Università IUAV di Venezia - CdL Triennale in Urbanistica e Pianificazione del Territorio
Corso di Sociologia Generale e del Territorio
A.A 2015-2016
La città
nelle scienze
sociali
Guido Borelli
[email protected]
AVVISO
Le diapositive contenute in questo file sono
le stesse (rivedute e ampliate) presentate
dal docente nel corso delle lezioni.
Hanno lo scopo di riassumere le principali
questioni (non tutte!) trattate durante le
lezioni e vanno necessariamente integrate
con i testi di riferimento e con gli appunti
presi durante le lezioni.
In nessun modo dovranno essere
considerate esaustive del corso di
sociologia.
La sociologia
Letture di riferimento:
Bagnasco, A. (2013), Prima lezione di sociologia, Laterza, Bari.
Bagnasco, A, Barbagli, M, Cavalli, A. (2007), Corso di Sociologia, Il Mulino, Bologna
La sociologia si occupa dello studio
scientifico della società. La sociologia
nasce (A. Comte, Corso di filosofia
positiva, 1839) come necessità di
comprendere le trasformazioni che
iniziavano a strutturare quella che in
poco tempo diventerà la società
moderna.
Per società si intende una popolazione
stabilmente insediata su un territorio
delimitato, i cui rapporti sono
abbastanza durevoli da consentire la
riproduzione dell’esistenza, la
soddisfazione dei bisogni vitali e la
sedimentazione di una comune cultura
da cui discendono le norme che
regolano la vita della collettività.
I paradigmi della riflessione
sociologica
1. paradigma dell’ordine;
2. paradigma del conflitto:
3. paradigma della struttura;
4. paradigma dell’azione;
1. Paradigma dell’ordine
Cosa tiene insieme la società e come è
possibile l’ordine sociale in un’epoca in
cui le trasformazioni economiche, sociali
e culturali hanno infranto la credenza
nella sacralità della tradizione e della
religione?
2. Paradigma del conflitto
Il conflitto non è una condizione
patologica della società, ma la sua
condizione normale che può generare
sia ordine sia mutamento
3. Paradigma della struttura
La società viene prima degli individui.
I fatti sociali possono essere spiegati
solo da altri fatti sociali, non si può
partire dal comportamento degli
individui, dalle loro motivazioni e dalla
loro personalità, per arrivare alla
società.
4. Paradigma dell’azione
(individualismo metodologico)
Per spiegare i fenomeni sociali – di
qualsiasi natura essi siano – è sempre
necessario ricondurli ad atteggiamenti,
credenze e comportamenti individuali e
di questi si deve cogliere il significato
che rivestono per l’attore.
L’immaginazione
sociologica
Lettura di riferimento: Mills, C.W. (1962), L’immaginazione sociologia, Il Saggiatore, Milano.
Charles Wright Mills, 1916-1962
L’immaginazione sociologica è la
capacità di comprendere come la società
è fatta e funziona.
È una particolare qualità della mente:
chi la possiede è capace di:
fare ordine nell’ambiente sociale che lo
circonda;
riconoscere condizioni simili tra categorie
di persone;
distinguere questioni individuali, circoscritte
all’ambiente immediato, da questioni pubblici
che nascono nella più grande organizzazione
della società e nel funzionamento delle sue
istituzioni;
connettere questioni private a problemi
pubblici, comprendendone le ragioni,
Wright Mills parla dell’immaginazione
sociologica come della capacità di:
«riflettere su se stessi liberi dalle abitudini
familiari della vita quotidiana, al fine di
guardare la realtà con occhi diversi».
Liberi dai cliché, dalle abitudini e da
comportamenti che col tempo hanno assunto
ai nostri occhi una naturalezza scontata non
solo in relazione alla nostra esistenza, ma di
tutta la specie umana.
Lo sguardo sociologico è quel particolare
approccio che abbandona il punto di vista
naturalistico sulla realtà umana, per
adottare la consapevolezza della natura
storica, costruita, e dunque mutevole, di tutti
i fatti umani.
P. es., l’analisi di un gesto spontaneo come
quello di bere una tazzina dì caffè può
rivelare la presenza di profonde influenze
sociali.
Robert Ezra Park
La città come
organismo
«Quando facevo il giornalista ero
solito scrivere molti articoli per
l’edizione domenicale (…)
Verificai che il giornale voleva
pubblicare qualsiasi cosa
interessante, purché attinente
alla comunità locale.
Scrissi molti articoli di ogni
genere e in questo modo acquisii
confidenza con molti aspetti della
vita cittadina.
Penso di aver percorso,
camminando nelle città in
svariate parti del mondo, più
strada di ogni essere vivente.
Da tutto questo ricavai, tra le
altre cose, una concezione della
città, della comunità, della
regione, non come fenomeno
meramente geografico, ma come
una specie di organismo umano»
Robert Ezra Park,
An Autobiographical Note (1950)
Per Robert Park (1864-1944), la
città coincide la sua popolazione,
come questa si concentra e come si
distribuisce nello spazio urbano.
La città è – quindi – un laboratorio
sociale nel quale studiare i più tipici
processi della società
contemporanea
L'ecologia
umana
L'immagine di città come
organismo spaziale è derivata
da Park e dai ricercatori della
Scuola di Chicago dalle teorie
evoluzioniste di Darwin (1859):
dai principi di adattamento e di
cooperazione competitiva tra
specie animali, vegetali, individui
e ambiente.
Il postulato fondamentale della
scuola di Chicago è che
l'adattamento all'ambiente –
sebbene abbia luogo attraverso
le azioni di singoli individui – in
realtà è un fenomeno collettivo
che coinvolge tutti coloro che
occupano stabilmente una
determinata area.
Park coglie la grande
eterogeneità dei quartieri di
Chicago: “mondi isolati (…) con
pochi legami con la società
circostante (...o) quartieri del
vizio che si definiscono più per le
attività che si svolgono che per
le persone che vi abitano”.
Per spiegare il funzionamento
delle popolazioni urbane, Park
ha introdotto il concetto
dell'ordine morale, descritto
come impegno degli individui nel
preservare il rispetto di se stessi
attraverso il riconoscimento degli
altri.
Per dare conto delle complessità
introdotte dal concetto di ordine
morale, Park lo ha suddiviso in
due categorie: l'ordine
simbiotico e l'ordine culturale:
«c'è una società simbiotica
basata sulla competizione e una
sociertà culturale basata sul
consenso».
La città è una
costellazione di
aree naturali
The Gold Coast and the Slum
H. Zorbaugh (1929)
Era un'area di Chicago
(Near North Side), caratterizzata
da una eterogenea gamma di
condizioni sociali.
Zorbaugh ne individuò sei:
The Gold Coast and the Slum
H. Zorbaugh (1929)
1.La Gold Coast;
2.Gli appartamenti in affitto;
3.La Bohemia;
4.I negozi (locali notturni);
5.Little Sicily;
6.Lo Slum.
The Gold Coast and the Slum
H. Zorbaugh (1929)
Per Zorbaugh la composizione
sociale dei quartieri non rimane
stabile nel tempo, ma si
trasforma continuamente
Chicago and the Gold Coast
The Near North Sdide (a.k.a. The Gold Coast)
«Geographer Chauncy Harris often
argued that Chicago in the first half
of the 20th century was the
most studied city in the world.
This claim is unprovable, but there were
certainly an enormous number of
scholarly studies of Chicago between
the 1920s and the middle
of the 20th century.
Many of these included maps».
http://www.lib.uchicago.edu/e/collections/maps/chisoc/
Lo schema dei cerchi concentrici di Ernest Burgess (1925)
Le ricerche
della scuola di
Chicago
1.The Hobo (Anderson, 1923);
2.The Gang (Thraser, 1927);
3.The Ghetto (Wirth, 1928);
4.The Taxi Dance Hall (Cressey,1932);
I metodi di
ricerca
«osserva le persone ordinarie
durante le attività ordinarie»
(R. Park)
La scuola di Chicago e i
metodi etnografici
1.osservazione diretta;
2.interviste;
3.raccolta di documenti.
«Realizzate il più possibile i vostri documenti
attraverso case study, fornite, cioè,
esempi concreti più che descrizioni generali.
Citate le vostre fonti letteralmente,
piuttosto che parafrasarle.
Assicuratevi, se possibile, racconti di vita,
più che interviste.
Citate sempre la fonte delle vostre relazioni e, se
già pubblicata, siate precisi nel darne i riferimenti.
Fate e raccogliete fotografie».
William Thomas, 1912
Stephen Shore (1972), A Road Trip Journal
https://vimeo.com/52102553
Il contadino polacco
in Europa e in America
W.I. Thomas, F. Znaniecki (1920)
In questo lavoro gli autori inaugurano un
metodo di indagine sociologica (prossimo
alla etnografia) basato sulla raccolta di
documenti personali di vario tipo – p. es.
la corrispondenza (754 lettere nel caso di
Thomas e Znaniecki), con l’intento di
descrivere una situazione ‘naturale’,
espressione di valori, rappresentazioni e
credenze.
L'urbanesimo
come
modo di vita
«Ai fini sociologici una città può
definirsi come un insediamento
relativamente vasto, denso e
duraturo di persone
socialmente eterogenee. Sulla
base dei postulati che questa
definizione minima suggerisce,
si può formulare una teoria
dell’urbanesimo alla luce delle
conoscenze che attualmente
possediamo in merito ai gruppi
sociali
L’urbanesimo come modo di
vita (1938)
Louis Wirth
(1897-1952)
L’urbanesimo in sé non ha confini, ma si
manifesta in vari gradi laddove arrivano gli
influssi della città.
Urbanism as a Way of Life
L. Wirth (1938)
Per Louis Wirth la città è un
insediamento:
1.relativamente grande;
2.denso;
3. omogeneo.
Urbanism as a way of life
L. Wirth (1938)
1. Dimensione
L’aumento del numero degli abitanti in un
insediamento residenziale (…) comporta un
mutamento dei rapporti tra gli abitanti.
Tali variazioni daranno origine a fenomeni di
segregazione spaziale.
In tali circostanze i meccanismi della
competizione e del controllo formale
agiscono in sostituzione dei legami di
solidarietà.
Urbanism as a way of life
L. Wirth (1938)
1. Dimensione
Quello che si guadagna emancipandosi dal
controllo del gruppo di appartenenza, lo si
perde privandosi della spontaneità
espressiva e del senso di partecipazione a
una società integrata.
Si verifica così l’anomia, o vuoto sociale, di
cui parlava Durkheim.
Urbanism as a way of life
L. Wirth (1938)
2. Densità
Un aumento degli abitanti in un’area – cioè
un aumento di densità – produce
differenziazione e specializzazione, perché
solo in questo modo l’area può sopportare
l’aumento numerico. Si aumenta così la
complessità della struttura sociale.
Nel contesto urbano i segni di
riconoscimento sono prevalentemente
visivi.
Urbanism as a way of life
L. Wirth (1938)
3. Eterogeneità
In virtù dei suoi diversi interessi personali e
sociali, l’individuo si associa a una molteplicità di
gruppi, ognuno dei quali è per lui rilevante solo in
funzione di qualche particolare aspetto della sua
personalità. Questi gruppi non sono concentrici (i
più piccoli risultano inseriti in quelli più grandi,
come accade nel mondo rurale, ma sono
piuttosto tangenti e si intersecano tra loro in modi
variabili. Il loro turnover è molto alto .
Urbanism as a way of life
L. Wirth (1938)
3. Eterogeneità
Benché la città accolga nel suo seno personalità
specializzate e adatte all’espletamento di compiti
diversi (…) essa non manca di esercitare
un’influenza livellatrice.
Ovunque si riunisca un forte numero di individui
differenti entra in gioco il processo di
spersonalizzazione. Quando grandi quantità di
persone devono usufruire di servizi e istituzioni
comuni, queste dovranno soddisfare la media
delle persone, piuttosto che dei singoli individui.
(Sub)Urbanism as a Way of Life:
Levittown
«Soltanto a un esame
superficiale Levittown può
sembrare un esempio tipico
della Grande Cultura, al pari di
tutte le altre comunità
americane. Infatti, la qualità
della vita di Levittown conserva
un sapore eminentemente
locale e spesso antinazionale
poiché sfrutta per quanto è
possibile gli enti e le risorse
nazionali per scopi
rigorosamente locali (…)
L’estraneo a cui è riservata la
massima ostilità non è la
società nazionale, bensì il
cosmopolita con i suoi ‘valori di
Brookline’»
The Levittowners, 1967
Herbert Gans
(1927-)
Suburbia
San Francisco East Bay suburbs, 1972
https://vimeo.com/63070099
«This is our second annual Fourth of July block party. This year thirtythree families came for beer, barbequed chicken, corn on the cob, potato
salad, green salad, macaroni salad and watermelon. After eating and
drinking we staged our parade and fireworks».
»
«My hobby is drinking.
On the weekends I enjoy getting together with my friends and boozing».
«Our house is built with the living room in the back, so in the evenings
we sit out front of the garage and watch the traffic go by».
Wisteria Lane
Desperate Housewives, 2004-2012
Wisteria Lane is a street found in the town of Fairview in Eagle State. Fairview is possibly southern, as
the weather is generally warm, and "it doesn't rain very often, but when it does, it pours". No cold or
snowy weather has been seen. However, Fairview and the vicinity has experienced violent tornadoes.
Fairview is also situated on an ocean coastline and has a marina. The surrounding area seems to be
hills, woodland, ponds, nearby lakes (Rockwater Lake and Torch Lake) and within a day's driving
distance of rugged, mountainous desert terrain.
The houses on Wisteria Lane were
built sometime before 1980, due to
the fact Karen McKlusky moved onto
the lane during the early 80's. Most
likely they were built between the
1940s or 1950's due to the
architecture of many of the houses.
Since then the street has seen many
changes, including the home of Edie
Britt which used to be a yellow
traditional home with brick accents,
but after it burned down in 2004 it
was rebuilt in 2005 as a pink cape
cod with brown-stone accents. Also
the home of Susan Mayer caught fire
2 times once in 2005 and again in
2006, both times only resulting in
minor changes. The most major
change came after the tornado of
2008, in which Karen McKluskev’s
home was completely destroyed. It
was rebuilt soon after with a whole
new layout and design.
DESPERATE HOUSEWIVES, the American TV hit series set in Wisteria Lane, is just the latest in a long line of portrayals of
suburbia to show women as troubled creatures in paradise. Behind the manicured hedges and the weather-boarded
walls of their comfortable homes, suburban women are apparently desperate because they are discontented. This
desperation, the storyline goes, leads inexorably to promiscuity, or to all sorts of spiteful or vengeful behaviour. Since the
1950s, social scientists, fiction writers, television sitcoms and men's magazines have all viewed the women of suburbia as
precariously inhabiting a spectrum of emotional conditions ranging from numbed acceptance through shades of
disgruntlement to extreme frustration and its unnerving symptom, infidelity.
Gli sviluppi
dell'approccio ecologico
1.Ruth Glass (1964);
2.Jane Jacobs (1961);
3.Guido Martinotti (1993);
Ruth Glass
(1912-1990)
«Uno per uno molti dei quartieri operai di Londra
sono stati invasi dalla middle class superiore e
inferiore. Scuderie malandate, modesti cottage a
due stanze sopra e due sotto, non sono più stati
riaffittati quando i loro contratti sono scaduti e
sono diventati eleganti e costose residenze.
(…) Una volta avviato questo processo di
gentrification in un quartiere, esso va avanti
velocemente fino a quando tutti o la maggior parte
degli originari occupanti della classe operaia sono
sfollati e tutto il carattere sociale del quartiere è
cambiato».
(R. Glass, 1964)
La gentrification
R. Glass (1964)
Nel 1964, Ruth Glass coniò il
termine gentrification per denotare
l’afflusso di persone della classe media
nei quartieri, soppiantando i residenti di
classe inferiore.
Il rovescio della medaglia della
gentrification è la produzione dello slum
«Le strade e i marciapiedi costituiscono i più
importanti luoghi pubblici di una città e i suoi
organi più vitali. Quando si pensa ad una città, la
prima cosa che viene alla mente sono le sue
strade: secondo che esse appaiano interessanti o
insignificanti, anche la città appare tale”
(…)
Caratteristica fondamentale di un quartiere urbano
efficiente è che chiunque per strada si senta
personalmente al sicuro, senza sentirsi minacciato
dalla presenza di tutti questi estranei».
(J. Jacobs, 1961)
«La prima cosa da capire è che l’ordine pubblico
nelle strade e sui marciapiedi della città non è
mantenuto dalla polizia, per quanto questa possa
essere necessaria: esso è mantenuto da una
complessa e quasi inconscia rete di controlli
spontanei e di norme accettate e fatte osservare
dagli abitanti stessi. In certe zone urbane, il
mantenimento della legge e dell’ordine sui
marciapiedi è affidato quasi interamente alla polizia e
a guardie speciali: ebbene queste zone sono vere
giungle, perché non c’è polizia che basti a garantire
la civile convivenza una volta che siano venuti meno i
fattori che la garantiscono in modo spontaneo».
(J. Jacobs, 1961)
«Il secondo punto da tener presente è che il
problema della sicurezza non si risolve
accentuando la dispersione degli abitanti,
sostituendo cioè al carattere urbano quello tipico
del suburbio.
Se così fosse Los Angeles dovrebbe essere una
città sicura».
(J. Jacobs, 1961)
Vita e morte delle metropoli
J. Jacobs (1961)
Jane Jacobs ha criticato il tecnicismo e
il dirigismo della pianificazione
urbanistica modernista, accusandola di
avere creato una macchina prevedibile
e complessivamente plasmabile,
piuttosto che considerala come un
fenomeno di complessità sociale
debolmente organizzata.
Vita e morte delle metropoli
J. Jacobs (1961)
Secondo Jacobs, la pianificazione
urbanistica ha finito per imporre alle
città degli schemi statici (lo zoning è
uno dei suoi bersagli preferiti)
assolutamente inadatti
alla natura dei problemi e totalmente
avulsi dalla realtà.
«La metropoli tenderà sempre
più a dividersi tra coloro che
abitano in città e quanti
invece la usano o, meglio
ancora, ne consumano i
servizi (…)
Sembra plausibile
pensare che la metropoli
possa venire in futuro
influenzata, funzionalmente e
territorialmente, in modo assai
più profondo dalle esigenze
delle nuove popolazioni di
consumatori della città e non
da quelle di chi ci abita e ci
lavora»
Guido Martinotti,
Metropoli (1992)
Le quattro popolazioni
metropolitane
G. Martinotti (1993)
Martinotti ricostruisce l’evoluzione
storica della forma metropolitana
attraverso la progressiva
specializzazione delle popolazioni che
la connotano.
1. abitanti: tradizionalmente, vivono e
lavorano all’interno delle mura della città;
2. pendolari: la forma metropolitana si
caratterizza per le periferie e i villaggi
satellite e coincide con lo sviluppo della
tecnologia dei trasporti La metropoli di
prima generazione si caratterizza per la
presenza di imponenti infrastrutture a
servizio dei flussi in entrata e in uscita.
3. city user: si recano nella metropoli per
consumare i servizi pubblici
e privati. Sono i nuovi cittadini della
metropoli di seconda generazione;
4. metropolitan businessman: è una
popolazione di individui che dispongono
di significative quantità di risorse e
richiedono servizi di livello elevato. La
città che ne sta emergendo è il prodotto
di una ulteriore fase di trasformazione : la
metropoli di terza generazione
Fonte: Fondaco Profilo di Venezia http://coses.comune.venezia.it/fondaci/f_venezia7.html
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