IL DIRITTO DI PROPRIETA’: LA PROPRIETA’ NELLA STORIA
La prima formalizzazione giuridica del diritto di proprietà risale al diritto romano: il dominium era un diritto
pieno sulla cosa che attribuiva il potere di rivendicare il diritto nei confronti di tutti. Nel Corpus iuris civilis di
Giustiniano-527-565 d.C. (primo codice nel senso moderno del termine)- si dice che: “ciascuno può gestire
le proprie cose liberamente, arbitrariamente”, concezione tipicamente privata ed individualista. Ad essa si
contrapponeva quella dei popoli germanici che riconoscevano una forma di proprietà collettiva che
attribuiva alla comunità la proprietà soprattutto fondiaria.
Durante il feudalesimo i proprietari delle terre per difendersi dalle invasioni barbariche cercavano la
protezione di un Signore, il quale, in cambio, godeva dei frutti della terra “protetta” nonché dei servigi della
gleba. Tale rapporto limitava ampiamente i poteri del proprietario.
Alla fine del 1300, con la nascita delle attività commerciali e l’introduzione dell’economia monetaria,
emerge un nuovo ceto sociale, la borghesia, per cui il concetto di proprietà privata, da diritto sacrificato,
divenne diritto fondamentale in quanto fonte di ricchezza.
L’affermazione massima del diritto di proprietà risale al 1806, anno in cui Napoleone Bonaparte promulgò
il codice civile francese, noto come Codice Napoleone: “la proprietà è il diritto di godere e disporre delle
cose nel modo più assoluto, purchè non se ne faccia un uso proibito dalla legge o dai regolamenti”. Questa
concezione ha influenzato anche l’Ordinamento giuridico italiano (art. 436 c.c. del 1865 e art. 832 c.c.
attuale).
L’articolo 42 della Costituzione attribuisce alla proprietà una funzione sociale; ciò vuol dire che, pur
tutelando il diritto di proprietà, e quindi l’interesse dei singoli individui, lo Stato “pretende” che l’esercizio
di tale diritto abbia una valenza sociale, contribuisca cioè alla crescita della società