Le microstrutture delle rocce indeformate Spesso i materiali artificiali

Le microstrutture delle rocce indeformate
Spesso i materiali artificiali vengono prodotti in assenza di deformazioni. La conoscenza delle
mocrostrutture di reazione e delle tessiture nei materiali terrestri sfuggiti alla deformazione può fornire
al geologo una buona chiave di lettura delle trasformazioni tessiturali e chimiche che caratterizzano i
materiali sinetici. Le tessiture delle rocce metamorfiche indeformate rappresentano quindi un possibile
tratto di unione tra materiali naturali e manufatti; le caratteristiche principali di queste rocce verranno
riassunte nel prossimo paragrafo.
Strutture di reazione nelle rocce
Le variazioni delle condizioni metamorfiche delle rocce originano la sostituzione di alcuni
minerali da parte di altri. Tali sostituzioni possono interessare i cristalli solo parzialmente (reazioni
incomplete) oppure interamente. Per motivi cinetici, le sostituzioni in genere si sviluppano a partire dai
bordi dei granuli dando origine alle microstrutture di reazione.
Le strutture di reazione delle rocce possono essere mono o multimineraliche ed essere
suddivise in alcuni tipi principali in funzione della loro costituzione e collocazione geometrica nella
roccia. Ad esempio, fini intercrescite vermiculari e/o lamellari di due o più minerali sono denominate
simplectiti (Fig. 22). Le strutture di reazione possono localizzarsi ai bordi di cristalli metastabili
costituendo delle corone, oppure sostituire i cristalli lungo piani cristallografici ed essere il risultato di
processi di essoluzione, oppure sostituire interamente o parzialmente i cristalli preservandone la forma
costituendo delle pseudomorfosi. Le strutture di reazione suddette caratterizzano principalmente le
rocce ricristallizzate in assenza di deformazione e si formano in risposta a reazioni metamorfiche sia
prograde che retrograde. Il loro sviluppo avviene anche in funzione di una certa disponibilità di fluido
negli spazi intergranulari. Comunque, la formazione di bordi di reazione e di trasfomazioni incomplete
indica che la disponibilità di fluido e la diffusione degli ioni sono limitate: ciò inibisce uno sviluppo
completo del progresso di reazione.
Le microstrutture di reazione sono utilizzate in geologia per ricostruire le reazioni
metamorfiche e le condizioni P-T dominanti durante la ricristallizzazione; tali strutture, molto
complesse nei materiali naturali, mostrano forti analogie con le tessiture di leghe ed altri manufatti e
possono essere impiegate nello studio delle complicazioni strutturali che intervengono durante i
processi di ricristallizzazione dei materiali.
Simplectiti. Le simplectiti sono intercrescite fini di due o più minerali in lamelle che possono
essere diritte, curve o vermiculari (Fig. 22). La Figura 23 mostra alcuni modi di formazione delle
simplectiti. Buona parte delle simplectiti sono simplectiti di reazione formatesi in seguito alle reazioni
di tipo A + B = C + D (Fig. 23A, C) in cui C e D costituiscono le fasi intercresciute nella simplectite.
Un altro tipo di simplectite si origina mediante reazioni di precipitazione discontinua del tipo A = A’ +
B ed è definita come simplectite di essoluzione (Fig. 23B e D). In questo caso due granuli costitutiti da
una soluzione solida soprassatura A con chimismo identico e differente orientazione cristallografica
sono giustapposti lungo un confine di grano. Il confine migra all’interno di uno dei due granuli
lasciandosi dietro una simplectite di A’ + B. Un modello di formazione di simplectiti a clinopirosseno
e plagioclasio a partire da originaria onfacite durante la riesumazione e il raffreddamento di rocce
eclogitiche è mostrato dal diagramma TTT di Figura 24A (Van Roermund, 1993). Van Roermund ha
notato che le microstrutture di decomposizione dell’onfacite più vecchie (corrispondenti a temperature
più elevate) sono costituite da essoluzioni sviluppatesi al nucleo dei cristalli relitti di onfacite lungo
piani cristallografici. A temperature più basse, con la prosecuzione del processo di raffreddamento, nel
tempo la simplectiti nucleano ai bordi dei granuli di onfacite e sisviluppano secondo un processo di
precipitazione discontinua. Al progressivo diminuire della temperatura le simplectiti si estendono dai
bordi alle zone più interne dei cristalli sviluppandosi con grana progressivamente più fine. La Figura
24A riporta la trasformazione delle lamelle di essoluzione plagioclasio in un clinopirosseno in funzione
di Temperatura e Tempo (diagramma TTT). Le traiettorie temperatura - tempo (indicative di
raffreddamento) sono caratterizzate dalle sovrapposizione di simplectiti in differenti microstrutture e
tessiture che aiutano a ricostruire la storia termica nel tempo. Figura 24B riporta la microstruttura di
decomposizione di un clinopirosseno sodico in una simplectite a clinopirosseno + plagioclasio,
caratteristica di eclogiti retrocesse. In questo caso è ben visibile la diminuzione della grana della
simplectite dal bordo al cuore al bordo del cristallo legata al progressivo raffreddamento durante la
destabilizzazione del pirosseno sodico di partenza.
In seguito alla formazione le simplectiti possono registrare un processo di riduzione dell’area
dei granuli (Fig. 23C e D): questo processo è rivolto a ridurre l’energia interfacciale tra lamelle e
produce la globularizzazione delle simplectiti (simplectiti globulari). Queste simplectiti sono
particolarmente comuni nelle rocce di alto grado. Le simplectiti non globulari, costituite de lamelle con
bordi tra loro paralleli sono dette simplectiti lamellari, e sono comuni in terreni metamorfici retrocessi
(ad esempio eclogiti).
Microstrutture analoghe a quelle riscontrate nelle rocce e presentate nelle Figure precedenti, si
vengono comunemente a formare in molte leghe commerciali (Fig. 25). Si tratta prevalentemente di
microstrutture lamellari a 2 fasi che si formano in seguito a processi di precipitazione discontinua
associati alla migrazione dei confini di grano. Le tessiture riportate in Figura 25 sono analoghe alle
simplectiti e si formano in seguito a tre tipi di reazione principali (Williams e Butler, 1981):
tipo 1 α’ =α+β
in questo caso la matrice monofase sovrassatura α’ si trasforma durante il movimento del bordo del
grano che si lascia dietro una mistra termodinamicamente più stabile di_α+β a tessitura lamellare ;
tipo 2 α’+γ=α+γ
in cui_γ è una fase presente nella matrice che si trasforma aumentando di grana. In alcune leghe si
verifica la variazione composizionale di_α_durante la trasformazione;
tipo 3 γ+α’ =_α+δ_in cui la fase metastabile γ si trasforma in δ e α cambia composizione.
Queste reazioni, che avvengono normalmente nelle rocce e nei minerali durante processi di
essoluzione e reazione ai bordi dei granuli, nei materiali artificiali avvengono durante processi di
invecchiamento delle leghe e dei materiali conduttori. Questi processi sono ben conosciuti e studiati nei
materiali artificiali e rappresentano un terreno di studio e di lavoro in cui un petrologo può
efficacemente inserirsi e dare un contributo. I minerali rappresentano infatti sistemi multicomponenti la
cui termodinamica e cinetica è estremamente più complessa rispetto a sistemi semplificati sintetizzati
attualmente. Nel caso dei materiali artificiali, lo sviluppo di simplectiti e di reazioni di precipitazione
discontinua tra granuli durante l’invecchiamento delle leghe, portano alla variazione delle proprietà
meccaniche e chimiche dei materiali. Precipitati intergranulari a grana grossa portano infatti
all’indurimento delle leghe. In alcune leghe superconduttive le lamelle formatesi durante la
precipitazione discontinua (la cui composizione è diversa da quella delle fasi costituenti la matrice)
sono sensibili agli attacchi acidi, per cui lo sviluppo di queste microstrutture e la concomitante
infiltrazione di acidi causano il cedimento della struttura cristallina della lega (per una completa
presentazione dell’argomento vedere Williams e Butler, 1981).
Coroniti
Analogamente alla formazione delle simplectiti, lo sviluppo di strutture coronitiche nelle rocce nasce
dall’instabilità termodinamica dei minerali in risposta a variazioni di pressione e temperatura. Se due
minerali A e B a contatto tra loro reagiscono in assenza di importanti deformazioni, i minerali di
neoformazione si sviluppano come bordi all’interfaccia tra i confini dei granuli A e B (Fig. 26). I
minerali prodotti da questo tipo di reazioni formano gusci e/o corone attorno ai nuclei cristallini dei
minerali reagenti. Le corone possono essere monofase (costituite da un solo minerale; ingl. moats)
oppure multifase, cioè polimineraliche. La Figura 27 riporta un caso diffuso in rocce eclogitiche e
granulitiche retrocesse: si tratta di simplectiti coronali policristalline formatesi a spese del granato e
costituite, nel caso di Figura 27, da miscele di ortopirosseno e spinello a grana decrescente dal bordo
verso il cuore del granato relitto. Tali microstrutture sono note come kelifiti.
Le microstrutture coronitiche sono indicative di reazioni incomplete tra fasi instabili che
avvengono a partire dai confini di grano. Esse danno indicazioni importanti sul tipo di reazioni
effettivamente intercorse durante la ricristallizzazione dei minerali (percorso di reazione) e quindi sulla
effettiva mobilità e diffusione dei cationi durante il progresso delle reazioni. La Figura 28 riporta il
caso ipotetico di una reazione tra olivina (∝MgO ad A) e quarzo (∝MgO = 0 a B) per dare enstatite. La
mobilità di magnesio e silice è guidata da differenze di potenziale chimico ed il layer di enstatite può
formarsi sul quarzo o sull’olivina in funzione della velocità di diffusione. Se MgO è molto più mobile
di SiO2, allora MgO diffonde attraverso la zona di contatto per convertire il quarzo in enstatite. La
velocità con cui il layer di ortopirosseno avanza dipende dalla diffusione di MgO all’interno della
corona di enstatite. Nel caso opposto, SiO2 è molto più mobile di MgO ed il layer di enstatite cresce a
spese dell’olivina. Nall’ultimo caso contemplato da Figura 28, SiO2 ed MgO sono entrambe mobili
(con SiO2 meno mobile di MgO), così che la zona a enstatite cresce maggiormente a spese del quarzo.
I processi di sviluppo delle tessiture coronitiche sono pertanto dominati dalla velocità di
diffusione degli elementi; la diffusione inoltre controlla la tipologia e la composizione mineralogica dei
layers coronitici che si vengono a formare tra due reagenti. Queste problematiche sono state affrontate
da Joesten (1977) in un classico lavoro che modellizza la formazione di layers coronitici a wollastonite
(W; CaSiO3) e gehlenite (G; CaAl2SiO7) a spese di calcite (C; CaCO3) e anortite (A; CaAl2Si2O8) in un
sistema a 3 componenti (CaO-Al2O3-SiO2) e 4 fasi (C, A, W, G). La reazione (Fig. 29):
calcite + anortite = wollastonite + gehlenite + CO2
porta alla formazione di una corona a W + G tra C e A. Se il materiale reagente è una miscela
omogenea a grana fine di calcite e anortite, il prodotto finale della reazione è una miscela di calcite +
wollastonite + gehlenite oppure di anortite + wollastonite + gehlenite in funzione della composizione
totale del sistema. Se invece la reazione avviene all’interfaccia tra due blocchi (o due grossi granuli)
calcite e anortite, si forma una corona di wollastonite + gehlenite lungo l’interfaccia originaria tra i
granuli di calcite e anortite (Fig. 29). In quest’ultimo caso le associazioni C+G+W e A+G+W sono le
paragenesi stabili in condizioni di equilibrio termodinamico locale tra il layer coronitico e
rispettivamente la calcite e la wollastonite. Il mantenimento dell’equilibrio locale tra C+G+W da un
lato e A+G+W dall’altro lato della struttura coronitica richiede la presenza di un gradiente di potenziale
chimico all’interno del layer coronitico. Come mostrato dalla Figura 30, l’associazione C+G+W
(stabile al contatto tra corona e calcite) ha più alto_∝CaO e e più bassi_∝Al2O3 e_∝SiO2 della paragenesi
A+G+W (stabile al contatto tra corona e anortite). Questa condizione garantisce la diffusione degli
ossidi nella corona. Joesten (1977) ha dimostrato che le variazioni della composizione totale di un layer
coronitico, espressa in termini di sequenza dei layers, di composizione chimica delle fasi e
composizione modale dei layers sono determinate dai flussi dei componenti che diffondono nel layer
(coefficienti di diffusione). Ad esempio per un coefficiente di diffusione LCa/LSi = LSi/LAl = 1, le
reazioni che portano allo sviluppo della corona di W+G a spese di A e C sono (Fig. 31):
1) 2.25 calcite + 0.5 Al2O3 + 1SiO2 = 0.25 gehlenite + 0.75 wollastonite + 1CaO + 2.25 CO2
2) 1.12 anortite + 1CaO = 0.87 gehlenite + 0.37 wollastonite + 0.5 Al2O3 + 1SiO2
Si tratta di reazioni a sistema chiuso governate dalla diffusione ed in cui Al2O3 e SiO2 rilasciati
dall’anortite concorrono a destabilizzare la calcite, che a sua volta rilascia il CaO necessario a
destabilizzare l’anortite. Ne risulta la seguente sequenza coronitica C|W+G|A (Fig. 31). Se invece
LCa/LSi = 0.5 e LSi/LAl = 2, le reazioni a sistema chiuso sono:
1a) 3.25 calcite + 0.5 Al2O3 + 2SiO2 = 0.25 gehlenite + 1.75 wollastonite + 1CaO + 3.25 CO2
2a) 1.62 anortite + 0.12 wollastonite + 1CaO = 1.37 gehlenite + 0.5 Al2O3 + 2SiO2
In questo caso, sebbene W+G crescono a spese della calcite, wollastonite e anortite vengono
consumati dalla reazione 2a) per produrre gehlenite. La reazione 2a) consuma rapidamente tutta la
wollastonite per dare un unico layer a gehlenite e portare alla seguente sequenza di layers coronitici
C|W+G |G|A. La formazione dei layers e la loro sequenze è quindi determinata dal flusso diffusivo dei
componenti nel layer e la Figura 31 mostra le possibili sequenze dei layers calcolate per la suddetta
reazione in funzione di vari coefficienti di diffusione relativi a Ca, Al ed Si.
Pseudomorfosi
Se un cristallo viene parzialmente o interamente sostituito da un altro minerale, o da un
aggregato di nuovi minerali, i nuovi minerali possono svilupparsi preservando le forme ed i relitti del
granulo originario (Fig. 26G, H). Microstrutture di questo tipo sono note come pseudomorfosi. Esse
sono riconoscibili se rimangono preservati i relitti del minerale originario, oppure se quest’ultimo ha
una forma euedrale caratteristica (ad es. granato, lawsonite ecc.). Le pseudomorfosi danno importanti
indicazioni sulla composizione mineralogica e sulla tessitura della roccia di partenza: ad esempio molte
eclogiti sono caratterizzate da siti microstrutturali millimetrici costituiti da fini aggregati pseudomorfi
di giadeite, quarzo e zoisite. Tali microstrutture sono indicative della presenza di originari siti a
plagioclasio a grana grossa (tipici di gabbri magmatici) la cui destabilizzazione in paragenesi
eclogitiche è avvenuta in presenza di acqua (come testimoniato dallo sviluppo di fasi calcio
alluminifere idrate quali la zoisite; Rubie, 1990). Le pseudomorfosi a clorite su granato indicano che
sono avvenute la retrocessione e l’idratazione del minerale di partenze.
Il ruolo dell’acqua nello sviluppo delle pseudomorfosi retrograde è stato evidenziato da Vallis e
Scambelluri (1996) in uno studio sulla retrocessione di eclogiti alpine. In queste rocce, porfiroclasti
millimetrici di onfacite sono dislocati in una matrice di onfacite a grana finissima. Nelle eclogiti più
preservate è possibile osservare inclusioni fluide sin eclogitiche solo nei cuori dei porfiroclasti, mentre
nelle onfaciti fini della matrice il fluido è assente. Durante la retrocessione di queste rocce si formano
simplectiti a clinopirosseno + albite solo nei cuori dei porfiroclasti, siti in cui il fluido, disponibile sotto
forma di inclusioni, può agire da catalizzatore della reazione di decomposizione dell’onfacite. La
Figura 32 riporta le condizioni P-T in cui è avvenuta la reazione di destabilizzazione dell’onfacite in
albite + diopside (circa 8 kbar), condizioni a cui corrispondono le isocore delle inclusioni. Ciò
testimonia che la riequilibratura del fluido eclogitico, già presente nei cuori dei porfiroclasti di onfacite,
innesca la destabilizzazione del pirosseno sodico e la formazione della pseudomorfosi retrograda.
La formazione di pseudomorfosi a grana fine esercita un controllo importante sul
comportamento meccanico delle rocce. Rubie (1983) ha mostrato come la ricristallizzazione del
plagioclasio magmatico di rocce “dure” (ad esempio metagranitoidi e metagabbri) possa portare alla
formazione di pseudomorfosi a grana fine a giadeite + quarzo. Gli studi microstrutturali condotti su
queste rocce dimostrano che tali pseudomorfosi sono estremamente duttili, e che la grana fine di questi
aggregati può favorire una deformazione superplastica. La ricristallizzazione dei minerali magmatici in
pseudomorfosi a grana fine può pertanto cambiare significativamente la duttilità delle rocce e facilitare
i processi di deformazione plastica in questi materiali. Il processo di “reaction enhanced ductility”
evidenziato da Rubie (1983) può quindi cambiare la reologia delle rocce inizialmente molto competenti
portando alla diminuzione della viscosità di questi materiali con importanti conseguenze per la
dinamica delle placche in corrispondenza di alcune principali transizioni di fase.
Variazioni composizionali chimiche associate alle strutture di reazione
Le strutture di reazione caratteristiche dei dominii a bassa deformazione sono dominate dalla
presenza di corone e di pseudomorfosi. Le microstrutture suddette sono indicative di equilibrio a scala
locale (vedere ad esempio la trattazione di Joesten, 1977) e di conseguenza di disequilibrio a scala
globale. Questa caratteristica è principalmente da imputarsi alla bassa diffusività dei componenti in
questi dominii durante le reazioni metamorfiche: in assenza di deformazione la diffusione è
principalmente controllata dalla temperatura e dalla locale disponibilità di fluido negli spazi
intergranulari.Il risultato globale è che la diffusione non è favorita da importanti processi di
dislocazione meccanica dei reticoli cristallini e che lo sviluppo delle reazioni è incompleto. Il
disequilibrio è inoltre evidenziato dalla presenza di significative variazioni composizionali dei minerali
che vengono a cristallizzare nei diversi dominii micrsostrutturali di una stessa roccia.
Le reazioni coronitiche consumano i componenti chimici derivanti dai dominii adiacenti
attraverso un processo di reazione a contatto tra i layers e di diffusione dei componenti attraverso le
corone (Joesten, 1977). Ad esempio, nei meta Mg-Al-gabbri ofiolitici eclogitizzati della Liguria
occidentale Messiga et al. (1995) hanno descritto la formazione di corone a ortopirosseno + clorite +
granato tra olivina e plagioclasio magmatici (Fig. 33A). La crescita delle corone avviene in risposta
alla decomposizione del plagioclasio igneo in presenza di acqua con formazione di simplectiti a
giadeite + zoisite e rilascio di Al2O3 ed SiO2. Questi ultimi vengono cosumati durante la
decomposizione dell’olivina in ortopirosseno e clorite; l’olivina a sua volta rilascia MgO che porta alla
cristallizzazione del granato. Queste reazioni avvengono in presenza di gradienti del potenziale
chimico come mostrato dal profilo composizionale di Figura 33A. Analogamente, la zonatura
asimmetrica del granato cresciuto all’interfaccia tra biotite e plagioclasio magmatici nelle meta quarzo
dioriti del Monte Nucrone (Zona Sesia-Lanzo delle Alpi occidentali) indica che i valori
di ∝CaO/∝(FeO+Mgo) erano più alti presso il sito a plagioclasio che presso il sito a biotite (Fig. 33B).
Analogamente, le composizioni chimiche delle miche che costituiscono i layers coronitici associati al
granato (fengite sul lato della biotite e muscovite sul lato del plagioclasio, Fig. 33B) forniscono
un’ulteriore evidenza della presenza di gradienti di potenziale chimico tra i due siti.
Durante la ricristallizzazione di subsolidus in corone avviene non solo la redistribuzione degli
elementi maggiori (Fig. 33), ma anche degli elementi in tracce. Nelle lherzoliti, ad esempio, la
transizione da paragenesi a spinello (spinello, olivina, clino e ortopirosseno) a paragenesi a plagioclasio
(plagioclasio, spinello, olivina, clino e ortopirosseno) è spesso evidenziata dallo sviluppo di corone a
plagioclasio attorno a spinelli instabili e da essoluzioni di plagioclasio + clinopirosseno (cpx2) a spese
di precedenti clinopirosseni (cpx1). Le reazioni metamorfiche calcolate per tali trasformazioni
(Rampone et al., 1993) sono le seguenti
cpx1 + Al-sp = pl + ol + cpx2 + Cr-sp
cpx1 = pl +cpx2 .
Il comportamento degli elementi in tracce (REE, Sr, Zr, Y, V, Sc) durante queste reazioni è
stato studiato da Rampone et al. (1993) dimostrando che la loro redistribuzione è controllata da una
competizione tra il cpx2 granoblastico ed il plagioclasio ad esso associato. La Figura 34A riporta le
concentrazioni di alcuni elementi in traccia nei cpx1 associati a spinello e nei cpx2 associati a
plagioclasio nella paragenesi coronitica. La ricristallizzazione del cpx1 in cpx2 in queste strutture
avviene mediante l’incremento in Zr, Y, V, Sc nel cpx2: questo comportamento è dovuo al fatto che tali
elementi non vengono incorporati nel reticolo cristallino del plagioclasio (Fig. 34B) e pertanto
rimangono concentrati nel cpx2 ad esso associato. Al contrario, Ti e Sr sono preferenzialmente
incorporati dal plagioclasio e pertanto diminuiscono in concentrazione passando dal cpx1 (stabile nella
facies a spinello) al cpx2 (stabile col plagioclasio). Questi dati indicano che la ricristallizzazione dei
minerali in strutture coronitiche e/o di essoluzioneè accompagnata dalla ridistribuzione degli elemnti
intraccia in funzione della compatibilità di questi elementi con il reticolo cristallino delle fasi
mineralogiche di neoformazione.
Le composizioni dei minerali pseudomorfi sono generalmente controllate dalle composizioni
dei minerali di partenza a spese dei quali è avvenuta la sostituzione pseudomorfa. Questo fatto è stato
evidenziato da numerosi lavori, ma è ben vincolato e discusso da Pognante (1985) in uno studio
comparativo su metagabbri ofiolitici eclogitizzati in assenza di deformazione (metagabbri eclogitici
coronitici) e in presenza di deformazione (miloniti eclogitiche). La Figura 35 riporta le microstrutture
caratteristiche dei metagabbri coronitici insieme alle composizioni dei pirosseni sodici che in queste
rocce si sviluppano pseudomorfi sui clinopirosseni e sui plagioclasi ignei. Le tessiture di queste rocce
sono caratterizzate dalla presenza di pseudomorfosi a spese dei minerali di partenza (siti a pirosseno e
siti a plagioclasio); questi siti sono separati da corone a granato e pirosseno sodico. I pirosseni sodici
pseudomorfi sul pirosseno magmatico sono i più ricchi in componente augitica (di+hed+fs) ereditata
dal pirosseno primario, mentre i pirosseni sodici cristallizzati a spese del plagioclasio sono ricchi in
molecola giadeitica, ereditata dalla decomposizione della molecola albitica del plagioclasio
magmatico. I pirosseni sodici costituenti le corone tra il sito a pirosseno e quello a plagioclasio hanno
composizioni intermedie rispetto alle precedenti. Da questo lavoro risulta chiaro come le composizioni
estremamente variabili ed eterogenee (indicative di disequilibrio chimico a scala globale) dei pirosseni
sodici pseudomorfi riflettano la variabilità chimica dei minerali di partenza. I pirosseni sodici che si
sviluppano nei dominii deformati del metagabbro eclogitico corrispondono in Figura 35 ad onfaciti a
composizione omogenea, testimoniando che la deformazione sin eclogitica ha facilitato la diffusione e
l’omogeneizzazione chimica della roccia ad una scala più ampia.
A livello di elementi maggiori le pseudomorfosi trattengono quindi l’impronta composizionale
del minerale di partenza. Questo talora avviene anche a livello di elementi in tracce ed è stato suggerito
da Vannucci et al. (1993) in uno studio sulla ricristallizzazione in facies a spinello di originarie
pirosseniti a granato. In queste rocce sono contenuti aggregati tondeggianti a ortopirosseno + spinello
probabilmete corrispondenti a simlectiti pseudomorfe su originari granati. L’ortopirosseno costituente
le pseudomorfosi è estremamente arricchito in terre rare pesanti, Zr e Sc; questa caratteristica è
inusuale per l’ortopirosseno ed è invece dominante nel granato (Fig.36). E’ quindi evidente che
l’ortopirosseno pseudomorfo sul granato si è sviluppato ereditando l’impronta geochimica del minerale
precursore.