ordinamento e soggetti prof . giovanni di giandomenico

“ORDINAMENTO E SOGGETTI”
PROF. GIOVANNI DI GIANDOMENICO
Indice
1
L’ORDINAMENTO E L’INDIVIDUO ------------------------------------------------------------------------------------ 3
2
GLI INTERESSI E LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE --------------------------------------------- 5
1 L’ordinamento e l’individuo
1.1.
L’ordinamento giuridico
Il diritto si identifica con l’ordinamento giuridico che costituisce l’intero complesso normativo
dei una determinata comunità sociale.
Gli ordinamenti statali democratici si prefiggono di garantire l’ordine non come fine ultimo,
bensì in funzione dell’esigenza primaria di consentire a ciascun soggetto l’esercizio della massima
libertà senza ledere l’altrui libertà, in modo che sia consentito a tutti di soddisfare i propri interessi.
All’interno della comunità statale vi sono poi altre comunità sociali (le cc.dd. società intermedie
tra Stato e individuo) che si prefiggono scopi più limitati (famiglia, associazioni religiose, politiche,
economiche, culturali, sindacati, ecc.), i cui ordinamenti sono espressione delle stesse comunità e
sono generalmente ammessi e tutelati dallo Stato a condizione che non perseguano finalità
incompatibili con quelle dello Stato.
L’ordinamento, nell’accezione di complesso di regole e principi, integra il c.d. diritto oggettivo.
Diversa è invece la nozione di diritto soggettivo. Quest’ultimo costituisce il potere riconosciuto ad
ogni consociato di realizzare il proprio interesse secondo l’ordinamento giuridico.
Il diritto soggettivo è quindi costituito da un potere, attribuito alla volontà del soggetto e
garantito dall’ordinamento giuridico, per conseguire il soddisfacimento dei propri interessi. Gli
elementi costituitivi sono pertanto due: interesse e volontà.
La forza del diritto soggettivo che si fa valere non è del titolare del diritto: è la forza
dell’ordinamento giuridico (diritto oggettivo) che il soggetto può volgere in difesa dei suoi interessi.
Il diritto soggettivo ha un proprio contenuto, formato da quelle che vengono dette le facoltà
giuridiche e che sono semplici manifestazioni del diritto stesso. Nel linguaggio corrente a volte si
usa il termine “diritto” anche quando si tratta di facoltà, e si parla del diritto di usare, di godere ecc.,
che sono facoltà spettanti a chi ha il diritto di proprietà; ma inesattamente. Infatti le facoltà (che
rappresentano una situazione per cui l’interesse riceve tutela per la possibilità di attuare un
comportamento con effetti giuridicamente rilevanti) non hanno una vita indipendente da quella del
diritto cui ineriscono, non lo precedono, ma logicamente sono successive a quello.
1.2.
L’individuo come destinatario della norma giuridica.
L’ordinamento giuridico si presenta come un insieme di regole di condotta con cui una
determinata comunità di persone organizza la propria convivenza, disciplinando i rapporti tra
coloro che ne fanno parte. La regola di condotta che fa parte dell’ordinamento è la regola giuridica.
Essa si compone di precetto e di sanzione. Il diritto (come sinonimo di ordinamento) costituisce una
realtà immanente ad ogni aggregato sociale (ubi societas ibi ius), dal momento che la vita associata
richiede, in termini di necessità, che vengano fissate delle regole che siano in grado di disciplinare i
rapporti (spesso conflittuali) tra i membri del gruppo. Possiamo dire che il diritto trasforma un
aggregato di persone in una organizzazione con una propria razionale struttura interna1. Il termine
stesso «ordinamento» tende, d’altra parte, a porre subito in luce la finalità del fenomeno giuridico
che è quella, appunto, di «ordinare» la realtà sociale, di fare cioè in modo che questa si svolga in
conformità ad un dato «ordine»2.
Proprio per tali ragioni la norma giuridica ha come destinatario la persona umana.
Talvolta, però, il destinatario si presenta come una entità soggettiva complessa, nel senso che la
norma si indirizza non già al singolo, bensì ad un gruppo di individui3: in questo secondo caso, può
rilevarsi l’evenienza che il gruppo - mediante una particolare regolamentazione dei rapporti interni assuma una propria autonomia rispetto ai singoli membri, diventando esso stesso il termine di
riferimento soggettivo per l’attribuzione di diritti e di obblighi (basti pensare alle varie associazioni
o alle società).
1
«Il segno di distinzione di ogni comunità organizzata è il diritto. Con il termine diritto si fa riferimento al modo ed
alle forme in cui ciascuna società si organizza, si ordina: di qui l’altra espressione ordinamento giuridico»: RESCIGNO,
Manuale del diritto privato italiano, Napoli, 1985, 15.
2
Ricordiamo la nota definizione di Kant per il quale il diritto è «l’insieme delle condizioni che consentono
all’arbitrio di ciascuno di coesistere con l’arbitrio degli altri, secondo un principio generale di libertà».
3
Cfr. BOBBIO, Teoria della norma giuridica, Torino, (s.d.), 229 ss.: «Il destinatario-soggetto di un norma giuridica
può presentarsi in forma universale o in forma singola».
2 Gli interessi e le situazioni giuridiche soggettive
2.1.
Interessi e attività.
Premessa, dunque, la nozione di individuo come destinatario della norma giuridica, dobbiamo,
adesso, analizzare l’oggetto della disciplina dettata dalla norma stessa.
L’uomo avverte dei bisogni, intesi come stati soggettivi di insoddisfazione dai quali lo stesso
tende ad uscire. Il bisogno «è il desiderio di disporre di un mezzo reputato atto a far cessare una
sensazione dolorosa o a provocarla o a conservare una sensazione piacevole o a provocarla»4. È un
stato di tensione fra la volontà che ambisce alla soddisfazione di un fine e l’ambiente che ne
ostacola l’immediato soddisfacimento. L’uomo agisce per eliminare ogni suo stato di
insoddisfazione, procurandosi i mezzi congrui ai suoi fini. I bisogni, allora, come espressione dei
fini individuali, sono il movente dell’attività umana che va alla ricerca di beni, ossia entità oggettive
(cose materiali o immateriali e servizi) ritenute idonee ad eliminare lo stato di insoddisfazione.
Questa tensione (o aspirazione) dell’individuo verso i beni prende il nome di interesse e costituisce
la molla che poi induce l’uomo ad agire. E sono proprio gli interessi e le conseguenti attività umane
ad essere oggetto della regolamentazione predisposta dall’ordinamento.
L’interesse può far capo ad un singolo individuo, come può appuntarsi in capo ad una collettività
di persone: si parla, in questo secondo caso, di interessi superindividuali5 ed entrano qui in gioco le
discusse categorie degli interessi collettivi e degli interessi diffusi.
In via preliminare, però, è necessaria una precisazione. Si parla di interesse pubblico generale
per indicare l’interesse della collettività indifferenziata, la cui cura è attribuita dalla legge alla
Pubblica Amministrazione. Si pensi all’interesse alla manutenzione delle strade, all’illuminazione
pubblica, ecc. i quali fanno capo alla generalità degli individui che formano una collettività).
Diversa connotazione assume l’interesse collettivo che è l’interesse facente capo ad un gruppo il
quale, però, si unifica in un ente (c.d. esponenziale) che diventa titolare dell’interesse del gruppo
stesso. Si pensi, ad esempio, alla figura del sindacato, il quale si presenta come un ente che si fa
portatore degli interessi della categoria dei lavoratori.
L’interesse collettivo si distingue dall’interesse diffuso. Si è pur sempre in presenza di un
interesse facente capo ad una collettività di individui, solo che tale collettività si presenta come un
insieme indeterminato di soggetti che non costituiscono una categoria o un gruppo omogeneo. In
secondo luogo, nel caso dell’interesse diffuso manca un ente esponenziale intorno al quale la
4
5
Pantaleoni citato da DI NARDI, Economia dello scambio, Napoli, 1982, 44.
Sul punto cfr. GALLI, Diritto amministrativo, Padova, 1994, 109.
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collettività si raccoglie, rimanendo - come si dice - l’interesse stesso allo stato diffuso tra gli
individui e, in quanto tale, privo di titolare (c.d. interesse adesposta): in altre parole, non si assiste
qui al fenomeno della personalizzazione dell’interesse mediante l’attribuzione di titolarità ad un
ente. La sua tutela è però attribuita comunque ad un ente particolare.
2.2.
La valutazione degli interessi e delle attività.
L’ordinamento giuridico può assumere nei confronti di un certo interesse, anzitutto, una
posizione di indifferenza6: il che si verifica quando esso lo considera estraneo alla propria sfera di
intervento e ritiene opportuno che rimanga localizzato sul piano dei rapporti sociali e affidato a
regole (non giuridiche) della morale o del costume sociale. Si consideri, ad esempio, l’ipotesi in cui
Tizio inviti a cena Caio e costui accetti: l’interesse di Tizio (corrispondente all’esigenza di avere a
cena l’amico) non assume rilevanza per l’ordinamento, dal momento che, se poi Caio rifiuta,
nessuno strumento prospetta il diritto per conseguire la realizzazione di quell’interesse. Vi potranno
essere conseguenze sul piano dell’amicizia, dei rapporti di cortesia, ma, in ogni caso, la vicenda si
svolge in un ambito di irrilevanza giuridica.
Laddove, invece, l’interesse venga preso in considerazione dall’ordinamento (assume cioè
rilevanza giuridica) è possibile individuare due ulteriori possibili atteggiamenti. In primo luogo, la
valutazione può esprimersi in senso positivo, nel senso che il legislatore non solo ritiene quel certo
interesse conforme alle proprie direttive, ma lo considera, altresì, meritevole di realizzazione.
L’interesse, allora, diviene oggetto di protezione da parte dell’ordinamento, il quale mette a
disposizione del suo titolare una serie di strumenti (vedremo quali) idonei a consentirne
l’attuazione. E così, l’interesse del soggetto a godere di un bene è reputato dal legislatore come
meritevole di protezione e, a tal fine, esso prevede azioni volte a scongiurare la possibilità che terzi
interferiscano nel pacifico godimento.
L’ipotesi opposta è quella in cui l’ordinamento ritiene che l’interesse sia in contrasto con altri
interessi di cui è portatore giudicati prevalenti: in tal caso, esso è oggetto di una valutazione
negativa da parte del legislatore che appresta gli strumenti idonei ad impedirne la realizzazione.
La doppia valutazione (in senso positivo o negativo) conferisce all’interesse rilevanza giuridica, anche
se poi diverse saranno le conseguenze, in dipendenza del diverso risultato del giudizio.
6
NICOLÒ, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1962, 11 ss.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Discorso analogo può farsi con riguardo alle attività umane volte alla realizzazione
dell’interesse. Anche in questo caso, il diritto può assumere un atteggiamento di indifferenza,
laddove l’attività umana venga considerata sì lecita, ma del tutto irrilevante sul piano delle
valutazioni giuridiche. Significativo è l’esempio di colui è solito salutare quotidianamente un’altra
persona: in questo caso, tale comportamento rimane estraneo all’ordinamento, il quale non appresta
mezzi di protezione per l’ipotesi in cui l’attività non venga più eseguita. Siamo nell’ambito di
quell’ampia sfera di attività che solitamente vengono raggruppate sotto l’espressione «prestazioni di
cortesia», le quali, per la loro natura, si situano al di fuori di ogni coazione normativa, ripugnando al
comune sentire il ricorso a mezzi risarcitori o ad esecuzioni forzate per garantirne lo svolgimento.
Quando, invece, l’ordinamento si interessa di talune attività umane (cioè attribuisce loro rilevanza
giuridica), l’atteggiamento - ancora una volta - può essere duplice: può considerare l’attività in contrasto
con le proprie direttive e, allora, essa è contrastata (c.dd. attività illecite); oppure può considerarla lecita e
altresì meritevole di protezione, apprestando, a tal fine, gli strumenti giuridici per garantire il realizzarsi
del risultato cui il soggetto tende.
Resta, peraltro, da stabilire quali siano i criteri in base ai quali il legislatore valuta gli interessi e
le attività. Storicamente, alla base di ogni giudizio normativo si pone l’esigenza di risolvere un
conflitto tra libertà ed autorità: da un lato, vi è l’aspirazione costante di ciascun individuo di
guadagnare margini di autonomia rispetto alla legge e, dall’altro, vi è la tendenza dell’ordinamento
a limitare quella libertà in vista della composizione armonica di interessi confliggenti. È un conflitto
antico, coevo alla stessa idea di diritto quale strumento di limitazione della libertà individuale per
garantire la pacifica coesistenza di soggetti che potenzialmente tendono ad affermare in toto la
proprio individualità. E il conflitto viene risolto dal legislatore, di volta in volta, tenendo conto delle
concezioni sociali, dei valori e delle ideologie che, in un certo momento storico, la società civile
esprime. E così, ad esempio, in un contesto politico caratterizzato da una ideologia liberalecapitalistica, l’ordinamento potrà dare prevalenza ad interessi che, latamente, assumono valenza
individuale, laddove, in una società di stampo socialista, si attribuirà prevalenza ad interessi che
tengono conto non tanto del singolo quanto di istanze collettive o, comunque, sociali.
Tutto ciò ci fa capire come i parametri assunti dall’ordinamento nel processo di valutazione degli
interessi e delle attività umane siano storicamente relativi: essi cioè non hanno carattere immutabile
(come se dovessero rispondere ad un utopistico ideale di logica e giustizia astratta), ma sono il
portato dei valori e delle ideologie che, di volta in volta, sono prevalenti in un determinato contesto
storico-sociale. Interessi che un tempo erano considerati estranei alla sfera di intervento del
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legislatore, oggi, invece possono ritenersi fondamentali in una società civile (si pensi, ad esempio,
alla sanità), così come interessi che in taluni ordinamenti sono considerati leciti e protetti, potranno,
in altri sistemi giuridici, essere considerati illeciti (si pensi all’ampia problematica sottesa
all’eutanasia).
2.3.
Le situazioni giuridiche.
Si è detto che, quando un certo interesse o una certa attività umana sono presi in considerazione
dall’ordinamento giuridico, essi, per ciò stesso, assumono rilevanza giuridica. Si tratta, adesso, di
esaminare più da vicino tale concetto.
Quando l’ordinamento prende in considerazione un interesse di un soggetto e - ricordando il
triplice atteggiamento che esso può assumere verso un dato interesse - lo considera meritevole di
realizzazione, tale considerazione si esprime nell’attribuzione al titolare dell’interesse di strumenti
finalizzati al suo soddisfacimento. In questo caso, sarà possibile parlare di situazione giuridica
soggettiva per evidenziare che il termine di riferimento della valutazione normativa è costituita da
un soggetto che è destinatario degli strumenti operativi concreti messi a disposizione dalla norma
giuridica7. Questa rilevanza, in altri termini, si tramuta in concetti e strumenti dell’ordinamento
giuridico.
Il rilievo che viene dato all’interesse porta alla costruzione della teoria delle situazioni giuridiche
soggettive, sia attive che passive: diritti soggettivi, interessi legittimi, status, ecc.; e poi, doveri,
obblighi, soggezioni. Con la conseguenziale costruzione del rapporto giuridico, che viene visto oggi
soprattutto come relazione tra due o più situazioni soggettive.
Il rilievo che, invece, viene dato all’attività dà luogo alla teoria dell’attività giuridica; composta
da fatti, atti e negozi.
C’è in più da aggiungere che l’interesse, e quindi lo strumento dato dall’ordinamento per la sua
realizzazione, si pone nel mondo dei concetti giuridici come mondo meramente ideale (il
“noumeno” kantiano); l’attività, e quindi i fatti giuridicamente rilevanti, si pongono sul piano del
mondo reale (il “fenomeno” di Kant). Un fatto del mondo empirico è o non è: può essere
considerato dal diritto. Da esso deriva l’effetto giuridico, che è una creazione meramente ideale (per
esso il “noumeno”) e che si traduce in situazioni giuridiche ed in rapporti giuridici.
7
In questo caso, il riferimento all’interesse e la sua conseguente valutazione in termini di liceità-illecità non sortisce
di per sé conseguenze giuridiche, dal momento che quella valutazione è solo il presupposto per il conseguente
riconoscimento, a favore del titolare, degli strumenti funzionalizzati alla sua realizzazione.
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Prendendo ora in considerazione la prima categoria di concetti, e cioè gli interessi umani,
dobbiamo dire che, laddove essi vengono valutati positivamente, ricevono dall’ordinamento una
tutela che può essere più o meno intensa. Essa si traduce in una serie di strumenti forniti al soggetto
per la realizzazione dell’interesse.
Gli strumenti che l’ordinamento fornisce sono appunto le situazioni giuridiche soggettive. Esse
non si confondono con l’interesse ma, come dice il nome, sono mezzi per la realizzazione
dell’interesse. Dunque, interesse protetto e strumenti per realizzarlo rimangono concetti ben distinti.
Questi strumenti possono consistere in due grandi ordini di concetti. Il primo è il potere, e cioè la
forza e la possibilità giuridica che l’ordinamento fornisce ad un soggetto: siamo in quelle che
chiamiamo le situazioni giuridiche attive.
Il secondo, viceversa, è la necessità, una condotta, una privazione od uno svantaggio che
l’ordinamento impone ad un altro soggetto: siamo in quelle che chiamiamo le situazioni giuridiche
passive.
In genere, le situazioni attive consistono in un potere fornito per la realizzazione di un interesse
proprio: diritto soggettivo, interesse legittimo, ecc. In genere, non sempre. Qualche volta, infatti, un
potere, e cioè una situazione attiva, viene concesso per la realizzazione di un interesse altrui: è il
caso delle potestà.
Le situazioni passive sono invece necessità, strumenti per la realizzazione, in genere, di un
interesse altrui: dovere, obbligo, soggezione. In genere, non sempre. Così l’onere è una situazione
passiva strumento per la realizzazione di un interesse proprio.
L’interesse, peraltro, può assumere due diverse connotazioni8:
a) l’individuo può voler conseguire un bene che non si ha (e in tal caso si configura una situazione dinamica
di appropriazione) (situazione giuridica soggettiva relativa) oppure
b) conservare un bene che già ha (nel qual caso si configura una situazione statica che mira a
mantenere integro il patrimonio al fine di godere) (situazione giuridica soggettiva assoluta).
Considerando, però, che l’interesse materiale riceve tutela dall’ordinamento secondo modalità e
intensità diverse, in relazione al grado di idoneità degli strumenti attribuiti al soggetto in vista del
soddisfacimento di quell’interesse, possiamo dire che le situazioni giuridiche soggettive si
distribuiscono secondo un sistema articolato, graduato, appunto, in relazione alla diversa idoneità
delle stesse a garantire la soddisfazione dell’interesse materiale.
8
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L’attribuzione di strumenti giuridici comporta il riconoscimento al soggetto di una situazione di
vantaggio o, come pure si denomina, attiva, in quanto capace di assicurare il conseguimento di un
risultato favorevole. La realizzazione dell’interesse materiale consegue, ordinariamente, attraverso
l’imposizione in capo ad un soggetto diverso di situazioni di svantaggio (o passive): ad esso si
impone di tenere un certo comportamento oppure di subire le conseguenze che la norma ricollega
direttamente al verificarsi di taluni accadimenti. La situazione giuridica passiva si pone, allora, in
rapporto di strumentalità rispetto a quella attiva, in quanto mezzo necessario per consentire la
realizzazione dell’altrui interesse.
Si instaura, in tal modo, un nesso tra situazioni attive e passive, termini (contrapposti) di una
medesima vicenda che trae origine - ripetiamo - dalla positiva valutazione espressa
dall’ordinamento nei riguardi di un certo interesse.
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