02/05/11
L' intitolazione della nostra scuola a Giuseppe Garibaldi diventa molto
significativa in occasione del 150° anniversario dell' Unità d' Italia;
tale elemento si è rivelato significativo
nella scelta da parte dei ragazzi di
raffigurare la bandiera del Paese
unitamente a quella degli Stati Uniti
tramite i cromatismi delle piante
“L'Orto biologico - cromatico dei saperi i sapori”
L'Ambasciatore
Thorne e signora
i ragazzi
“ Organic gardening
colors
and salutano
flavors
“ dell'Istituto
Agrario "G. Garibaldi" di Roma
Lo stesso Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati
Uniti d’America, si ispiro’ a tali principi nella progettazione dei
giardini della Residenza di Monticello, suo capolavoro ed oggi
patrimonio dell’UNESCO. L’orto diventa quindi non solo fonte di
cibo, ma anche laboratorio sperimentale e luogo di incontro tra
uomo e natura.
Come l'Orto di Michelle Obama alla Casa Bianca ed il “People’s Garden” del Segretario
Americano dell'agriicoltura Tom Vilsack, l’”Orto di Villa Taverna” sottolinea l’importanza e la
necessità di sane abitudini alimentari, soprattutto in un’epoca in cui l'obesità infantile e il diabete
sono ormai considerate emergenze nazionali sia negli Stati Uniti, che in Italia.
La qualita’ della vita e’ dunque strettamente legata alla qualita’ del cibo che mangiamo. Coltivare
un Orto naturale e nutrirsi dei suoi frutti contribuisce infatti ad accrescere in noi la consapevolezza
di una vera e propria cultura del cibo da tramandare ai nostri figli.
Voglio quindi porgere un rigraziamento particolare al Preside, ai Professori e agli studenti
dell’Istituto Tecnico Agrario Statale “Giuseppe Garibaldi”, i cui progetti hanno ispirato la
realizzazione dell’“Orto di Villa Taverna”. Mia moglie Rose ed io abbiamo molto apprezzato
l’originalità e l’impegno profusi nella realizzazione dell’Orto.
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Aereo-foto nel contesto urbano di Roma
“L'Orto biologico - cromatico dei saperi i sapori”
“ Organic gardening colors and flavors “
Il progetto
E’ stato studiato-analizzato realizzando e seguendo i punti che si
susseguono:
Planimetria del sito riportata in AUTOCAD che rappresenta “Le bandiere
dello Stato Italiano e lo Stato Americano” con i cromatismi delle colture
orticole e cromatiche programmate nel corso dell’ anno in funzione del
periodo di semina o trapianto, le tecniche colturali di raccolta con il
lunario.
COMPOSTAGGIO
PREMESSA
Le sostanze organiche di scarto (foglie, rami, spoglie di animali, ecc.), nei cicli naturali vengono
degradate dai microrganismi che le trasformano in humus. Il compostaggio ricrea le condizioni
per tale processo, accelerandolo, e consente di ridurre notevolmente la quantità di rifiuti da
smaltire, con un risparmio economico ed ambientale. Queste sostanze organiche rappresentano
infatti circa un terzo dei rifiuti urbani, e quindi recuperandole in proprio otteniamo i seguenti
vantaggi:
- dare un contributo significativo alla corretta gestione dei rifiuti, diminuendo le quantità che
devono essere smaltite e riducendo così i relativi costi;
- ridurre i rischi di inquinamento delle acque di falda e di produzione di gas maleodoranti in
discarica, nonché ridurre l’inquinamento atmosferico che si avrebbe bruciando tali scarti;
- garantire la fertilità del suolo, soprattutto con l’apporto di sostanza organica (sempre più ridotta
a causa dell’uso massiccio di concimi chimici); ciò significa avere la massima salute e vitalità
dell’orto o del giardino, nonché dei fiori in vaso. Perché la trasformazione degli scarti organici sia
veloce ed efficace, c'è la necessita di una costante presenza di ossigeno durante l'intero
processo; la buona ossigenazione è infatti la garanzia dell'assenza di processi di putrefazione, e
dunque della assenza di cattivi odori. Per ottenere un buon compost anche in ambiti molto
ristretti, quali l'orto ed il giardino familiare, devono essere seguite alcune semplici regole di tipo
pratico per avere il massimo risultato con il minimo sforzo.
Cosa si può compostare?
In generale si possono compostare quasi tutti i resti di vegetali e animali, ovvero tutto ciò che un
tempo è stato vivente e che i microrganismi possono "digerire". La selezione dei materiali inizia in
cucina dove potete predisporre un secchio apposito per i rifiuti organici.
Ecco i rifiuti da compostare:
•resti di frutta e ortaggi
•resti di cibi (al centro del composto)
•fiori secchi
•filtri di tè e caffè
•resti di lana, penne, capelli
•erbacce
•erba (seccata)
•fogliame
•materiali legnosi sminuzzati
In piccole quantità si possono aggiungere anche:
•cenere di legna (max. 2-3 kg per metro cubo)
•carta non stampata e cartone
•escrementi di piccoli animali (galline, conigli, etc.)
Non si devono invece aggiungere al composto
•plastica - gomma - materiali sintetici
•vetro e ceramica, metalli
•riviste patinate
•fuliggine, cenere di carbone
•sacchetti dell'aspirapolvere
•ossa
Le erbacce con i semi e i resti di piante malate, vanno eventualmente poste al centro del cumulo dove semi
e germi patogeni verranno inattivati dalle alte temperature, oppure compostati a parte. Anche le erbacce
come la gramigna che si propagano per parti di rizomi non vanno messe nel composto.
E' bene tener presente che alcuni materiali come ad esempio l'erba sfalciata dei prato rasato o le foglie
secche si prestano ottimamente anche per la pacciamatura delle piante ornamentali, degli arbusti ed
alberi da frutto e l'erba seccata va bene anche per pacciamare gli ortaggi tra le file. I vantaggi della
pacciamatura organica sono notevoli e il materiale organico distribuito in strato non troppo spesso si
decompone comunque, apportando humus ed elementi nutritivi al terreno. Perciò:
Invece di compostare l'erba sfalciata e le foglie secche usatele per la copertura del terreno.
Mescolare materiali diversi
E’ fondamentale garantire agli organismi viventi che prendono parte al processo dì decomposizione una
nutrizione equilibrata. La regola d'oro pertanto è: quanto più vario e meglio miscelato è il materiale da
compostare, tanto più equilibrata sarà la sua composizione e più facile il compostaggio. A questo
proposito bisogna tener presente che i materiali organici possono essere suddivisi in due gruppi:
•sostanze ricche di carboidrati (C=carbonio) come fogliame, paglia, residui di potature, carta, materiali
legnosi (C/N = 40-100)
•sostanze ricche di proteine (N=azoto) come rifiuti della cucina, erba verde, letame, parti verdi di piante
(C/N = 2-25).
Affinché gli organismi viventi possano trasformare facilmente i residui organici in buon humus il rapporto
C/N deve essere compreso tra 20:1 e 30:1. E’ importante pertanto miscelare materiali con
caratteristiche diverse (ad esempio materiali verdi e umidi con materiali secchi e legnosi) proprio per
equilibrare il rapporto C/N. Per migliorare la composizione e facilitare il compostaggio è utile eventualmente
aggiungere:
•qualche palata di terra dell'orto (inoculo microrganismi)
•letame (fino al 20% in volume - ricco di N)
•trucioli o farina di ossa e corna (2 kg/m3)
•pannello di ricino (2-3 kg/m3 - ricco di N)
•farina di alghe coragline e carbonato di calcio (2-3 kg/m3
•farine di roccia e di argilla (1 -2 kg/m3)
Sminuzzare i materiali
Sminuzzando il materiale da compostare si offre ai microrganismi una maggiore superficie di attacco e
quindi se ne accelera la decomposizione. Lo sminuzzamento può essere fatto con una forbice da potare,
con una vecchia trinciaforaggi oppure con una sminuzzatrice meccanica.
Coprire il composto
Nei cumuli e cassoni aperti il composto deve sempre essere coperto e protetto con uno strato di materiale
permeabile come erba sfalciata, paglia, vecchie stuoie o sacchi di juta.
Perché coprirlo?
•l'irradiazione di calore viene limitata
•si impedisce che il cumulo si inzuppi d'acqua
•le sostanze nutritive non vengono dilavate
•gli strati superficiali non si seccano
Aiutare i microrganismi
La decomposizione dei materiali organici è un processo vivente al quale prende parte un numero
inimmaginabile di organismi viventi (batteri, funghi, lombrichi, insetti, etc.) i quali possono operare solo se
posti nelle condizioni adatte. Affinché questi preziosi organismi possano svolgere il loro compito dobbiamo
perciò garantire loro:
•aria (ossigeno)
•acqua
•una nutrizione equilibrata (composizione del materiale)
•sufficiente sviluppo di calore.
E’ necessario evitare che nel composto venga a mancare l'ossigeno perché in tal caso la sostanza
organica invece di trasformarsi in buon humus, marcisce. Onde evitare ristagni, cumulo e cassone devono
poggiare direttamente sul terreno, mai su un fondo impermeabile come cemento o asfalto. Sia il cumulo che
il cassone non devono essere troppo grandi (max 1 m3) per evitare un eccessivo compattamento del
materiale e una scarsa aerazione. Il cumulo deve avere una forma stretta e allungata. Il materiale non deve
essere troppo compresso e se molto sminuzzato è bene aggiungere qualche pezzo grossolano che
favorisca l'aerazione, soprattutto sul fondo dei cassone o dei cumulo (ramaglia, torsoli di cavolo, etc.). E’
essenziale che il materiale da compostare mantenga un'umidità equilibrata. Senz'acqua non c'è vita. Il
materiale non deve mai seccarsi e pertanto in estate va annaffiato. Non deve nemmeno grondare di
acqua, altrimenti viene a mancare l'ossigeno e il materiale marcisce. Se il materiale è troppo bagnato
si aggiunge materiale secco. In autunno - inverno e nei periodi molto piovosi è consigliabile coprire il cumulo
o il cassone con un materiale impermeabile che permetta comunque una adeguata aerazione. Ciò evita
anche un eccessivo dilavamento degli elementi nutritivi
Alcune regole d’oro del compostaggio
•sminuzzare bene i materiali, soprattutto quelli duri e legnosi
•mescolare bene materiali diversi (asciutti e bagnati, grossolani e fini, stagionati e freschi, rifiuti della
cucina, rifiuti del giardino), cercando di equilibrare la composizione
•aggiungere di tanto in tanto qualche palata di terra, i resti del composto maturo setacciato e qualche
manciata di cenere
•tenere sempre coperto il cumulo o il materiale del cassone con uno spesso strato dì sfalcio d'erba o di
paglia
•evitare che il materiale secchi completamente. Nei periodi siccitosi ricordarsi di annaffiare
•se il composto puzza di solito è perché è troppo bagnato e il processo di decomposizione non decorre
correttamente. Oltre a materiale secco in tal caso aggiunge- re un po' di cenere o farina di argilla per legare
gli odori e l'acqua in eccesso
•qualora si disponga di grandi quantità di uno stesso materiale (foglie, erba), compostarlo separatamente,
previa aggiunta di sostanze che ne equilibrino la composizione.
Come si impiega
Il composto semigrezzo (dopo 4-6 mesi) è un composto non completamente maturo che contiene una
grande quantità di elementi nutritivi prontamente disponibili per le piante e apporta al suolo molti organismi
viventi. Esso è indicato per concimare tutti gli alberi e gli arbusti da frutto e gli ortaggi con forti esigenze
nutritive come cavoli, pomodori, porri, patate, sedano, rabarbaro, mais, cetrioli, zucchini e zucche.
Il composto maturo (dopo circa 8-12 mesi) è un terriccio nero, soffice, con odore di terra di bosco, molto
ricco di acidi umici, utile soprattutto per migliorare la struttura del terreno. Esso può essere utilizzato anche
per la preparazione di terricci per le semine e per le piante in vaso, per la concimazione degli ortaggi meno
esigenti e più sensibili come piselli, fagioli, carote, cipolle, insalate, infine per i fiori e le piante ornamentali del
giardino e per il prato. Prima dell'utilizzo in alcuni casi è meglio setacciarlo. Il contenuto in elementi nutritivi
comunque può variare molto a seconda dei materiali di partenza e di eventuali additivi. E’ consigliabile
distribuire circa 5-6 kg di composto per mq ogni anno, che corrisponde a circa 3 palate colme di composto
per mq. Sia il composto semigrezzo che quello maturo non vanno mai interrati profondamente, ma
solo superficialmente, nei primi 5 cm dei suolo.
POSIZIONE
Il compostaggio è praticabile anche nel giardino più piccolo. La posizione ideale è un punto del giardino o
dell’orto praticabile tutto l’anno, della superficie di 2-3 mq, senza ristagni d’acqua e fango in inverno; è
consigliabile mettere del legno sminuzzato sul fondo per favorire il drenaggio dell’acqua. Deve essere
realizzato vicino ad una presa d’acqua (o avere la possibilità di portarla con una canna), ed agli attrezzi da
giardino. Il compostaggio deve essere fatto in un luogo in penombra: l’ideale è al riparo di alberi che in
inverno perdono le foglie, in modo tale che d’estate il sole non asciughi eccessivamente il materiale, mentre
d’inverno i bassi raggi solari accelerino la trasformazione biologica. Per evitare comunque problemi
(soprattutto di vicinato), anche se un compostaggio corretto non crea problemi di odori, è necessario
mantenere la distanza dai confini come previsto dal Codice Civile o dai regolamenti locali. Qualora non
esistano previsioni diverse è consigliabile mantenere una distanza di 10 metri dalle abitazioni.
COSTRUZIONE STRUTTURE DI COMPOSTAGGIO
Il processi di compostaggio avviene in presenza di ossigeno, quindi al fine di garantire il costante contatto con l’aria ed evitare i
cattivi odori è necessario:
- non comprimere il materiale, sfruttare la sua porosità, favorendo così il ricambio di aria atmosferica ricca di ossigeno al posto di
quella esausta (in cui l'ossigeno è stato consumato);
- rivoltare periodicamente il materiale in modo da facilitare tale ricambio d'aria; minore è la porosità del materiale (quando sono
scarsi i materiali porosi quali il legno, la paglia, le foglie secche, il cartone lacerato) più frequenti dovranno essere i rivoltamenti.
COMPOSTER
Il “composter” è un contenitore di forma (cilindrica, esagonale, troncoconica, ecc.) e volume variabili
(generalmente da 200 a 1.000 litri), normalmente in commercio. Ha il vantaggio di “nascondere” il materiale,
non risente delle condizioni atmosferiche, dà la possibilità di una buona igienizzazione (soprattutto se è ben
isolato, anche con pochi scarti o in stagioni molto fredde). Il composter ha lo svantaggio di compattare
troppo il materiale, essendo sviluppato più in altezza rispetto al cumulo, ha problemi di aerazione essendo
chiuso per la maggior parte, e difficoltà per il rivoltamento del materiale (soprattutto se non è apribile sul
lato). Deve essere gestito in modo che il materiale sia sempre sufficientemente poroso per evitare fenomeni
di putrefazione che provocherebbero odori sgradevoli. Una soluzione potrebbe essere quella di porre, alla
base del composter, delle fascine di legno che permettono di mantenere un flusso d’aria verso l’interno del
contenitore. Esistono tuttavia anche composter forati e rotanti dotati di buona aerazione e facilità di
rivoltamento. Il composter è più a rischio rispetto al cumulo per la presenza di insetti o mosche (è buona
regola pertanto usare meno scarti di cucina rispetto al resto, soprattutto per quelli di origine animale), mentre
è positivo per situazioni particolari (piccoli giardini, presenza di animali in cortile).
FORMAZIONE E GESTIONE DEL CUMULO
•FORMAZIONE DEL CUMULO
L’accumulo iniziale, che ha lo scopo di raccogliere, stratificandolo, il materiale da compostare, è in funzione
della quantità di materiale disponibile, e può essere organizzato come segue:
- molti rifiuti contemporaneamente: si raccoglie materiale sufficiente (circa 1 metro cubo), lo si mescola e
stratifica come spiegato nelle righe successive in una sola fase di lavoro o, in alternativa, si riempie un silo;
- pochi rifiuti in molto tempo: si accumulano lentamente i materiali sul cumulo o nel silo a seconda della
quantità disponibile e si coprono i materiali freschi con terra o terriccio per evitare visite di animali. Il modo
più semplice per fare un buon compost senza avere problemi di odori è quello di miscelare sempre gli scarti
più umidi e più ricchi di azoto (sfalci d’erba, scarti di cucina) con quelli meno umidi e più ricchi di carbonio
(legno, foglie secche, cartone, paglia), alternandoli tra di loro in strati circa 2-5 cm. Tale miscelazione è
necessaria soprattutto nella fase di avvio del cumulo (e dell’eventuale stoccaggio iniziale), per evitare di
attirare animali in un momento in cui lo scarto è ancora fresco. Con il rivoltamento periodico si riuscirà poi ad
avere una perfetta miscelazione dei diversi materiali. Il materiale va posto sul terreno nudo, smuovendo il
terreno sottostante e formando il primo strato con materiale più grossolano (come rametti o residui di
potatura), per assicurare un adeguato drenaggio ed una buona porosità alla base, per uno spessore di 1015-cm (“drenaggio al piede”). Seguirà uno strato di materiale più fine (avanzi di cucina o sfalci di prato), ed
eventualmente aggiungere letame maturo o attivatori di compostaggio (utili ma costosi e non indispensabili)
in modo da evitare cattivi odori e la presenza di mosche, e quindi uno di materiale a bassa umidità (foglie
secche, carta e cartone, residui di potatura ridotti in pezzi). E’ bene aggiungere sempre un sottile strato di
terriccio quando si aggiungono avanzi di cucina per evitare di attirare insetti e mosche.
•TEMPERATURA
La temperatura va misurata ad una profondità di almeno 30-40 cm; a tale scopo vanno bene i termometri
“industriali” in vetro o metallo (con quadrante di lettura tondo) del costo di circa 20-30 €, graduati
normalmente da 0°C a 100 °C. Per evitare la rottura di quelli in vetro (che lascerebbe vetro e mercurio
inquinante nella massa del materiale) è meglio preparare la strada al termometro servendosi di un bastone
per praticare i foro necessario. Una prova tradizionale, semplice ed efficace, consente di fare un rilievo
grossolano con la mano (“prova del pugno”) per verificare se l’interno del cumulo è caldo o freddo,
confrontandolo con le temperature rilevate nelle diverse fasi di compostaggio.
Cumulo freddo: significa mancanza di ossigeno per eccesso di umidità (rivoltare per favorire l’evaporazione e
miscelare con scarti più secchi; se ciò risulta dalla “prova del pugno” aggiungere scarti con molto azoto,
oppure urea o pollina (la scarsità di azoto impedisce ai batteri di moltiplicarsi ed accelerare la
trasformazione).
Cumulo che produce odori: significa presenza di putrefazioni per eccesso di acqua (se c’è odore “di marcio”)
o eccesso di azoto (se c’è odore di urina); questi problemi possono essere prevenuti con una corretta
miscelazione degli scarti.
•UMIDITA’
Bisogna garantire la giusta umidità al materiale (il contenuto iniziale di acqua è tra il 45 ed il 65%), ottenuta
tramite una buona miscelazione degli scarti, lo sgrondo delle acque nei periodi umidi e freddi e
l’annaffiamento nei periodi caldi e asciutti. La “prova del pugno” indica bene il giusto grado di umidità:
- se il materiale stretto nella mano lascia fuoriuscire qualche goccia d’acqua tra le nocchie delle dita l’umidità
è ottimale;
- se l’acqua che fuoriesce è troppa il cumulo va rivoltato per arieggiarlo e far evaporare l’acqua in eccesso
oppure vanno aggiunti scarti asciutti ;
- se invece l’acqua è poca il cumulo va annaffiato.
•ODORI
Un compostaggio ben condotto non deve produrre odori sgradevoli: se ciò accade vuol dire che il sistema di
trasformazione biologica che porta alla degradazione dello scarto organico si “inceppa” per due possibili
ragioni:
- eccesso di azoto e liberazione dello stesso come ammoniaca;
- mancanza di ossigeno per scarsa porosità o eccesso di umidità, con putrefazioni e odori.
Le misure di prevenzione sono le seguenti:
- miscelare correttamente gli scarti, sin dalla fase di accumulo iniziale, evitando eccessi di azoto e umidità;
- assicurare la necessaria porosità del materiale, aggiungendo legno, foglie secche, cartone rotto in modo
grossolano;
- assicurare il “drenaggio al piede” del cumulo con uno strato di fascine o trucioli per 10-15 cm;
- rivoltare quando necessario (soprattutto in cumulo poco poroso) per rifornire di ossigeno l’interno del cumulo
stesso;
-coprire il cumulo con materiali “filtranti”, quali terra (argillosa in particolare) e soprattutto compost maturo.
•RIVOLTAMENTI E DURATA DEL CICLO
Dopo circa 25-30 giorni dall’avvio del compostaggio si può procedere ad un primo rivoltamento tra materiale
interno e quello esterno, a cui ne farà seguito un altro dopo 2-4 mesi a seconda se il processo è stato avviato in
inverno (rivoltare più spesso) o in estate o se il materiale è più o meno poroso. In un cumulo poco poroso,
infatti, il numero di rivoltamenti deve aumentare (uno ogni 2-3 mesi) per garantire il necessario ricambio di
ossigeno, soprattutto dopo piogge intense che tendono a compattare il materiale diminuendone la porosità. Il
tempo necessario per avere il materiale disponibile all’uso è indicativamente il seguente:
- in INVERNO: da 3 a 4 mesi per avere compost “fresco” e 6-8 mesi per avere compost “pronto”;
- in ESTATE 2-3 mesi per avere compost “fresco” e 5-6 mesi per avere compost “pronto”.
Quando il materiale viene estratto dalla struttura di compostaggio può essere vagliato (es. con un pezzo di rete
a maglie fini), riutilizzando i pezzi più grossi non ancora decomposti (legno, foglie resistenti, ecc.) nel
successivo ciclo di compostaggio. Una famiglia di 3 persone con circa 1.000 mq di giardino produce circa 1.000
Kg all’anno di materiali organici: il compostaggio di questi consente di ottenere circa 300 Kg (circa 600 litri) di
compost.
•UTILIZZO DEL COMPOST (CONSIGLI PER L’IMPIEGO)
In funzione dei tempi di compostaggio si possono distinguere tre tipi di compost:
- compost “fresco” (dopo 2-4 mesi nel caso di compostaggio in cumulo): compost ancora in trasformazione. E’
un prodotto ancora ricco di elementi nutritivi per la fertilità del suolo e la nutrizione della piante. Da impiegare
nell’orto ad una certa distanza di tempo dalla semina o dal trapianto, evitando l’applicazione a diretto
contatto con le radici perché non è ancora sufficientemente “stabile”;
•compost “pronto” (dopo 5-8 mesi): compost già stabile che non produce più calore, ha un effetto concimante
meno intenso, può essere impiegato nell’orto e nel giardino subito prima della semina o del trapianto;
•compost “maturo” (dopo 12-18-24 mesi): compost che ha subito una maturazione prolungata, possiede un
minor effetto concimante ma presenta caratteristiche fisiche e di stabilità che lo rendono idoneo al contatto
diretto con le radici ed i semi anche in periodi vegetativi delicati (germinazione, radicazione, ecc.); è indicato
soprattutto come terriccio per le piante in vaso e per le risemine e rinfittimenti del prato.
LUNARIO
Concimazione dell'orto
Una buona concimazione del terreno è necessaria, in quanto gli ortaggi ne
asportano le sostanze nutritive necessario al loro sviluppo. E' bene quindi
provvedere, affinché il terreno non si impoverisca, con uno dei seguenti metodi di
concimazione: letame o compost. Il letame non è di facile reperibilità, ma
sicuramente è il miglior concime. Il terricciato o compost si ottiene utilizzando gli
scarti del nostro orto e del nostro giardino ma richiede anche un certo tempo di
maturazione prima di essere utilizzato. Evitare concimazioni con azoto, se si
vogliono seminare legumi.
Irrigazione dell'orto
Irrigare è indispensabile per il nostro orto. La quantità di acqua da utilizzare dipende
molto anche dal tipo di terreno.
Meglio annaffiare con una frequenza minore ma abbondantemente, in modo che
l'acqua raggiunga le radici anche in profondità, evitando, di bagnare le foglie ed i
frutti. In estate annaffiare dopo il tramonto, mentre nelle altre stagioni, quando il sole
è già alto. Per l'irrigazione di soccorso primaverile-estiva si consiglia di eseguire
l'impianto di irrigazione localizzato a goccia , con gocciolatoi a flusso laminare o
l'uso di manichetta porosa interrati tra le bine dei filari e le parcelle orticole , al fine
di ridurre l' evapo-traspirazione e le perdite idriche. L'impianto richiede un filtro
anticalcare e per la depurazione da residui solidi, elettrovalvole o valvole di apertura
e chiusura dei settori parcellari e per colture orticole programmate. Il costo
dell'impianto può essere stimato con un margine di variabilita di
€ 500,00 – € 800,00.
Tubo principale
IRRIGAZIONE ORTO
Tubo secondario
Le lavorazioni dell'orto
La vangatura
Operazione con la quale si rivolta il terreno, da ripetersi almeno una volta l'anno.
Serve per renderlo più fertile e soffice. Non lavorare il terreno quando è troppo
bagnato.
La zappatura
Lavorazione superficiale del terreno, utile soprattutto per la pulizia dalle erbe
infestanti.
La sarchiatura
Serve anch'essa per distruggere le malerbe e si effettua con piccole zappette.
Giova molto alle colture, rompendo la crosta superficiale del terreno.
La rincalzatura
Operazione che consiste nel portare del terriccio intorno alla piantina per favorire
in alcuni casi l'emissione di nuove radici.
La semina dell'orto
Utilizzare sempre sementi fresche, poiché potrebbero aver perso la germinabilità.
Ci sono diversi metodi di semina:
Semina a file
E' la semina più ordinata, i semi si adagiano su solchetti regolari e superficiali a
distanze che variano dal tipo di ortaggio. Utilizzata per tutte le tipologie di ortaggi.
Risultano più facili anche le lavorazioni successive, il controllo delle infestanti e
l'irrigazione.
Semina a buche
Consiste nel mettere a dimora 2 o 3 semi all'interno di una piccola buca
superficiale disposta in file equidistanti. Utilizzata soprattutto per zucche, zucchini,
fagioli, piselli rampicanti e fave. Dopo la semina ricoprire il seme rastrellando
leggermente il terreno in un solo senso. Ricordarsi di non interrare troppo il seme,
che in genere va ad una profondità di circa 2/3 volte la sua grossezza.
Comprimere leggermente il seminato con l'aiuto di un badile o di un rullo. Se
necessario, coprire con un telo di tessuto il seminato e procedere all'annaffiatura a
doccia.
E' opportuno annaffiare spesso, ma senza eccessi e, quando il germoglio è
spuntato, ricordarsi di togliere il telo di tessuto dalla coltura.
Semina sotto riparo
Detta anche in cassone, consiste nella semina in cassette chiuse o in serra, dove
le temperature più miti consentono uno sviluppo più rapido degli ortaggi.
Utilizzata soprattutto per produzioni precoci o per ottenere piantine da trapianto
come pomodori. peperoni. melanzane ecc. e su ortaggi da cespo, come cicorie,
lattughe, ecc. Successivamente annaffiare quanto basta.
I lavori stagionali di manutenzione dell'orto
Inverno
E' la stagione dove si lavora meno nell'orto.
Se le giornate lo consentono, si deve cominciare a lavorare il terreno con una vangatura,
lasciandolo poi riposare, senza rompere le zolle. Saranno il freddo ed il gelo a renderlo più
soffice e lavorabile.
Quando il clima non lo consente, diamo una controllata ai nostri attrezzi, perché siano in
perfette condizioni per le stagioni future.
Semina sotto riparo: basilico, peperoni, pomodori, melanzane, sedano e zucchine.
Semina in piena terra: bulbilli di cipolla, aglio scalogno, aglio e, nelle zone più miti,
procedere anche alla semina di fave e piselli.
Primavera
La stagione di lavoro più intensa per chi si dedica all'orto.
Bisogna preparare il terreno per la semina ed iniziano anche i primi raccolti e le prime
soddisfazioni.
Si possono seminare quasi tutti gli ortaggi, ma nelle zone più fredde è bene ripararli dalle
possibili gelate almeno durante la notte, con un telo o altro materiale. Mantenere pulito dalle
erbe infestanti il nostro orto.
Semina sotto riparo: angurie, basilico, cetrioli, finocchi. melanzane, meloni, peperoni,
pomodori, sedano, zucche e zucchini.
Semina in piena terra: arachidi, asparagi, barbabietole, biete,. carote, ceci, cicorie, indivie,
lattughe, piselli, porri, prezzemolo, ravanelli, rucola e spinaci. Si possono ancora piantare i
bulbilli di cipolla, aglio scalogno e aglio.
Estate
Altra stagione di grande impegno, in cui si raccolgono molti ortaggi e verdure; ma dobbiamo
prestare attenzione alle colture di fave, piselli e fagioli rampicanti. pomodori ecc.. poiché
necessitano di un sostegno con reti o paletti, per potersi sviluppare bene e dare buone
produzioni. Diradare le colture più fitte, estirpare le infestanti ed effettuare eventuali
trattamenti contro insetti o malattie fungine. Annaffiare adeguatamente. Lavorare il terreno
che si è liberato dagli ortaggi raccolti per le future semine.
Semina in piena terra: bietole, carote, cavoli, cipolle, cetrioli, cicorie, cime di rapa, fagioli,
finocchi, fragole, indivie, ramolaccio, ravanelli, rucola, valeriana e zucchine.
Autunno
Le giornate si accorciano e le temperature calano sensibilmente; è quindi il momento di
mettere al riparo le nostre colture invernali, mediante la copertura con teli, paglia o tunnel di
plastica.
Tenere pulito l'orto dalle foglie secche e, dove possibile, procedere con una profonda
vangatura, per far arieggiare bene il terreno durante il periodo invernale.
Pulire l'orto dai residui di vegetazione delle precedenti colture e dalle foglie secche.
Lavorare il terreno per prepararlo alle future semine primaverili ed effettuare una buona
concimazione di fondo con letame o fertilizzante.
Semina in piena terra: ceci, cicorie, cipolle, fave, piselli, fragole, indivie, lattughe invernali,
prezzemolo, ravanelli, rucola, spinaci, tetragonia, valeriana.
La presenza di una struttura protettiva “ serra” consentirebbe di produrre le piantine da
mettere a dimora in tempi e periodi ottimali tali da favorire l'attecchimento, le tecniche
agronomiche-colturali, la scalarità produttiva-di raccolta e l'estetica – ornamentale delle
parcelle programmate.
COMPOSIZIONE CHIMICA DEL TERRENO
Dall'analisi chimico-fisica esaminata il terreno dell' area interessata è di medio
impasto sabbioso, con ph 7.3 leggermente basico , mediamente dotato di macro
elementi da integrare con concimazioni equilibrate bio-dinamiche uso combinato di
biocompost per la parte organica, fosforo, potassio con la pollina contenente il 7% di
azoto organico.
Si consiglia di eseguire compostiere diverse, integrando i residui alimentari a base
di pesce ricco di fosforo organico.
La composizione chimica del terreno è estremamente variabile e dipende oltre che
dalle componenti del substrato pedogenetico anche da tutti i fattori della pedogenesi
come clima, vegetazione, microrganismi, interventi antropici, in particolare le
pratiche agricole da applicare.
Prendendo in considerazione i principali componenti chimici distinguiamo:
macroelementi ( elementi prelevati dal terreno ed utilizzati dalle piante in elevata
percentuale): azoto, fosforo, potassio, calcio, carbonio, ossigeno, idrogeno,
magnesio, zolfo;
microelementi ( elementi prelevati dal terreno ed utilizzati dalle piante in bassa
percentuale): zinco, rame, boro, manganese, ferro, molibdeno.
Il riciclaggio della frazione organica dei rifiuti avviene
attraverso il compostaggio
Utilizzo come substrato colturale Il compost si è dimostrato in grado di sostituire
parzialmente o totalmente la torba nell’allestimento di substrati colturali per il
vivaismo. I benefici nell’utilizzo del compost interessano le aziende, per i minori
costidi acquisto, ma anche la tutela dell’ambiente più in generale. E’ questo un
processo biologico in cui scarti organici putrescibili vengono trasformati, in
ambiente aerato, in compost, ovvero un materiale simile ad un terriccio,
stabilizzato, parzialmente mineralizzato ed umificato. La trasformazione è
realizzata principalmente da microrganismi aerobi (batteri, attinomiceti e
funghi). Il processo consta di una prima fase in cui si sviluppa calore, a
causa della intensa attività di degradazione delle sostanze più facilmente
decomponibili (carboidrati, proteine, acidi grassi), seguita poi da una fase
detta di “maturazione” che si protrae per alcuni mesi, in cui avvengono la
decomposizione di cellulosa e lignina e la contemporanea produzione di
humus. Il compost è un ottimo ammendante organico per il suolo, in grado
cioè di migliorarne la struttura e la fertilità biologica. Può essere considerato
simile al letame maturo piuttosto che alla torba.
POTASSIO
Il potassio deriva dalle rocce argillose, questo spiega la buona dotazione dei
terreni italiani. Come il fosforo anche il potassio è in parte trattenuto dal potere
adsorbente del terreno e pertanto non viene dilavato.
AZOTO
L’ azoto deriva principalmente dall’ atmosfera che ne contiene circa l’ 80% in
volume sotto forma elementare (N2); viene fissato e trasformato dai microrganismi
presenti nel terreno in quanto le piante superiori non sono in grado di utilizzarlo
direttamente , ma solo sotto forma di ioni NH4+ (azoto ammoniacale) o di
ioni NO3- (azoto nitrico).
FOSFORO
Il fosforo presente nel terreno deriva in massima parte dall’ apatite e, per minor
apporto, dalla sostanza organica e dai concimi. Il fosforo non viene dilavato
perché fissato dal potere adsorbente del terreno e ceduto progressivamente alla
soluzione circolante.
SCHEDE TECNICHE
( delle specie orticole )
ANGURIA
Caratteristiche botaniche
Il cocomero è una pianta annuale, con fusto erbaceo
rampicante, foglie grandi e pelose con tre lobi, fiori maschili e
fiori femminili, frutto voluminoso rotondo oppure ovale. Può
raggiungere il peso di 20 kg. L'involucro verde è liscio, assai
massiccio, e presenta varie striature e chiazze bianche o
giallastre.
Stagione della raccolta e dalla maturazione dei frutti
Le angurie sono disponibili esclusivamente nel periodo estivo,
da maggio a settembre
ASPARAGO
Caratteri botanici
L'asparago appartiene alla famiglia delle Liliaceae, genere Asparagus, cui sono ascritte oltre 240 specie, tra cui laofficinalisL.
L'apparato radicale è costituito da due tipi di radici :
- Principali: disposte a raggiera sulla "corona", carnose, cilindriche, prime di ramificazioni e ad accrescimento indefinito;
possono raggiungere notevoli profondità e fungono da organo di riserva; se una radice principale viene tagliata non ramifica
più e, per la difficoltà di cicatrizzare, tende a marcire.
- Secondarie: fibrose e più sottili, sono presenti lungo le radici principali e specialmente nella parte terminale e hanno
funzione di assorbimento.
.
L'asparago è una pianta dioica e l'impollinazione avviene ad opera di insetti. In alcuni casi le piante maschili presentano fiori
ermafroditi in grado di fruttificare. I fiori sono posti in posizione ascellare, solitari, piccoli, giallo-verdastri. Dalla fecondazione si
formano delle bacche globose (grandi come un pisello) che mature si presentano di color rosso vermiglio, contenenti 3-6
piccoli semi neri e duri (1.000 = 20 g.)
La pianta maschile è più vigorosa, precoce e produttiva rispetto a quella femminile, ma produce turioni più sottili.
Il turione: germoglio "carnoso" di taglie differenti.
I turioni iniziano ad accrescersi ed a svilupparsi alla fine dell' inverno, quando la temperatura è in aumento, cioè quando si
arriva a circa 10°C, perché in queste condizioni com incia ad esserci una forte migrazione di sostanze nutritive che vanno
dalle radici alle gemme (i turioni).
Fuoriuscito dal terreno il turione si presenta con una forma allungata, più o meno spessa, e con la presenza di alcune
foglioline caratterizzate dalla forma a scaglie.
Quando il turione non è ancora spuntato dal terreno esso è bianco, tozzo, con l' apice tondeggiante, mentre quando esce
dalla terra diventa sempre più rosato fino a diventare violaceo e poi verde per effetto della fotosintesi.
Tecnica colturale
Il ciclo dell'asparago presenta le seguenti fasi:
- allevamento (primi due anni), caratterizzato da un forte sviluppo vegetativo;
- produttività crescente (terzo e quarto anno) che corrisponde ai primi due anni di raccolta;
- produttività stabile (quarto e dodicesimo anno);
- produttività decrescente (dodicesimo e ventesimo anno).
L'asparago, per la sua permanenza nel terreno per più anni, non può essere inserito in una normale rotazione agraria, ma
deve essere coltivato fuori rotazione; è considerato, comunque, una pianta miglioratrice per le profonde lavorazioni di cui
necessità all'impianto, per le abbondanti concimazioni organiche e le ripetute sarchiature che richiede. Non è consigliabile
far seguire l'asparago a se stesso, così come alla patata, alla medica, alla carota e alla barbabietola da zucchero, a
causa dei violenti attacchi di rizottoniosi che si possono verificare in seguito; come colture precedenti sono da preferirsi i
cereali vernini o anche il mais.
Preparazione del terreno
Va effettuata in autunno o, al massimo, nell'inverno precedente l'impianto dell'asparagiaia. La lavorazione fondamentale è
un'aratura a profondità di circa 60 cm. Con questa lavorazione viene incorporata anche la concimazione di fondo a base di
sostanza organica ( 5Kg./mq., fino a 500 q.li/ha) e fertilizzanti.
Successivamente si provvede ad erpicare e pareggiare la superficie del suolo; quando si attua l' impianto vengono aperte
fosse parallele profonde 20-30 cm e larghe 50-70 cm, alternate a strisce della larghezza di 1-2 m dove viene
accumulato il terreno rimosso.
Impianto dell'asparagiaia
L'impianto dell'asparagiaia può essere effettuato ricorrendo a diversi materiali, e precisamente:
- seme: la semina diretta è poco utilizzata in Italia in quanto il seme deve essere posto a una limitata profondità (1-2 cm) e in
seguito il rizoma affiora velocemente dal terreno, con effetti negativi facilmente evidenziabili;
- zampe di uno o due anni: sono il materiale cui si ricorre nella tecnica tradizionale; le zampe possono essere messe a
dimora sia in autunno, che all' inizio della primavera. Per la messa a dimora si deve creare sul fondo delle fosse un
cuscinetto di letame, a sua volta coperto da un sottile strato di terra (2-3 cm), su cui vengono poste le zampe.
Successivamente queste ultime vanno coperte con uno strato di terra fine (3-4 cm).
- plantule in cubetto dell'età di 60-70 giorni: è una tecnica cui si ricorre sempre più frequentemente negli ultimi anni. Per
ottenere tale materiale si effettua la semina a 1-2 cm di profondità, in cubetti con un substrato pressato o in alveoli di
polistirolo, e si mettono i contenitori a germinare a una temperatura di 24°C e a un'elevata umidità at mosferica. Dopo circa
12-18 giorni si ha la germinazione e dopo circa 2 mesi le piantine sono pronte per essere trapiantate in pieno campo. I
vantaggi sono: elevata percentuale di attecchimento, riduzione della quantità di seme impiegato che rende più economico il
ricorso a seme più costoso, contenimento dei costi d'impianto grazie all'uso di trapiantatrici meccaniche, utilizzo di materiale
sano ottenuto su substrato inerte.
Produzione delle zampe
La semina si esegue a marzo, raramente in giugno, in un terreno sciolto e sabbioso dove è possibile una maggiore raccolta di
zampe. I semi vengono impiegati in ragioni 6-700 grammi per 100 metri quadrati di semenzaio (un grammo di semente
contiene 50 semi).
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Si spargono in solchetti tracciati ala distanza di 30-35 centimetri e profondi 3-4 centimetri che, dopo la semina, vengono
coperti in modo da formare una "costa" esposta al sole; questo facilita il riscaldamento del terreno, stimolando la
germinazione del seme.
.
Il seme viene sottoposto a disinfezione, e pre-germinazione, affidandolo poi al terreno appena appare l'apice del germinello.
Se il semenzaio è ben curato, prima con una buona preparazione del terreno, poi con annaffiature, le zampe saranno pronte
per l' impianto già nell' autunno.
Concimazione
Come già detto, le esigenze nutritive dell' asparagiaia non sono trascurabili, soprattutto per quanto riguarda l'azoto e il
potassio. Trattandosi di coltura poliennale, risultano molto importanti sia gli apporti
nutritivi di inizio coltura, sia quelli annuali. Con l' impianto viene previsto l' interramento di letame,
o di pollina. La concimazione annuale va effettuata per metà prima della ripresa vegetativa, e per metà al termine della
raccolta dei turioni, dove sono previsti apporti differenziati a seconda dello sviluppo delle piante.
Tecniche di produzione tradizionale
Dopo la piantagione bisogna avere molta cura che le piante attuino una vigorosa vegetazione, intervenendo, se necessario, per
eliminare le erbe infestanti, gli attacchi di insetti e le eventuali malattie delle piante con mezzi manuali, meccanici o chimici.
Il diserbo chimico si esegue con modalità e con formulati diversi a seconda del materiale utilizzato per l'impianto e della fase in
cui si trova l' asparagiaia.
Se la stagione in cui ci si trova è asciutta, sia per la scarsità di piogge, sia perché l' impianto è stato fatto su di un terreno
sciolto, sarà utile un intervento di irrigazione, in genere nel periodo estivo, quando la raccolta è in via di completamento.
Al momento della levata delle piantine, sarà utile intervenire con concimazioni azotate o azoto-potassiche.
In caso di attacchi da parte di insetti, si deve intervenire tempestivamente con insetticidi adeguati.
Nel periodo autunno-inverno, si attua il taglio dei fusti disseccati, lasciandone un piccolo pezzo, che servirà da segnale di
riconoscimento per capire dove è posta la fila di zampe, per non danneggiarle con le successive lavorazioni, che saranno
indispensabili, oltre per l' eliminazione delle malerbe, anche per evitare fenomeni di abbassamento di temperatura del suolo, o
accumuli di umidità.
I fusti in precedenza tagliati vanno bruciati, per prevenire il pericolo di reinfezioni.
Contemporaneamente vengono distribuiti i concimi nelle quantità programmate, coperti poi con uno strato di terra di 4-5 cm,
proveniente dal cumulo interfilare per un primo rincalzo delle zampe.
Durante il secondo anno vengono ripetute le stesse operazioni, e le piante vengono lasciate sviluppare liberamente senza
essere sfruttate.
Alla fine del secondo ed inizio del terzo anno, le fosse vengono colmate.
Al terzo anno comincia lo sfruttamento dell' asparagiaia.
Se l' impianto è destinato alla produzione dell' asparago bianco, le file vengono rincalzate in modo da favorire l'imbiancamento.
Nel caso dell' asparago verde il terreno viene lasciato in pari.
La prima raccolta dei turioni può essere effettuata nei mesi di marzo e aprile, e nel primo anno si può raggiungere una
sessantina di giorni di produzione. Durante il periodo di raccolta si può rendere necessaria una fresatura leggera; per
l'eliminazione delle infestanti si possono distribuire degli antigerminello o disseccanti (in questo caso l'intervento dovrà essere
eseguito prima della raccolta dei turioni).
Finito il periodo di raccolta, vengono eseguite una serie di cure colturali (diserbo - chimico o meccanico, irrigazioni e
concimazioni azotate (distribuite in tutto il periodo estivo).
Queste operazioni hanno lo scopo di stimolare la ripresa vegetativa, l'allungamento del rizoma, la formazione di nuovi gruppi di
gemme apicali, e di un nuovo fascio di radici ricche di sostanze di riserva capaci, nella prossima stagione produttiva, di una
abbondante produzione di turioni
Durante l'autunno-inverno si tagliano i fusti aerei ormai secchi, e si procede fresando leggermente il terreno, facendo in modo di
disfare le prode ed provvedendo nel contempo all'interramento del concime.
Negli anni successivi le operazioni andranno ripetute con le stesse frequenze e modalità.
Prima dell' inizio della raccolta, si ripristinano le prode (se è previsto dalla coltura in atto), si irrora e si interra il diserbante
(antigerminello). Queste operazioni vengono effettuate per l'intera durata della coltura (circa 10-12 anni).
Tecniche di forzatura
La coltura forzata viene eseguita per la produzione di particolari asparagi, i quali possiedono delle sfumature di colore (ne sono
un esempio gli asparagi di Albenga che hanno una sfumatura violacea sul colore bianco dell' asparago).
Per attuare questa coltura viene impiegata una pacciamatura di cascame di cotone che, bagnato con acqua, fermenta
sviluppando del calore, necessario per provocare il risveglio delle zampe e l'emissione dei turioni.
Sull'asparagiaia di due anni, preparata con impianto molto denso e con irrigazioni e concimazioni abbondanti, viene posto uno
strato di cascame di cotone. Lo strato di cascame si dovrà presentare con una altezza di circa 25-30 cm, poi adeguatamente
bagnato e pressato, a seconda della temperatura che si desidera raggiungere.
Nel periodo più freddo e piovoso si può montare una serra mobile sopra l' asparagiaia precedentemente preparata.
Si inizia la bagnatura del cascame, affinché venga attuata la fermentazione, si aumenta o si diminuisce la sua pressatura in
modo da raggiungere una temperatura di 18-20°C.
La raccolta viene effettuata appena i turioni spuntano in superficie, così si presentano di colore bianco, o bianchi con
sfumature di viola all'apice.
Oggi è stato messo in atto un altro tipo di forzatura: il terreno viene riscaldato grazie a dei tubi di materiale plastico, posti alla
stessa profondità delle zampe, e all'interno viene fatta circolare dell' acqua a 30-40°C; viene inoltre realizzata la copertura con
tunnel.
Una delle più importanti tecniche di forzatura è la pacciamatura con film plastici, che riscaldano gli strati superficiali del terreno
favorendo così un' anticipata produzione.
La pacciamatura con film nero è utile anche per l' imbiancamento dei turioni
Raccolta, produzione e conservazione
La produzione di turioni varia moltissimo da regione a regione, in funzione di vari fattori tra cui la varietà, il tipo di turione,
ecc. (da 3 a 14 kg/mq).
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La raccolta dei turioni è a scalare (giornalmente o a giorni alterni) nella coltura ordinaria e si esegue manualmente, con l' uso
di un coltello a sgorbia, appena il turione è emerso per 10-12 cm o, nel caso dell' asparago bianco, appena spunta dalla
baulatura.
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La raccolta meccanica può essere effettuata impiegando macchine agevolatrici, che portano i raccoglitori e permettono loro
di lavorare seduti.
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Esistono anche macchine per la raccolta integrale, che tagliano i turioni ad una certa profondità, li sollevano e li convogliano
su nastri trasportatori, per poi scaricarli in appositi contenitori. Il prodotto raccolto con questi macchinari è destinato
soprattutto all' industria conserviera, perché i turioni non si presentano con una forma ottimale.
Dopo la raccolta, i turioni vengono selezionati, dividendoli in scarto, e commerciabili. Quelli commerciabili a sua volta
vengono suddivisi in classi, in funzione della lunghezza, del calibro, della presentazione.
Una volta selezionati vengono legati in mazzi cilindrici uniformi, del peso di 1-2 kg, e di 20 cm di lunghezza e poi lavati. Nella
grande produzione la selezione viene effettuata con degli appositi macchinari selezionatori.
Il prodotto deperisce molto rapidamente e pertanto è indispensabile abbassarne al più presto la temperatura per aumentarne
la conservabilità. A tale scopo si ricorre sempre più spesso all'idrorefrigerazione, immergendo i turioni in acqua a 0,5-1°C.
Il prodotto può essere destinato sia al consumo fresco che all'industria; in quest'ultimo caso può essere surgelato oppure
inscatolato e cotto a vapore.
Avversità atmosferiche
Molto dannose sono le basse temperature e le piogge, che possono ritardare o bloccare la raccolta, con la perdita del
prodotto. E' molto importante inoltre mantenere la temperatura minima ottimale per la crescita dei turioni durante il periodo di
raccolta; le grandinate non danno gravi problemi in primavera in quanto sono rare, mentre in estate possono provocare danni
sulla produzione dell' anno successivo.
Un altro fattore negativo è il vento,che può provocare, specialmente nei terreni sabbiosi, danni per abrasione ai turioni in
quanto può esservi il trasporto di sabbia.
Virosi
I più diffusi in Italia sono: Virus del mosaico e Virus 1 e 2.
Micosi
- Rizoctonia: può infettare l'asparago sia in vivaio che in pieno campo;
- Fusariosi: questa malattia fungina si nota alla raccolta dei turioni, perché si presentano in numero ridotto e con qualità
pessime;
- Marciume basale: è determinato da varie specie del genere Phytophthora ,
- Stemfiliosi o Bruciatura estiva: provoca ingiallimento della pianta, con successivo imbrunimento e disseccamento, tanto da
sembrare bruciate;
- Ruggine: si manifesta con macchie ovali, allungate, giallastre che compaiono in primavera. In estate sulle foglie e sui rami si
ritrovano i sintomi più comuni, e cioè delle pustole con masse polverulente, rossastre.
Le infezioni di ruggine possono produrre danni molto gravi che consistono nel disseccamento parziale o totale delle parti aeree
della pianta, con diminuzione della vegetazione e con perdita di vitalità delle zampe.
Parassiti animali
Gli attacchi di insetti non sono molto sentiti in questa coltura,
ma quelli più importanti e quindi da tenere sotto controllo sono:
Afidi e Mosca dell'asparago. L'attacco dei primi provoca una
malformazione strutturale della pianta, e cioè internodi ravvicinati,
aspetto cespugioso; la Mosca dell'asparago è un' insetto presente
da fine di aprile a giugno, che depone le uova tra i tessuti alla base
delle squame dei turioni. Le larve scavano delle gallerie nel fusto,
fino a che non si mutano in pupe. Svernano all' interno del fusto
fino alla primavera successiva. I turioni infestati arrestano
lo sviluppo, ed appaiono deformi e secchi.
BIETOLA DA COSTA
Caratteri botanici
La bietola da coste è una pianta erbacea biennale (annuale in coltura)
originaria del bacino del Mediterraneo.
Presenta una radice fittonante carnosa di 2-4 cm di diametro e 20-30 cm
di lunghezza. Le foglie basali sono riunite a rosetta ed hanno un lembo
spatolato o lanceolato, liscio o bolloso, sorretto da un picciolo carnoso
ed appiattito (costa) di color bianco argento, verde, rosato o rosso,
lungo 15-20 cm. Lo scapo fiorale è angoloso e ramificato, i fiori piccoli,
verdastri e sessili riuniti in glomeruli di 3-5 spighe fogliacee, a loro volta
riunite in pannocchie; ciascun fiore è costituito da un ovario uniloculare,
5 stami e 3 brevi stigmi; l'impollinazione è anemofile e la fecondazione spesso incrociata, agevolata anche dalla
proterandria; la fioritura avviene in primavera-estate e la raccolta del seme in luglio-agosto; il frutto è un glomerulo legnoso
grinzoso indeiscente, da marrone chiaro a scuro, contenente 3-5 semi. La durata della germinabilità è 4-5 anni (peso 1.000
semi da 18 a 24 grammi).
Esigenze ambientali
Ha basse esigenze termiche e tollera temperature di -2 -3°C. Si adatta a tutti i tipi di terreno, anch e se preferisce quelli
profondi, freschi, ben drenati e dotati di sostanza organica, con pH neutro o subalcalino; tollera bene elevati gradi di salinità.
Presenta esigenze idriche elevate; i fabbisogni di elementi nutritivi per produzioni di 300 quintali ad ettaro sono di 180 kg/ha di
N, 90 kg/ha di P2O5 e 180 kg/ha di K2O.
Si avvantaggia dell'apporto di letame (30-40 kg/mq). Durante la coltivazione a ciclo lungo (autunno-inverno) è necessario
intervenire ripetutamente con azoto.
Varietà
Le cultivar vengono distinte in base alla colorazione e bollosità delle foglie, grandezza e colore delle coste, adattamento alla
coltura da taglio. Nelle varietà da taglio il picciolo fogliare è meno sviluppato e di colore verde.
Tecnica colturale
Può essere coltivata in primavera come sarchiata da rinnovo o nel periodo autunno-vernino come intercalare; è sconsigliato
coltivarla in successione a spinacio, barbabietola e mais.
L'impianto può essere mediante semina o trapianto; con la semina meccanica si effettua una distribuzione a file distanti 30-40
cm, diradando poi a 15-20 cm lungo la fila, realizzando densità di 15-25 piante a metro quadrato; sono necessari 6-7 kg di
seme ad ettaro. Nel caso di bietola da taglio la densità è molto più elevata.
Raccolta e produzione
La bietola da coste (produzioni ad ettaro superiori a 300 quintali)viene raccolta mediante sfogliatura successiva o taglio
dell'intera pianta. La bietola da taglio viene raccolta mediante sfalciatura, quando le foglie hanno raggiunto un'altezza di 15-20
cm; il numero di tagli varia con il periodo di coltura (20-25 kg/mq).
Avversità e parassiti
La malattia fogliare più pericolosa è la Cercospora, nota anche come
"vaiolatura".; altre crittogame dannose della parte aerea sono la Peronospora
e anche la batteriosi .Tra gli agenti che provocano marciumi alle radici ed al
colletto nelle prime fasi di crescita si ricordano il Mal del piede , Pythium e
Rhizoctonia spp. Per tutte vale soprattutto il principio di adottare lunghe
rotazioni.Gravi danni sono prodotti anche da alcune virosi trasmesse per seme
e da alcuni insetti vettori : Virus del giallume e Virus del mosaico. I parassiti
che interessano la bietola da coste con danni alle radici comprendono insetti
polifagi, mentre sulle foglie producono danni afidi, l'Altica, la Mosca , il tripide
degli orti, il Ragnetto bimaculato .
CAROTA
Caratteri botanici
Presenta foglie profondamente laciniate, nel primo anno disposte
a rosetta sulla "testa" della radice. Se lasciata salire a fiore, nel
secondo anno emette uno stelo ramificato, alto fino a 1,5 metri,
portante piccoli fiori bianchi riuniti a due a due in infiorescenze a
ombrella composta. I semi sono piccoli (1.000 semi pesano 1,4
g), grigio-bruni, piano-convessi, dal forte odore aromatico.
Esigenze ambientali
Molto sensibile all'influenza del clima. Predilige terreni leggermente acidi (pH ottimale 6,5), freschi, fertili e sciolti. Nei terreni
compatti o ricchi di scheletro le radici tendono a biforcarsi, a diventare legnose, pallide, e, quindi, di scarso valore
commerciale.
Fra due colture successive è necessario far intercorrere un intervallo di due anni; meglio evitare la successione con
barbabietola, cipolla e con altre ombrellifere.
Tecnica colturale
La carota è una pianta da rinnovo. Date le dimensioni del seme, necessita di un'accurata preparazione del letto di
semina. La distribuzione delle semente viene eseguita a spaglio o a file (distanti 20 cm) in marzo-aprile. Si impiegano
circa 5-6 kg per ettaro. Vista la sua lentezza di sviluppo nella fase iniziale, la lotta contro le infestanti deve essere
molto accurata (a mano nei piccoli orti o con diserbanti selettivi).
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Quando le piantine hanno 3-4 foglie e sono alte 2-3 cm si procede al diradamento lasciando 50-100 piante per metro
quadrato, a seconda della varietà e del tipo di terreno.
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La concimazione deve essere abbondante perché la carota è molto avida di elementi nutritivi. Il letame impiegato
deve essere ben decomposto. Fosforo e potassio vengono distribuiti in presemina, l'azoto in copertura.
Varietà
Le varietà si distinguono a seconda della forma del fittone in corte, mezze lunghe e lunghe; a seconda del colore in rosse e
arancio: Tra le più diffuse (oltre agli ibridi) si ricordano: Mezza lunga di Nantes, Rossa d'Olanda, Chantenay, Rossa di Parigi.
Raccolta e produzione
La raccolta viene effettuata prima che la radice abbia raggiunto il suo massimo
sviluppo. Le produzioni unitarie variano moltissimo a seconda delle varietà e delle
condizioni ambientali (dai 200 ai 400 quintali ad ettaro). La raccolta può essere
effettuata manualmente o con macchine in grado di compiere la sola escavazione o
anche l'eliminazione delle foglie e del terreno dalle radici.
Le radici hanno ottime qualità alimentari perché ricche di glucidi di facile digeribilità,
di beta-carotene, e di vitamine B e C e di sali minerali.
Avversità e parassiti
Malattie batteriche: Erwinia carotovora che provoca marciumi molli nel fittone.
Malattie fungine:
- Alternariosi (Alternaria porri f. sp. dauci): a partire dalle foglie vecchie si sviluppano macchiette necrotiche che si estendono
poi all'intera vegetazione
- Cercosporiosi (Cercosporidium punctum): le lacine fogliari presentano macchie puntiformi verde chiaro poi brune, i piccioli
tacche brune depresse allungate. Sulle zone colpite si differenziano masserelle stromatiche grigiastre. La vegetazione al di
sopra della parte lesa ingiallisce e si ripiega verso il basso rimanendo pendula sulla pianta.
- Marciume dei fittoni
Nematodi: Ditylenchus dipsaci, Heterodera carotae.
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Insetti: Cavariella aegopodii, Disaphis crataegi, Disaphis foeniculi, Pemphigus spp., Psilla della carota (Trioza apicalis),
Tortrice della carota (Aethes williana), Mosca della carota (Psila rosae), Maggiolino (Melolontha melolontha); Phytoecia
cylindrica.
CETRIOLO
Varietà
Cetriolo a frutto grosso.
“Cetriolo verde lungo delle Cascine”: cultivar molto produttiva, a frutto
lunghissimo di ottima qualità. Precoce.
"Cetriolo Lungo della Cina".
“Cetriolo Rollison’s Telegraph”: cultivar molto vigorosa a frutto
lunghissimo di colore verde scuro, liscio.
“Cetriolo corto bianco” o “Palla di neve”: a frutto bianco, precoce.
“Cetriolo Torpedo”: A frutto corto, precoce.
“Cetriolo Marketer”: cultivar vigorosa e produttiva di origine americana.
Frutto di 19-20 cm, di colore verde scuro, leggermente papilloso. Maturazione
medio precoce.
“Cetriolo Cubit”: altra cultivar di origine americana, a frutto medio corto cm 22.
Precoce.
“Cetriolo Ashley”: è una delle cultivar più produttive che si presta anche per la
coltivazione in serra. Precoce, vigorosa, resistente all’oidio. Frutti affusolati
all’estremità, lunghi 20 cm.
Di recente introduzione alcuni F1 giapponesi.
Cultivar ginoiche (senza fiori maschili, partenocarpiche).
“Matro F1”: vigorosa, produttiva. Frutti lunghi 25 cm, di colore verde scuro. Resistente alle malattie. Precoce
“Nadir Hybrid F1”.
Cetrioli a frutto piccolo da sottaceto.
“Cetriolino piccolo verde di Parigi”: cultivar da sottaceti, rustica e molto produttiva.
“Cetriolino bianco da sottaceti”: cultivar a frutto piccolo con polpa soda, adattissimo per sottaceti.
“Ceto”: F1 ottima per resistenza alla antracnosi e ai virus.
Tecnica colturale
Il cetriolo è una specie alquanto esigente e vuole terreni molto fertili, freschi, irrigui, preparati con una lavorazione profonda
almeno 35-40 cm e concimati con 90-100 unità d’anidride fosforica e 200-250 unità d’ossido di potassio. Nei terreni calcio
carenti è necessario aggiungere 150-200 unità d’ossido di calcio o l’uso di fosfati naturali (fosforiti macinate) e scorie
Thomas. In copertura poi saranno necessari 130-150 unità d’azoto per una produzione di 60-80 kg/mq di cetrioli.
COLTIVAZIONE
Coltura normale
Nella coltura normale il cetriolo si semina all’aperto in aprile-maggio.
Semina: di solito è fatta in buchette, distanti 40-50 cm, lungo i solchetti abbinati, tracciati alla distanza di 0,80-1 e 1,20-1,50
metri, mettendo tre-quattro semi per ogni buchetta, distanziati di 2-3 cm, quando le giovani piantine sono alquanto sviluppate
si pratica il diradamento, lasciando una sola piantina per posto.
Cure colturali: quando le piantine hanno 5-6 foglie, si cimano sopra la quarta foglia. I getti che si formano potrebbero essere
ancora cimati ad una o due foglie sopra il primo frutticino.
I getti si possono lasciare sviluppare e distendere sul terreno o si lasciano attaccare a sostegni sui quali essi salgono come i
piselli. Con i sostegni i frutti vengono più diritti e più colorati e può essere eliminata l’operazione di cimatura.
Durante la prima fase di vegetazione, specialmente per i cetrioli lasciati senza sostegno, si fanno accurate sarchiature, così
che il terreno, successivamente coperto dalla pianta, rimanga ben pulito.
Il cetriolo richiede abbondanti irrigazioni, seguite da concimazioni localizzate in copertura con concimi azotati e fosfo
potassici.
Cetrioli da sottaceti
Per la coltura dei cetriolini da sottaceto si seguono le stesse norme della coltura precedente, ma non si cimano e la raccolta
si fa molto anticipata cercando di levare frutti che abbiano raggiunto lo stesso volume. Si consiglia anche di seminarli a file
semplici.
Coltura forzata o extrastagionale
La coltura extrastagionale del cetriolo può essere più o meno “anticipata” i quanto la coltivazione invernale, almeno nel
nostro paese, non è conveniente soprattutto per il fatto che il prodotto trova molta difficoltà di collocamento.
Coltura molto anticipata
Questa coltura si svolge completamente in serra fissa e in tunnel, riscaldati con sistema ad acqua calda ed ad aria calda.
Questa ultima dà i migliori risultati.
Semina: si fa nella seconda quindicina di dicembre, usando cassette di legno accatastabili di recupero, ben fognate, ripiene di
un miscuglio di sabbia (2/3) e terriccio (1/3) derivato da sfattoccio di letti caldi, tutto accuratamente sterilizzato, e messe in
serra calda alla temperatura di 16-17 / 22-24 °C.
Ripicchettamento: dopo una ventina di giorni, quando le piantine hanno iniziato la emissione della prima foglia vera, operando
sempre nella stessa serra, si ripicchettano in “fertilpot” di 6 cm, anch’essi raccolti in accatastabili. Le piantine s’interrano fino
ad un centimetro dalle foglie cotiledonali in maniera che nello spazio tra queste ed il colletto si formi un abbondante capillizio
di radici avventizie, premessa ad una forte ripresa della piantina messa a dimora.
I vasetti si riempiono con un miscuglio di terriccio, proveniente da sfatticcio di letti caldi, e di sabbia, sterilizzati con vapore
surriscaldato. Si aggiunge una certa quantità di perfosfato minerale, solfato potassico e calce. La semina può essere fatta
anche direttamente in vasetti o cubetti, o in massetti di miscuglio letame-terra mettendo i semi sufficientemente profondi.
Piantagione: alla fine di gennaio, primi di febbraio, si fa la piantagione in serra con la temperatura regolata sempre sui 16-17 /
22-24 °C. le piantine si mettono in file alla dista nza di 80 x 50 centimetri, su prodine rialzate almeno di 10-15 cm. Si evita o si
attenua così l’attacco del marciume del colletto (Colletotrichum lagenarium Ell. Et Halst.) mentre si facilita l’irrigazione per
infiltrazione laterale.
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Il terreno si prepara con una vangatura o un aratura profonda 30 cm circa, concimando con 500-600 quintali di letame,
integrato con 100-120 unità di anidride fosforica sotto forma di perfosfato e 150-200 unità di ossido di potassio da solfato. La
razione di azoto si dà in copertura. La disinfestazione è fatta con vapam.
Cultivar: sono state fatte prove di ginoidi (cultivar privi di apparato maschile) non hanno dato risultati migliori. Tra queste
figurano: “Racket F1”, “Condel F1”, “Groenlo F1”.
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Tra le cultivar da serra, per i mercati che preferiscono il frutto mezzo lungo o corto sembra dare risultati eccellenti l’”Ashley”.
Coltura anticipata all’aperto
Per la coltura anticipata in pieno campo la semina del cetriolo si fa ai primi di marzo, in cassone su letto caldo, generalmente
in fertil-pot o paper-pot. Se la semina non è fatta in vasetti, dopo un paio di settimane dalla semina si fa il trapianto in altro
cassone con letto semicaldo, protetto da vetrate e se necessario da stuoie, senza dare aria finché le piantine non hanno
ripreso bene.
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Appena passato il periodo delle gelate, si fa il trapianto all’aperto in buchette scavate alla profondità di 30-40 cm
dove è stato messo del letame in fermentazione coperto da uno strato di buon terriccio mescolato a terra vergine.
Si può anche fare in solco profondo che si riempie lo stesso con letame e che si ricopre poi con terra. Su questa si
mettono le piantine di vaso o di vivaio.
Su queste piantine si possono sovrapporre delle campane di vetro o di plastica o speciali chassis vetrati o tunnel in
plastica.
Cure colturali
Al terreno: per evitare lo sviluppo delle infestanti e l’eccessivo costipamento del terreno, provocato dal passaggio
degli operai negli interfilari, è necessario fare delle fresature abbastanza frequenti che servono anche ad interrare
i concimi dati in copertura.
Irrigazione: è sempre frequente ed abbondante, specialmente nel periodo di più intensa fruttificazione, sono
erogate quantità d’acqua mai inferiori a 300-400 m3/ha a turno.
Concimazione in copertura: di solito si distribuiscono circa 150 unità di azoto sotto forma nitroammoniacale e P K
N come si è già detto, integrata da una concimazione fogliare da attuare insieme ai trattamenti antiparassitari.
Palatura: per l’indispensabile sostegno alle piante si usano spezzoni di spago agritex, fissati ad un filo di ferro
zincato, teso a circa due metri al di sopra del filare o legato con nodo speciale non “scorsoio” alla base della
pianta, ma più spesso su un altro filo di ferro teso alla base, alla superficie del terreno.
Potatura: alcune cultivar utilizzate hanno dimostrato di risentire negativamente della cimatura sulle prime due
foglie e sui rametti fruttiferi per cui è stata eliminata dalle pratiche colturali.
Raccolta e produzione
La raccolta inizia, in generale, verso la metà o la fine di marzo-i primi di aprile
e si protrae fino alla fine di giugno, periodo in cui le caratteristiche costruttive
delle serre inibiscono la ulteriore vegetazione e produzione delle piante per
eccessi di temperatura interna. Si ottengono in media 15 frutti vendibili a
pianta.
Avversità e parassiti
I primi trattamenti si fanno con un cuprorganico sistemico, quindi s’interviene
anche con amicino al piede delle piantine per il controllo del marciume del
colletto molto pericoloso. Altri trattamenti possono essere fatti per il controllo
dell’oidio e dei pidocchi.
CIPOLLA
Caratteri botanici
La cipolla (Allium cepa L.) appartiene alla famiglia delle Liliaceae. Alcuni studiosi, per la forma dell'infiorescenza, la
inseriscono, come l'aglio, nella famigla delle Amarillidaceae.
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L'apparato radicale è costituito da numerse radici fascicolate e superficiali (in genere nei primi 20-25 cm di terreno), di colre
biancastro, normalmente sprovviste di peli radicali e carnose.
Alla germinazione presenta una piccola foglia che fuoriesce dal terreno con forma ad anello ed in seguito si solleva ed
assume l'aspetto di una frusta. Compaiono poi lentamente le altre foglie che sono cave, fistolose, rigonfie nella parte inferiore.
Il bulbo (la parte edule della pianta) è costituito dall'ingrossamento della parte basale delle foglie che si ispessiscono,
divengono carnose, bianche o leggermente colorate di rosso o violetto. Le guaine esterne si presentano invece sottili,
cartacee, di colore variabile dal bianco, al dorato, al rosso al violetto, a seconda della varietà.
Trapiantando i bulbi al secondo anno si forma lo scapo fiorale, cavo internamente e rigonfio nella parte inferiore. Lo scapo
porta alla sommità una infiorescenza ad ombrella semplice, globosa, composta da molti fiori, che presentano protandria
(vanno a maturazione prima le antere e poi gli ovuli) e conseguente allogamia in quanto la fecondazione è favorita dagli
insetti pronubi. Dalla fecondazione si forma una capsula triloculare contenente 1-2 semi,
di forma irregolare, generalmente di colore nero, ma anche bruno. Il peso di 1.000 semi
va da 3 a 5 grammi.
Esigenze ambientali
La cipolla è abbastanza resistente alle basse temperature, tanto che la germinazione,
pur avvenendo in condizioni ottimali intorno ai 20-25°C, può iniziare già a valori di
0-1°C. Essendo una pianta biennale, la formazione d ell'infiorescenza è stimolata
dal processo di vernalizzazione. La cipolla presenta esigenze diverse nei confronti della
luce, tanto che le singole varietà iniziano la bulbificazione quando si verificano
condizioni appropriate di luminosità:
- brevidiurne: richiedono un periodo di 10-12 ore di luce al giorno (varietà precoci);
- neutrodiurne: richiedono un periodo di 12-14 ore di luce al giorno (varietà medio-precoci);
- longidiurne: richiedono un periodo di 14-16 ore di luce al giorno (varietà tardive o molto tardive).
Predilige terreni di medio impasto tendenzialmente sciolti ma si adatta anche a quelli argillosi purchè freschi, profondi, ricchi di
sostanza organica, con buona disponibilità di acqua. E' consigliabile un avvicendamento lungo (ogni 4-5 anni). Predilige terreni
con valori di pH tra 6 e 7.
Varietà
Anche se il miglioramento genetico di questa specie ha avuto inizio di recente, la selezione operata dagli agricoltori in
precedenza ha consentito di disporre di un certo numero di varietà e tipi differenti per esigenze luminose, lunghezze del ciclo
biologico (precoci, medie e tardive), destinazione del prodotto, forma del bulbo, colore delle tuniche esterne (bianche, rosse,
gialle, viola, brune).
A seconda della destinazione del prodotto, si distinguono varietà per il consumo fresco (in genere quelle precoci), da serbo,
raccolte a fine estate-inizio autunno e conservate fino alla primavera successiva, da sottoli e sottaceti, a bulbo bianco come la
"Bianca di Baretta" o la "Borettana", e varietà da disidratare, il cui prodotto è impiegto per i cibi precotti, nelle mense, nei
ristoranti.
Tecnica colturale
A causa del fenomeno della "stanchezza del terreno" i migliori risultati produttivi si ottengono con una rotazione almeno
triennale e facendo seguire la cipolla a radicchio, insalate o carota. Sono da evitare successioni a bietola, patata e cavolo. Si
consiglia un'aratura a 30-40 cm.
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La semina viene normalmente effettuata con seminatrici di precisione di tipo pneumatico e utilizzando sia seme nudo che
confettato o ricorrendo a seme posto su nastro di materiale che si decompone con l'umidità del terreno. La distanza di semina
varia in funzione della destinazione finale del prodotto (file distanti 16-20 cm per quelle a bulbo grosso, 9-10 cm per quelle a
bulbo più piccolo). Il seme va posto a una profondità di 2-3 cm. Dopo la semina è consigliabile effettuare una leggera rullatura
per far meglio aderire il terreno al seme. L'epoca di semina va da settembre a dicembre per le cipolle da consumo
fresco, a raccolta primaverile, e da gennaio ad prile per quelle da serbo, a raccolta estivo-autunnale, per sottaceti .
Anziché effettuare la semina diretta è possibile ricorrere al trapianto di piantine ottenute in contenitori alveolari,
accorciando così il ciclo di circa 3 settimane.
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La cipolla, pur non presentando particolari esigenze nutritive, richiede comunque una buona fertilità del terreno. La
concimazione deve essere (nella grande coltura) esclusivamente minerale in quando quella organica, in genere a base di
letame bovino, può pregiudicare la conservazione dei bulbi e favorire l'attacco di funghi patogeni e nematodi. Meglio se la
concimazione organica viene effettuata sulla coltura precedente. La cipolla necessita di N soprattutto nel periodo
che va dalla germinazione alla bulbificazione, mentre ha un particolare fabbisogno di P e K nei 20 giorni che
precedono la raccolta; apporti azotati tardivi possono avere ripercussioni negative sulla conservabilità del prodotto.
A causa dell'apparato radicale molto superficiale, la cipolla è molto sensibile agli stress idrici e pertanto occorre
intervenire con frequenti irrigazioni, ma di limitata entità. Gli interventi irrigui, di norma, dovrebbero essere sospesi
25-30 giorni prima della raccolta.
Avversità
Tra le avversità non parassitarie sono causa di danni rilevanti le gelate tardive e le grandinate. A seguito di tecniche colturali
errate o di andamenti climatici avversi, la cipolla può andare incontro alla prefioritura, cioè alla formazione dello scapo fiorale
senza formare il bulbo, quando a un andamento climatico normale seguono abbassamenti termici a 10-12°C seguiti da un
rapido innalzamento della temperatura.
Virosi
- Virus del mosaico.
- Virus del mosaico giallo
Batteriosi
Durante la raccolta e la conservazione è possibile riscontrare tre tipi di marciume batterico:
il marciume molle, il marciume solforoso e il marciume acido
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Micosi
Molte sono le micosi che condizionano la produttività della cipolla; alcune si riscontrano sulla parte aerea (peronospora, botrite,
alternariosi, carbone), altre sull'apparato ipogeo (marciume basale o fusariosi, antracnosi, marciume rosa delle radici, marciume
carbonioso)
Parassiti animali
Numerosi sono i parassiti animali che possono danneggiare la coltura; per fortuna i loro danni sono modesti e pertanto la lotta
chimica viene effettuata solo nei confronti di alcuni fitofagi
- Insetti (Trioza tremblayi), tripide della cipolla, Agriotes spp., Delia antiqua);
- Nematodi (Ditylenchus dipsaci, Longidorus spp., ecc.).
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
I bulbi di cipolla sono ampiamente impiegati in cucina per preparare minestre,
carni, sughi, insalate, ecc.
Proprietà terapeutiche: antibatterica e antinfettiva, stimola la funzionalità
renale favorendo l'eliminazione delle scorie azotate e combatte i vermi intestinali.
FAGIOLO
Caratteri botanici
È pianta annuale a rapido sviluppo, con apparato radicale molto ramificato e piuttosto superficiale, steli angolosi, di altezza e
portamento variabilissimo, da nani a rampicanti. I fagioli nani sono i più adatti alla coltura di pieno campo. I rampicanti si
prestano bene alla coltura ortense dove la raccolta è scalare e manuale.
Le prime foglie sono semplici, le altre trifogliate con foglioline cuoriformi. I fiori sono riuniti a grappoli in numero da 4 a 10
all’ascella delle foglie, e sono di colore per lo più bianco. La fioritura è cleistogama, il che determina una stretta autogamia, per
cui la varietà si identifica con la linea pura. Il frutto è un legume pendulo, pluriseminato, di forma, colore e dimensioni assai
variabili: compressi o cilindrici, verdi o gialli, lunghi da 60 a 220 mm, diritti o incurvati. Un carattere anatomico importante è la
presenza o l’assenza nel baccello dei tessuti fibrosi che ne determinano il tipo di utilizzazione. Si hanno così due tipi di struttura
del baccello:
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- Baccelli le cui valve si separano con facilità per la presenza di un cordone fibroso lungo le linee di saldatura (“filo”) e hanno
strati di tessuto fibroso (“pergamena”) entro ciascuna valva: il loro uso è per seme:
- Baccelli senza filo e senza pergamena e che quindi sono teneri e carnosi a lungo (fagioli mangiatutto o da cornetti, più
comunemente detti “fagiolini”).
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Le dimensioni, la forma e il colore dei semi sono incredibilmente variabili, secondo i diversi gusti dei consumatori. La maggior
parte delle varietà hanno semi il cui peso varia da 300 a 700 mg; una varietà italiana, il Borlotto, è molto apprezzata per il peso
dei suoi semi che talora superano 800 mg.
La forma varia dalla sfera, al parallelepipedo, al reniforme, all’ovale, all’appiattito, al cilindrico.
I colori sono diversissimi: dal bianco al nero passando per il giallo, il beige, il bruno, il rosa, il rosso, il violetto; il colore può
essere uniforme o variamente screziato.
Esigenze ambientali
Data la sua origine tropicale il fagiolo è esigente in fatto di calore. La temperatura minima per avere nascite accettabilmente
pronte e regolari è di 13-14 °C.
Il fagiolo soffre moltissimo gli abbassamenti di temperatura: muore a 1-2 °C. per questi motivi in zon e temperate il fagiolo può
coltivarsi solo nel periodo primaverile-estivo o estivo.
Il fagiolo teme molto la siccità: in questo caso la pianta appassisce durante le ore più calde, i baccelli abortiscono o contengono
pochi semi, i semi non raggiungono il pieno sviluppo.
Tenuto conto di questi fatti e della limitata profondità raggiungibile dalle radici, nel clima italiano generalmente è necessaria
l’irrigazione per realizzare produzioni soddisfacenti e costanti. Il clima ideale per il fagiolo è quello di tipo oceanico, con estate
né eccessivamente calda né secca, poco ventosa.
La maturazione è favorita dal tempo secco.
Il terreno più adatto al fagiolo è quello sciolto, fresco, fertile; esso non deve essere troppo calcareo, altrimenti i semi che si
ottengono sono duri e di difficile cottura per l’ispessimento del tegumento.
Il fagiolo si adatta ai terreni pesanti, purché questi non siano soggetti a formare crosta perché questa è un ostacolo gravissimo
alle nascite delle piantine, la cui germinazione è, come si è detto, epigea e i cui cotiledoni sono soggetti a rompersi al minimo
ostacolo nella fase dell’emergenza.
Il fagiolo ha una spiccatissima intolleranza per la salinità.
Varietà
L’enorme variabilità genetica della specie e la stretta autogamia che caratterizza la
sua biologia fiorale hanno fatto sì che nei secoli passati siano state isolate
innumerevoli varietà, dotate di adattamento alle condizioni locali ma soprattutto
delle caratteristiche morfologiche e organolettiche gradite ai consumatori. Solo in
tempi recenti il miglioramento genetico ha iniziato programmi di selezione
scientificamente basati, volti al conseguimento di importanti obiettivi:
- Aumento della produttività e della regolarità di produzione;
- Adattamento della pianta alle tecniche di coltivazione e trasformazione.
Il primo obiettivo è perseguitato soprattutto attraverso l’aumento della resistenza a quelle avversità che attualmente falcidiano i
raccolti. Il secondo attraverso la modifica del portamento delle piante per rendere contemporanea la maturazione e possibile la
raccolta meccanica.
Tecnica colturale
Avvicendamento e preparazione del terreno
Il fagiolo trova la sua migliore collocazione tra due frumenti. È bene che la paglia del frumento precedente sia asportata e che
il fagiolo torni sullo stesso terreno a intervalli non inferiori a tre anni per evitare lo sviluppo di funghi terricoli. Data la brevità
del ciclo colturale il fagiolo si inserisce bene in certi ordinamenti colturali come coltura intercalare.
La preparazione del terreno nel caso di semina primaverile in coltura principale viene fatta secondo l’itinerario
tecnico tradizionale: lavorazione principale a media profondità in estate e ripassature in autunno e/o inverno per
affinare il terreno.
La sistemazione idraulica dei campi va curata perché il fagiolo stenta molto a nascere e a crescere su terreni freddi e
umidi. La preparazione del letto di semina deve essere particolarmente accurata facendo in modo che il terreno sia
molto ben sminuzzato e non soggetto a formare crosta.
Nel caso di coltura intercalare la cosa più importante è guadagnare tempo e non la preparazione del terreno, ottimi
risultati si ottengono con la lavorazione minima o, addirittura, con la non lavorazione.
Semina
La semina del fagiolo si può fare su un lungo arco di tempo: da aprile alla fine di luglio- primi di agosto.
Le semine primaverili vanno bene per tutte le varietà e per tutti i tipi di coltura, mentre le semine ritardate presentano
vincoli tanto più stretti quanto più avanzata è la data di semina.
Per granella secca le ultime semine possibili con le varietà più precoci sono quelle di metà giugno. Nella grande
coltura, dove la meccanizzazione della raccolta s’impone sia nei casi di coltura per granella che per fagiolini, le
varietà sono nane e si seminano a file.
Le quantità di seme variano molto secondo la densità desiderata, la dimensione dei semi e lo stato di preparazione del letto di
semina: in genere si va da 10 a 20 Kg di seme per metro quadro.
La profondità di semina ottimale è di 40-60 mm in terreni a grana media, fino a 60-80 mm in terreni sciolti. Il seme deve essere
sempre conciato
.
La concimazione del fagiolo deve basarsi sul fosforo e se scarseggia sul potassio.
Cure colturali
Una rullatura dopo la semina è in genere molto utile.
Il controllo delle infestanti è indispensabile o con la sarchiatura.
In semina primaverile e in ambienti a clima piovoso e/o con terreni freschi, varietà di fagiolo molto precoci possono maturare la
granella senza irrigazione, ma nella generalità dei casi, di varietà a ciclo lungo o di semine ritardate, l’irrigazione è
indispensabile.
Raccolta e utilizzazione
Nella piccola coltura i fagiolini e i baccelli freschi si raccolgono a mano scalarmene, mentre le piante di fagiolo da granella secca
si estirpano a mano quando i baccelli hanno cominciato a disseccarsi, si lasciano completare l’essiccazione in campo per
essere poi sgranate.
Nella grande coltura tutti i tipi di raccolta possono essere meccanizzati purché le piante siano nane e a maturazione
contemporanea. I fagiolini si raccolgono con apposite macchine raccoglitrici (pettinatrici); i fagioli da seme fresco si raccolgono
con macchine pettinatrici-sgranatrici semoventi; i fagioli secchi si raccolgono con le normali mietitrebbiatrici.
È considerata una buona produzione di fagioli secchi di 2-2,5 Kg./mq. Nel caso di fagioli freschi, produzioni buone sono di 1,2
Kg./mq. da baccelli da sgranare o di 5-6 Kg./mq. di cornetti secondo la varietà e il grado di sviluppo del baccelli.
I semi in magazzino sono molto soggetti agli attacchi del tonchio, per cui il controllo è indispensabile.
Avversità e parassiti
Gli attacchi parassitari sono la principale causa delle fluttuazioni di produzione che caratterizzano il fagiolo, così come pure
sono causa di scadimento qualitativo del prodotto.
Parassiti vegetali
Molte sono le malattie del fagiolo, tra queste citiamo come le più importanti le seguenti:
- Antracnosi: è una malattia molto grave che può attaccare l’ipocotile delle giovani piante, le foglie e i baccelli.
- Mosaico comune
- Ruggine
- Muffa grigia
- Batteriosi ad alone
Parassiti animali - Afidi - Ragnetto rosso - Tonchio
LATTUGA
Varietà e tecnica colturale
I tipi di lattuga più importanti dal punto di vista commerciale sono: la lattuga
cappuccio (o a palla) e la lattuga romana. Esiste anche la lattuga da taglio.
Lattuga
Ha foglie rotondeggianti che formano un grumolo serrato; con le numerose
varietà esistenti si presta a una larghissima gamma di possibilità di coltura:
primaverile-estiva, estiva, autunnale e invernale. Al termina della fase
vegetativa (la cui durata è molto influenzata dalla lunghezza del giorno)
i cespi salgono a fiore: cioè si forma uno scapo fiorale alto 1,3 m circa,
molto ramificato, portante numerose infiorescenze di 8-10 fiori riuniti a
capolino; i frutti (erroneamente chiamati semi) sono acheni oblunghi,
appiattiti, leggermente striati, di colore variabile dal grigio al bruno
(peso 1.000 semi pari a 1,1-1,2 grammi)
Le varietà più note sono: Batavia bionda, Trocadero, Regina di Maggio, Great Lakes.
Le rese unitarie si aggirano sui 20-25 kg/mq.
Lattuga romana
La semina è fatta generalmente in semenzaio in agosto-settembre per le lattughe invernali, in gennaio-febbraio per le
primaverili e in aprile-maggio per le estive
La tecnica colturale è simile a quella dell'indivia (vedere scheda)
Le varietà più importanti di lattuga romana sono: Bionda da inverno, Bionda da estate, Verde degli ortolani.
Le rese unitarie si aggirano sui 30-40kg/mq.
Avversità e parassiti
Il colletto della pianta e l'apparato radicale sono soggetti agli attacchi di numerosi funghi tra i quali Pythium, Rhizoctonia,
Thielaviopsis, Sclerotinia, ed alcuni batteri (Pseudomonas spp. e Pectobacterium carotovorum).
Alcune malattie fogliari sono rappresentate da Alternaria porrii, Bremia lactucae (peronospora), Marssonina panattoniana
(antracnosi), Botrytis cinerea (muffa grigia).
Molto pericolose anche le virosi della lattuga, il mosaico della lattuga (LMV) e l'imbianchimento nervale.
Tra i parassiti animali ci sono afidi, elateridi, nottue, grillotalpa, nematodi.
RUCOLA
Generalità
Pianta erbacea annuale conosciuta fin dai tempi antichi. Gli antichi
romani attribuivano alla Rucola proprietà afrodisiache e ne
consumavano anche i semi. Un tempo la Rucola era più apprezzata
per virtù medicinali che per l’uso alimentare. La rucola cresce
spontanea nell'Italia mediterranea, dal livello del mare e fino agli
800 metri d'altezza; il suo substrato prediletto è ben sciolto e sabbioso.
Caratteri botanici
Le foglie di questa pianta erbacea annuale sono disposte
alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia;
le superiori sono più strette delle inferiori; hanno un odore
caratteristico e un sapore decisamente acidulo. I piccoli fiori
sono formati da quattro petali solitamente bianchi o di colore
paglierino e si innalzano su steli sottili.
Coltivazione
Il ciclo vegetativo di questa erba è molto breve: dal momento della semina, che si effettua a primavera direttamente in piena
terra, al completamento del ciclo vitale trascorrono spesso solo poche settimane.
Cresce bene in pieno sole come in leggera ombra, purché sia posta al riparo dai venti. In condizioni climatiche ideali talora le
piante mantengono la vegetazione anche in inverno.
La coltivazione della rucola può venir effettuata anche in contenitori.
Raccolta e conservazione
Tagliare le foglie da consumare fresche. Uso in cucina e proprietà terapeutiche Apprezzata fin da tempi antichi per
il suo aroma speziato e piccante, la Rucola viene molto usata nelle insalate e nelle salse; arricchisce di sapore i tramezzini, le
pizze, esalta alcuni formaggi molli e può anche essere cotta a vapore.
Proprietà terapeutiche: vitaminizzanti, antiscorbutiche, aperitive, digestive.
SPINACIO
Caratteri botanici
Lo spinacio è una pianta erbacea a ciclo annuale, con una radice fittonante rossa vicino al colletto. Le foglie basali sono
carnose, provviste di un picciolo lungo 5-10 cm e di un lembo astato liscio o bolloso lungo 10-20 cm; esse sono riunite a rosetta
in numero di 20-30 prima dell'emissione dello scapo fiorale ramificato; i fiori sono piccoli, verdastri, riuniti in glomeruli ascellari
quelli femminili e in spighe quelli maschili; è una specie dioica, ma sono presenti anche tipi a sessualità intermedia in relazione
alle cultivar ed alle condizioni ambientali, che possono influenzare l'espressione sessuale. Le piante maschili sono
caratterizzate da steli fiorali privi di foglie, le piante femminili hanno foglie complete fino all'estremità degli steli.
I fiori femminili sono monoovulari e danno origine ad un frutto secco monosperma, indeiscente con endocarpo sclerotizzato. La
durata della facoltà germinativa del "seme" è di 2-3 anni.
Un grammo contiene 90-100 frutti.
In base alla forma del frutto si distinguono due sottospecie:
- Spinacia olracea inermis Moench (= glabra Mill), con frutti lisci subrotondi; è il tipo più diffuso in coltura, con numerose
cultivar;
- Spinacia oleracea spinosa Moench, con frutti angolosi o spinescenti; se ne conoscono poche varietà (Hollandia, Amsterdam
e Cavallius) e, seppur dotate di buona rusticità e resistenza al freddo, sono poco diffuse in Europa, e quasi esclusivamente per
l'industria conserviera.
Esigenze ambientali
Lo spinacio è specie a basse esigenze termiche e buona tolleranza al freddo
nella fase di rosetta. E' una pianta longidiurna, con rapida induzione a fiore
a lunghezze del giorno superiore a 14 ore (maggio-agosto).
Richiede un terreno fresco, permeabile e ben drenato, con pH superiore a
6,5. Ha una buona tolleranza alle elevate salinità. Le esigenze nutritive sono
di media entità, con asportazioni per quintale di prodotto di 0,475 kg di N,
0,175 kg di P2O5 e 0,500 kg di K2O.
Per una rapida crescita richiede condizioni di umidità elevate e costanti;
pertanto è opportuno ricorrere all'irrigazione in caso di andamento climatico
avverso alla semina e durante le prime fasi della crescita anche per evitare
fenomeni di prefioritura.
Tecnica colturale
Lo spinacio, in relazione al suo breve ciclo, è coltivato di frequente come intercalare nel periodo autunno-vernino con semina in
agosto-settembre; trova le migliori condizioni fitosanitarie quando si osservano rotazioni di 3-4 anni; si realizzano anche colture
primaverili soprattutto nel Centro-Nord, dove si effettuano colture destinate all'industria.
Il terreno deve essere ben preparato. Dopo aver arato il terreno a 30-35 cm, si esegue un affinamento e la sistemazione in
porche (aiuole rilevate di 15-20 cm larghe circa un metro e separate da passaggi di 40 cm circa), che è importante nelle colture
autunno-vernine per evitare ristagni d'acqua.
La semina può essere fatta a spaglio oppure a macchina, in file distanti 20-30 cm, con interramento a 1-2 cm di profondità; la
densità colturale varia a seconda che si tratti di colture destinate al mercato (19-22 kg/ha di seme per realizzare, dopo il
diradamento, densità di 35-50 piante a metro quadrato) oppure all'industria (30-40 kg/ha di seme per realizzare densità di 200250 piante a metro quadrato; l'elevata densità favorisce il portamento eretto delle piante, richiesto per la raccolta meccanica).
I lavori consecutivi (oltre al diradamento) sono rappresentati da sarchiatura o diserbo, irrigazioni, concimazioni in copertura.
Raccolta e produzione
La raccolta comincia 40-60 giorni dalla semina nelle colture primaverili; si può effettuare la sfogliatura oppure la raccolta
dell'intera pianta; la radice viene tagliata appena al di sotto delle foglie; oggi la raccolta meccanica è molto diffusa. La
produzione si aggira intorno ai 200 quintali ad ettaro. Gli spinaci raccolti, privi delle foglie ingiallite e rovinate, vengono disposti
in casse di 10-15 kg e immersi in acqua per togliere la terra residua e migliorare la
turgescenza delle foglie. Per quanto riguarda la conservazione del prodotto fresco,
si rilevano limiti di 10-15 giorni mantenendo il prodotto in frigo a 0°C e 90-95% di
umidità relativa.
Avversità e parassiti
Lo spinacio è una pianta abbastanza rustica; infatti non sono molti i parassiti in grado
di attaccarla nel periodo autunno-invernale, quando le temperature sono relativamente
basse; la mancanza di adeguate rotazioni può tuttavia compromettere le colture.
Tra i parassiti vegetali che determinano marciumi alle radici e al colletto ricordiamo
Pythium ultimum e Rhizoctonia solani. Anche la peronospora può risultare dannosa
in condizioni di elevata umidità e temperature comprese tra 8 e 18°C. Durante il periodo
estivo sulle colture da seme sono più dannose l'antracnosi, la cladosporiosi e la fusariosi.
Tra i virus che possono attaccare lo spinacio ci sono il Virus del cetriolo, il Virus del mosaico
e il Virus del giallume della bietola (questi virus sono trasmessi dagli afidi).
I parassiti animali più dannosi comprendono, oltre agli afidi, le nottue, le lumache e la mosca
Pegomya hyoscyami.
MELANZANA
Caratteri botanici
Questa pianta erbacea annuale presenta foglie di forma variabile a seconda del punto di inserzione (da ovale ad acuta). Di
frequente sono presenti delle spine anche sulle nervature della pagina inferiore delle foglie. I fiori, piuttosto vistosi e di tinta
violetta, nelle varietà tradizionali sono solitari, ermafroditi, a fecondazione sia autogama che incrociata (ad opera di insetti); a
seguito del miglioramento genetico si sono ottenute varietà con infiorescenze poliflore.
Il frutto è una bacca carnosa collegata alla pianta da un lungo peduncolo, spesso legnoso, ricoperto di spine, come il calice
che avvolge parte del frutto. In alcune varietà le spine sono numerose e pronunciate. I semi sono numerosi e di color giallo
paglierino. Recentemente sono state ottenute varietà apirene molto adatte alla coltivazione in serra in condizioni di freddo e
scarsa luminosità.
Esigenze ambientali
Pianta esigente riguardo alla temperatura, presenta uno zero vitale di
circa 9-10°C durante la notte e di 14-16°C durante il giorno. Il livello termico
ottimale è di 22-26°C di giorno e di 15-16°C di nott e. Durante la fioritura,
temperature al di sopra dei 30-32°C possono provoca re squilibri biologici con
conseguente cascola dei frutticini. Senza dubbio la melanzana è una pianta
esigente per quanto riguarda la fertilità del terreno, anche se si adatta a diversi
tipi di suolo. Nei piccoli orti viene coltivata in quasi tutti i terreni, ma preferisce
quelli di medio impasto, tendenzialmente sciolti e dotati di buona freschezza di
fondo. Validi risultati si ottengono pure in terreni sabbiosi. Anche in quelli più
compatti può dare produzioni soddisfacenti, ma deve essere assicurato un
perfetto sgrondo dell’acqua e le produzioni stesse risultano, in media, più
tardive rispetto a quelle ottenute nei suoli sciolti; meno adatti sono i terreni
sassosi. La melanzana è abbastanza tollerante in fatto di reazione del terreno,
anche se il pH ottimale varia tra 5,6 e 7,5. E' idonea ad essere coltivata nei
terreni sabbiosi litoranei perché presenta un'elevata resistenza alla salinità
sia del terreno che dell'aria.
Varietà
A frutto tondo:
Black beauty, varietà medio-tardiva dal frutto tondo-ovale con buccia di colore viola scuro lucente.
Tonda comune di Firenze” o “Melanzana violetta pallida”, di origine ibrida che si è imposta sul mercato di Firenze per i suoi frutti
rotondeggianti a polpa compatta, pochissimo acida e con pochissimi semi, epidermide viola chiaro caratteristica.
Oltre a quelle citate, a questo gruppo appartengono altre interessanti varietà, come Birgah, Prosperosa, Rotonda bianca
sfumata di rosa, Tonda di New York.
A frutto ovale:
Bianca ovale, varietà poco diffusa.
Galine, varietà precoce dal frutto di forma ovale allungata, adatta sia per colture sotto tunnel che in pieno campo (presenta il
fenomeno della partenocarpia, cioè i frutti si sviluppano in assenza di fecondazione).
Jers King, con frutti di notevoli dimensioni.
A frutto cilindrico-allungato:
Violetta lunga napoletana, molto vigorosa e produttiva, precocissima.
Violetta lunga palermitana, a frutto di grande dimensioni, allungato, claviforme, di colore violetto scuro.
Riminese, precoce dal frutto stretto e lungo. Molto scura.
Altre varietà di un certo interesse orticolo sono la Tonda violetta della Cina, la Violetta tonda comune, la Cima viola e la
Purpura. Per la coltura industriale si preferiscono gli F1: Claudia, Baluroi, Caminal, Sirma, Linda, Giotto, Irene, Parthenope,
Betty, Dalia, Renoir, Virginia, Tango, Galaxy, Nilo etc.
Semina
La coltivazione della melanzana è molto semplice. È necessario tenere presente che essa vegeta solo se la temperatura si
mantiene abbastanza alta di giorno e di notte. La semina si fa generalmente in cassone riscaldato, in gennaio-febbraio, usando
1,5g di seme per ogni m2 di semenzaio, da cui si può ottenere un numero di piantine sufficienti per la piantagione di 100 m2 di
terreno. È da tenere presente che il seme di due anni ha una facoltà germinativa superiore a quello di 1 anno. La semina può
essere fatta anche più fitta, spargendo 2,5g di seme per m2 di semenzaio. In questo caso è necessario ripicchettare le piantine
in vivaio sempre in cassone riscaldato, mettendo le piantine possibilmente in contenitori di cartone o di terra cotta prefabbricati,
in ciascuno dei quali si dispone una piantina. Sempre più diffusa è la semina in seminiere di polistirolo.
Il trapianto a dimora si fa in piccoli solchetti tracciati alla distanza di 90 cm e mettendo le piante lungo la fila a 60 cm.
Tecnica di coltivazione
Coltura in pieno campo: (le indicazioni riportate di seguito si considerano per un terreno normalmente dotato).
L’apporto di sostanza organica è sempre utile sia per la coltivazione in pieno campo che in serra.
L’azoto è l’elemento da trattare con maggiore attenzione, in particolare per gli eccessi. Il potassio è ritenuto un
elemento valido per i benefici generali sullo sviluppo della pianta e dei frutti. Il fosforo è un elemento che influisce
positivamente sulla precocità e contemporaneità di maturazione.
Riguardo alla quantità degli elementi nutritivi da apportare, facendo riferimento alla quantità asportata, occorre
sottolineare, che le quantità sono variabili in funzione della lunghezza del ciclo della coltura e quindi del periodo
d’impianto. Il periodo di coltivazione e quindi di concimazione può variare a seconda della data di trapianto:
- Estiva corta: fine agosto, primi di settembre, fino a febbraio-marzo.
- Invernale corta: gennaio-febbraio, fino a giugno-luglio.
- Intermedia: da novembre a maggio-giugno.
- Lunga: da ottobre-novembre a luglio-agosto
Coltura in ambiente protetto: (le indicazioni riportate di seguito si considerano per un terreno normalmente dotato).
Oltre alle considerazioni gia fatte per la coltivazione in pieno campo, per la coltivazione in serra fredda, la pianta che viene
coltivata in un ciclo lungo, va in riposo vegetativo nei mesi freddi, per poi rivegetare e riprendere la produzione quando le
temperature si riportano su valori ottimali.
.
In Sicilia, nelle migliori condizioni di clima, a coltura forzata si fa in serra o in tunnel freddi. Il trapianto si fa a novembre per
avere un primo raccolto tra la fine di gennaio ed i primi di febbraio. Qualora si renda necessario, si può ricorrere al
riscaldamento di soccorso per mantenere la temperatura nei limiti compresi tra i 15°C di minima ed i 2 2°C di temperatura
ottimale.
In zone continentali a clima mite, si ritarda il trapianto a gennaio-febbraio, in serra fredda ma dotati di impianto di riscaldamento
di soccorso. La raccolta può iniziare ad aprile.
E’ buona norma applicare i fertilizzanti con la fertirrigazione, con turni frequenti, sottoforma di soluzione nutritiva alla
concentrazione dell’1,5-2 per mille.
L’irrigazione è uno degli strumenti essenziali per ottenere una produzione abbondante e di buona qualità. La
melanzana è una pianta con elevate esigenze idriche, in particolare durante la fase d’ingrossamento dei frutti. In una
situazione di stress idrico i frutti non raggiungono la grandezza normale, assumono un sapore piccante od amaro e
una polpa stopposa.
I fabbisogni idrici variano in rapporto al ciclo ed alle regioni di coltivazione, raggiungendo in media i valori di 8.0009.000 mc/ha di acqua. La melanzana tollera abbastanza bene la salinità, si possono utilizzare acque con un modesto
contenuto salino.
.
Da alcune prove d’irrigazione i migliori risultati come numero e peso dei frutti è stato ottenuto con 5 irrigazioni la settimana.
Da prove effettuate su substrato di coltivazione in pien’aria, è stata studiata l’influenza di tre diversi livelli di fertirrigazione. La
tesi fertirrigata con maggiori apporti sia d’acqua sia di fertilizzante ha dato i migliori risultati sia come precocità sia come resa
finale, ma non ha avuto un’azione sul peso medio dei frutti.
Raccolta e produzione
La raccolta si fa scalarmene quando i frutti
sono ancora immaturi.
Avversità e parassiti
L’efficacia dei pochi prodotti disponibili deve
l’integrazione della lotta chimica con
Molte pratiche agronomiche, in particolare,
prevenzione delle infezioni e delle infestazioni
sanità del materiale di propagazione,
colturali infetti, l’innesto erbaceo, le reti
Tra le avversità che destano le maggiori
tracheoverticilliosi , la cancrena pedale,
aleurodidi , il ragnetto rosso, i tripidi e la
essere pertanto salvaguardata attraverso
metodi di difesa agronomici e biologici.
svolgono un ruolo fondamentale nella
delle colture. Tra queste è doveroso ricordare la
l’eliminazione delle piante malate e dei residui
antinsetto, l’arieggiamento delle serre ecc.
preoccupazioni per la melanzana, ricordiamo le
i marciumi basali , la muffa grigia , gli afidi, gli
Dorifora.
PEPERONE
Varietà
Le cultivar si distinguono per le particolari caratteristiche del frutto che può essere dolce o piccante, di piccolo o grande volume,
di forma cuboide, conica più o meno regolare, piramidale, allungato o breve, di colore rosso, giallo, verde, bruno o scuro.
Le più apprezzate per il consumo allo stato fresco sono così suddivise:
A frutto dolce:
a) Forma quadrangolare (Capsicum annum varietà grossum).
“Giallo San Valentino”
“Giallo quadrato dolce di Nocera”
“Rosso quadrato dolce di Nocera”
“Giallo quadrato d’Asti”
“Rosso quadrato d’Asti”
“Ercole rosso”
“Ercole giallo d’oro”
“Braidese rosso” e “Braidese giallo”
Queste cultivar si assomigliano moltissimo e forse derivano l’una dall’altra.
“California Wonder”: diffuso nelle colture di pieno campo.
“Yolo Wonder”: largamente diffuso nella grande coltura ilo cui prodotto è destinato alla esportazione. Frutto quadrilobato a polpa
spessa resistente ai trasporti. Pianta vigorosa molto produttiva. Produzione uniforme.
b) Forma allungata (Capsicum annum varietà acuminatum).
Dolci:
“Peperoncino lungo, sottile dolce per sottaceti”.
“Sigaretta”, “Lungo del Veneto”, “Spagnolino dolce”.
Piccanti:
“Peperoncino lungo sottile di Cajenna”: Cultivar da paprika, ricchissima di vitamine.
c) Forma troncata (Capsicum annum varietà abbreviatum).
“Quadrato piccolo del Veneto”: per sottaceti.
“Piccolo di Firenze”: per sottaceti, molto produttivo, ma diviene piccante se non si raccoglie quando il frutto è molto tenero.
“Parigino”: dolce, precocissimo. Si usa in Piemonte per coltivazioni precocissime. Poco produttivo.
“Pimento”: Cultivar caratteristica per la forma del frutto a trottola con polpa molto spessa adatta all’industria conserviera.
Le varietà piccanti, che, com’è noto, si consumano, di preferenza essiccate e per condimenti, sono più ricche di vitamine delle
altre, tanto che raggiungono valori 300 volte maggiori di ciascuno degli altri ortaggi coltivati.
Ottimi risultati danno anche alcuni F1 della Clause e della giapponese Sokota.
Tecnica colturale
Il peperone è molto sensibile al freddo, perciò nella coltura, che possiamo considerare normale, si semina in febbraio, in
cassone riscaldato. È necessario scegliere seme proveniente da piante a frutti sani, in quanto esso è vettore di patogeni di tutte
le forme.
Non è male in ogni caso disinfestarlo con Ceresan o altri prodotti adatti.
Le piantine si ripicchettano o no in vivaio sempre in cassone riscaldato.
Piantagione: a dimora si fa a primavera inoltrata (fine aprile, primi maggio), quando non sono più da temere forti
abbassamenti di temperatura, mettendo le piantine a 40-60 cm in solchetti distanti 60-90 cm. I peperoni da sottaceto si
possono mettere a coppia per ogni postarella. Si ha così una maggiore produzione.
Il peperone richiede terreni fertilissimi e soprattutto di facile scolo, specialmente quello da sottaceti che richiede ripetute
annaffiature, preparati con un’aratura profonda 35-40 cm, ben sminuzzati e concimati con 120-150 unità d’anidride fosforica e
250 unità d’ossido di potassio da distribuirsi al momento del ripasso, poco prima della piantagione, lasciando la concimazione
azotata per la somministrazione in copertura, da calcolarsi in ragione di 140-150 unità d’azoto sotto forma di pollina 7% in azoto
organico.
Raccolta e produzione
La raccolta è scalare. La raccolta dei peperoni da sottaceto richiede
un’attenzione particolare: va ripetuta almeno due o tre volte alla
settimana, in maniera da raccogliere le piccole capsule tenerissime.
È necessario annaffiare dopo ogni raccolta, possibilmente il giorno
stesso o, comunque, 48 ore prima della raccolta successiva per dare
agio al terreno di prosciugarsi in superficie. Si evita così il costipamento
del terreno che è deleterio alla pianta. Le irrigazioni si alternano
opportunamente con sarchiature per distruggere le erbe infestanti facili
a svilupparsi in un terreno fertile e tenuto costantemente fresco e aerato.
Coltivazione extrastagionale
La coltivazione extrastagionale può avere lo scopo di ottenere una
produzione a fine inverno (febbraio) o all’inizio della primavera o più o
meno leggermente anticipata su quella normale che d’altra parte può considerarsi anticipata in quanto in tutti i casi si fa la
semina in ambiente condizionato.
Coltivazione per la produzione di fine inverno
Questo tipo di coltivazione è fatto per l’intero ciclo d’ambiente condizionato, in generale in una serra riscaldata, coperta con vetri.
La semina si può iniziare verso la fine di settembre, in cassone, riscaldabile o no. Dopo un mese circa dalla nascita, che può
avvenire, al buio, in 8-10 giorni a temperatura di 28°C, si fa il ripichettamento in cubetti come si è detto per la melanzana o in fertilpot, o in qualsiasi altro contenitore.
La messa a dimora si fa in novembre con investimenti di 3-4 piante a metro quadrato, meglio se a file abbinate, sul terreno
sistemato a solchi.
La temperatura ambiente, subito dopo il trapianto si porta a 28°C con tempo luminoso per riabbassarla a 24°C di giorno e 16-18°
C di notte, Umidità Relativa 90%.
Da tenere in buone condizioni il contenuto idrico del terreno poiché il peperone è molto esigente. Subito dopo la piantagione si farà
pertanto una buona annaffiatura, meglio se localizzata.
Durante lo sviluppo delle piante si faranno cure colturali consistenti in frequenti sarchiature o fresature, si distribuirà, in copertura, la
dose calcolata d’azoto, si farà una buona rincalzatura e, se necessario, la palatura con fili di ferro tesi ai lati delle bine, in modo da
costruire una specie di gabbia dove le piante abbiano agio di mantenersi in posizione eretta. Se necessario, oltre ai normali
trattamenti antiparassitari, si faranno più concimazioni fogliari con complesso 20-20-20, integrato da stimolanti.
Raccolta: può essere iniziata fin da febbraio.
Cultivar usate: sono per lo più le nostrali:
“Quadrato d’Asti”, “Quarantino”, “Genovese” e alcuni F1, meno usate il “Yolo Wonder” e il “California Wonder”.
Nelle zone molto favorite dal clima, della Sicilia, e in genere dell’Italia meridionale, questo tipo di coltivazione è fatto in serre coperte
con P.V.C. con riscaldamento di soccorso fatto con aria calda prodotta da stufe alimentate a cherosene.
Coltivazioni per la produzione primaverile, inizio dell’estate
Questo tipo di coltivazione può essere fatto in serra fredda o in tunnel-serra coperti con P.V.C. o polietilene o in pieno campo con
protezione di tunnel dello stesso materiale.
Semina: si fa in cassone riscaldato da ottobre a dicembre, fino ai primi di gennaio, regolandosi a seconda del clima della zona dove
si opera. Non c’è una regola universale fissa.
Il ripicchettamento si fa in cubetti od altri contenitori.
Piantagione: in serra fredda, con un supplemento di copertura in tunnel, può essere fatta fin dal mese di febbraio, mentre
all’aperto, con protezione di solo tunnel, si deve ritardare fino alla seconda metà di marzo e fino ai primi d’aprile nelle
zone meno favorite.
Raccolta: si può iniziare a fine aprile primi di maggio per le colture in serra fredda e fine maggio primi di giugno per le colture in
campo protette da tunnel.
Le cure colturali, per queste colture che si sviluppano in un periodo che nelle zone meridionali può considerarsi molto assolato,
consisteranno soprattutto in irrigazione e arieggiamenti per evitare pericolosissimi innalzamenti della temperatura al disopra dei 2830°C. I tunnel con P.V.C. forato possono evitare qu esto pericolo in quanto è più facile il ricambio d’aria e pertanto può essere
evitato il costosissimo alzamento delle “sottane”.
Avversità e parassiti
Dannose sono spesso le “tracheomicosi”, come pure il marciume apicale dei frutti e l’alternariosi. Valgono nella lotta
l’opportuna scelta del terreno di coltura e la rotazione colturale.
PISELLO
Caratteri botanici
Il pisello è una pianta annuale glabra e glauca, con un solo stelo cilindrico sottile e debole, di lunghezza variabile da 0,30 a 3
metri (piselli nani, seminani e rampicanti). Nei piselli rampicanti da orto lo sviluppo è indeterminato, dando luogo a una
fruttificazione continua e protratta nel tempo. Quelli nani hanno portamento semi-eretto e sono a sviluppo determinato per cui la
fioritura e la maturazione dei vari palchi fiorali avvengono in un tempo alquanto breve.
La gracilità dei fusti ha come effetto che le colture di pisello tendono a prostrarsi a terra, a meno che non siano fornite di
sostegni (frasche, reti) come nella coltura ortense. Nelle coltivazioni in pieno campo, e soprattutto in quelle da granella secca da
raccogliere a maturazione piena, il fatto che la vegetazione sia prostrata al suolo rende la mietitrebbiatura non agevole dando
luogo a perdite di prodotto.
Il pisello ha una radice marcatamente fittonante, che si sviluppa fino a 0,80 m di profondità, con numerose ramificazioni.
Le foglie sono pennate, composte:
- da 2-4 paia di foglioline grandi, ovate, intere;
- da uno o più paia di foglioline trasformate in cirri;
- da un cirro terminale ramificato sviluppatissimo;
- da un paio di stipole uguali, o addirittura più grandi, delle vere foglioline (è questa una caratteristica della specie).
I fiori sono lungamente peduncolati e si formano in numero da 1 a 4 su racemi ascellari sorgenti sui nodi mediani e superiori
dello stelo. La corolla è grande e vistosa, bianca nel pisello da granella, rosso-violetto nel pisello da foraggio. La fecondazione è
autogamia e produce un baccello liscio, quasi cilindrico, contenente numerosi semi (4-10).
La germinazione dei semi è ipogea, vale a dire che i cotiledoni restano sottoterra mentre emerge il fusticino (epicotile),
incurvato. I semi di pisello sono variabilissimi per forma, colore, dimensione. La forma è normalmente rotondeggiante ma può
essere cuboide nelle forme in cui i semi sono molto serrati nel baccello. Un’importante differenza di forma è quella tra semi lisci
e grinzosi, causata dal diverso biochimismo dell’accumulo di carboidrati nei cotiledoni. Nei semi lisci, a maturazione è presente
prevalentemente amido; in quelli grinzosi poco più della metà dei carboidrati di riserva è amido mentre il resto sono zuccheri
solubili, la cui presenza fa si che i semi restino dolci e teneri a lungo, durante la maturazione; ciò è un grande vantaggio rispetto
ai piselli a seme liscio che, se non raccolti al momento giusto, rapidamente si induriscono e perdono la dolcezza. I piselli a
seme grande, verde e grinzoso vanno bene per la surgelazione mentre per l’inscatolamento si vogliono solo piselli a seme
piccolo e liscio.
La dimensione dei semi è variabilissima: 1000 semi possono pesare da 100 a 500 g.
Esigenze ambientali
Il pisello è una pianta microterma che ha limitate esigenze di
temperature per crescere e svilupparsi, e rifugge dai forti calori
e dalla siccità. Per questo la coltura del pisello può essere fatta
con successo negli ambienti o nelle stagioni fresche. In Italia la
semina autunnale nelle regioni a inverno mite (centro-meridionali),
mentre in quelle settentrionali questa epoca si semina può essere
adottata solo con varietà resistenti al freddo; in caso contrario, dopo
passati i rigori dell’inverno. Il pisello germina con accettabile
prontezza con temperature del terreno intorno a 4 °C, mentre
la temperatura ottimale per il compimento del ciclo vitale è
compreso tra 15 °C e 18 °C. La resistenza al freddo del pisello
è limitata, ma varia molto con il grado di sviluppo della pianta e con la
varietà. La fase di massima resistenza è lo stadio “4-5 foglie”, in cui
sopporta senza danno temperature fino a -8 °C. allo stadio di fioritura
anche gelate leggere sono dannose. In generale, però, la maggiore
intolleranza del pisello è per le alte temperature. Forti calori durante
la fase di riempimento dei semi da raccogliere freschi, ne accelerano
troppo la maturazione e ne provocano il rapido indurimento, con
gravissimo pregiudizio per la qualità. La maturazione avviene invece
con gradualità e la raccolta può essere fatta in tutta tranquillità, in condizioni di temperatura moderata e di elevata umidità dell’aria.
Il pisello teme moltissimo i ristagni di umidità che rendono il terreno freddo e asfittico. Non ha esigenze particolari riguardo al
terreno, tuttavia i terreni più adatti sono quelli piuttosto sciolti (per tessitura e struttura), caldi, ben areati, con moderato contenuto di
calce e pH compreso tra 6,5 e 7,5, di buona capacità idrica.
Varietà
L’ideotipo è diverso secondo che la destinazione del prodotto sia il mercato orticolo oppure l’industria conserviera (granella
immatura) o mangimistica (granella secca). Nel primo caso si richiede precocità e scolarità di maturazione, con cultivar di
grande sviluppo (rampicanti), essendo la raccolta manuale.
Per il pisello da pieno campo, al quale si fa prevalente riferimento, si tende alla completa meccanizzazione, fino alla raccolta
che deve essere unica, per cui le regole da seguire sono le seguenti: scelta di varietà nane, a maturazione contemporanea, a
bassa “velocità di maturazione”, cioè che si mantengano teneri e dolci anche in caso di raccolta un po’ ritardata. È inoltre
necessario assicurare all’industria una lavorazione prolungata e uniforme: ciò mediante coltivazioni opportunamente pianificate
per quanto riguarda epoca di semina e precocità delle varietà.
Le varietà adatte alla coltura di pieno campo, e quindi alla raccolta meccanica sono quelle nane o semi-nane, a maturazione
contemporanea. Il panorama varietale è vastissimo e in rapida evoluzione.
Per l’inscatolamento sono richiesti semi verde chiaro, piccoli e lisci (ma quindi ad alta velocità di maturazione).
Le varietà da surgelazione sono a semi verde scuro, medi o grandi, grinzosi (che restano dolci a lungo).
Per la coltura da granella secca, caratteristiche apprezzate sono: alto contenuto proteico dei semi, seme piuttosto piccolo (che
consente di risparmiare sulle semente), portamento delle piante a maturità non troppo prostrato in modo che la mietitrebbiatura
dia luogo a perdite non eccessive.
Quest’ultimo requisito è posseduto da certe varietà di pisello espressamente selezionate per avere un eccezionale sviluppo dei
cirri fogliari: l’intreccio dei cirri di piante vicine fa sì che tutta la vegetazione si sorregga da sé.
Le varietà di questo tipo sono dette semi-leafless (“parzialmente senza foglie”) o afila perché hanno trasformate in cirri tutte le
foglie vere, sicché solo le grandi stipole conservano il loro aspetto fogliaceo.
Tecnica colturale
Il pisello è una leguminosa sarchiata. in quanto libera presto il terreno, lo lascia assai rinettato dalle malerbe e lascia
un buon residuo di azoto, stimabile dell’ordine di 40-60 Kg/ha. Esso è quindi coltivabile tra due sfruttanti autunnali.
È buona norma prevedere un intervallo di almeno 4 o 5 anni prima di far tornare il pisello sullo stesso terreno, a causa
delle malattie.
Concimazione e preparazione del terreno
La concimazione minerale più importante è quella fosfatica, sempre necessaria nella misura di 60-80 Kg/ha di P2O5. Il potassio
va somministrato in caso di terreni poveri di questo elemento.
La preparazione del terreno richiede delle lavorazioni a media profondità, affinamento delle zolle anche in profondità per evitare
cavernosità, ma affinamento superficiale non particolarmente spinto, data la grossezza del seme. Una cosa che invece ha
grande importanza è lo spianamento e la regolarizzazione superficiale dei campi, che devono essere perfetti per rendere più
agevole il futuro lavoro della mietitrebbiatrice.
Semina
L’epoca di semina più comune nelle regioni del Centro-Nord dove la coltivazione del pisello da granella è attualmente più
diffusa, è in febbraio appena la temperatura del terreno è risalita a 5-6 °C; ma ove si disponga di vari età abbastanza resistenti
al freddo, la semina autunnale è da preferire, va fatta in tempo perché all’arrivo dei freddi le piantine siano arrivate allo stadio di
3-4 foglie. In pieno campo la semina va fatta a file distanti sui 0,18-0,25 m; in questo modo si ha maggior competizione
verso le erbe infestanti e più facile raccolta meccanica. Il pisello si semina a 70-100 semi a metro quadro per avere da
50 a 70 piante a metro quadro; peraltro la coltura ramificandosi più o meno riesce a compensare difetti di densità. A
seconda del peso medio dei semi, le quantità oscillano da 1.50 a oltre 2,50 Kg/10 mq..
I semi vanno posti alla profondità di 50-70 mm, onde ridurre la predazione da parte degli uccelli e roditori.
Cure colturali e diserbo
Interventi meccanici nel corso della coltivazione sono impossibili data la fittezza delle file .
Il controllo delle erbe infestanti del pisello può essere realizzato con efficacia pienamente soddisfacente con due interventi: uno
pre-semina o pre-emergenza e un altro eventuale in post-emergenza, con sarchiature mirate.
Raccolta e utilizzazione
Il pisello da industria va raccolto ad un giusto grado di maturazione, definito dalla tenerezza del seme valutata in gradi
tenderometrici.
I piselli al di sotto di 90 gradi tenderometrici sono troppo teneri, quelli al di sopra di 130 sono troppo duri; il grado di maturazione
più conveniente sia per l’agricoltore sia per l’industria è di 110 gradi.
Un altro aspetto qualitativo importante nel determinare il momento per raccogliere il pisello da inscatolamento è il calibro dei
semi.
I piselli secchi si raccolgono con le mietitrebbiatrici da frumento, evitando di attendere che i baccelli e i semi si dissecchino
troppo (forti perdite per sgranatura). Le produzioni ordinarie di buone colture sono 4-4,5 t/ha di semi freschi sgranati di pisello
da industria. Buone rese di granella secca sono di 3,5-4 t/ha.
Avversità e parassiti
Le principali avversità in cui il pisello può incorrere sono le seguenti.
Parassiti vegetali
- Peronospora, la malattia si manifesta in periodi freddi, e piovosi, formando macchie
clorotiche sulla parte superiore delle foglie e muffa bianca prima, violacea poi su quella
inferiore;
- Antracnosi, in genere la malattia compare su foglie e baccelli, sui quali provoca macchie
bianco-grigiastre rotondeggianti, con margine bruno-rossastro.
- Fusariosi, provocano necrosi del colletto con conseguente ingiallimento e avvizzimento
rapido delle piantine.
Parassiti animali
- Afidi verde e nero, formano colonie sulle foglie portando deperimento delle piante e diffondono le virosi del pisello;
- Tonchio, i semi sono molto soggetti a essere attaccati dal tonchio che alla fine della fioritura depone le uova sui piccoli baccelli
nei cui semi le larve poi passano e si sviluppano.
POMODORO
Caratteri botanici
Presenta foglie profondamente laciniate, nel primo anno disposte a rosetta sulla "testa" della radice. Se lasciata salire a fiore, nel
secondo anno emette uno stelo ramificato, alto fino a 1,5 metri, portante piccoli fiori bianchi riuniti a due a due in infiorescenze a
ombrella composta. I semi sono piccoli (1.000 semi pesano 1,4 g), grigio-bruni, piano-convessi, dal forte odore aromatico.
Esigenze ambientali
Molto sensibile all'influenza del clima. Predilige terreni leggermente acidi (pH ottimale 6,5), freschi, fertili e sciolti. Nei terreni
compatti o ricchi di scheletro le radici tendono a biforcarsi, a diventare legnose, pallide, e, quindi, di scarso valore commerciale.
Fra due colture successive è necessario far intercorrere un intervallo di due anni; meglio evitare la successione con barbabietola,
cipolla e con altre ombrellifere.
Varietà
Le varietà si distinguono a seconda della forma del fittone in corte, mezze
lunghe e lunghe; a seconda del colore in rosse e arancio: Tra le più diffuse
(oltre agli ibridi) si ricordano: Mezza lunga di Nantes, Rossa d'Olanda,
+Chantenay, Rossa di Parigi.
Tecnica colturale
La carota è una pianta da rinnovo. Date le dimensioni del seme, necessita
di un'accurata preparazione del letto di semina. La distribuzione delle semente
viene eseguita a spaglio o a file (distanti 20 cm) in marzo-aprile. Si impiegano
circa 5-6 kg per ettaro. Vista la sua lentezza di sviluppo nella fase iniziale,
la lotta contro le infestanti deve essere molto accurata
(a mano nei piccoli orti o con diserbanti selettivi). Quando le piantine hanno
3-4 foglie e sono alte 2-3 cm si procede al diradamento lasciando 50-100
piante per metro quadrato, a seconda della varietà e del tipo di terreno.
La concimazione deve essere abbondante perché la carota è molto avida di elementi nutritivi. Il letame impiegato deve essere
ben decomposto. Fosforo e potassio vengono distribuiti in presemina, l'azoto in copertura.
Raccolta e produzione
La raccolta viene effettuata prima che la radice abbia raggiunto il suo
massimo sviluppo. Le produzioni unitarie variano moltissimo a seconda
delle varietà e delle condizioni ambientali (dai 200 ai 400 quintali ad
ettaro). La raccolta può essere effettuata manualmente o con macchine
in grado di compiere la sola escavazione o anche l'eliminazione delle
foglie e del terreno dalle radici. Le radici hanno ottime qualità alimentari
perché ricche di glucidi di facile digeribilità, di beta-carotene, e di
vitamine B e C e di sali minerali.
Avversità e parassiti
Malattie batteriche: Erwinia carotovora che provoca marciumi molli
nel fittone.
Malattie fungine:
- Alternariosi (Alternaria porri f. sp. dauci): a partire dalle foglie vecchie
si sviluppano macchiette necrotiche che si estendono poi all'intera vegetazione.
- Cercosporiosi (Cercosporidium punctum): le lacine fogliari presentano macchie puntiformi verde chiaro poi brune, i piccioli
tacche brune depresse allungate. Sulle zone colpite si differenziano masserelle stromatiche grigiastre. La vegetazione al di
sopra della parte lesa ingiallisce e si ripiega verso il basso rimanendo pendula sulla pianta.
- Marciume dei fittoni
Nematodi: Ditylenchus dipsaci, Heterodera carotae.
Insetti: Cavariella aegopodii, Disaphis crataegi, Disaphis foeniculi, Pemphigus spp., Psilla della carota (Trioza apicalis), Tortrice
della carota (Aethes williana), Mosca della carota (Psila rosae), Maggiolino (Melolontha melolontha); Phytoecia cylindrica.
PORRO
Origine e diffusione
Il Porro è un ortaggio da foglia, apprezzato dalle popolazioni del Mediterranei fin dal
tempo degli Egizi e dei Romani; la sua coltivazione è diffusa in Europa, America e Asia.
E' presente sul mercato specialmente nel periodo autunno-invernale. E' coltivato in tutte
le regioni italiane, specialmente al Centro-Nord. Viene utilizzata la parte basale delle
foglie, che formano un falso fusto di 20-30 cm di lunghezza e 3-5 di diametro; questo,
sottoposto ad eziolatura, costituisce la parte edule.
Caratteri botanici
Il porro è una pianta biennale (coltivata a ciclo annuale) derivata da Allium
ampeloprasum L., originario del Su Europa e Nord Africa, spontaneo in alcune regioni
centro-meridionali ed utilizzato anche per l'alimentazione. Il Porro non si trova allo stato
spontaneo, presenta un bulbo poco sviluppato o assente, foglie allungate
(con portamento eretto o ricadente, di colore da grigio verde a verde bluastro) con
piccioli piegati a doccia ed avvolgenti alla base, formando un falso fusto più o meno
allungato (da 15 a 40 cm. Presenta un apparato radicale fascicolato, con molte radici
che si possono spingere fino a 50 cm circa di profondità. Il fusto è accorciato a formare
un disco appiattito, da cui si dipartono le foglie e le radici. Lo stelo fiorale viene emesso nel secondo anno, in aprile-maggio; è
pieno e termina con un'infiorescenza sferica (6-8 cm di diametro) protetta da una spata univalve caduca; sono presenti 300-400
fiori peduncolati, con tepali di colore bianco, rosa o lilla. I semi sono neri angolosi e grinzosi (peso 1.000 semi pari a 2,5-3,3
grammi). La durata della germinabilità è di 2-3 anni.
Esigenze ambientali
Il porro si adatta bene sia ai climi temperato-caldi che temperato-freddi, con l'impiego di varietà e cicli colturali differenti.
I terreni più adatti sono quelli di medio impasto, con buona capacità idrica di ritenuta, ma senza problemi di drenaggio e ben
dotati di sostanza organica; il pH deve essere compreso tra 6 e 7; scarsa è la tolleranza alle elevate salinità. Per quanto
riguarda le concimazioni si consiglia di impiegare 400-500 q/ha di letame maturo, interrato con una lavorazione a 30-40 cm, 80100 g/mq. di P2O5 e 10-15 g/mq. di K2O; durante il ciclo si interviene con azoto frazionato in 3-4 volte (10-12 g/mq- o impiego
di pollina 7% ).
L'irrigazione è quasi sempre necessaria, ad esclusione del periodo invernale.
Varietà
Le cultivar sono classificate in base alla lunghezza del "falso fusto" e in base all'epoca di produzione:
- Cultivar estive: semina a dicembre-gennaio su letto caldo;
- Cultivar autunnali: con semina in marzo-aprile;
- Cultivar invernali: con semina in maggio-giugno.
Tecnica colturale
Di solito vengono trapiantate le piantine (alte 20-25 cm) ottenute in vivaio; la semina (con seminatrici di precisione) viene poco
praticata perché si ottengono porri di pezzatura non omogenea e per risulta più difficile il controllo delle infestanti. La densità
colturale varia da 20 a 40 piante al metro quadrato, maggiore nelle colture destinate a raccolte precoci. Nelle colture tardive le
piantine vengono sottoposte a rincalzatura, utile per aumentare la parte bianca del fusto e per ottenere una maggiore resistenza
al freddo.
Il diserbo viene praticato sia in semenzaio che durante la coltura.
Raccolta e produzione
La raccolta comincia quando il diametro dei fusti ha raggiunto i 2-3 cm, dopo circa 3-4 mesi dal trapianto o 5-7 dalla semina.
Dopo l'estirpazione, vengono tolte le foglie vecchie più esterne, tagliate a 15 cm sopra la parte bianca, accorciate le radici e
lavati. In frigorifero (0-1°C e UR 90-95%) possono essere conservati fino a tre mesi. Una buona produzione varia dai 4 ai 5
Kg.per 10 mq..
Avversità e parassiti
I parassiti sono simili a quelli della cipolla.
I danni più gravi sono provocati da Fusarium culmorum e da Pyrenochaeta terrestris; altre crittogame dannose sono le ruggini
(Puccinia porri e Puccinia allii), la peronospora del porro (Phitophtora porri) e l'alternariosi (Alternaria porri).
Tra i parassiti animali: la tignola del porro (Acrolepia assectella), la mosca della cipolla (Hylemia antiqua), il tripite (Trips tabaci)
e i nematodi dello stelo (Ditylenchus dipsaci).
Zucchina
Generalità
Pianta annuale con fusto erbaceo flessibile strisciante o rampicante, gracile.
Fiori monosessuati.
Riproduzione
La semina va effettuata in marzo, aprile e maggio, deponendo due tre semi per
buca che avrà dimensioni cm 50x50x50 per le varietà invernali e di cm
30x30x30 per le varietà di consumo allo stato fresco. Il sesto d'impianto sarà di
m. 1,50 x 1,50 per la varietà invernale, mentre per quella estiva sarà sufficiente
la distanza di m. 1 x 1. Le buche, riempite di letame ben stagionato,
ospiteranno i semi che saranno ricoperti da quindici-venti centimetri di terriccio.
Si può anche effettuare la semina in semenzaio, utilizzando vasetti con terriccio
su cui vengono posti due o tre semi. Il trapianto si effettuerà quando le piante
avranno tre o quattro foglie e non ci sarà più pericolo di gelate.
Concimazione
Sarà necessario distribuire quattro o cinque quintali di letame maturo per cento metri quadrati. Dovranno essere interrati alla
profondità di trentacinque quaranta centimetri.
Clima
Necessita un clima temperato caldo e di un terreno esposto al sole poco ventoso.
Terreno
Deve essere ben lavorato, profondo e di medio impasto, ben drenato per evitare ristagni d'acqua.
Avvicendamento
Pianta da rinnovo che apre una rotazione triennale
Consociazione
Cipolle, fagioli rampicanti e lattuga.
Cure colturali
La pacciamatura, caratteristica delle colture in pieno campo, si effettua con film plastico nero o paglia, allo scopo di combattere
le piante infestanti, mantenere l'umidità del terreno ed impedire ai frutti di stare a contatto con la terra. Scerbature e
zappettature, se non si usa la pacciamatura, servono ad arieggiare il suolo.
Si può praticare la cimatura dei tralci laterali quando raggiungono una lunghezza superiore ai cinquanta centimetri per favorire
la formazione di cacciate fruttifere.
Irrigazione
Importante è quella che si effettuerà dopo il trapianto, mentre le altre serviranno a tenere umido il terreno.
Raccolta
Si esegue a scalare nell'arco di due mesi o più, quando i frutti raggiungono dimensioni commerciali, di preferenza quando il
frutto apicale stà per aprirsi.
Avversità
Tra i parassiti animali son temibili gli afidi i quali causano infestazione alle foglie
facendole appassire. Tra le crittogame ricordiamo l'oidio o mal bianco, che colpisce
le parti verdi e determina macchie biancastre sulla pagina inferiore delle foglie per cui
queste ingialliscono e seccano.
Varietà
Molte le varietà delle zucchine. Ricordiamo:
Zucchino genovese, lo Striato d'Italia o di Napoli, il Bianco di Trieste, il Tondo chiaro
di Nizza, il Tondo verde scuro di Piacenza.
CARCIOFO
Caratteri botanici
Secondo la classificazione del Fiore al genere Cynara si attribuisce
una unica specie il Cynara cardunculus L., che comprende tre
varietà botaniche:
- Cynara cardunculus silvestris Lamb.: cardo selvatico, noto
sotto il nome di caglio o carduccio, spontaneo nel bacino del
Mediterraneo, che trova impiego nella preparazione del cosiddetto
cagliofiore;
- Cynara cardunculus scolymus: carciofo coltivato;
- Cynara cardunculus altilis: cardo domestico.
Si ritiene che il carciofo ed il cardo domestico derivino entrambi
da quello selvatico, in seguito ad un processo di selezione che ha
favorito lo sviluppo dell'infiorescenza nel primo e della nervatura
mediana delle foglie nel secondo.
Il carciofo è una pianta erbacea perenne, con formazione di rizoma,
dalle cui gemme si sviluppano i getti detti carducci. Il fusto è eretto,
ramificato all'epoca della fioritura, robusto, striato in senso
longitudinale, fornito di foglie alterne (grandi, di colore verde più o meno intenso o talvolta grigiastre nella pagina superiore, più
chiare e con presenza di peluria in quella inferiore; la spinosità delle foglie è una caratteristica varietale).
Il fusto (alto da 50 a 150 cm circa) e le ramificazioni portano in posizione terminale le infiorescenze.
I fiori azzurri ermafroditi tubolosi sono riuniti in una infiorescenza a capolino, detta anche calatide.
Il capolino comprende una parte basale (il ricettacolo carnoso), sul quale sono inseriti i fiori ermafroditi detti "flosculi";
inframmezzati ai fiori sono presenti sul talamo numerose setole bianche e traslucide (il "pappo"). Il complesso di fiori e setole,
nei primi stadi di sviluppo, sono volgarmente indicati con il nome di "peluria". Sul ricettacolo si inseriscono le brattee o squame
involucrali, a disposizione imbricate l'una sull'altra, le più interne tenere e carnose, le più esterne consistenti e fibrose. Il
ricettacolo carnoso e le brattee interne costituiscono la porzione edule del carciofo, comunemente detto "cuore".
Il frutto è un achenio allungato e di sezione quadrangolare, di colore grigiastro bruno e screziato, unito al calice trasformato in
pappo, per favorire la disseminazione. Il peso di mille acheni può oscillare tra 30 e 70 grammi.
La morfologia fiorale ed il meccanismo di antesi impediscono normalmente l'autoimpollinazione, per cui la fecondazione avviene
per opera degli insetti.
La moltiplicazione del carciofo avviene per via gamica, utilizzando l'"ovolo", il "pollone" o "carduccio" o "porzione del ceppo".
Esigenze ambientali
Il carciofo richiede un clima mite e sufficientemente umido, per cui il suo ciclo normale è autunno-primaverile nelle condizioni
climatiche del bacino mediterraneo; tende alla produzione primaverile-estiva nelle zone più fredde.. Il carciofo resiste
abbastanza bene fino a temperature di 0°C. Temperat ure inferiori possono provocare danni più o meno gravi alle infiorescenze
ed alle foglie; a temperature inferiori a -10°C pos sono essere compromesse anche le gemme del fusto rizomatoso.
Il carciofo risente anche della temperatura molto elevata, per cui la fase del riposo vegetativo capita tra la fine della primavera e
l'estate.
Ha elevate esigenze idriche, in parte soddisfatte dalla piovosità dell'epoca di coltivazione; nella coltura precoce estiva è
necessario intervenire con abbondanti apporti di acqua.
Il carciofo preferisce terreni profondi freschi, di medio impasto e di buona struttura, a reazione intorno alla neutralità, pur
adattandosi a terreni di diverse caratteristiche.
Varietà
Le varietà che si coltivano in Italia possono essere classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, in due
grandi gruppi:
- varietà autunnali;
- varietà primaverili.
Al primo gruppo di varietà, dette anche rifiorenti, appartengono tipi la cui produzione si verifica a cavallo dell'inverno, con inizio
ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio. Queste varietà, in generale, sono
caratterizzate da un capolino medio-piccolo, del peso di circa 150-200 g. Una parte consistente della seconda produzione, cioè
quella che appare dopo l'inverno, viene destinata all'industria conserviera per la surgelazione e l'inscatolamento.
Le varietà del secondo gruppo sono coltivate nelle aree costiere dell'Italia centro-settentrionale e forniscono una produzione più
o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno. Questi carciofi rappresentano una produzione molto
pregiata, hanno un capolino molto più grande dei rifiorenti che si presta anche per l'esportazione. Le varietà primaverili si
dividono in due grandi famiglie: i "Romaneschi" e i "Toscani".
Tecnica colturale
Il carciofo viene considerato una coltura da rinnovo e si avvale, al momento dell'impianto, di un’aratura profonda. E' una coltura
poliennale: la durata di una carciofaia non è definibile a priori; se non intervengono fattori avversi essa può essere anche di 710 anni.
E' da considerarsi una coltura da rinnovo, a cui far seguire un cereale o, come nelle zone orticole, altri ortaggi. L'opportunità
dell'avvicendamento è consigliabile per evitare gli inconvenienti della coltura ripetuta.
La preparazione del terreno viene effettuata in epoca diversa, in relazione alla modalità d'impianto della coltura, per ovuli o per
carducci, all'inizio dell'estate o in autunno. Prima dell'impianto è necessaria una lavorazione profonda (40-50 cm), a cui seguono
lavorazioni più superficiali con frangizolle ed erpice per preparare un perfetto letto di semina. La concimazione organica deve
essere fatta in concomitanza della lavorazione profonda.
L'apporto di fertilizzanti è fondamentale per la produttività della carciofaia: una coltura di carciofo può asportare dal terreno circa
250-300 kg/ha di azoto, 350-400 kg/ha di potassa e 50-100 kg/ha di anidride fosforica.. Da ciò deriva la necessità di
somministrare i fertilizzanti minerali in dosi elevate.
Generalmente, la concimazione fosfatica e quella potassica sono effettuate all'atto dell'impianto della carciofaia e negli anni
successivi, al momento del risveglio. La concimazione azotata, in parte è distribuita insieme agli altri due elementi, in parte
frazionata in un paio di volte in copertura durante il periodo di massimo accrescimento della vegetazione.
Impianto
Di solito si esegue nel periodo autunno-primaverile per "carducci", utilizzando il materiale proveniente dalla scarducciatura di
altre carciofaie. I carducci sono germogli che crescono alla base della pianta e vengono distaccati con una porzione di radice. I
carducci per i nuovi impianti devono essere ben sviluppati, con una lunghezza di 20-40 cm e provvisti di 4-5 foglie, la cui parte
distale viene tagliata al momento dell'impianto. Nelle zone irrigue meridionali, dove si pratica il risveglio anticipato, è frequente
l'impianto per "ovuli" in estate. Gli ovuli sono le gemme di grossezza diversa che si formano alla base del fusto interrato, da cui
alla ripresa vegetativa hanno origine i carducci. Gli ovuli si distaccano dalla pianta madre in estate durante la fase di riposo. E'
consigliabile sottoporre l'ovulo alla pregermogliaziano. Spesso, l'impianto estivo è fatto con ovoli, provenienti da carducci messi
a vivaio nell'annata precedente, quindi già ben radicati e formati.
Il sesto d'impianto della carciofaia è variabile, sia in relazione alla durata della carciofaia, che allo sviluppo della varietà. La
distanza media è di cm 100 x 100 o cm 120 x 120, in modo da ottenere un numero di piante all'ettaro intorno a 7-10 mila. Oggi
si tende ad allargare la distanza tra le file (170-200 cm) e a diminuirla sulla fila (60-80 cm).
Interventi colturali
Nei primi stadi della ripresa vegetativa si eseguono diverse lavorazioni al terreno o per il controllo delle infestanti o per
l'interramento dei fertilizzanti in modo da permettere un rapido accrescimento delle piante. Queste emettono un certo numero di
carducci in buona parte da eliminare. La scarducciatura sarà più o meno intensa a secondo della varietà, della fertilità del
terreno e della densità delle piante. A seconda delle condizioni colturali, vengono lasciati uo o due o tre carducci per pianta.
Il controllo delle infestanti è di fondamentale importanza. Tra le infestanti della carciofaia c'è una lunga serie di malerbe annuali,
biennali e perenni. Tra queste un ruolo di rilievo spetta alle graminacee e all'acetosella (Oxalis spp.). Quest'ultima infestante ha
un ciclo autunno-primaverile coincidente con quello della coltura
ed ha una notevole capacità di diffusione, essendo fornita di organi di moltiplicazione sotterranea (bulbilli) che vengono diffusi
dagli organi rotanti delle macchine durante le lavorazioni. Prima dell'impianto si può intervenire con prodotti ad azione fogliare
come glufosinate ammonio o gliphosate, in presenza di malerbe già note, aggiungendo un prodotto residuale quale il trifluralin,
seguito da un leggero interramento, o pendimethalin, distribuito in superficie. Successivamente gli interventi vanno effettuati in
pre-emergenza delle infestanti.
Irrigazione
E' uno degli interventi colturali più importanti ai fini dell'anticipo di produzione cel carciofo in autunno nelle aree meridionali. In
relazione all'epoca del risveglio estivo e dell'andamento climatico, i fabbisogni idrici possono essere più o meno elevati, per cui
dove la disponibilità idrica è carente, l'irrigazione viene ritardata verso la seconda metà del mese di agosto.
Frequenti irrigazioni, con un turno medio di 8-10 giorni sono necessari in estate ed, in qualche caso, alcuni interventi in autunno,
qualora l'andamento climatico decorra siccitoso. Il metodo irriguo più diffuso è l'aspersione.
Raccolta e produzione
La raccolta dei capolini è scalare, ha inizio verso la prima decade di ottobre per la coltura precoce e termina in giugno con
quella più tardiva. In relazione al tipo di coltura ed alla varietà, il numero delle raccolte può variare da un minimo di 3-4 ad un
massimo di 15-20, tendendo presente che la lunghezza del ciclo produttivo può variare da un minimo di 20 giorni ad un
massimo di 180-220 giorni. Il numero dei capolini per pianta oscilla da 4-5 a 14-15.
Nel complesso una carciofaia produce 50-100 mila capolini ad ettaro, pari ad una produzione in peso di 60-120 quintali ad
ettaro.. La raccolta è effettuata a mano con taglio dei capolini con stelo lungo ed alcune foglie. per agevolare il trasporto della
produzione fuori del campo si utilizzano rimorchi o carri-raccolta trainati, forniti di ali laterali.
La valutazione qualitativa dei capolini viene effettuata in base alla pezzatura, alla compattezza ed alle caratteristiche di
freschezza e sanità. per il mercato fresco, molta importanza riveste la precocità di maturazione. Oltre al consuno fresco, il
carciofo viene utilizzato dall'industria conserviera sia per la produzione di "carciofi al naturale", di "carciofini sott'olio" e di
"carciofi surgelati".
E' un ortaggio dal buon valore alimentare ed adatto ad essere preparato in una infinità di modi culinari. Abbastanza ricco di
ferro.
Il carciofo è ricco non solo di fibra, vitamine, sali minerali ed aminoacidi, ma anche di sostanze fenoliche che presentano
proprietà benefiche per l'organismo. Ha inoltre una una forte capacità antiossidante.
Per uso alimentare vengono utilizzati anche i teneri carducci, i quali quando vengono sottoposti alla pratica della imbiancatura
vanno sotto il nome di "gobbi".
Notevole è il sottoprodotto di foglie della carciofaia, che costituisce un ottimo alimento fresco per gli animali. Anche i residui
della lavorazione industriale dei capolini hanno un impiego zootecnico, o vengono essiccate per preparare una farina di
carciofo.
Le proprietà medicinali del carciofo ed il sapore amaricante degli estratti ne fanno una pianta di largo consumo nell'industria
liquoristica e medicinale. In genere, per uso industriale, si utilizzano le piante a fine ciclo di produzione, in fase di essiccamento
naturale.
Avversità e parassiti
Il carciofo pur essendo una pianta rustica è soggetta ad alcune avversità.
Tra le fitopatie l'atrofia del capolino riveste un ruolo importante, ma solo per le varietà tardive. La malformazione si presenta con
capolini di dimensioni ridottissime o con capolini normali con brattee non completamente sviluppate e con margine superiore
imbrunito. Diversi fattori concorrono al manifestarsi di questa fisiopatia: temperature superiori di 25°C nella fase di transizione
dell'apice caulinare da vegetativo a riproduttivo, condizioni idriche, contenuto di sali solubili nel terreno ecc.
Dei danni da gelo abbiamo già accennato.
Il carciofo è una tra le specie sensibili ai diserbanti di tipo ormonico (2,4 D).
Il carciofo è dotato di ampia espansione fogliare e di fusti e gemme molto carnose, per cui è particolarmente soggetto agli
attacchi di parassiti animali. Il più temuto parassita del carciofo è l'arvicola (topo campagnolo) la cui enorme diffusione limita
fortemente la durata degli impianti.
Tra gli insetti che danneggiano i capolini, due specie di lepidotteri sono degne di particolare attenzione: la nottua del carciofo
(Gortyna xanthenes Germ.) e la depressaria (Depressaria erinaceella Stg.).
Altri fitofagi ricorrenti sono gli afidi (Brachycaudus cardui, Aphis fabae, Myzus persicae ecc.) e la cassida (Cassida deflorata
Suffr.).
Tra le malattie crittogamiche quella che interessa maggiormente il carciofo è rappresentata dai marciumi del colletto (Sclerotinia
spp., Rhizoctonia spp.), presenti soprattutto nei terreni mal drenati.
L'oidio (Leveillula taurica) e la peronospora (Bremia lactucae) non sono molto diffuse e generalmente non creano problemi
fitosanitari.
CAVOLO
Origine e diffusione
La maggior parte dei cavoli è originaria del bacino del Mediterraneo e si trova in coltura da tempi molto antichi. Molto coltivati in
Italia (specie il Cavolfiore - vedere scheda), hanno un forte consumo sul mercato interno ed alimentano una notevole
esportazione.
I cavoli comprendono numerose forme che si classificano, in base ai caratteri delle parti utilizzate della pianta, in:
- Cavolfiore a Cavolo broccolo (Brassica oleracea var. botrytis L.) vedere scheda;
- Cavolo cappuccio (Brassica oleracea L. var. capitata L.);
- Cavolo verza (Brassica oleracea L. var. sabauda L.);
- Cavolo di Bruxelles (Brassica oleracea L. var. gemmifera Zenker);
- Cavolo rapa (Brassica oleracea L. var. gongylodes L.);
- Cavolo da foraggio (Brassica oleracea L. var. acephala D.C.): viene impiegato, specialmente nei paesi nordici, per
l'alimentazione del bestiame;
- Cavolo nero crespo (Brassica oleracea L. var acephala sabellica):
- Cavolo cinese (Brassica oleracea var. pekinensis Rupr.).
Caratteri botanici
Tutti appartengono alla specie Brassica oleracea L..
Se lasciata sviluppare, la pianta cresce fino a 1,5 metri di altezza, formando abbondanti ramificazioni con rametti fioriferi. I fiori
sono gialli e, dopo la fecondazione, in genere incrociata
ed entomofila, danno luogo alla formazione di una
siliqua portante numerosi semi rotondi, di colore nero
bluastro (peso di 1.000 semi pari a 4-6 grammi).
Cavolo cappuccio - Brassica oleracea L. var.
capitata L.
In Italia il Cavolo cappuccio è coltivato in tutte le
regioni anche se maggiormente nel centro-sud.
Le regioni in cui è più diffusa la coltivazione sono:
Puglia, Campania, Lazio, Calabria, e al Nord il Veneto.
Si differenzia dal cavolo verza per le foglie che sono
lisce e mai bollose e per la parte edule (palla o testa
o cappuccio) che è più compatta. Le palle vengono
consumate crude o cotte o servono a preparare il
"cavolo acido" (o crauti), molto diffuso nel in Trentino
e nel centro-nord Europa.
Esigenze pedoclimatiche
Sii adatta bene a tutti i tipi di terreno, purché siano profondi, ben aerati e freschi, ben dotati di sostanza organica e con pH
intorno alla neutralità. Preferisce climi temperato-freddi ed umidi, tollera il freddo ma non il gelo.
La coltura necessita di irrigazioni al trapianto e nella fase di ingrossamento della testa. E' una coltura intercalare e lascia una
buona fertilità residua sia per la notevole massa di residui colturali sia per il tipo di operazioni colturali richieste.
Varietà
Le cultivar di cavolo cappuccio possono essere classificate in vario modo a seconda del colore delle foglie (verdi e rosse), della
destinazione del prodotto (consumo fresco e trasformazione industriale) ed in base al periodo di raccolta: primaverili-estive
(precoci), autunnali (medio-tardive), invernali (tardive). Oggi le cultivar più diffuse sono ibridi F1.
Tecnica colturale
La tecnica colturale più appropriata è il trapianto, che può essere eseguito con piantine a radice nuda allevate in semenzaio o
con piantine con pane di terra allevate in contenitori alveolati.
La densità d'impianto è di circa 2-3 piante a metro quadrato. L'impianto è a fila semplice, con distanza tra le file pari a 60-80 cm
per il cavolo cappuccio. Sulla fila, invece, le piante vanno distanziate: 40-70 cm.
La coltura si avvantaggia notevolmente della concimazione organica. Il cavolo cappuccio è una specie mediamente esigente in
elementi nutritivi (particolare importanza è rivestita dal calcio). Per il contenimento delle erbe infestanti si può ricorrere a
sarchiatura, pacciamatura, irrigazione localizzata, oltre a una corretta rotazione colturale.
Raccolta
La raccolta deve avvenire quando la testa ha raggiunto le dimensioni desiderate, a 60-70 giorni dal trapianto nelle cultivar
precoci, 70-90 nelle medio-precoci, oltre 90 giorni in quelle tardive. In ogni caso le teste devono essere ben compatte. Negli
impianti per la produzione destinata all’industria la raccolta viene eseguita meccanicamente con una sola passata. Il cavolo
cappuccio si adatta alla conservazione frigorifera.
La produzione varia tra 400 a 700 quintali ad ettaro, a seconda della cultivar, dell’epoca di coltivazione e delle condizioni
pedoclimatiche. Il cavolo cappuccio possiede un buon contenuto in sostanza secca (8-9%), in glucidi (4%), un basso valore
energetico , un equilibrato contenuto vitaminico e un discreto contenuto in calcio, fosforo e potassio.
Cavolo verza - Brassica oleracea L. var. sabauda L.
Anche della verza si impiegano le foglie, bollose, grinzose, quasi
increspate, riunite in una palla meno compatta di quella del cavolo cappuccio. Comprende varietà estive, autunnali e invernali.
Delle prime ricordiamo il Primaticcio di S.Giovanni, il Verzotto corto precoce; delle autunnali, il Verzotto d'Asti, di Milano e
Vittoria; delle invernali il Comune d'inverno, il Pontoise, Trionfo d'inverno, Re d'inverno, Vertus, ecc.
La tecnica colturale è simile a quella del Cavolo cappuccio.
Cavolo di Bruxelles - Brassica oleracea L. var. gemmifera D.C. Presenta un fusto, alto fino a 1 metro, che termina con
un ciuffo di foglie a palla floscia. Lungo il fusto altre foglie portano all'ascella germogli a forma di glomeruli arrotondati
(cavolini), in numero di 25-30. Non è molto coltivato in Italia.
Cavolo rapa - Brassica oleracea L. var. gongylodes (L.) Miller Il Cavolo rapa presenta foglie lirato-pennatosette, lobate in
basso, di colore verde pallido e fiori cruciformi gialli; il fusto è ingrossato a palla e carnoso (a somiglianza di una grossa rapa,
che ne costituisce la parte commestibile) a livello del terreno. I piccioli e il fusto ingrossato possono avere un colore biancoverdognolo o violaceo; la polpa ha un sapore che ricorda quello della rapa e viene consumato sia crudo sia cotto.
Cavolo nero crespo - Brassica oleracea L. var. acephala sabellica
Presenta fusto eretto, alto fino a 1 metro, con foglie
di color verde scuro, rugose e bollose, di cui vengono utilizzate le superiori e i giovani germogli che si formano sul fusto e sui
rami. Utilizzata soprattutto in Toscana, nella preparazione della famosa "ribollita".
Cavolo cinese - Brassica oleracea pekinensis Rupr. E' un grosso ortaggio poco diffuso in Italia, costituito da grossi
"cappucci" serrati e allungati, formati dalle foglie, che sono caratterizzate da grandi piccioli bianchi.
Avversità e parassiti
Tra i parassiti che colpiscono i Cavoli ricordiamo:
Crittogame:
- Alternariosi (Alternaria brassicae);
- Ernia delle crucifere (Plasmodiophora brassicae);
- Marciumi basali (Sclerotinia spp., Rhizoctonia solani, Phoma lingam);
- Micosferella del cavolo (Mycosphaerella brassicicola);
- Ruggine bianca (Albugo candiada);
- Peronospora (Peronospora brassicae, Peronospora parassitica);
Batteriosi:
- (Xanthomonas campestris, Erwinia carotovora);
Insetti:
- Afidi (Myzus persicae) (Brevicoryne brassicae);
- Nottue, Cavolaie (Mamestra brassicae, Mamestra oleracea, Pieris brassicae);
- Elateridi (Agriotes spp.);
- Altica (Phyllotreta spp.);
- Punteruoli (Baris spp., Ceuthorrhyncus spp.);
- Mosca del cavolo (Delia radicum).
Inoltre vengono segnalati danni da nematodi, chiocciole e roditori.
Cavolfiore
Informazioni sul cavolfiore
Il Cavolfiore (Brassica oleracea var. botrytis) appartiene alla famiglia delle
Cruciferae – Brassicaceae ed è coltivato in Italia sin dal Settecento. Ha
numerose proprietà benefiche in quanto rinforza le difese immunitarie, può
aiutare nella prevenzione dei tumori, è utile contro ulcere e dolori intestinali.
Il tipico cattivo odore che emana durante la cottura è dovuto
all’evaporazione dello zolfo in esso contenuto.
Condizioni climatiche più adatte
Per coltivare il cavolfiore è preferibile un clima mite e fresco, con
temperature non troppo alte, perché già a 20 gradi inizia a dare segni di
sofferenza. Temperature troppo basse invece possono danneggiare le
piante giovani causando l’arresto della formazione dell’infiorescenza, cioè
della parte commestibile, facendo perdere il raccolto.
Terreno ideale per la coltivazione
Il terreno adatto in cui piantare il cavolfiore, reperibile nei negozi specializzati, è a medio impasto, cioè mescolato ad argilla,
sabbia, torba , pietre e ghiaia, per favorire il drenaggio dell’acqua. Prima di procedere alla messa a dimora delle piantine di
cavolfiore è necessario preparare il terreno lavorandolo profondamente con l’aiuto di una zappa, in modo da arieggiare il terreno
. E’ consigliata una sarchiatura del terreno con un sarchiatore o un rastrello per eliminare le erbe infestanti prima della messa a
dimora delle piantine.
Semina in semenzaio e messa a dimora delle piantine
Può essere effettuata da gennaio a settembre in semenzaio. Si procurano i semi di cavolfiore in bustina presso un negozio
specializzato, li si adagia in semenzaio in buche profonde 1-2 cm e infine li si ricopre con un sottile strato di terreno. A questo
punto si procede con una leggera innaffiatura, utilizzando uno spruzzino o l'innaffiatore con una sottile doccetta per evitare di
smuovere i semi. Dopo circa una settimana si vedranno i primi germogli uscire dal terreno: appena sarà spuntata la sesta foglia
vera, cioè dopo circa 40 giorni, e le piantine avranno raggiunto i 20cm di altezza circa, sarà possibile trapiantarle nell’orto o nel
vaso con molta delicatezza e facendo attenzione a non danneggiare le radici.
Innaffiatura, concimazione e potatura
Le innaffiature devono essere frequenti, ma bisogna evitare i ristagni d’acqua.
Prima della messa a dimora delle piantine si concima il terreno con concime
organico come compost o letame, reperibile in negozi specializzati. Foglie marce o
attaccate da parassiti o funghi vanno eliminate con un coltello o una forbice
disinfettata, praticando un taglio netto ed obliquo.
Raccolta del cavolfiore
Si effettua quando lo sviluppo delle infiorescenze è completato, facendo attenzione
a non aspettare che i fiori iniziano a separarsi. In autunno i cavolfiori vanno colti
prima dell’arrivo delle gelate ma, se non fossero ancora pronti, li si può trapiantare
in un luogo ben illuminato e protetto ed aspettare che la crescita sia completa.
Malattie e parassiti
Temono parassiti come maggiolino, cavolaia e mosca del cavolo, le cui larve si
nutrono delle foglie, danneggiandole e facendole seccare. Possono essere
combattuti con antiparassitari. Tra le crittogame pericolose sono la peronospora,
l’ernia del cavolo e l’alternariosi che si possono prevenire evitando ristagni d’acqua.
Il giardino degli
ODORIODORI-AROMI E SPEZIE
PREZZEMOLO
Generalità
Pianta originaria delle regioni mediterranee; in Italia è diffusamente coltivata nelle diverse varietà orticole.
Caratteri botanici
Pianta biennale fittonante, con fusti eretti, tubolari, alti fino a 50 cm. circa. Le foglie sono triangolari, dentate, arricciate e
suddivise in tre segmenti. I fiori, giallo-verdi, sono raccolti in ombrelle piatte che fioriscono in estate durante la seconda
stagione.
Coltivazione
Seminare all’inizio della primavera e tenere protetto a 18°C in terriccio umido. La germinazione richi ede 2-4 settimane. In
campo aperto seminare più tardi quando la temperatura non scende sotto i 7°C. La posizione deve essere soleggiata o
semiombrosa e il terreno ben concimato. Annaffiare e mantenere pulito dalle erbe infestanti.
Pianta biennale, se vengono tagliati gli steli fiorali man mano che si sviluppano, può essere conservata per più anni.
Molte le varietà orticole coltivate, tra le quali la “Gigante d’Italia” con grandi foglie, e la “Paramounth” con caratteristiche foglie
molto arricciate.
Raccolta e conservazione
Le foglie vanno utilizzate fresche o congelate (intere o tritate), mentre essiccate
perdono il loro caratteristico profumo.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Le foglie sono ampiamente usate in cucina per dare sapore a ministre, pesce,
verdure, formaggi; vanno aggiunte all’ultimo momento perché con la cottura si
perde gran parte dell’aroma.
Proprietà terapeutiche (delle radici): depurative, diuretiche.
BASILICO
Generalità
Pianta esotica originaria dell’Asia tropicale, diffusamente coltivata in Europa in diverse varietà.
Caratteri botanici
E’ una erbacea annuale con fusti eretti, ramificati, alti fino a 50 cm. Le foglie sono opposte, spicciolate ovato-bislunghe, a volte
bollose. I fiori generalmente bianchi (o rosei) sono riuniti in spighe suddivise in singoli verticilli. Fiorisce da giugno ad agosto.
Coltivazione e varietà
La semina avviene in marzo-aprile in un luogo protetto in vaso o terrine in substrato leggero. Quando le piantine sono
sviluppate si possono trapiantare in vasi più grandi o in terra piena in luoghi soleggiati. Innaffiare abbondantemente e cimare
per favorire l’accestimento e la fioritura troppo precoce.
Altre varietà
Ocimum basilicum var. “Cinnamon”: questa varietà è originaria del Messico; presenta fiori rosa-malva e steli porpora-bruni, con
foglie di colore variabile da oliva a verde-marrone, con superficie lucente, ovali, appuntite, leggermente dentate, con un sapore
molto speziato. Ottimo con le fritture. Le foglie hanno un profumo simile alla cannella.
Ocimum basilicum var. “Dark Opal”: i fiori hanno un colore rosa-malva, steli viola chiaro, foglie appuntite e ovali viola scuro, con
un sapore molto speziato.
Ocimum basilicum var. “Minimum”: detto anche basilico greco, è un cespuglio compatto con foglie piccole, verdi, ovali e
appuntite. I fiorellini sono bianchi. L’aroma è di media intensità. Tollera climi più freddi rispetto al basilico usuale.
Ocimum basilicum var. “Purple Ruffles”: steli rosso-viola scuro, come le foglie che sono piegate lungo la nervatura centrale e
presentano margine dentellato. Può essere usato come il basilico normale in particolare per contorni colorati e aromatici.
Ocimum basilicum var. “Crispum”: presenta grandi foglie dalla superficie increspata e dal profumo intenso; viene usato come il
basilico comune.
Ocimum basilicum var. “Anise”: esile basilico con steli scuri e foglie da ellittiche a ovali, con nervatura viola e dal profumo di
anice.
Raccolta e conservazione
Raccogliere le foglie e gli apici fiorali per tutta l’estate e utilizzarli freschi,
essiccati, conservati sott’olio o in sacchetti di plastica nel congelatore,
intere o a pezzetti.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Il basilico è una delle piante aromatiche più usate in cucina per dare sapore
ad insalate, sughi, minestre, formaggi, salse, ecc. E’ il principale
ingrediente del celeberrimo pesto alla genovese.
Il succo delle foglie strofinato sulla pelle allontana le zanzare.
Proprietà terapeutiche: stimolanti, antispasmodiche, diuretiche, tonicodigestive, antisettiche, antinfiammatorie.
SEDANO
Generalità
Pianta molto comune in tutti gli orti e molto coltivata. E' una pianta biennale nelle condizioni naturali, ma resta sul terreno per
pochi mesi quando viene coltivata.
Sedano da coste (Apium graveolens L. var. Dulce Miller)
Sedano da rapa (Apium graveolens L. var. rapaceum Miller)
Caratteri botanici
I fusti angolosi possono raggiungere il metro di altezza. Le foglie sono pennate, divise in segmenti ovato-lobati, seghettate al
margine. I fiori sono bianchi e riuniti in ombrelle a 6-12 raggi. Il frutto (detto seme) è formato da due acheni con costole verticali.
La radice è fittonante.
Coltivazione
I sedani coltivati (tutti appartenenti alla specie Apium graveolens L.)
possono essere classificati in:
1) Sedani da coste, dei quali si utilizza il picciolo delle foglie, molto
sviluppato e carnoso;
2) Sedani da taglio, dei quali si utilizzano le foglie per condimento.
3) Sedani-rapa, dei quali si utilizza la grossa radice;
Come coltura orticola il sedano si semina in semenzaio impiegando 1-2 g di
seme per m quadrato anche a fine gennaio in serra riscaldata o letto caldo
per poter disporre delle piantine pronte per il trapianto alla fine di aprile e
conseguire produzioni utili già al mese di giugno. A giugno-luglio si
trapiantano i sedani a produzione invernale.
Il trapianto può essere fatto a mano o con trapiantatrici meccaniche (in
coltura specializzata 70 cm tra le file e 25-30 tra le piante). Deve essere
subito irrigato. Necessita di diserbo, concimazioni di copertura (oltre a quella
organica e minerale effettuata nell'autunno precedente) e ripetute irrigazioni.
Quando le piante hanno raggiunto uno sviluppo sufficiente si procede
all'imbianchimento, rincalzando le piante e legando le foglie a 3/4 della loro
altezza. Si pongono poi ai lati delle piante delle tavole sostenute da picchetti
per completare l'imbianchimento. Nelle regioni fredde tale operazione si
compie in apposite fosse.
Molte sono le varietà coltivate; tra queste: Verga a canna piena, Verga
d'oro, Sedano di Trevi, Resistente Pascal.
L'operazione più impegnativa per il sedano da coste è l'imbiancamento che
si può ottenere lasciando le piante in posto o trapiantandole.
L'imbiancamento in posto si ottiene legando le foglie a costituire un mazzo e
rincalzando le piante in tre tempi: prima fino a 1/3, poi a metà e poi fino a
2/3 della loro lunghezza. Le piante imbiancate vengono estirpate, lavate,
legate in mazzi e avviate al mercato.
Raccolta e conservazione
Le foglie e gli steli possono essere raccolti durante tutta la stagione vegetativa e consumati freschi o surgelati (tagliati a pezzetti
e posti in sacchetti).
Da un ettaro di coltura si ottengono 600 quintali circa di prodotto o più.
Il prodotto viene usato direttamente nell'alimentazione umana o destinato alle industrie alimentari per la preparazione di
sottaceti, minestre essiccate, surgelati.
Per raccogliere i frutti, la parte apicale deve essere tagliata quando sono quasi maturi: battere con delicatezza le infruttescenze
per raccogliere i semi. Le radici vanno estirpate in autunno.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Le foglie e gli steli di sedano vengono ampiamente impiegati nella preparazione di minestre e carni. Possono essere consumati
anche freschi, aggiunti alle insalate miste.
Proprietà terapeutiche: aperitive, digestive, diuretiche, carminative.
AGLIO
La coltivazione dell’aglio dall'interro degli spicchi alla raccolta dei bulbi, da eseguire in maniera semplice anche in cassonetti o
vasi sistemati sul terrazzo o balcone, se non si dispone di un orto o giardino. Sebbene preferisce zone climatiche
temperate, l’aglio può essere coltivato un po’ ovunque. E’ una pianta poco esigente, che resiste bene sia al freddo, con
temperature di diversi gradi sottozero, che a periodi di siccità. Sono da evitare terreni umidi e compatti in quanto, essendo
l’aglio una pianta bulbosa, teme i ristagni idrici e quindi le patologie fungine. Bisogna optare per un terreno leggero e ben
drenato. La coltivazione sul balcone e quella in piena terra (orto o giardino) non differiscono, se si esclude la necessità di
procurare il vaso e del terriccio universale.
Il periodo migliore per interrare gli spicchi del comune aglio bianco, coincide con la stagione invernale. Come prima cosa
bisogna procurare delle teste d’aglio da ridurre in spicchi. Questi devono essere interratisingolarmente, con la
punta rivolta verso l’alto, ad unaprofondità di 6-8 cm e distanziati
di 10 cm circa, in modo da formare un filare più o meno lungo, in
funzione dello spazio a disposizione. In presenza di più filariparalleli,
questi devono essere distanziati di 35-40 cmcirca.
Per gli spicchi d’aglio interrati alla fine della stagione invernale, la
raccolta dei bulbi è prevista per fine luglio inizio agosto. Durante
l’attesa c’è da fare ben poco. Le coltivazioni in piena terra, tranne
casi eccezionali, non hanno bisogno ne di irrigazione ne di
concimazione. In genere, si preferisce fertilizzare il terreno con
concime organico (stallatico) prima di iniziare la coltura.
Le coltivazioni in vaso potrebbero avere bisogno di qualche
innaffiatura durante il periodo particolarmente caldo della stagione
estiva, ma esse vanno sospese non appena la parte area della pianta
inizia a seccarsi. Per le specie che prevedono la fioritura, i relativi
steli, che possono superare il mezzo metro di altezza, vanno recisi
per evitare di compromettere la consistenza dei bulbi.
I bulbi devono essere estirpati quando la parte area della pianta
diventa secca fino a piegarsi. Una volta estirpati i bulbi vengono
privati del terreno rimasto appiccicato e lasciati all’esterno in un posto bene arieggiato, in modo che il fogliame diventa
completamente secco. A questo punto i bulbi, contenete mediamente una decina di bulbilli, vengono raggruppati in
fascetti e conservati all’esterno in un luogo coperto, al riparo delle intemperie, ma arieggiato e fresco, o in all’interno in un
locale fresco, asciutto e arieggiato. Se le condizioni climatiche sono idonee, i bulbilli resistono senza germogliare per
diversi mesi.
Esistono diverse specie di aglio bianco, legate a specifiche aree geografiche,
cui si aggiungono l’aglio rosso di Sulmona e l’aglio rosa di Napoli. Oltre ad
essere utilizzato in cucina per aromatizzare diverse pietanze,all’aglio, pianta
originaria dell’Asia centrale, da secoli vengono riconosciute diverse proprietà
terapeutiche. Si ritiene che produce effetti benefici sul sistema circolatorio, sul
colesterolo, sui disturbi digestivi, sui problemi cardiaci, sulla massa muscolare,
ecc. Presenta il noto inconveniente di rendere l’alito sgradevole, che da parte di
tutti si tende di mascherare masticando sostanza particolarmente aromatiche.
PEPERONCINO
Guida alla coltivazione del peperoncino, dalla preparazione del terreno per il semenzaio al trapianto in
vaso o in giardino. Consigli per l’innaffiatura, la potatura e la conservazione dei peperoncini raccolti.
Informazioni sulla pianta di peperoncino
Il peperoncino (Capsicum annuum), pianta perenne – che nel nostro paese diventa
annuale - appartiene alla famiglia delle Solanacee. Veniva utilizzato come pianta
aromatica sin dall’antichità, come dimostrano reperti archeologici rinvenuti in
Messico risalenti anche al 5500 a. C., e fu introdotto in Europa in seguito ai viaggi di
Cristoforo Colombo. A partire dalla Spagna venne diffuso in tutto il bacino del
Mediterraneo e successivamente anche in Asia. Esistono alcune decine di varietà
di peperoncino, distinguibili per forma, grandezza e colore. La peculiarità del
peperoncino è la piccantezza, dovuta alla capsaicina che stimola alcuni
termorecettori presenti nel corpo umano, dando la tipica sensazione di bruciore.
Condizioni climatiche ideali per coltivare il peperoncino
Predilige climi caldi, non al di sotto dei 15 gradi, poiché è una pianta sensibile alle basse temperature ed agli sbalzi climatici.
Non sopporta le gelate e in caso di clima troppo freddo è consigliabile portare i vasi in casa o proteggere la coltura in piena terra
con un telo di plastica, sul quale praticare dei buchi per permettere alla coltura un'adeguata areazione.
Terreno
Per coltivare il peperoncino occorre scegliere un terreno particolarmente fertile, ricco di sostanze organiche, sciolto, non troppo
compatto, miscelato con materiale inerte per favorire il drenaggio dell’acqua. Da evitare terreno argilloso e torba che si
compattano eccessivamente dopo l’innaffiatura e soffocano le radici.
Semina e trapianto
E’ possibile piantare il peperoncino partendo direttamente dai semi, che sono acquistabili al supermercato o dal fioraio già in
bustina. A partire da febbraio-marzo, si possono sistemare in semenzaio a gruppi di 2-3 semi alla volta, praticando dei piccoli
buchi nel terreno, ad una profondità di un paio di cm circa. Se possibile, è opportuno riscaldare il semenzaio portandolo
l'ambiente ospitante ad una temperatura prossima ai 23-25 °C. Dopo un paio di settimane circa dalla
semina le piantine avranno raggiunto la grandezza sufficiente per essere trapiantate singolarmente in contenitori profondi
circa 7-8 cm e di pari diametro. Quando il clima lo consente, e cioè in primavera, quando la temperatura si mantine superiore
ai 10-12 °C, è possibile trapiantare le piante nel vaso definitivo o in giardino, avendo cura di posizionarle in una zona
soleggiata. E’ possibile anche comprare dal fioraio o nei grandi supermercati piantine di peperoncino che poi devono essere
interrate appena sono abbastanza forti da sopportare il travaso.
Pratiche colturali: innaffiatura, concimazione, sarchiatura e potatura
L’innaffiatura deve essere frequente durante la germinazione, perché il peperoncino necessita di molta acqua, ma bisogna fare
attenzione ai ristagni. Dopo la germinazione le innaffiature possono essere meno frequenti, e vanno effettuate ogni volta che il
terreno si asciuga. Se si vogliono ottenere frutti più piccanti è possibile ridurre l’apporto d’acqua nei due - tre giorni precedenti la
raccolta, facendo però attenzione a non far seccare la pianta. La concimazione del terreno avviene un paio di volte all’anno,
utilizzando un fertilizzante ricco in fosforo, che è possibile reperire dal fioraio o nei vivai. Per rimuovere le erbe infestanti è
opportuno procedere alla sarchiatura (zappettatura dello strato superficiale del terreno) almeno ogni 2 mesi circa. La potatura
delle foglie secche o dei rami danneggiati si effettua delicatamente a mano o con l’utilizzo di forbici nel periodo di marzo.
Raccolta dei peperoncini
Si effettua in estate ed autunno, dopo la maturazione del
peperoncino, ad una temperatura ideale prossima ai 25 °C. Una
volta raccolti con tutto il picciolo, i peperoncini possono sia essere
utilizzati subito in cucina, sia fatti essiccare all’aria e al sole e poi
ridotti in polvere, sia conservati sott’olio.
Malattie e Parassiti
Afidi, acari, ragnetto rosso possono colpire le foglie e i rami della
pianta. Possono essere prevenuti evitando ristagni d’acqua e
combattuti con insetticidi e antiparassitari. Talvolta può accadere che
le foglie iniziano a cadere ed ingiallirsi, sintomo che la pianta ha
poca luce o ha ricevuto poca acqua o poco concime.
Peculiarità della coltivazione del peperoncino in vaso
Il peperoncino ha molte varietà, diverse decine, e tutte possono essere coltivate anche in vaso con qualche accortezza. E’
preferibile scegliere vasi abbastanza capienti (almeno 30-35cm di diametro), leggeri, facili da trasportare ed impermeabili.
Durante il periodo invernale, o quando la temperatura scende sotto i 10 gradi, i vasi devono essere spostati all’interno della
casa. Durante il periodo estivo bisogna invece posizionarli in pieno sole. I vasi vanno riempiti con un terriccio ricco di sostanze
organico, leggero e ben drenato. Per l'impianto si può partire dal seme (semina nel semenzaio e successivo trapianto delle
piantine nelle dimore definitive) o direttamente dall'interro di piantine da comprare in vivaio o negozi specializzati. Per quanto
riguarda le pratiche colturali, irrigazione, concimazione, sarchiatura, rimozione infestanti, raccolta e difesa dai parassiti animali
e vegetali, in quanto compatibili, valgono i suggerimenti forniti per la coltivazione in piena terra.
TIMO
Generalità
Pianta originaria delle zone occidentali del Mediterraneo. In Italia è presente in quasi tutto il territorio, allo stato spontaneo o
coltivato, nei luoghi aridi, dal piano ai 900 metri.
Caratteri botanici
Piccolo arbusto molto ramificato con steli legnosi e molte piccole foglie grigio-verdi, lineari o strettamente lanceolate, revolute al
margine, fortemente aromatiche. I fiori, biancastri, rosei o lilla, sono riuniti in verticillastri che sbocciano all’ascella di brattee
lanceolate.
Coltivazione
Seminare su terriccio leggero e sabbioso. Quando le piantine sono sufficientemente sviluppate, trapiantarle in vasi o terra
piena, in zone soleggiate e prive di ristagni idrici. Le varietà orticole vengono riprodotte per talea o divisione dei cespi.
Raccolta e conservazione
Asportare le foglie e i rametti fioriti ed essiccarli in luogo ombroso e
ventilato.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Il timo viene molto usato in cucina per insaporire e rendere più digeribili
molti cibi, come carni arrosto, sughi, verdure, funghi, ripieni, oli e aceti
aromatici. Si usa anche per preparare liquori e vini aromatici.
Proprietà terapeutiche: digestive, depurative, carminative, balsamiche,
tonico-stimolanti; per gargarismi nelle infezioni del cavo orale.
Thymus citriodorus (Timo limone o Timo degli agrumi)
Il Timo Limone presenta foglie ovali con il caratteristico prufumo di
limone; i fiori sono lilla
SALVIA
Caratteri botanici
Pianta suffruticosa perenne, alta fino a 70 cm, con fusto ramoso; le foglie sono grigio-tomentose, bislunghe-lanceolate e
persistenti in inverno. I fiori, blu-violacei, sono riuniti in verticillastri apicali.
Coltivazione
Seminare all’inizio della primavera, coperto, a 18°C; la germinazione avviene dopo 1-2 settimane. Oppure seminare in tarda
primavera in campo aperto, quando la temperatura rimane sopra i 7°C. la germinazione richiede 2-3 sett imane. Diradare
successivamente i germogli. Generalmente però la riproduzione avviene per talea erbacea fatta radicare in terriccio sabbioso.
Quando sono sufficientemente sviluppate, trapiantare in vasi o terra piena, in posizione soleggiata, in substrato leggermente
calcareo e ben drenato.
Molte le varietà coltivate, alcune particolarmente decorative, come la “Purpurascens” dalle foglie color rosso-grigio-porpora, e
la “Interina” dalle foglie marginate di giallo.
Raccolta e conservazione
Le foglie possono essere raccolte tutto l’anno. E’ anche possibile
essiccarle in luogo ombroso e ventilato.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Le foglie di salvia vengono molto usate in cucina, per aromatizzare i
cibi e facilitarne la digestione.
Vengono comunemente impiegate per condire pasta e gnocchi al
burro, per preparare sughi, carni arrosto e in umido, pesci, legumi,
oli e aceti aromatici. Le foglie possono essere fritte in pastella.
Proprietà terapeutiche: digestive, colagoghe, bechiche,
espettoranti, tonico-stimolanti, antisettiche. Per uso esterno, come
antinfiammatorio nelle infiammazioni del cavo orale
MENTA
Caratteri botanici
Pianta perenne molto aromatica, munita di rizoma strisciante e di stoloni. I fusti, quadrangolari e pelosi sugli angoli, sono prima
sdraiati poi eretti, ramosi in alto, e possono raggiungere i 70 cm di altezza.
Le foglie sono opposte, ovate, pelose, con apice subacuto e margine revoluto debolmente dentato.
I fiori sono riuniti a 3-9 su un peduncolo all'ascella delle foglie superiori e formano nel loro insieme un'infiorescenza composta. Il
calice è tubuloso, peloso alla fauce, con cinque denti apicali; la corolla è rosea o violacea. Il frutto è un tetrachenio, racchiuso
dal calice persistente.
Coltivazione
Seminare in primavera in terriccio leggero. Quando le piantine sono sufficientemente sviluppate trapiantarle in vasi o terra
piena, in luogo soleggiato. Le piante adulte possono essere moltiplicate per talea di punta o per divisione dei cespi in autunno.
Raccolta e conservazione
Raccogliere le foglie giovani prima della fioritura. Consumarle fresche o farle essiccare in luogo ombroso ed ombroso.
Conservare al riparo della luce e all'asciutto.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Le foglie tritate, dall'aroma simile a quello della menta, vengono
impiegate per insaporire piatti di carne, pesce, verdura e funghi.
Proprietà terapeutiche: Digestive, espettoranti, carminative.
Caratteri botanici
La Menta piperita è una pianta erbacea perenne, con fusti
stoloniferi, eretti o ascendenti, dal colore rossiccio, alti fino a 70 cm.
Le foglie sono opposte, ovato-ellittiche e seghettate ai margini. I
fiori, di colore rosa-viola, sono riuniti in una densa spiga fusiforme
all'apice degli steli.
Coltivazione
Come tutte le mente, si può riprodurre facilmente per talea di punta
o mettendo a dimora dei pezzi di stoloni radicati. Può essere
coltivata in vaso o in terra piena.
DRAGONCELLA
Caratteri botanici
Alta fino a 1 metro, presenta fusti eretti e ramificati, con foglie lineari, strettamente lanceolate, lucenti, di colore verde scuro.
Corimbi di minuscoli fiori gialli compaiono in estate, nelle regioni calde, e raramente in quelle fredde. Le foglie aromatiche se
schiacciate emanano un aroma piccante.
Coltivazione
Produce raramente semi fertili e quindi può essere riprodotta solo per divisione dei cespi e per talea. Predilige i luoghi soleggiati
e i terreni fertili e sabbiosi. In commercio esistono varietà prive totalmente di profumo. Il dragoncello russo (Artemisia
dracunculoides) può essere coltivato con successo da semi, in primavera.
Raccolta e conservazione
All’inizio della primavera staccare foglioline e steli freschi per realizzare dell’aceto di dragoncello. Staccare le foglie da utilizzare
fresche durante tutta la stagione di crescita o fatte essiccare in luogo fresco e asciutto.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Per il suo profumo delicato tra l’anice e il sedano è adatto per insaporire
piatti di pesce, frittate, formaggi frechi, salse e ripieni.
Proprietà terapeutiche: toniche, stomachico-digestive, aperitive,
carminative. In infuso può alleviare l’insonnia e la costipazione.
ALLORO
Caratteri botanici
Albero perenne sempreverde, ad arbusto o alberello, alto fino a 8 metri. Le foglie, oblanceolate o ovali, coriacee, verde scuro,
hanno pagina superiore lucida; quando sono schiacciate emettono un profumo dolce e aromatico. I fiori sono unisessuali, piccoli
e giallo chiaro, sono riuniti in ombrelle ascellari e compaiono in marzo-aprile. I frutti sono bacche ovali, nere quando mature che
contengono un solo seme.
Laurus nobilis “Aurea”: ha foglie dorate, appuntite; il Lauro dorato si utilizza come il Lauro, anche se è leggermente più duro;
nella coltivazione, questa varietà richiede maggiore protezione da vento, gelo e anche pieno sole che provoca bruciature sulle
foglie.
Laurus nobilis “Angustifolia”: presenta foglie più strette rispetto al Lauro; questa varietà è nota anche come Lauro dalla
foglia di salice; è più resistente del L. nobilis “Aurea”.
Coltivazione
Prima di seminare in autunno, i semi devono essere scarificati
(lo strato esterno impermeabile all’acqua può essere eliminato ponendo i
semi in acqua bollente e lasciandoli a bagno fino a quando l’acqua torna a
temperatura ambiente; altri metodi di scarificazione possono essere:
strofinare lo strato esterno del seme con carta vetrata a grana fine o
utilizzare un coltello per incidere lo strato esterno, facendo attenzione a
non danneggiare l’occhio, la piccola depressione dove il seme è attaccato
all’ovario; i semi scarificati non si conservano bene e dovrebbero essere
piantati subito dopo il trattamento). I semi devono essere posti in vasi con
terriccio leggero, ottenuto mescolando sabbia, terra e torba. Quando le
piantine sono sufficientemente sviluppate devono essere trapiantate in vasi
più grandi o in terra piena in posizione soleggiata. L’alloro può essere
riprodotto anche per via agamica, prelevando i polloni radicali che si
formano alla base delle piante madri o, meno facilmente, per talea di punta.
Raccolta e conservazione
Le foglie possono essere raccolte tutto l’anno e fatte essiccare in luoghi freschi e ventilati. I frutti, prodotti solo dalle piante
femminili, vengono raccolti in autunno e si essiccano al sole o in forno tiepido. Conservare al riparo della luce e dell’umidità.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Le foglie sono molto impiegate per dare aroma a vari piatti di carne e pesce. Servono per insaporire verdure e funghi sott’olio e
sott’aceto. Con i frutti si prepara il liquore laurino.
Proprietà terapeutiche: tonico-stimolanti, digestive, aperitive, espettoranti, carminative e diuretiche. Stimolanti e deodoranti in
bagni e pediluvi.
MIRTO
Descrizione
Il mirto o Myrtus communis, detto comunemente mortella,
è un elegante arbusto sempreverde, non spinoso e dal
portamento compatto, che raggiunge facilmente i due metri
d'altezza. Benché gli appartenenti alla sua famiglia siano
migliaia il mirto è l'unico componente delle mirtacee ad
essere presente in Europa, gli altri esemplari sono infatti
diffusi in Australia e nelle regioni tropicali.
Foglie
Le graziose foglie del mirto, coriacee e persistenti, sono di
forma ovate o ovato-lanceolate e hanno margine intero; le
loro dimensioni si aggirano attorno ai quattro centimetri di
lunghezza e il loro verde è particolarmente brillante.
Quando vengono schiacciate, o frantumate, le foglie di
questo arbusto emettono una gradevole fragranza che
rievoca il profumo dell'arancio ed è dovuta alla presenza
del mirtenolo, un olio dotato di proprietà balsamiche.
Frutti
I frutti del mirto maturano in autunno, sono piccole bacche ovoidali di colore nero-violaceo e di consistenza carnosa che
risultano gradite agli uccelli.
Habitat
L'Asia e l'Africa sono probabilmente le terre d'origine del mirto, ma oggi esso è spontaneo in quasi tutta l'area mediterranea, dal
livello del mare fino a circa 500 metri d'altitudine. Il mirto prospera ove il clima è mite, sopporta bene la siccità ma teme il gelo;
predilige un substrato sabbioso, ben sciolto e permeabile. Questo arbusto dall'aspetto decisamente decorativo può venire
coltivato anche in vaso.
Esposizione
Il mirto ama il sole e desidera un'esposizione aperta e arieggiata. Dove le temperature invernali scendono al di sotto dello zero il
mirto va messo a dimora in posizione riparata o va protetto nei mesi più freddi.
Riproduzione
La moltiplicazione del mirto avviene solitamente per margotta; un altro valido sistema riproduttivo, da applicare nel periodo
estivo, consiste nello staccare talee di rami dell'anno. Chi invece vuol procedere alla semina può farlo in settembre, usando un
substrato ricco e leggero.
Crescita
Le nuove piante, comunque ottenute, si mettono a dimora nel secondo anno e finché sono giovani è importante innaffiarle con
regolarità. Un'altra necessaria cura iniziale consiste nell'ombreggiare le piantine con stuoie nei primi mesi dopo la messa a
dimora. I cespugli di mirto sopportano di venire potati in forme obbligate.
Raccolta
I fiori si raccolgono in luglio-agosto, nel momento in cui sbocciano; le foglie durante tutto l'anno; le bacche in autunno.
Conservazione
Fiori, foglie e bacche, dopo averli essiccati al sole, si conservano in scatole dotate di una buona chiusura.
Proprietà in cucina
Le foglie e le bacche del mirto sono molto usate, in tutta l'area mediterranea, per insaporire i piatti di carne e pesce. Un altro
uso del mirto consiste nell'impiegarlo per aromatizzare vini e liquori. Una bevanda balsamica adatta alle giornate più fredde è
infine il tè al mirto, che si ottiene ponendo poche foglioline di mirto nella teiera insieme alla solita miscela di tè.
Bellezza
L'essenza tratta dai fiori di mirto è molto usata in profumeria e cosmetica, e costituisce la nota Acqua degli angeli che possiede
spiccate proprietà tonificanti e astringenti ottime per l'epidermide. Anche un decotto di foglie di mirto aggiunto all'acqua del
bagno, o frizionato direttamente sulla pelle, svolge un'azione tonificante .
Salute
Il decotto di foglie di mirto (mezzo pugno di foglie lasciate bollire per dieci minuti in mezzo litro d'acqua) addolcito con miele e
bevuto a cucchiaiate nel corso della giornata è utile nel caso di infiammazioni delle vie respiratorie, catarri e bronchiti. Un
decotto di foglie e fiori, fatti bollire per una ventina di minuti, applicato esternamente esercita un'azione decongestionante sulla
pelle e sulle mucose della bocca, è indicato inoltre nelle infiammazioni della vagina. CURIOSITA':
Fino dall'antichità il mirto, per la sua indubbia bellezza, è stato consacrato alle divinità dell'amore e dedicato a Venere. Questo
arbusto fu molto amato sia dai Greci che dai Romani: un serto di mirto incoronava i vincitori delle gare e i poeti. I suoi fiori,
ritenuti per tradizione beneauguranti, erano presenti nel bouquet nuziale.
ROSMARINO
Caratteri botanici
Arbusto aromatico sempreverde, compatto, con fusti prostrati o ascendenti, ramificati. Le foglie sono aghiformi, opposte e
rivolute al margine, resinose. I fiori compaiono in primavera, sono azzurro-violacei, ricchi di polline e riuniti in brevi racemi
ascellari.
Coltivazione
Seminare all’inizio della primavera, in luogo protetto a circa 20°C. I semi germinano dopo 1-2 settima ne. Le piantine tendono ad
appassire se il terreno è troppo umido. Più facile la riproduzione per talea (da prelevare dopo la fioritura) o per propaggine. Le
piante devono essere collocate in zone soleggiate, in terreno acido e ben drenato. Cresce bene in vaso. Proteggere le piante
dai freddi invernali.
Raccolta e conservazione
Raccogliere le foglie e le sommità fiorite tagliando la parte apicale dei rametti. Utilizzare
subito o fare essiccare in luogo ombroso e ventilato.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
Il rosmarino viene usato per insaporire carni, pesci, minestre, focacce, oli e aceti
aromatici.
Proprietà terapeutiche: stomachiche, stimolanti, aperitive, digestive, tonico-stimolanti,
antisettiche.
FRUTTI DI BOSCO
LAMPONE
Esigenze della coltura
Scelta del terreno ed esigenze pedologiche
Il lampone predilige terreni leggere ed aereati, organici, ricchi di
humus e leggermente acidi (pH ottimale 6,2-6,5), assolutamente
senza ristagni. Se il terreno non è del tutto ottimale, si può
migliorare realizzando un cumulo di terra alto 30 cm.
Esigenze climatiche, esposizione
L’esposizione al sole è preferibile in filari in direzione est-ovest;
l’impianto dovrà essere fatto in modo che non sia esposto ai venti
dominanti.
Impollinazione
Il lampone è una pianta autofertile e quindi può essere coltivata
anche una sola varietà; ha bisogno però dell’impollinazione delle
api, che se presenti visitano molto volentieri i fiori di questa specie
e producono un miele dell'aroma molto delicato.
La preparazione del terreno
La lavorazione del terreno
Deve essere fatta con terreno asciutto, possibilmente in autunno. Altrimenti è preferibile limitarsi a realizzare il cumulo di terra
mista a terriccio. È opportuno prevedere la pacciamatura:
• con materiale organico (corteccia o foglie in ragione di 1 kg/mq) per una larghezza di 80 cm, che deve essere rinnovata ogni due
anni
• oppure con telo di polietilene nero o telo intrecciato.
Concimazioni di fondo
Prima dell’impianto vanno incorporati nel terreno 4-8 kg di letame maturo per mq oppure terriccio assieme a 40g/mq di concime
minerale complesso.
La coltivazione in vaso
Il lampone può essere anche coltivato in un vaso di almeno 15 litri di torba o terriccio molto permeabile a pH 6,5. La nutrizione
può essere assicurata dalla fertirrigazione, se presente, oppure con la distribuzione primaverile di concime a lenta cessione tipo
Osmocote 8-9 mesi.
L’impianto
Epoca
Le piante coltivate in vaso si possono mettere a dimora praticamente durante tutto l’anno. Le epoche classiche rimangono
comunque il mese di novembre per le regioni centro-meridionali italiane, la primavera per le regioni del settentrione.
Distanze
40 cm tra le piante sulla fila, 2- 2,5 m tra i filari, cioè 1 pianta per mq di superficie.
Impianto di irrigazione
È importante non bagnare i fiori e i frutti, al fine di evitare lo sviluppo di muffe; si consiglia dunque di adottare un impianto a
goccia o una manichetta forata lungo la fila, posata sul terreno o sotto la pacciamatura; gocciolatori a fori distanti 30 cm per
terreni sabbiosi, fino a 50 cm per i terreni più argillosi.
Sostegni e palificazione
Sono necessari a sostenere i polloni; il sistema di palificazione varia però a seconda della tipologia varietale.
Per le varietà a raccolta continua, che fioriscono già sui nuovi getti dell’anno, è consigliabile contenere i polloni all’interno di 2
coppie di fili a 50 cm di distanza fra loro, fissati ad un’altezza da terra rispettivamente di 70 e 120 cm.
Per le varietà a raccolta unica, che producono solo sui tralci dell’anno precedente, è necessario legare quest’ultimi ad una
spalliera, inoltre può essere opportuno contenere con fili esterni i nuovi getti. L’altezza dei fili dipende dalla vigoria dei tralci,
generalmente si fissano a 50 - 90 - 140 cm dal suolo.
La potatura
Anche per la potatura è necessario distinguere tra le due tipologie di varietà. A fine inverno per il lampone a raccolta continua,
si tagliano a livello del suolo tutti i tralci che hanno prodotto; quando i nuovi getti sono alti 30 cm, si diradano lasciandone 10 per
metro lineare, dopodiché è sufficiente lasciarli crescere liberamente all’interno delle due coppie di fili. Chi volesse raccogliere
anche a giugno, può potare i tralci, asportando la parte apicale che ha già prodotto e legando la parte bassa dei tralci a
spalliera. In questo caso si crea una competizione di spazio tra i tralci e i nuovi getti che produrranno in autunno, per cui è
opportuno diradare i getti in modo più drastico, ad esempio lasciandone solo 5 per metro lineare. Per le varietà a raccolta solo
estiva, a fine inverno si eliminano i tralci che hanno prodotto e si legano i nuovi polloni alle spalliere, in numero di 6 per metro
lineare. Anche con queste varietà, a primavera, quando i nuovi getti sono circa di 30 cm, è opportuno diradarli lasciandone solo
6-8 per metro lineare.
La gestione della fila e dell’interfila
Generalmente la pacciamatura fatta all’impianto risolve egregiamente il problema del controllo dell’erba sulla fila, con qualche
diserbo manuale. Nell’interfila è opportuno inerbire con essenze a crescita lenta (festuca, may-grass inglese, ecc.) Solo coi
terreni privi di irrigazione può essere necessario fare la lavorazione superficiale dell’interfila, al fine di ridurre la competizione
idrica e nutrizionale tra l’apparato radicale della coltura e dell’erba.
La concimazione di mantenimento
Ha lo scopo di reintegrare il terreno di quanto asportato dalle piante e dall’erba dell’interfila; generalmente l’apporto annuo
deve essere di 30-50 unità di azoto (frazionato), 20-30 unità di fosforo, 50-100 unità di potassio. In terreni leggeri può essere
necessario apportare anche magnesio e boro.
Nei piccoli impianti, tale concimazione può essere rappresentata dalla distribuzione a tutta superficie di 40g/mq di concime
minerale complesso a primavera, integrata dopo la raccolta da altri 20 g/mq per le piante che risultano troppo contenute nello
sviluppo.
NB: tutte queste indicazioni sono valide per le situazioni di terreno, di clima e di umidità più comuni in Italia, ma ci possono
essere numerose situazioni particolari. In tali situazioni l’intervento di un tecnico, con il supporto di un’analisi del terreno e
dell’acqua di irrigazione, può essere necessario.
I parassiti e la difesa fitosanitaria
L’utilizzo di piante sane e la messa a dimora in terreni vergini per la coltura e ben preparati, generalmente scongiura la
diffusione di patogeni almeno per qualche anno.
Malattie delle radici
Il lampone necessita di terreni ben drenati e senza ristagni. In queste condizioni e con il cumulo nella fila di norma si evita la
diffusione di malattie delle radici e di funghi del suolo. I più diffusi e pericolosi sono:
• Phitophtora Rubi, Verticillium, Fusarium. In caso di presenza, si consiglia di eliminare l’impianto.
Malattie delle foglie
Il lampone, nelle condizioni climatiche italiane, ben difficilmente viene danneggiato seriamente da parassiti che attaccano le
foglie, fatto salvo l’acaro giallo (Tetranicus urticae) che si diffonde soprattutto nelle colture protette da copertura.
La presenza di insetti utili ne scongiura generalmente la diffusione.
Malattie del frutto
• La muffa grigia (Botritys cinerea): attacca i frutti quando questi sono bagnati e le temperature sono alte.
La tecnica più efficace di difesa è la copertura con tunnel nel solo periodo della raccolta.
Anche la potatura verde riduce l’umidità e le condizioni di sviluppo della muffa.
• Il punteruolo: è un insetto che depone le uova nei boccioli fiorali e poi li recide: generalmente la presenza è limitata a pochi
esemplari, che si limitano a deporre 30 uova per femmina, per cui il danno risulta limitato. Attenzione vicino a boschi e cespugli.
• Il verme del lampone (Byturus tomentosus): è fastidioso, per la presenza delle larve nei frutti colpiti.
RICETTE
Anguria
Ingredienti : Dosi per 6: una piccola anguria di circa kg 3, zucchero g 350, gocce di cioccolato g 80.
Preparazione : Spuntate l'anguria a circa due terzi della sua altezza poi svuotatela della polpa, lasciando un centimetro di bordo tutto intorno alla
scorza che va conservata in freezer. Eliminate i semi dalla polpa ricavata, passatela al passaverdura con il disco fine, quindi misuratene l 1,200 che
raccoglierete in una ciotola insieme con lo zucchero. Tenete in frigorifero, mescolando di tanto in tanto, finchè lo zucchero si sarà sciolto, quindi
passate nella gelatiera e, seguendo le istruzioni, fate il sorbetto: pochi minuti prima di completarne la lavorazione, aggiungete le gocce di cioccolato
che simuleranno i semi dell'anguria. Riempite la scorza vuota dell'anguria con il sorbetto livellandolo bene, quindi passate ancora in freezer almeno
per 6 ore. Al momento di servire, tagliate l'anguria a fette regolari: dovrete ottenerne almeno sei.
Bietola da coste
Ingredienti : 1 Verza Piccola, n2 Porri, n1 Rapa, n2 Carote, n2 Patate, n1 Costa Sedano, n1 Mazzetto Coste Di Bietola, n Prezzemolo, n1 Cucchiaio
Olio D'oliva, n Sale
Preparazione : Tagliate a pezzetti patate, carote, rapa e porri, a striscioline la verza. Tritate le coste e il sedano. Mettete le verdure in una pentola
con un litro e mezzo d'acqua salata e cuocete a fuoco lento per un'ora abbondante. Salate. Versate nel frullatore due mestoli del minestrone,
frullateli e versateli di nuovo nella pentola, mescolate. Cuocete per alcuni minuti. Aggiungete un cucchiaio d'olio e il prezzemolo tritato. Vini di
accompagnamento: Grave Del Friuli Rosso Novello DOC, Sangiovese Di Romagna DOC (anche Novello), Lizzano Rosso Giovane Frizzante DOC.
Broccolo
Ingredienti : 250 G Pasta Tipo Spaghetti, n1 Broccolo, n5 Cucchiai Olio D'oliva, n2 Spicchi Aglio, n Prezzemolo Tritato, n Abbondante Formaggio
Pecorino Grattugiato, n Sale, n Pepe
Preparazione : Mondare il broccolo. Soffriggere l'olio in una grande pentola e farvi imbiondire l'aglio, versare l'acqua necessaria, salare e pepare. Far
prendere l'ebollizione e gettarvi le cimette di broccolo e la pasta. Portare a cottura pasta e broccolo, aggiungendo, se necessario, ancora un po' di
acqua bollente. A fine cottura unire il prezzemolo e il formaggio.
Carota
Ingredienti : * 7 pomidori maturi * 2 cipolle medie * 1 carota * aceto di vino rosso * 2 o 3 spicchi d'aglio * olio d'oliva * 1 pizzico di peperoncino rosso
piccante * zucchero * sale
Preparazione : Lavare e tritare i pomidori, la carota, le cipolle e l'aglio; mettere tutto quanto in un recipiente di terracotta. Unire il pizzico di
peperoncino rosso, una cucchiaiata di zucchero (oppure 2 o 3), un cucchiaino di aceto, sale e un po' d'olio d'oliva fine. Mettere il recipiente sul
fuoco, far cuocere a fuoco lento per 3 o 4 ore. Passare poi le verdure al setaccio e allungare con altro olio. Assaggiare ed eventualmente salare.
Anche questa salsa è usata per accompagnare il bollito.
Cetriolo
Ingredienti : Dosi per 2: 70 g di pane toscano o simile, 2 pomodori maturi ma sodi, 1/2 cetriolo, 4 cetriolini, 1 cucchiaino di capperi sott’aceto, 1
scatoletta piccola di tonno sott’olio, 1 cucchiaio d’olio d’oliva, 1 cucchiaio d’aceto, sale, pepe nero.
Preparazione : RIDUCETE il pane a listarelle e mettetelo in una ciotola. Bagnatelo con 1/2 bicchiere di acqua fredda e lasciate riposare per 20
minuti, quindi strizzatelo e trasferitelo in una ciotola. Nel frattempo, lavate e asciugate i pomodori e tagliateli a fette. CONDITE i pomodori con
l’olio, l’aceto e una presa di sale, mescolate e lasciate riposare per almeno 10 minuti. RACCOGLIETE, una volta passati i 10 minuti, il liquido formato
nella ciotola dei pomodori e versatelo sul pane. Unite il tonno sgocciolato e mescolate bene, schiacciando con una forchetta. METTETE nel composto
il cetriolo lavato, asciugato e tagliato a fettine sottilissime. Unite anche i pomodori, i capperi e i cetriolini affettati. MISCHIATE ancora e, se è
necessario, aggiungete un pizzico di sale. Alla fine della preparazione spolverate con un pò di pepe macinato al momento. Potete completare questo
piatto fresco con quello che vi suggerisce la fantasia: alcuni filetti di acciuga, olive o altri sott’aceto.
Cipolla e zucchino
Ingredienti : 350g di mezze penne o penne rigate o bucatini - 1/2 kg di zucchine tenere - mezza cipolla - 4 pelati - otto foglie di basilico - 6 cucchiai
di olio - sale – pepe
Preparazione : Mette in un tegame con l'olio la cipolla tagliata fine e, quando è bionda aggiungete le zucchine affettate a maglia molto fini. Fatele
passare un poco e quando cominciano a colorire unite i pomodori tagliati a liste. Salate e fate cuocere finchè il tutto si sia un po' ristretto e quindi
mettete il basilico e la pasta cotta al dente. Parmigiano abbondante.
Ingredienti : * 1 Kg. di zucchine piccole * 1 cucchiaio d'olio * 1 cucchiaio di burro * prezzemolo * 1 spicchio d'aglio * sale * pepe
Preparazione : Spuntate le zucchine e tagliatele a fettine. Fate un soffritto con il prezzemolo tritato, aglio, burro e olio; unite poi le zucchine e
salate. Lasciate cuocere per 30 minuti.
Fagiolo
Ingredienti : riso 3,5 etti - fagioli 250 g - mezza cipolla - vino bianco 1 bicchiere - dado da brodo – sale – olio – burro - parmigiano.
Preparazione : Soffriggere in olio e burro la cipolla tritata, aggiungere i fagioli bolliti (per 2-3 ore, ma lasciati al dente), lasciarli insaporire,
aggiungere il riso mescolando per fare assorbire bene il condimento. Quando il riso è tostato (2-4 minuti, il chicco risulta leggermente trasparente)
aggiungere il vino bianco e lasciarlo evaporare. Cuocere a fuoco basso il riso aggiungendo poco alla volta il brodo (ottenuto dal dado o meglio da
gusti rosolati con aggiunta di acqua e sale). Quando il riso è al dente amalgamarlo fuori dal fuoco con burro crudo e parmigiano grattugiato e
lasciarlo mantecare per qualche min.
Lattuga
Ingredienti : Dosi per 4: 600 g di lattuga, 1/2 l di latte, 30 g di margarina, 2 cucchiai di farina, 2 dl di panna, 1/2 lt. di brodo di dado, 2 tuorli,
parmigiano grattugiato, sale, crostini di pane abbrustoliti.
Preparazione : Mondare, lavare e lessare la lattuga per 5', quindi strizzarla, tritarla e farla insaporire nella margarina imbiondita con la farina.
Sempre mescolando, versarvi il latte, e dopo 5' di ebollizione, versare il brodo e continuare la cottura per 1/2 ora e salare. In una ciotola mescolare i
tuorli con il parmigiano e la panna, versare il composto nella vellutata, mescolare per qualche minuto e servirla con i crostini di pane.
Melanzana
Ingredienti : 1 rotolo di pasta sfoglia - 1 melanzana tonda grande - 200 g mozzarella - 350 g passata di pomodoro - olio extravergine d'oliva - 1
cipolla – basilico - abbondante parmigiano reggiano – sale
Preparazione : tagliare la melanzana a fette e dopo averla lasciata in acqua e sale per circa un'ora, strizzarla e friggerla. Mentre la melanzana
scarica l'olio di frittura sulla carta assorbente, preparare un semplice sugo con cipolla, olio, passata, sale e tantissimo basilico. Stendere uno strato di
sugo sul fondo di un tegame e mettere da parte. Srotolare la pasta sfoglia e stenderla, condirla con un po' di sugo, farcirla con uno strato di
melanzane ed uno di mozzarella e ricoprire il tutto con il sugo e del parmigiano grattugiato. Arrotolare la sfoglia su se stessa e porre il rotolo in un
tegame, ricoprirlo di sugo e porre in forno a 180 gradi. Per la cottura io faccio ad occhio (circa 25 minuti)
Peperone
Ingredienti : 350g di penne o fusilli - 1 peperone carnoso - 1 spicchio d'aglio - 20 olive in salamoia - 4 pomodorini pelati - sale - pepe - 8 cucchiai di
olio extra vergine.
Preparazione : Abbrustolite il peperone e pelatelo. Mette te in padella l'olio e l'aglio schiacciato e, quando è colorito i pomodori. Lasciate
consumare e poi aggiungete il peperone tagliato a listarelle, sale e pepe. Proseguite la cottura per 15 minuti unendo le olive snocciolate e tagliate a
pezzetti. Quando la pasta è cotta scolate e versate nella padella, fate insaporire e servite. Se preferite sostituire le olive con due acciughe dissalate
e diliscate.
Pisello
Ingredienti : 1 pollo - 1kg di patate - 1 barattolo di piselli - cipolla - pepe - 1 dl di olio - 30 gr di burro.
Preparazione : Mettere in una teglia le patate tagliate a pezzetti i piselli e la cipolla tritata, l'aglio ed il pollo, l'olio, burro, sale metterlo in forno
per 1 ora.
Pomodoro
Ingredienti : 400 G Pasta Tipo Maccheroncini, n450 G Passata Di Pomodoro, n Origano, n Formaggio Grana, n4 Spicchi Aglio, n4 Cucchiai Olio D'oliva,
n1 Cucchiaino Aceto Di Vino, n Sale, n Pepe
Preparazione : Cuocere la pasta al dente. Intanto preparare il condimento che non deve cuocere. Versare in 1 terrina l'olio, l'aceto, unire gli spicchi
d'aglio schiacciati, l'origano e frullare il tutto con 1 frusta, unendo man mano il passato di pomodoro. Salare, pepare e rovesciare sul sugo la pasta
cotta bollente, unendo abbondante grana grattugiato e mescolare velocemente per ben condire e in modo che la pasta non si raffreddi.
Porro
Ingredienti : Dosi per 4: 4 grossi fusi di pollo, latte parzialmente scremato 3 dl, un porro, una carota, una costa di sedano verde, burro 10 g, due
cucchiai di erbe aromatiche miste tritate, farina, sale, pepe.
Preparazione : SCARTATE la pelle dei fusi di pollo e passateli nella farina. Mondate il porro e la carota e tagliateli, col sedano, a bastoncini sottili.
Sciogliete il burro in una casseruola bassa, unite le verdure, un mestolino di acqua e fate cuocere per 5 minuti. AGGIUNGETE i fusi di pollo, il latte
intiepidito e una presa di sale: continuate la cottura a fiamma bassa e coperto per 10 minuti. Insaporite con una macinata di pepe, aggiungete le erbe
aromatiche, cuocete per altri 15 minuti e servite subito.
Rucola
Ingredienti : 350 g di fusilli - 200 g di scampi (anche surgelati) - 150 g di rucola - 1 cipolla piccola - 80 g di olio extravergine di oliva - 400 g di
pomodori – sale – pepe - nero
Preparazione : Soffriggete la cipolla nell'olio e, a fuoco lento, aggiungete le teste degli scampi; dopo cinque minuti aumentate la fiamma per
consentire agli scampi di cedere tutto il profumo di mare. Aggiungete i pomodori pelati (con il loro succo) e cuocete il tutto per dieci minuti. Unite le
code sgusciate degli scampi e dopo altri cinque minuti condite i fusilli che avrete precedentemente lessato, mescolando la rucola fresca e una
generosa macinata di pepe.
Sedano
Ingredienti : 1 lepre giustamente frollata - 2 cipolle grosse - 2 gambi di sedano - 2 carote - 4 foglie d'alloro - timo - rosmarino - bacche di ginepro pepe - vino rosso - 1 bicchiere d'olio - farina.
Preparazione : Tagliate la lepre a pezzi e la sera prima di cuocerla disponetela in una terrina con tutti i gusti elencati e coperta dal vino. Al
momento di cuocerla asciugate la carne e colate la marinata. Mettete i pezzi in tegame nell'olio ben caldo e appena coloriti anche tutti i gusti della
marinata. Fate un po' colorire anche questi, mettete ora sale pepe e mezzo cucchiaio di farina. Versate poco alla volta il vino e fate cuocere 2 ore a
fuoco moderato. Passate il sugo e servite.
Spinacio
Ingredienti : Dosi per 4: 300 g di fesa di vitello macinata, 40 g di spinaci lessati, 1 limone, 400 g di funghi surgelati, 20 g di funghi secchi, timo, 1
spicchio d’ aglio, 1 dl di brodo vegetale, una carota, 2 cucchiai di olio di oliva, sale.
Preparazione : AMMORBIDITE i funghi secchi in acqua tiepida per una decina di minuti. Strizzateli e tritateli. Tritate anche gli spinaci. Mettete in
una terrina la carne, il trito di funghi e spinaci, la scorza grattugiata di mezzo limone, una presa di sale e mezzo cucchiaino di foglie di timo tritate.
FORMATE con le mani delle polpette rotonde. Avvolgetele una per una in un quadratino di carta da forno bagnata e strizzata e cuocetele a vapore
per circa 25 minuti. Scaldate l’olio in una padella, unite l’aglio tagliato a fettine, la carota pelata e tagliata a dadini e i funghi surgelati.
Lasciate insaporire per qualche minuto, unite il brodo e cuocete con il coperchio per 10 minuti. Servite le polpettine avvolte nella carta da forno con
i funghi trifolati.
Cavolo
Ingredienti : 400 G Cavolo Verza, n4 Costine Di Maiale, n150 G Riso Semifino, n120 Cl Brodo, n Carota, n Sedano, n Cipolla, n Sale, n Pepe, n Olio
D'oliva
Preparazione : Pulire la verza, scottarla in acqua bollente per pochi minuti, scolarla e tritarla. Cuocere le costine per 20 minuti in acqua bollente
poi scolarle. Preparare un trito con carota, sedano, cipolla e farlo soffriggere in olio, unire le costine, farle rosolare poi aggiungere la verza e il
brodo. Salare, pepare e cuocere piano per 20 minuti. Versare il riso e cuocere per altri 15 minuti. Aggiustare di sale e pepe e servire ben caldo.
Carciofo
Ingredienti : Dosi: 50 fondi di carciofo, limone, 2 litri aceto, alloro, pepe in grani, sale.
Preparazione : Tagliare i fondi in 4 spicchi ed immergerli in acqua e limone. Far bollire tutti gli altri ingredienti ed aggiungervi poi i carciofi con ½
litro della loro acqua. Riportare ad ebollizione e lasciar bollire per altri 7 minuti. Sgocciolare e stenderli. Una volta raffreddati, riporli in vasi con
olio di semi, alloro e pepe.
Lampone
Ingredienti : 1 Cucchiaio Sciroppo Di Lampone, n1/2 Arancia (succo), n Pompelmo Dry Schweppes, n1/2 Banana, n1 Ciliegina Candita
Preparazione : Preparate questo analcolico direttamente in un alto bicchiere da bibita. Versate lo sciroppo di lampone e il succo di arancia filtrato;
riempite poi il bicchiere con Pompelmo Dry freddissimo e guarnite con la mezza banana. Su questa infilate uno spiedino decorativo da bar con sopra
una ciliegina. Servite con doppia cannuccia.
Salvia
Ingredienti : 4 cotolette di vitello - 40g di burro - 6 foglie di salvia - sale e pepe
Preparazione : Battete come di consueto i nodini e poneteli in un tegame dove avrete messo burro e salvia a scaldarsi. Rigirateli, mettete sale e
pepe e fateli dorare bene.
Menta
Ingredienti : 500 g di calamari grandi 100 g polipetti 2 patate 2 carote 1 cipolla 2 gambi di sedano 1 spicchio d'aglio 1 ciuffo di prezzemolo 1 rametto
maggiorana qualche foglia di menta e basilico 1 bicchiere di vino bianco 1 uovo 1 cucchiaio di grana 3 cucchiai olio extra vergine d'oliva sale pepe
Preparazione : Preparate il ripieno: lavate il prezzemolo, la menta, il basilico e la maggiorana e tritate tutto insieme. Sbucciate e lessate le patate,
schiacciatele. Rompete l'uovo e amalgamatelo alle patate, con le erbe tritate ed il formaggio grattugiato. Salate e pepate il composto. Pulite i
calamari eliminando gli occhi e l'osso interno e risciacquateli rovesciano la sacca dall'interno. Pulite i polipetti. Lasciate intera la sacca dei calamari,
tagliate invece le alette laterali ed i tentacoli, riduceteli a dadini insieme ai polipetti e rosolateli in un cucchiaio d'olio con uno spicchio d'aglio.
Bagnateli con poco vino, cuoceteli 10 minuti poi amalgamateli al ripieno. Riempite i calamari con un cucchiaino, chiudeteli con due stuzzicadenti.
Non mettete troppo ripieno altrimenti in cottura si romperanno. Fate un battuto con la cipolla, il sedano e le carote, soffriggetelo in un tegame con
due cucchiai d'olio. Unite i calamri, bagnate col vino rimasto, sfumate e cuocete per 20 minuti a fiamma bassa e recipiente coperto, girandoli una
volta con delicatezza. Se necessario aggiungete poca acqua. Una volta cotti lasciateli raffreddare, tagliateli a fette e presentateli insieme
all'intingolo di verdure.
Mirto
Ingredienti :
Per 4 persone:
1 coniglio (circa 1,5 kg),
750 ml di vino bianco,
1 cipolla rossa,
1 costa di sedano,
1 carota,
1 spicchio di aglio,
2 cucchiai di olio extravergine di oliva,
maggiorana, mirto, alloro, rosmarino, prezzemolo,
sale e pepe.
Difficoltà: facile. Preparazione: 1 ora e 10 minuti+ 1 notte di marinatura.
Preparazione :
Ponete il coniglio pulito, privato delle interiora e tagliato a pezzi, in una terrina capiente, aggiungetevi tutte le erbe aromatiche e un trito fine di
cipolla, sedano, carota e aglio; versate il vino e fate marinare per una notte al fresco. Scolate quindi la carne e adagiatela su un piatto, filtrate la
marinata e conservate a parte il liquido.
In una padella con un filo di olio d'oliva, fate rosolare il coniglio, rigirandolo con un cucchiaio di legno per uniformare la cottura. Una volta rosolata
la carne, aggiustate di sale e pepe, abbassate la fiamma e versate la marinata precedentemente tenuta da parte. Terminate la cottura a fuoco lento
per circa 40 minuti e servite il coniglio ben caldo completando, a piacere, con verdura di stagione o con un'insalatina.
Dragoncello
Ingredienti : 50 G Crescione, n50 G Spinaci, n30 G Prezzemolo, n30 G Dragoncello, n2 Tuorli D'uovo, n1 Bicchiere Olio Di Semi Di Soia, n Curry, n1/2
Limone (succo), n Sale
Preparazione : Mettere sul fuoco un pentolino con poca acqua. Quando bolle salatela e buttatevi le erbe e lasciate cuocere 5 minuti. Scolate e
lasciate raffreddare, poi pressatele per togliere l'acqua. Fate ora la maionese. Mettete i due tuorli in una scodella (o ciotola), batteteli con una
forchetta e cominciate e unire l'olio goccia a goccia, sempre mescolando e sempre nello stesso senso. Continuate finchè non avrete finito l'olio. Unite
il succo del mezzo limone e controllate il sale. Se preferite potete fare la maionese con il frullatore o comperarla già pronta ma non sarà la stessa
cosa. Mettete ora le erbe nel frullatore in modo da ridurle ad una crema; Unite alla maionese e mescolate delicatamente, e aggiungete il curry.
Rosmarino
Ingredienti : 6 patate, olio, sale, rosmarino
Preparazione : Pelare e lavare le patate, tagliarle a spicchi. Cuocerle in olio caldo per 15-20 minuti fino a raggiungere una giusta doratura.
Aggiungere sale e rosmarino, servire.
Tabella orto
superficie complessiva dell'orto
1017,68 mq
dimensioni parcelle
1°parcella: 492,47 mq
numero cultivar 1° bandiera ( Italia )
30 piante
numero cultivar 2° bandiera ( America )
78 piante
numero cultivar 3° parcella ( Officinali )
22 piante
numero complessivo parcelle
5
sesto d’impianto
bina
distanza tra le file bandiera italiana
1,12 m
distanza tra le file bandiera americana
1,20 m
distanza lungo la fila
0,64 m ( Italia )
Officinali )
2°parcella: 525,21 mq
0,30 m ( America )
1,85 m ( Stelle )
1,55 m (
Prezzi piante
60 piante = €10,00 ( pomodoro: tondo liscio, tondo big red, sanmarzano
grinta / adamo, cuore di bue riviera / normale, pachino; peperone: rosso
lungo, giallo lungo, piccante, piccante lungo cayenna; melanzana: ovale
nera; anguria: tonda crimson; zucchino: romano dante, romano setino;
cetriolo: lungo, sottaceto; aglio: bianco; asparago: atlas; fagiolo: borlotto
rampicante, borlotto nano; sedano: verde; basilico: genovese; pisello:
mezza frasca; )
160 piante = €7,00 ( lattuga: romana invernale, romana rossa, cappuccio
rossa, lollo rossa; cipolla: bianca piatta, dorata pandora, rossa tropea;
carota: maestro; rucola: selvatica )
Piante in vaso - 160 piante = € 7,00 ( rosmarino, dragoncella, salvia,
timo, menta, carciofi, fragola )
Tabelle di fertilizzazione e di irrigazione
Fertilizzazione
modalità di somministrazione
sui filari e nelle bine
numero interventi
da progammare all' impianto interrando il tipo di
compost
quantità complessiva N
da distribbuire dopo il trapianto delle piantine
applicando una sarchiatura distribbuendo pollina al
7% in gr ( 20-50 ) per mq parcella
quantità complessiva P2O5
da biocompost differenziato kg 2 per mq di parcella
quantità complessiva K2O
da biocompost differenziato kg 2 per mq di parcella
fertilizzanti usati
biocompost o fertilizzanti organici e pollina
Irrigazione
metodo irriguo
a goccia flusso laminare con tubbicini distanziati 40
cm tra loro
numero interventi irrigui
il terreno non deve essere asciutto o secco
PROGETTO AMBASCIATA ( PARCELLIZZAZIONE )
PANCHINA
Questa panchina è stata progettata per essere costruita in luoghi scelti da
SS.LL, con possibilità di aggiungere delle rose ai lati dell’ oggetto.
Gruppo di lavoro IV B:
alunni:
Deodati, Sciunzi, Pascarella, Rinaldi, Reali, Mammoliti, Catalani
coordinato da: VITO A. DE GREGORIO
un ringraziamento anche alla prof. SUSANNA SCOTONI
il dirigente scolastico:
FRANCO ANTONIO SAPIA