti-linfoma
Una cura personalizzata per i pazienti aiuta il sistema
immunitario a riconoscere le cellule tumorali e a
sviluppare le difese per combattere la malattia
MILANO – Chiariamolo
subito: non è un vaccino
preventivo, per impedire che la
malattia si sviluppi, ma un
prodotto terapeutico da
somministrare ai pazienti già
colpiti dal tumore. Una
potenziale terapia che tenta di
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sfruttare la capacità dell’organismo di difendersi da solo contro
le cellule cancerose. In particolare il nuovo vaccino vuole curare
una neoplasia del sangue, il linfoma Non-hodgkin, che colpisce
alcuni tipi di globuli bianchi, i linfociti B.
PER AIUTARE IL SISTEMA IMMUNITARIO A
DIFENDERSI DAL TUMORE - La strategia è stata massa a
punto dai ricercatori del Centro Internazionale di Ingegneria
Genetica e Biotecnologia (Icgeb) di Trieste con la collaborazione
con il dipartimento di Oncologia dei trapianti dell’Università di Pisa e sta per iniziare la
sperimentazione clinica direttamente sui pazienti (12 in tutto, si partirà entro la fine dell’anno), che
durerà tre anni. «Il vaccino cerca di fare in modo che il sistema immunitario riconosca una
sostanza estranea presente solo sulle cellule tumorali e non su quelle sane, e sviluppi rapidamente le
difese adatte a combatterla», spiega Oscar Burrone, artefice del progetto e responsabile del
Laboratorio di immunologia molecolare dell’Icgeb.
COME FUNZIONA - I linfociti B hanno il compito di reagire in modo specifico nei confronti di
qualsiasi agente estraneo al nostro organismo (antigene) . Ogni linfocita possiede sulla membrana
un recettore (una proteina chiamata immunoglobulina) in grado di riconoscere e legarsi a uno solo
dei tantissimi antigeni che potrebbero penetrare nell'organismo. Pertanto linfociti diversi
presenteranno sulla loro superficie immunoglobuline diverse tra loro. Il contatto tra l'antigene e l’
immunoglobulina specifica attiva nel linfocita B la risposta immunitaria che porta a una grande
produzione di anticorpi. «Quando insorge il linfoma Non-Hodgkin - aggiunge Burrone - tutte le
cellule tumorali hanno origine da un singolo linfocita B che “impazzendo” si produce senza
controllo. Tutte le cellule malate, quindi, presenteranno sulla loro superficie lo stesso tipo di
immunoglobulina, unica e caratteristica del tumore, specifica per ogni paziente».
TERAPIA PERSONALIZZATA PER CIASCUN PAZIENTE - Il vaccino deve essere dunque
costruito appositamente caso per caso in quanto deve indurre una risposta immunitaria specifica
contro l’immunoglobulina tumorale di ciascun paziente, con l'obiettivo di eliminare selettivamente
le cellule tumorali senza intaccare quelle sane. Sui pazienti verrà perciò effettuato un prelievo
istologico di alcune cellule cancerose per individuare quale tipo di immunoglobulina è coinvolta,
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piano
istologico di alcune cellule cancerose per individuare quale tipo di immunoglobulina è coinvolta,
identificarne il gene che la codifica e riprodurlo in laboratorio. Il vaccino verrà poi iniettato sotto la
cute del paziente con una pistola speciale a aria compressa. Le «cartucce-vaccino» verranno
introdotte all’interno delle cellule del derma e da lì inizieranno a stimolare la reazione immunitaria
anti-tumorale. «Perchè la terapia abbia successo ogni vaccino deve essere creato appositamente per
ogni singolo paziente - precisa Burrone - e in questo modo ognuno potrà godere di una cura
altamente personalizzata realizzata su misura, come un vestito. L’ampia sperimentazione su modelli
animali che abbiamo compiuto in tanti anni di ricerca ha dato risultati molto promettenti: ora
nutriamo grandi aspettative da questi primi test clinici sui malati».
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27 aprile 2009 (ultima modifica: 28 aprile 2009)
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