Untitled - Alla Chiara Fonte

Flavio Moro
Alti e bassi di una stella senz’arte né parte
Testi in truciolo
1.
chi sia non so, come mi so,
non sono,
cosa che non è cosa,
punto e cerchio
io, io non credo alle mie parole
io, io non credo alle mie parole
io sono ognuna delle mie parole
ogni mia singola parola ha vita autonoma da sé
, e da me
io sono ogni vita delle mie parole
, la mia vita
non parla
la mia vita vive la vita delle mie parole
, dal di fuori
la mia morte spegne la morte
delle mie parole a nuova vita
, da dentro
io vivo la morte apparente che parlo,
che vive fuori di me,
che vive fuori di sé
le mie parole non mi appartengono,
quel che mi appartiene è cosa morta,
le mie parole vivono la mia morte,
da dentro
io appartengo loro come cosa viva,
ma la loro vita non dipende da me,
dipende dalla mia morte, quella che tace,
che tacio,
quella che non riguarda me,
ma le mie parole
2.
La sola distrazione
Rimase a guardare il sole.
C. Tognetti
il tempo è una bocca
con due labbra
e trova lo spazio
per tagliare la corda
tra i denti
il morso stringe
lo sguardo allo stato brado
frena un’immagine
una moviola più lenta del tempo
la bocca sanguina
il sole resta chiuso
da solo per giorni e giorni
a tamponare il rosso
3.
tra gli schermi neri
una moscacieca
vibra il gioco del silenzio
chi parla è escluso dal discorso,
quale è il suono di una mano che si apre
4.
specchio riflesso
concavo convesso
il suono
solo suono
onda lunga
bassa frequenza
pulsazione blu
battiti cardiaci
a sciami
a stormi
a schermi di soli
(solo suono)
a branchi bianchi banchi
di nebbia
fitta
fitta
(al cuore)
collasso bianco
vitreo incanto
alle sorgenti del blu
dall’azzurro al turchese
iridi espansi occhi di venere
spandono orizzonti multi-blu
con smalto salmastro blu-oltremare
un bacio del sole su un guanto di pizzo
le mani di spuma si dissolvono al tatto
5.
io scrive,
io leggo : presto o tardi
fermandosi
sugli sguardi sbranati
dell’uno nell’altro
nell’uno il tutto a perdita d’occhio
un volume unico
un’unica ombra
con appesi mille corpi in fuga
verso l’eclissi del suono
nulla
in silenzio
immortala l’oggetto
il centro di oscillazione è in movimento
si sdoppia
in due fuochi di una medesima ellisse
capovolto e ricapovolto un capogiro a tutto campo
senza tempo
le immagini vere non hanno alcunché di oggettivo
esterno ad esse
non c’è prospettiva
oltre la circonferenza
del cranio labile
di un occhio meccanico
nel batter ciglia
in spirale,
nell’occhio del ciclope
nell’unico occhio del ciclone
soffocato nel nulla che respira
l’oggetto sonoro
afferma se stesso
al centro
inclusivo dell’occhio
che si chiude in silenzio
nel suono di un occhio che si apre
e spirale,
6.
tra un battito di cuore
di fronte all’emisfero
capovolto sotto i suoi piedi
poeta spaiato
disparato
si infrange aeriforme
tra le lettere dell’aria
l’ago della bilancia ha alzato lo sguardo
ai piedi del cerchio
qual buon vento
trema col lume di una candela
pulsa in ombra
soffia da dietro
scorre nelle vene
si dissangua
scroscio di vetro su frequenza congiunte
a fior di labbra
di sabbia
vagabondo singhiozzo senza posa
qual buon vento
porta con sé una luce spenta
la musica è cieca
il rimorso dello sguardo nel giorno
si scuote su quiete carte
carta canta
un gallo si sgola
come l’indovino ladro di pittura
sul tetto del cielo che scotta
rivela un velo velo dico
velo velo ripeto
qual buon vento
rincorre se stesso
fra cerchi cercare
l’inconsistenza palpabile
della superficie,
ricettacolo lirico del moto perpetuo
riversa forme note,
in mazzi,
il ritorno delle stelle
girò al contrario
il caso giocò su più tavoli
l’inganno del verso
la partita cambiò in corsa
qual buon vento
rincorre se stesso
solitario soffio suicida
il fiato sul collo
il respiro rapace restio a ripetersi sordo
attende
in silenzio
il soffio sospeso
qual buon vento sottende all’eclissi del suono
una specie di nuova divinità
ovunque col suo sguardo
spacca in quattro uno specchio si finge
la commedia e potrebe cascar dalle nuvole
ora che non è mai esistita in alcun luogo che altro mostra in fronte e altro nasconde in giri e rigiri incessanti
ma
Dunque sul palcoscenico tutto è posticcio, non è altro che terra
Ma che importa!
la barba.
e mill’altre meraviglie del genere
Collage (dionisiaco)
i macigni
vanno a catafascio da una statua senza voce
son sempre nelle nuvole
discorsi
col mantello e
tutta farina
che gli solletica le orecchie
Indubbiamente è poi
dei venti
folleggiano,
tagliare il nostro sacco
tutto lo sciame
zucca vaglia e pesa il brulichio
a testa nuda, potesse contemplar con una lama
in che modo una
l’uno sull’altro triangoli, quadrati,
dopo un aspro
dei termini
proprio a quest’uso destinata
Poniamo il caso che un tizio
Collage (politico)
si annulla diverso in un punto qualunque
poiché non v’è luogo
caso per caso
ed ora mutano le loro facce
di un mosaico
Le spine dei cardi si lascian turbare dalle parole
su di un palcoscenico
i miei ergastoli, come se si trattasse
più che dai fatti
fu una fonte di noia
ciò che li legò
ridiscendiamo sulla terra c’è da stabilire una differenza
nella pallida immagine degli attori che sostengono la loro parte
Essi sono
non c’era affatto bisogno di dirlo!
rotondo in quadro e per terra e per mare ormai è tempo il ticchettio dei dadi reca scritto a chiare note che
conviene che ridano devo dirlo o tacerlo? Io intendo dimostrare il cielo che sono ch’è quadro in tondo ora ch’è
insidiano cadono e muoiono tuttavia un solo sguardo basterebbe a disingannarlo essendo scambievole la derisione
Se poi qualcuno cercasse una qualche luna crederebbe di vedere uno sciame di mosche e di zanzare che rissano
in cui non si veda la fronte apriti cielo, che c’è dell’altro pendono innumerevoli pensatoi ne ho piene le tasche
del suo cervello ma il risultato
Laddove si sostiene
in principio,
infine
in
punta di piedi
sul filo
sul finir
del giorno
ecc.
laddove si sostiene
in qualche modo
ecc.
quel che non può
lo spirito nomade
fa la sua entrata
sotto
forma
di
frammento
cadere
quel
che
mi
si
lascia andare
nel verso che torna verso dopo il senso
l’insoddisfacente
il sensazionale
e il non senso
ma non l’insoddisfatto
il moto
&
il
motto
Solo l’insieme
solo l’insieme
lascia trasparire
un’immagine concentrata
onde percui
l’espansione rimane
una cosa interna
ora
proiezione orientata
del fatto
ora
esecuzione immediata
del senso
è il senso e sul senso
che bisogna camminare
in senso lato
Tatare
tra le
TATARE
di sempre pensiero
suono tono
su tono tuono
e poi segno
simile
a qualsivoglia
insieme per forza
e contenuto nel mezzo
del sempre si parla
e d’altro canto
si respira qualcosa che sale
si sparge in questo momento
e il movimento noto
e assorto a furia
di volta in volta
(per giunta celeste)
si spiega con calma
Appare
Appare
Attraversando
Tanto stormo
Di frantumi dolci
Del mattino
Quando s’alza
Ornamenti
e poi ancora ornamenti
in frantumi e crolli
di sottigliezze lucenti
lente in aria cadere
Niente più pareti bianche
niente più pareti bianche
dove appender più dorati tempi
tutti mondi tanti
« Alti e bassi di una stella senz’arte né parte »
di Flavio Moro
è parte dell’Antologia della durata
nr. 10 della collana Quadra
l’immagine è di Flavio Moro
Novembre 2003