programma
solisti veneti
15-05-2008
I SOLISTI VENETI
11:57
Pagina 1
Lucio Degani
violino principale
Glauco Bertagnin
Chiara Parrini
Francesco Ommassini
Francesco Comisso
Kazuki Sasaki,
Enzo Ligresti
Matteo Ruffo
violini
Giancarlo Di Vacri
Silvestro Favero
viole
Gianantonio Viero
Giuseppe Barutti
violoncelli
Gabriele Ragghianti
contrabbasso
Paolo Pollastri
oboe
Giampiero Sobrino
clarinetto
Ugo Orlandi
mandolino
Claudio Scimone
direttore
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A chiusura delle celebrazioni
per il cinquantenario del Museo di Capodimonte
I SOLISTI VENETI
IN CONCERTO
diretti da
CLAUDIO SCIMONE
Napoli, Giovedì 22 maggio 2008
Museo di Capodimonte
Salone delle Feste
in collaborazione con
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NAPOLI E VENEZIA
Programma
Antonio Vivaldi
(1678-1741)
Dall’opera terza “L’Estro Armonico”
Concerto n. 11 in re minore
per due violini, violoncello e archi
Allegro - Adagio spiccato - Allegro
Largo e spiccato
Allegro
Solisti: Chiara Parrini, Glauco Bertagnin, violini
Gianantonio Viero, violoncello
Giuseppe Tartini
(1692-1770)
Concerto in la maggiore per violoncello e archi
Allegro
Largo
Allegro
Solista: Giuseppe Barutti, violoncello
Niccolò Paganini
(1782-1840)
Variazioni sul “Carnevale di Venezia” op. 10
per violino e archi
Solista: Lucio Degani, violino
* * * * *
Giovanni Battista Pergolesi
(1710-1736)
Concerto in si bemolle maggiore per mandolino e archi
Allegro
Largo alla siciliana
Allegro
Solista: Ugo Orlandi, mandolino
Domenico Cimarosa
(1749-1801)
Concerto in do minore per oboe e archi
Introduzione - Allegro
Siciliana
Allegro giusto
Solista: Paolo Pollastri, oboe
Francesco Durante
(1684-1755)
Concerto in la maggiore “La Pazzia” per archi
Allegro - Andante affettuoso
Affettuoso
Allegro
Saverio Mercadante
(1795-1870)
Concerto in si bemolle maggiore
per clarinetto e archi
Allegro maestoso
Andante con variazioni
Solista: Giampiero Sobrino, clarinetto
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Antonio Vivaldi (1678-1741)
Dall’opera terza “L’Estro Armonico”
Concerto in re minore n. 11 per due violini, violoncello e archi
Nel 1711 un certo signor Hans Heinrich Beck donò al Musikkollegium di Basilea un esemplare de “L’Estro
Armonico” di Vivaldi, nell’edizione stampata ad Amsterdam da Etienne Roger “Marchand Libraire”. Tale notizia è la prima che abbiamo dell’esistenza di questa raccolta di dodici Concerti per orchestra d’archi dei quali quattro per quattro violini solisti (i numeri 1, 4, 7, 10), quattro con due violini solisti (i Concerti 2, 5, 8, 11), quattro con violino solista (3, 6, 9, 12); essa permette, unitamente ad altri dati, di situare la data della pubblicazione
fra l’anno 1710 e il 1711, quando il Prete Rosso, nato nel 1678, era sulla trentina. Alcuni dei Concerti peraltro
erano già noti da tempo e avevano girato l’Europa in versioni manoscritte.
Fra i quattro Concerti per due violini solisti e archi rientra il Concerto in re minore n. 11: essi sono il punto di
passaggio dal Concerto per archi arcaicamente inteso (quello di Corelli per intenderci), ove un piccolo gruppo
di archi - il “Concertino” - si oppone al grosso dell’orchestra completa - il “Tutti”, alla nuova forma strumentale, ideata e praticata proprio da Vivaldi, del Concerto solista nel quale un solo solista dialoga con l’insieme orchestrale completo. Un passaggio che muove dalla molteplicità all’unità, dall’oggettivo al soggettivo, un’intuizione
geniale che eleva gradualmente lo strumento solista del concerto al ruolo di dominatore che gli competerà nei
due secoli successivi. Un processo che si attua tuttavia senza forzature, per gradi: ecco perciò l’importanza del
momento di passaggio - il Concerto per due violini, come il n. 11 - nel quale la preminenza sempre più prepotente ed espansiva dei solisti introduce quel “policentrismo” che scardinerà la struttura concertistica tradizionale
fino all’introduzione del solista unico, indiscusso signore della struttura della nuova forma musicale.
Si tratta inoltre di una delle composizioni più interessanti della raccolta perché in essa Vivaldi imbocca decisamente vie nuove con un esito di varietà e fascino mirabile. Il primo movimento Allegro è preceduto da una vertiginosa, stupenda Cadenza virtuosistica introduttiva dei tre solisti (due violini e violoncello). L’Allegro stesso è
una Fuga a quattro parti in ricco stile contrappuntistico con un tema e due controsoggetti di diverso carattere
sapientemente contrapposti; la novità è che al Tutti rispondono i tre solisti con episodi drammatici e brillanti.
Nel secondo tempo, la bellissima “Siciliana”, un solo solista prende il sopravvento con una meravigliosa, libera
melodia. Nel Finale ritorna il dialogo “virtuoso” dei tre strumenti. J.S. Bach non solo ha trascritto questo
Concerto ma lo ha ripreso ampiamente e modellato per i suoi Concerti strumentali.
Giuseppe Tartini (1692-1770)
Concerto in la maggiore per violoncello e archi
Grazie alle romanzesche vicende della sua vita e alla fama della sua opera più nota, il “Trillo del diavolo”, il nome
di Giuseppe Tartini e la sua fama di insuperabile virtuoso non sono state dimenticate nell’Ottocento. La sua
opera musicale però non ha avuto analoga fortuna ed è rimasta per quasi due secoli quasi completamente ignorata (eccettuate poche composizioni) finché nel 1970, “I Solisti Veneti” e l’Accademia Tartiniana di Padova
hanno iniziato la pubblicazione dell’Opera omnia.
Nato a Pirano d’Istria nel 1692, Tartini fu da giovane indirizzato alla carriera ecclesiastica, lasciata la quale studiò Diritto acquistandosi nel contempo fama di abilissimo schermidore. Avventuroso fu il suo matrimonio con
la figlia del cocchiere dell’allora Vescovo di Padova, perché Tartini incorse nelle ire del potentissimo Prelato e
dovette fortunosamente fuggire da Padova. Si ritirò ad Assisi e tanti e tali progressi fece in quegli anni di ritiro,
ove unico suo interesse e svago fu il violino, che quando - riconciliatosi con il Vescovo - poté rientrare a Padova
fu presto assunto nell’allora celebre Cappella Musicale della Basilica del Santo. Per cinquant’anni vi prestò servizio, primo violino e “Maestro dei Concerti” d’un orchestra reputata fra le migliori del tempo.
Oltre ai 130 concerti per violino, Tartini ha scritto due Concerti per violoncello (di cui uno concepito per la
viola da gamba) dedicati al suo amico, celebre violoncellista, Antonio Vandini, come lui attivo nell’ambito della
Cappella Antoniana ed anche, accanto a Vivaldi, insegnante di violoncello per le trovatelle dell’Ospedale della
Pietà a Venezia. Il Concerto in la maggiore si segnala per lo stupendo tempo lento centrale in cui l’arte di Tartini
raggiunge uno dei vertici lirici ed espressivi più elevati. Val la pena di ricordare a questo proposito l’insegnamento del “Maestro delle Nazioni” (così era detto Tartini) alla sua scuola: “Per ben suonare bisogna ben cantare”.
Niccolò Paganini (1782-1840)
Variazioni sul “Carnevale di Venezia” op. 10 per violino e archi
Niccolò Paganini, senza dubbio il più famoso fra i violinisti virtuosi della storia della musica, è vissuto nel periodo dello sviluppo dell’opera italiana dell’Ottocento ed è stato legato da grande amicizia a molti compositori fra
cui Rossini (in occasione della prima esecuzione del “Barbiere di Siviglia” a Parigi, Paganini si è seduto al posto
di primo violino dell’orchestra ed ha suonato tutta la parte all’ottava superiore!) e Berlioz, che gli ha consacrato “Aroldo in Italia”. Ha composto un grande numero di opere (Concerti, Studi, Capricci, Sonate e Variazioni)
che sono dedicate quasi esclusivamente al suo strumento, ma traducono nello stile strumentale lo spirito lirico,
appassionato e teatrale, ed il carattere virtuoso dell’Opera a lui contemporanea.
La serie di Variazioni sul “Carnevale di Venezia”, ha per tema una delle più popolari canzoni veneziane dell’epoca, “Il mio cappello a tre punte”. Si tratta di una delle più acrobatiche composizioni di Paganini: ogni variazione mette in valore un aspetto particolare della tecnica violinistica, dalle ottave e decime simultanee agli armonici doppi. Ma il carattere melodico del Tema, che è anche oggi strettamente associato all’immagine della meravigliosa Venezia, emerge costantemente col suo fascino festoso.
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Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736)
Concerto in si bemolle maggiore per mandolino e archi
Il Concerto qui presentato si può ritrovare in numerose ed abbastanza antiche edizioni a stampa, ma soprattutto esso ci è tramandato da un manoscritto, più antico di esse, probabilmente una copia posteriore alla morte di
Pergolesi, attualmente conservato presso la Biblioteca del Conservatorio di Napoli.
Il suo autore, Giovanni Battista Pergolesi, più noto al grande pubblico per altre opere tra le quali l’esilarante intermezzo “La Serva Padrona” e il bellissimo “Stabat Mater” per soprano, contralto e archi, ebbe una vita sfortunata: debole e malaticcio morì giovanissimo, a soli ventisei anni, lasciò però di sè duratura fama di compositore ed
opere musicali di incomparabile bellezza.
Tra esse il concerto per mandolino e archi in si bemolle maggiore: una composizione piena di grazia delicata. In
essa lo strumento solista - il mandolino - è trattato “alla classica”, non ricorrendo alla tecnica del tremolo bensì
assegnando ad ogni singola nota un solo pizzico del plettro: una scelta che conferisce alla scrittura un nobile
carattere liutistico. Sempre a proposito di questo concerto può essere interessante notare che un foglio isolato del
manoscritto originale - trattasi di una pagina della parte di basso continuo - reca un’annotazione firmata Prospero
Cauciello: musicista napoletano vissuto pochi anni dopo Pergolesi, virtuoso di mandolino e insegnante di flauto alla corte di Federico il Grande, tale nota può assumere per noi il valore di una testimonianza del successo che
le opere di Pergolesi continuarono a riscuotere anche dopo la prematura morte del loro autore.
Domenico Cimarosa (1749-1801)
Concerto in do minore per oboe e orchestra
Domenico Cimarosa è certamente uno dei più interessanti e geniali operisti del tardo Settecento italiano.
Nativo di Caserta compì i propri studi musicali al Conservatorio della Madonna di Loreto completandoli in
seguito sotto la guida dell’illustre compositore italiano Nicolò Piccinni. Dopo varie esperienze nel campo della
musica sacra esordì come autore di opere teatrali nel Carnevale 1772 manifestando un’innata e felice inclinazione per l’opera buffa. Seguirono numerosi successi in tutta Europa sull’onda dei quali approdò alla Corte di
Caterina di Russia ove si trattenne dal 1787 al 1791. Recatosi a Venezia in seguito ai moti rivoluzionari napoletani del 1799 risiedette nella città veneta fino alla morte nel 1801. Venezia gli tributò in morte trionfali esequie che ben manifestarono di quanto affetto il compositore godesse in terra veneta.
Il Concerto in do minore per oboe e archi è opera di rara bellezza: in essa le due caratteristiche principali dell’oboe - brillantezza e melodiosità - sono sfruttate con sapiente maestria. Alla vivacità dei movimenti allegri si
alterna la cantabile delicatezza dei due adagio, fra i quali eccelle il primo - l’Introduzione - in cui l’oboe si distacca dall’accompagnamento degli archi ricamando una melodia intensa e di straordinario fascino. Il tempo finale, caratterizzato da veloci note ribattute, costituisce un bell’esempio di virtuosismo strumentale interpretato
con gusto leggero e senza facili ostentazioni.
Francesco Durante (1684-1755)
Concerto in la maggiore “La Pazzia” per archi
Francesco Durante, nato a Frattamaggiore da una famiglia di musicisti nel 1684 e morto a Napoli nel 1755, è
da molti considerato come uno dei principali esponenti e iniziatori della scuola strumentale napoletana, avendo avuto fra i suoi allievi Pergolesi, Paisiello, Traetta, Piccinni, Sacchini, Jacomelli, Fenaroli e numerosi altri.
Fra i compositori napoletani dell’epoca, Durante si segnala per essere uno dei pochi che non si sono dedicati
alla produzione teatrale, dato che questa si limita allo scherzo drammatico “Prodigii della Divina Misericordia
verso i divoti del glorioso S. Antonio di Padua” (1705). La musica di Durante ha avuto una grandissima diffusione internazionale, testimoniata dalla presenza di manoscritti delle sue opere nelle principali Biblioteche europee. Il Concerto detto dall’autore “La Pazzia” si segnala per la sua forma originalissima composta da numerosi,
contrastanti e interessantissimi movimenti brevi e dagli interventi solistici virtuosi e affascinanti del violino
principale dell’orchestra.
Saverio Mercadante (1795-1870)
Concerto in si bemolle maggiore per clarinetto e archi
Saverio Mercadante, nato ad Altamura nel 1795 si trasferì a Napoli nel 1806 e qui vi morì nel 1870. A differenza di Durante, Mercadante, grazie anche all’altissima stima che di lui aveva Rossini, ottenne un immenso
successo mondiale come compositore di opera e dal 1840 fu direttore del Conservatorio di Napoli, posto che
tenne fino alla morte.
La sua produzione strumentale è ricchissima anche nel campo della musica da camera ed è soprattutto nota per
la quasi teatrale piega melodica e il brillantissimo virtuosismo dei suoi numerosi Concerti solistici, scritti per
un’ampia gamma di strumenti, dal flauto al clarinetto al corno al violino.