Le microstrutture delle rocce indeformate Spesso i materiali artificiali vengono prodotti in assenza di deformazioni. La conoscenza delle mocrostrutture di reazione e delle tessiture nei materiali terrestri sfuggiti alla deformazione può fornire al geologo una buona chiave di lettura delle trasformazioni tessiturali e chimiche che caratterizzano i materiali sinetici. Le tessiture delle rocce metamorfiche indeformate rappresentano quindi un possibile tratto di unione tra materiali naturali e manufatti; le caratteristiche principali di queste rocce verranno riassunte nel prossimo paragrafo. Strutture di reazione nelle rocce Le variazioni delle condizioni metamorfiche delle rocce originano la sostituzione di alcuni minerali da parte di altri. Tali sostituzioni possono interessare i cristalli solo parzialmente (reazioni incomplete) oppure interamente. Per motivi cinetici, le sostituzioni in genere si sviluppano a partire dai bordi dei granuli dando origine alle microstrutture di reazione. Le strutture di reazione delle rocce possono essere mono o multimineraliche ed essere suddivise in alcuni tipi principali in funzione della loro costituzione e collocazione geometrica nella roccia. Ad esempio, fini intercrescite vermiculari e/o lamellari di due o più minerali sono denominate simplectiti (Fig. 22). Le strutture di reazione possono localizzarsi ai bordi di cristalli metastabili costituendo delle corone, oppure sostituire i cristalli lungo piani cristallografici ed essere il risultato di processi di essoluzione, oppure sostituire interamente o parzialmente i cristalli preservandone la forma costituendo delle pseudomorfosi. Le strutture di reazione suddette caratterizzano principalmente le rocce ricristallizzate in assenza di deformazione e si formano in risposta a reazioni metamorfiche sia prograde che retrograde. Il loro sviluppo avviene anche in funzione di una certa disponibilità di fluido negli spazi intergranulari. Comunque, la formazione di bordi di reazione e di trasfomazioni incomplete indica che la disponibilità di fluido e la diffusione degli ioni sono limitate: ciò inibisce uno sviluppo completo del progresso di reazione. Le microstrutture di reazione sono utilizzate in geologia per ricostruire le reazioni metamorfiche e le condizioni P-T dominanti durante la ricristallizzazione; tali strutture, molto complesse nei materiali naturali, mostrano forti analogie con le tessiture di leghe ed altri manufatti e possono essere impiegate nello studio delle complicazioni strutturali che intervengono durante i processi di ricristallizzazione dei materiali. Simplectiti. Le simplectiti sono intercrescite fini di due o più minerali in lamelle che possono essere diritte, curve o vermiculari (Fig. 22). La Figura 23 mostra alcuni modi di formazione delle simplectiti. Buona parte delle simplectiti sono simplectiti di reazione formatesi in seguito alle reazioni di tipo A + B = C + D (Fig. 23A, C) in cui C e D costituiscono le fasi intercresciute nella simplectite. Un altro tipo di simplectite si origina mediante reazioni di precipitazione discontinua del tipo A = A’ + B ed è definita come simplectite di essoluzione (Fig. 23B e D). In questo caso due granuli costitutiti da una soluzione solida soprassatura A con chimismo identico e differente orientazione cristallografica sono giustapposti lungo un confine di grano. Il confine migra all’interno di uno dei due granuli lasciandosi dietro una simplectite di A’ + B. Un modello di formazione di simplectiti a clinopirosseno e plagioclasio a partire da originaria onfacite durante la riesumazione e il raffreddamento di rocce eclogitiche è mostrato dal diagramma TTT di Figura 24A (Van Roermund, 1993). Van Roermund ha notato che le microstrutture di decomposizione dell’onfacite più vecchie (corrispondenti a temperature più elevate) sono costituite da essoluzioni sviluppatesi al nucleo dei cristalli relitti di onfacite lungo piani cristallografici. A temperature più basse, con la prosecuzione del processo di raffreddamento, nel tempo la simplectiti nucleano ai bordi dei granuli di onfacite e sisviluppano secondo un processo di precipitazione discontinua. Al progressivo diminuire della temperatura le simplectiti si estendono dai bordi alle zone più interne dei cristalli sviluppandosi con grana progressivamente più fine. La Figura 24A riporta la trasformazione delle lamelle di essoluzione plagioclasio in un clinopirosseno in funzione di Temperatura e Tempo (diagramma TTT). Le traiettorie temperatura - tempo (indicative di raffreddamento) sono caratterizzate dalle sovrapposizione di simplectiti in differenti microstrutture e tessiture che aiutano a ricostruire la storia termica nel tempo. Figura 24B riporta la microstruttura di decomposizione di un clinopirosseno sodico in una simplectite a clinopirosseno + plagioclasio, caratteristica di eclogiti retrocesse. In questo caso è ben visibile la diminuzione della grana della simplectite dal bordo al cuore al bordo del cristallo legata al progressivo raffreddamento durante la destabilizzazione del pirosseno sodico di partenza. In seguito alla formazione le simplectiti possono registrare un processo di riduzione dell’area dei granuli (Fig. 23C e D): questo processo è rivolto a ridurre l’energia interfacciale tra lamelle e produce la globularizzazione delle simplectiti (simplectiti globulari). Queste simplectiti sono particolarmente comuni nelle rocce di alto grado. Le simplectiti non globulari, costituite de lamelle con bordi tra loro paralleli sono dette simplectiti lamellari, e sono comuni in terreni metamorfici retrocessi (ad esempio eclogiti). Microstrutture analoghe a quelle riscontrate nelle rocce e presentate nelle Figure precedenti, si vengono comunemente a formare in molte leghe commerciali (Fig. 25). Si tratta prevalentemente di microstrutture lamellari a 2 fasi che si formano in seguito a processi di precipitazione discontinua associati alla migrazione dei confini di grano. Le tessiture riportate in Figura 25 sono analoghe alle simplectiti e si formano in seguito a tre tipi di reazione principali (Williams e Butler, 1981): tipo 1 α’ =α+β in questo caso la matrice monofase sovrassatura α’ si trasforma durante il movimento del bordo del grano che si lascia dietro una mistra termodinamicamente più stabile di_α+β a tessitura lamellare ; tipo 2 α’+γ=α+γ in cui_γ è una fase presente nella matrice che si trasforma aumentando di grana. In alcune leghe si verifica la variazione composizionale di_α_durante la trasformazione; tipo 3 γ+α’ =_α+δ_in cui la fase metastabile γ si trasforma in δ e α cambia composizione. Queste reazioni, che avvengono normalmente nelle rocce e nei minerali durante processi di essoluzione e reazione ai bordi dei granuli, nei materiali artificiali avvengono durante processi di invecchiamento delle leghe e dei materiali conduttori. Questi processi sono ben conosciuti e studiati nei materiali artificiali e rappresentano un terreno di studio e di lavoro in cui un petrologo può efficacemente inserirsi e dare un contributo. I minerali rappresentano infatti sistemi multicomponenti la cui termodinamica e cinetica è estremamente più complessa rispetto a sistemi semplificati sintetizzati attualmente. Nel caso dei materiali artificiali, lo sviluppo di simplectiti e di reazioni di precipitazione discontinua tra granuli durante l’invecchiamento delle leghe, portano alla variazione delle proprietà meccaniche e chimiche dei materiali. Precipitati intergranulari a grana grossa portano infatti all’indurimento delle leghe. In alcune leghe superconduttive le lamelle formatesi durante la precipitazione discontinua (la cui composizione è diversa da quella delle fasi costituenti la matrice) sono sensibili agli attacchi acidi, per cui lo sviluppo di queste microstrutture e la concomitante infiltrazione di acidi causano il cedimento della struttura cristallina della lega (per una completa presentazione dell’argomento vedere Williams e Butler, 1981). Coroniti Analogamente alla formazione delle simplectiti, lo sviluppo di strutture coronitiche nelle rocce nasce dall’instabilità termodinamica dei minerali in risposta a variazioni di pressione e temperatura. Se due minerali A e B a contatto tra loro reagiscono in assenza di importanti deformazioni, i minerali di neoformazione si sviluppano come bordi all’interfaccia tra i confini dei granuli A e B (Fig. 26). I minerali prodotti da questo tipo di reazioni formano gusci e/o corone attorno ai nuclei cristallini dei minerali reagenti. Le corone possono essere monofase (costituite da un solo minerale; ingl. moats) oppure multifase, cioè polimineraliche. La Figura 27 riporta un caso diffuso in rocce eclogitiche e granulitiche retrocesse: si tratta di simplectiti coronali policristalline formatesi a spese del granato e costituite, nel caso di Figura 27, da miscele di ortopirosseno e spinello a grana decrescente dal bordo verso il cuore del granato relitto. Tali microstrutture sono note come kelifiti. Le microstrutture coronitiche sono indicative di reazioni incomplete tra fasi instabili che avvengono a partire dai confini di grano. Esse danno indicazioni importanti sul tipo di reazioni effettivamente intercorse durante la ricristallizzazione dei minerali (percorso di reazione) e quindi sulla effettiva mobilità e diffusione dei cationi durante il progresso delle reazioni. La Figura 28 riporta il caso ipotetico di una reazione tra olivina (∝MgO ad A) e quarzo (∝MgO = 0 a B) per dare enstatite. La mobilità di magnesio e silice è guidata da differenze di potenziale chimico ed il layer di enstatite può formarsi sul quarzo o sull’olivina in funzione della velocità di diffusione. Se MgO è molto più mobile di SiO2, allora MgO diffonde attraverso la zona di contatto per convertire il quarzo in enstatite. La velocità con cui il layer di ortopirosseno avanza dipende dalla diffusione di MgO all’interno della corona di enstatite. Nel caso opposto, SiO2 è molto più mobile di MgO ed il layer di enstatite cresce a spese dell’olivina. Nall’ultimo caso contemplato da Figura 28, SiO2 ed MgO sono entrambe mobili (con SiO2 meno mobile di MgO), così che la zona a enstatite cresce maggiormente a spese del quarzo. I processi di sviluppo delle tessiture coronitiche sono pertanto dominati dalla velocità di diffusione degli elementi; la diffusione inoltre controlla la tipologia e la composizione mineralogica dei layers coronitici che si vengono a formare tra due reagenti. Queste problematiche sono state affrontate da Joesten (1977) in un classico lavoro che modellizza la formazione di layers coronitici a wollastonite (W; CaSiO3) e gehlenite (G; CaAl2SiO7) a spese di calcite (C; CaCO3) e anortite (A; CaAl2Si2O8) in un sistema a 3 componenti (CaO-Al2O3-SiO2) e 4 fasi (C, A, W, G). La reazione (Fig. 29): calcite + anortite = wollastonite + gehlenite + CO2 porta alla formazione di una corona a W + G tra C e A. Se il materiale reagente è una miscela omogenea a grana fine di calcite e anortite, il prodotto finale della reazione è una miscela di calcite + wollastonite + gehlenite oppure di anortite + wollastonite + gehlenite in funzione della composizione totale del sistema. Se invece la reazione avviene all’interfaccia tra due blocchi (o due grossi granuli) calcite e anortite, si forma una corona di wollastonite + gehlenite lungo l’interfaccia originaria tra i granuli di calcite e anortite (Fig. 29). In quest’ultimo caso le associazioni C+G+W e A+G+W sono le paragenesi stabili in condizioni di equilibrio termodinamico locale tra il layer coronitico e rispettivamente la calcite e la wollastonite. Il mantenimento dell’equilibrio locale tra C+G+W da un lato e A+G+W dall’altro lato della struttura coronitica richiede la presenza di un gradiente di potenziale chimico all’interno del layer coronitico. Come mostrato dalla Figura 30, l’associazione C+G+W (stabile al contatto tra corona e calcite) ha più alto_∝CaO e e più bassi_∝Al2O3 e_∝SiO2 della paragenesi A+G+W (stabile al contatto tra corona e anortite). Questa condizione garantisce la diffusione degli ossidi nella corona. Joesten (1977) ha dimostrato che le variazioni della composizione totale di un layer coronitico, espressa in termini di sequenza dei layers, di composizione chimica delle fasi e composizione modale dei layers sono determinate dai flussi dei componenti che diffondono nel layer (coefficienti di diffusione). Ad esempio per un coefficiente di diffusione LCa/LSi = LSi/LAl = 1, le reazioni che portano allo sviluppo della corona di W+G a spese di A e C sono (Fig. 31): 1) 2.25 calcite + 0.5 Al2O3 + 1SiO2 = 0.25 gehlenite + 0.75 wollastonite + 1CaO + 2.25 CO2 2) 1.12 anortite + 1CaO = 0.87 gehlenite + 0.37 wollastonite + 0.5 Al2O3 + 1SiO2 Si tratta di reazioni a sistema chiuso governate dalla diffusione ed in cui Al2O3 e SiO2 rilasciati dall’anortite concorrono a destabilizzare la calcite, che a sua volta rilascia il CaO necessario a destabilizzare l’anortite. Ne risulta la seguente sequenza coronitica C|W+G|A (Fig. 31). Se invece LCa/LSi = 0.5 e LSi/LAl = 2, le reazioni a sistema chiuso sono: 1a) 3.25 calcite + 0.5 Al2O3 + 2SiO2 = 0.25 gehlenite + 1.75 wollastonite + 1CaO + 3.25 CO2 2a) 1.62 anortite + 0.12 wollastonite + 1CaO = 1.37 gehlenite + 0.5 Al2O3 + 2SiO2 In questo caso, sebbene W+G crescono a spese della calcite, wollastonite e anortite vengono consumati dalla reazione 2a) per produrre gehlenite. La reazione 2a) consuma rapidamente tutta la wollastonite per dare un unico layer a gehlenite e portare alla seguente sequenza di layers coronitici C|W+G |G|A. La formazione dei layers e la loro sequenze è quindi determinata dal flusso diffusivo dei componenti nel layer e la Figura 31 mostra le possibili sequenze dei layers calcolate per la suddetta reazione in funzione di vari coefficienti di diffusione relativi a Ca, Al ed Si. Pseudomorfosi Se un cristallo viene parzialmente o interamente sostituito da un altro minerale, o da un aggregato di nuovi minerali, i nuovi minerali possono svilupparsi preservando le forme ed i relitti del granulo originario (Fig. 26G, H). Microstrutture di questo tipo sono note come pseudomorfosi. Esse sono riconoscibili se rimangono preservati i relitti del minerale originario, oppure se quest’ultimo ha una forma euedrale caratteristica (ad es. granato, lawsonite ecc.). Le pseudomorfosi danno importanti indicazioni sulla composizione mineralogica e sulla tessitura della roccia di partenza: ad esempio molte eclogiti sono caratterizzate da siti microstrutturali millimetrici costituiti da fini aggregati pseudomorfi di giadeite, quarzo e zoisite. Tali microstrutture sono indicative della presenza di originari siti a plagioclasio a grana grossa (tipici di gabbri magmatici) la cui destabilizzazione in paragenesi eclogitiche è avvenuta in presenza di acqua (come testimoniato dallo sviluppo di fasi calcio alluminifere idrate quali la zoisite; Rubie, 1990). Le pseudomorfosi a clorite su granato indicano che sono avvenute la retrocessione e l’idratazione del minerale di partenze. Il ruolo dell’acqua nello sviluppo delle pseudomorfosi retrograde è stato evidenziato da Vallis e Scambelluri (1996) in uno studio sulla retrocessione di eclogiti alpine. In queste rocce, porfiroclasti millimetrici di onfacite sono dislocati in una matrice di onfacite a grana finissima. Nelle eclogiti più preservate è possibile osservare inclusioni fluide sin eclogitiche solo nei cuori dei porfiroclasti, mentre nelle onfaciti fini della matrice il fluido è assente. Durante la retrocessione di queste rocce si formano simplectiti a clinopirosseno + albite solo nei cuori dei porfiroclasti, siti in cui il fluido, disponibile sotto forma di inclusioni, può agire da catalizzatore della reazione di decomposizione dell’onfacite. La Figura 32 riporta le condizioni P-T in cui è avvenuta la reazione di destabilizzazione dell’onfacite in albite + diopside (circa 8 kbar), condizioni a cui corrispondono le isocore delle inclusioni. Ciò testimonia che la riequilibratura del fluido eclogitico, già presente nei cuori dei porfiroclasti di onfacite, innesca la destabilizzazione del pirosseno sodico e la formazione della pseudomorfosi retrograda. La formazione di pseudomorfosi a grana fine esercita un controllo importante sul comportamento meccanico delle rocce. Rubie (1983) ha mostrato come la ricristallizzazione del plagioclasio magmatico di rocce “dure” (ad esempio metagranitoidi e metagabbri) possa portare alla formazione di pseudomorfosi a grana fine a giadeite + quarzo. Gli studi microstrutturali condotti su queste rocce dimostrano che tali pseudomorfosi sono estremamente duttili, e che la grana fine di questi aggregati può favorire una deformazione superplastica. La ricristallizzazione dei minerali magmatici in pseudomorfosi a grana fine può pertanto cambiare significativamente la duttilità delle rocce e facilitare i processi di deformazione plastica in questi materiali. Il processo di “reaction enhanced ductility” evidenziato da Rubie (1983) può quindi cambiare la reologia delle rocce inizialmente molto competenti portando alla diminuzione della viscosità di questi materiali con importanti conseguenze per la dinamica delle placche in corrispondenza di alcune principali transizioni di fase. Variazioni composizionali chimiche associate alle strutture di reazione Le strutture di reazione caratteristiche dei dominii a bassa deformazione sono dominate dalla presenza di corone e di pseudomorfosi. Le microstrutture suddette sono indicative di equilibrio a scala locale (vedere ad esempio la trattazione di Joesten, 1977) e di conseguenza di disequilibrio a scala globale. Questa caratteristica è principalmente da imputarsi alla bassa diffusività dei componenti in questi dominii durante le reazioni metamorfiche: in assenza di deformazione la diffusione è principalmente controllata dalla temperatura e dalla locale disponibilità di fluido negli spazi intergranulari.Il risultato globale è che la diffusione non è favorita da importanti processi di dislocazione meccanica dei reticoli cristallini e che lo sviluppo delle reazioni è incompleto. Il disequilibrio è inoltre evidenziato dalla presenza di significative variazioni composizionali dei minerali che vengono a cristallizzare nei diversi dominii micrsostrutturali di una stessa roccia. Le reazioni coronitiche consumano i componenti chimici derivanti dai dominii adiacenti attraverso un processo di reazione a contatto tra i layers e di diffusione dei componenti attraverso le corone (Joesten, 1977). Ad esempio, nei meta Mg-Al-gabbri ofiolitici eclogitizzati della Liguria occidentale Messiga et al. (1995) hanno descritto la formazione di corone a ortopirosseno + clorite + granato tra olivina e plagioclasio magmatici (Fig. 33A). La crescita delle corone avviene in risposta alla decomposizione del plagioclasio igneo in presenza di acqua con formazione di simplectiti a giadeite + zoisite e rilascio di Al2O3 ed SiO2. Questi ultimi vengono cosumati durante la decomposizione dell’olivina in ortopirosseno e clorite; l’olivina a sua volta rilascia MgO che porta alla cristallizzazione del granato. Queste reazioni avvengono in presenza di gradienti del potenziale chimico come mostrato dal profilo composizionale di Figura 33A. Analogamente, la zonatura asimmetrica del granato cresciuto all’interfaccia tra biotite e plagioclasio magmatici nelle meta quarzo dioriti del Monte Nucrone (Zona Sesia-Lanzo delle Alpi occidentali) indica che i valori di ∝CaO/∝(FeO+Mgo) erano più alti presso il sito a plagioclasio che presso il sito a biotite (Fig. 33B). Analogamente, le composizioni chimiche delle miche che costituiscono i layers coronitici associati al granato (fengite sul lato della biotite e muscovite sul lato del plagioclasio, Fig. 33B) forniscono un’ulteriore evidenza della presenza di gradienti di potenziale chimico tra i due siti. Durante la ricristallizzazione di subsolidus in corone avviene non solo la redistribuzione degli elementi maggiori (Fig. 33), ma anche degli elementi in tracce. Nelle lherzoliti, ad esempio, la transizione da paragenesi a spinello (spinello, olivina, clino e ortopirosseno) a paragenesi a plagioclasio (plagioclasio, spinello, olivina, clino e ortopirosseno) è spesso evidenziata dallo sviluppo di corone a plagioclasio attorno a spinelli instabili e da essoluzioni di plagioclasio + clinopirosseno (cpx2) a spese di precedenti clinopirosseni (cpx1). Le reazioni metamorfiche calcolate per tali trasformazioni (Rampone et al., 1993) sono le seguenti cpx1 + Al-sp = pl + ol + cpx2 + Cr-sp cpx1 = pl +cpx2 . Il comportamento degli elementi in tracce (REE, Sr, Zr, Y, V, Sc) durante queste reazioni è stato studiato da Rampone et al. (1993) dimostrando che la loro redistribuzione è controllata da una competizione tra il cpx2 granoblastico ed il plagioclasio ad esso associato. La Figura 34A riporta le concentrazioni di alcuni elementi in traccia nei cpx1 associati a spinello e nei cpx2 associati a plagioclasio nella paragenesi coronitica. La ricristallizzazione del cpx1 in cpx2 in queste strutture avviene mediante l’incremento in Zr, Y, V, Sc nel cpx2: questo comportamento è dovuo al fatto che tali elementi non vengono incorporati nel reticolo cristallino del plagioclasio (Fig. 34B) e pertanto rimangono concentrati nel cpx2 ad esso associato. Al contrario, Ti e Sr sono preferenzialmente incorporati dal plagioclasio e pertanto diminuiscono in concentrazione passando dal cpx1 (stabile nella facies a spinello) al cpx2 (stabile col plagioclasio). Questi dati indicano che la ricristallizzazione dei minerali in strutture coronitiche e/o di essoluzioneè accompagnata dalla ridistribuzione degli elemnti intraccia in funzione della compatibilità di questi elementi con il reticolo cristallino delle fasi mineralogiche di neoformazione. Le composizioni dei minerali pseudomorfi sono generalmente controllate dalle composizioni dei minerali di partenza a spese dei quali è avvenuta la sostituzione pseudomorfa. Questo fatto è stato evidenziato da numerosi lavori, ma è ben vincolato e discusso da Pognante (1985) in uno studio comparativo su metagabbri ofiolitici eclogitizzati in assenza di deformazione (metagabbri eclogitici coronitici) e in presenza di deformazione (miloniti eclogitiche). La Figura 35 riporta le microstrutture caratteristiche dei metagabbri coronitici insieme alle composizioni dei pirosseni sodici che in queste rocce si sviluppano pseudomorfi sui clinopirosseni e sui plagioclasi ignei. Le tessiture di queste rocce sono caratterizzate dalla presenza di pseudomorfosi a spese dei minerali di partenza (siti a pirosseno e siti a plagioclasio); questi siti sono separati da corone a granato e pirosseno sodico. I pirosseni sodici pseudomorfi sul pirosseno magmatico sono i più ricchi in componente augitica (di+hed+fs) ereditata dal pirosseno primario, mentre i pirosseni sodici cristallizzati a spese del plagioclasio sono ricchi in molecola giadeitica, ereditata dalla decomposizione della molecola albitica del plagioclasio magmatico. I pirosseni sodici costituenti le corone tra il sito a pirosseno e quello a plagioclasio hanno composizioni intermedie rispetto alle precedenti. Da questo lavoro risulta chiaro come le composizioni estremamente variabili ed eterogenee (indicative di disequilibrio chimico a scala globale) dei pirosseni sodici pseudomorfi riflettano la variabilità chimica dei minerali di partenza. I pirosseni sodici che si sviluppano nei dominii deformati del metagabbro eclogitico corrispondono in Figura 35 ad onfaciti a composizione omogenea, testimoniando che la deformazione sin eclogitica ha facilitato la diffusione e l’omogeneizzazione chimica della roccia ad una scala più ampia. A livello di elementi maggiori le pseudomorfosi trattengono quindi l’impronta composizionale del minerale di partenza. Questo talora avviene anche a livello di elementi in tracce ed è stato suggerito da Vannucci et al. (1993) in uno studio sulla ricristallizzazione in facies a spinello di originarie pirosseniti a granato. In queste rocce sono contenuti aggregati tondeggianti a ortopirosseno + spinello probabilmete corrispondenti a simlectiti pseudomorfe su originari granati. L’ortopirosseno costituente le pseudomorfosi è estremamente arricchito in terre rare pesanti, Zr e Sc; questa caratteristica è inusuale per l’ortopirosseno ed è invece dominante nel granato (Fig.36). E’ quindi evidente che l’ortopirosseno pseudomorfo sul granato si è sviluppato ereditando l’impronta geochimica del minerale precursore.