Socialismo municipale e industria elettrica a Catania in età giolittiana

Socialismo municipale e industria elettrica
a Catania in età giolittiana
di Pinella Di Gregorio
Crescita urbana e ricambio delle élites poli­
tiche
“Onorevoli Colleghi, se è vero ciò che dis­
se un gentile poeta francese che ‘Tout le
plaisir des jours est en leurs matinées’,
prendiamoci la dolce soddisfazione in que­
sta bella mattinata della primavera della
nuova vita comunale di porre le nostre pri­
me cure alla preparazione della municipa­
lizzazione dei pubblici servizi, dalla distri­
buzione delle acque potabili alla illumina­
zione pubblica e privata, dall’impianto dei
forni municipali alla costruzione dei tram­
ways elettrici... I doveri del nuovo consi­
glio comunale sono vasti e delicati com­
prendendo essi, oltre la formazione sociale
del comune il risorgimento economico del
paese. A Catania la grande industria, e
quindi la borghesia moderna non si può
dire del tutto sviluppata. Occorre un go­
verno locale forte e coraggioso e una bor­
ghesia intelligente e onesta che ne promuo­
va lo sviluppo” 1.
Con questa dichiarazione del prosindaco
Giuseppe De Felice Giuffrida, nella seduta
di insediamento del nuovo consiglio comu­
nale il 19 giugno 1902, aveva inizio la lunga
egemonia dei partiti popolari a Catania. Il
blocco popolare si era presentato all’appun­
tamento elettorale con un ampio progetto ri­
formatore mutuato dal programma ammini­
strativo del partito socialista del 18952. L’al­
largamento del suffragio del 1882 e la rifor­
ma dell’elettorato amministrativo di sei anni
dopo avevano ravvivato all’interno del so­
cialismo italiano un vasto dibattito culturale
e politico sul ruolo degli enti locali in rela­
zione alle concrete possibilità di conquista
del potere municipale. Nel corso degli anni
ottanta il gruppo radicale e repubblicano
milanese e quello democratico siciliano di
Edoardo Pantano e Napoleone Colaianni
avevano rilanciato l’ideologia autonomistica
per attenuare il rigido controllo statale sugli
enti locali3. I socialisti italiani, facendo pro­
prie tali istanze, le collegavano ad un pro­
gramma amministrativo che trovava un im­
portante referente ideologico nel movimento
fabiano inglese. Quest’ultimo inseriva le atti­
vità economiche proprie del municipal trading
liberale in un vasto programma riformatore
che saldava nazionalizzazione e municipaliz­
zazione in una prospettiva di superamento
1 Discorso di insediamento della nuova giunta dell’onorevole De Felice, “Corriere di Catania” , 20 giugno 1902.
2 II programma dei partiti popolari, in “Unione”, 25 maggio 1902. Vedi anche Rosario Spampinato, Il movimento
sindacale in una società urbana meridionale. Catania 1900-1914, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”, 1977,
n. II, p. 394.
3 Napoleone Colaianni, Le istituzioni municipali. Cenni ed osservazióni, Piazza Armerina, 1883; sull’argo­
mento cfr. Salvatore Massimo Gangi, Da Crispi a Rudinì. La polemica regionalista (1894-1896), Palermo, 1973,
p. 52.
“Italia contemporanea”, settembre 1987, n. 168
46
Pinella Di Gregorio
della società capitalistica4. Il dibattito in­
stauratosi su questi temi condusse i socialisti
italiani ad indicare nella riforma tributaria e
nella municipalizzazione dei pubblici servizi
i punti salienti di quel “governo locale del­
l’economia” da realizzare mediante un’arti­
colata politica di alleanze con la parte più
avanzata della borghesia urbana5. Su tali ba­
si maturò la convergenza fra i partiti dell’e­
strema sinistra (repubblicani, radicali e so­
cialisti) che portò alla vittoria in alcune
grandi città dei blocchi popolari all’inizio
del secolo. L’incipiente industrializzazione
permise alle amministrazioni socialiste di cit­
tà come Torino e Milano di svolgere appie­
no una funzione mediatrice tra esigenze pro­
duttive private e bisogni collettivi6. In tal
modo i blocchi popolari si assumevano il
compito di regolare e compensare i costi so­
ciali provocati dalla modernizzazione. Nel
Mezzogiorno, invece, la prevalente struttura
agricola e la mancanza di meccanismi pro­
pulsivi di sviluppo poneva gli enti locali nel­
la difficile condizione di supplire la carente
iniziativa privata. L’esempio offerto da Ca­
tania è emblematico. Il programma dei po­
polari è ambizioso: “Accanto alla abolizione
del dazio sul pane, deliberato dal parlamen­
to, la riduzione dei dazi sul carbon fossile,
che è il pane della industrializzazione, la
municipalizzazione e la vendita a buon mer­
cato della forza motrice che è l’anima del
progresso, vi sono le cure efficaci e assidue
verso quei grandi strumenti di produzione e
commercio, come il porto e le altre vie mo­
derne di comunicazione e di trasporto, che
danno impulso efficace e potente allo svilup­
po della nuova vita sociale”7.
Municipalizzare servizi quali l’acquedot­
to, l’illuminazione elettrica, la rete tramviaria significava non solo facilitare la crescita
economica della città ma assicurare al Co­
mune una fonte autonoma di reddito che
avrebbe dovuto risolvere la questione del
reperimento delle risorse finanziarie in gra­
do di alimentare la crescente spesa pubbli­
ca8. Il risanamento del bilancio (obiettivo
primario per la nuova giunta) avrebbe per­
messo al Comune di svolgere una funzione
di traino nell’attività produttiva attraverso
una politica di incremento dei lavori pub­
blici, la protezione delle categorie sociali
più deboli e gli sgravi fiscali sui consumi
popolari.
Dopo la crisi economica del 1888-95 la ri­
presa di una forte domanda di prodotti agri­
coli e di materie prime (esportazione dello
zolfo utilizzato dall’industria chimica euro­
pea) e gli effetti positivi dell’emigrazione sul
mercato del lavoro, innescarono anche in Si­
cilia una favorevole congiuntura. Gli effetti
sono vistosi: nel giro di un decennio viene ricostituito il vigneto, si intensificano le coltu­
re arboree, si assiste ad una riconversione
4 François Bédarida, Il socialismo in Gran Bretagna dal 1875 al 1914, in Jacques Droz (a cura di), Storia del So­
cialismo, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1974; per una più approfondita trattazione del socialismo municipale in­
glese, vedi R. Roberts, Teoria e prassi politica dei socialismo municipale in Inghilterra, 1880-1914, in Aa.Vv., Le
sinistre e il governo locale in Europa dalia fin e dell’800 alla seconda guerra mondiale, Pisa, Nistri-Lischi, 1984,
pp. 156.
5 Giulio Sapelli, Il “governo economico municipale”: l ’esperienza prefascista dei socialismo italiano, in Aa.Vv.,
Le sinistre e il governo locale in Europa, cit., pp. 52 e Maurizio Degl’Innocenti, Il comune nel socialismo italiano
1892-1922, in “Italia contemporanea”, 1983, n. 153, pp. 8-9.
6 Sull’esperienza dei comuni socialisti di Milano e Torino cfr. Maurizio Punzo, Socialisti e radicali a Milano. Cin­
que anni di amministrazione democratica (1899-1904), Firenze, Sansoni, 1979 e Mario Grandinetti, Movimento
sindacale e politica socialista a Torino negli ultimi anni deH’800, in Aa.Vv, Storia del movimento operaio, del so­
cialismo e delie lotte sociali in Piemonte, Bari, De Donato, 1979, vol. I.
7 “Corriere di Catania", art. cit., 20 giugno 1902.
8 Municipio di Catania, Un comune odierno, Catania, Tipografia Galatola, 1905, pp. 25.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
produttiva di alcuni comprensori tradizio­
nalmente latifondistici. Le zone interne del­
l’isola si spopolano a favore delle zone co­
stiere, dove più intensi divengono i traffici
commerciali e dove esistono maggiori sboc­
chi occupazionali. Le città si qualificano co­
me i luoghi privilegiati in cui avviene la com­
mercializzazione dei prodotti: dai porti sici­
liani partono gli emigranti, ma anche vini,
agrumi, primizie e zolfo. Catania, epicentro
di un vasto hinterland agricolo particolar­
mente ricco di vigneti, frutteti e agrumeti,
diviene alla fine del secolo, tramite la co­
struzione di un efficiente asse portuale inte­
grato con la ferrovia, il crocevia degli intensi
traffici mercantili della costa orientale sici­
liana. La ripresa commerciale della città fa­
vorì, accanto ai tradizionali settori alimenta­
ri e tessili, lo sviluppo di un settore indu­
striale legato alla raffinazione dello zolfo e
alla produzione di acido solforico e concimi
chimici9. La classe politica liberale, espres­
sione di una proprietà terriera legata ad una
visione agricolo-commerciale dello sviluppo,
si trovò impreparata a gestire la trasforma­
zione industriale della città. La modernizza­
zione urbana comportò una scollatura tra
ceti produttivi ed élites moderate che, inde­
bolite dalla crisi del mercato vinicolo e dal
crollo della rete bancaria locale degli anni
ottanta, si dimostrò incapace di affrontare
un crescente malessere sociale aggravato dal­
l’epidemia di colera del 1887 e culminato nel
movimento dei Fasci. Agli inizi del ventesi­
47
mo secolo le classi dirigenti liberali si mo­
strarono incapaci di governare lo sviluppo
urbano e di fronte ai nuovi compiti che era
chiamato ad assumere l’ente locale per diri­
gere l’impetuosa crescita della città esse ri­
masero arroccate tra fiscalismo e contrazio­
ne della spesa pubblica, clientelismo e iner­
zia amministrativa. L’approfondimento
delle contraddizioni socioeconomiche pro­
vocò all’intemo dello stesso blocco mo­
derato una spaccatura tra un’ala conser­
vatrice e un’altra intraprendente e dinami­
ca, cooptata da De Felice nelle elezioni del
190210.
Le élites popolari, che resteranno al pote­
re per vent’anni, non rappresentavano certa­
mente una classe omogenea, ma piuttosto
un conglomerato sociale basato sull’alleanza
tra ceti medi urbani e la parte più avanzata
della classe operaia catanese organizzata nel­
le leghe di mestiere e nella Camera del lavo­
ro. La formazione del nuovo blocco sociale
attorno ad un progetto politico che puntava
a coniugare crescita economica e riformismo
sociale può considerarsi come il primo movi­
mento borghese siciliano11. Di esso indiscus­
so leader fu Giuseppe De Felice Giuffrida,
uomo politico in cui confluivano esperienze
diverse: da un lato il comunalismo socialista
di Andrea Costa e dall’altro la tradizione
democratica del mondo meridionale che
“nel comune, nella sua conquista, nelle lotte
intorno al patrimonio comunale, alla difesa
dei demani, alla difesa degli usi civici, aveva
9 Sulla trasformazione economica della Sicilia in questo periodo cfr. Giuseppe Barone, Ristrutturazione e crisi del
blocco agrario. Dai Fasci siciliani al primo dopoguerra, in Aa.Vv., Potere e società in Sicilia nella crisi dello stato
liberale, Catania, Pellicano, 1977; sulla crescita di Catania vedi il volume II Commercio di Catania. Un quindicen­
nio di vita economica (1898-1912), Catania, Tipografia Galatola, 1913; lo sviluppo della città è evidenziato dall’in­
cremento demografico della popolazione tra il 1901 al 1913, valutato intorno al 40 per cento circa. Vedi Alberto Di
Blasi, La dinamica demografica della provincia di Catania dal 1861 al 1961, in “Archivio Storico della Sicilia
Orientale”, 1967, n. 1. Per un profilo generale della città vedi la recente opera di Giuseppe Giarrizzo, Catania, Roma-Bari, Laterza, 1986.
10 Rapporto riservato del prefetto di Catania, Emilio Bedendo, a! Presidente del Consiglio A. Fortis, Catania mag­
gio 1905, Acsmi, Dir. Gen. Amm. Civile, anni 1907-1909, (Catania, Amm. com.) Cat. 15800.
11 Francesco Renda, Giuseppe De Felice Giuffrida capo de! movimento popolare catanese, in “Movimento Ope­
raio”, novembre-dicembre 1954, n. 6, pp. 912.
48
Pinella Di Gregorio
individuato uno dei tratti caratteristici della
contesa civile del Mezzogiorno” 12. Ma an­
cora più direttamente il “popolarismo” di
De Felice saldava la propria credibilità po­
litica alla presenza di una cultura socio­
giuridica formatasi a Catania sin dagli anni
ottanta con il dibattito aperto da Angelo
Majorana e Napoleone Colaianni intorno
alla democratizzazione delle istituzioni poli­
tiche.
Il rinnovamento delle classi dirigenti locali
rimette in discussione l’interpretazione salveminiana di un Mezzogiorno appiattito sui
moduli tradizionali dell’ascarismo politico.
Il fenomeno della sostituzione delle élites
politiche va, al contrario, rivisto, almeno
per le grandi aree meridionali, in relazione
all’emergere di nuovi gruppi sociali. In que­
sto senso le inchieste governative promosse
da Giolitti nel 1900-02 sui municipi di Paler­
mo, Messina e Catania appaiono emblemati­
che in quanto ebbero lo stesso risultato:
l’avvicendamento al potere di gruppi diri­
genti favorevoli al nuovo corso politico13.
Nella città etnea, dove lo schieramento li­
berale si era consumato in una lunga serie di
conflitti interni, l’atteggiamento di Giolitti
provocò una dura opposizione da parte del
Circolo Umberto I attorno a cui si erano
raccolti i resti dei gruppi moderati; e nello
stesso tempo causò a De Felice l’accusa di
ascarismo da parte dei più intransigenti tra i
socialisti. In realtà il collegamento instaura­
tosi tra centro e periferia, sulla base di con­
crete esigenze di modernizzazione politica e
sociale, fu una delle condizioni primarie per
l’egemonia “popolare” nella città etnea.
Ristretta la cinta daziaria, abolito il dazio
sui farinacei, attuati alcuni sgravi fiscali,
municipalizzati i forni, problema energetico
e trasporti urbani ed extra-urbani costituiro­
no i punti salienti del programma ammini­
strativo dei “popolari” . L’alto costo del car­
bone e la mancanza di rapidi collegamenti
con i ricchi paesi del Bosco Etneo frustrava­
no la vocazione metropolitana della città. Su
questo terreno il Comune fu chiamato subi­
to a confrontarsi con le decisioni di investi­
mento dei gruppi capitalistici interessati nel
nuovo settore elettrotramviario. Alla fine
dell’Ottocento il monopolio delle Compa­
gnie del Gas e delle Società tramviarie belghe e francesi era stato messo in discussione
dalle applicazioni della nuova fonte di ener­
gia, l’elettricità14. Le grandi imprese elettri­
che tedesche Schukert, Siemens e Aeg deten­
trici del monopolio tecnologico del settore,
sollecitate dalla saturazione del mercato in­
terno, avevano iniziato negli anni novanta la
loro espansione verso l’estero al fine di col­
locare la loro produzione di materiale elet­
trotecnico. Ma “la diffidenza verso gli im­
pianti elettrotecnici, che erano appena giunti
alla loro maturazione tecnico-produttiva, la
mancanza di disponibilità al rischio e la de­
bolezza finanziaria dei potenziali investitori,
in particolare degli enti pubblici che erano
coinvolti più degli altri in questi investimenti
12 Discorso del Prof. Giuseppe Giarrizzo, (Estratto da Cinquant’anni di vita dell’Istituto Tecnico Commerciale
“Giuseppe De Felice Giuffrida” di Catania) .Catania, 1970; su De Felice vedi pure Rosario Spampinato, L ’attività
politica di Giuseppe De Felice Giuffrida prima dei Fasci Siciliani (1880-1890), in “Archivio Storico della Sicilia
Orientale”, 1971, n. II-III, e dello stesso autore, Profilo di Giuseppe De Felice, in Aa.Vv., I fasci siciliani, Bari, De
Donato, 1976, vol. II.
13 Giuliano Procacci, La lotta di classe in Italia agli inizi del secolo, Roma, Editori Riuniti, 1970; vedi pure Salva­
tore Lupo e Rosario Mangiameli, La modernizzazione difficile: blocchi corporativi e conflitto di classe in una so­
cietà arretrata, in Aa.Vv. La modernizzazione difficile. Città e campagna nel Mezzogiorno dall’età giolittiana al fa ­
scismo, Bari, De Donato, 1983, pp. 255.
14 Cfr. Francesco Saverio Nitti, Scritti sulla questione meridionale. La conquista della forza. Il capitale straniero in
Italia, a cura di Domenico De Marco, voi. V ili, Bari, Laterza, 1966; su Francesco Nitti vedi la documentata bio­
grafia di Francesco Barbagallo, Nitti, Torino, Utet, 1984.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
infrastrutturali, costrinsero le imprese elet­
trotecniche a dedicarsi oltre alla costruzione
di centrali elettriche, di linee tramviarie elet­
triche e di impianti di illuminazione, anche
al loro finanziamento”13*15.
Tramite 1’Unternehmergeschaft le Società
elettriche tedesche realizzavano l’integrazio­
ne tra centrale elettrica, distribuzione di
energia e rete tramviaria che, nei paesi se­
cond comers, permetteva all’impresa di ver­
ticalizzare il ciclo produttivo. Alla fine del
secolo si apriva una intensa fase di concor­
renza tra le Compagnie del Gas e le Società
tramviarie a capitale belga e le nuove impre­
se elettriche tedesche che andavano organiz­
zandosi in trusts. Attorno al nodo delle in­
frastrutture urbane si addensò a Catania lo
scontro di interessi economici tra le imprese
ma anche la lotta politica tra i gruppi capita­
listi e il blocco popolare che intendeva con­
trollare lo sviluppo.
Illuminazione pubblica e tramvie tra affari­
smo e politica
Dopo una prima concessione a Vincenzo
Guerra, titolare di una piccola impresa na­
poletana, il comune di Catania nel 1864 ave­
va affidato l’appalto per l’illuminazione a
gas della città ad una società di Bruxelles, la
Compagnie générale pour l’Eclairage e le
Chauffage par le gaz16. Per circa un venten­
nio la società belga mantenne il monopolio
nella erogazione e distribuzione di energia
alla città: le relazioni con le élites dominanti
e l’inconsistenza finanziaria delle imprese lo­
cali protessero la società da qualsiasi con­
correnza. Parallelamente al servizio di illu­
49
minazione pubblica la crescita commerciale
della città rendeva necessaria la realizzazione
di rapidi collegamenti viari urbani ed extra­
urbani. Agli inizi degli anni novanta il Comu­
ne aveva deciso di fare costruire una rete
tramviaria a vapore concedendone l’appalto a
due affaristi messinesi, Gatto Lo Bruto e Giu­
seppe Battaglia17. Il carattere speculativo
dell’impresa emerse chiaramente, poiché i la­
vori non furono mai iniziati, e ciò causò un
contenzioso con il Comune prolungatosi sino
al 1902. La vertenza era ancora in corso
quando anche a Catania si affacciò l’ipotesi
dell’impianto di una rete tram viaria elettrifica­
ta. Le possibilità di espansione offerte dal
nuovo settore mobilitarono l’energia impren­
ditoriale locale, come la ditta Prinzi, attiva nel
settore molitorio, e gruppi affaristi interpro­
vinciali legati in qualche modo alla finanza in­
ternazionale e imprese straniere. La proposta
della ditta Prinzi fu presto ritirata; restarono
in lizza l’offerta dell’impresa messinese di
Gatto Lo Bruto e Giuseppe Battaglia, che
agiva in questa occasione come rappresen­
tante della banca lionese Durand, e quella
della Società elettrica tedesca Felix Singer.
Entrambi i progetti proponevano la costruzio­
ne di una rete tramviaria, comprendente linee
urbane ed extra-urbane e l’impianto di un’of­
ficina termoelettrica la quale, oltre a fornire la
forza motrice per le vetture, avrebbe distribui­
to energia alla città. In seguito a queste offerte
si fronteggiarono a Catania due partiti, uno
pro Durand, l’altro pro Singer. La battaglia
per ottenere la concessione venne condotta
con tutti i mezzi, ma soprattutto attraverso
pressioni sulla stampa locale. Il gruppo Du­
rand finanziava nel dicembre 1897 la nascita
del giornale “L’Elettrico” . Il quotidiano pre-
13 Peter Hertner, Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 1984,
pp. 45-46.
16 A tto di concessione per l ’appalto di illuminazione pubblica a Catania, Archivio legale Carnazza (da ora in poi
A1C), Società Tramviaria (da ora in poi St), pacco 20, fascicolo II.
17 Convenzione per l ’impianto e l ’esercizio dei Tramways a vapore in Catania, 8 gennaio 1892, A1C, St, p. 18,
fase. XXI.
50
Pinella Di Gregorio
sento, fin dal primo numero, le motivazioni
per cui si sarebbe battuto: far conoscere al
pubblico “coi documenti alla mano la vera
storia della questione che sta dietro l’elettri­
ficazione dei trams”18.
Il giornale mascherava gli interessi del
gruppo francese dichiarando di porsi dalla
parte dell’interesse pubblico per il progresso
della città, contro “i falsi giudizi che la gen­
te disturbata dai colpi di gran cassa o travia­
ta da false insinuazioni è portata a ritenere
esatti”19.
Nella sua breve ma intensa campagna
giornalistica contro la Singer, “L’Elettrico”
puntava soprattutto su due linee di attacco:
una riguardava l’immagine della società te­
desca accusata di millantato credito (giac­
ché si era presentata come la casa america­
na di macchine da cucire) e del reclutamen­
to di personale per organizzare claque in
favore della Singer per influenzare consi­
glieri comunali; l’altra critica, più grave,
era ripresa dalle obiezioni che De Felice
muoveva al progetto dalle colonne del suo
giornale “L’Unione”, e accennava a quella
connivenza tra impresa elettrica e Compa­
gnia del gas20.
Ma di questa seconda accusa non vi erano
prove concrete. D’altra parte i difensori del­
la Singer ribaltavano le argomentazioni so­
stenendo che “i Durand non faranno i trams
per favorire i commercianti del carbon
fossile”21.
Il riferimento era preciso, poiché Batta­
glia, rappresentante della Casa Durand, diri­
geva la filiale messinese della Hugo Stinnes.
Ma al di là delle polemiche giornalistiche la
proposta dell’impresa tedesca presentava un
vantaggio indiscutibile rispetto a quella della
Casa Durand. A differenza del gruppo fi­
nanziario francese, che si sarebbe limitato a
subappaltare i lavori ad un’impresa costrut­
trice locale, la Singer dichiarava di realizzare
essa stessa gli impianti elettrici e le tramvie,
con la garanzia di non gonfiare le spese con
subappalti e, quindi, di non speculare sui
costi22. A questa condizione fu particolar­
mente sensibile il Comune, scottato dalle
precedenti concessioni ad imprese puramen­
te speculative. Dopo sette mesi dall’inizio
delle trattative, I’ll giugno 1898 il Comune
concedeva l’appalto per la produzione e di­
stribuzione di energia elettrica e la costruzio­
ne di una rete tramviaria urbana ed una li­
nea extra-urbana che collegava la città alle
agrotowns delle pendici etnee23. Il Comune
fu costretto ad inserire nel contratto la tramvia del Bosco Etneo, di difficile realizzazio­
ne tecnica, pressato dalle istanze di un ceto
mercantile-terriero che sin dalla metà del se­
colo diciannovesimo aveva proceduto ad
un’intensa trasformazione fondiaria nelle
cosiddette “terre forti”.
I problemi che la Singer dovette affronta­
re durante la sua attività a Catania furono
molteplici. Anzitutto l’irriducibilità della
Compagnia del gas, la quale, oltre gestire
un’officina termica per illuminazione del
giardino pubblico, aveva iniziato la cos­
truzione di un’altra centrale elettrica24. In
18 “L’Elettrico”, 16 dicembre 1897.
19 “L’Elettrico", art. cit.
20 “L’Elettrico”, 10gennaio 1898.
21 Un p o ’più di luce sulla questione dei trams elettrici in Catania, Catania, 1898; e “L’Elettrico”, 12 febbraio 1898.
22 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 29 dicembre 1897.
23 Contratto per l ’impianto di tramvie, illuminazione e forza motrice mediante l’energia elettrica, fra il Comune e
la provincia di Catania e la Elettricitas Gesellschaft Felix Singer & co. di Berlino, Catania, 1906, A1C, St, p. 18,
fase. VI.
24 Comparsa conclusionale innanzi alla Corte di Appello di Catania per la Società Felix Singer contro la Società del
Gas, A1C, St, p. 20, fase. II.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
secondo luogo una crisi di liquidità che le
impedì di mantenere gli impegni assunti con
il Comune e che ne determinò nel 1899 l’as­
sorbimento da parte di un’altra società tede­
sca, la Helios Electricitas Aktien Gesellschaft di Colonia25. Fondata nel 1884, la
Helios era stata la prima impresa tedesca ad
utilizzare il sistema a corrente alternata; in
pochissimo tempo la società aveva registrato
una notevole crescita economica (il capitale
azionario era passato dai 2 milioni di lire del
1895 ai 20 milioni del 1901) e, pur restando
un’impresa di media grandezza, verso la me­
tà degli anni novanta si lanciò anch’essa alla
conquista del mercato italiano. La maggiore
iniziativa in tal senso fu senz’altro l’acquisi­
zione della Bank fur Elektrische Industrie di
Berlino, che permise alla Helios di soppian­
tare, almeno in parte, le forniture di mate­
riale elettrico della ditta americana Walker,
fino ad allora utilizzato dalla Singer nella
costruzione della rete tramviaria a Cata­
nia26. Il cambiamento di proprietà non mo­
dificò i problemi connessi alla costruzione
della tramvia del Bosco Etneo che avevano
ritardato l’inizio dei lavori. Le difficoltà tec­
niche venivano giudicate dalla Singer-Helios
insormontabili rispetto ai costi di costruzio­
ne e gestione della rete.
La situazione sembrò sbloccarsi quando i
popolari conquistarono il governo della cit­
tà. In seguito alla sentenza del Tribunale ci­
vile di Catania del 24 novembre 1902, con la
quale si condannava la società tedesca per
inadempienza, il contratto poteva essere di­
chiarato nullo. A tal fine l’amministrazione
51
popolare decise di avviare trattative con la
Siemens e l’Aeg, per realizzare la costruzio­
ne della tramvia27. Ma entrambe risposero di
essere disposte a costruire ma non a gestire
la rete tramviaria etnea28. Fallite le trattativa
con i tedeschi, i popolari si trovarono a do­
ver scegliere tra la rescissione del contratto
con la conseguente municipalizzazione, o
una transazione con la Singer che escludesse
la costruzione della tramvia etnea. Poiché
l’amministrazione defeliciana si orientò ver­
so la trattativa, divenne oggetto di forti e
contrapposte pressioni. Per i socialisti era
giunta l’occasione favorevole per procedere
alla realizzazione della parte più qualificante
del programma popolare: la municipalizza­
zione dei tram29. Sull’altro fronte l’opposi­
zione conservatrice si spaccava in due tron­
coni: da una parte protagonisti politici come
Beneventano e Carnazza che giudicavano
inutile ed onerosa la municipalizzazione,
dall’altra gli esponenenti dell’aristocrazia
terriera (Paterno Castello, il principe di
Manganelli, Vadalà-Papale, Monastra), in­
teressati alla commercializzazione dei pro­
dotti delle “terre forti”, che insistevano per
l’impianto della tramvia del Bosco, con cui
solidarizzavano i notabili locali dei paesi
etnei30. L’“affare tramviario” polarizzò per
mesi interi lo scontro politico che culminò in
un’agitata seduta del consiglio comunale del
15 maggio 1903 durante la quale l’ammini­
strazione fu accusata dai socialisti di venire
meno al programma popolare. In polemica
con l’opposizione socialista si incaricò di di­
fendere la posizione della giunta Luigi Mac-
25 Lettera della Helios Elektrizitas-Gesellschaft di Colonia, all’avvocato Carnazza, 12 dicembre 1899, A1C, St, p.
18, fase. VI.
26 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica italiana fin o alla prima guerra mondiale, in Aa.Vv., Ener­
gia e sviluppo. L ’industria elettrica italiana e la società Edison, Torino, Einaudi, 1986, pp. 241.
27 Le offerte rimaste, in “Corriere di Catania” , 29 aprile 1903.
28 La riunione della maggioranza ed il rinvio della discussione, in “Corriere di Catania” , 5 maggio 1903.
29 La municipalizzazione dei trams, in “Il Riscatto”, 13-14 giugno 1903.
30 Cfr. Parere della difesa del comune di Catania sui dichiaratori dei comuni dì Mascalucia, S. Giovanno La Punta
e S. Agata L i Battiati, relativi alla transazione per le tramvie, Catania, 1903.
52
Pinella Di Gregorio
chi, esponente di spicco del popolarismo e
più volte assessore ai lavori pubblici31. An­
zitutto egli sottolineò la differenza tra il
concetto di municipalizzazione e quello di
impresa municipale: carattere distintivo del­
la prima era il beneficio sociale che deriva­
va alla comunità indipendentemente dall’u­
tile economico che il Comune poteva rica­
varne; le imprese municipali, chiamate a
gestire servizi di tipo industriale avevano,
al contrario, il preciso compito di assicura­
re alle finanze comunali un reddito da riu­
tilizzare per diminuire le tasse oppure per
produrre altri servizi32. Secondo Macchi il
Comune di Catania non poteva farsi carico
della municipalizzazione né tantomeno del­
la costruzione di una rete tramviaria perché
ciò avrebbe comportato un forte immobi­
lizzo di risorse che le condizioni della fi­
nanza locale realisticamente non consenti­
vano di reperire. La redditività del servizio
poteva essere assicurata soltanto da un’im­
presa privata, per le maggiori disponibilità
di capitali e tecnologie. Davanti alla com­
missione consiliare incaricata di studiare la
questione, De Felice difese la scelta del­
l’amministrazione comunale di orientarsi
verso la transazione con la considerazione
che, fallite le trattative con le altre imprese
e tenuto conto che un’azione legale contro
la Singer si sarebbe protratta nel tempo,
l’accordo era l’unico modo per ottenere en­
tro breve termine i tram e la luce elettrica a
Catania33. Le motivazioni addotte dal lea­
der “popolare” furono decisive e il 4 mag­
gio 1904 il Comune e la Singer-Helios sot­
toscrivevano un accordo nel quale veniva
esclusa la realizzazione della tramvia del
Bosco Etneo34. La firma della transazione
sancì la rottura definitiva tra il blocco defeliciano e i socialisti catanesi.
Il disimpegno della Helios e il rifiuto del­
la Siemens e dell’Aeg riflettono il disagio
economico in cui si dibattevano le imprese
tedesche. La crisi economica del 1901, poco
più di un rallentamento nel lungo periodo
di favorevole congiuntura della economia
europea, aveva aggravato la debolezza
strutturale del mercato di capitali in Ger­
mania. All’industria tedesca esportatrice di
tecnologia venne a mancare il supporto ne­
cessario per sostenere le posizioni di merca­
to già conquistate all’estero. Alla fine del
secolo la fondazione di società finanziarie,
promosse dai grandi trusts elettrici Aeg,
Siemens e Schukert con il fine principale di
rastrellare capitali senza distinzione di na­
zionalità aveva risolto, parzialmente, la dif­
ficoltà di reperire nuove risorse per l’indu­
stria elettrotecnica tedesca. La crisi di liqui­
dità delle società elettriche, dopo il 1901,
accrebbe la necessità di ampliare il mercato
di capitali e favorì il sistema delle parteci­
pazioni incrociate attraverso cui si realizza­
va la ricomposizione dell’alta finanza euro­
pea. È di questo periodo la costituzione di
società a carattere multinazionale35, che,
sfruttando la domanda di tecnologia e di
investimenti industriali dei paesi second
comers, accelerarono l’integrazione finan­
ziaria internazionale, superando nei fatti
la tradizionale immagine di un capitale
tedesco nazionalista ed imperialista e di
un capitale franco-belga rentier e pa
31 Proprio in seguito a questa vicenda Macchi si era dimesso da direttore dell’organo ufficiale socialista il 1 marzo
1903; vedi “La questione tramviaria”, in “Il Riscatto” , 21-22 giugno 1903.
32 La questione tramviaria. Una lettera dell’avvocato Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903.
33 Verbali della Commissione Consiliare Provinciale per lo studio della questione tramviaria, Catania, 1904,
pp. 10-13.
34 Transazione tra la provincia e il Comune di Catania e la Società Felix Singer, 4 maggio 1904, A1C, St, p. 18,
fase. VI.
35 P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit., pp. 45-50.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
rassitario36. Emblematiche al riguardo ap­
paiono le vicende catanesi. In seguito alla
crisi nel 1903 la Helios era stata posta in li­
quidazione e i suoi impianti acquistati dall’Aeg, dalla Siemens e dalla Lahwmeyer37.
Le difficoltà finanziarie delle società elettri­
che tedesche permisero il reinserimento del
capitale balga nel settore delle infrastrutture
a Catania attraverso la formazione di un
nuovo gruppo. Di questo si fece promotore,
grazie ai contatti con l’Elektrobank, finan­
ziaria dell’Aeg, l’Union des Tramways, trust
controllato dalla Banque internationale de
Bruxelles (interessata nella Compagnie géné­
rale d’Eclairage et le Chauffage par le gaz) e
dalla Banca centrale di Anversa38. Il 19 no­
vembre 1904 si costituiva a Bruxelles la So­
ciété anonyme Tramways et Eclairage à Ca­
tane la quale un mese dopo otteneva dalla
Singer il trasferimento della concessione del
189839. Nel corso del 1905 entravano in fun­
zione la centrale termoelettrica e le principa­
li linee tramviarie della città40 che collegava­
no il centro storico e la stazione ferroviaria
con le borgate Gioeni, Acquicella, Cibali e
Ognina41, più densamente popolate, che po­
ste fuori dalla cinta daziaria, costituivano le
aree di espansione industriale. La realizza­
zione della rete tramviaria rappresentò una
importante svolta per la stessa struttura ur­
bana che in tal modo inglobava al suo inter­
no i quartieri periferici, aprendo la via al
53
nuovo sviluppo edilizio e commerciale che
avrebbe continuato a svolgersi a lungo per
quelle direttrici. La scelta dell’amministrazione “popolare” di optare per la transazio­
ne con l’impresa privata raggiunse l’obietti­
vo principale: dopo ben sette anni dalla sti­
pula del primo contratto Catania disponeva
di linee tramviarie e di una rete elettrica.
I rapporti tra la Tramways ed il Comune
si deteriorarono, però, immediatamente. In
base alla transazione del 1904 amministra­
zione comunale e società tramviaria avreb­
bero dovuto procedere insieme alla stima del
costo dell’impianto elettrotramviario, che
avrebbe permesso al Comune di ottenere,
una volta ammortizzate le spese di costru­
zione, il 20 per cento di utili sui profitti del­
l’azienda. Nel dicembre del 1905 il direttore
della Tramways, Monteverde, e il prosinda­
co De Felice tentarono una mediazione, ma
senza risultato, poiché sul valore degli im­
pianti si aprì una battaglia di cifre che alla
fine impedì il raggiungimento dell’ac­
cordo42.
Sulla questione tramviaria si innestava lo
scontro politico tra i popolari e il partito
monarchico-costituzionale riorganizzatosi
intorno al deputato giolittiano Gabriello
Carnazza. “Affarista senza scrupoli” (come
lo definiva il “Corriere di Catania”), rappre­
sentante della Singer poi della Helios, ammi­
nistratore della Tramways, consulente legale
36 Cfr. Lenin, L ’imperialismo fase suprema del capitalismo, Roma, Editori Riuniti, 1974; e Antonio Bechelloni,
Politica estera nell’età dell’imperialismo: Francia, in II mondo contemporaneo, Storia d ’Europa, Firenze, La Nuo­
va Italia, 1980, vol. II, t. II, p. 721.
37 P. Hertner, Il capitale tedesco nell’industria elettrica, cit., p. 244.
38 Michel Dumoulin, Italie-Belgique: 1861-1915, Relations Diplomatiques, culturelles et économiques, Troisième
partie, Les Relations Economiques, vol. 2, Les Investissements, Louvain-la-Neuve, 1981, pp. 854-855.
39 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d ’administration et du collège des commissaires
au 31 décembre 1925, Bruxelles, 1926; e Comparsa conclusionale innanzi al Tribunale di Napoli per la Società dei
trams contro la ditta Vitale, 1 marzo 1909, A1C, St, p. 18, fase. VI.
40 La centrale termica di Catania, in “Sicilia Elettrica” , 1931, n. 2.
41 Société anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du conseil d ’administration, Assemblée
générale du 28 avril 1906, Bruxelles, 1906.
42 La questione tramviaria, in “Corriere di Catania”, 31 dicembre 1905; e La bomba del prosindaco, Lettera del di­
rettore Monteverde, in “La Sicilia” , 1-2 gennaio 1906.
54
Pinella Di Gregorio
della Società catanese di elettricità, Carnazza era inserito nelle attività economiche più
redditizie dell’isola, dalle miniere di zolfo al­
le ferrovie. Legato a gruppi finanziari italianini e stranieri rappresentò l’alternativa po­
litica a De Felice. Le rivalità personali, ali­
mentate dai giornali, traducevano più con­
cretamente differenti concezioni nel modello
di sviluppo da prospettare per la città. Da
una parte campeggiava il Comune “popola­
re” intenzionato a pilotare il decollo indu­
striale della città tramite la pianificazione
controllata dalle risorse pubbliche e private.
La previsione ottimistica era di acquisire
dalla concessione tramviaria una consistente
compartecipazione agli utili che l’ammini­
strazione avrebbe poi redistribuito global­
mente alla città sotto forma di altri servizi,
sgravi fiscali o per l’incremento delle opere
pubbliche. L’alternativa privatista, caldeg­
giata da Carnazza, difendeva invece l’auto­
nomia dei gruppi monopolistici operanti nel­
la città etnea che non intendevano farsi con­
dizionare nelle loro scelte tecniche e finan­
ziarie dalle élites socialriformiste. Il nodo
cruciale dello scontro verteva pertanto sul
controllo politico e sulla gestione della mo­
dernizzazione urbana.
Fallito l’accordo sul valore da attribuire
agli impianti, l’amministrazione popolare
vide spezzarsi il binomio su cui aveva punta­
to con la transazione del 1904: dotare la cit­
tà di luce elettrica e tramvie, e contempora­
neamente conseguire un utile finanziario per
il Comune. Entrato in crisi quello che Mac­
chi aveva definito il principio della “munici­
palizzazione fruttifera”43 e sconfitto dal pri­
vatismo, il blocco defeliciano spostò lo
scontro con l’impresa capitalista sul terreno
delle rivendicazioni sociali che gli era più
congeniale. In tal modo l’amministrazione
popolare promosse l’organizzazione sinda­
cale di operai, tramvieri e impiegati della so­
cietà fino all’appoggio diretto di vertenze sa­
lariali e di scioperi44.
La sostituzione della Tramways alla
Singer-Helios non risolveva di certo le dif­
ficoltà economiche del progetto. Il disegua­
le rapporto stabilitosi tra investimenti e
profitti poneva la Società dei tram in una
situazione contraddittoria. Da una parte i
redditi di esercizio dell’impresa continuava­
no a rimanere bassi per l’incompletezza
delle linee, per la scarsa utenza, per i vin­
coli tariffari previsti dal contratto ed infine
per l’oggettiva arretratezza industriale del­
l’ambiente produttivo che costringeva ad
una sottoutilizzazione degli impianti45. Dal­
l’altra, però, la crescente domanda di ener­
gia, dovuta al forte incremento demografi­
co della città (soprattutto nei quartieri peri­
ferici) imponeva un continuo ampliamento
delle linee di trasmissione elettrica46. Sareb­
be stato possibile superare questa strozzatu­
ra attraverso un aumento di investimenti
per completare le reti tramviarie urbane,
allargando cosi il mercato degli utenti, e
assicurare energia elettrica all’intera città,
ma ciò avrebbe richiesto una forte disponi­
bilità finanziaria. Fino a che punto gli inve­
stitori esteri erano disposti ad accrescere
la loro partecipazione ad una impresa che
necessitava di immediati e cospicui finan­
ziamenti, promettendo profitti a lungo ter-
43 “Corriere di Catania”, 16 maggio 1903, art. cit.
44 Per l’atteggiamento della giunta popolare ed in particolare di De Felice nei confronti della Tramways durante
lo sciopero dei lavoratori tramvieri del maggio 1907, cfr. Lo sciopero dei tramvieri, in “Corriere di Catania”, 19
maggio 1907.
45 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 25 avril 1908, Bruxelles,
1908.
46 Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale des Actionnaires du 30 avril 1910, Bruxelles,
1910.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
mine? Già nei primi mesi del 1907 la Socie­
tà aveva fatto ricorso ad un aumento di ca­
pitale, sottoscritto in parte dalla Tramways
di Livorno, e l’anno seguente aveva avuto
bisogno di un ulteriore finanziamento47.
Tale situazione si rifletteva sul valore delle
azioni della società scese da 150 ad appena
95 franchi48. Era senza dubbio un forte se­
gno di sfiducia del mercato belga verso
l’impresa tramviaria catanese; insistere ad
ampliare gli impianti con un crescente im­
mobilizzo di capitali cominciava a sembrare
ai finanziatori belgi un affare troppo ri­
schioso. Era ormai urgente, piuttosto, com­
piere un salto di qualità, diversificando la
produzione di energia elettrica dalla trazio­
ne in modo da ottenere una maggiore ra­
zionalità e produttività, con il risultato di
abbassare i costi di esercizio della Tram­
ways.
E monopolio della SeSo e la crisi del munici­
palismo defeliciano
Agli inizi del ventesimo secolo l’impiego di
tecnologie avanzate quali l’uso della corren­
te trifase, il trasporto a lunga distanza del­
l’energia idroelettrica, i grandi serbatoi arti­
ficiali per immagazzinare l’acqua, consenti­
vano l’utilizzazione anche delle scarse risor­
se idriche della Sicilia. A puntare sulla scelta
idroelettrica furono i gruppi finanziari ita­
liani Bastogi e Comit. Sulla riconversione
produttiva, basata sulla costruzione di cen­
trali idroelettriche nell’isola, si sarebbe rea­
lizzata la collaborazione finanziaria tra i
55
nuovi protagonisti Comit e Bastogi e i grup­
pi belgi e tedeschi.
La Società elettrica della Sicilia orientale
(Seso) si costituì a Roma il 14 maggio 1907
con capitale di 3 milioni di lire49. Presidente
della nuova società era Maurizio Capuano,
fondatore della Società meridionale di Elet­
tricità, e consigliere delegato l’ingegnere En­
rico Vismara, già amministratore della So­
cietà tirrena di Elettricità. Nel consiglio di
amministrazione della società figuravano i
rappresentanti del capitalismo italiano,- Pie­
tro Calapay (Navigazione generale italiana),
il senatore Luigi Della Torre (Banca Zacca­
ria di Pisa), Pietro Fenoglio (direttore della
Bei), Iacopo Barbisio (Società italiana per le
Strade ferrate meridionali), del capitale te­
desco, Giovanni Barberis (direttore della So­
cietà per lo sviluppo delle imprese elettriche
in Italia) e gli esponenti della Compagnie gé­
nérale pour l’Eclairage et le Chauffage par
le gaz, della Société générale belge d’Entreprises électriques e della Chemins de Fer
économiques50. L’intervento di un pool fi­
nanziario di tale livello integrato dalla pre­
senza di managers qualificati quali il Visma­
ra e l’Omodeo impostava per la prima volta
la scelta dell’industrializzazione come strate­
gia di fondo per lo sviluppo dell’economia
regionale. Combinando insieme innovazioni
tecniche e ingenti capacità di investimento,
la Seso si poneva come il principale fattore
di trasformazione nella struttura economica
della Sicilia orientale. Già nel 1908 Vismara
pubblicò a Milano un opuscolo, Lo sviluppo
idroelettrico della Sicilia, nel quale veniva
chiarificata la strategia di intervento della
47 Trattative in tal senso tra l’Union des Tramways e la Tramways de Livorno erano già avvenute nel corso del
1906. La Società dei trams di Livorno faceva parte di un trust, la Compagnie internationale des Tramways, sotto
il controllo della Paribas e della Banque internationale de Bruxelles. Cfr. Michel Doumoulin, Italie-Belgique:
1861-1915, cit., pp. 854-855; Tramways et Eclairage électriques à Catane, Assemblée Générale du 25 avril 1908,
c it.
48 “Gazette Financière Revue Hebdomadaire”, 13 dicembre 1908, Aie, Seso, p. 23, fase. VII.
49 L ’opera della Società Generale elettrica della Sicilia in oltre 50 anni di attività per l’isola, sd.
50 Società elettrica della Sicilia orientale, Assemblea generale ordinaria del 31 marzo 1914, Milano, 1914.
56
Pinella Di Gregorio
Seso nell’isola51. Le condizioni di arretratez­
za della Sicilia imponevano alla società elet­
trica di approntare un progetto di moderniz­
zazione riguardante non solo l’elettrificazio­
ne dell’intera area regionale, ma anche la si­
stemazione idrogeologica del terreno mon­
tuoso, la costruzione di bacini artificiali e la
bonifica dei territori malarici, così da inse­
diare iniziative agricole produttive52: la di­
stribuzione di energia idroelettrica, per i
suoi bassi costi e per l’ampiezza delle zone
servite, avrebbe risolto la principale strozza­
tura dello sviluppo industriale dell’isola.
La costruzione delle due grandi centrali
idroelettriche dell’Alcantara e del Cassibile,
poste rispettivamente a nord e a sud della
città etnea, nel giro di pochi anni collocaro­
no Catania al centro della rete di produzione
e distribuzione dell’energia elettrica della Si­
cilia orientale53. La Seso iniziava la sua atti­
vità specializzandosi nel settore della produ­
zione di energia, laddove la fase della distri­
buzione nelle città venne delegata ad impre­
se collaterali già esistenti o in via di forma­
zione. A differenza di Siracusa e Messina,
dove il servizio venne affidato a due società
locali già esistenti, a Catania il gruppo Seso
attuò una ristrutturazione dell’intero setto­
re. Nell’aprile del 1909 si costituì la Società
catanese di Elettricità, con capitale di
1.500.000 lire diviso in 10 mila azioni privi­
legiate del valore di cento lire l’una e 5.000
azioni comuni dello stesso valore54. Vismara
ne sottoscrisse 5.200 per conto della Seso, e
4.800 furono acquisite dal gruppo belga55.
La compartecipazione azionaria tra i due
gruppi divenne accordo operativo l’anno se­
guente, quando la Seso fu in grado di forni­
re l’energia idroelettrica, momento fondamentale dell’intero progetto di ristruttura­
zione. Il piano prevedeva la costruzione di
una nuova rete di distribuzione elettrica a
corrente alternata, fornita dalla Seso, man­
tenendo quella a corrente continua al centro
della città, dove si trovavano le tramvie, gli
uffici e gli edifici pubblici, per permettere di
servire completamente e senza interruzione
l’intera area urbana e le zone adiacenti. La
Tramways avrebbe pagato il canone per l’e­
nergia fornita dalla Catanese, che a sua vol­
ta avrebbe versato una somma à forfait con
la cessione della centrale termoelettrica; me­
desimo accordo fu raggiunto con la Compa­
gnia del gas, il cui servizio era ormai limita­
to soltanto al Giardino pubblico della cit­
tà56. Il compito affidato alla Catanese emer­
ge chiaramente: assumere il controllo di tut­
te le grandi o piccole imprese che fornivano
energia nella provincia di Catania. Oltre alla
presenza di un intraprendente manager co­
me l’ingegnere Francesco Fusco e l’onnipre­
sente Carnazza, era essenziale a tal fine la
partecipazione alla società di esponenti del­
l’aristocrazia catanese57. Tale presenza ga­
rantiva alla See appoggi o quanto meno be­
nefici difficilmente raggiungibili in altro mo-
51 Enrico Vismara, Lo sviluppo idroelettrico della Sicilia, Milano, 1908.
52 Cfr. G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell’Italia contemporanea,
Torino, Einaudi, 1986.
53 Per informazioni tecniche sulle due centrali idroelettriche vedi L ’impianto idroelettrico sul Cassibile, in “Sicilia
Elettrica”, marzo 1930, n. 1; e Gli impianti della Sges sull’Alcantara, in “Sicilia Elettrica” , luglio 1930, n. 5.
54 A tto di costituzione della Società Catanese di Elettricità, 21 aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.
55 Transazione privata tra i signori Giovanno Celona e Michele Calderoni con l ’avvocato Gabriello Carnazza, 21
aprile 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. IV.
56 Relazione del direttore della Società Catanese di Elettricità ingegnere Fusco ai consiglieri belgi, 12 aprile 1910,
A1C, Seso, p. 1, fase. V.
57 Tra gli altri figuravano come presidente della nuova società il barone Giuseppe Zappalà Asmundo e come consi­
gliere il commendatore Nunzio Consoli Marano, vedi Verbale della seduta del Consiglio di amministrazione della
Società Catanese di Elettricità, 14 giugno 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
modo. Tra il 1909 e il 1911 la Catanese as­
sorbì ogni impresa autonoma del settore, o
tramite fusione, come nel caso della Elek­
tron di Acireale58, o con l’assunzione del
servizio di illuminazione pubblica, o con la
fornitura diretta ai privati. Ma l’attività del­
la Catanese si svolse anche in altre direzioni,
quali la partecipazione alla Società galatea
per la costruzione della rete tramviaria Acireale-Catania59, l’ammodernamento degli
impianti termici degli stessi Comuni e la co­
struzione di linee di distribuzione elettrica,
per una spesa complessiva di 2.500.000
lire60.
Di fatto la Seso assumeva il monopolio
della produzione e distribuzione di energia
elettrica per l’illuminazione e forza motrice
di tutta la Sicilia orientale. La società elettri­
ca continuò con successo la sua attività in­
dustriale conseguendo uno sviluppo produt­
tivo rapido ed esteso, accompagnato da una
notevole crescita economica. All’ulteriore
aumento di capitale del 1913 (da 10 a
11.500.000 lire) si aggiunse un incremento
netto degli utili che nel 1911 ammontarono a
271.574 lire, raddoppiarono nel 1912, e si
stabilizzarno nel 1913 sulle 677.462, mante­
nendosi costanti nei due anni successivi.
Analogamente si ebbe una crescita dei divi­
dendi saliti da venti a venticinque lire per
azione61. Venivano potenziate le reti di di­
stribuzione elettrica, e il completamento del­
le linee di trasmissione permise di estendere
l’alimentazione idroelettrica a tutte le città.
Inoltre la Seso estendeva la sua zona di in­
fluenza fino a raggiungere i due punti estre­
57
mi della Sicilia orientale. Nel giugno 1913
fu inaugurato un impianto a Barcellona e
completato un altro a Milazzo; l’anno do­
po venivano raggiunti accordi per la forni­
tura di energia con una società di rivendita
nella zona iblea62. La Seso divenne in tal
modo l’unica interlocutrice per Comuni ed
aziende che volessero acquistare energia
elettrica. Le aziende servite erano nella
maggior parte molini e pastifici, spesso a
conduzione familiare, più raramente impre­
se chimiche o metallurgiche. Lo schema de­
gli accordi era sempre identico: contratti
preferenziali per le ditte maggiori, tariffe
differenziate a secondo delle ore di utilizzo
dell’elettricità, durata media da cinque a
dieci anni. Il sistema tariffario adottato pe­
nalizzava in pratica le piccole aziende, alle
quali l’energia veniva a costare in media
0,47 centesimi e favoriva le imprese di
maggiori dimensioni che consumavano più
di 40.000 kW. pagandoli 0,36 centesimi.
L’alto consumo di energia, dovuto alle mag­
giori potenzialità dei macchinari, permetteva
a queste ultime di abbassare i costi energeti­
ci. Al contrario molte piccole imprese, in se­
guito al rifiuto della Seso di ridurre le tarif­
fe, furono costrette a chiudere63.
Altrettanto complesso si dimostrò il rap­
porto tra i Comuni della Sicilia orientale e
la Seso. Questa puntava a realizzare in po­
co tempo una rete di distribuzione estesa
all’intera regione che comprendesse anzitut­
to i Comuni tramite l’illuminazione pubblica
di strade, piazze ed edifici. Ma gli enti locali,
anche se interessati alla realizzazione degli
58 Sentenza del Tribunale Civile di Catania, 18 settembre 1909, A1C, Seso, p. 1, fase. VI.
59 Relazione de! direttore Fusco al Consiglio di Amministrazione della Società Catanese di Elettricità, 16 settembre
1909, A1C, Seso, p. 1, fase. V.
60 Preventivo di spesa della Società Catanese di Elettricità 16 settembre 1909, A1C, Seso, pi, fase. V.
61 Credito italiano (a cura di), Società Italiane per Azioni. Notizie Statistiche 1916, Roma, 1916. .
62 Seso, Rapporto del Consiglio di Amministrazione, 26 marzo 1915, Milano, 1915.
63 Vedi Contratto per la fornitura di energia elettrica con la ditta Monaco & Figli, 7 marzo 1911, A1C, Seso, p. 4,
fase. XIV; sui rapporti tra la Seso e le imprese siciliane vedi pure, Contratto con la ditta Lo Presti Marnilo, 10 dicembre
1913, A1C, Seso, p. 3, fase. IV; e Contratto con la ditta Colla e Concimi di Milazzo, A1C, Seso, p. 3, fase. XV.
58
Pinella Di Gregorio
impianti, opponevano una resistenza cultu­
rale e politica al monopolio elettrico64.
Grande impresa e politica municipale
A Catania la presenza del trust elettrofinan­
ziario ripropose il tema dei rapporti tra capi­
tale privato e Comune. Al centro della lotta
politica del biennio 1909-11, che vedeva op­
posti ancora una volta lo schieramento gui­
dato dai Carnazza e quello defeliciano, si
poneva la questione tramviaria65. L’ammini­
strazione popolare, sotto pressione per l’in­
chiesta governativa Bladier66, e spinta da
motivi di rivalsa politica ed economica, ten­
tava di rilanciare il ruolo del “comune mo­
derno” , centro propulsore dello sviluppo
economico e sociale in contrapposizione alla
logica privatistica del monopolio elettrico.
Sotto questo aspetto le rivalità interimperia­
listiche del centro capitalistico per la supre­
mazia sui mercati late comers si intrecciava­
no in periferia alle lotte che si svolgevano
nella ristretta cerchia dei brokers e tra le di­
verse clientele elettorali per la conquista del
potere locale.
Per tentare di sfuggire ai condizionamenti
economici del trust elettrico della Seso, De
Felice cercò di attivare la concorrenza indu­
striale, così da ottenere almeno la costruzio­
ne delle tramvie del Bosco Etneo. Nel no­
vembre del 1909 una società, rappresentata
da Andrea Borioli e Edoardo La Porta, am­
ministratori de Les Tramways de Paierme e
da William Bouette direttore della Westin­
ghouse a Milano, aveva presentato un pro­
getto per l’ampliamento delle linee tramvia­
rie urbane e la costruzione della rete etnea,
immediatamente accettata dall’amministra­
zione comunale67. La proposta sembrava,
per la verità, costituire un buon affare per il
Comune. Essa prevedeva la costruzione di
tredici linee tramviarie, l’anticipo da parte
della società delle somme occorrenti per l’a­
pertura delle nuove strade, un compenso an­
nuo per il Comune di 1.600 lire per ogni chi­
lometro costruito, un eventuale prestito di
500.000 lire alle finanze municipali a mite
saggio di interesse, la compartecipazione agli
utili ed, infine, la realizzazione della rete del
Bosco etneo68. L’improvvisa decisione della
giunta popolare causò l’immediato crollo
della Société Tramways et Eclairage électri­
ques à Catane, alla borsa valori di Bruxelles
e le reazioni dei gruppi politici ad essa legati.
Dalle colonne de “La Sicilia” , Carlo Carnaz­
za, fratello di Gabriello, tuonava contro i
“parassiti e i mestieranti della politica” : “I
cittadini onesti sanno che siete assolutamen­
te incapaci di governare una città veramente
industriale, ritornatevene ai monti per
64 Sono esemplari al riguardo le vicende dei comuni di Siracusa (A1C, Seso, p. 4, fase. XI), Noto (A1C, Seso, p. 1,
fase. Ili) e Augusta (A1C, Seso, p. 2, fase. V).
65 Superata con qualche difficoltà la chiusura dei forni municipali e la crisi economica dell’anno seguente, l’ammini­
strazione popolare subì nell’agosto del 1909 un’inchiesta governativa, voluta da Carnazza, sconfitto alle elezioni poli­
tiche di marzo, nel tentativo di scalfire l’egemonia defeliciana. La sua pubblicazione nel febbraio 1910 causò la caduta
della giunta comunale e preparò il terreno per la vittoria del Blocco cittadino (monarchici, liberali e cattolici), forma­
tosi intorno al gruppo Carnazza, alle elezioni provinciali del 24 luglio 1910. Il Partito popolare, riorganizzato da De
Felice intorno al Fascio democratico, dopo uno scontro assai aspro, riconquistava il Comune anche se di stretta misu­
ra. Su 7.800 votanti il Fascio democratico conquistò 4.721 voti contro i 3.495 del Blocco cittadino. Su tutta la vicenda
vedi Rapporto del prefetto Minervini al Ministro dell’Interno, Acs, ministero degli Interni, Comuni 1911-13, b 690.
66 Sui risultati dell’inchiesta vedi Relazione Bladier sui Servizi pubblici del Comune di Catania. Dal 1902 al 1909. E
Controrelazione del Comune di Catania, Catania, Tipografia Galatola, 1910.
67 Compromesso per l’impianto e l ’esercizio di tramvie elettriche urbane e suburbane in Catania e dintorni, 4 novem­
bre 1909, A1C, St, p. 18, fase. XIX.
68 / / progetto in dettaglio per l’impianto di tramvie elettriche, in “Corriere di Catania”, 9 dicembre 1909, e Compro­
messo, cit.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
continuare i vostri antichi, vili mestieri di
barbari caprai!”69.
Lo stesso Gabriello Carnazza in un me­
moriale apocrifo diffuso in quei giorni ridi­
mensionava gli apparenti benefici della pro­
posta. Le linee previste erano in gran parte
lasciate alla facoltà dei costruttori senza un
limite di tempo per l’attuazione,il compen­
so chilometrico di 1.600 lire si rivelava in­
gannevole perché il Comune si addossava le
spese di manutenzione delle nuove strade;
in ultimo gli sbandierati utili per le finanze
comunali si dimostravano un miraggio
giacché erano subordinati ad un introito
lordo di esercizio di 800.000 lire, che nep­
pure le tramvie della rete urbana, più traf­
ficata, riuscivano a raggiungere70. Ma l’o­
biezione sostanziale riguardava l’assetto
proprietario della società stessa dietro cui si
nascondeva il redivivo finanziere messinese
Giuseppe Battaglia, il cui tentativo specula­
tivo era evidente: rivendere il contratto per
realizzare la provvigione della mediazione.
Le critiche sollevate dal pamphlet anonimo
ritardarono la stipula del contratto che ven­
ne siglato soltanto il 7 maggio 1910, dopo
l’esclusione dalla società di Battaglia e do­
po che Borioli e La Porta si impegnarono a
presentare entro dieci mesi il piano tecnico
e finanziario della rete tramviaria etnea.
Appena quattro mesi dopo, accertata l’in­
disponibilità della Westinghouse a soppor­
tare gli oneri della rete tramviaria extraur­
bana, l’impresa Borioli-La Porta vendeva
la concessione al belga Paul Mouton, rap­
presentante della Mutuelle mobilière et im­
mobilière a Palermo, in cambio di 200.000
franchi e di due posti nel consiglio di am­
ministrazione di una nuova società, la Che­
59
mins de Fer électriques de Catane71. La so­
cietà venne costituita nell’agosto del 1911 a
Bruxelles con l’apporto dei maggiori azio­
nisti della Tramways de Paierme, dei ban­
chieri parigini Fontaine, dell’ex ministro
dell’industria Francotte, del senatore Leon
Liard e dei Paterno Castello. Anche questa
volta i lavori di costruzione della tramvia
del Bosco etneo non vennero neppure ini­
ziati, giacché i tecnici della società belga ne
sconsigliarono la realizzazione per la sua
evidente antieconomicità. Le velleità antimonopolistiche dei partiti popolari subiro­
no un colpo definitivo quando, nel maggio
1913, la Chemin de Fer preferì trasferire la
convenzione alla Seso lasciandosi assorbire
dalla società elettrica: il trust elettrofinan­
ziario restava ancora una volta senza con­
correnti72.
Il disimpegno della società belga spinse la
Seso ad avviare trattative dirette con il Co­
mune per la risoluzione della questione.
L’atteggiamento di Vismara rimase intransi­
gente sulla sostanza dell’affare: egli stesso
informò De Felice che la Tramway era di­
sposta a portare a termine l’ampliamento
delle linee tramviarie urbane ma non a rea­
lizzare la rete etnea73. Per tutto il 1913 l’amministrazione popolare continuò ad opporre
un netto rifiuto, ma alla fine fu costretta a
capitolare e a giungere ad un’intesa con la
Seso per disciplinare l’intero servizio. Il ten­
tativo delle élites socialriformiste di rompe­
re l’accerchiamento del trust elettrofinanzia­
rio si chiudeva con la vittoria del monopo­
lio privato. Il Comune si era rivelato una
struttura inefficiente di organizzazione im­
prenditoriale ed impotente ad agire sulle de­
cisioni di investimenti della grande impresa.
69 Risorse popolari, “La Sicilia”, 5 novembre 1909; e Bombe popolari, art. cit., 6 novembre 1909.
70 II testo del memoriale in AIC, St, p. 20, fase. Offerta Westinghouse.
71 A tto costitutivo della Chemins de Fer électriques de Catane, agosto 1911, AIC, St, p. 20.
72 II carteggio riguardante le trattative con il gruppo Seso in AIC, St., p. 20.
73 Lettera del 28 ottobre dell’ingegnere Vismara al prosindaco De Felice, in “Corriere di Catania”, 1 novembre
1913; e La questione tramviaria, risposta dell’onorevole Luigi Macchi, in “Corriere di Catania”, 6 novembre 1913.
60
Pinella Di Gregorio
Nel maggio 1914 la Seso riusciva ad impor­ l’acquisizione del controllo di alcune socie­
re un nuovo contratto con il quale la Socie­ tà elettriche italiane: l’Adamello, la Società
tà catanese di Elettricità (impresa di distri­ Ligure-Toscana, la Brioschi e la Seso.
buzione della Seso) assumeva direttamente Quando la costituzione del trust, per il cre­
la gestione della fornitura di energia elettri­ scente clima nazionalistico prebellico, si di­
ca per la città, sostituendosi alla Tramways mostrò impraticabile, i belgi si dichiararo­
e all’antica Compagnia del Gas, che cedette no disposti a ritirarsi dalle altre società ita­
dietro indennizzo i suoi impianti. La cen­ liane, ma continuarono ad insistere per as­
trale termoelettrica della Tramways venne sumere una quota di maggioranza nella so­
ufficialmente trasferita alla Catanese, che cietà siciliana76. La riluttanza della Banca
l’aveva in gestione sin dal 1910. E, infine, commerciale a lasciare in mano ai belgi una
il Comune e la Tramways rinunciarono alle società che iniziava a dare profitti non per­
precedenti vertenze giudiziarie ancora aper­ mise la conclusione dell’accordo77. Nel
te, riconoscendo entrambi l’impossibilità di 1915 la Seso assunse il controllo delle due
realizzare la rete tramviaria del Bosco società elettriche esistenti a Palermo, la Sicula Imprese Elettriche e la Società Elettroetneo74.
In pochi anni la Seso aveva portato a tecnica Palermitana78, e alla fine della guer­
termine l’elettrificazione dell’intera Sicilia ra trasformava la denominazione sociale in
orientale, consolidando la sua struttura fi­ Società generale elettrica della Sicilia, rea­
nanziaria, e si apprestava alla vigilia della lizzando rapidamente il monoplio energeti­
guerra ad ampliare la sua attività al settore co nella regione79.
Il progetto defeliciano di sottoporre
occidentale dell’isola. I belgi presenti nella
Seso si mostravano soddisfatti: “Les résul­ tempi e modi della modernizzazione urba­
tés de la Société d’Electricité de la Sicile na all’azione politica del “comune sociali­
orientale continuent à être très satisfai­ sta” , riservando all’ente locale un ruolo di
controllo dello sviluppo e di mediazione
sants”75.
Tanto soddisfatti da proporre alla Comit sociale ed economica, si era scontrato con
la costituzione di un trust elettrico italo- le esigenze di profitto e le decisioni di
belga. Il Syndacat d’études, formato dalla investimento dell’alta finanza internaziona­
Commerciale, dalla Société financière de le. La crisi del defelicianesimo e l’ascesa
Transport et d’Entreprises industrielles e del gruppo carnazziano nel primo dopo­
dalla Bank fur Elektrische Unternehmun- guerra va dunque letta nell’ambito del
gen, sarebbe stato in un secondo tempo “disegno del potere economico di riappro­
aperto alla partecipazione di altre società. priarsi della ‘politica’ per gestire direttaLa formazione del trust avrebbe consentito
74 Schema del contratto per la concessione della pubblica illuminazione della città di Catania, maggio 1914,
A1C, Seso, p. 1, fase. V.
75 Société Anonyme Tramways et Eclairage électriques à Catane, Rapport du Conseil d ’administration du 26
avril 1913, Bruxelles, 1913.
76 Cit. da Antonio Confalonieri, Banca e industria in Italia. Dalla crisi del 1907 all'agosto 1914. Crisi e svi­
luppo dell’industria italiana, vol. II, Milano, Banca commerciale italiana, 1982, pp. 363-364.
77 A. Confalonieri, Banca e industria, cit. pp. 371-372.
78 Sulle due società elettriche di Palermo, cfr. P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia, cit. pp. 293-309; e Pinel­
la Di Gregorio, La modernizzazione difficile. Origine e sviluppo dell’industria elettrica in Sicilia (1898-1930), te­
si di laurea, Fac. di Scienze Politiche delTUniversità di Catania, a.a. 1982-83, pp. 188-211.
79 Piccola Storia della Sges, in “Sicilia Elettrica”, luglio 1964, n. 4.
Socialismo municipale e industria elettrica a Catania
mente gli interessi della borghesia industria­
le senza la mediazione di politici professio­
nali”80.
Il municipalismo popolare, alla fine, ave­
va dovuto arrendersi alla logica del mono­
polio elettrico, ormai irriducibile al control­
61
lo delle élites locali per le dimensioni tecni­
che e finanziarie di una realtà produttiva che
superava i confini di una singola città per
costituire un sistema energetico regionale.
Pinella Di Gregorio
80 G. Barone, Partiti ed élites politiche a Catania fra te due guerre, in “Archivio Storico della Sicilia Orientale”,
1978, n. II-III, pp. 597.