NEANDERTAL un poco di vanità E stremamente vivo e ricco di colpi di scena appare il dibattito scientifico sull’Uomo di Neandertal, la sua biologia, la vita sociale, la sussistenza e soprattutto il comportamento simbolico. Un aspetto, quest’ultimo, che marca uno dei picchi di attenzione da parte degli antropologi, in quanto intimamente legato alla scomparsa dei nostri “cugini” tra 50 e 40 mila anni fa: quali sistemi di identificazione adottavano per loro stessi, le proprie famiglie e i membri dei clan, sempre che una qualche struttura sociale ne contemplasse l’esistenza? Gli interrogativi non lasciano dubbi: identificare tra i Neandertal comportamenti etnograficamente “moderni”, cioè più prossimi al modo “sapiens” di pensare e strutturare la società, porta inevitabilmente a interrogarsi sulla loro origine: fu autoctona o il risultato di interazioni con i primi Uomini Anatomicamente Moderni (Homo sapiens) che colonizzarono l’Europa 41-40 mila anni fa? Se, da un lato, il confronto con il DNA fossile* neandertaliano rivela le tracce di un flusso genico verso i sapiens euro-asiatici, dall’altro l’archeologia esclude contatti tra le due forme biologiche, sostenendo piuttosto l’emergenza autonoma, da parte dei Neandertal, di certe invenzioni nella scheggiatura della pietra, la lavorazione dell’osso e, appunto, l’impiego di materiali ad uso ornamentale: conchiglie marine e canini di volpe e di orso perforati suggeriscono un’attenzione verso l’adorno del corpo o degli abiti, arricchita dall’impiego di polveri coloranti ricavate dalla triturazione di ossidi di ferro e manganese. Testi di Ivana Fiore Monica Gala Marco Peresani Matteo Romandini Antonio Tagliacozzo Lucio Verza Foto di Ivana Fiore Pierluca Grotto Matteo Romandini A cura di Marco Peresani e Antonio Tagliacozzo In Veneto la Grotta di Fumane continua a riservarci sorprese con reperti ossei che attestano l’uso di penne e unghielli di grandi rapaci come ornamento: una scoperta che cambia il modo di guardare ai nostri lontani cugini neandertaliani PREISTORIA EUROPEA ELEGANZA NEANDERTALIANA. Ricostruzione di ornamenti neandertaliani secondo studi effettuati sui ritrovamenti di ossa di uccelli nella Grotta di Fumane. L’uomo indossa idealmente penne e piume di falco e una collana con artigli di aquila come pendenti. (Disegno Mauro Cutrona) 28 PREALPI VENETE. I medi Lessini nella zona di Fumane e della Valpolicella solcata dal torrente Progno di Fumane. Sullo sfondo è la pianura di Verona attraversata dall’Adige. (Foto Ugo Sauro) ENTRATA DELLA GROTTA. L’accesso alla Grotta di Fumane attrezzato per l’ingresso dei visitatori. Questo sito paleolitico dei Monti Lessini è uno dei maggiori monumenti preistorici d’Europa, con eccezionali testimonianze risalenti al periodo di passaggio fra l’Uomo di Neandertal e Homo sapiens: un giacimento archeologico di estremo interesse per comprendere il grande cambiamento biologico e culturale avvenuto nell’evoluzione umana attorno a 40 mila anni fa. LIVELLI DI ABITATO. L’esterno della Grotta di Fumane (o Riparo Solinas, dal nome dell’archeologo che negli anni Sessanta ne rivelò l’importanza paleontologica e archeologica). Proprio davanti all’entrata è la sezione di scavo (5 metri di spessore) con i vari livelli di suolo frequentati dall’Uomo di Neandertal da 90 mila a 43 mila anni fa. sotto a destra SCAVO IN GROTTA. Un momento dello scavo dei livelli musteriani della Grotta di Fumane che hanno restituito ossa di ben trentacinque specie di uccelli, cacciati dai neandertaliani che frequentarono l’antro intorno a 45-44 mila anni fa. Nella grotta resti di decine di specie diverse di volatili A rafforzare l’opinione di quanti pensano che Neandertal avesse comportamenti astratti molto simili a quelli del “cugino” Homo sapiens viene una recente scoperta di straordinaria unicità, emersa in seguito a uno studio condotto su resti ossei di uccelli, provenienti dalla Grotta di Fumane (vedi: AV n. 129), nel Parco naturale regionale della Lessinia (Prealpi Venete). Le ricche testimonianze conservate nei depositi di questa cavità ci forniscono una precisa documentazione della vita dei Neandertal e dei primi sapiens, tanto da registrare fedelmente la sostituzione biologica e culturale dei Neandertal da parte dei sapiens lungo una sequenza stratigrafica scandita dettagliatamente dalle datazioni al radiocarbonio. La scoperta di Fumane ha preso le mosse dal ricco e variegato insieme di resti ossei dei livelli del Musteriano* finale (databili a 45 mila anni fa) riferibili a trentacinque specie di uccelli di diversi biotopi*. Le specie più abbondanti risultano quelle che frequentano ambienti montani e rocciosi (gracchio alpino), forestali (fagiano di monte) e ambienti a prateria di zone collinari (re di quaglie). La presenza di zone umide nelle vicinanze della grotta stessa è testimoniata da porciglione, gallinella d’acqua e avocetta; quella di ambienti periglaciali (prossimi ai ghiacciai - ndr) da pernice bianca e pernice bianca nordica. È poi da segnalare la presenza di rapaci notturni (gufo comune, civetta capogrosso) e diurni (gheppio, lodolaio, falco cuculo) anche di grandi dimensioni (avvoltoio monaco, aquila reale, gipeto). Tuttavia, alla luce delle analisi tafonomiche, l’interesse da parte dell’uomo è testimoniato soltanto per alcune specie, anche se non si può escludere la cattura e il consumo di altri uccelli. ➝ a p. 34 30 * ➝ p. 33 PREISTORIA SUI MONTI LESSINI Nel Parco naturale regionale della Lessinia. I monti Lessini e l’omonimo Parco sono una delle regioni più note della preistoria italiana. Fruttuose ricerche, iniziate nella seconda metà dell’Ottocento e condotte dal Museo Civico di Storia Naturale di Verona e dalle università di Ferrara e Padova, hanno portato alla luce manufatti che consentono di tracciare un quadro delle vicende del popolamento in rapporto alle variazioni climatiche e ambientali. Questa densità di ritrovamenti, che ha pochi equivalenti in Europa, trova una spiegazione nell’abbondanza di grotte e ripari e nelle risorse offerte dal territorio, che dalle cime più alte degrada a forma di ventaglio verso la pianura. Nel Paleolitico, quando l’economia era basata su caccia e raccolta, i territori offrivano un’ampia varietà di risorse: nella zona più elevata, in un ambiente di prateria alpina, le prede erano stambecchi e camosci, nei boschi sottostanti cervi e caprioli. Abbondante e varia era anche l’avifauna. Al tempo stesso, varie formazioni rocciose offrivano la selce da cui ottenere utensili e armi. Grande archivio di vita preistorica. Le tracce insediative si distribuiscono tra 80 e 1.600 metri di quota, toccando quindi i fondovalle e i ripiani carsificati dell’altopiano. Qui i siti più interessanti sono veri e propri archivi, fondamentali per le informazioni relative alla cronologia, alla successione degli ambienti naturali e alle varie forme del comportamento umano. Oltre alla Grotta di Fumane, vanno citati il Riparo Zampieri, il Riparo Mezzena, la Grotta A di Veia, il Riparo Tagliente e la Grotta della Ghiacciaia. Siti più poveri nel dato archeologico, ma ugualmente interessanti per lo studio dell’occupazione del territorio, si trovano all’aperto dove abbondano i giacimenti selciferi. Da questi ritrovamenti caratterizzati da schegge e raschiatoi e da vari scarti di lavorazione, si discosta l’importante sito delle Cave di Quinzano, alla periferia settentrionale di Verona, che tra il 1933 e il 1955 restituì reperti faunistici, manufatti litici e un occipitale umano. M.P. 31 PALEONTOLOGIA E ARCHEOZOOLOGIA Strategie di sopravvivenza nel Paleolitico. Le testimonianze animali si conservano nei siti archeologici in forma di reperti ossei e dentari il cui studio contribuisce a identificarne la specie e a ricostruire i processi che ne hanno determinato la fossilizzazione. Le ricerche archeozoologiche permettono anche di comprendere le strategie di sfruttamento del mondo animale da parte dell’uomo nel Paleolitico, le stagioni di occupazione dei siti e gli spostamenti dei cacciatori-raccoglitori. Ruolo fondamentale del Museo Pigorini. Uno dei più qualificati centri di ricerca e di studio del patrimonio archeo-faunistico italiano è la Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma. Le principali attività riguardano recupero, analisi, tutela e valorizzazione del patrimonio faunistico proveniente da depositi archeologici e paleontologici. L’attività interessa sia reperti e collezioni del museo sia materiali di altre soprintendenze e istituzioni. La Sezione dispone di una collezione osteologica di confronto, costituita da scheletri di animali attuali e da reperti fossili. La collezione di confronto è un utile strumento che consente tramite la comparazione di identificare gli elementi anatomici e le specie dei reperti ossei recuperati negli scavi archeologici. Inoltre custodisce collezioni di importanti giacimenti del Paleolitico, quali Notarchirico (Pz), Castel di Guido (Rm), Sora-Valle Radice (Fr), Arene Candide (Sv), Grotta della Madonna (Cs) e Grotta Romanelli (Le). La Sezione collabora allo studio del giacimento di Lamalunga (Altamura - Ba), nel quale è conservato uno scheletro intero di Homo neandertalensis, e a progetti di ricerca promossi da CNR ed ENEA. Inoltre, ha attivato un settore altamente specializzato di tafonomia e in questo ambito ha partecipato a studi di giacimenti italiani ed esteri, tra i quali il sito olduvaiano di Garba IV (Melka Kunturé, Etiopia) e i siti musteriani di Baume Valleé e Sainte-Anne 1 (Francia). A.T. I.F. M.G. SOVRANI NEL CIELO Due disegni di Mauro Cutrona con rappresentazione di aquila reale e falco pellegrino, due specie di volatili fra le più ricercate dagli uomini di Neandertal, che utilizzavano il loro piumaggio nelle acconciature, ora straordinariamente documentate dagli scavi nella Grotta di Fumane. Si tratta di predatori velocissimi di grande impatto emotivo e simbolico fra le popolazioni preistoriche di cacciatori. MUSEO PIGORINI. Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia: particolare della “collezione di confronto” e cranio di stambecco recuperato dai livelli aurignaziani* della Grotta di Fumane. *non tutti sanno che... qui a lato e a destra AVVOLTOIO E GRACCHIO Due dei reperti ossei di uccelli con segni di intervento da parte di Neandertaliani per il recupero del piumaggio: carpometacarpo di avvoltoio monaco con incisioni di disarticolazione dalle falangi; ulna sinistra di gracchio alpino con incisioni attorno alle inserzioni delle penne remiganti. 32 Aurignaziano. Cultura materiale del Paleolitico superiore associata ai primi Uomini Anatomicamente Moderni (Homo sapiens) in Eurasia. Biotopo. Area di limitate estensioni (es. uno stagno, una pianura, una catena montuosa...) dove vivono in un sistema integrato determinate specie di piante e di animali. Distale. In un elemento scheletrico costituisce la porzione più distante dal centro dell’organismo cui appartiene; differisce da “prossimale” che invece è la più vicina. DNA fossile. Ossa e vari materiali organici provenienti dai siti paleolitici possono contenere DNA, talora anche in ottimo stato di conservazione. Musteriano. Cultura materiale associata ai Neandertal. Paleolitico medio. Periodo del Paleolitico compreso tra 300.000 e 40.000 anni dal presente. AQUILA REALE Un altro straordinario reperto dalla Grotta di Fumane che attesta l’uso ornamentale da parte dei Neandertal di porzioni significative di volatili: falange ungueale di aquila con strie di disarticolazione per il recupero dell’artiglio. 33 spERIMENTAZIONE Scarnificazione di carcassa di anatra con strumenti in selce simili a quelli usati dai Neandertal durante il Paleolitico medio*. LETTURA DEI SEGNI Esempio di strie da strumento litico su ossa di uccello analizzate al microscopio elettronico a scansione. La morfologia dei solchi (lunghezza, andamento, sezione a V, presenza di strie secondarie all’interno del solco principale) permette di distinguere le tracce lasciate da uno strumento tagliente su qualsiasi superficie ossea. DISARTICOLAZIONE Omero distale di gracchio alpino rinvenuto nel livello musteriano della Grotta di Fumane. Si noti la perforazione prodotta durante la disarticolazione dell’omero dall’ulna. 34 Rilevati segni evidenti di recupero delle penne I l buono stato di conservazione delle ossa ritrovate nella Grotta di Fumane ha permesso di riconoscere tracce microscopiche di tagli effettuati con schegge di pietra su alcune ossa dell’ala come l’omero, l’ulna e il carpometacarpo, talora attorno ai tubercoli d’innesto delle penne remiganti. Le ossa in questione sono: una porzione distale* di ulna destra di gipeto che presenta tracce riconducibili alla di- sarticolazione dell’ulna dal carpometacarpo; un’epifisi distale di omero di falco cuculo, con traccia di un taglio finalizzato alla disarticolazione omero - ulna; un carpometacarpo di colombaccio (Columba palumbus), sul quale sono visibili incisioni oblique riferibili al taglio e all’asportazione della pelle finalizzata al recupero delle remiganti; due ulne di gracchio alpino che presentano sia strie brevi, isolate e relativamente profonde, sia incisioni attorno alle inserzioni delle penne remiganti, brevi, oblique, arcuate, insistite e accompagnate da ra- TAFONOMIA DEGLI UCCELLI Di cosa si parla? Gli studi tafonomici dei reperti fossili di uccelli permettono di ricostruire le cause della loro morte e dello sfruttamento da parte dell’uomo e di altri predatori. Avvalendosi d’indagini con microscopia ottica o a scansione, sia direttamente sulle ossa sia su calchi delle loro superfici, è possibile analizzare le tracce lasciate dai differenti agenti modificatori (uomo, carnivori, rapaci, radici ecc.). Una parte importante della ricerca è costituita anche dalla sperimentazione su carcasse di animali attuali, indispensabile per riprodurre le azioni di macellazione, predazione e sbranamento e costruire una banca dati di tracce di confronto. schiature o da altre strie, lunghe e sottili, longitudinali all’osso. Complessivamente queste tracce di tagli indicano la disarticolazione dell’ulna dal carpometacarpo e l’incisione della pelle che la ricopre, ma anche il recupero delle penne remiganti. Ai resti appena descritti si aggiunge un carpometacarpo sinistro di avvoltoio monaco proveniente da uno strato (A9) di poco più antico di 45 mila anni fa, dove sono evidenti incisioni che riflettono la disarticolazione del carpometacarpo dalle falangi. Questo elemento presenta inoltre i margini di frattura usurati, lucidi e associati a microstrie che testimoniano un suo utilizzo o come strumento o come immanicatura, senza tuttavia escludere un suo utilizzo ornamentale. Va ricordato che tutte queste ossa appartengono alla parte terminale dell’ala e non rivestono particolare interesse alimentare, per cui la presenza di queste tracce sembra indirizzata al recupero dell’ala stessa o delle penne, che richiede l’utilizzo di strumenti litici per il taglio dei robusti tendini alari e per superare la resistenza degli innesti delle penne. nei due disegni USANZE PREISTORICHE Guerriero Mandan Flying War Eagle e capo Hidatsa Two Ravens della Società dei Cani guerrieri con una elaborata acconciatura di piume di gufo, gazza e corvo in due acquerelli di Karl Bodmer (1834). COME GLI INDIANI D’AMERICA? dità permettono di ricostruire le diverse fasi della macellazione: scuoiamento, eviscerazione, disarticolazione e scarnificazione. Altre tracce meno frequenti (peeling, enfoncement, arrachement) sono riferibili al depezzamento della carcassa che viene effettuato tirando e torcendo una porzione per distaccarla e consumarla. Comuni sono anche le combustioni localizzate che indicano la cottura tramite arrostimento. Quei copricapi bellissimi. I copricapi di piume d’aquila orgogliosamente portati dai guerrieri delle tribù nelle Pianure centrali dell’America del Nord avevano per chi li indossava valore simbolico, rilevanza rituale ed erano immediatamente riconoscibili come indicazione di status, di conquiste individuali o del clan di appartenenza. In battaglia, i movimenti delle piume riflettevano l’ala dell’aquila e conferivano al guerriero la stessa facoltà di avvicinarsi e colpire in silenzio. Nella prima metà dell’Ottocento era anche in uso, presso gli indiani Mandan, confezionare ventagli partendo da una coda o da un’ala di aquila; le penne venivano ornate con bacchette avvolte con aculei di istrice e terminanti in ciuffetti di peli colorati di rosso. L’impugnatura era ottenuta avvolgendo strettamente le penne con una striscia di pelle. Catturare l’aquila... con le mani. Il pellerossa aveva un particolare metodo per procurarsi penne, piume e artigli dell’aquila. Una fossa grande tanto da contenere un uomo era scavata nella zona fre- quentata dal volatile: sulla trappola veniva posto un coniglio vivo e l’apertura celata con rami e fogliame. Un foro largo a sufficienza permetteva al guerriero nascosto nella fossa di afferrare le zampe del rapace che calava sulla preda, di trascinarlo sul fondo della fossa e lì soffocarlo. La Società del Corvo. Ogni indiano dei vari clan che appartenevano alla nazione Crow doveva far parte di una società di guerrieri: particolare era la collana portata dai membri della Società del Corvo, formata dalla spoglia di questo animale con le penne ornate da bacchette avvolte con aculei di istrice. Pretendere ora di applicare questi modelli culturali alle risultanze emerse dallo studio sulle rimozioni intenzionali delle penne o dell’uso di porzioni anatomiche degli esemplari di avifauna censiti nei livelli musteriani della Grotta di Fumane è sicuramente azzardato, ma forse non del tutto improbabile. L.V. L’uomo e la sua preda. Le modificazioni prodotte dall’uomo e individuate più frequentemente sulle ossa sono quelle relative alla macellazione: tagli con strumenti litici e incavi prodotti dai colpi con percussori (per fratturare o ricavare piccole parti di carcassa). La localizzazione dei tagli sugli elementi anatomici e la loro quantità, orientamento e profonAltri segni particolari... Modificazioni particolari documentano l’acquisizione dell’osso per ricavarne strumenti o ornamenti e, più raramente, il recupero di piume e penne. Gli uccelli possono essere catturati da altri animali e in alcuni casi si riconoscono le tracce lasciate dai denti dei carnivori o dai becchi dei rapaci. Questi predatori possono anche ingerire alcune ossa che recano le superfici corrose dagli acidi digestivi (fori, arrotondamento dei margini di frattura, lucidatura). Inoltre altre modificazioni possono prodursi durante la permanenza dei reperti ossei nei sedimenti, solchi dovuti alle radici, strie dovute all’abrasione con piccole particelle. I.F. M.G. M.R. * ➝ sotto a destra p. 33 35 Nel laboratorio allestito in prossimità della Grotta di Fumane, primi esami sulle ossa rinvenute. Il buono stato di conservazione dei reperti ha consentito di rilevare e interpretare i segni lasciati dai Neandertal sulle stesse superfici ossee. Dunque i Neandertal non erano poi così bruti... ‘ SELEZIONE L utilizzo ornamentale delle penne a Fumane esclude eventuali ipotesi di un loro impiego nell’impennaggio di frecce o giavellotti lanciati con il propulsore, in quanto questi strumenti erano di esclusivo uso dei sapiens. Piuttosto, rimanda alla vastissima documentazione etnografica riferibile all’arte piumaria delle popolazioni primitive attuali e sub-attuali, connessa all’adorno di abiti, oggetti, abitazioni e individui anche di rango, oppure all’araldica in uso ad esempio tra i nativi del Nordamerica. Oltre alle penne, di varia forma e colore, si aggiungevano gli artigli, solitamente dell’aquila reale, connotati da un forte simbolismo. Nei livelli musteriani di Fumane, per la prima volta in Italia, è stata rinvenuta una falange ungueale con strie di disarticolazione che suggeriscono la precisa volontà di recuperare dal rapace l’artiglio, similmente a quanto osservato in Francia nelle grotte di Pech de l’Azé I e Baume de Gigny. Oltre a retrodatare di decine di migliaia di anni questa pratica nella storia evolutiva dell’umanità, sinora considerata appannaggio di società più complesse, le testimonianze archeologiche della Grotta di Fumane contribuiscono a modificare l’immagine di “bruti” che per oltre cento anni ha ingiustamente accompagnato, nella letteratura scientifica e non, il nostro stretto parente neandertaliano. Va ricordato che finora queste pratiche erano attestate solo per la specie a cui apparteniamo e a partire da 15 mila anni fa. Marco Peresani La Grotta di Fumane è in corso di scavo dal 1988 da parte della Sezione di Paleobiologia, Preistoria e Antropologia del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara, in convenzione con la Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto. Le ricerche sono supportate da Comunità Montana della Lessinia, Comune di Fumane in Valpolicella (Vr), Fondazione Cariverona, Regione Veneto e da aziende private (Roberto Gardina & C. s.a.s. e Albino Armani Viticoltori dal 1607), in collaborazione con Università di Milano e Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”. Chi sono gli autori: M. Peresani & M. Romandini, Università di Ferrara, Dipartimento di Biologia ed Evoluzione, Sezione di Paleobiologia, Preistoria e Antropologia; A. Tagliacozzo, I. Fiore & M. Gala, Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia, Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”; L. Verza, collaboratore Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo. UNIVERSITÀ DI FERRARA - TECNOLOGIE PER LA PREISTORIA 36 zione e supporto alla ricerca con attività sperimentali; ricostruzione delle catene operative; processi di formazione dei depositi antropici in Preistoria; evoluzione delle specie domestiche in Italia e loro ruolo nelle comunità del passato; evoluzione degli ecosistemi dal Pliocene all’Olocene antico: faune a grandi mammiferi; preparazione di collezioni osteologiche di confronto. Centro di Microscopia Elettronica. Il C.M.E. (direttore: Silvano Capitani; referente tecnico: Maria Rita Bovolenta) è un centro di ricerca e servizi a disposizione sia dei ricercatori dell’Università che di utenti esterni, che fornisce competenze tecniche e strumentazioni scientifiche per lo studio delle ultrastrutture nel settore biologico e nella scienza dei materiali. Dati acquisibili: morfologia o topografia superficiale a partire dallo zoom di aree molto grandi fino a sub-micrometriche; identificazione degli elementi chimici; analisi quantitativa anche di elementi con numero atomico inferiore a 10; mappe composizionali. Info L.A.T.: 0532.293720 [email protected] Info C.M.E.: 0532.455725 [email protected] * ➝ Laboratorio di Archeozoologia e Tafonomia. Il L.A.T. (responsabile: Ursula Thun Hohenstein; collaboratori: Matteo Romandini, Marco Bertolini, Bellal Abuhelalesi) possiede una collezione osteologica di confronto ed è dotato di tre stereomicroscopi ad altissima risoluzione e ingrandimento, attrezzati anche per acquisizione digitale di immagini, e di un microscopio metallografico. L’osservazione di differenti materiali in stereomicroscopia permette di localizzare forme di degrado chimico-meccanico e la morfologia di tracce di varia natura. Nei casi di difficile interpretazione, si realizzano repliche del campione in resina trasparente per l’acquisizione d’immagini digitalizzate a luce trasmessa, o come supporto per una successiva e più approfondita analisi al microscopio elettronico a scansione (S.E.M.). Il L.A.T si occupa di: studio di reperti faunistici archeologici dal Paleolitico al Medioevo; recupero, restauro e conservazione dei materiali ossei provenienti da scavi archeologici; determinazione tassonomica dell’età di morte e del sesso; analisi tafonomica finalizzata all’individuazione di microtracce antropiche sulle superfici ossee; studi di distribuzione spaziale, ricostruzione delle strategie di sussistenza e paleoeconomia; definizione dei processi di produ- p. 33