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Storia del killer che ti ammazzò di risate
VENERDÌ, 06 MAGGIO 2016
STORIA DEL KILLER CHE TI AMMAZZÒ DI RISATE
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RETE CRITICA
"Troviamo sempre qualcosa, vero Didi, per darci l'impressione di esistere".
Samuel Beckett
Venerdì, 06 Maggio 2016 00:00
STORIA DEL KILLER CHE TI AMMAZZÒ
DI RISATE
MR. SAMUEL
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Scritto da Michele Di Donato
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Racconti di inizio millennio
È un epilogo d’aprile in cui il vento, freddino anziché no, spazza le strade di Lecce smorzando il tepore primaverile; per
le vie del centro il tramonto riverbera corrusco su muri dal colore tufaceo. In questo scenario è immerso il Teatro
Paisiello, di fattura ottocentesca, col suo palco come sospeso su un fossato e la sua platea incorniciata da quattro
ordini di plachi disposti a ferro di cavallo. È qui che abbiamo appuntamento con un killer...
Sul palco una ventina di lampadine incorniciano un perimetro rettangolare illuminato di luce rossastra. Appena al di
QUANTE FACCE DEL
GIORNO
fuori un microfono inastato. Di lì in poi tutto quello che accade è un sovvertimento di quel che parrebbe ovvio e
Mi sento sempre attratto dalle
naturale: si annuncia un concerto jazz che non ci sarà e assisteremo a un “fuori programma” che sarà invece lo
scoperte casuali. Ed era così anche
spettacolo.
quando studiavo. Cercavo una
Sovvertimento che ha il sapore della metateatralità spinta: Psycho Killer è uno strambotto di ironie continue, che però
fras...
sotto la patina esteriore del divertissement comico-pulp cela un denso senso metaforico, una riflessione, pure amara,
sull’attore, sull’uomo di teatro, sull’artista in genere; Psycho Killer lo puoi guardare anche fermandoti alla superficie e
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limitandoti a portarti a casa
un’ora di divertimento costruito
per iperboli e lazzi, ma elideresti
la sua anima, la sua parte più
bella e più pura, che è quella di
un monologo interattivo in cui
l‘essenza teatrale si mette a nudo
e si consegna al pubblico, pur
senza
rinunciare
alla
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all’universo dell’attore, Psycho
La città delle contraddizioni
Killer dilata lo spazio scenico
allargandolo a tutta la platea,
così
abbattendo
qualunque
diaframma fra al di qua e al di là
del palco. Ippolito Chiarello, in
completo scuro con sgargiante
camicia rossa, in puro stile gangster movie, è eccellente mattatore che trasfonde nel suo killer psicotico l’essenza
dell’attore – e più in generale dell’uomo – contemporaneo. Infarcendo di riferimenti e citazioni il suo delirio psicotico –
citazioni che vanno dal killer
sentimentale di Luis Sepúlveda
ad un fottio di citazioni
cinematografiche
(Apocalypse
Now, Blade Runner, C’era una
volta in America, Via col vento,
Highlander,
Forrest
Gump),
passando per riferimenti teatrali
più o meno espliciti (dalla
maledizione che aleggia intorno
al Macbeth per arrivare a Pina
Bausch
e
Carmelo
Bene),
Chiarello imbocca, non senza
una maliconia di fondo appena
percettibile, la deriva desolante
del nostro tempo, fatto di tv
spazzatura e talk-show che
spettacolarizzano il dolore, in cui
esisti se vai in televisione; paradosso di un killer in cerca d’attenzione come un personaggio in cerca d’autore, che
ammazza per bisogno che ci si accorga che esiste, che se ne accorga una donna che non è più sua e forse non lo è mai
stata, che se ne accorga un pubblico che non è il suo e che forse non lo sarebbe mai stato se egli non l’avesse preso in
ostaggio armi in pugno e sparacchiando all’impazzata all’interno di un teatro.
La costruzione scenica per rimandi e citazioni, l’attraversamento di tutto lo spazio scenico ed extra-scenico, la
ripetizione ciclica di un ingresso anaforico, come se lo spettacolo ricominciasse ogni volta daccapo, i continui rimandi
alla teatralità (“troppo teatro... contemporaneo: uno parla e il pubblico contemporaneamente non capisce un cazzo”, “io
dovevo fare l’attore... non l’assassino”), la presenza del sassofonista in centro scena e il coinvolgimento del tecnico nei
dialoghi, sono tutti elementi che concorrono a fare di Psycho Killer un’opera in cui il teatro parla di sé mostrandosi al
pubblico, mostrando il suo
ripetersi ogni sera ad ogni
replica, mostrando la sostanza
viva che lo compone, mostrando
il proprio sostrato culturale e
carnale; Ippolito Chiarello si
muove in lungo e in largo sul
palco, attorno alla platea, dialoga
con gli spettatori, ne cerca
l’interlocuzione, esce nel foyer e
rientra in teatro, eppure non
occupa mai, se non per pochi
momenti di passaggio, lo spazio
rettangolare in centro d’assito,
quello deputato ad essere fulcro
d’attenzione: sembra così volerci
comunicare che non stiamo
assistendo ad uno spettacolo,
messinscena ridanciana di una pantomima “pulpeggiante”, ma ad una riflessione in forma scenica che travalica la
scena, scardina le coordinate convenzionali di un rapporto tradizionale attore/spettatore per conglobarci in un sistema
unico di cui tutti noi facciamo parte e che in un gioco di scatole concentriche vede il microcosmo teatrale essere parte
di un macrocosmo artistico (e più in generale mediatico) che riproduce a scalare dinamiche identiche che fagocitano e
reprimono e che – fagocitando e reprimendo – possono suscitare reazione psicotica.
Si finisce prigionieri di un assassino che è lo specchio di noi stessi, noi stessi che come il serial killer psicotico siamo
altrettanto assassini dei nostri “sogni interrotti”, interrotti dai consigli per gli acquisti e distratti da sogni che fanno
(parte III): la perla nera
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vivere meglio.
L’humour noir che pervade tutta
la messinscena non è che la
doratura zuccherina che rende
meno
amara,
addirittura
gustosa, la pillola da ingerire:
sorridi e ridi di gusto mentre ti
accorgi "piano piano, poco poco"
– come direbbe il Marzullo pure
evocato – che sei anche tu
vittima del killeraggio mediatico.
Perché al di là dell’ammicco di
facciata, Psycho Killer ti resta
dentro come un monito severo
sullo stato di un’arte ostaggio
della convenzionalità e del luogo
comune, la cui ribellione può
essere fomentata solo da uno
schizzo di follia.
Esci da teatro che il buio ha spazzato via qualunque residuo del già timido tepore che avevi lasciato all’imbrunire, ma
esci sentendo dentro il calore di un incontro con un killer che, a colpi di revolver, ha saputo scaldarti il cuore, andando
al cuore del gioco teatrale.
Psycho Killer – Quanto mi dai se ti uccido?
di Ippolito Chiarello, Walter Spennato
regia, scene e luci Michelangelo Campanale
con Ippolito Chiarello
sax Raffaele Casarano
alla tecnica e alla chitarra Michelangelo Volpe
foto di scena Eliana Manca
produzione Compagnia La Luna nel Letto, Associazione Culturale Tra il dire e il fare
in coproduzione con Nasca Teatri Di Terra
lingua italiano
durata 1h
Lecce, Teatro Paisiello
Paisiello, 29 aprile 2016
in scena 29 aprile 2016 (data unica)
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Pubblicato in Teatro
Etichettato sotto Psycho Killer Quanto mi dai se ti uccido? Ippolito Chiarello Walter Spennato Michelangelo
Campanale Raffaele Casarano Michelangelo Volpe Compagnia La Luna nel letto Associazione Culturale Tra il dire e il
fare Nasca Teatri di Terra Eliana Manca metateatralità Gigi Marzullo Apocalypse Now Forrest Gump C'era una
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