Liceo Classico Statale “Ugo Foscolo” via Defendente Sacchi 15, 27100 Pavia “Premio Bonacini” Tema Elettricità e magnetismo: esperimenti e misure su analogie, diversità, intreccio tra due facce della stessa medaglia. 1° Premio Per la correttezza sperimentale e l’esauriente spiegazione teorica dei fenomeni studiati Veronica Pedroni Giovanna Albonico Matilde Oppizzi III A III A III A Docente coordinatore: prof. Giuseppe Lorini 1 Relazione Prof. Giuseppe Lorini Docente di Matematica e Fisica Classe III A – Liceo Classico Ugo Foscolo – Pavia Ho sempre inteso l’insegnamento della fisica come ricerca, dando molta importanza alla fase sperimentale. Il tema del concorso si è inserito perfettamente nel programma di elettromagnetismo che ho svolto in terza liceo. Ho ritenuto da sempre adeguata la strumentazione presente nel nostro laboratorio. Si è osservato più volte l’esperimento in tutte le situazioni possibili. La discussione che ne è seguita ha individuato i temi della ricerca sperimentale. Nello studio della I=I(t) ho sfruttato il lavoro fatto in precedenza sulla I di carica e scarica di un condensatore, evidenziando le fortissime analogie. Interessante ed originale la congettura e l’interpretazione finale del non ritardo nello spegnimento delle due lampadine. Volutamente si è scelto come titolo della ricerca la domanda spontanea nata dalla prima osservazione sperimentale e non il canonico “Sfasamento tensione-corrente alla chiusura di un circuito a corrente continua (con due bobine da 1000 spire e due lampadine)”. Altrettanto volutamente, si è ridotta al minimo l’analisi teorica degli esperimenti; in questo ambito, segnalo l’interessante ed indispensabile approccio senza le equazioni differenziali nella ricerca della I=I(t) alla chiusura e all’apertura del circuito. Le ragazze hanno lavorato in modo autonomo e hanno tentato di coinvolgere l’intera classe nella loro ricerca, riuscendo bene in quella sperimentale e incontrando alcune difficoltà in quella teorica (legate alla trattazione degli argomenti in classe iniziata solo negli ultimi giorni disponibili per il completamento del lavoro). Nota: la non presenza del giogo nel circuito della figura 3 è dovuta all’ottenimento di una migliore curva sperimentale I=I(t). 2 Un ritardo e un non-ritardo incomprensibili Il fenomeno dell’induzione elettromagnetica (la variazione di un campo magnetico produce un campo elettrico e viceversa), studiato per la prima volta da Faraday nel 1831, ha rappresentato una delle più rilevanti scoperte scientifiche del XIX secolo. Grazie ad essa, la forza elettrica e quella magnetica, che fino ad allora sembravano avere comportamenti molto diversi e indipendenti, sono state considerate come due diversi aspetti di un’unica forza. Le caratteristiche generali dell’induzione elettromagnetica possono essere facilmente studiate con le normali apparecchiature scientifiche generalmente in dotazione al Laboratorio scolastico di Fisica. A tale scopo abbiamo costruito il circuito elettrico schematizzato in figura 1. FIGURA 1 Tale circuito è costituito da: un alimentatore in corrente continua da 4,8V; un invertitore del senso della corrente; due bobine di 1000 spire (B1, B2) collegate in parallelo; due lampadine (L1, L2) collegate in serie alle rispettive bobine. 3 Inizialmente il solenoide B2 è stato inserito nel circuito senza il nucleo di ferro presente in figura. In questo caso, chiudendo l’interruttore, si nota che le due lampadine si accendono contemporaneamente, dato che sono collocate in circuiti identici. Come si può facilmente intuire, una volta aperto l’interruttore esse si spengono di nuovo nello stesso momento. Ora si inserisce un nucleo di ferro all’interno della bobina B2, lo si chiude con un giogo e si ripete l’esperimento precedente. Si osserva che la lampadina L2, posta in serie al solenoide con il nucleo di ferro, si accende in ritardo rispetto a L1; invece se si apre l’interruttore, le lampadine si spengono contemporaneamente. Dopo aver ripetuto queste operazioni, risulta evidente una progressiva diminuzione del ritardo di accensione di L2; al contrario tale ritardo è aumentato dopo aver invertito il verso della corrente prima della chiusura del circuito. Dato che i due circuiti rappresentati in figura hanno uguale resistenza ohmica (le bobine sono infatti identiche), il ritardo dell’accensione della lampadina è dovuto alla presenza del nucleo di ferro all’interno del solenoide B2. Come sappiamo, un qualsiasi circuito percorso da una corrente, genera un campo magnetico e quindi anche un flusso magnetico concatenato con se stesso. Al momento della chiusura del circuito il flusso di induzione ΦB concatenato con il circuito varia nel tempo, creando, per la legge di Faraday-Neumann-Lenz una forza elettromotrice (f.e.m.) indotta pari alla variazione temporale ∆ΦB/∆t cambiata di segno: ∆Φ B f.e.m. = − ∆t Se il circuito in cui passa corrente ha resistenza R, la corrente indotta è data quindi da: I′ = − 1 ∆Φ B R ∆t Questa corrente indotta si somma alla corrente I fornita dalla batteria, opponendosi ad essa (∆ΦB/∆t>0) e rallentando così la crescita della corrente nel circuito (contrastando cioè la causa che l’ha generata). Il flusso di induzione ΦB generato da ciascuna delle bobine è pari a ΦB = L ⋅ I 4 (1) dove la costante di proporzionalità L prende il nome di coefficiente di induzione o induttanza. Il calcolo dell’induttanza è particolarmente semplice nel caso di un solenoide. Sappiamo infatti che il campo magnetico all’interno della bobina, approssimativamente uniforme, è diretto secondo il suo asse ed ha intensità: B = µ0 µr NI l dove l è la lunghezza del solenoide, N il numero delle spire percorse dalla corrente I, mentre µ0 e µr sono permeabilità magnetica del vuoto e del mezzo posto all’interno della bobina. Il flusso concatenato con una spira è quindi BS, dove S è la sezione delle spire. Ma dato che vi sono N spire, il flusso concatenato sarà N volte maggiore, ΦB = NBS. Ricavando l’induttanza come L = ΦB/I, dalla formula (1) si ottiene infine: N 2S L = µ0 µ r l Senza il nucleo di ferro all’interno di B2, le due bobine hanno ovviamente lo stesso valore di L e della corrente indotta I΄. Quando invece il solenoide B2 è avvolto su ferro la sua autoinduttanza aumenta di circa 1000 volte, a causa dell’aumento del valore di µr. Per tale motivo, l’intensità della corrente che attraversa la bobina B2 assume il valore determinato dalla prima legge di Ohm (I = V/R), molto più gradualmente rispetto a B1. Quando si apre il circuito, il ferro rimane in parte magnetizzato (magnetismo residuo) per il fenomeno di isteresi magnetica. Un campione di ferro inizialmente smagnetizzato posto all’interno di un campo magnetico esterno H si magnetizza generando a sua volta un campo magnetico totale B proporzionale ad H (punto P1 di figura 2); la curva O-P1 viene chiamata curva di prima magnetizzazione. Quando il campo esterno H ritorna a zero, nel ferro rimane un magnetismo residuo Br (vedere figura 2). Il ferro ha pertanto acquisito una magnetizzazione permanente; per eliminare tale magnetizzazione è necessario invertire il verso del campo H (nel nostro caso, invertire il senso della corrente che fluisce nel solenoide), fino ad arrivare al valore Hc di figura 2. 5 FIGURA 2 Per effetto di questo magnetismo residuo, la bobina è ancora attraversata da un flusso magnetico Φ1 che ha verso opposto a quello che si era creato alla chiusura. Ad una successiva chiusura, il flusso magnetico totale risulterà quindi: Φ2=ΦB-Φ1 < Φ, con una conseguente diminuzione del tempo di ritardo. Invertendo il senso della corrente, il flusso raggiunge il valore –Φ, di segno contrario al precedente, e la variazione del flusso risulta ora: Φ2=-ΦB-Φ1 ; | Φ2 | > Φ Essendo ora il flusso maggiore, in valore assoluto, rispetto a quello che si era creato alla chiusura effettuata prima dell’inversione del verso di corrente, il ritardo nell’accensione della lampadina L2 risulta ora più accentuato. Per spiegare il contemporaneo spegnimento delle lampadine al momento dell’apertura del circuito è invece necessario studiare in maniera quantitativa l’andamento della curva I(t), cioè dell’andamento della corrente all’interno del circuito in funzione del tempo. 6 Determinazione sperimentale della funzione I(t) alla chiusura di un circuito a corrente continua contenente una bobina Per determinare sperimentalmente l’andamento temporale della corrente I in un circuito a corrente continua contenente una bobina è stato costruito il circuito schematizzato nella figura 3. CASSY FIGURA 3 Tale circuito è costituito da: • una bobina da 1000 spire su nucleo da trasformatore senza giogo; • resistore di valore 100Ω; • un sensore Cassy, controllato via computer, per registrare i dati della misura di corrente del circuito • batteria di pile da 9V. Inizialmente la batteria è disinserita (cioè i contatti del relè R sono nella posizione 0 di figura 4) e il solenoide è cortocircuitato sulla resistenza. Si preme un comando della tastiera del computer che controlla il sensore Cassy per chiudere il contatto di relè (R in posizione 1); in questo modo la corrente fluisce attraverso il resistore R nella bobina per un tempo predeterminato, nel nostro caso 100 ms. Attraverso il sensore il computer rileva, durante 100 ms, e memorizza i valori dell’intensità di corrente con i rispettivi tempi. 7 Rappresentando graficamente I=f(t) (intensità della corrente nel circuito in funzione del tempo) si ottiene la curva rappresentata in figura 4. L’andamento della corrente sembra essere quello di una funzione esponenziale rovesciata. Per verificare questa ipotesi è stata effettuata la sostituzione I' =Ir-I, dove Ir rappresenta la corrente di regime a circuito chiuso e si è costruito il grafico I'=f(t). Per costruire questo secondo grafico, la scala dei tempi è stata limitata a t=50 ms circa. Poiché I tende asintoticamente a Ir, oltre tale valore la differenza I' =Ir-I tende ad avere delle oscillazioni per la limitata sensibilità dello strumento di misura utilizzato ed il grafico I'=f(t) avrebbe una dentellatura che ne falserebbe l’andamento Il grafico I'(t) sembra ora avere un andamento esponenziale decrescente (vedere fig. 5). Per provare questa seconda ipotesi, si disegna un nuovo grafico riportando sull’asse delle ordinate il valore ln(I'). Come è chiaramente mostrato in figura 6, si ottiene una che retta ln(I')=f(t) ha un andamento rettilineo che conferma le ipotesi di partenza. 8 9 Da tale grafico, si calcola la pendenza della retta come: ln( I ′) − ln( I 0′ ) = −k t Dove con k si considera il valore assoluto della pendenza negativa della retta sperimentale. Dall’equazione precedente si ottiene: I′ ln = −kt I 0′ da cui: I ′ = I 0′ ⋅ e − kt Ricordando ora la relazione I'=Ir-I ed essendo I'0= Ir si ottiene infine: I r − I = I r ⋅ e − kt da cui: I = I r ⋅ (1 − e − kt ) Questa funzione esprime l’andamento della corrente di chiusura in funzione del tempo in un circuito a corrente continua contenente una bobina in serie posta in serie ad una resistenza di valore r. Per l’omogeneità dimensionale del termine che compare all’esponente, le dimensioni di k devono essere inverse di quella di un tempo. Si dimostra facilmente che k=R/L e che, dimensionalmente, R/L è pari a T -1. Determinazione sperimentale della funzione I(t) all’ apertura di un circuito a corrente continua contenente una bobina Per questa misura è stato costruito il circuito di fig. 7 che differisce dal precedente solo perché sono invertiti i collegamenti con i contatti 0 e 1 del relé. Inoltre, fra i contatti 0 e R del relé è stato posto un condensatore con lo scopo di assorbire l’eventuale extratensione di apertura. Ora, quando il relé è quindi nella posizione (R=0) nella bobina, attraverso il resistore R=100 Ω, fluisce la corrente di regime I0. Azionando un comando della tastiera del computer, il relé passa nella posizione (R=1); la batteria alimentatrice viene esclusa e la bobina è cortocircuitata sulla resistenza R. 10 FIGURA 7 11 Il computer rileva attraverso l’interfaccia CASSY i valori di intensità I di corrente durante lo stessa intervallo temporale scelto in precedenza scelta (100 ms); l’andamento della corrente così registrata in funzione del tempo è rappresentata nella figura 8. Il grafico ottenuto sembra un arco di esponenziale decrescente. Analogamente a quanto è stato fatto in precedenza, per provare tale ipotesi si costruisce un secondo grafico (vedere fig. 9) riportando sull’asse delle ordinate il valore ln(I). Per l’elaborazione del grafico ci si è limitati, per le stesse ragioni precedentemente indicate, a considerare un intervallo temporale di circa 50 ms circa. Anche in questo caso si è ottenuta una retta, la cui pendenza risulta: ln( I ) − ln( I 0 ) = −k t da cui: I = I 0 ⋅ e − kt 12 Questa funzione esprime l’andamento della corrente di apertura in funzione del tempo in un circuito a corrente continua contenente una bobina in serie posta in serie ad una resistenza di valore r . CONSIDERAZIONI FINALI L’andamento temporale della corrente di chiusura ed apertura precedentemente ricavate consentono di spiegare il motivo del contemporaneo spegnimento delle due lampadine che è stato osservato nel circuito di Fig. 1. In questo caso infatti, per la legge di Faraday-Neumann-Lenz si genera di nuovo una f.e.m. indotta che tende a ritardare lo spegnimento della lampadina L2 ( dato ∆Φ B che è positivo), al contrario di quanto avviene alla chiusura del circuito. ∆t Questa apparente contraddizione può essere spiegata considerando il grafico qualitativo riportato in fig. 10 FIGURA 10 13 La linea continua azzurra rappresenta la funzione I=f(t) nella parte di circuito di fig. 1 in cui è posto il solenoide B1, mentre con la curva rossa si è rappresentata la stessa funzione per la parte di circuito in cui sono posti il solenoide B2 con il magnete. Con IR è mostrata la stessa corrente di regime per entrambi i circuiti. Come già rilevato in precedenza, la presenza del magnete all’interno di B2 causa un aumento dell’induttanza L del circuito e, quindi, una diminuzione della costante k che regola l’andamento della corrente al momento della chiusura/apertura del circuito. Questo, come mostrato nella figura, provoca, come ci si aspetta, un ritardato aumento/diminuzione di I alla chiusura/apertura del circuito. Tuttavia le lampadine poste nei circuiti hanno bisogno, per accendersi, di una corrente maggiore di un certo valore di soglia IA . Poiché nel nostro caso questo valore di soglia IA non è molto minore di IR, il ritardo ∆t1 che si ha all’accensione è maggiore del corrispondente ritardo ∆t2 che si ha al momento della chiusura, per la particolare forma di I=f(t) (vedere figura 10). Anche se lo spegnimento non avviene in contemporanea nelle due situazioni, la differenza ∆t2 è troppo piccola per essere percepibile ad occhio nudo. Bibliografia E. Nascimbene, G. Lorini, “Esperimenti con solenoidi. Induttanza”, Quaderno di Fisica, 2 marzo 1994 C. Castagnoli, “Fondamenti di Fisica”, vol.3, SEI Torino, 1976 D. Halliday, R. Resnick, “Fundamentals of Physics, 2nd edition, John Wiley & Sons, 1981 J.Walker: Fondamenti di Fisica, vol.2, Zanichelli editore, 2005 14