Articolo edito in Giur. comm., 2011, I, 755 ss.. Sommario: – 1. Le

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Articolo edito in Giur. comm., 2011, I, 755 ss..
Sommario: – 1. Le ragioni di una crisi e il dibattito sui rimedi. La proposta di regolamento
europeo sul mercato dei derivati. – 2. Compensazione bilaterale e multilaterale. – 3. Soggetti e
caratteri dei sistemi con controparte centrale: diritto italiano e modelli normativi. – 4. I rapporti
fra partecipanti e CCP. La novation e il paradigma del rapporto delegatorio. – 5. I rapporti fra
negoziatori partecipanti al sistema. 6. La “stratificazione” dei rapporti ed il conflitto di leggi
(cenni). – 7. Conclusioni.
1. Le ragioni di una crisi e il dibattito sui rimedi. La proposta di regolamento europeo sul
mercato dei derivati. La più grave crisi dei tempi moderni che ha attraversato le economie evolute
sta impegnando da qualche tempo le classi dirigenti di tutto il mondo, che si interrogano sulle
ragioni che hanno determinato una condizione di generalizzata recessione. Tali ragioni affondano le
proprie radici nella storia recente, che ha visto un’accelerazione formidabile verso un mercato
sempre più globale, sganciato dalle vecchie logiche feudali proprie dei modelli nazionali. Sul fronte
della finanza, tali cambiamenti epocali si sono accompagnati all’avvio di una intensa fase
“creativa”, che si è distinta per la rapida diffusione di strumenti innovativi di redistribuzione dei
rischi associati al debito privato1. In questo quadro, i regolatori hanno denunciato una forte
resistenza ad abbandonare modelli normativi pensati in funzione di un contesto economico e sociale
pre-globalizzato, e per lo più caratterizzato da un forte impronta localistica. Sotto gli occhi degli
osservatori si è prodotta così – nella lunga e laboriosa gestazione di modelli normativi più adeguati
alla complessità della nuova economia – una dissociazione sempre più profonda tra mercato e
regole. La crisi economica è stata così prima di tutto una crisi delle attuali categorie, che hanno
svelato d’incanto tutta la propria incapacità di governare fenomeni inediti. Nell’ambito della
riallocazione dei rischi collegati al debito privato, il solco tra mercato e regole si è progressivamente
allargato con la crescita esponenziale del mercato dei derivati, nelle cui nicchie si sono negli anni
formate zone “grigie” sostanzialmente sottratte alla disciplina delle regole e al controllo dei
regolatori. In particolare, l’aumento verticale degli scambi che hanno interessato i derivati di credito
over the counter – al di fuori di ogni sistema codificato e di qualsiasi possibilità di controllo delle
autorità di settore – ha disegnato una sorta di “terra di nessuno” trasversale ai diversi ordinamenti
giuridici, dai confini incerti ma sempre più estesi. L’argomento impiegato per legittimare la crescita
incontrollata di un tale circuito sotterraneo, secondo cui la contrattazione “fuori mercato” (over the
counter) – proprio perché tale – si esaurirebbe in una vicenda puramente bilaterale (inerente cioè ai
soli soggetti negoziatori del derivato), è stato inesorabilmente smentito della crisi che ha colpito il
nostro modello capitalistico. Con la crisi è infatti sopraggiunta la tardiva consapevolezza che i
derivati di credito, concepiti come un formidabile veicolo di redistribuzione dei rischi, costituiscono
uno strumento altrettanto formidabile di propagazione di quegli stessi rischi, e possono per tale
motivo determinare effetti sistemici su vasta scala, finendo per avvelenare i pozzi dell’economia
reale. Detto altrimenti, i derivati di credito creano una fitta e invisibile rete di “mutue dipendenze”,
capace in presenza di fenomeni anche isolati di insolvenza di determinare pericolose emorragie in
1
Tali strumenti sono normalmente ricompresi nella famiglia dei cd. contratti derivati di credito. In tema, a solo titolo
esemplificativo, CAPUTO NASSETTI, I contratti derivati finanziari, Milano, 2007, 391 ss., CAPUTO NASSETTICARPENZANO-GIORDANO, I derivati di credito, Milano, 2001; CAPUTO NASSETTI-FABBRI, Trattato sui contratti derivati
di credito, Milano, 2000; CAROZZI-DEL SOLE, Credit derivatives, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale,
Banca, borsa e titoli di credito, vol. XX, Torino, 2004; FABBRI, I credit derivatives: funzionamento e opportunità dal
loro utilizzo, in G. Forestieri (a cura di), Corporate e investment banking, Milano, 2005; GIRINO, I contratti derivati,
Milano, 2001; LEONE-BOIDO, Rischio di credito e credit derivatives, Padova, 2004; più di recente TAROLLI,
Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in Giur. comm., 2008, I, 1169 ss.
Per la letteratura straniera, v. almeno TAVAKOLI, Credit Derivatives, John Wiley & Sons, 1998, New York; ID., Credit
Derivatives & Syntetic Structures, John Wiley & Sons, 2001, New York; S.R. DAS, Valuation and pricing of credit
derivatives, in Credit Derivatives, John Wiley & Sons, 1998, New York.
danno di un numero potenzialmente indefinito di soggetti. Si è così giunti a constatare come la
contrattazione dei derivati “fuori mercato”, lungi dall’esaurirsi in una dimensione strettamente
bilaterale, produca effetti sistemici su larga scala, e debba quindi utilmente essere regolata “dentro
il mercato”, con impiego di tutti i presidi che sovrintendono al suo funzionamento. Si è inoltre
preso atto che il carattere pervasivo del mercato dei derivati o.t.c. impone di pensare in modo
completamente nuovo ad un codice di regole in grado di garantire uno sviluppo più sostenibile della
finanza innovativa, posto che la diversificazione geografica dei rischi assume inevitabilmente una
impronta transnazionale e richiede quindi soluzioni omogenee e non locali. Per questo motivo, si
sono da ultimo moltiplicate le sedi di concertazione sovranazionali, che si propongono una
maggiore armonizzazione dei sistemi, anche mediante interventi concertati da parte delle autorità
preposte. Gli sforzi profusi in tali sedi di concertazione hanno prodotto un primo importante
risultato con la definizione di alcuni obiettivi di intervento da parte del G-20 a Pittsburgh (settembre
2009)2, allo scopo di fornire risposte normative uniformi ed evitare in tal modo fenomeni di
arbitraggio normativo in danno dei sistemi più virtuosi e regolati. Tali obiettivi convergono in
particolare sulla necessità di una progressiva emersione del mercato o.t.c., al fine di rendere
pubblico il maggior numero possibile di informazioni, anche a mezzo di una maggiore
responsabilizzazione dei principali attori di tale mercato. I buoni auspici espressi dal G-20 si legano
ad un progetto ambizioso, che vedrà impegnati i principali attori del mercato affinchè i derivati di
credito siano di norma commercializzati in sedi e circuiti regolamentati, che garantiscono un
maggior tasso di informazione in favore degli investitori. Ciò richiederà inevitabilmente nel
prossimo futuro un progressivo passaggio da una prospettiva “personalizzata” ad una prospettiva
“standardizzata” dei derivati di credito, con riguardo ai termini legali quanto economici (relativi alla
scadenza, ai rendimenti, etc.) dei rispettivi contratti, poiché solo strumenti “seriali” (e quindi
fungibili) possono essere regolarmente scambiati sui listini3. La negoziabilità dei derivati di credito
su mercati vigilati (e per ciò “informati”) dovrebbe assicurare in primis un meccanismo
tendenzialmente più trasparente e corretto di formazione dei prezzi, nel solco del principio della
Efficient Market Hypothesis. Un tale approdo – di certo auspicabile - non può costituire peraltro un
antidoto sufficiente contro il rischio di emorragie su vasta scala legate all’(in)adempimento dei
contratti derivati di credito. Il dogma infallibile del mercato (secondo cui il mercato “oggettivato”
forma i prezzi secondo logiche di maggior efficienza, sulla base della enorme mole di informazioni
disponibili) ha infatti già dimostrato nel recente passato - in assenza di adeguati presidi - la propria
incapacità di scongiurare fenomeni distorsivi su vasta scala, proprio là dove ha demandato al solo
comportamento più o meno razionale degli investitori il compito di definire la misura del rischio di
solvibilità degli emittenti. I correttivi elaborati sotto l’egida del G-20 in sede europea ed
internazionale si concentrano quindi anzitutto sul rafforzamento dei requisiti patrimoniali per i
soggetti esposti su derivati di credito: l’obiettivo è quello di assicurare una più elevata solidità degli
attori del mercato, per consentire una maggiore capacità di assorbire gli effetti di eventuali
fenomeni di insolvenza mediante risorse proprie, senza condizionamenti pregiudizievoli per altri
soggetti4. Le iniziative dirette a propiziare la diffusione di prodotti derivati uniformati e negoziabili
sui mercati regolamentati sono inoltre funzionali all’adozione di misure specifiche, volte a mitigare
i rischi di instabilità macro-economica mediante forme di gestione accentrata dei rapporti di debitoI leader del G-20 hanno convenuto in particolare che: “Al massimo entro la fine del 2012 tutti i contratti derivati OTC
standardizzati dovranno essere negoziati in borsa o, se del caso, su piattaforme elettroniche di negoziazione e
compensati mediante controparti centrali. I contratti derivati OTC devono essere notificati ai repertori di dati sulle
negoziazioni. I contratti non compensati a livello centrale devono soddisfare requisiti patrimoniali più elevati”. Tali
impegni sono stati riaffermati nel corso del G-20 del giugno 2010 a Toronto.
3
Possono di contro tendenzialmente escludersi forme di mercato secondario per i derivati di credito “personalizzati”,
creati e modellati in funzione di specifiche esigenze ed insuscettibili pertanto di una negoziazione successiva con altre
controparti.
4
In questo quadro si inseriscono tra l’altro le proposte formulate a partire dal 2008 dalla Commissione europea di
modifica della Capital Requirements Directive (“CRD” – direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE), per rafforzare
ulteriormente la solidità del sistema bancario e finanziario (cd. CRD II, CRD III e CRD IV).
2
credito generati da operazioni su derivati. I recenti episodi di fallimento della finanza derivata
hanno infatti rivelato come gli attori del mercato non siano di sovente in condizione di conoscere
l’esposizione della propria controparte verso soggetti non solvibili. Tali episodi, che hanno
significativamente colpito alcuni colossi della finanza americana esposti su titoli emessi in esito ad
operazioni di cartolarizzazione “sintetica” (CMO, CLO, CDO)5, hanno finito per minare
profondamente il cardine su cui si reggono le fortune (o le sventure) del mercato: la fiducia. E in
effetti, le cronache recenti raccontano come dietro l’apparente solidità (magari certificata da un
rating generoso6) di una controparte di mercato possano nascondersi numerose insidie, legate alla
presenza di titoli “tossici” che ne pregiudichino in una prospettiva di breve o medio periodo la
salute di bilancio7. Le asimmetrie informative tipiche di un mercato tendenzialmente opaco e non
regolamentato come quello dei derivati di credito - legate alla carenza di informazioni sulla solidità
della propria controparte - hanno creato così le premesse per una generalizzata crisi di fiducia da
parte degli investitori, originando fenomeni di fuga irrazionale dai mercati finanziari. Per superare
lo stallo e restituire sicurezza agli operatori diventa quindi necessario “filtrare” i rapporti tra le
controparti di mercato attraverso l’intervento di un soggetto terzo, che assuma un ruolo di vero e
proprio arbiter, garantendo l’assolvimento dei reciproci obblighi legati alla sottoscrizione dei
contratti derivati. E proprio in questa direzione si sono mossi, sotto i buoni auspici del G-20, tanto il
Congresso USA con il Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act8 quanto la
Commissione Europea con la proposta di regolamento del 15 settembre 2010 “sugli strumenti
derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni”, riproponendo nel
mercato dei derivati di credito la necessità della formula – ampiamente sperimentata in altri
segmenti - della interposizione obbligatoria tra i negoziatori di contratti derivati di un unico
soggetto: tale soggetto assicura una condizione di sostanziale neutralità e quindi, diversamente dalle
controparti di mercato, non è incentivato da logiche di profitto ad un uso distorto dell’informazione
asimmetrica, in danno degli altri operatori. Per tale ragione, le Controparti Centrali (di seguito
identificate con l’acronimo CCP) sono in grado di allocare nel modo più ottimale i costi correlati
all’eventuale default di un partecipante, riducendo in ultima analisi la possibilità di eventi sistemici
sull’economia. Ciò si opera in particolare attraverso tecniche di condivisione tra i partecipanti dei
rischi conseguenti ad episodi di insolvenza e delle relative perdite (cd. loss sharing), che vengono in
qualche misura “mutualizzate” al fine di evitarne la propagazione tra i diversi anelli della catena.
In ambito comunitario i lavori degli organi legislativi sono stati inaugurati da una comunicazione di
indirizzo della Commissione datata 3 luglio 20099, cui ha fatto seguito la risoluzione datata 15
giugno 2010 del Parlamento Europeo, che ha tra l’altro sostenuto “la richiesta di introdurre
obbligatoriamente la compensazione tramite CCP tra istituti finanziari per tutti i prodotti derivati
ammissibili, ai fini di una migliore valutazione del rischio creditizio della controparte”, alla luce
del più generale obiettivo “di negoziare quanto più possibile i prodotti derivati ammissibili sui
5
Mediante tali emissioni, è stato progressivamente trasferito il rischio legato a crediti di difficile realizzazione, in
particolare quello associato a mutui residenziali non sufficientemente garantiti (cd. mutui subprime).
6
Gli errori e le leggerezze – talora accompagnati da situazioni di obiettivo conflitto di interessi - che hanno
caratterizzato l’operato della maggiori agenzie di rating hanno prodotto vibranti critiche da parte dell’opinione
pubblica. In tema, CAPRIGLIONE, I «prodotti» di un sistema finanziario evoluto. Quali regole per le banche?, in Banca,
borsa tit. cred., 2008, I, 20 ss.
7
L’esempio più eclatante è costituito dalla vicenda del crack Lehman Brothers. In altri casi (Bear Stearns, Freddie Mac
e Fannie Mae), l’Amministrazione U.S.A. è intervenuta con un piano di salvataggio pubblico, al fine di evitare che
l’insolvenza di autentici colossi finanziari potesse far precipitare – con un dirompente effetto-contagio – le sorti
dell’economia nazionale (too big to fail).
8
Provvedimento che nel suo lungo iter formativo ha formato oggetto di vibranti critiche da parte di coloro che ne hanno
stigmatizzato il progressivo annacquamento sotto la pressione costante e pervasiva delle lobbies dell’alta finanza
americana.
9
Tale comunicazione è intitolata “Garantire mercati dei derivati efficienti, sicuri e solidi”.
mercati organizzati”10. Con la citata proposta di regolamento del 15 settembre 2010 la
Commissione ha inteso regolare le attività ed i soggetti preposti a realizzare la compensazione a
livello centrale nel mercato dei derivati di credito, provvedendo a disciplinare in modo omogeneo
l’esercizio delle funzioni di vigilanza a livello europeo. La proposta si regge su alcuni principi di
carattere generale, che si possono così sintetizzare:
(a) Definizione dei contratti derivati soggetti alla compensazione multilaterale, attraverso un
approccio ascendente (cd. bottom-up, in cui è ciascuna CCP a decidere di compensare alcuni
contratti, ricevendo l’autorizzazione dalla rispettiva autorità competente) o discendete (cd. topdown, in cui è l’Authority di vigilanza europea - ESMA – ad assumere direttamente l’iniziativa di
identificare i derivati potenzialmente soggetti a compensazione tramite CCP). I soggetti corporate
non finanziari – che sottoscrivono contratti derivati per garantirsi contro i rischi collegati alla
propria attività commerciale – sono soggetti agli obblighi di compensazione mediante
interposizione di una CCP soltanto in ipotesi di superamento di soglie critiche, che determinino una
rilevanza sistemica.
(b) Disciplina della autorizzazione e della vigilanza delle controparti centrali, le cui funzioni sono
attribuite alle autorità nazionali competenti sotto il coordinamento dell’ESMA, cui è demandata
l’elaborazione di progetti di standard tecnici.
(c) Regolamentazione dei requisiti organizzativi e prudenziali delle CCP. Tale regolamentazione
delinea specifici presidi in tema di dispositivi di governo societario delle CCP, di ammissione al
sistema, di segregazione e portabilità delle attività e delle posizioni dei partecipanti, e detta in
particolare la disciplina in materia di linee di difesa in caso di inadempimento dei partecipanti. A
tale ultimo riguardo, in ipotesi di inadempimento del partecipante sono previste tre successive linee
di difesa, costituite dai margini assunti su base infragiornaliera opportunamente segregati, dal fondo
di garanzia cui contribuisce ogni membro compensatore (e che identifica lo strumento di sistema
per la mutualizzazione delle perdite) ed in ultima istanza dai fondi propri della controparte centrale.
Tanto il Wall Street Act quanto la citata proposta di regolamento comunitario delineano soltanto un
quadro generale della futura (e auspicabile) architettura regolativa, ancora tutta da scrivere nei
particolari attraverso i provvedimenti attuativi. Peraltro, vista l’attualità del tema e l’imminenza
dell’intervento normativo del legislatore comunitario, può essere utile tracciare uno sguardo
d’insieme sul meccanismo che sovraintende alla compensazione multilaterale tramite Controparte
Centrale alla luce dei sistemi attualmente esistenti (primo fra tutti quello italiano), sviluppando
taluni profili d’indagine collegati a tale tema.
2. Compensazione bilaterale e multilaterale. Le attività che seguono alla contrattazione sul mercato
consistono, in via del tutto generale, nella definizione delle rispettive obbligazioni delle parti
(clearing) e nel successivo adempimento degli obblighi di consegna di titoli e pagamento di denaro
(settlement). Con riguardo a strumenti che importino il pagamento di un differenziale variabile a
scadenza e l’assunzione di un correlato rischio di controparte oscillabile nel tempo (e.g.: contratti
derivati), tali attività includono inoltre necessariamente il controllo periodico delle reciproche
obbligazioni. Il clearing può avvenire su base lorda, se le rispettive obbligazioni delle parti sono
calcolate individualmente in relazione a ciascun contratto; ovvero su base netta, quando il
complesso delle posizioni tra le stesse parti sia oggetto di compensazione, consentendo una
notevole semplificazione e riducendo il numero dei trasferimenti. In un mercato o.t.c., le attività
descritte possono di regola essere gestite direttamente dalle controparti, ovvero a mezzo di una
società incaricata di prestare in tutto o in parte i servizi tipici di post-trading (e quindi le attività di
clearing, di regolamento, di compensazione, di valorizzazione periodica delle reciproche posizioni,
di gestione del collateral, e così via). Naturalmente, le attività di clearing and settlement, di
monitoraggio del rischio e di eventuale costituzione e adeguamento dei cd. margini di garanzia
svolte singolarmente dai soggetti interessati possono rivelarsi, oltre che estremamente onerose, poco
Tra le ulteriori iniziative in tale direzione si segnala l’intervento di CPSS (Committee on Payment and Settlement
Systems) e IOSCO (International Organization of Securities Commissions) intitolato Guidance on the application of the
2004 CPSS-IOSCO Recommendations for Central Counterparties to OTC derivatives CCPs.
10
efficienti, dovendosi misurare con la complessità della fitta rete di relazioni che lega le diverse
controparti e con la conseguente difficoltà di comprendere la propria reale esposizione di credito nei
confronti di ciascun partecipante al mercato. Per tale ragione, in una logica di maggiore efficienza e
redistribuzione dei vantaggi informativi, il mercato assegna normalmente le funzioni di posttrading, e in particolare la funzione di gestione del rischio, ad una Clearing House: tale soggetto
può interporsi tra tutti i partecipanti come unico centro di imputazione degli obblighi nascenti dalle
operazioni eseguite sul mercato, determinando una spersonalizzazione dei rapporti che derivano da
tali operazioni in funzione della automatica compensazione realizzata con un’unica controparte
(Central Counterparty). In questo senso, possiamo immaginare che tutti gli obblighi di dare-avere
(pagamento di denaro o consegna di titoli) confluiscano in un unico enorme recettore, da cui al
termine del processo originino esclusivamente posizioni nette (e cioè compensate) nei confronti di
una sola controparte (la CCP). Banalizzando il concetto, si può pensare allo stesso sistema
impiegato dai partecipanti ad un viaggio: in luogo del pagamento da parte di ogni partecipante di
uno più servizi (auto, ristorante, hotel e così via) e della compensazione su base bilaterale dei costi
anticipati da ciascuno, è possibile – e più funzionale – costituire presso un solo soggetto la provvista
(la “cassa comune”) per tutte le spese da sostenersi, che saranno in tal modo compensate su base
multilaterale tra tutti. L’importanza riconosciuta ad un sistema multilaterale di compensazione
tramite CCP risiede nel ruolo sistemico di un simile meccanismo “auto-liquidatorio”. La
Controparte Centrale infatti opera una gestione in forma accentrata, misurando nel corso del tempo
l’entità dei rischi con riguardo a ciascun partecipante di mercato e a ciascuna esposizione. In tale
ambito, la Controparte Centrale determina in particolare l’entità dei cd. margini di garanzia,
variabili in funzione del rischio associato alla volatilità del prezzo dello strumento finanziario. Tali
margini costituiscono un presidio fondamentale, per consentire alla CCP - anche in ipotesi di
insolvenza del partecipante – di poter adempiere nei confronti delle controparti agli obblighi di
consegna o pagamento maturati a scadenza. Ecco perché, quindi, le attenzioni dei regolatori si sono
concentrate sull’impiego nel breve periodo di tali sistemi, capaci di mitigare sensibilmente i rischi
su vasta scala legati alla frequente incapacità dei partecipanti al mercato di conoscere e valutare i
dilaganti fenomeni di insolvenza dei soggetti più colpiti dalla crisi economica.
3. Soggetti e caratteri dei sistemi con controparte centrale: diritto italiano e modelli normativi.
Scopo della presente indagine non è – né potrebbe essere – quello di compilare un elenco dettagliato
dei caratteri peculiari dei diversi sistemi di controparte centrale oggi esistenti. In questa sede, si può
muovere dalla ricognizione di alcuni tratti comuni ai diversi modelli esistenti, che saranno
verosimilmente recepiti nella elaborazione di una disciplina di dettaglio a seguito della definitiva
approvazione della proposta di regolamento CE sugli strumenti derivati OTC.
Sul piano soggettivo, il perno del sistema è costituito dalla CCP, che si interpone tra i partecipanti
in occasione di ogni operazione conclusa sul mercato. Un mercato volatile come quello dei derivati
di credito impone ovviamente una adeguata capitalizzazione di tale soggetto e la presenza di risorse
e presidi idonei ad un monitoraggio continuo dei prezzi, al fine di assicurare l’apporto di margini di
garanzia proporzionati alle esposizioni generate da ciascun contratto. Gli attori del mercato, per
parte loro, possono partecipare direttamente al sistema diventando controparti della stanza di
compensazione e garanzia (partecipanti diretti), ovvero assegnare ad un partecipante diretto la
posizione di controparte della CCP in relazione ad ogni operazione conclusa sul mercato
(partecipanti indiretti). Un primo tema cruciale ruota quindi intorno ai connotati giuridici dei
rapporti che si instaurano fra i partecipanti e la CCP, e fra i partecipanti stessi fra loro.
4. I rapporti fra partecipanti e CCP. La novation e il paradigma del rapporto delegatorio. Un
tema particolarmente “sensibile” nell’ottica del giurista è quello che riguarda i rapporti tra i
partecipanti al sistema e la CCP, là dove quest’ultima si interpone tra i partecipanti stessi in
funzione del regolamento delle reciproche ragioni di debito e di credito. Negli attuali sistemi di
controparte centrale, due sono i modelli attualmente impiegati.
(a) Il modello noto come “novation” è quello attualmente adottato nel contesto nazionale dalla
Cassa di Compensazione e Garanzia. Tale modello implica, in via del tutto generale, l’esistenza di
un’operazione di trading tra due controparti di mercato, che viene contestualmente sostituita
(novated) da due negozi di segno speculare tra ciascuna di tali controparti e la CCP. Il risultato è
una sorta di sdoppiamento del negozio originario, che vede i rapporti di debito-credito di ciascuna
delle controparti di mercato soggettivamente novati in favore della CCP. Per comprendere il
meccanismo attraverso la lente del giurista italiano occorre considerare, da un lato, che la CCP
assume il ruolo di controparte centrale, e con esso il rischio di inadempimento del partecipante al
sistema11; dall’altro, che i partecipanti rimangono in qualche modo titolari delle rispettive ragioni di
credito originate dall’operazione di trading, essendo i destinatari finali (se pur a mezzo della CCP)
dei pagamenti in denaro o titoli. In sostanza, dunque, la CCP opera come “tramite” per assicurare il
buon fine dei contratti conclusi sul mercato; al tempo stesso però, per quanto detto, la CCP diventa
“controparte” dei partecipanti, e assume pertanto un impegno autonomo ad adempiere le
prestazioni sorte per effetto dell’operazione di trading.
La particolare conformazione del ruolo di controparte centrale nei sistemi attualmente esistenti non
consente di inquadrare l’interposizione della CCP secondo il modello unitario della cessione del
contratto (ad opera di entrambe le controparti di mercato), con il suo corredo di diritti (ad incassare
i titoli o il denaro) ed obblighi (di pagamento). A ciò osta, in particolare, l’impossibilità del
partecipante di opporre alla CCP le eccezioni relative al contratto concluso sul mercato, e ancor più
l’estraneità della CCP ad ogni azione risarcitoria o restitutoria conseguente alla invalidità o
all’inefficacia del contratto, che rimane di pertinenza dei soli contraenti originari 12. La corretta
collocazione di una tale vicenda negoziale richiede quindi di focalizzare separatamente i due piani
– passivo e attivo - su cui si sviluppa il rapporto tra ciascun partecipante e la CCP:
- su di un piano si snoda il conferimento dell’incarico del partecipante alla CCP (mediante adesione
al sistema) di dare esecuzione all’obbligazione passiva di pagamento in favore della propria
controparte di mercato. Tale conferimento si risolve in un atto di delega di ciascun partecipante in
favore della CCP, affinchè essa assuma in propria vece l’obbligo di effettuare i pagamenti dovuti
attingendo ai fondi costituiti presso di sé. L’adesione al sistema implica il conferimento della
delega alla CCP e la contestuale assunzione dell’obbligo di pagamento da parte di quest’ultima,
operando pertanto una modificazione soggettiva dal lato passivo del rapporto obbligatorio. In
diritto italiano, il conferimento dell’incarico per effetto del quale un soggetto assume nei confronti
di un altro l'impegno di eseguire una prestazione nelle mani di un terzo configura un’ipotesi di
delegazione di debito: ed è precisamente a tale figura che è necessario guardare per comprendere il
meccanismo della “doppia autorizzazione”13 che consegue all’adesione al sistema, e che
contemporaneamente legittima la CCP ad effettuare la prestazione e la controparte di mercato ad
accettarla da un soggetto diverso dall’originario debitore. Più precisamente, con l’adesione al
sistema l’intermediario delega l’adempimento di ogni obbligo di pagamento originato da future
operazioni di trading alla CCP, che contestualmente accetta di assumere ogni futura obbligazione
del partecipante. Lo schema causale che l’adesione al sistema realizza si identifica pertanto in
un’attribuzione patrimoniale indiretta (il pagamento in contanti o titoli) che la controparte di
mercato compie in favore di un’altra per mezzo di un soggetto delegato (la CCP). Lo schema
suddetto, e il suo naturale inquadramento nella disciplina della delegazione, garantiscono alla CCP
l’opponibilità di ogni eccezione relativa ai rapporti correnti con il partecipante-controparte (art.
1271, comma 1°, c.c.) – in particolare l’eccezione di compensazione - e conseguentemente la
possibilità di operare la compensazione multilaterale secondo il modello già descritto. Uno sguardo
d’insieme sui sistemi di CCP più diffusi (ivi compreso il sistema italiano) porta a ritenere che la
delegazione operata dal partecipante con l’adesione al sistema determini – per effetto della
11
Con riguardo al sistema italiano, cfr. art. 70, comma 2, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (cd. Testo Unico della Finanza),
secondo cui “Gli organismi che gestiscono i sistemi indicati nel comma 1 assumono in proprio le posizioni contrattuali
da regolare”.
12
Si vedano, per ciò che riguarda il sistema gestito da Cassa di Compensazione e Garanzia, le previsioni di cui all’art.
B.3.1.1, comma 2 e 3.
13
MAGAZZÙ, voce Delegazione, in Digesto - Disc. priv., Sez. civ., V, Torino, 1990, 159 ss.
speculare adesione della controparte di mercato – la liberazione del partecipante stesso, dal quale di
regola non può essere in alcun modo preteso l’adempimento degli obblighi di pagamento
conseguenti all’esecuzione dell’operazione sul mercato 14. Si può quindi prospettare, con riguardo
alla modificazione soggettiva dal lato passivo del rapporto obbligatorio, un’ipotesi di delegazione
“liberatoria”15 o, secondo una formula a tutt’oggi diffusa (quanto criticata16) e ispirata dalla rubrica
dell’art. 1235 c.c.17, un’ipotesi di delegazione “novativa”18, che evoca significativamente la dizione
anglofona – novation - con cui viene comunemente identificata questa forma di interposizione della
CCP.
- su di un secondo piano si snoda la vicenda che attiene alla modificazione soggettiva dal lato attivo
del rapporto obbligatorio. Con l’adesione al sistema, tale modificazione “tocca” ogni futuro credito
del partecipante alla prestazione in denaro o titoli, credito che viene automaticamente a ricadere
nella sfera di esercizio della CCP. Si tratta allora di capire, alla luce dei tratti peculiari della
novation, come si realizzi nell’ambito delle categorie di diritto civile questo passaggio di crediti
dalla sfera di esercizio del partecipante a quella della CCP. A tale riguardo, può certamente
escludersi la ricorrenza di un semplice conferimento di mandato (con o senza rappresentanza) dei
partecipanti alla CCP in funzione dell’incasso dei pagamenti in cash e titoli, posto che la CCP
riveste un ruolo di vera e propria controparte, assumendo in via autonoma il rischio di
inadempimento del partecipante insolvente. Per la stessa ragione, e ancor più, non ricorre un’ipotesi
di “indicazione attiva” ex art. 1188 c.c.19 da parte del partecipante in favore della CCP, che diventa
piuttosto il centro di imputazione di ciascuna posizione attiva originata dalle operazioni concluse
sul mercato. Allo stesso modo, può peraltro escludersi che la novation sul lato attivo presenti i
caratteri di una cessione di crediti futuri ad opera di entrambe le controparti di mercato. Ciò è
impedito in particolare dalla già rilevata impossibilità per il partecipante – sancita dai sistemi di
controparte centrale attualmente esistenti – di opporre alla CCP qualsiasi eccezione conseguente
alla invalidità o all’inefficacia del contratto concluso sul mercato, che rimane un “affare” dei soli
contraenti originari. La impermeabilità della CCP alle eccezioni relative al contratto concluso sul
mercato20 mal si accorda con un’ipotesi di cessione del credito, che produce una successione a
titolo particolare del cessionario (in ipotesi, la CCP) in un rapporto già esistente; successione dalla
quale evidentemente non può in alcun modo determinarsi una modifica peggiorativa della
posizione originaria del debitore ceduto (in ipotesi, il partecipante-controparte)21.
Cfr., con riguardo alla disciplina italiana del Regolamento della Cassa di Compensazione e Garanzia, l’art. B.3.1.1,
comma 2, ai termini del quale “In virtù dell’adesione al sistema, ciascun partecipante non può pretendere dalla
controparte di mercato l’adempimento degli obblighi derivanti dai contratti con essa stipulati nel Mercato […]”.
15
A tale forma di delegazione fa riferimento, nella disciplina domestica, l’art. 1274 c.c., a mente del quale “Il creditore
che, in seguito a delegazione, ha liberato il debitore originario, non ha azione contro di lui se il delegato diviene
insolvente […]”.
16
Tra le voci critiche, MAGAZZÙ, op. cit., 158-159, secondo cui la norma di cui all’art. 1235 c.c. (Novazione soggettiva)
si risolve in “una formula semplicemente descrittiva, priva di preciso significato tecnico”.
17
Art. 1235 c.c. (Novazione soggettiva): “Quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato,
si osservano le norme contenute nel capo VI di questo titolo”.
18
Soltanto la delegazione liberatoria può essere associata alla delegazione novativa, assistendosi alla estinzione della
precedente obbligazione e alla nascita contestuale di una nuova; di contro, la delegazione cumulativa prevede un
obbligo solidale tra nuovo e vecchio debitore, potendosi per tale verso escludersi ogni ipotesi di estinzione
dell’obbligazione originaria. V. GIULIANO, Delegazione, in Fava (a cura di), Le obbligazioni, Milano, 2008, II, 1128.
19
“Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante, ovvero alla persona indicata dal creditore o
autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo”.
20
Cfr., per ciò che riguarda il sistema italiano, l’art. B.3.1.1, comma 2, del Regolamento della Cassa di Compensazione
e Garanzia, secondo cui “ciascun Partecipante (…) [non] può opporre a CC&G le eccezioni relative ai rapporti con
detta controparte (…)”. In relazione alla opponibilità da parte del debitore ceduto, in ipotesi di cessione del credito,
delle eccezioni relative alla validità del titolo (possibilità di contro esclusa nei confronti della CCP), per tutti BIANCA,
Diritto Civile. L’obbligazione, 4, Milano, 1993, 602, per il quale il debitore può far valere nei confronti del cessionario
“le eccezioni relative alla validità del titolo costitutivo del credito”.
21
Cfr. in tema ALESSI-MANNINO, La circolazione del credito, Tomo I, in Trattato delle obbligazioni, diretto da
Garofalo-Talamanca, Padova, 2008, 1056-1057.
14
Se così è, la collocazione della fattispecie descritta deve tenere conto di due elementi
apparentemente inconciliabili: l’assunzione da parte della CCP della veste di controparte
contrattuale vera e propria, e del correlato rischio di insolvenza del partecipante tenuto alla
prestazione, da una parte; la “astrazione” – proprio in ragione del ruolo neutrale assunto dalla CCP
- del credito dal rapporto contrattuale che lo ha originato, con conseguente inopponibilità delle
eccezioni ad esso relative, dall’altra. La fattispecie ora descritta sembrerebbe pertanto conseguire
ad una dinamica insolita agli occhi del giurista italiano, che si sostanzierebbe in una autonoma
attribuzione dell’obbligazione dal lato attivo (avente ad oggetto il pagamento in titoli o denaro) al
di fuori di ogni ipotesi di negozio causale traslativo22. Più precisamente, il modello su cui è stato
ritagliato il ruolo di controparte centrale della CCP richiama un’ipotesi di sostituzione del titolare
del credito alla prestazione (in denaro o titoli), piuttosto che una classica fattispecie di acquisto a
titolo derivativo dello stesso credito. Un esame critico sull’ammissibilità dell’ipotesi descritta
impone inevitabilmente di confrontarsi con l’annosa questione relativa alla esistenza
nell’ordinamento italiano – pur in difetto di un substrato normativo23 - della cd. delegazione
novativa attiva o, il che è lo stesso, della novazione soggettiva dal lato attivo: di quella controversa
architettura trilaterale, cioè, nella quale il creditore delegante assegnerebbe un nuovo creditore (in
ipotesi: la CCP), nei confronti del quale la propria controparte debitrice assumerebbe un autonomo
obbligo. Il perfezionamento dell’operazione sul mercato e l’immediata confluenza di essa nel
sistema di CCP segnerebbero così il momento nel quale si realizzerebbero contemporaneamente –
con una fictio iuris - l’estinzione dell’obbligazione e la contestuale insorgenza di una nuova
obbligazione attiva (il credito alla prestazione in titoli o denaro) in favore della controparte
centrale. Una tale ricostruzione, modellata sullo schema causale “puro” (astraendo cioè la nuova
obbligazione della CCP dalle condizioni di validità ed efficacia dell’operazione sul mercato),
appare plausibile nel solco tracciato da autorevole dottrina, che annovera la delegazione novativa
attiva fra i negozi atipici24, legittimi in quanto diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela25.
Essa ha il pregio di legittimare l’esistenza di un titolo autonomo, da cui origina il diritto del
creditore sostituto (la CCP) alla prestazione da parte del partecipante debitore. Con ciò garantendo
quella sorta di impermeabilità della stanza di compensazione alle vicende del rapporto originario
che caratterizza la disciplina degli attuali sistemi di controparte centrale, e che consente alle CCP di
operare immune da possibili eccezioni invalidanti del proprio diritto alla prestazione in cash o
titoli.
Se così è, il modello della novation – “calato” nelle categorie di diritto italiano – sembra accorpare
un duplice negozio delegatorio, rispettivamente sul lato passivo e sul lato attivo di ogni
obbligazione futura regolata attraverso la stanza di compensazione. Tale modello è pertanto
riconducibile ad un negozio plurilaterale (posto che nella delegazione novativa il debitore
partecipa in qualità di contraente, a differenza di ciò che accade nella cessione di credito 26),
Sull’ammissibilità di una tale fattispecie, in termini dubitativi, GINEVRA, Il cd. “mandato irrevocabile all’incasso”
della prassi bancaria, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, 173 ss., in particolare alla nota 72.
23
Il codice civile disciplina unicamente la novazione soggettiva dal lato passivo, mediante rinvio (art. 1235 c.c.) alle
disposizioni in materia di delegazione (passiva), espromissione e accollo.
24
Sul tema – di portata prevalentemente teorica – relativo alla riconduzione della novazione tra i “negozi” tipici
piuttosto che tra gli “effetti” (conseguibili attraverso l’impiego di una pluralità di mezzi negoziali diversi), ZACCARIA,
voce Novazione, in Digesto - Disc. priv., Sez. civ., XII, Torino, 1995, 287.
25
ALESSI-MANNINO, op. cit., 1051 ss. Favorevoli ad ammettere la delegazione novativa attiva, tra gli altri, PELLIZZI,
Appunti sul rapporto fra delegante e delegato nella "delegatio solvendi", in Riv. dir. civ., 1959, I, 82 ss., secondo cui "il
limitarsi del legislatore alla trattazione della sola delegazione passiva (che presuppone un rapporto di debito tra
delegante e delegatario) è arbitrario, e può esser citato come un ultimo tenace residuo della confusione medioevale...
tra delegazione e novazione"; v. anche ZACCARIA, op. cit., 282. In giurisprudenza, Cass. 4 maggio 1945, n. 315, in
Giur. Comp. Cass. civ., 1945, I, 196 ss. Contra, DONATI, Causalità e astrattezza nella delegazione, Padova, 1975, 74
ss.
26
V. RESCIGNO, Delegazione (diritto civile), in Enc. Dir., XI, Milano, 1962, 932.
22
accostabile al mandato27: mandato, questo, conferito da ciascun partecipante dotando la CCP del
potere di rappresentanza, in funzione del regolamento delle posizioni di debito e di credito con le
controparti di mercato.
(b) Il modello noto come “open offer”, utilizzato in alternativa alla novation28, si sostanzia
nell’offerta che la CCP rivolge alle parti di concludere con le medesime due distinti contratti in
esito ad una operazione di trading. Anche in questo caso un unico ordine viene pertanto - attraverso
una finzione giuridica - sdoppiato in un duplice contratto che lega ciascuna delle due controparti
alla CCP. Diversamente dalla novation tuttavia, seppure l’ordine viene materialmente impartito e
trattato sul mercato, per effetto dell’adesione al sistema la CCP si interpone prima che detto ordine
si traduca in un contratto suscettibile di creare obblighi e diritti per i partecipanti interessati. Se ne
deve dedurre che l’ordine “a monte” dei due contratti conclusi dalla CCP non genera direttamente
alcuna obbligazione fra i partecipanti suddetti: ogni controversia dipendente da tali contratti
coinvolge pertanto necessariamente la CCP, dovendosi escludere la possibilità in capo a ciascuno
dei due partecipanti di coltivare un’autonoma pretesa nei confronti dell’altro partecipante29.
Il modello appena descritto non sembra destare particolari problemi di inquadramento entro le
categorie tipiche di diritto italiano, essendo agevolmente riconducibile ad un’ipotesi di mandato
conferito da ciascun partecipante con l’adesione al sistema alla CCP, senza poteri di rappresentanza
in capo a quest’ultima. In esito al processo di clearing e di regolamento, la CCP è tenuta in qualità
di mandataria comune ad entrambi i mandanti a trasferire a ciascuno dei partecipanti quanto
pattuito nell’ambito del trade (sotto forma di titoli o denaro), al netto delle posizioni compensate su
base multilaterale.
5. I rapporti fra negoziatori partecipanti al sistema. Lo schema sin qui delineato, che si esaurisce
nella individuazione del rapporto che lega ciascun partecipante alla CCP, può essere ulteriormente
arricchito dalla possibilità che un dealer, che non sia interessato a diventare partecipante del sistema
o non soddisfi i requisiti richiesti per la partecipazione, concluda con un membro compensatore un
accordo per il regolamento delle proprie posizioni. Tale possibilità, espressamente contemplata
dalla proposta di regolamento comunitario, comporta l’aggiunta di un nuovo anello alla catena che
unisce i dealer di mercato: attraverso una finzione giuridica, all’atto stesso della conclusione del
contratto sul mercato i diritti e gli obblighi che fanno capo all’intermediario negoziatore sono
traslati sul partecipante al sistema, e di lì sulla stanza di compensazione che provvede al
regolamento assumendo la veste di controparte30. L’ambito negoziale in cui si muove tale vicenda
fa capo, genericamente, al contratto di mandato, che nel caso di accordo tra dealer e partecipante al
sistema (il primo anello della catena) è conferito senza poteri di rappresentanza in capo a
quest’ultimo. Presso la stanza di compensazione sono pertanto accreditati ad operare i soli membri
compensatori, mentre i dealers che non partecipano al sistema non intrattengono alcun rapporto con
la CCP. Delle posizioni di tali dealers e dei margini da essi versati a fini di garanzia il partecipante
27
Secondo GRASSO, Considerazioni sul cd. iussum accipiendi nella delegazione di debito, in Rass. dir. civ., 1986, 331,
la dichiarazione con cui il debitore delegante ha delegato un terzo ad obbligarsi verso il delegatario costituisce una
proposta di mandato che, combinandosi con l’accettazione del terzo, dà luogo al contratto di mandato. Per ARTIZZU, La
delegazione passiva, in Le modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio, Bosetti (a cura di), Torino, 2010, 479, “Il
codice civile, riferendosi alla facoltà del delegato di non accettare, dà rilevanza alla non sufficienza di un atto
unilaterale e richiede, per il perfezionamento dell’operazione delegatoria, l’accettazione da parte del predetto
soggetto, vale a dire la conclusione di un contratto (per quanto non necessariamente tale contratto debba essere
intravisto nel mandato)”.
28
Tale modello è utilizzato ad esempio per il regolamento di titoli in alcuni comparti dalla London Clearing House.
29
Cfr. a tale riguardo il Regolamento della London Clearing House.
Cfr., per il sistema italiano, art. 54, comma 2, del Provvedimento Consob-Banca d’Italia 22 febbraio 2008
(Regolamento recante la disciplina dei servizi di gestione accentrata, di liquidazione, dei sistemi di garanzia e delle
relative società di gestione): “Nei casi in cui le regole di funzionamento dei mercati regolamentati o dei sistemi
multilaterali di negoziazione prevedano che la compensazione e la garanzia delle operazioni possa essere effettuata da
un partecipante diretto designato dal committente, diverso da quello che ha concluso l’operazione sul mercato,
l’operazione si considera a tutti gli effetti come originariamente conclusa, per conto del committente, dal partecipante
diretto designato alla compensazione e garanzia”.
30
al sistema tiene evidenza separata, attraverso la costituzione di appositi sottoconti31. La finalità
solutoria della proposta di mandato del dealer al membro compensatore è in astratto coerente con
una ricostruzione dell’accordo in termini di delegazione di pagamento: il partecipante al sistema, in
tal modo, sarebbe il tramite per l’adempimento della prestazione in favore della CCP, e da questa
alla controparte di mercato (la quale potrebbe a propria volta avvalersi di un proprio membro
compensatore, allungando ulteriormente la catena). Tuttavia, la particolare conformazione del
mandato conferito al partecipante induce ad una riconsiderazione del ruolo assunto da quest’ultimo.
Il membro compensatore assume infatti verso il sistema ogni obbligo in relazione alle posizioni del
dealer proprio cliente, con il quale la CCP non intrattiene alcun rapporto e dal quale la CCP stessa
non può pretendere pertanto nessuna forma di adempimento. Con la sottoposizione del trade al
regolamento nella stanza di compensazione la CCP diviene, come si è visto, vera e propria
controparte contrattuale dei partecipanti al sistema, sostituendosi ad essi in ciascun rapporto
bilaterale: sicché il dealer che non partecipa al sistema non potrebbe nemmeno in ipotesi delegare il
(semplice) pagamento in favore della CCP, non essendo prefigurabile l’esistenza di un rapporto
diretto tra questi due soggetti. Muovendo da queste premesse, lo schema della delegazione di
pagamento – caratterizzato da una funzione meramente esecutiva della prestazione – appare
difficilmente compatibile con i contenuti del mandato conferito al membro compensatore.
Quest’ultimo di regola si fa carico delle perdite derivate dall’inadempimento del dealer proprio
cliente agli obblighi di versamento in cash o titoli (in forza di un accordo a cui la CCP rimane
estranea), assumendo per tale via il ruolo di debitore diretto nei confronti del sistema32. Se così è,
l’assunzione di un obbligo autonomo da parte del delegato (il membro compensatore) nei confronti
del delegatario (l’intermediario controparte e di lì la CCP, in virtù del già descritto processo di
novazione) comporta la “metamorfosi” della delegazione di pagamento in delegazione di debito
“liberatoria” con efficacia novativa: il debitore originario (il dealer) è liberato, essendosi
contestualmente obbligato nei confronti del membro compensatore a costituire la provvista (sotto
forma di margini) per il regolamento delle proprie posizioni; il partecipante al sistema, dal canto
suo, diviene controparte esclusiva e unica verso la CCP per le posizioni di tutti i propri clienti
dealers, che sono opportunamente segregate in appositi sottoconti. Il ruolo di vera e propria
controparte riconosciuto al membro compensatore – che assume in via autonoma il rischio di
inadempimento del dealer - legittima anche in questo caso, e per le ragioni già descritte, una
ricostruzione della vicenda sul lato attivo in termini di novazione soggettiva. Ciò dipende in
particolare dal fatto che il dealer non si spoglia del proprio credito; pur tuttavia, il membro
compensatore interviene non come mandatario all’incasso, ma come vero e proprio centro di
imputazione di tutte le posizioni attive, proprie e di dealers terzi, che figurano nei propri conti,
senza distinzioni di sorta. Ne segue, anche qui, l’impossibilità di trovare una valida collocazione di
tale fattispecie – identificabile in un’ipotesi di sostituzione del titolare del credito - nelle consuete
categorie del nostro diritto civile e la necessità di ravvisare in concreto una forma di novazione
soggettiva attiva.
6. La “stratificazione” dei rapporti ed il conflitto di leggi (cenni). Come si è visto, la vicenda
descritta si compone di una serie di rapporti negoziali che si intrecciano tra loro. Trattandosi
sovente di operazioni cross-border che interessano soggetti di ordinamenti diversi, può profilarsi un
concorso di norme tale da rendere non sempre agevole da parte di tali soggetti il pieno esercizio dei
propri diritti. La questione, che in questa sede può essere soltanto accennata, si lega alla coesistenza
e alla sovrapposizione dei seguenti rapporti:
Ai sensi dell’art. 37, comma 2, della proposta di regolamento comunitario sugli strumenti finanziari OTC, le
controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni “Le controparti centrali impongono ad ogni membro
compensatore di distinguere e di segregare nei loro conti presso la controparte centrale le attività e le passività del
membro compensatore da quelle dei clienti di quest’ultimo”.
32
V. ad esempio, per ciò che riguarda il sistema italiano, l’art. B.6.2.2, comma 3 del Regolamento della Cassa di
Compensazione e Garanzia: “Le perdite subite e spese sostenute dal Partecipante Generale alla chiusura della
procedura d’inadempimento di cui al presente articolo sono a totale carico del Partecipante Generale stesso che
utilizza per la copertura i Margini costituiti presso di sé dal Partecipante Indiretto inadempiente”.
31
(i) il rapporto principale, che origina dal contratto concluso sul mercato dai negoziatori;
(ii) il rapporto “a valle”, e cioè il rapporto di assunzione delegatoria che lega ciascun dealer alla
CCP, e che regola l’impartizione dell’ordine di trasferimento nel sistema;
(iii) l’eventuale rapporto interno tra il dealer non partecipante al sistema e un membro
compensatore;
(iv) il rapporto correlato al versamento dei margini di garanzia ad opera di ciascun partecipante;
(v) il rapporto originato dall’eventuale avvio di una procedura concorsuale determinata dalla
dichiarazione di insolvenza di un partecipante.
A ciò può aggiungersi la possibilità non infrequente che i membri partecipanti appartengano ad
ordinamenti diversi da quello della stanza di compensazione.
La coesistenza di tali rapporti determina (almeno) due problemi nell’ottica del diritto internazionale
privato.
Un primo problema riguarda la necessità di “amalgamare” le diverse qualificazioni di taluni istituti
caratteristici che si sono delineate nei diversi ordinamenti. Nel recente passato, le corti investite di
controversie sottoposte al diritto di un altro paese si sono misurate con le difficoltà legate alla
differente morfologia dell’entità “strumento finanziario” e dei diritti ad esso inerenti nei vari
contesti nazionali. Con riguardo ai rapporti correlati alla costituzione di garanzie finanziarie [e.g.,
dei margini di cui al punto (iv) sopra], ad esempio, il giudice italiano è da sempre stato vincolato ai fini della qualificazione - al carattere “reale” dei diritti su strumenti finanziari, che incidono
necessariamente su di un bene giuridico in senso proprio. Come è noto, il nostro legislatore
attraverso un artifizio giuridico ha nella sostanza replicato per gli strumenti cartacei (artt. 1992 ss.
c.c.) e dematerializzati (art. 32, d.lgs, 24 giugno 1998, n. 213) il paradigma normativo relativo ai
diritti su beni mobili. Nell’ambito delle categorie conosciute al nostro diritto civile si è in tal modo
ritenuto – indipendentemente dalla assimilabilità degli strumenti finanziari ai beni giuridici in senso
proprio33 - che il modello “reale” costituisse lo strumento migliore di efficiente allocazione delle
risorse. Altri ordinamenti invece, meno “costretti” da rigide classificazioni codificate, hanno
conformato diversamente l’oggetto (non necessariamente coincidente con un “bene giuridico”
secondo la sistematica italiana) della garanzia finanziaria. Ciò vale, ad esempio, per il cd. security
entitlement dei modelli anglosassoni, che identifica una fattispecie sconosciuta all’interprete
italiano34. Il problema ha assunto nel tempo una rilevanza pratica notevole, potendo determinare
situazioni di impasse in tutti quei casi in cui il giudice competente si sia trovato a misurarsi con
istituti sconosciuti al diritto domestico (lex fori)35. Il problema della (ri)qualificazione dell’oggetto
della garanzia può dirsi peraltro, ad oggi, almeno in parte risolto per effetto dell’attuazione nel
nostro ordinamento della direttiva 98/26/CE (Settlement Finality Directive)36 e della direttiva
2002/47/CE (Financial Collateral Directive)37, recentemente modificate dalla direttiva 2009/44/CE.
In particolare, il novellato art. 9 della Settlement Finality Directive così recita: “Nei casi in cui i
titoli compresi i diritti sui titoli sono forniti come garanzia a partecipanti, a operatori del sistema o
alle banche centrali degli Stati membri o alla Banca Centrale europea […] e il diritto di questi
33
Con riguardo a tale tema possono richiamarsi LA ROCCA, Autonomia privata e mercato dei capitali. La nozione
civilistica di strumento finanziario, Torino, 2009, 33 ss.; nonché SALAMONE, La nozione di “strumento finanziario” tra
unità e molteplicità, in Riv. dir. comm., 1998, 711 ss.
34
Esso si sostanzia, in concreto, in un rapporto di natura contrattuale “rafforzato” nei confronti dell’intermediario
depositario, che assicura al titolare l’opponibilità erga omnes del proprio diritto. Sul tema diffusamente LOIACONO CALVI - BERTANI, Il trasferimento in funzione di garanzia tra pegno irregolare, riporto e diritto di utilizzazione, in
Banca, borsa tit. cred., 2005, n. 6 (supplemento).
35
L’operazione di qualificazione, secondo l’opinione prevalente, va infatti effettuata in base alla lex fori (VITTA,
Qualificazione (dir. int. priv.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992; BALLARINO, Diritto internazionale privato, Padova,
1999, 236 ss.); secondo una tesi più orientata al perseguimento degli interessi delle parti che abbiano operato la scelta
del diritto applicabile, e per la conseguente applicazione della lex causae (e cioè della legge designata a regolare i
rapporti controversi) LOIACONO, La legge applicabile alle garanzie per la partecipazione ai sistemi di regolamento
titoli dopo il recepimento dell’art. 9, comma 2°, direttiva 98/26/CE, in Banca, borsa tit. cred., 2002, I, 386-387.
36
Attuata in Italia con il d.lgs. 12 aprile 2001, n. 210.
37
Attuata in Italia con il d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170.
ultimi o il diritto di un intestatario, agente o terzo che agiscono per conto di costoro sui titoli è
legalmente registrato in un libro contabile, conto o sistema di deposito accentrato situato in uno
Stato membro, la determinazione dei diritti di tali enti come detentori dei titoli costituiti in garanzia
è disciplinata dalla legge di detto Stato membro”. Tale diposizione, “disinteressandosi” della
qualificazione, consente pertanto alla corte adita di non arrestarsi dinanzi a concetti inaccessibili al
diritto domestico: ai soli fini del rinvio alla legge designata a regolare i rapporti controversi,
l’interprete può così muoversi più liberamente, considerando allo stesso modo l’efficacia tanto di un
contratto che abbia per oggetto strumenti finanziari (come è tipicamente per le garanzie dei modelli
continentali) quanto di un contratto relativo a (diritti su) strumenti finanziari (come è per le garanzie
dei sistemi anglosassoni).
Ciò detto, un secondo problema riguarda più in generale il necessario coordinamento tra le
disposizioni degli ordinamenti che regolano i diversi rapporti che accedono ad una stessa
operazione (legge del trade; legge del collateral; e così via). Allo stesso modo, difficoltà di
coordinamento possono insorgere nell’eventualità dell’apertura di una procedura di insolvenza a
carico di un partecipante al sistema. Nel caso in cui, ad esempio, un partecipante di diritto inglese
alla Cassa di Compensazione e Garanzia sia insolvente, gli organi concorsuali – pur nell’ambito di
una procedura necessariamente disciplinata dall’ordinamento inglese - si troveranno a regolare i
diritti e gli obblighi inerenti agli strumenti finanziari immessi nel sistema sulla base del diritto
italiano, in forza del principio introdotto dalla direttiva 98/26/CE38. Come si vede, in una materia
così articolata e complessa la varietà di modelli normativi entro lo spazio giuridico europeo rende a
tutt’oggi poco agevole il compito dell’interprete, obbligando quest’ultimo ad “incursioni” in
ordinamenti tra loro ancora molto diversi. In quest’ottica, l’approvazione della proposta di
regolamento CE del 15 settembre 2010 potrà utilmente contribuire ad una maggiore e più efficace
semplificazione del quadro normativo.
7. Conclusioni. La “tempesta perfetta” generata dalla speculazione finanziaria che ha rischiato di
sommergere le economie evolute ha dimostrato una volta di più la sostanziale evanescenza dei
confini dei sistemi geopolitici tradizionali. Le misure intraprese a livello comunitario (sulla scia di
quanto avvenuto negli Stati Uniti) in favore di una generalizzata compensazione a mezzo di
controparte centrale dei contratti derivati possono efficacemente contribuire a costituire un
“cordone sanitario” dinanzi a fenomeni di default, al fine di evitare o limitare emorragie su vasta
scala. A monte, resta tuttavia la necessità di assicurare una maggiore dotazione patrimoniale degli
attori del mercato dei derivati, e soprattutto di ridisegnare un sistema di controlli più penetrante ed
efficace, sulla base di modelli condivisi e quanto più armonizzati.
38
Cfr. art. 7, d.lgs. 12 aprile 2001, n. 210.
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