Agno ora è appesa alle ali di Etihad

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IL CAFFÈ
16 febbraio 2014
economia
Mentre si attendono
per l’aereoporto
ticinese investimenti
sulle infrastrutture,
si guarda con molto
interesse e attenzione
alle scelte italiane
della compagnia
di Abu Dhabi
LORETTA
NAPOLEONI
AL DECOLLO
Un aereo della
compagnia
araba Etihad,
che ha
rilevato oltre
il 30 per cento
della Darwin,
in attesa
di decollo
Agno ora è appesa alle ali di Etihad
Lo scalo luganese potrebbe trarre vantaggio da un eventuale ridimensionamento di Malpensa
LA CRISI
Per Lugano
Airport, da anni
nelle cifre
rosse, si è
messo a punto
un piano di
risanamento
per contenere
le spese
GLI AZIONISTI
La società è di
proprietà per
l’87.5% della
Città di Lugano
con 3,5 milioni
di capitale, e
per il 12.5% del
Cantone Ticino
(mezzo milione)
favore di Milano Linate o la sua
coesistenza con questo scalo che
assumerebbe comunque un ruolo più continentale, collegando la
capitale lombarda a nuove destinazioni europee. Questa scelta
potrebbe favorire indirettamente
Agno, che andrebbe a surrogare
con altri voli regionali per hub
europei e mediorientali il ridimensionamento di Malpensa:
“In teoria è un’ipotesi possibile e
sensata ma non ci sono ancora
dati ed elementi consolidati per
potersi esprimere”, avverte il direttore. Tuttavia sia per volumi
L’intervista
Il municipale Jelmini delinea il piano di rilancio della Città
GIORGIO CARRION
La novità
Il futuro
che per sostenibilità finanziaria, i
voli punto-punto da Agno – fuori
dai confini – sono sempre in affanno. Molto dipenderà dalla
strategia di marketing assunta dal
vettore aereo arabo per favorire
un reale incentivo di queste rotte
regionali: “La questione della so-
“Pronti ad accogliere investitori”
Ti-Press
Lo scalo aereo di Lugano Agno si
gioca il suo futuro nei prossimi
dodici mesi. A certe condizioni,
però. “Per un serio sviluppo dell’aviazione di linea regionale sicuramente si dovrebbe metter
mano al mai risolto problema
delle infrastrutture dell’aeroporto”, premette Alessandro Sozzi,
Chief Executive Officer di Lugano
Airport. La strategia di attacco ai
cieli europei di Etihad, la compagnia aerea di Abu Dhabi che ha
acquistato il 29% della tedesca
Air Berlin e il 33% della svizzera
Darwin Airlines, ribattezzata Etihad Regional, prevede la conquista di Alitalia, di cui acquisirà il
40% delle azioni, con un investimento di circa 300 milioni di
euro. Etihad ha rimescolato le
carte. E Agno potrebbe guadagnarci.
L’intento della compagnia è di
conquistare un ruolo nell’aviazione civile europea per poter
drenare il ricco
traffico di questo bacino, che
adesso fa capo
agli hub di Lufthansa come
Milano Malpensa, e portarlo
verso quello di
Abu Dhabi per
farlo volare verso
l’Estremo
Oriente. Con lo sviluppo delle destinazioni, che passeranno da 15
a 34 nel giro di un anno, e degli
aeromobili, da 10 a 13, Etihad Regional potrebbe portare nuova
linfa allo scalo ticinese. Anche
perché nei propositi ufficiosi che
si stannno discutendo in Italia c’è
anche l’ipotesi di un drastico ridimensionamento di Malpensa a
I PASSEGGERI
Nel 2013 i
passegeri
sono scesi a
poco più di
151mila. Le
principali rotte
sono Ginevra,
e Zurigo, più
voli stagionali
ANGELO
JELMINI
Municipale
a cui fa capo
l’aeroporto
di Agno
“Con i vertici di Darwin abbiamo contatti
regolari, con quelli di Etihad, nuovo azionista di riferimento della compagnia, ci
siamo visti in due riprese, a Lugano e Zurigo”, spiega Angelo Jelmini, municipale a
cui fa capo l’aeroporto di Agno.
La società di Abu Dhabi vi ha chiesto già
rassicurazioni sulle infrastrutture di
Agno e sugli investimenti?
“No, non siamo ancora in questa fase
avanzata. E d’altronde innanzitutto occorre avere un preciso piano di rilancio a
livello di Municipio. In questo senso stiamo lavorando per allestire un messaggio
che verrà sottoposto al consiglio comunale sulla ricapitalizzazione dell’aeroporto e
sui primi investimenti necessari a breve
termine alla struttura”.
Quando pensate di arrivare alla discussione in consiglio comunale?
“Tra aprile e maggio. In quell’occasione
daremo tutte le informazioni su chi è interessato anche a investire su Agno”.
Ci sono degli interessati?
“Siamo aperti alla discussione e a valutare eventuali proposte. In quest’ottica abbiamo scritto a Etihad per un avere un
nuovo incontro. Vogliamo capire che
aspettative e prospettive ha la società di
Abu Dhabi nei prossimi mesi”.
Intanto, sono interessati ad Alitalia. Se
acquisteranno questa compagnia magari avranno interesse a far ridecollare
il volo da Lugano per Roma. Non crede?
“Possibile. A noi interessa molto sapere
che ruolo potrebbe svolgere Lugano in
questa loro riorganizzazione, visto che
hanno una compagnia internazionale,
s’apprestano ad averne una nazionale e,
poi, con Darwin hanno quella regionale
che garantirà diverse nuove rotte, come
ha già annunciato la compagnia”.
stenibilità delle rotte point-topoint dall’aeroporto di Agno è un
po’ come la domanda se è nato
prima l’uovo o la gallina – riprende Sozzi -. Le nuove rotte di linea
da Agno stentano a decollare perchè l’aeroporto, data l’inadeguatezza delle infrastrutture, della
pista, delle procedure d’avvicinamento non è idoneo per attrarre
pienamente partners solidi ed in
grado di penetrare strutturalmente il mercato”. Difatti, il prezzo, l’appetibilità e la commerciabilità di una rotta sono strettamente collegati alla tipologia di
aeri e al numero dei posti offerti.
Una prospettiva di rilancio che
non vede tutti d’accordo. Altri osservatori più o meno interessati
hanno espresso riserve. Come
l’ingegner Dario Kessel, a capo
della E-Aviation Swiss Sagl, attiva
nel management aeronautico
che per lo scalo luganese auspica
un ritorno al solo “traffico privato”. In un documento circolato nei
giorni scorsi sottolinea il suo
scetticismo: “Gli esperti più ottimisti considerano necessario per
la sopravvivenza di un aeroporto
con voli di linea un traffico annuo
di almeno 500.000 passeggeri. Si
pensi che l’obbiettivo di Lugano
era quello di arrivare a 200.000
passeggeri e lo scorso anno, alla
fine del terzo trimestre, si sono
raggiunti a malapena 109.721
passeggeri…”.
Problematica la conclusione di
Sozzi: “Sicuramente le maggiori
attività di Etihad saranno concentrate su scali più grandi del
nostro e, quindi, con una rilevanza commerciale maggiore, ovvero Ginevra e Zurigo. Ma il ruolo di
Agno non dovrebbe essere sottovalutato, viste le sue potenzialità
tutt’altro che secondarie”.
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Lo Swap a Losanna, il Sel Glânois & Alentours a Romont... cresce il fenomeno del “denaro virtuale”
Moneta locale, valuta virtuale, complementary
currency... tante definizioni per indicare una forma di pagamento alternativa al denaro vero e proprio. Il “bitcoin” è solo l’ultimo macroscopico
esempio, ma la moneta digitale (ormai entrata nel
mirino del mondo della finanza e delle autorità
governative) potrebbe rappresentare lo strumento ideale per permettere lo scambio di debiti e
crediti tra clienti e fornitori, e pure tra aziende. Soprattutto in tempo di crisi l’originale forma di valuta potrebbe essere adottata per l’intermediazione di beni e servizi. E non caso il progenitore di
queste monete virtuali, lo svizzero “Wir” venne
ideato nel 1934, a seguito della Grande Depressione del ’29, proprio per far fronte alla mancanza di
liquidità. “E forse il contesto, oggi, con l’economia
in crisi potrebbe essere simile a quello degli anni
’30 – spiega l’economista Paolo Pamini, docente
in Law&Economics all’Ethz di Zurigo -. È un meccanismo ben congegnato perché permette, in carenza di liquidità, di spendere, di alimentare il
mercato soprattutto interno, ma non va trascurata
la sua valenza negativa, ad alto rischio. Il vantaggio è quello di continuare ad alimentare il consumo, far girare l’economia, ma nello stesso tempo
aumenta l’indebitamento di chi questi soldi non li
ha”.
Fatto sta che la moneta alternativa, o almeno il
La moneta alternativa
che dà una mano
all’economia locale
Wir, - che ha alle spalle l’omonima banca etica, che
sostiene sviluppo e crescita di piccole e medie imprese - consente la compensazione multilaterale tra ben
60mila aziende clienti. Qualcosa di simile, però, esiste già in
diversi Paesi, dal francese
“Nantò” al “Chiemgauer” tedesco e la britannica “Bristol
Pound”, la “sterlina” in circolazione solo a Bristol. Sì, perché
la valuta virtuale ha spesso corso e validità solo in una regione
se non in una provincia, soprattutto in quelle aree IL “BITCOIN”
particolarmente in crisi economica e dove questa Ultimo esempio
forma di baratto finanziario spesso è l’unica solu- di moneta virtuale
zione per compiere transazioni, che sarebbero
altrimenti precluse dal circuito bancario. E gli
esempi circoscritti a livello locale non mancano
in Svizzera. A Losanna, ad esempio, è in vigore lo
“Swap” una moneta locale destinata a sostenere,
tramite i circa mille soci coinvolti, l’integrazione
sociale e lo sviluppo sostenibile. Nell’area urbana
della piccola Romont, nel Canton Friburgo, c’è il
“Sel Glânois & Alentours”, spendibile solo in loco
per pagare alimentari e servizi. Il fenomeno è interessante e dagli sviluppi imprevedibili, secondo
Pamini, visto che in tutto il mondo sono circa
5mila le valute complementari. Le dimensioni
del giro di denaro virtuale sono ormai tali che,
nota l’economista, governi e banche centrali
stanno studiando come inserirlo nel circuito ufficiale. “Ammesso che superi due ostacoli enormiprecisa-. Il primo è che tasse e imposte si pagano
solo con la valuta di Stato, il secondo è l’aspetto legale delle transazioni. Se, per esempio, mi impegno a pagare un’oncia d’oro per un servizio, nel
caso un tribunale mi imponesse di saldare il debito commuterebbe l’oncia d’oro nel suo valore corrispettivo in franchi. È evidente che sono governi
e leggi a imporre la validità della valuta. Leggi che
prima o poi dovranno prendere in considerazione i soldi virtuali, come il ‘Bitcoin’ la cui validità è
finora garantita da un algoritmo”.
e.r.b.
Dopo Sochi
impossibile
nascondere
la crisi russa
Quando si chiuderanno i
giochi olimpionici più costosi della storia - 50 miliardi di dollari spesi per trasformare Sochi in un mega parco olimpico – Vladimir Putin
dovrà fare i conti con
un’economia in declino. Gli
indicatori economici del primo trimestre del 2014 dipingeranno sicuramente un’immagine ancora più deprimente di quella regalataci
nell’ultimo trimestre del
2013. La crescita del Pil è infatti crollata dal 3,4 per cento del 2012 ad appena l’1,3
per cento dell’anno scorso.
Difficile nascondere questa
realtà, ed infatti il ministro
dell’economia ha rivisto le
previsioni di crescita, arrivando a dichiarare che nei
prossimi 16 anni questa sarà
inferiore alla media annuale
mondiale.
Alla radice dei problemi c’è
l’inefficienza del sistema
economico russo e la gestione ancora a carattere “sovietico” di alcuni settori. L’investimento nazionale, ad
esempio, è quasi inesistente.
Nel 2013 era pari
allo 0,3 per cento
del Pil. I russi
preferiscono
portare i soldi
fuori dai confini
nazionali ed
acquistare
proprietà
immobiliari
a Londra.
Putin si sta
dando da fare per impedire
la fuga dei capitali che dal
2012 al 2013 è passata da 55
a 65 miliardi di dollari, così
le imprese domiciliate in
Russia e registrate all’estero
non potranno accedere al
credito bancario, ai sussidi
statali o partecipare alle gare
di appalto dello Stato.
Il problema vero è la scarsa
fiducia che gli uomini d’affari ripongono in Putin. Il trattamento poco ortodosso riservato per l’ex proprietario
di Yukon, Mikhail Khodorkovsky, si è trasformato in
un boomerang per il Cremlino, che molti percepiscono
identico a quello della guerra fredda.
In alcuni settori, come quello ferroviario, lo scarso dinamismo è frutto del mantenimento di alcuni tratti tipici
della vecchia Unione Sovietica. L’investimento e la manutenzione sono pressoché
inesistenti, sebbene l’85 per
cento del commercio russo
viaggi su strada ferrata (negli
Stati Uniti ed in Cina questa
percentuale è molto più bassa, rispettivamente il 49 ed il
16 per cento).
Nei prossimi 10 anni sarà
necessario rinnovare circa
un quarto dell’intero parco
ferroviario, pari a circa 350
mila nuovi vagoni, per un
costo di 25 miliardi di dollari, appena la metà di quanto
sono costati i giochi di Sochi. Ma come tutti sanno
l’efficienza commerciale
non fa spettacolo, mentre le
olimpiadi e i mondiali di
calcio ormai sono diventati
un palcoscenico dove i governi, anche i più inefficienti
e barbari, possono pavoneggiarsi davanti alle telecamere mondiali.