GALLERIA SABAUDA DI TORINO
LO SPAZIO COMPOSITIVO FRA XIV E XVI SECOLO
Le opere proposte in questo percorso vogliono suggerire una lettura dello spazio pittorico fra XIV e
XVI secolo che, partendo dagli indizi di profondità presenti nelle opere medievali, approda ad una
rappresentazione più realistica grazie alle novità concettuali e tecniche, introdotte fra XV e XVI
secolo dalla prospettiva rinascimentale italiana e dallo studio analitico fiammingo.
In entrambi i casi è bene ricordare lo studio dello storico dell’arte tedesco Erwin Panofsky, La
prospettiva come forma simbolica (1927), che ci fa riflettere sul significato della rappresentazione
prospettica, non tanto come espediente tecnico per dare all’immagine una verosimiglianza
apparente ma come strumento che veicola una particolare visione del mondo, tipica dell’epoca. La
prospettiva, sia quella rinascimentale italiana che quella fiamminga, assumerebbe quindi, in questo
senso, valore di forma simbolica: una rappresentazione legata alle convenzioni, alle conoscenze e
alla concezione del mondo che i pittori inserivano nelle loro opere e che spettatori, più scaltri ed
informati di noi, sapevano interpretare in maniera corretta.
Le opere rinascimentali, soprattutto quelle realizzate per gli esponenti della ricca e colta borghesia
fiorentina, veneta, romana, costituivano spesso una sorta di sfida intellettuale e un divertimento. Lo
spettatore era invogliato a mettere alla prova le proprie conoscenze – letterarie, mitologiche,
filosofiche- e a dare un’interpretazione dell’immagine, come se si trattasse di un rebus o di un
problema da risolvere.
Un’opera, opportunamente indagata - come ci hanno insegnato Carlo Ginzburg (Indagini su Piero,
1981) e Salvatore Settis (La “Tempesta” interpretata. Giorgione, i committenti, il soggetto, 1978)-,
ci fornisce un numero incredibile di indizi e conoscenze del periodo in questione e può essere un
documento storico e culturale importante di un’epoca.
Bernardino DADDI (Firenze fine XIII secolo- 1348)
Incoronazione della Vergine
XIV secolo- Scuola Toscana
Tempera su tavola 41x25.5.
Cornice metà XX secolo.
Pervenuto nel 1864 dai marchesi Falletti di Barolo.
Il Daddi è stato allievo di Giotto, riprende gli schemi giotteschi conferendo a questi un maggiore
realismo. Dipinge le Storie dei Santi Lorenzo e Stefano nella Cappella Bardi di Santa Croce a
Firenze.
Questa di Torino è una piccola tavola, l’iconografia è quella tradizionale, con la Madonna a destra
che china il capo per ricevere la corona sul capo dalle mani di suo figlio. I due sono seduti su un
trono con baldacchino, disegnato con alcuni indizi di profondità e volume nei fianchi e nella
predella che rialza il trono, anche se la resa materica è assolutamente inconsistente.
Su entrambi i lati una duplice schiera di santi e sante rende la profondità con l’espediente della
sovrapposizione e dello scaglionamento. Chiudono la doppia serie due coppie di angeli, una blu ed
una rossa.
Giorgio Chiulinovich detto lo SCHIAVONE (Scardona, 1436 c.- Sebenico, 1504)
Madonna col Bambino
XV secolo- Scuola Veneta
Tempera su tavola 69x61 cm
Cornice del XIX secolo
Firmato “Opus Sclavoni dalmatici Squarzoni”
Acquistato nel 1879 presso il conte Benucci di
Senigallia.
Il pittore, dalmata, lavora a Padova presso lo Squarcione, originale figura di imprenditore, ricordato dai testi
come sarto e come amante dell’antico, considerato un maestro veneto importante a capo di una bottega ricca
e molto vivace che riprende i modelli donatelliani, presso di lui lavorano Andrea Mantegna, Carlo Crivelli,
Marco Zoppo. Influenza la pittura ferrarese (Cosmé Tura).
Tornato in patria, il pittore dalmata abbandona la pittura per il commercio.
La Madonna si presenta nettamente scolpita e disarticolata nella torsione della mano e della testa.
Rappresentazione schematica ed astratta.
Maria è posta sotto un arco trionfale di gusto classico che richiama opere di Donatello e Mantegna, opere
conosciute, probabilmente, nel periodo del soggiorno padovano. Lo spazio è incoerente ed ambiguo ed esalta
l’irrealtà della figura. L’arco è ornato da un festone con frutta (decorazione tipica dell’ambiente
squarcionesco), a cavalcioni dei putti. Altri due putti sono seduti sul parapetto antistante. Ai lati, appoggiati
sul piano di imposta dell’arco due finti rilievi bronzei, a sottolineare ancora l’ambiguità fra reale ed irreale. Il
Bambino stringe un uccellino. Sovrabbondanza di elementi decorativi. In centro una natura morta con frutta.
Sullo sfondo, a destra, un paesaggio lagunare, a sinistra una visione di una città fortificata da mura con
viandanti.
BOTTEGA DEL BOTTICELLI
Madonna col Bambino
XV secolo- scuola fiorentina.
Tempera su tavola 81x51 cm.
Donato dal marchese Crosa di Vergagni.
Uso della linea funzionale per dare plasticità alla figura. Loggia con chiari e solidi indizi prospettici
che lascia intravedere un paesaggio architettonico nordico con fiume.
Lirismo e delicatezza della figura tipicamente botticelliano.
Lo spazio che si ricava fra la loggia e la balaustra è estremamente esiguo, ma la prospettiva appare
coerente e chiara. Il Bambino ha in mano una melagrana.
ATTRIBUITO A GIOVANNI BELLINI (Venezia, 1433 c- 1516)
Annunciazione
XV secolo- Scuola veneta. Già attribuito a pittore lombardo del XVI secolo.
Tempera su tela. 113x152.
Acquistati presso i pittori veneziani Natale Schiavone e Francesco Canella.
Restauro Pinin Brambilla 1986. Sovraintendente Giovanna Galante Garrone.
Il pavimento a riquadri contrastanti (bianchi e rossi) è tipico della tradizione rinascimentale, è un
modo per dare corpo allo schema prospettico albertiano e per ricondurre la presenza concreta delle
figure in uno schema razionale e reale.
La prospettiva appare estremamente coerente e permette di definire in maniera estremamente
dettagliata uno spazio articolato in cui vivere e muoversi. A destra, attraverso una finestra, è
possibile vedere la camera della Madonna dove le linee del letto e del cuscino assecondano la
geometria e l’ordine dell’insieme.
Finiture in foglia oro. Paesaggio sullo sfondo, un pavone (simbolo di immortalità) è appoggiato su
una sbarra di rinforzo della stanza della Vergine.
PETRUS CHRISTUS (?) (Baarle-Hertog, 1410 circa- Bruges, dopo il 1472)
Madonna col Bambino
XV secolo- Scuola fiamminga
Olio su tavola, 33x 26.5 cm
Cornice del 1720-1730 circa.
Già identificato dalla critica con la “Vergine con Gesù Bambino” di Luca di Leida al n.174
dell’inventario della quadreria del Principe Eugenio, in A. Vesme 1886. Acquistato durante la
direzione Roberto D'Azeglio.
Allievo di Jan Van Eyck Petrus Christus, è uno degli autori più attenti a riprendere e sintetizzare
l’arte fiorentina all’interno della tradizione delle Fiandre. Riprende lo schema del celebre dipinto di
Van Eyck “I Coniugi Arnolfini” (1434) (simboli del matrimonio senza officiante: letto, candela
accesa nel lampadario, cane=fedeltà specchio=purezza. Santa Margherita sullo schienale della sedia
protezione per la nascita, il pittore nello specchio con la scritta che testimonia la sua presenza) ma il
punto centrico è spostato a sinistra. A differenza del pavimento del Van Eych, fatto di listoni lignei,
qui il pavimento è a disegni geometrici, per cui è possibile ricostruire lo spazio e forse anche le
dimensioni anche se i riquadri in primo piano appaiono leggermente più grandi rispetto a quelli
dietro al gruppo della Vergine e del Bambino, questo dilata longitudinalmente lo spazio. Il
lampadario anche, ricorda quello della tavola di Van Eyck. Dettagli di un interno borghese. Altra
caratteristica fiamminga, l’attualizzazione dei soggetti religiosi inseriti nel quotidiano. A sinistra la
culla del bambino nasconde un cesto di vimini con della biancheria scomposta. A sinistra una
gabbietta di vimini, la casa dell’uccellino che il bambino stringe nelle mani. Sulla panca e nella
stanza, oggetti di metallo e di vetro dove la luce fiamminga gioca effetti virtuosistici.
Sul fondo il camino accesso e una porta aperta che allude ad uno spazio contiguo: tutti elementi che
tendono a restituirci l’impressione di un interno borghese, caldo e familiare.
ATTRIBUITO A GERARD DAVID (Oudewater 1460- Bruges, 1523)
Sacra famiglia
Scuola fiamminga XV-XVI secolo
Olio su tavola 81.5 x 76
Già attribuito alla scuola del pittore fiammingo Mabuse.
Cornice del secondo quarto del XVIII secolo adattata.
Pittore fiammingo, Gerard David, si forma probabilmente ad Haarlem, ed è attivo soprattutto a
Bruges, uno dei centri più importanti per l’arte fiamminga, dal 1483. Lavora con Albert Van
Oudewater e Dieric Bouts, Hans Memling. Originale l’impianto compositivo, ricerca la
monumentalità nel rapporto figura spazio. Minuzia fiamminga e spunti italianizzanti. Il paesaggio,
soprattutto, è caratteristico, tende a digradare su tonalità azzurrine in una luce diffusa e luminosa.
(vedi Battesimo di Cristo a Bruges). semplificazione dello spazio e stilizzazione delle figure.
Classicismo sereno.
Il gruppo è posto al coperto di una loggia. Alle loro spalle si ricostruisce la presenza di un cavedio.
probabilmente una scala. Sullo sfondo un paesaggio ampio e luminoso.
Bella la cura del modellato e ben resi i volumi delle figure. Elegante la linea della madonna che
riprende le iconografie della madonna dell’umiltà, seduta in terra, e del latte. San Pietro offre al
bambino un pomo.
Incoerenti le linee di fuga degli elementi architettonici. In particolare lo splendido disegno del
pavimento in tarsie marmoree rimane un’esercitazione decorativa rispetto ai piani dei basamenti dei
pilastri le cui linee convergono in modo assolutamente casuale.
Estremamente curati invece i particolari.
MAESTRO DELL’ADORAZIONE DEI MAGI DI TORINO
Adorazione dei Magi
XV-XVI secolo. Scuola fiamminga.
Olio su tavola 155x211.
Cornice del secondo quarto del XVIII secolo, documentata dal 1851. Proviene dal Palazzo Durazzo
di Genova dove potrebbe identificarsi con “L’Adorazione dei magi, quadro grande di Van Leyden
detto Luca d’Olanda, dipinto in tavola”, inventariata nel Palazzo genovese nel 1824.
Luca di Leida (1489/94- 1533) Allievo di Cornelis Engelbrechtszoon, è influenzato dall’opera di
Durer, elude il tema sacro che spesso viene trasformato in pittura di genere. Le figure non occupano
il centro dello spazio. Importante soprattutto la sua attività di grafico.
Restauro del 1992-93 Nicola d’Aramengo. Sovraintendente Michela di Macco.
Tipicamente fiammingo. Quadro estremamente complesso e di ampio respiro. Sulla sinistra una
capanna con il tetto di paglia malmesso e con elementi architettonici è il rifugio della Sacra
Famiglia. Sull’uscio della capanna ricompare il gruppo che offre il Bambino all’Adorazione dei
Magi. Da una finestra sullo sfondo si intravede l’annuncio ai pastori. Sulla sinistra si riconosce
ancora il gruppo in fuga con la Madonna a cavalcioni di un asinello. Gli indizi di profondità in
questo caso sono resi dalle dimensioni dei personaggi che si scorciano in lontananza. La capanna
riprende uno schema prospettico, ma l’attenzione ancora una volta è posta all’attenzione del
particolare, piuttosto che alla razionalità prospettica.