un poco di vanità - Culture e Civiltà

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NEANDERTAL un poco di vanità
E
stremamente vivo e ricco di colpi di scena appare il dibattito scientifico
sull’Uomo di Neandertal, la sua biologia, la vita sociale, la sussistenza e soprattutto il comportamento simbolico.
Un aspetto, quest’ultimo, che marca
uno dei picchi di attenzione da parte degli antropologi, in quanto intimamente legato alla scomparsa
dei nostri “cugini” tra 50 e 40 mila anni fa: quali
sistemi di identificazione adottavano per loro stessi, le proprie famiglie e i membri dei clan, sempre
che una qualche struttura sociale ne contemplasse
l’esistenza? Gli interrogativi non lasciano dubbi:
identificare tra i Neandertal comportamenti etnograficamente “moderni”, cioè più prossimi al modo
“sapiens” di pensare e strutturare la società, porta
inevitabilmente a interrogarsi sulla loro origine: fu
autoctona o il risultato di interazioni con i primi
Uomini Anatomicamente Moderni (Homo sapiens)
che colonizzarono l’Europa 41-40 mila anni fa? Se,
da un lato, il confronto con il DNA fossile* neandertaliano rivela le tracce di un flusso genico verso i sapiens euro-asiatici, dall’altro l’archeologia esclude
contatti tra le due forme biologiche, sostenendo
piuttosto l’emergenza autonoma, da parte dei Neandertal, di certe invenzioni nella scheggiatura della
pietra, la lavorazione dell’osso e, appunto, l’impiego
di materiali ad uso ornamentale: conchiglie marine
e canini di volpe e di orso perforati suggeriscono
un’attenzione verso l’adorno del corpo o degli abiti,
arricchita dall’impiego di polveri coloranti ricavate
dalla triturazione di ossidi di ferro e manganese.
Testi di Ivana Fiore Monica Gala Marco Peresani Matteo Romandini
Antonio Tagliacozzo Lucio Verza
Foto di Ivana Fiore Pierluca Grotto Matteo Romandini
A cura di Marco Peresani e Antonio Tagliacozzo
In Veneto la Grotta di Fumane
continua a riservarci sorprese
con reperti ossei che attestano
l’uso di penne e unghielli
di grandi rapaci come
ornamento: una scoperta
che cambia il modo
di guardare ai nostri lontani
cugini neandertaliani
PREISTORIA EUROPEA
ELEGANZA NEANDERTALIANA. Ricostruzione di ornamenti
neandertaliani secondo studi effettuati sui ritrovamenti
di ossa di uccelli nella Grotta di Fumane.
L’uomo indossa idealmente penne e piume di falco
e una collana con artigli di aquila come pendenti.
(Disegno Mauro Cutrona)
28
PREALPI VENETE. I medi Lessini nella zona di Fumane e della Valpolicella solcata dal torrente Progno di Fumane.
Sullo sfondo è la pianura di Verona attraversata dall’Adige. (Foto Ugo Sauro)
ENTRATA DELLA GROTTA. L’accesso alla Grotta di Fumane attrezzato per
l’ingresso dei visitatori. Questo sito paleolitico dei Monti Lessini
è uno dei maggiori monumenti preistorici d’Europa, con eccezionali
testimonianze risalenti al periodo di passaggio fra l’Uomo di Neandertal
e Homo sapiens: un giacimento archeologico di estremo interesse per
comprendere il grande cambiamento biologico e culturale avvenuto
nell’evoluzione umana attorno a 40 mila anni fa.
LIVELLI DI ABITATO. L’esterno della Grotta di Fumane (o Riparo Solinas,
dal nome dell’archeologo che negli anni Sessanta ne rivelò l’importanza
paleontologica e archeologica). Proprio davanti all’entrata è la sezione
di scavo (5 metri di spessore) con i vari livelli di suolo frequentati
dall’Uomo di Neandertal da 90 mila a 43 mila anni fa.
sotto a destra SCAVO IN GROTTA. Un momento dello scavo dei livelli musteriani
della Grotta di Fumane che hanno restituito ossa di ben trentacinque specie
di uccelli, cacciati dai neandertaliani che frequentarono
l’antro intorno a 45-44 mila anni fa.
Nella grotta resti di decine
di specie diverse di volatili
A
rafforzare l’opinione di quanti pensano
che Neandertal avesse comportamenti
astratti molto simili a quelli del “cugino” Homo sapiens viene una recente scoperta di
straordinaria unicità, emersa in seguito a uno
studio condotto su resti ossei di uccelli, provenienti dalla Grotta di Fumane (vedi: AV n.
129), nel Parco naturale regionale della Lessinia (Prealpi Venete). Le ricche testimonianze
conservate nei depositi di questa cavità ci forniscono una precisa documentazione della vita
dei Neandertal e dei primi sapiens, tanto da registrare fedelmente la sostituzione biologica e
culturale dei Neandertal da parte dei sapiens
lungo una sequenza stratigrafica scandita dettagliatamente dalle datazioni al radiocarbonio.
La scoperta di Fumane ha preso le mosse dal
ricco e variegato insieme di resti ossei dei livelli del Musteriano* finale (databili a 45 mila
anni fa) riferibili a trentacinque specie di uccelli di diversi biotopi*. Le specie più abbondanti
risultano quelle che frequentano ambienti
montani e rocciosi (gracchio alpino), forestali
(fagiano di monte) e ambienti a prateria di
zone collinari (re di quaglie). La presenza di
zone umide nelle vicinanze della grotta stessa è
testimoniata da porciglione, gallinella d’acqua
e avocetta; quella di ambienti periglaciali (prossimi ai ghiacciai - ndr) da pernice bianca e pernice bianca nordica. È poi da segnalare la presenza di rapaci notturni (gufo comune, civetta
capogrosso) e diurni (gheppio, lodolaio, falco
cuculo) anche di grandi dimensioni (avvoltoio
monaco, aquila reale, gipeto). Tuttavia, alla
luce delle analisi tafonomiche, l’interesse da
parte dell’uomo è testimoniato soltanto per alcune specie, anche se non si può escludere la
cattura e il consumo di altri uccelli. ➝ a p. 34
30
* ➝ p. 33
PREISTORIA SUI MONTI LESSINI
Nel Parco naturale regionale della Lessinia. I monti Lessini e l’omonimo Parco sono una delle regioni più note della preistoria italiana. Fruttuose ricerche, iniziate nella seconda metà dell’Ottocento e condotte dal Museo Civico
di Storia Naturale di Verona e dalle università di Ferrara e Padova, hanno
portato alla luce manufatti che consentono di tracciare un quadro delle vicende del popolamento in rapporto alle variazioni climatiche e ambientali.
Questa densità di ritrovamenti, che ha pochi equivalenti in Europa, trova
una spiegazione nell’abbondanza di grotte e ripari e nelle risorse offerte dal
territorio, che dalle cime più alte degrada a forma di ventaglio verso la
pianura. Nel Paleolitico, quando l’economia era basata su caccia e raccolta, i territori offrivano un’ampia varietà di risorse: nella zona più elevata, in
un ambiente di prateria alpina, le prede erano stambecchi e camosci, nei
boschi sottostanti cervi e caprioli. Abbondante e varia era anche l’avifauna.
Al tempo stesso, varie formazioni rocciose offrivano la selce da cui ottenere
utensili e armi.
Grande archivio di vita preistorica. Le tracce insediative si distribuiscono tra
80 e 1.600 metri di quota, toccando quindi i fondovalle e i ripiani carsificati dell’altopiano. Qui i siti più interessanti sono veri e propri archivi, fondamentali per le informazioni relative alla cronologia, alla successione degli
ambienti naturali e alle varie forme del comportamento umano. Oltre alla
Grotta di Fumane, vanno citati il Riparo Zampieri, il Riparo Mezzena, la
Grotta A di Veia, il Riparo Tagliente e la Grotta della Ghiacciaia. Siti più
poveri nel dato archeologico, ma ugualmente interessanti per lo studio
dell’occupazione del territorio, si trovano all’aperto dove abbondano i giacimenti selciferi. Da questi ritrovamenti caratterizzati da schegge e raschiatoi
e da vari scarti di lavorazione, si discosta l’importante sito delle Cave di
Quinzano, alla periferia settentrionale di Verona, che tra il 1933 e il 1955
restituì reperti faunistici, manufatti litici e un occipitale umano.
M.P.
31
PALEONTOLOGIA E ARCHEOZOOLOGIA
Strategie di sopravvivenza nel Paleolitico. Le testimonianze animali si conservano nei siti archeologici in forma di reperti ossei e
dentari il cui studio contribuisce a identificarne la specie e a ricostruire i processi che ne hanno determinato la fossilizzazione. Le
ricerche archeozoologiche permettono anche di comprendere le
strategie di sfruttamento del mondo animale da parte dell’uomo
nel Paleolitico, le stagioni di occupazione dei siti e gli spostamenti dei cacciatori-raccoglitori.
Ruolo fondamentale del Museo Pigorini. Uno dei più qualificati
centri di ricerca e di studio del patrimonio archeo-faunistico
italiano è la Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia della Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico
Etnografico “L. Pigorini” di Roma. Le principali attività riguardano
recupero, analisi, tutela e valorizzazione del patrimonio faunistico proveniente da depositi archeologici e paleontologici. L’attività interessa sia reperti e collezioni del museo sia materiali di altre
soprintendenze e istituzioni. La Sezione dispone di una collezione
osteologica di confronto, costituita da scheletri di animali attuali e
da reperti fossili. La collezione di confronto è un utile strumento
che consente tramite la comparazione di identificare gli elementi
anatomici e le specie dei reperti ossei recuperati negli scavi archeologici. Inoltre custodisce collezioni di importanti giacimenti
del Paleolitico, quali Notarchirico (Pz), Castel di Guido (Rm), Sora-Valle Radice (Fr), Arene Candide (Sv), Grotta della Madonna
(Cs) e Grotta Romanelli (Le). La Sezione collabora allo studio del
giacimento di Lamalunga (Altamura - Ba), nel quale è conservato
uno scheletro intero di Homo neandertalensis, e a progetti di ricerca promossi da CNR ed ENEA. Inoltre, ha attivato un settore
altamente specializzato di tafonomia e in questo ambito ha partecipato a studi di giacimenti italiani ed esteri, tra i quali il sito
olduvaiano di Garba IV (Melka Kunturé, Etiopia) e i siti musteriani
di Baume Valleé e Sainte-Anne 1 (Francia).
A.T. I.F. M.G.
SOVRANI NEL CIELO
Due disegni di Mauro
Cutrona con
rappresentazione
di aquila reale e falco
pellegrino, due specie
di volatili fra le più
ricercate dagli uomini
di Neandertal,
che utilizzavano il loro
piumaggio nelle
acconciature, ora
straordinariamente
documentate dagli scavi
nella Grotta di Fumane.
Si tratta di predatori
velocissimi di grande
impatto emotivo
e simbolico fra
le popolazioni
preistoriche
di cacciatori.
MUSEO PIGORINI. Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia: particolare della “collezione di confronto”
e cranio di stambecco recuperato dai livelli aurignaziani* della Grotta di Fumane.
*non tutti sanno che...
qui a lato e a destra
AVVOLTOIO
E GRACCHIO
Due dei reperti ossei
di uccelli con segni
di intervento da parte
di Neandertaliani
per il recupero
del piumaggio:
carpometacarpo
di avvoltoio monaco
con incisioni
di disarticolazione
dalle falangi;
ulna sinistra
di gracchio alpino
con incisioni attorno
alle inserzioni
delle penne remiganti.
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Aurignaziano. Cultura materiale del Paleolitico superiore
associata ai primi Uomini Anatomicamente Moderni (Homo sapiens) in Eurasia.
Biotopo. Area di limitate estensioni (es. uno stagno, una
pianura, una catena montuosa...) dove vivono in un sistema integrato determinate specie di piante e di animali.
Distale. In un elemento scheletrico costituisce la porzione
più distante dal centro dell’organismo cui appartiene; differisce da “prossimale” che invece è la più vicina.
DNA fossile. Ossa e vari materiali organici provenienti
dai siti paleolitici possono contenere DNA, talora anche
in ottimo stato di conservazione.
Musteriano. Cultura materiale associata ai Neandertal.
Paleolitico medio. Periodo del Paleolitico compreso tra
300.000 e 40.000 anni dal presente.
AQUILA REALE
Un altro straordinario
reperto dalla Grotta
di Fumane che attesta
l’uso ornamentale
da parte dei Neandertal
di porzioni significative
di volatili: falange
ungueale di aquila con
strie di disarticolazione
per il recupero
dell’artiglio.
33
spERIMENTAZIONE
Scarnificazione
di carcassa
di anatra con
strumenti in selce
simili a quelli usati
dai Neandertal durante
il Paleolitico medio*.
LETTURA DEI SEGNI
Esempio di strie
da strumento litico
su ossa di uccello
analizzate
al microscopio
elettronico a scansione.
La morfologia
dei solchi (lunghezza,
andamento, sezione a V,
presenza di strie
secondarie all’interno
del solco principale)
permette di distinguere
le tracce lasciate
da uno strumento
tagliente su qualsiasi
superficie ossea.
DISARTICOLAZIONE
Omero distale
di gracchio alpino
rinvenuto nel livello
musteriano
della Grotta
di Fumane. Si noti
la perforazione
prodotta durante
la disarticolazione
dell’omero dall’ulna.
34
Rilevati segni evidenti
di recupero delle penne
I
l buono stato di conservazione delle ossa
ritrovate nella Grotta di Fumane ha permesso di riconoscere tracce microscopiche di
tagli effettuati con schegge di pietra su alcune
ossa dell’ala come l’omero, l’ulna e il carpometacarpo, talora attorno ai tubercoli d’innesto
delle penne remiganti. Le ossa in questione
sono: una porzione distale* di ulna destra di
gipeto che presenta tracce riconducibili alla di-
sarticolazione dell’ulna dal carpometacarpo;
un’epifisi distale di omero di falco cuculo, con
traccia di un taglio finalizzato alla disarticolazione omero - ulna; un carpometacarpo di colombaccio (Columba palumbus), sul quale sono
visibili incisioni oblique riferibili al taglio e
all’asportazione della pelle finalizzata al recupero delle remiganti; due ulne di gracchio alpino che presentano sia strie brevi, isolate e relativamente profonde, sia incisioni attorno alle
inserzioni delle penne remiganti, brevi, oblique, arcuate, insistite e accompagnate da ra-
TAFONOMIA DEGLI UCCELLI
Di cosa si parla? Gli studi tafonomici dei reperti fossili di uccelli permettono di ricostruire le cause della
loro morte e dello sfruttamento da parte dell’uomo
e di altri predatori. Avvalendosi d’indagini con microscopia ottica o a scansione, sia direttamente
sulle ossa sia su calchi delle loro superfici, è possibile analizzare le tracce lasciate dai differenti
agenti modificatori (uomo, carnivori, rapaci, radici
ecc.). Una parte importante della ricerca è costituita anche dalla
sperimentazione
su carcasse di
animali attuali,
indispensabile
per riprodurre le
azioni di macellazione, predazione e sbranamento e costruire
una banca dati
di tracce di confronto.
schiature o da altre strie, lunghe e sottili, longitudinali all’osso. Complessivamente queste
tracce di tagli indicano la disarticolazione
dell’ulna dal carpometacarpo e l’incisione della
pelle che la ricopre, ma anche il recupero delle
penne remiganti.
Ai resti appena descritti si aggiunge un carpometacarpo sinistro di avvoltoio monaco proveniente da uno strato (A9) di poco più antico
di 45 mila anni fa, dove sono evidenti incisioni
che riflettono la disarticolazione del carpometacarpo dalle falangi. Questo elemento presenta
inoltre i margini di frattura usurati, lucidi e associati a microstrie che testimoniano un suo
utilizzo o come strumento o come immanicatura, senza tuttavia escludere un suo utilizzo ornamentale. Va ricordato che tutte queste ossa
appartengono alla parte terminale dell’ala e
non rivestono particolare interesse alimentare,
per cui la presenza di queste tracce sembra indirizzata al recupero dell’ala stessa o delle penne,
che richiede l’utilizzo di strumenti litici per il
taglio dei robusti tendini alari e per superare la
resistenza degli innesti delle penne.
nei due disegni
USANZE
PREISTORICHE
Guerriero Mandan
Flying War Eagle
e capo Hidatsa
Two Ravens
della Società
dei Cani guerrieri
con una elaborata
acconciatura di piume
di gufo, gazza
e corvo in due
acquerelli di Karl
Bodmer (1834).
COME GLI INDIANI D’AMERICA?
dità permettono di ricostruire le diverse fasi della
macellazione: scuoiamento, eviscerazione, disarticolazione e scarnificazione. Altre tracce meno frequenti (peeling, enfoncement, arrachement) sono
riferibili al depezzamento della carcassa che viene
effettuato tirando e torcendo una porzione per distaccarla e consumarla. Comuni sono anche le
combustioni localizzate che indicano la cottura tramite arrostimento.
Quei copricapi bellissimi. I copricapi di piume d’aquila orgogliosamente portati dai guerrieri delle tribù nelle Pianure centrali dell’America del Nord avevano per chi li indossava valore simbolico, rilevanza rituale ed erano immediatamente riconoscibili come
indicazione di status, di conquiste individuali o del clan di appartenenza. In battaglia, i movimenti delle piume riflettevano l’ala
dell’aquila e conferivano al guerriero la stessa facoltà di avvicinarsi e colpire in silenzio. Nella prima metà dell’Ottocento era anche
in uso, presso gli indiani Mandan, confezionare ventagli partendo
da una coda o da un’ala di aquila; le penne venivano ornate con
bacchette avvolte con aculei di istrice e terminanti in ciuffetti di peli
colorati di rosso. L’impugnatura era ottenuta avvolgendo strettamente le penne con una striscia di pelle.
Catturare l’aquila... con le mani. Il pellerossa aveva un particolare
metodo per procurarsi penne, piume e artigli dell’aquila. Una fossa
grande tanto da contenere un uomo era scavata nella zona fre-
quentata dal volatile: sulla trappola veniva posto un coniglio vivo e
l’apertura celata con rami e fogliame. Un foro largo a sufficienza
permetteva al guerriero nascosto nella fossa di afferrare le zampe
del rapace che calava sulla preda, di trascinarlo sul fondo della
fossa e lì soffocarlo.
La Società del Corvo. Ogni indiano dei vari clan che appartenevano alla nazione Crow doveva far parte di una società di guerrieri:
particolare era la collana portata dai membri della Società del
Corvo, formata dalla spoglia di questo animale con le penne ornate da bacchette avvolte con aculei di istrice. Pretendere ora di applicare questi modelli culturali alle risultanze emerse dallo studio sulle
rimozioni intenzionali delle penne o dell’uso di porzioni anatomiche
degli esemplari di avifauna censiti nei livelli musteriani della Grotta di Fumane
è sicuramente azzardato, ma forse
non del tutto improbabile.
L.V.
L’uomo e la sua
preda. Le modificazioni prodotte
dall’uomo e individuate più frequentemente sulle
ossa sono quelle relative alla macellazione: tagli
con strumenti litici e incavi prodotti dai colpi con
percussori (per fratturare o ricavare piccole parti di
carcassa). La localizzazione dei tagli sugli elementi
anatomici e la loro quantità, orientamento e profonAltri segni particolari... Modificazioni particolari
documentano l’acquisizione dell’osso per ricavarne
strumenti o ornamenti e, più raramente, il recupero
di piume e penne. Gli uccelli possono essere catturati da altri animali e in alcuni casi si riconoscono
le tracce lasciate dai denti dei carnivori o dai becchi dei rapaci. Questi predatori possono anche ingerire alcune ossa che recano le superfici corrose
dagli acidi digestivi (fori, arrotondamento dei margini di frattura, lucidatura). Inoltre altre modificazioni possono prodursi durante la permanenza dei
reperti ossei nei sedimenti, solchi dovuti alle radici,
strie dovute all’abrasione con piccole particelle.
I.F. M.G. M.R.
*
➝
sotto a destra
p. 33
35
Nel laboratorio
allestito in prossimità
della Grotta di Fumane,
primi esami
sulle ossa rinvenute.
Il buono stato
di conservazione
dei reperti ha
consentito di rilevare
e interpretare
i segni lasciati
dai Neandertal sulle
stesse superfici ossee.
Dunque i Neandertal
non erano poi così bruti...
‘
SELEZIONE
L
utilizzo ornamentale delle penne a Fumane esclude eventuali ipotesi di un loro
impiego nell’impennaggio di frecce o giavellotti lanciati con il propulsore, in quanto
questi strumenti erano di esclusivo uso dei sapiens. Piuttosto, rimanda alla vastissima documentazione etnografica riferibile all’arte piumaria delle popolazioni primitive attuali e
sub-attuali, connessa all’adorno di abiti, oggetti, abitazioni e individui anche di rango, oppure all’araldica in uso ad esempio tra i nativi del
Nordamerica. Oltre alle penne, di varia forma e
colore, si aggiungevano gli artigli, solitamente
dell’aquila reale, connotati da un forte simbolismo. Nei livelli musteriani di Fumane, per la
prima volta in Italia, è stata rinvenuta una falange ungueale con strie di disarticolazione che
suggeriscono la precisa volontà di recuperare
dal rapace l’artiglio, similmente a quanto osservato in Francia nelle grotte di Pech de l’Azé I e
Baume de Gigny.
Oltre a retrodatare di decine di migliaia di
anni questa pratica nella storia evolutiva dell’umanità, sinora considerata appannaggio di società più complesse, le testimonianze archeologiche della Grotta di Fumane contribuiscono a
modificare l’immagine di “bruti” che per oltre
cento anni ha ingiustamente accompagnato, nella letteratura scientifica e non, il nostro stretto
parente neandertaliano. Va ricordato che finora
queste pratiche erano attestate solo per la specie
a cui apparteniamo e a partire da 15 mila anni fa.
Marco Peresani
La Grotta di Fumane è in corso di scavo dal 1988 da parte
della Sezione di Paleobiologia, Preistoria e Antropologia
del Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara, in convenzione con la Soprintendenza per i
Beni archeologici del Veneto. Le ricerche sono supportate
da Comunità Montana della Lessinia, Comune di Fumane
in Valpolicella (Vr), Fondazione Cariverona, Regione Veneto e da aziende private (Roberto Gardina & C. s.a.s. e
Albino Armani Viticoltori dal 1607), in collaborazione
con Università di Milano e Sezione di Paleontologia del
Quaternario e Archeozoologia della Soprintendenza al
Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”.
Chi sono gli autori: M. Peresani & M. Romandini, Università di Ferrara, Dipartimento di Biologia ed Evoluzione,
Sezione di Paleobiologia, Preistoria e Antropologia; A. Tagliacozzo, I. Fiore & M. Gala, Sezione di Paleontologia del
Quaternario e Archeozoologia, Soprintendenza al Museo
Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”; L. Verza,
collaboratore Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo.
UNIVERSITÀ DI FERRARA - TECNOLOGIE PER LA PREISTORIA
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zione e supporto alla ricerca con attività sperimentali; ricostruzione
delle catene operative; processi di formazione dei depositi antropici
in Preistoria; evoluzione delle specie domestiche in Italia e loro ruolo nelle comunità del passato; evoluzione degli ecosistemi dal Pliocene all’Olocene antico: faune a grandi mammiferi; preparazione
di collezioni osteologiche di confronto.
Centro di Microscopia Elettronica. Il C.M.E. (direttore: Silvano Capitani; referente tecnico: Maria Rita Bovolenta) è un centro di ricerca e servizi a disposizione sia dei ricercatori dell’Università che di
utenti esterni, che fornisce competenze tecniche e strumentazioni
scientifiche per lo studio delle ultrastrutture nel settore biologico e
nella scienza dei materiali. Dati acquisibili: morfologia o topografia superficiale a partire dallo zoom di aree molto grandi fino a
sub-micrometriche; identificazione degli elementi chimici; analisi
quantitativa anche di elementi con numero atomico inferiore a 10;
mappe composizionali. Info L.A.T.: 0532.293720 [email protected]
Info C.M.E.: 0532.455725 [email protected]
*
➝
Laboratorio di Archeozoologia e Tafonomia. Il L.A.T. (responsabile:
Ursula Thun Hohenstein; collaboratori: Matteo Romandini, Marco
Bertolini, Bellal Abuhelalesi) possiede una collezione osteologica
di confronto ed è dotato di tre stereomicroscopi ad altissima risoluzione e ingrandimento, attrezzati anche per acquisizione digitale
di immagini, e di un microscopio metallografico. L’osservazione di
differenti materiali in stereomicroscopia permette di localizzare forme di degrado chimico-meccanico e la morfologia di tracce di varia
natura. Nei casi di difficile interpretazione, si realizzano repliche
del campione in resina trasparente per l’acquisizione d’immagini
digitalizzate a luce trasmessa, o come supporto per una successiva
e più approfondita analisi al microscopio elettronico a scansione
(S.E.M.). Il L.A.T si occupa di: studio di reperti faunistici archeologici dal Paleolitico al Medioevo; recupero, restauro e conservazione
dei materiali ossei provenienti da scavi archeologici; determinazione tassonomica dell’età di morte e del sesso; analisi tafonomica finalizzata all’individuazione di microtracce antropiche sulle superfici ossee; studi di distribuzione spaziale, ricostruzione delle strategie
di sussistenza e paleoeconomia; definizione dei processi di produ-
p. 33
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